Gallaccini, Teofilo, Trattato sopra gli errori degli architetti WORKS INCLUDED: Osservazioni che servono di continuazione al Trattato di Teofilo Gallacini / di Antonio Visentini (1771), 1767

Bibliographic information

Author: Gallaccini, Teofilo
Title: Trattato sopra gli errori degli architetti WORKS INCLUDED: Osservazioni che servono di continuazione al Trattato di Teofilo Gallacini / di Antonio Visentini (1771)
Year: 1767
City: Venezia
Publisher: Pasquali
Edition: 1. Aufl.
Number of Pages: iii-xii, 81 S., iii-vii, 141 S.

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Document ID: MPIWG:0QA8DG6Y
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Copyright: Max Planck Institute for the History of Science (unless stated otherwise)
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Table of contents
1. Page: 0
2. TRATTATO DI TEOFILO GALL ACCINI SOPRA GLI ERRORI DEGLI ARCIIITETTI ORA PER LA PRIMA VOLTA PUBBLICATO IN VENE ZIA MD CCLXVII PER GIAMBATISTA PASQUALI. Con Licenza de’Superiori, e Privilegio. Page: 5
3. VITA LETTERARIA DEL CELEBRE FILOSOFO, MEDICO, MATEMATICO, E ISTORICO TEOFILO GALLACCINI SANESE, SUCCINTAMENTE DESCRITTA, IN QUEST’ANNO MDCCLIX. DAL CAVALIERE GIO: ANTONIO CONTE PECCI PATRIZIO DELLA MEDESIMA CITTA’ DI SIENA. Page: 7
4. TAVOLA DEICAPITOLI Contenuti in queſto Libro. Page: 15
5. PARTE PRIMA. Page: 15
6. PARTE SECONDA. Page: 15
7. PARTE TERZA. Page: 15
8. AMONSIGNORE GIULIO MANCINI MEDICO E CAMERIERE SEGRETO DI N. S. PAPA URBANO VIII. Page: 17
9. Servitore affezionatiſſimo. Teofilo Gallaccini. Page: 17
10. DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. D I TEOFILO GALLACCINI. Insieme con alcuni insegnamenti d’Architettura per giovamento DEGLI Studiosi di tal professione, e di tutti quelli, CHE HANNO BISOGNO DI FABBRICARE. Page: 19
11. PARTE PRIMA Il Proemio. Page: 19
12. IDEA DEL LIBRO. Page: 20
13. Prima di fabbricare, e tutto questo nella prima parte. Page: 20
14. Nel fabbricare, e cio’ nella seconda parte. Page: 20
15. Poiche’ si e’ fabbricato, e questo nella terza parte. Page: 20
16. CAPO I. Del Compartimento degli errori degli Architetti. Page: 21
17. CAPO II. Degli errori, che ſi commettono avanti al fabbricare. Page: 21
18. CAPO III. Degli errori, che ſeguono nella elezione dei ſiti. Page: 22
19. CAP. IV. Degli errori, che accadono nella mala ſcelta delle materie. Page: 24
20. CAPO V. Degli errori della mala elezione de’fabbricatori. Page: 29
21. CAPO VI. Degli errori della mala elezione del tempo. Page: 32
22. CAPO VII. Degli errori, che avvengono nella mala diſpoſizione del Diſegno, nella mala ordinazione, e nel cattivo comparto. Page: 33
23. CAPO VIII. Del provvedimento uſato dagli Antichi Romani contro gli errori delle fabbriche. Page: 34
24. SECONDA PARTE CAPO I. Degli errori, che occorrono nel fabbricare. Page: 39
25. CAPO II. Degli errori, che ſi fanno nei fondamenti. Page: 39
26. CAPO III. Degli errori, che accadono nella proporzione delle parti. Page: 48
27. CAPO IV. Degli errori della diſpoſizione del Compartimento. Page: 53
28. CAPO V. Degli errori degli Architetti nel collocar le coſe fuor del lor luogo. Page: 54
29. CAPO VI. Degli errori, che conſiſtono nell'abuſo d'alcuni ornamenti introdotti dagli Architetti moderni. Page: 60
30. CAPO VII. Degli errori, che accadono nella inoſſervanza del decoro. Page: 65
31. CAPO VIII. Degli errori, che dagli Architetti ſi permettono, mentre i Miniſtri uſano cat-tivo ammaſſamento, e mala ſtruttura di mattoni, e di pietre, facendo mala compoſizione di muraglia. Page: 66
32. CAPO IX. Degli errori nella ſuperfluità, e nel difetto. Page: 69
33. CAPOX. Degli errori della mutazione dell3 Ordine delle parti, dell’ uſo, e della mala corriſpondenza loro. Page: 72
34. I. IN AMPHITEATRUM CÆSARIS. Page: 73
35. II. AD CÆSAREM. Page: 73
36. PARTE TERZA. CAPO I. Degli errori, che ſi ſcuoprono, poichè è ſtato fabbricato. Page: 75
37. A Fondi ſopra la porta verſo Settentrione. Page: 75
38. E queſt’altra è nel ponte detto ora di guara capra. Page: 76
39. Preſſo Porta Sant’Agneſe. Page: 76
40. A Ripa preſſo l’Arſenale attacco di Roma. Page: 76
41. Fra la Longara, e il Tevere. Page: 76
42. Sulla Riva del Tevere accanto alla Chieſa di Sant’Jacopo della Longara. Page: 76
43. CAPO II. Degli Errori, che avvengono nei coprimenti. Page: 77
44. CAPO III. Degli errori, che avvengono per la poca, e non diligente cura intorno alle fabbriche fatte. Page: 81
45. CAPO IV. Degli errori, che accadono nella poca avvertenza dei condotti dell’ acque delle ciſterne, e dei pozzi, delle fogne, cioè, delle cloache, e d’altri Luoghi. Page: 83
46. CAPO V. Degli errori dei cavamenti ſotteranei vicini ai fondamenti delle muraglie. Page: 83
47. CAPO VI. Degli errori, che accadono nei tagliamenti delle muraglie. Page: 84
48. CAPO VII. Degli errori, che procedono dalle nuove Cariche, le quali ſi pongono ſopra i muri vecchi. Page: 84
49. CAPO VIII. Degli errori, che accadono nei reſtauramenti. Page: 86
50. CAPO IX. Quanto importi il non ſervirſi degli Architetti, e il fidarſi della pratica dei Miniſtri. Page: 86
51. LAUS DEO. Page: 88
52. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUEST’ OPERA, E DEGLI Autori in essa citati. Page: 89
53. FINE DELL’ INDICE. Page: 97
54. OSSERVAZIONI DI ANTONIO VISENTINI ARCHITETTO VENETO CHE SERVONO DI CONTINUAZIONE ALTRATTATO DI TEOFILO GALLACCINI SOPRA GLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI Page: 101
55. VENEZIA Page: 101
56. MDCCLXXI. Per Giambatista Pasquali. CON LICENZA DE’ SUPERIORI, E PRIVILEGIO. Page: 101
57. INDICE DELLE MATERIE PER ORDINE ALFABETICO. Page: 103
58. OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. Page: 109
59. CAPO PRIMO. Page: 109
60. Rifleſſi ſopra il preſente ſtato dell’ Architettura. Page: 110
61. Fineſtra, e Loggia della Benedizione nel Palazzo Pontificio al Quirinale. Page: 111
62. Fineſtra di mezzo nel Palazzo dei Conſervatori di Roma. Page: 111
63. Porta interna nel Palazzo Borgheſe. Page: 112
64. Porta nella Chieſa di San Giovanni Laterano, che conduce nel Palazzo Lateranenſe. Page: 114
65. Porta interiore della chieſa di Santa Martina, e San Luca. Page: 114
66. Una delle due picciole Porte poſte ſopra la facciata di San Pietro di Roma. Page: 116
67. Porta entro la Baſilica Vaticana. Page: 116
68. Porta della Chieſa del Collegio di Propaganda Fide. Page: 116
69. Porta principale dentro la Sala del medeſimo Collegio. Page: 116
70. Fineſtre nel ſecond’ Ordine della facciata dello ſteſſo Collegio. Page: 116
71. Errori diverſi di malinteſa Architettura, che ſi rilevano non meno dentro, che fuori del Tempio Vaticano. Page: 118
72. Fineſtre nel ſecond’ Ordine della Facciata, e ne’ fianchi della Chieſa di S. Pietro di Roma. Page: 122
73. Altre Fineſtre della Baſilica Vaticana. Page: 122
74. Eſempio degli errori ſcoperti nella fabbrica del Pantheon, detto oggi la Rotonda in Roma, cioè nell’ interno d’ eſſe Rotonda. Page: 124
75. Figura dell’ Attico riſtaurato entro il Pantheon. Page: 126
76. Proporzione pel conveniente riſtauro dell’ Attico entro il Pantheon. Page: 129
77. Porta nel portico ſuperiore del Palazzo della Sapienza di Roma. Page: 131
78. Porta nel Clauſtro dei Padri di San Filippo Neri. Page: 131
79. Fineſtra nella Cupola della Sapienza di Roma. Page: 133
80. Fineſtre della facciata del Palazzo de’Signori Baccelli, ed altra in quello dei Signori d’Aſte. Page: 135
81. Fineſtra nel Palazzo Barberini ſopra il giardino. Page: 135
82. Fineſtra del piano nobile nel Palazzo del Signor Principe Pio. Page: 135
83. Eſempio della Porta Pia, di cui tratta il Galazzini, facendone rilevare gli errori. Page: 137
84. Porta del Palazzo de’N.CC. di Sermoneta. Page: 137
85. Porta del Palazzo di Villa Borgheſe. Fineſtra nella facciata di detto Palazzo. Page: 139
86. Porta dell’Oſpizio preſſo la Fontana in capo a Ponte Siſto. Page: 139
87. Porta del Palazzo Aleſſandrino. Page: 139
88. Porta del Palazzo dei Signori Cenci alla Dogana. Page: 139
89. Porta del Palazzo del Principe Altieri. Page: 141
90. Porta in Campidoglio nella nuova fabbrica. Page: 141
91. Sopraffineſtra nella Baſilica Vaticana. Page: 141
92. Porta nel ſecond’ Ordine del Palazzo Vaticano. Page: 141
93. Porta con Ringhiera ſopra la facciata del Palazzo del Signor Principe Panfilj. Page: 143
94. Porta del Palazzo della Sapienza di Roma con fineſtra e ringhiera ſopra. Page: 143
95. Porta e Ringhiera del Palazzo di S.A.R. il Gran Duca di Toſcana. Page: 145
96. Oſſervazione ſopra le nuove figure di ſoprapporte, e fineſtre propoſte dal P. Pozzi, parte cavate dalle fabbriche, e parte di ſua invenzione. Page: 147
97. Porta del Palazzo del Senatore di Roma. Page: 147
98. Porta del Palazzo del Principe Grillo. Page: 148
99. Porta del Palazzo del Marcheſe Lancellotti. Page: 151
100. Avvertimenti pel retto operare. Page: 152
101. CAPO SECONDO. Page: 158
102. Delle ſoglie falſe, e peſanti. Page: 158
103. Porta entro il Fondaco de’Tedeſchi. Page: 158
104. Porta ſul piano della Scala maggiore nel Palazzo dei Civran a S. Gio: Criſoſtomo. Page: 159
105. Soglia di Porta entro la Cbieſa di S. Barnaba. Page: 159
106. Soglia di Porta nel Palazzo Graſſi a San Samuele. Page: 159
107. Soglia di fineſtra nella Scuola dell’Angelo a’SS. Apoſtoli. Page: 159
108. Una delle due porte della Sagreſtia aggravate di peſo ſopra la ſoglia nella Chieſa di S. Maria dei Miracoli. Page: 161
109. Una delle due porte laterali, ed alzato eſterno di detta Chieſa. Page: 161
110. Degli sforzati alzamenti delle colonne fuor di propoſito. Come appunto ſon quelle della porta della scuola grande di S. Marco Evangeliſta, e le altre nella Cappella degli Apoſtoli in San Gio: Criſoſtomo. Page: 163
111. Oſſervazioni ſopra i pilaſtri tagliati: Come appunto ſon quelli, che ſi veggiono entro la Chieſa di San Gio: Criſoſtomo, come anche ſopra la facciata d’eſſa Chieſa. Page: 165
112. Porta della Chieſa di S. Martino. Page: 165
113. Una delle due porte di riva nel Palazzo de’ NN. UU. Peſaro ſopra il rio. Page: 167
114. La preſente figura ſi vede nella Chieſa di S. Maria dei Miracoli, e ſerve aſſai per eſemplare delle ſoglie aggravate appunto ſul falſo. Page: 167
115. Porta d’Ordine Dorico con ſoglia bugnata vicino al Ponte dell’Aceto a’ SS. Gio: e Paolo. Page: 170
116. Porta del Campanile di S. Bartolommeo. Novità di fronteſpizio bugnato. Page: 170
117. Cornico Dorica poſta ſopra gl’intercolunnj nelle Procuratie nuove verſo l’Aſcenſio-ne alterata nei modiglioni. Page: 170
118. Porta ruſtica con ſoglia bugnata dietro alla Chieſa di S. Maria Formoſa. Page: 172
119. Altra porta di gentil forma con ſoglia e cornice ſpezzata da bugna ruſtica dietro alla ſteſſa Chieſa. Page: 172
120. Porta del Palazzo dei NN.UU. Cavagnis a S. Severo coll’Architrave tagliato dalla ſoglia bugnata. Page: 172
121. Interno della Chieſa de’ SS. Apoſtoli, e ſuoi errori. Page: 174
122. Porta ſopra la ſtrada del Palazzo Grimani a San Luca. Page: 174
123. Spaccato della Cupola della Salute, ed errori, che ſi oſſervano in queſta fabbrica. Page: 176
124. Cima d’altare nella Chieſa di S. Luca, quale era prima, con i fronteſpizj in aria. Page: 178
125. Altra Cima d’altare nella Chieſa di S. Apollinare colla metà dei fronteſpizj in aria. Page: 178
126. Altra Cima d’altare nella Chieſa de’Servi con tutti i fronteſpizj in aria. Page: 178
127. Altar Maggiore della Chieſa di San Luca nuovamente rifatto. Page: 180
128. Una delle Fineſtre della facciata della Chieſa di San Giorgio de’Greci. Page: 183
129. Fineſtre ſopra la facciata della Chieſa di San Giminiano. Page: 183
130. Pergolato ſopra la Porta del Palazzo dei Signori Conti Algarotti. Page: 183
131. Parte della facciata della Scuola di San Giorgio de’Greci, diſordinatamente eſeguita. Page: 185
132. Arco, che taglia, e cuopre l’ Architrave nella Chieſa di S. Caſſano. Page: 187
133. Cima d’ altare ſregolata nellaChieſa di San Marcelliano. Page: 187
134. Cima d’ Altare con colonna poſta angolarmente, di figura peſantiſſima, nella Chieſa di San Stefano. Page: 187
135. Altare di forma ſcompoſta nella Chieſa di San Stefano. Page: 189
136. Altra diſordinata cima d’ Altare nella Chieſa de’ Geſuiti. Page: 189
137. In santa Maria Zobenigo s’ oſſerua il preſente rimenato, che ſerue d’ arco alla Cappella. Page: 191
138. Cornice, che ſtringe e lega la colonna nella facciata di Santa Giuſtina, ed anche nella Chieſa di San Pantaleone. Page: 191
139. sconcio rimenato nell’ Altar Maggiore della Chieſa dellaCeleſtia. Page: 191
140. Cima d’ Altare nella Chieſa deiServiti con meſchini rimenati. Page: 193
141. Cima d’ Altare nella Chieſa di S.Giuliano ſcorretta e ſenz’ordine. Page: 193
142. Altra cima d’Altare nella Chieſa di S.Giuliano diſordinata. Page: 193
143. Cima d’Altare della Cappella Contarini alla Madonna dell’Orto. Page: 193
144. Altar Maggiore della Chieſa de’PP. Carmelitani Scalzi. Page: 195
145. Scherzo di cornice forzata ſopra l’ Altare delCriſto nella Chieſa de’ PP. Carmelitani Scalzi. Page: 198
146. Cornice poſta ad uſo d’Arco nell’Altare della B. Vergine della medeſima Chieſa. Page: 198
147. Cima d’Altare ſcorretta nella Chieſa de’PP. Geſuiti. Page: 200
148. Ornato di Scompoſta fineſtra nella Chieſa de’PP. Scalzi. Page: 200
149. Altra Cornice irregolare poſta ad uſo d’ arco ſull’ Altare del Crocifiſſo, con cima peſantiſſima, e pungente, nella Chieſa di S. Bartolommeo. Page: 202
150. Cima dell’ Altare di S. Giovanni Evangeliſta nella Chieſa di S. Pietro di Caſtello. Page: 202
151. Arco tagliato dagli ornati nella Chieſa de’ PP. Geſuiti. Page: 204
152. Depoſito del Sereniſſimo Principe Franceſco Venier nella Chieſa di S. Salvadore. Page: 204
153. Arco ſenza fiancheggio nella Chieſa di S. Paolo, detta S. Polo. Page: 206
154. Altro Arco ſenza fiancheggio nella Chieſa di San Bartolommeo. Page: 206
155. Altare diſunito nelle ſue parti nella Chieſa di San Franceſco della Vigna. Page: 208
156. Arco ſenza fiancheggio nell’ Altar Maggiore della Chieſa di San Baſilio. Page: 208
157. Stravaganza di fronteſpizj, ed arco ſenza fiancheggio nella Chieſa di S. Silveſtro. Page: 208
158. Archi ſenza fiancheggio nel Tabernacolo dentro la Chieſa dei Carmini. Page: 210
159. Depoſito dei Sereniſſimi Principi Valieri nella Chieſa dei SS. Giovanni e Paolo. Page: 210
160. Altare di S. Antonio Abate nella Chieſa di S. Salvadore, mal diretto nel rimenato. Page: 212
161. Altra Cima d’Altare nella Chieſa della Madonna dell’Orto con rimenato ſcorretto. Page: 212
162. Fronteſpizio dell’ Altare di S. Girolamo nella Chieſa di S. Salvadore con i modiglioni male ordinati. Page: 214
163. Degli Archi poſti in aria nella Chieſa di S. Niccolò, in quella di S. Baſilio, ed in quella di S. Paolo, detto volgarmente S. Polo. Page: 214
164. Capitello pendente a gocciola nel Depoſito di Luca Zeno nella Chieſa dei Frari. Page: 215
165. Altro Capitello pendente a gocciola nel Depoſito di Marchio Treviſano nella Chieſa ſteſſa dei Frari. Page: 215
166. Capitello Dorico pendente a gocciola poſto nella ſoffitta della Scuola di Filoſofia nel Collegio de’Geſuiti. Page: 215
167. Arco a ſcartoccio nella Chieſa di S. Niccolò. Page: 219
168. Altro arco a ſcartoccio nella Chieſa dei Padri Geſuiti. Page: 219
169. Ringbiera, o pergolato ſulla facciata del Palazzo Grimani a San Luca ſul canal grande. Altra ringbiera ſulla facciata del Palazzo Peſaro ſul Canal grande. Altra ringbiera ſulla facciata del Palazzo Cornaro di calle della Regina ſul Canal grande. Page: 221
170. Bizzarra porta nella facciata della Chieſa de’Padri Geſuiti. Page: 224
171. Porta del Palazzo Piſani a Sant’ Angelo diſſonante nelle ſue parti. Page: 224
172. Depoſito del Sereniſſimo Principe Giovanni da Peſaro, in cui ſono oſſervabili i quattro Mori con cuſcino ſulla teſta ſoſtenenti il maggior carico di tal Mauſoleo. Pilaſtri della Cappella maggiore di s. Maria dei Miracoli ſoſtentati dall’ improprietà d’un cuſcino. Page: 226
173. Fronteſpizio, o Rimenato dell’ Altare del Criſto nella Nuova Chieſa di San Geremia. Page: 228
174. Porte nel ſecondo Clauſtro del Convento dei Frari, una del Refettorio, l’altra della Foreſteria ſomiglianti. Page: 228
175. Cima dell’ Altare di S. Franceſco nella Chieſa di S. Pantaleone. Page: 228
176. Fronteſpizio dei quattro Altari, che ſono nella Chieſa di Santa Margberita. Page: 230
177. Porta della sagreſtia nella Chieſa di S. Lcone, detto San Lio. Page: 230
178. Pozzo ornato, d’ Ordine Dorico nel ſecondo Clauſtro del Convento dei Frari. Page: 230
179. Del ſuperfluo uſo dei piediſtalli replicati, come ſono i preſenti, e molti altri praticati parimente negli Altari. Page: 232
180. Del primo piano della Scala, e ſua arcata nel Palazzo di S. E. l’ Ambaſciator di Spagna. Page: 234
181. Della Chieſa del Santo Sepolcro. Page: 234
182. Della Porta nuova della Chieſa di S. Niccolò. Page: 234
183. Pulpiti ſulle due porte laterali all’ Altar Maggiore nella Chieſa di S. Baſilio. Page: 235
184. Proporzioni delle fineſtre, e niccbj ornati di colonne poſte ſopra modiglioni, menſole, cartelle, o cornici. Page: 237
185. Conſiderazioni ſopra l’ abuſo di porre le colonne per ornato delle fineſtre, enicchj con ſtatue poſte ſu i modiglioni, cornici, o menſole, fuori del vivo. Page: 240
186. Diſcorſo ſopra gli errori delle ſerraglie degli Archi. Page: 244
187. Diſcorſo ſopra l’abuſo delle colonne ſpirali. Page: 248
188. Ai Giovani ſtudioſi dell’ Architettura. Page: 249
189. IL FINE. Page: 249
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5 1[Figure 1]
TRATTATO
DI

TEOFILO
GALL ACCINI
SOPRA
GLI ERRORI
DEGLI
ARCIIITETTI
ORA
PER LA PRIMA VOLTA
PUBBLICATO
IN VENE ZIA
MD
CCLXVII
PER
GIAMBATISTA PASQUALI.
Con
Licenza de’Superiori, e Privilegio.
611[Handwritten note 1]22[Handwritten note 2]
7iij
VITA LETTERARIA
DEL
CELEBRE
FILOSOFO
, MEDICO, MATEMATICO, E ISTORICO
TEOFILO
GALLACCINI
SANESE
,
SUCCINTAMENTE
DESCRITTA, IN QUEST’ANNO MDCCLIX.
DAL CAVALIERE
GIO: ANTONIO CONTE PECCI
PATRIZIO
DELLA MEDESIMA CITTA’ DI SIENA.
2[Figure 2]
NON inferiore certamente ad alcun altro Lettera-
to
Saneſe comparirebbe all’ età noſtra la fama,
e
il grido del dottiſſimo Teoſilo Gallaccini, ſe la
di
lui incomparabile modeſtia, il ſaviſſimo, e abbiettiſ-
ſimo
contegno, col quale regolava tutte l’operazioni,
e
le innumerabili virtù Criſtiane, che l’adornavano,
non
l’aveſſero alienato dalla pubblicazione colle ſtam-
pe
di taluna almeno di quelle tante opere, che ſcriſ-
ſe
, e compoſe.
Se compariſſero paleſi i Trattati Filo-
ſofici
, che egli laſciò inediti, potrebbero gli Speculati-
vi
dicifrare i più aſtruſi arcani di quella ſcienza;
ſe
ſi
vedeſſero i diſcorſi Medici, e Anatomici, di quanto
profitto
ſi renderebbero per la più facile guarigione
dell’
infermità più oſtinate! ſe i ragionamenti Aſtrono-
mici
, ſe i dilucidamenti Meccanici ſi paleſaſſero, oh!
quanto
vantaggio arrecherebbero per una più ſicura co-
gnizione
dell’ incertiſſimo corſo de’ Pianeti, e per un
più
raffinato, e perfetto poſſedimento delle Arti, e de’
Meſtieri
;
e finalmente ſe non reſtaſſero incogniti i nu-
meroſi
Volumi dell’ Architettura Civile, e Militare,
le
ſtoriche oſſervazioni, e tant’ altre materie, nelle qua-
li
egli, nel lunghiſſimo corſo della vita ſua, s’
8iv chi potrebbe controvertere al noſtro Gallaccini il prima-
to
della Letteratura Saneſe?
Ma l’Altiſſimo Creatore di
tutte
le coſe, che ſaggiamente tutto opera, e tutto di-
ſpone
, così decretò, così volle, e niuna, niuna delle
Opere
del noſtro Letterato, finora permiſe, che alla
cognizione
de’ mortali ſi paleſaſſe.
Nacque in Siena Teoſilo il 22. di Settembre dell’ an-
no
1564.
, da poveri, ma onorati Genitori; e ſe di quel
tempo
non ſi potea la di lui Famiglia conſiderare tra
le
Nobili, non è per queſto, che più anticamente, e
fin
dall’ anno 1397.
, nella Perſona di Gabriele, e d’ al-
tri
Aſcendenti, non aveſſe goduti i ſupremi Onori del-
le
Magiſtrature della Patria.
Fu ſuo Padre Claudio d’
Alberto
Gallaccini, e la Madre Eufraſia d’ Anſano di Nic-
colò
Molandi.
Educarono queſti Teofilo unico Figliuolo,
che
ottennero, prima nelle virtù morali, e dipoi lo
conſegnarono
, per apprendere l’Umanità, a’Padri del-
la
Compagnia di Gesù, che appena intrapreſo il corſo
Grammaticale
ſi reſe meritevole di paſſare all’ acquiſto
della
Rettorica, e ſuſſeguentemente delle materie ſcien-
tifiche
;
e perchè nell’ Univerſità di Siena con fama
non
ordinaria inſegnavano, tra molti altri di quel tem-
po
, Livio Rettori la Filoſofia, Niccolò Finetti la Medicina
Teorica
, e Creſcenzio Landi la Pratica, il Gallaccini voglio-
ſo
allora di profeſſare quegli ſtudj, ad eſſi preſenta-
toſi
, e velocemente iſtruitoſi, il 19 di Giugno 1583.
fu
giudicato
meritevole della Laura Dottorale;
e così, eſ-
poſtoſi
al cimento delle pubbliche Concluſioni, con plau-
ſo
univerſale fu dottorato in Filoſofia, e Medicina.
Andava ſempre più avanzandoſi il fervore di Teofilo
nel
profitto delle mediche cognizioni colle continuate
viſite
, che praticava più volte il giorno fare a’ mala-
ti
dello Spedale di S.
Maria della Scala; e per inda-
gare
le occulte cagioni delle infermità più pericoloſe,
bene
ſpeſſo tagliava egli medeſimo i Cadaveri, ed oſ-
ſervando
minutamente le Viſcere, l’ Arterie, i nervi,
e
la ſtruttura tutta de’Corpi Umani, ne ritraeva
9v ordinarie cognizioni, leggeva continuamente gli Auto-
ri
più accreditati, conferiva co’Profeſſori più eſperti le
oſſervazioni
, ed in ſomma non tralaſciava occaſione al-
cuna
per avanzarſi ſempre più nel merito, e nella ri-
putazione
.
Per lo che conſiderando, che nella Città di
Roma
maggiormente potea incamminare i principiati ſtudj,
colà
portoſſi ſollecitamente l’anno 1590.
, dove con gran
fervore
applicatoſi alla Medicina, poco dopo ammaſ-
ſato
un pingue capitale degli ſperimenti, e dalla Let-
tura
de’Libri ſcriſſe il Trattato della Notomia, e aggiun-
ſe
varie riſleſſioni alla Notomia già pubblicata del Valver-
de
;
e perchè colla Medicina prudentemente conſiderava
non
poter andar diſgiunta la Filoſoſia, pertanto an-
che
in queſta ſcienza ſcriſſe un altro Trattato, intito-
lato
il Teſoro della Filoſoſia.
Avvalorò con nuove, e più
valide
ragioni il nuovo ſiſtema introdotto nella Filoſofia di
Annibale
Tartaglia, e ſoſtenne ne’ circoli, e nelle diſpute
Filoſofiche
le più aſtruſe quiſtioni, con ragioni e auto-
rità
, e con rifleſſioni le più ſottili, e perſpicaci, che
poſſano
giammai penſarſi da un intelletto ben fondato,
dotato
d’ intelligenza, e ornato di numeroſiſſime co-
gnizioni
.
Ma come che il Gallaccini per naturale inclinazione
era
portato più volentieri ad altre dilettevoli applica-
zioni
, abbandonò gli ſtudj della Filoſofia, e della Medi-
cina
, e datoſi con tutto l’animo agli altri dell’Aſtro-
nomia
, della Matematica, della Geometria, e della
Meccanica
, e dell’ Architettura Civile, e Militare:
nella prima compoſe i Trattati, de Radio Latino, & de
Natura
Angelorum, nella ſeconda altri Trattati, de Cir-
culo
, &
de Angulo; nella Matematica ſcriſſe De’ Porti
di
Mare, de Templo, &
de Itinerario; nella Geometria la
plauſibile
Opera intitolata, I Principj di Geometria;
nella
Meccanica
un groſſo Volume, che prende il nome dal-
la
medeſima Profeſſione;
e unì a queſta l’altra fatica, a
cui
diè titolo di Zibaldone, di Arcbitettura, e di Meccani-
ca
:
e perchè tali Profeſſioni portano ſeco la
10vi ne del diſegno, non volendo Teofilo traſcurare parte al-
cuna
, per cui poteſſe maggiormente render chiare, e
diſtinte
le di lui Opere, pertanto procurò nella mede-
ſima
Città di Roma, ſotto eccellenti maeſtri, apprende-
re
una tal diſtinzione, e così ben preſto diſegnò, delineò,
e
dipinſe con vaghe Figure, e reſe ornati i di lui Trat-
tati
con Piante, e Proſpettive, conforme può da chiun-
que
vederſi nelle numeroſe Opere diſteſe, e compoſte, e par-
ticolarmente
in quella intitolata degli Errori degli Arcbi-
tetti
, che ſe ne pubblica in queſta Sereniſſima Dominan-
te
di Venezia preſentemente la cognizione, finita nell’
anno
del Giubileo 1621.
e preſentata a Monſig. Giulio
Mancini
Medico, e Camerier ſegreto di N.
S. Papa Ur-
bano
VIII.
che fu letto da Sua Santità; e nell’ altro
Trattato
, il di cui Titolo ſi è Il Teſoro dell’ Arcbitettura.
Conoſceva molto bene il Gallaccini, che a’ ſopra ri-
feriti
ſtudj per una migliore perfezione non doveano
neceſſariamente
andar diſgiunti gli altri della Storia, e
dell’
Antiquaria cognizione, e però traſcriſſe, e diſegnò
gran
quantità delle Iſcrizioni Greche, e Latine, che fre-
quentiſſime
ſi ritrovano nella Città di Roma;
eforman-
done
un’ampla raccolta in un vaſtiſſimo Tomo, quelle
illuſtrò
, e con erudite note ſpiegò i ſentimenti più a-
ſtruſi
degli Antichi;
e, come che ſpeſſe volte ſuccede,
che
, o per invidia, o per farſi onore dell’ Opere altrui,
gli
venne tolta queſta diligentiſſima fatica, e pervenu-
ta
all’ età noſtra, benchè con grave diſpendio, ſe n’im-
padronì
il Barone Filippo Stoſcb Tedeſco, nato ſuddito
del
Re di Pruſſia, allorchè ritrovavaſi commorante in
Roma
, ed io ſteſſo poſſo aſſerire, che converſando in
Siena
con queſto Letterato, me la fece vedere, e mi
diede
commodo d’ oſſervarla, e di leggerla.
Non furo-
no
queſte ſole le occupazioni ſtoriche del Gallaccini,
mentre
ſi trattenne in Roma, perchè applicato l’animo
non
meno che alle numeroſe ſcienze, che poſſedeva,
alla
medeſima ſtoria, compoſe, e ſcriſſe un’ altr’ Opera
intitolata
Tbeſaurus Hiſtoricorum, che vuol dire una
11vij gazione de’Paſſi più reconditi degli Storici Greci, e La-
tini
, e gli dimoſtrò con chiare, e dotte ſpiegazioni
più
intelligibili all’ univerſale cognizione, e che con par-
ticolar
piacere degli Eruditi, nel proprio originale con-
ſervaſi
in potere di chi ha ſteſo la preſente narrativa.
Ma finalmente ſtanco Teofilo di dimorare fuori della
Patria
, e benchè dotato di ſcarſi beni di fortuna deſi-
derando
accaſarſi per iſtabilire la di lui Famiglia, non
avendo
alcun altro Fratello, ſe ne ritornò in Siena, nel
1602
.
e nel ſuſſeguente anno 1603. ſposò Camilla di Fortu-
nio
Jacomini, Cittadina Saneſe.
Ne ottenne da queſta don-
na
in progreſſo di tempo numeroſi Figliuoli, che furo-
no
, Claudio il maggiore, che ſi accasò di poi con Aleſſan-
dra
di Fabio Fondi, de’ quali nacque altro Teoſilo, e da que-
ſti
Maria Aleſſandra, che dopo eſſer rimaſta Vedova d’
un
certo Medico del cognome de’ Bertoni, paſsò alle ſe-
conde
nozze con Giuſeppe Luti.
Fauſto il ſecondogenito,
che
ſeguì in gran parte gli ſtudj Paterni delle Mate-
matiche
, e tra gli Accademici Intronati fece conoſcere eſ-
ſer
degno Figliuolo di Teofilo;
e in oltre di maſchi,
nacquero
Carlo, Alberto, Angelo, e Bernardino, che profeſ-
le materie legali, e divenne non ordinario Giurecon-
ſulto
:
e di Femmine, Fraſia, Bartolommea, e Virginia; al-
cuni
di queſti morti nell’ età fanciulleſca, e altri paſſa-
ti
a diverſe Religioni;
e le Femmine maritate in Fa-
miglie
onorate, e civili.
Trattenendoſi dunque Teoſilo in Siena, continuamente
frequentava
le Accademie degl’ Intronati, e de’ Filomati,
alle
quali era aſcritto, e in eſſe facea bene ſpeſſo ſpiccare i
ſuoi
talenti con iſtoriche diſſertazioni, e Poetici compo-
nimenti
;
poichè nelle prime, compoſe l’ Antiquario Politi-
co
, e Gentilizio;
Una raccolta di Proſe, e di Lettere Toſcane,
dei
Secoli XIII.
e XIV. Altro Trattato dell’ Origine e avanza-
mento
della Città di Siena;
In re Militari, atque Medica nefa-
ſti
dies;
la ſtoria di Partavita F. e paſſata all’ altra vita con
fama
di non ordinaria ſantità, la madre Suor Paſcitea Crogi
Fondatrice
delle Cappuccine di Siena l’ anno 1615.
ne ſcriſſe
12viij vita; E nelle Poeſie compoſe, oltre a molti Sonetti,
Capitoli
, o Canzoni nella Toſcana lingua, e nella Latina
Epigrammi
, Elegie, e Poemi, le Commedie, intitolate La
Modana
Geroglifica, e la Modana Celeſte, e ſpiegò moral-
mente
i cento Proverbj.
Conversò continuamente co’ più celebri Letterati dell’
età
ſua;
poichè ſempre l’accolſero, l’aſcoltarono con di-
ſtinta
dimoſtrazione di ſtima, e d’affetto, Celſo Cittadi-
ni
, Alcibiade Lucacini, Belliſario Bulgonini, il gran Filoſo-
fo
Franceſco Piccolomini, Diomede Borgbeſi, Scipione, Girola-
mo
, e Celſo Bargagli, Giugurta Tommaſi, ed altri non po-
chi
paeſani, e Foreſtieri, tutti uomini chiari, e rino-
mati
appreſſo la Repubblica intiera delle Lettere, per l’
opere
loro colle ſtampe pubblicate.
Accompagnava il Gallaccini le occupazioni Letterarie
colle
più ſingolari eroiche virtù Criſtiane, poichè non ci era
Compagnia
Laicale di più ſtretta oſſervanza, che egli
non
frequentaſſe:
converſava bene ſpeſſo co’Regolari di
maggior
perfezione, frequentava i Sacramenti, e i Sa-
cri
Oratorj;
umile nel portamento, abbietto ne’ veſti-
menti
, alieno dalle Pompe mondane, e tutto intento
nell’
amminiſtrazione della Gioventù, e nell’ educazione
de’
proprj Figliuoli.
Se era talmente dilatata la fama, eil grido delle vir-
morali di Teoſilo, molto più creſceva il nome delle
ſtudioſe
materie, che poſſedeva, e particolarmente delle
matematiche
;
per lo che vacando nell’ anno 1621. per
la
morte del celebre Guglielmo Gangioli, nell’Univerſità
Saneſe
la Cattedra di quella ſcienza, dal Sereniſſimo
Gran
Duca Coſimo II.
con onorato ſtipendio venne pro-
moſſo
a quella Lettura il Gallaccini, il quale di poi leſſe, ed
inſegnò
per tutto quel tempo, che ſopravviſſe;
ſe non che,
due
anni dopo, nell’ anno 1623.
gli fu ingiunto il peſo d’
inſegnare
ancora la Logica, e la Filoſofia;
e così iſtruen-
do
nell’una, e nell’altra ſcienza la numeroſa Scolareſ-
ca
, tanto Oltramontana, che Italiana, e Paeſana, che
correva
affollata ad aſcoltarlo, ne ritraſſero da un
13ix dotto Maeſtro non ordinario frutto, e divennero non
pochi
eccellenti Filoſofi, e Matematici.
Troppo m’
eſtenderei
, ſe io mi poneſſi in queſto breve racconto a far
menzione
di tutti gli Scolari, o almeno di quelli, che
maggior
profitto ne ritraſſero, perchè ſon così nume-
roſi
, che facilmente ſe n’empierebbe un groſſo Volu-
me
;
onde baſterà ſolamente accennarli in genere, per-
chè
il ſolo nome del Gallaccini rimane per anche chia-
ro
, e paleſe non ſolo in Siena, ma per tutta l’Italia.
Mentre era tutto intento Teofilo all’inſegnamento della
Filoſofia
, e della Matematica, fu di nuovo per la ter-
za
volta riſtampata in Siena nel 1628.
per Ercole Govi,
un
anno dopo la morte dell’ Autore, la Grammatica, o
ſiano
Regole per apprendere perfettamente la lingua Toſcana
del
tanto rinomato Celſo Cittadini, e benchè veniſſe uni-
verſalmente
acclamata queſt’ Opera, nondimeno il noſtro
Gallaccini
non potendo in molte parti concorrere nel
ſentimento
di quel di lui grand’ Amico, preſe a ſcrive-
re
ſu tali materie, e compoſe nel 1629.
quell’ eruditiſ-
ſima
, e dottiſſima Opera, che nel proprio Originale con
gran
geloſia preſſo me ſteſſo conſervaſi, e che ha per
titolo
, i Sinonimi della Lingua Toſcana, dove con grazia,
con
forza, e con validiſſime autorità, e con dotte oſ-
ſervazioni
, appoggiate a documenti, a Iſcrizioni, e a
Scrittori
, ribatte, e confuta in gran parte l’opinioni
del
Cittadini, e fa vedere, come in Italia, e particolar-
mente
in Toſcana ſia ſtato introdotto il giuſto, vero,
e
puro Dialetto, e da qual principio, e cagione abbiano
ſortito
la loro origine diverſe voci, e vocaboli, e come
ne’
tempi dell’ Autore ſi doveſſero ſcrivere, e pronunziare.
Finalmente carico d’anni, perchè di 76. compiuti,
e
di meriti per tante Opere ſcritte, e compoſte, benchè
niuna
, niuna fin ora publicata colle ſtampe, morì Teo-
filo
Gallaccini in Siena il 27.
del Meſe d’ Aprile dell’ an-
no
1641.
univerſalmente compianto; e fu interrato il
poi
nella Chieſa de’PP.
Pred. di S. Domenico, nel ſepolcro di
Fraſia
Molandi ſua Madre.
14x
Le autorità, dalle quali ſono ſtate eſtratte le ſopraſcritte notizie, ſono:
L’Albero Genealogico della Famiglia Gallaccini, compilato da Celſo Cit-
tadini
, che prova ad evidenza eſſere ſtata un’ iſteſſa della Famiglia Bettini,
che
produſſe il tanto rinomato Antonio Bettini Geſuato di Fuligno, Autore
del
Monte Santo di Dio, e d’altre numeroſe opere Teologiche.
Il Padre Iſidoro Ugungieri nelle Pompe Saneſi Parte I. Tit. XXI. a c. 676.
e nella Terza Parte manoſcritta.
I Ruoli de’ Lettori dell’ Univerſità Saneſe, eſiſtenti nell’ Archivio del Mae-
ſtrato
di Balia.
I Regiſtri de’ Dottori di Filoſofia, e Medicina appreſſo i reſpettivi Col-
legj
.
I Libri della reſidenza de’Soggetti innalzati al ſupremo grado della Signoria
di
Siena, addimandati i Leoni.
Giulio Mancini nel ragguaglio ſtorico, manoſcritto delle coſe più notabili
di
Siena.
Giulio Piccolomini, nel ſuo Libro manoſcritto, intitolato Siena illuſtre.
Le memorie eſiſtenti preſſo gli Eredi del ſoprannominato Teofilo, e partico-
larmente
preſſo Maria Aleſſandra Gallaccini ne’ſuoi Luti.
Le di lui Opere manoſcritte, in gran parte conſervate preſſo di me Gio:
Antonio Cav. Pecci.
Diverſe altre memorie, ſcritture, Autori, e documenti ſparſi preſſo diverſi
Soggetti
della Città di Siena.
II regiſtro de’ Nati, e Battezzati in Siena, conſervato nell’ Archivio del
Maeſtrato
, detto di Biccherna.
Altro regiſtro de’ Morti nella Pieve di S. Gio: Battiſta, conſervato nell’
Archivio
Arciveſcovile.
E il Necrologio dei ſepolti nella Chieſa de’ Padri Predicatori di Siena To-
mo
II.
15xi
TAVOLA
DEICAPITOLI
Contenuti in queſto Libro.
3[Figure 3]
PARTE PRIMA.
11
Cap
. I. DEL Compartimento degli Errori degli Architetti. # pag. 5.
II
. Degli Errori, che ſi commettono avanti il fabbricare. # ivi
III
. Degli Errori, che ſeguono nell’ elezione dei Siti. # 6
IV
. Degli Errori, che accadono nella mala ſcelta delle Materie. # 8
V
. Degli Errori della mala elezione dei Fabbricatori. # 13
VI
. Degli Errori della mala elezione del tempo. # 16
VII
. Degli Errori, che avvengono nella mala diſpoſizione del diſegno,
# nella mala ordinazione, e nel cattivo comparto. # 17
VIII
. Del provvedimento uſato dagli Autori Romani contro gli Errori
delle
Fabbriche. # 18
PARTE SECONDA.
22
I
. Degli Errori, che occorrono nel fabbricare. # pag. 23
II
. Degli Errori, che ſi fanno nei fondamenti. # ivi
III
. Degli Errori, che accadono nella proporzione delle parti. # 32
IV
. Degli Errori della diſpoſizione del compartimento. # 37
V
. Degli Errori degli Architetti nel collocar le coſe fuor del lor
# luogo. # 38
VI
. Degli Errori, che conſiſtono nell’ abuſo di alcuni ornamenti intro-
# dotti dagli Architetti moderni. # 44
VII
. Degli Errori, che accadono nella inoſſervanza del decoro. # 49
VIII
. Degli Errori, che dagli Architetti ſi permettono, mentre i mi-
# niſtri uſano cattivo ammaſſamento, e mala ſtruttura di mattoni e
# di pietre, facendo mala compoſizione di muraglia. # 50
IX
. Degli Errori nella ſuperſtuità, e nel difetto. # 53
X
. Degli Errori della mutazione dell’ordine delle parti, dell’uſo e
# della mala corriſpondenza loro. # 56
PARTE TERZA.
33
Cap
. I. Degli Errori, che ſi ſcuoprono poichè è ſtato fabbricato. # pag. 59
II
. Degli Errori, che avvengono nei coprimenti. # 61
III
. Degli Errori, che avvengono per la poca, e non diligente cura
# intorno alle fabbriche fatte. # 65
IV
. Degli Errori, che accadono nella poca avvertenza nei condotti
16xij11
# dell’ acque delle ciſterne, e dei pozzi, delle fogne, cioè, delle cloa-
# che e d’ altri luoghi. # 67
V
. Degli Errori dei cavamenti ſotterranei vicini ai fondamenti del-
# le muraglie. # ivi
VI
. Degli Errori, che accadono nei tagliamenti delle muraglie. # 68
VII
. Degli Errori, che procedono dalle nuove cariche, le quali ſi pon-
# gono ſopra i muri vecchi. # ivi
VIII
. Degli Errori, che accadono nei riſtauramenti. # 70
IX
. Quanto importi il non ſervirſi degli Architetti, e il ſidarſi della
# pratica dei miniſtri. # ivi
171
AMONSIGNORE
GIULIO MANCINI
MEDICO
E CAMERIERE SEGRETO
DI
N. S. PAPA URBANO VIII.
SON già paſſati due anni, ch’io doveva moſtrare a
V
.
S. Illuſtriſs. e Reverendiſs. l’Operetta mia degli
errori
degli Architetti, avendogliela promeſſa quando
mi
trovava in Roma di paſſaggio.
Ma perchè non mi
pareva
convenevole condurla innanzi a Lei di pochiſſi-
ma
età, e quaſi in faſce, onde non Le avrebbe recata
ſoddisfazione
alcuna;
perciò ho indugiato fino a queſto
tempo
, pel quale è già creſciuta in età perfetta, ed in
maniera
, che può favellando eſprimere il ſuo concetto:
benchè forſe non ſia giunta a quella perfezione, che poſ-
ſa
ſommamente piacere a Lei, ed agli altri cagionar qual-
che
maraviglia.
Pure, comunque ella ſia, la rappreſen-
to
avanti a V.
S. Illuſtriſs. e Reverendiſs. in abito di
nuova
Spoſa fatta bella, e adorna, ſe non come ſi con-
veniva
, acciocchè meglio compariſſe, almeno ſecondo
che
è ſtato poſſibile al troppo debole ingegno mio.
L’
accolga
dunque colla ſua ſolita benignità e corteſia, e
la
favoriſca, donandole, mentre la vede, qualche parte del
ſuo
ſplendore, acciocchè più lieta, e con ardimento mag-
giore
poſſa di ſe medeſima far moſtra chiariſſima in
coteſto
mirabile auguſtiſſimo Teatro delle virtù, delle
grandezze
, e delle dignità maggiori del Mondo;
laddo-
ve
a mio nome umile e riverente Le s’inchina, e Le ba-
cia
la Veſta.
Di V. S. Illuſtriſs. e Reverendiſs.
Servitore affezionatiſſimo.
Teofilo Gallaccini.
18
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193
DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI.
D
I
TEOFILO
GALLACCINI.
Insieme con alcuni insegnamenti d’Architettura per giovamento
DEGLI Studiosi di tal professione, e di tutti quelli,
CHE HANNO BISOGNO DI FABBRICARE.
4[Figure 4]
PARTE PRIMA
Il Proemio.
SIccome nella Medicina, ſcienza veramente ſalutevole, pregiatiſſima, e per
l’
origine ſua, divina, e viepiù antica d’ogn’altra, natural magìa maravi-
glioſa
, imitatrice della Natura, e ſua miniſtra, ritrovata per comune ſalute,
non
ſolamente del genere umano, ma ancora degli animali bruti, delle pian-
te
, e de’minerali;
una delle coſe da eſſa propoſte (benchè ci diſpiaccia il no-
minarla
, non che rivolgervi il penſiero) ſi è la cognizione de’veleni:
non per-
chè
ella ſia il ſuo fine, che è l’acquiſto, e il conſervamento della ſanità, e
conſeguentemente
la lunghezza della vita;
per l’uſo, il quale a tutte le det-
te
coſe è contrario, e nemico della natura di tutti i viventi;
ma perciò che
dalla
cognizione di eſſi poſſiamo imparare a fuggirli per ſicuro conſervamento
delle
vite noſtre;
così nell’ Architettura, miniſtra principale della magnificenza
de’
Principi, e delle Repubbliche, imitatrice delle opere della Natura, ritrova-
trice
degli umani comodi, degli ornamenti pubblici, e privati, della comune,
e
della particolar difeſa di tutti gli Stati, ed in pace, ed in guerra, e del con-
ſervamento
loro:
perizia invero, od arte, della quale non ſi ſdegnano i Prin-
cipi
, e ſe ne gloriano le perſone nobili, non ſolo è naturalmente proporzionata
agli
uomini, come conſueti imitatori del ſovrano Architetto della mirabile ed
immenſa
ſabbrica dell’ Univerſo (onde avviene, che non vi ſia uomo alcuno,
ſe
non è privo d’ingegno, o ſenza l’uſo dell’intelletto, e della ragione, che non
ſi
diletti del fabbricare) ma ancora convenevole ai Re, ed Imperadori, ai
Monarchi
del Mondo, ed ai Pontefici, eſſendo un mezzo ſufficientiſſimo, col
quale
in gran parte poſſono far mirabil moſtra dell’eroica virtù, e della ma-
gnificenza
loro.
Queſta, come un bene, e un ornamento politico, nobiliſſima-
mente
appariſce nella diverſità delle fabbriche delle Città, e dei Regni.
In que-
ſta
, io dico, la cognizione di tutti quelli errori, che talvolta accadono, è una
di
quelle coſe (benchè per ſua natural condizione ſia rea, e dannoſa) per av-
vertimento
della quale avevamo penſato di giovare, non intendendo, che la
propoſta
di eſſi ſerva per inſegnare a ciaſcuno il modo di commetter gli errori
nell’Architettura
;
imperciocchè, ſiccome il fine d’ogni ſcienza contemplativa ſi
è
il ritrovamento della verità delle coſe, e non della menzogna;
e d’ogni ſcien-
za
morale il trovare il buono, il giuſto, l’oneſto, ed il convenevole:
così il
fine
d’ogn’arte è il non far errore nell’operare, non partendoſi giammai dalla
diritta
ragione della pratica ſua.
Imperciocchè fra le Arti umane non ve ne
ha
alcuna, che inſegni a peccare;
anzi il ſolo maeſtro ne è il mal uſo. Ma
per
introdurre la cognizione degli errori dell’Architettura male uſata, affinchè
alcuno
ſtudioſo di tal profeſſione poſſa imparare a fuggirli, ed in eſſa divenire
eccellentiſſimo
;
concioſſiachè errando s’impari, ed imparando s’acquiſti con
perſezione
qualunque abito di ſcienza, e d’arte;
poichè l’errore, bene oſſer-
vando
, ne conduce alla notizia della coſa mal fatta, e queſta ci fa conoſcer l’
opera
buona e perfetta, tale eſſendo la natura de’contrarj, che l’ uno ſi cono-
ſca
per l’altro.
Avendo adunque per le ragioni inteſe conoſciuto, di quanto gio-
vamento
foſſe per eſſere la cognizione degli errori degli Architetti, mi propo-
ſi
di riſtringere in un breve Trattato una parte di eſſi:
non già con animo
204 formar la cenſura contro a ciaſcuno, ma con volontà d’inſegnare col mezzo di
tal
cognizione la buona, e regolata Architettura.
Il che manifeſtamente dimo-
ſtreremo
, tacendo i nomi degli Architetti particolari, baſtandoci ſolo l’eſami-
nare
gli errori di ciaſcuno indifferentemente, ſeguendo il noſtro principale in-
ſtituto
, che è il giovare inſegnando, fuggendo di biaſimar ciaſcuno.
E ſicco-
me
, acciocchè meglio ſi paleſi l’intenzione di chiunque prende a ſcrivere di
qualſivoglia
materia, dee proporſi l’argomento, e l’idea di tutta l’opera;
così
noi
avanti di porci a ſcrivere degli errori degli Architetti, proporremo l’idea
di
queſto Libro, ordinandola nell’appreſſo guiſa.
IDEA DEL LIBRO.
GLi errori degli Architetti ſi commettono, o prima di fabbricare, o nel
fabbricare
;
O ſi ſcuoprono, poi che ſi è fabbricato.
Prima di fabbricare, e tutto questo nella prima parte.
Nell’elezione dei Siti.
Nella mala ſcelta delle materie.
Nella rea elezione de’fabbricatori.
Nella mala elezione del tempo.
Nel diſegno mal diſpoſto, e male ordinato, e mal compartito.
Nel fabbricare, e cio’ nella seconda parte.
Ne’ fondamenti.
Nella proporzione delle parti.
Nella diſpoſizione del componimento.
Nel collocar le coſe fuor del luogo loro conveniente.
Nell’abuſo d’alcuni ornamenti.
Nel decoro.
Nel cattivo ammaſſamento, e nella ſtruttura de’mattoni, e delle pietre, e
della
mala compoſizione dei muri.
Nella ſuperfluità, e nel difetto.
Nella mutazione dell’ ordine delle parti, dell’uſo loro, e della mala cor-
riſpondenza
fra eſſe.
Poiche’ si e’ fabbricato, e questo nella terza parte.
Nei coprimenti.
Nella poco diligente cura uſata intorno alle fabbriche.
Nella poca avvertenza dei condotti dell’acque, delle ciſterne, dei pozzi,
delle
fontane, e delle peſchiere:
delle cloache, e d’altre coſe tali.
Nei cavamenti ſotterranei vicini ai fondamenti.
Nei tagliamenti delle muraglie.
Nei nuovi carichi, che ſi pongono ſopra le muraglie vecchie.
Nei riſtauramenti.
215PARTE PRIMA.
CAPO I.
Del
Compartimento degli errori degli Architetti.
TUtti gli effetti, e tutte le opere di qualunque Arte operativa ſi diſtinguo-
no
ſecondo tre tempi;
perciocchè ogni movimento, ed ogni eſercizio ſi
miſura
col tempo.
Il primo tempo ſi è avanti, che l’opera ſia poſta in effetto.
Il ſecondo, nel corſo ſteſſo, nel quale ſi fa, cioè nell’atto dell’operare. Il ter-
zo
, quando la ſteſſa coſa è fatta.
E perchè in queſti tre tempi ſi ſcorge la
perfezione
, e il difetto, cioè nella preelezione, o nell’atto d’operare, o nel ter-
mine
ultimo di tutta la pratica, che è l’opera condotta al ſuo fine;
pertanto
ſi
proporranno gli errori degli Architetti, cagionati, o dal difetto dell’elegge-
re
, o dall’operare, o dal concluder l’opera, e nella cura di eſſa;
diſtinguen-
dogli
in tre tempi, cioè, avanti al fabbricare, nel fabbricare, e poi che ſi è
fabbricato
.
Ma per dar principio, nel ſecondo capitolo ſi tratterà degli errori
commeſſi
prima di fabbricare.
CAPO II.
Degli
errori, che ſi commettono avanti al fabbricare.
GLI errori, che avvengono prima di fabbricare, ſono i maggiori, e i più
importanti
, che poſſano accadere in qualunque ragion di fabbrica, per
cagione
de’ grandiſſimi pericoli, che ne ſuccedono:
ſi perchè vengono da man-
camento
di providenza, la quale è la prima regola, che conduce a buon fine
ogni
pratica operazione;
e ſi ancora per le molte male conſeguenze, che ri-
ſultano
da tali diſetti;
onde ſi dice, che un piccolo errore da principio, ſi fa
maggiore
nel fine.
E queſti tali errori nel principio del fabbricare ſi com-
mettono
per più cagioni.
O dalla confuſione dei diſegni, o dalla mancanza di
buon
giudice, o dalla ſcelta di peggiori operatori;
o per affetto, o per favore,
o
per falſa opinione;
ovvero dall’inclinare per imperfezione umana più ai peg-
giori
, che ai migliori;
o dal volere ſpender poco, o per avarizia, o per di-
fetto
di facoltà;
o dalla mancanza del primo Architetto, il quale, fatto il di-
ſegno
, non s’impaccia più dell’opera;
tantochè, altro Architetto, Ca-
pomaeſtro
Muratore è valevole ad eſeguir perfettamente l’intenzione del pri-
mo
, ſiccome ſi ſcorge nelle fabbriche grandi, alle quali non baſta l’età d’un
uomo
per condurle a fine;
onde paſſando ſotto diverſe mani, s’allontanano dall’
intenzione
dell’ inventore del primo diſegno.
E però avendoſi a fabbricare è
meglio
fare ſcelta d’ un componimento mediocre, purchè ſia onorevole, che d’
un
troppo grande, benchè nell’aſpetto dimoſtri più maeſtà.
O da ingegnero po-
co
accorto, men ſaputo, e molto meno eſercitato nella ſua profeſſione:
o dall’
avarizia
di chi fa fabbricare;
o dalla troppa confidenza, che ſi ha negli arte-
fici
:
o dalla credenza, che hanno i Signori delle fabbriche d’ intenderſi del me-
ſtiero
dell’ Architettura, e del fabbricare, confidati pur troppo in un proverbio
volgare
male inteſo, che non vi ſia il migliore Architetto del Signor della Ca-
ſa
:
o dal non aver cognizione della mala pratica dei manipolatori; o dal non
aver
provveduto di chi aſſiſta a tutte le operazioni, che ſi richiedono nelle fab-
briche
:
o dallo ſtabilire un tempo determinato, e breve, nel cui ſpazio quel-
li
, che fanno fabbricare, vogliono che la fabbrica ſi finiſca:
onde le muraglie
non
avendo fatto ugualmente il ſuo poſamento, aggravate dal peſo, eſſendo la-
vorate
di freſco, ſi aprono, e talvolta minacciano rovina:
o finalmente dalla
mala
ſcelta della ſtagione del fabbricare, e ſpecialmente nell’inverno.
E per
queſte
, e per altre cagioni ſuccedono diverſi e notabili errori intorno al fab-
bricare
, dei quali ragioneremo a parte a parte nei ſeguenti capitoli.
226DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
CAPO III.
Degli
errori, che ſeguono nella elezione dei ſiti.
UNA delle più importanti coſe, che ſi richieggono in tutte le ſpezie delle
fabbriche
, è la buona ſcelta dei ſiti, la quale perchè è la prima di tutte,
è
ancora la più neceſſaria:
imperciocchè a qualunque opera d’Architettura ſi
antepone
il Luogo, e il Sito, non generale, ma particolare, in cui ſi ha da
collocare
la fabbrica.
Laonde da Vitruvio nel 4. Cap. del primo Libro ſi an-
tepone
a tutto l’inſegnamento dell’ Architettura, mentre prima che egli tratti
della
fabbrica della Città, e di tutti gli ediſicj, che ſi fanno dentro il circuito
di
eſſa, primieramente c’inſegna le ragioni, e le regole di far buona ſcelta dei
ſiti
.
Come ancora ſi fa da Leon Batiſta Alberti nobile Architetto Fiorentino,
che
dopo Vitruvio tiene il primo luogo, dal primo Libro della ſua Architettu-
ra
inſino al nono.
Onde noi per queſta ragione imitando queſti Autori pri-
marj
, tratteremo primieramente in queſta prima parte degli errori, che acca-
dono
nella elezione dei Siti, nei quali ſi ha da fabbricare.
I Siti adunque, o ſono di Città, o di luoghi dentro le Città, cioè, ſono o
di
edificj pubblici, o di privati, o di luoghi, che riguardano la ſola comodità,
o
ſolamente l’ornamento, o l’uno, e l’altro inſieme.
Nei ſiti di Città gli er-
rori
poſſono eſſere di più maniere, cioè, o che ſotto aria non ſana, come in
regione
d’aria troppo grave, troppo moleſta, o ſpecialmente d’ aria impura,
nella
quale ſi radunano groſſe, e denſe caligini, e nebbie, puzzolenti vapori,
e
dannevoli impreſſioni, la quale è grave alla viſta, e non ſi può con rimedio
alcuno
riſanare, ſiccome afferma di Venezia Niccolò Maſſa, trattando delle in-
fermità
cagionate dall’aria peſtilenziale l’anno MDLV.
favellando in queſto
modo
.
E ſebbene quei delle Iſtorie di quel tempo, ed anche molti Medici ſcrivo-
no
, che il divino Ipocrate cacciaſſe la peſtilenza d’ Atene frequentando fuochi
per
tutta la Città, e ancora il non mai a baſtanza lodato Galeno il medeſi-
mo
faceſſe a Roma, a rimuover la peſtilenza dell’aria;
nientedimeno in queſta
così
gran Città con le ſopraddette condizioni, io non ſo come ſi poteſſe far
queſto
, e maſſime dove ſempre abbiamo mali vapori, che ſi alzano da così gran
laghi
, e da paludi;
e non ſolo queſti, ma ancora quelli, che vengono dalle
valli
del continente, molte volte putridi, menati però da venti di terra, che
la
notte ſi levano, e durano quaſi fino a mezzo giorno, molte volte tutto il
giorno
, e la notte, e per più giorni continui:
la quantità degli abitatori è
ſufficiente
a correggerla intieramente;
così ancora dove l’aria ſia groſſa, e che
toſto
riceva ſtemperamento di freddo, o di caldo, e lo ritenga lungo tempo;
e dove non ſarà agitata da venti; perciocchè ella, come l’acqua, ſi puriſica col
movimento
:
o che ſieno i Siti in regione eſpoſta a venti non ſalutiferi, come
a’venti
Auſtrali, che ſecondo l’opinion d’ Ipocrate, di Teofraſto, e di Plinio,
ſon
più nocivi d’ ogni altro vento;
e gli Occidentali, ſecondo il parere d’altri
Autori
, non ſon molto buoni per la ſanità dei luoghi;
perciocchè per la paſ-
ſata
ripercuſſione dei raggi del Sole di tutto il giorno, ridotto il Sole nella
quarta
d’Occidente, accreſce il calore, onde i Siti rimangono ſenza reſrigerio
alcuno
:
oppure ſieno Siti, che abbiano di contro montagne, le quali chiuda-
no
il paſſo ai venti ſalutiferi:
ovvero che ſieno in terreno ſterile, ed in luogo
deſerto
, dove per diſetto di vitto non ſi poſſano ſoſtentar gli abitanti, i quali
non
poſſon ricever utile alcuno dalla coltivazione del terreno:
e volendo poi
abitarvi
ſono neceſſitati a condurre i viveri da paeſi lontani, il che coſta lor
caro
, o è loro negato, o impedito, o rubato per via, e talvolta convien loro
prenderlo
non buono, ed alterato, o vien loro condotto inſetto di contagione:

o
ſieno poſte in luogo, che ſia nido di grandiſſima copia di ſiere, o di ani-
mali
velenoſi, e mortiſeri, onde non vi ſi poſſa abitare, o per la grandiſſima
ſalvatichezza
, difficilmente ſi poſſa addomeſticare;
o per eſſer ſolitario, non
237PARTE PRIMA ſenza qualche mala qualità d’aria. Tale era, ſiccome ſi ritrae da Varrone,
quella
parte della Gallia, che egli trovò di dal Reno, come riferiſce Leon
Batiſta
Alberti nel 4.
Cap. del primo Libro dell’Architettura, e della ſteſſa con-
dizione
è l’ Inghilterra, come racconta Ceſare:
o che il terreno ſia privo d’
acque
, quale era il ſito della Città, che da Democrate ſi diſegnava di fabbri-
care
ad Aleſſandro Magno nel monte Ato:
o che il luogo eletto per fondarvi
la
Città abbia intorno i campi magri, le colline nude di buona terra, e quel-
la
poca, che vi è, infruttiſera, e tutta ripiena di pietre, e di piante ſpinoſe,
ed
inutili:
ovvero che il ſito per natura non ſia forte, onde per ſe ſteſſo non
ſi
poſſa difendere dalle offeſe de’nemici;
benchè per arte ſi poſſa render forte;
nondimeno è molto meglio la fortificazione, che ſi riceve dalla Natura, che
con
poco ajuto dell’arte, e con molto minore ſpeſa, ſi conduce a perfezione
conforme
al biſogno:
o che ſia in luogo troppo aſpro, e troppo malagevole a
praticarvi
, ſiccome era il ſito di quella Città, che Caligola aveva ordinato, che
ſi
fabbricaſſe ſopra le Alpi, luoghi, ove non ſi dee collocar Città, ſenza eſſer
forzato
da neceſſità alcuna.
Sebbene, quando ei l’aveſſe edificata con buona forti-
ficazione
, e ben munita, eſſendo nei confini naturali dell’ Italia, ſarebbe ſtata
una
chiave, e un propugnacolo di eſſa, onde impedite le genti barbare, non ſareb-
bero
più paſſate a danneggiarla, ed a ſoggiogarla:
la qual coſa fu molto ben conſide-
rata
da Franceſco Petrarca, il quale quaſi preſago, pare, che abbia preveduto il
molto
danno, che ella ha ricevuto dal paſſo degli Oltramontani, che non ſolo
hanno
potuto ſaccheggiarla, ma dominarla, e porla ſotto un duro, e perpetuo
giogo
, che ancora ſi mantiene ai tempi noſtri;
e però diſſe figuratamente nomi-
nando
una parte dei popoli ſtranieri in vece di tutti:
Ben provvide Natura al noſtro ſtato,
Quando
dell’ Alpi ſchermo
Poſe
fra noi, e la Tedeſca rabbia.

Ma
forſe non è piaciuto a Dio, che all’Italia ſia ſucceduta cotanta ventura.
La
qual
coſa è ſtata poi imitata con traverſamento di muraglia da’popoli della China
nei
confini dei loro Stati, per chiudere il paſſo alle incurſioni ſtraniere.
E ſicco-
me
racconta il ſopraddetto Alberti nel X.
Libro dell’ Architettura nel medeſimo
Capitolo
, Artaſerſe fra ſe, e il nemico fece una foſſa larga ſeſſanta piedi preſſo
all’Eufrate
, e lunga diecimila paſſi.
E i Ceſari, fra i quali fu Adriano, fecero
un
muro per l’ Inghilterra lungo ottantaquattro miglia, col quale diviſero i cam-
pi
dei Barbari da quelli dei Romani.
Antonino Pio fabbricò nell’ Iſola medeſima
un
muro di piote, cioè di zolle di terra.
Severo dipoi a traverſo dell’Iſola da
un
capo all’altro fino al mare fece un argine di centoventiduemila paſſi.
Appreſ-
ſo
la Margiana Provincia dell’India, Antioco Sotero, dove edificò Antiochia,
cinſe
la provincia intorno d’un muro lungo quindicimila ſtadj:
e Seſoſtri lungo
l’Egitto
verſo l’Arabia, fece un muro da Peluſio ſino alla Città del Sole.
O fi-
nalmente
il ſito ſia paludoſo, vicino a ſtagni, a lagune, e acque ferme, putri-
de
, ed immonde, e a luoghi minerali.
Negli edificj pubblici talvolta ſi veggono
errori
di grandiſſima conſiderazione, come quando ſi fabbricano Porti non molto
capaci
, ſicuri dai venti, non forti, fatti di mala ſtruttura, mal fondati, faci-
li
a riempirſi di rena, di terra, o d’immondezze, ſiccome ſono i Porti di Na-
poli
, e d’Ancona, i quali, quando vi ſi uſaſſe diligenza in vuotargli, e riſtau-
rargli
, ſarebbero migliori, e più capaci;
in uno d’eſſi, cioè in quel d’Ancona
eſſendovi
naturalmente il difetto del Monte di San Ciriaco, che gli ſta a cavalie-
re
, ed acquiſtando maggior luogo.
Ma quello di Napoli ſi renderebbe migliore,
qualora
gli ſi cambiaſſe il Sito.
Così ancora quando un Ponte aveſſe poco fon-
do
, o non riuſciſſe comodo alla Città, preſſo la quale foſſe collocato:
o quando
ſi
faceſſe non iſcegliendoſi comodo luogo alle ſtrade, e quando il letto del fiume
e
le ſponde, non hanno ſaldezza alcuna, ſicchè non ſi poſſan difendere dallo
ſcalzamento
fatto dalle acque correnti, dal calcamento cagionato dal peſo, mo-
vendoſi
il terreno inumidito, il quale forza la muraglia poſtagli ſopra ad
248DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI pagnare il ſuo movimento, come ſuol fare la creta, onde ſi muovono i pilaſtri,
e
le moli, o calando al baſſo, o traſcorrendo, ſi rompono gli archi, e tutta l’o-
pera
va in rovina:
o ſe non aveſſe i fianchi cominciati oltre alle ſponde del fiu-
me
, o del torrente, e nel terreno più ſaldo, acciocchè, allargato l’alveo, anche
il
ponte rimanga dentro terra, ſenza ſcalzamento alcuno:
e finalmente nelle fab-
briche
d’altri luoghi pubblici, come ſono di Tribunali, di Studj, o d’Accade-
mie
, di Dogane, e d’altri, cioè quando non ſaranno molto capaci, mal compar-
titi
, privi di molte comodità neceſſarie, e mal collocati:
o nelle fabbriche delle
Chieſe
, di Spedali, o di Monaſterj, come quando ſon collocati in luoghi lontani,
o
fondati alle rive de’fiumi, e delle rupi, che del continuo ſgrottano, e rovina-
no
, ed in terreno di non continua ſaldezza, o cavernoſo, ed a cui ſoggiaccia qual-
che
altra ſpecie di terra, che non poſſa far reſiſtenza al peſo;
o difficili ad an-
darvi
, o troppo baſſi, o ſuperati da grotte, dalle quali ſi partecipi alcuna conti-
nua
umidità, o qualche rovina:
o troppo anguſti, ſicchè la fabbrica non poſſa
ricevere
quella capacità, e quella forma, che ſe le richiede:
o quando il luo-
go
ſia vicino a paludi, a draghe, a fogne, a foſſe, a luoghi profondi, nei quali
concorrano
tutte le immondezze, e tutte le acque della Città.
O quando ſia
eſpoſto
a venti Meridionali, poſſa godere il benefizio di Tramontana, o di Po-
nente
:
e quando non ha comodità di luoghi per giardini, o per paſſeggj ſotto
l’ombra
in tempo d’eſtate, dagli Antichi detti Crittaportici, e diete;
od al So-
le
in tempo d’inverno:
e quando non ha terreno da farvi ortaggj, e giardini,
ha copia d’acque vive.
Nelle fontane, quando non ſi fanno in luogo, che ſia
comodo
al concorſo della Città, e quando gli acquedotti, o ſotterranei, o ſopra
terra
, non ſon fatti a perfezione, o di cattiva, e di non ſalutevole materia, co-
me
di legno, di piombo, o di rame.
Ma negli edificj, che ſolo riguardano la
comune
utilità, ſi ſcorge talora qualche difetto, vale a dire, che alcunee volte
ſono
incapaci, mal diſpoſti, e peſſimamente compartiti, ſenza le convenienti
utilità
, e ſenza i debiti comodi, ſenza libertà di ſtanze, e di appartamenti,
di
ſcale, di anditi, e di trapaſſi;
ma obbligati a dannoſe ſervitù, e talvolta
ſon
collocati troppo lontani dalle abitazioni.
Quelli, che conſiſtono ſolamente
nell’ornamento
, talora ſon difettoſi nella ſituazione, mentre non ſono in luogo
conveniente
, e non rendono dicevole proſpetto;
o ſon ſopraffatti, ed occupati
da
altre fabbriche, da rupi, da ſaſſi, o da altra coſa eminente, o ſon piantati
in
luogo troppo anguſto:
o quando ſi preme più nell’ornamento, che nell’uti-
le
:
o quando gli ornamenti non corriſpondono all’ utile, ed al biſogno, ed han-
no
del barbaro, e da lontano non ſon veduti:
e finalmente in quelle fabbri-
che
, le quali debbon eſſer comode, e ornate, ſi erra talvolta facendoſi ornamen-
ti
, o ſuperflui, o non a propoſito, non procurandoſi, che l’utile accompagni l’
ornato
, e che l’uno ſia corriſpondente all’altro.
E tutti queſti poſſon eſſere gli
errori
, che naſcono nella ſcelta dei Siti di qualſivoglia fabbrica, che nel vero
eſſendo
i particolari inſiniti, e variabili, ancora molti più, e vie più diverſi
poſſono
eſſere i diſetti, che ſon per accadere nella ſcelta del Sito di qualſivo-
glia
edificio:
e però, per non dilungarſi dalla brevità, ci contenteremo d’aver
moſtrato
una parte, laſciando in arbitrio di qualunque ſtudioſo l’oſſervare tutti
gli
altri.
CAP. IV.
Degli
errori, che accadono nella mala ſcelta delle materie.
DOpo gli errori, che ſogliono avvenire circa la ſcelta dei Siti, i più im-
portanti
ſon quelli, che per diverſe cagioni ſpeſſe volte ſuccedono nella
ſcelta
delle materie.
Imperciocchè, ſiccome dalle buone materie, che s’adopra-
no
nella fabbrica, ſi produce la bontà, e la perpetuità delle muraglie;
così per
lo
contrario dalle cattive procede quaſi ogni loro mala condizione, e la breve
loro
durata.
Laonde uno dei principali avvertimenti degli Architetti, o di chi
aſſiſte
alle fabbriche, o di chi fa murare, ſi è il porre grandiſſima
259PARTE PRIMA. nelle materie, delle quali ſi dee far la ſtruttura; poichè le buone, e le ree con-
dizioni
delle materie ſon cagione delle buone, e delle male condizioni di qua-
lunque
edificio.
E perchè queſto non baſta per venire in cognizione dei diſet-
ti
appartenenti alle materie, perciò importa il fare una matura conſiderazione
di
eſſe, affinchè ſi rendano più noti.
Dichiamo adunque, procedendo con qual-
che
ordine, che le materie delle muraglie, o ſi ricevono ſolamente dalla Na-
tura
, o dalla Natura inſieme, e dall’Arte.
Quelle, che ſi hanno ſolamente dal-
la
Natura, o ſono la rena, o le pietre, o l’acqua, o i legnami.
Quelle, che
ſi
ricevono dall’Arte, e dalla Natura, ſono la calcina, i mattoni, le pietre la-
vorate
, i legnami lavorati, e i ferramenti.
Gli errori, i quali appariſcono nelle materie ſolamente della Natura, ſono,
come
quando s’adopera rena di cava, e ſpecialmente quella, che è terroſa,
fangoſa
, e groſſa, la quale ſi mangia la calcina, e impaſtata con eſſa non fa
preſa
, forte legamento di muro, ed è come ſe ſi muraſſe colla ſemplice ter-
ra
, come anticamente ſi uſava in Siena, ove ſi veggono molte mura vecchie
murate
con terra, la quale tanto tiene, e lega inſieme i mattoni, e le pietre,
quanto
dura l’umidità ſua fangoſa, che diſſeccata, finalmente ſi ſnerva, ſi ri-
duce
in polvere, e ſi fa ſimile alla terra dei campi, o al terreno, come ſpeſſo
avviene
in quelle parti di Toſcana, ove non ſi trova la puzzolana.
Ma quan-
do
ſi ha da uſar la rena di cava, non ſi piglia la bianca, perchè è la peggio-
re
di tutte, di pari che la rena groſſa, benchè ſia la più tenace, perciocchè ſi
fende
facilmente, così ancora ogni rena, che maneggiata colle mani non ſtri-
de
, e macchia i panni, e meſcolata coll’acqua l’intorbida, o la rende fango-
ſa
.
E finalmente quella, che ſarà ſtata lungo tempo all’aria, al Sole, alla Lu-
na
, e alle piogge, per aver natura di terreno, ſarà meſcolata con umor mar-
cido
, e diſpoſta ſpontaneamente a produrre erbe, e arboſcelli.
perchè da
noi
s’eſcluda la rena di cava, ſi dee perciò intendere aſſolutamente;
impercioc-
chè
fra le rene, che ſi cavano, la migliore di tutte ſi è la puzzolana, della
quale
abbondano Napoli, e Roma, e noi in vece di eſſa abbiamo una ſpecie
di
rena, che ſi cava da una ragione di tufo, che è dotata di tutte le buone qua-
lità
:
queſto è proſſimo alla pietra pure di tufo, di color più chiaro, e di terra
d’ombra
meno oſcura, che s’accoſta al color giallo ſmorto.
E queſta rena ſi po-
trà
dire rena pietroſa, molto differente dalla rena terroſa, la quale ſi cava dal tu-
fo
, che ha più natura di terra, eſſendo più umido, più groſſo, più frangibile, e
di
color di terreno da coltivare.
Ovvero quando ſi adoprano le pietre non lavora-
te
, come le pietre tonde, pulite, eguali, cioè, le ſcelte de’letti de’fiumi, e dei
campi
:
ovvero ſe ſaranno troppo tenere, e frangibili: imperciocchè le prime nel-
la
ſtruttura delle muraglie non fanno buon legamento, ritengono fortemente
la
calcina, fanno buon ripieno:
concioſſiachè accoſtandoſi coll’ altre pietre, o
con
i mattoni, laſciano ſpeſſe vacuità, le quali malamente ſi poſſono riempiere,
ſe
non vi ſi conſuma gran quantità di calcina, o ſe non vi ſi pone gran copia
di
minuti pezzi, i quali, benchè ſieno ben battuti, nondimeno di eſſi non ſi fa
buon
componimento di muro, eſſendo d’opera cementizia, biaſimata meritamen-
te
dagli Architetti;
di modo che per ogni lieve occaſione, o pel calare della mu-
raglia
, o per la preſſione del peſo, o per lo ſpegner degli archi, o per gl’introna-
menti
, ſi aprono;
e toſto che una parte comincia a rovinare, facilmente, e con
poca
forza tutta rovina, e ſi converte in macia, ed in cumulo di ſaſſi, ſiccome
ſi
vede bene ſpeſſo nelle fabbriche di villa:
come ſono quelle ſtrutture, e quei
muramenti
, che da Vitruvio nel cap.
3. del ſecondo Libro ſi dicono di muro in-
certo
:
o quelle, che ſi appellano opere cementizie, delle quali, ſiccome delle altre
ſpecie
di ſtrutture ſi fa menzione da Marziale nel IX.
Libro, Epigramma 77. che
ha
per titolo = De balneo Tuccœ:
Non ſilice duro, ſtructilive cemento,
Nec
latere cocto, quo Semyramis longam
Babylona
cinxit, Tucca balneum fecit;
Sed ſtrage nemorum, pineaque
2610DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI Ut navigare Tucca balneo poſſit.
Idem beatas lautus extruit thermas
De
marmore omni, quod Chariſtos invenit,
Quod
Phrygia, Symnas, aſſa, quod Nomas mittit,
Et
quod virenti fonte lavit Eurotas.

Sed
ligna deſunt, ſubijce balneum thermis.
E come era la fabbrica di Nicea, della quale parla Plinio il giovane nel X. Li-
bro
delle ſue Epiſtole, ſcrivendo a Trajano in tal modo:
=Theatrum, Domi-
ne
, Niceœ maxima jam parte conſtructum, imperfectum tamen ſextertium, ut
audio
, neque enim ratio plus excuſſa eſt, amplius centies bauſit, vereor, ne
fruſtra
;
ingentibus enim rimis deſcendit, & biat, ſive in cauſſa ſolum bumi-
dum
, &
molle, ſive lapis ipſe gracilis, & putris. (E queſte penſava egli eſ-
ſer
le cagioni, per le quali la fabbrica del detto Teatro ſi foſſe aperta, e foſſe
calata
, cioè, l’umido ſoverchio, la tenerezza della terra, le pietre frangibili, e
marce
;
onde facilmente penetrato il terreno, o dal peſo premuta la muraglia,
e
ridotte in minuti pezzi, e quaſi in polvere le pietre, tutta la fabbrica foſſe
calata
, ed aperta) dignum eſt certe deliberatione, ſitne faciendum, aut ſit
r
elinquendum:
nam fulturæ, ac ſubſtructiones, quibus ſubinde ſuſcipitur, non
tam
firmœ mibi, quam ſumtuoſœ videntur:
buic Theatro ex privatorum polli-
citationibus
multa debentur, ut baſilicœ circa, ut porticus ſupra caveam, quœ
nunc
omnia differuntur ceſſante eo, quod ante peragendum eſt.
Iidem Nicenſe
gymnaſium
incendio amiſſum, ante adventum meum reſtituere cœperant longe
numeroſius
, laxiuſque, quam fuerat;
etiam aliquantum erogaverunt, pericu-
lum
eſt, ne parum utiliter;
incompoſitum enim, & ſparſum eſt. Prœterea
Architectus
ſane œmulus ejus, a quo opus inchoatum eſt, adfirmat, parietes
(quamquam viginti, &
duos pedes latos) impoſita onera ſuſtinere non poſſe,
guia
ſint cemento medii faſti, nec teſtaceo (cioè laterizio) opere prœcincti.
E
ſe
peravventura altri è neceſſitato a ſervirſi di queſte pietre naturali ſciolte,
procuri
di prender quelle, che ſono aſpre, ruvide, ſpungoſe, poroſe, e che ab-
biano
ſpeſſi cantoni;
perciocchè quelle di queſta maniera ricevono, e ritengo-
no
meglio la calcina, e molto meglio ſi ſerrano inſieme coll’altre pietre, e co’
pezzi
de’ mattoni, onde ſi fa ottimo incatenamento di muraglia.
E quando ſi
adoprano
le pietre tenere, e frangibili, come quelle di tufo, e ſpecialmente
di
quello più tenero, e renoſo, del quale ſi trova gran copia in Toſcana, e
particolarmente
in Siena, e ne’ſuoi contorni;
benchè vi ſi trovi un’altra ſpecie
di
tufo di buona ſaldezza, e molto duro, di maniera che ſe ne può fare ogni
lavoro
, come baſi, colonne, capitelli, cornici, ed altro, ſiccome è ancora la
pietra
tenera, e la pietra forte:
oppure quando s’adopera una ragione di tufo
bianco
, e così tenero, che ſi può tagliar coll’accetta, quale è quello, che ſi ca-
va
in Napoli dalle gran maſſe dette monti, il quale è leggiero ſpungoſo, e gial-
letto
, che s’accoſta al bianco, e tenacemente s’uniſce colla calcina;
e tuttavia
le
muraglie, che d’eſſo ſi fabbricano (che quivi non ſi fanno d’altra materia)
bene
ſpeſſo ſi vedono ſpaccate, ed aperte, non ſolamente per la mala legatu-
ra
, che ſi fa con eſſe, ma anche per la loro tenerezza, e perchè nel murarſi
non
ſon battute, ſerrate bene inſieme, o perchè non ſono quadrate;
ma ta-
gliate
a caſo:
o quando ſi prende una ſpecie di tuſo nero pomicioſo, leggie-
ro
, e tenero, come è quello, che ſi cava in Roma;
il quale benchè faccia
buona
lega colla calcina, contuttociò le mura fatte di eſſo moſtrano ſempre
qualche
apertura:
ovvero quando ſi adopra l’acqua ſalmaſtra, e untuoſa per fa-
re
l’impaſto della calcina colla rena;
perciocchè, ſe è ſalmaſtra, rode la calci-
na
, i mattoni, e le pietre, mentre ſi converte in ſale;
onde la calcina impa-
ſtata
con tale acqua, non è tenace, e la ſabbrica rimane come ſe foſſe murata
a
ſecco:
imperciocchè, ſiccome la rena di mare non è buona, perchè preſto ſi
ſecca
, e preſto ſi bagna, e ſi disfà a motivo della ſalſedine;
così per la me-
deſima
ragione l’acqua marina non è buona per murare.
Ma ſe è untuoſa,
per
eſſa non ſi uniſce il componimento, e quando pur ſi uniſca, non ſi attacca
2711PARTE PRIMA. le materie, onde il muro non ha legamento, ſaldezza, poichè la calcina
così
compoſta non s’impietriſce, ſi converte in tartaro.
E l’acque de’bagni
non
debbono eſſer tenute per buone, perchè o poſſono eſſer cagione di troppo
diſſeccamento
, o di manifeſta corroſione.
O finalmente gli errori degli Archi-
tetti
ſi trovano nell’uſo dei legnami, cioè, quando ſi prendono per far palchi,
ſoffitte
, laſtrichi, tetti, travature ſemplici, ed armate, di legnami frangibili,
pieghevoli
, e che facilmente marciſcono, come ſono le travi d’oppio, di gatta-
ro
, o di qualunque altra ragione di legname bianco.
E l’olmo, benchè ſia le-
gno
forte, nondimeno facilmente ſi piega, ſe non è ſtato tagliato di molto
tempo
, perchè indugia molto a ſeccarſi.
Si fa dunque notabile errore adoperando
tali
materie, ſenza alcuna conſiderazione, come a non rigettare i legnami mal
tenuti
, cioè allo ſcoperto, all’acque, ai venti, ai ghiacci, e ai Soli, onde o ſi
marciſcano
, o ſi cuocano, di maniera che poſti in opera, e aggravati dal peſo
ſi
troncano.
Si erra ſpeſſe volte nelle lunghezze, e nelle groſſezze, cioè, quan-
do
ſi prendono gli arcali, o le travi troppo lunghe, o troppo ſottili;
poichè o ſi
piegano
, o ſi rompono, non potendo ſoſtenere il peſo;
e quando ſi adoprano
travi
di legnami troppo groſſi, come di querce, di leccio, o d’altra ragione;
poichè quelli, che ſono di queſta natura, aggravano troppo le muraglie, ſicchè
calando
ſi aprono, e minacciano rovina.
Ed oltre a ciò ſi reputa errore grandiſ-
ſimo
il ſervirſi di legnami tagliati in mala ſtagione, cioè mentre la Luna è piena,
e
nella Primavera, quando gli alberi ſon pieni d’umore, e quando ſono in ſuc-
chio
, e diſpoſti a germogliare;
poichè ſiffatti legnami preſto ſi marciſcono, e
generano
gran copia di tarli;
onde i travi cavati da eſſi, aggiuntovi il peſo, e
per
ſe ſteſſi ſi rompono.
Il che non è ſenza gran pericolo, e ſenza ſpeſa degli
abitatori
.
Quelle materie finalmente, le quali ſi ricevono dalla Natura, e dall’
Arte
, ſono le pietre lavorate, i mattoni, la calcina, e i ferramenti.
Ed in tut-
te
queſte coſe ſpeſſo accade l’errore:
imperciocchè ſi erra, facendo lavorar pie-
tre
troppo tenere, come ſono alcune ſpezie di tufo, e di macigno, che a Ro-
ma
ſi dice Peprino, concioſſiachè, oltre il non reſiſtere al peſo, non poſſono di-
fenderſi
dal freddo, e dal ghiaccio, come ſi vede in Firenze nelle colonne degli
Uffizj
.
Così ancora ſervendoſi d’alcuna ragione di travertino poroſo, il quale
uſato
per traverſo, come per architravi, e per ſoglie di porte, non regge alcun
peſo
, ſoſtiene il peſo di ſe medeſimo, come ſi vede nelle porte d’alcuni luoghi,
e
particolarmente in Siena in diverſe fabbriche, e ſingolarmente nella porta della
Chieſa
della Madonna di Provenzano, ove ſi vede tutto l’Architrave.
Onde il ſuo
più
conveniente uſo è il farne colonne, che in queſto modo reſiſte ad ogni gran pe-
ſo
.
O ſecondo il conſiglio degli Architetti, non ſi debbono i travertini porre in
opera
, toſto levati dalla cava, e lavorati, ma biſogna, che ſieno cavati, e lavo-
rati
per qualche tempo avanti, acciocchè ſienoſi fatti più duri, e più ſaldi.
Sier-
ra
talora ſervendoſi del marmo nei luoghi ſcoperti, come nelle facciate de’palazzi,
e
dei Tempj.
E ciò avviene, quando le fabbriche ſon molto verſo il vento ma-
rino
, ſiccome è la facciata della Cattedrale di Siena, la quale, eſſendo eſpoſta
a
tal vento, che bagnando rade, e per ogni lieve incontro riceve grandiſſimo
danno
, eſſendo i marmi renduti frangibili, e quaſi ridotti in ſale.
Errano anco-
ra
gli Architetti, che non fanno diligenza d’aver mattoni fatti di buona creta,
ben
lavorati, ben cotti, fatti a miſura uniforme;
poichè i mattoni mal fatti, e
mal
cotti rendon la fabbrica non durevole:
che per ogni umidità ſi marciſce;
e
quelli, che ſon troppo cotti, che ſi chiamano ferretti, per la ſomiglianza, che
hanno
nel colore, di pari che nella durezza alle loppe del ferro;
concioſſiachè,
ſebbene
hanno durezza di pietra, nondimeno perchè ſon troppo torti, e collega-
ti
inſieme in forma di pietre a motivo del colamento fatto dalla troppa cottu-
ra
, e dal fuoco ſoverchio, non ſon buoni per lavori di fuori, come nelle facce
delle
muraglie, perchè non ſi poſſono porre in piano, e collegare con gli altri
mattoni
;
ma ſon buoni nei riempimenti dei muri, e nei fondamenti, quando
però
ſi fanno groſſi.
E i mattoni non fatti a miſura uniforme non ſon tutti
eguali
di groſſezza, e di lunghezza, e però guaſtano il lavoro, non potendoſi or-
dinare
i filari in piano.
Ma gli Antichi, per aſſicurarſi d’aver buoni
2812DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI per i muramenti loro, avevano ordinato, che ogni fornace ſegnaſſe i ſuoi mat-
toni
col ſuo impronto, acciocchè ſi ſapeſſe chi faceſſe buono, e chi cattivo la-
voro
, e chi migliore, onde alcuno non rimaneſſe ingannato, potendo fare ſcelta
ſempre
del migliore.
Ordine veramente di molta importanza, che dovrebbe imi-
tarſi
dai moderni, e maſſime in Roma, ove ſi lavorano i mattoni di peſſima
condizione
;
talchè mi pare una mancanza troppo grande il veder negli avanzi
delle
fabbriche antiche i mattoni eſſerſi mantenuti tante migliaja d’anni, e dura-
re
tuttora (onde Plinio nel Cap.
13. del Lib. 35. chiama le muraglie de’mat-
toni
eterne, dicendo=
Grœci, prœterquam ubi e ſilice fieri poterat ſtructura, parietes lateritios prœ-
tulere
.
Sunt enim œterni, ſi ad pendiculum fiant). E non eſſerſi trovata giam-
mai
perſona di tanto ingegno, che abbia ſaputo rinvenire, onde ſi cavaſſe la
creta
, della quale ſi formavano tali mattoni, e dove foſſero già le fornaci.
Imper-
ciocchè
, quando queſti luoghi ſi trovaſſero, Roma non avrebbe biſogno di pez-
zami
di tufo tenero, e di ſaſſi nel fabbricare per la mancanza di mattoni, e le
muraglie
ſue ſarebbero più durevoli.
E perchè non paja, che ciò io aſſeriſca
di
propria immaginazione, e per congettura, vi moſtrerò quì appreſſo gli eſem-
Pj
d’alcuni ſegni di mattoni antichi ritratti dalle Note delle Antichità di Ro-
ma
di Celſo Cittadini, uomo intendentiſſimo delle Antichità, maſſimamente di
Roma
, e che è ſtato il primo a oſſervare, e a pubblicare ſcritti di tali mate-
rie
;
da’quali ſegni ſi comprendeva, di qual cava, e di qual fornace fuſſero.
5[Figure 5]Jl Pentadrro
T
rovato ſrà la Trinità de Monti
al
palazzo del Gran Duca
2913PARTE PRIMA.
Le ſpezie de’quali mattoni preſſo gli Antichi erano diverſe, ſiccome ſi può
ritrarre
da Plinio nel Lib.
35. cap. 13. e da Vitruvio nel ſecondo Lib. Cap.
31. = Plinio dice =
Genera eorum, tria, Didoron, quo utimur, longum ſexquipede, latum pede:
alterum Tetradoron, tertium Pentadoron. Græci enim antiqui doron palmum
vocabant
, &
ideo doras munera, quia manu darentur. Ergo quatuor, & quin-
que
palmis, prout ſunt, nominantur.
Eadem eſt & latitudo: Minore in pri-
vatis
operibus, Majore in publicis.
Vitruvio nel Lib. 2. cap. 3. =
Fiunt autem laterum genera tria, unum quod Græce, δυόδωρον appellatur,
ideſt
, quo noſtri utuntur, longum pede, latum ſemipede, cæteris duobus Græco-
rum
ædificia ſtruuntur.
Ex his unum Pentadoron, alterum Tetradoron dicitur.
Doron autem Græci appellant palmum, quod munerum datio δῶρον appellatur .
Id
autem ſemper geritur per manus palmum, ita quod eſt quaquaverſus quin-
q
ue palmorum pentadoron, quod quatuor tetradoron dicitur, &
quæ ſunt pu-
blica
opera, pentadoro, quæ privata tetradoro ſtruuntur.
Fiunt autem his la-
teribus
ſemilateres, qui cum ſtruuntur, una parte lateribus ordines, altera ſe-
milateres
ponuntur.
baſtò agli Antichi ordinare, che ſi ſegnaſſero i mattoni per ſicurezza lo-
ro
;
ma non gli ponevano nelle fabbriche, ſe non ſapevano, che foſſero ſtati
approvati
dal magiſtrato ſopra ciò deputato, onde lo ſteſſo Vitruvio nel ſoprad-
detto
luogo dice:
=
Igitur tectoria ab ſtructura ſejuncta propter tenuitatem per ſe ſtare non poſ-
ſunt
, ſed franguntur ipſique parietes fortuito, ſidentes vitiantur, ideoque et-
iam
Uticenſes, latere, ſi ſit aridus, &
ante quinquennium ductus, cum ar-
bitrio
Magiſtratus fuerit ita probatus, tunc utuntur in parietum ſtructuris.
Ed in Siena per ordine de’noſtri Antichi ſi trovano le miſure, e le forme
de’mattoni
di tutte le ragioni, ed ove ſono delle tegole fatte di ferro preſſo il
Magiſtrato
della Biccherna, o ſia pubblica Teſoreria, dalle quali i fornaciaj ſon
tenuti
a prendere le miſure, e le forme de’mattoni, e di tutto ciò, che lavo-
rano
, acciocchè le grandezze ſieno giuſte, e uniformi per cagione della bontà
delle
muraglie, ed affinchè non ſieno defraudati i compratori, Errano ancora,
quando
prendono per le fabbriche i mattoni interi vecchj, o i pezzi, e ogni
frammento
vecchio;
imperciocchè i mattoni vecchj non ſono eguali, e con
frammenti
non ſi fa buono incatenamento di muraglia, onde le fabbriche non
ſono
perpetue, e così ſi fa grandiſſimo conſumo di calcina, e ſi richiede più
tempo
nel murare.
Non è difetto di minor conſiderazione il ſervirſi di calcina
non
buona, come di quella, che ſia fatta di pietre non cavate, raccolte pe’
campi
, e di cave, che non ſieno umide, di pietra nera, e non dura:
o di cal-
cina
ridotta in polvere, la quale non è freſca, ed è ſenza nervo.
Finalmente
nell’uſo
de’ferramenti, prendendogli troppo crudi, e frangibili, e mal tirati, e
mal
ſaldati, onde ſi ſpezzano, o ſi piegano facilmente.
E tutti queſti ſono gli
errori
, che accadono nella ſcelta delle materie per fabbricare.
CAPO V.
Degli
errori della mala elezione de’fabbricatori.
QUalſivoglia fabbrica, per eſſer con buona ragione incamminata alla ſua do-
vuta
perfezione, non ſolamente dee eſſer collocata in buon ſito, e poſta
in
eſecuzione con ottime materie, ma ancora le biſognano fabbricatori, e
miniſtri
d’ottime condizioni, e dotati di tutte le qualità convenienti all’ Arte
loro
.
Pertanto l’ Architetto, o chiunque ìntende di far murare, dee uſare molto
accorgimento
nella ſcelta de’fabbricatori, moſſo dalla volontà di ſpender poco,
dee
preſtar fede a quelli, che s’offrono a tirare innanzi l’ Opera con lieve ſpeſa;
poichè queſti non oſſervano quella diligenza, che ſi conviene; ma riguardano ſol-
tanto
a fare il lavoro con poca cura, e più preſto, che poſſono, per tirare il
3014DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI gamento, e per poterſi procacciare altro lavoro. Laonde le fabbriche fatte da
tali
Muratori in brev’ora ſcuoprono i difetti loro, calando, aprendoſi, e rovi-
nando
.
E queſta è la ragione, per la quale gli antichi Romani avevano i Curato-
ri
delle fabbriche così pubbliche, come private, i quali rivedevano, ed approvava-
no
le fabbriche allegate ai fabbricatori dal Pretore, e le giudicavano come inten-
denti
, o ſecondo veniva loro riferito dai Capimaeſtri dei Muratori, e dagli Ar-
chitetti
, o da altri Periti a darne il giudizio loro.
Onde il Budeo nelle Annota-
zioni
alle Pandette nel Titolo Ad Legem Juliam repetundarum, nel paragrafo =
Ne
in accept.
Jurat. dice in queſta maniera. Probatum autem, & approbatum o-
pus
dicitur, quod magiſtri opificiorum evocati inſpectum, retulerunt eſſe ido-
neum
, &
recte factum. Dipoi ſoggiunge un luogo di Cicerone nella VI. delle
Verrine
, e particolarmente , dove introduce uno de’tutori di Junio pupillo fi-
gliuolo
di P.
Junio. Egli dice del Tempio di Caſtore, eſſendo Conſoli L. Silla e
Q
.
Metello, Cajo Verre Pretore voleva, che il detto Pupillo foſſe obbligato a far
le
colonne perpendicolari.
= Locatur opus id, quod ex mea pecunia reficiatur:
ego me refecturum eſſe dico: probatio futura eſt tua, qui locas: prædibus, & præ-
diis
populo cautum eſt:
& ſi non putas cautum, ſcilicet, tu Prætor in mea bo-
na
, quos voles, immittes?
& c.
E poco più oltre lo ſteſſo Budeo aggiunge = Probare vero, & approbare Re-
demtoris
eſt, non locatoris;
eſt enim approbare, quod Cicero fere probare dicit,
efficere
, ut probum, &
rectum dijudicetur id, quod quis facit, vel dicit. .. ..
E paſſate poche linee = Opus autem probare, eſt, ut vulgus loquitur, recte,
&
probe conſummatum præbere. . e ſegue = Paulus ſupra in Tractatu Locati.
Si
in lege locationis hoc comprehenſum eſt, ut arbitratu domini opus approbe-
tur
, perinde habetur ac ſi viri boni arbitratu comprehenſum eſſet = Tali Cura-
tori
delle fabbriche avevano cura d’approvar le opere degli edificatori;
che ſe
riuſcivano
buone, le approvavano, e per teſtimonianza di tale approvazione ne face-
vano
memoria nelle Iſcrizioni intagliate nelle pietre.
E però in un marmo antico
ſopra
la Porta volta a Settentrione della Città di Roma ſi legge così =
L. NVMISTRONIVS. L. F. DECIAN.
C. LVCIVS M. F.
M. FVNTIVS. L. F. MESS.
AEDILES. PORTAS. TVRRES.
MVRVM. EX. S. C.
FACIVND. CVRARVNT.
IDEMQVE PROBARVNT.
Nell’acquedotto dell’ Acqua Claudia preſſo a S. Tommaſo dei Cattivi.
PVBLIVS CORNELIVS P. F. DOLABELLA.
C. JVNIVS. Q. F. SILANVS. FLAMEN. MARTIAL.
EX. S. C.
FACINVDVM. CVRAVERVNT. IDEMQ. PROBAVERVNT.
E in un altro Arco fra l’ Aventino, e il Tevere, dove oggi ſi dice Marmorata.
P. LENTVLVS. CN. F. SCIPIO.
T. QVINCTIVS. CRISPINVS. VALERIANVS.
EX. S. C.
FACIVNDVM. CVRAVERE. IDEMQ. PROBAVERE.
E nel Ponte Ceſtio, oggi di S. Bartolommeo.
L. FABRICIVS. L. F. CVR. VIAR. FACIVNDVM. CVRAVIT.
IDEMQ. PROBAVIT.
Q. LEPIDVS. M. F. M. LOLLIVS. M. F. COS. EX. S. C.
PROBAVERVNT.
E come ſi vede preſſo Franceſco Albertino nel ſuo Libro de Roma
3115PARTE PRIMA.& nova, negli acquedotti ſopra un arco, preſſo la Chieſa di S. Maria in Do-
minica
, ora detta della Navicella, e a quella di S.
Gio: e Paolo.
P. CORNELIVS. P. F. DOLABELLA. COS. C. JVNIVS. C. F.
SILANVS. FLAMEN. MARTIAL. EX. S. C.
FACIVNDVM CVRAVERVNT. IDEMQ. PROBAVERVNT.
E molti altri ſimili.
Ma quando le fabbriche non erano approvate, gli edificatori erano obbligati
a
rifarle a ſpeſe loro, avendo dato per ſicurtà, conforme al comandamento del-
la
Legge i lor beni, ſiccome ſi vede appreſſo Cicerone nella terza delle Verri-
ne
.
Ma queſta cautela nei noſtri paeſi non ſi potrebbe avere, eſſendo, ſe non
tutti
, almeno la maggior parte, i Muratori foreſtieri, e non accaſati;
onde ſi
poſſono
partire a lor voglia, ſiccome ſpeſſo fanno, e non poſſegono alcun be-
ne
ſtabile.
Il che ſtando in tal maniera, ſi potrebbero forzare a trovare qual-
che
perſona, che prometteſſe per loro.
Oltre di che queſti tali debbon eſſere ri-
gettati
, mentre promettono di tirare innanzi il lavoro con poca ſpeſa, per in-
citare
, e inanimire altri a fabbricare;
i quali indi a non molto, dato principio,
moſtrano
, che alla fabbrica fa biſogno di molto più materia, e molto maggio-
re
ſpeſa di quella, che fu propoſta:
onde qualunque padrone della fabbrica,
non
piacendogli d’accreſcer la ſpeſa, è forzato a far ceſſare il lavoro, e rima-
nere
imperfetto, e non atto a ſervirſene, e la ſpeſa fatta rieſce affatto vana:
o
per
neceſſità biſogna, che faccia continuare la fabbrica, perchè la prima ſpeſa
non
ſia perduta, e poſſa in parte conſeguire il fine propoſtoſi.
Ma per dare a
conoſcere
ormai gli errori commeſſi nella ſcelta dei fabbricatori, porremo fine a
queſte
conſiderazioni, e cominceremo ad eſaminargli particolarmente, dicendo,
che
almeno ſei ſono le maniere degli Edificatorori, che adoperate nelle fabbriche
ſon
cagione d’importantiſſimi, e di molto dannoſi difetti ad ogni ragion di fab-
brica
.
Concioſſiachè i fabbricatori, o ſono troppo avidi del guadagno, o poco
affezionati
all’ Arte loro, o non curanti della propria riputazione, o non molto
pratichi
ne’lavori importanti, e non ordinarj;
o non capaci de’diſegni, e de’
modelli
delle fabbriche fatte dagli Architetti;
o che ſieno di propria, e d’oſti-
nata
opinione, e non docili, obbedienti, ed oſſervatori di quanto ſi dice da-
gli
Architetti.
Quando i fabbricatori ſon troppo affezionati al guadagno, allora è grandiſſi-
mo
errore il ſervirſene, ed è molto dannoſo;
perchè non ſi contentano del
pagamento
, che loro ſi , che ſempre il vorrebbero maggore, onde è un gran-
diſſimo
tormento a chi le ſue fabbriche a tali muratori;
ancora, perchè
coſtoro
non hanno altro fine, che il proprio intereſſe, e il ſolito vantaggio, e
nulla
ſi curano di dar buon conto di loro ſteſſi nelle opere, che fanno, non
uſando
quella diligenza, che ſi conviene, operando come vuole il debito
dell’
Arte loro;
ma con ogni aſtuzia, e con ogni ſottile ed iniqua induſtria, ſi
forzano
di finire la loro opera quanto più preſto ſi può, rieſca pure fatta in
qualunque
modo, purchè preſto ſia condotta al termine, per trarne il pagamen-
to
, e ſi faccia coſtar caro il mal lavoro, e ſi venda con ingiuſto prezzo il bre-
ve
tempo, che vi ſi è ſpeſo.
Quando ſon poco affezionati all’ Arte loro, tutto
quello
, che fanno, lo fanno ſtrappazzatamente, e con diſpregio, poichè poſ-
pongono
al guadagno la buona riputazione dell’ Arte, e di loro ſteſſi, la perfe-
zione
dell’opera, e la perpetuità, ſtudiando ſolamente in una certa apparenza
di
bontà di lavoro, la quale tanto dura, quanto baſta ad aver tempo di condurre il la-
voro
a quel fine, che ſi ſono propoſti, per giungere al pagamento bramato.
Ma dopo
non
lungo ſpazio di tempo la fabbrica ſegno della malvagità, e della iniqua, e volon-
taria
negligenza;
onde la ſpeſa rieſce tutta vana, e biſogna tornar da capo a edifica-
re
, e prima guaſtare tutto il mal fatto.
Il che è di ſommo pregiudizio a chi
fabbrica
.
E ſe non fanno alcuna ſtima della propria riputazione, e ſono puri,
e
abbietti mercenarj, non è da fidarſene punto, perchè poco loro importa l’ope-
rar
male, e a danno di chi gli adopera, purchè venga lor fatto di guadagna-
re
quanto deſiderano;
e perchè non manchi loro da fabbricare, s’ajutano col
3216DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI metter di lavorare con poca ſpeſa, e di contentarſi di minor pagamento di
quello
, che ſi richieda dagli altri.
E ſe peravventura non ſaranno molto prati-
chi
nelle fabbriche importanti, e ſtraordinarie, non è coſa ſicura il ſervirſene,
poichè
ſi dee temere, che non ſieno per imparare a ſpeſe di chi ſe ne fida;
che la poca pratica, che hanno nell’ Arte loro, non eſſendo avvezzi ad altro, che a
riſarcir
mura vecchie, e a fabbricar ſemplici caſe di perſone private, e povere,
non
baſta per uſarſi nelle fabbriche nobili, pubbliche, e di molta importanza:

concioſſiachè
queſti tali non ſanno quanto è neceſſario, per condurre alla ſua con-
veniente
perfezione qualunque fabbrica di grandiſſimo conto.
Quelli poi, che non
intendono
i diſegni, i modelli di qualſivoglia maniera d’edificio, eſſendo
d’ingegno
groſſiſſimo, e più atti a portare la calcina e i mattoni, che ad ado-
prare
la murajola, il martello, e l’archipenzolo, debbono totalmente eſſere
eſcluſi
da ogni fabbrica, eſſendo privi di quella cognizione, che, bene in-
teſa
, apre la ſtrada, ed agevola il modo di porre in effetto ogni opera, benchè
difficile
.
Ma eſſendone in tutto ignoranti, o non ſon riſoluti, e ſicuri nell’ope-
rare
, e operando s’allontanano dallo ſcopo dell’ Architetto, o contraffanno al-
la
volontà de’padroni, o confondono l’ordine delle parti della fabbrica, e la fan-
no
moſtruoſa, o finalmente volendo moſtrare d’aver inteſo il modello alla guiſa
de
mal ſaputi, e de’ſuperbi, oſtinatamente pretendono d’aver bene operato, e di
non
aver biſogno de’diſegni, degli avvertimenti degli Architetti.
Coſa la più dan-
noſa
alle fabbriche, e la più nemica delle buone ragioni d’ Architettura e dell’ Arte
ſteſſa
del murare.
Come, perchè per eſſa s’ eſce del dritto, e del giuſto, ſecon-
do
il quale ſi regola ogni Arte meccanica, e miniſtrativa;
così perchè non fe-
guendoſi
i diſegni degli Architetti, formati ſecondo la buona ragion d’ Architet-
tura
, e le ſue regole, in quanto ſi richiede al ſito, alla comodità, e al biſogno
dell’
edificio, non obbediſcono alla dritta regola dell’ Architettura, la quale è la
Tramontana
del bene operare.
Onde la fabbrica diviene inutile, e la ſpeſa in tut-
to
vana;
e per neceſſità convien dare a terra tutto il lavoro fatto per rifarlo di
nuovo
, e ſervirſi d’ altri artefici:
oppure forz’ è laſciar l’ opera così mal condot-
ta
in abbandono;
almeno cercar d’ emendarla, lo che è molto difficile: o fi-
nalmente
ridurſi ad uſarla con grandiſſimo diſpiacere, per moſtrare in parte di
non
aver gittato i danari.
Finalmente i muratori d’ oſtinata opinione di loro ſtef-
ſi
, i quali ſtimano di ſapere abbaſtanza, e di non aver biſogno d’ Architetti, che
ſtieno
lor ſopra, e che affermano d’ eſſer più atti ad inſegnar loro, che a ſe-
guitare
i diſcorſi, le regole, e i diſegni loro:
ed eſſendo così pertinaci nella loro
pretenſione
, non ſon docili, obbedienti, ma ſempre contraſtano al parer lo-
ro
, e fanno ſempre profeſſione di ſeguir tutto il contrario di ciò, che da quelli
con
buona ragione, e con ottime regole è ſtato lor dimoſtrato, e di far tutto
quello
, che lor detta il proprio capriccio, il quale non ha altro fondamento,
che
una certa pratica ſregolata, ſenza rettitudine alcuna.
Laonde i fabbricatori,
e
gli Architetti, eſſendo diſuniti, non ſi può far opera, che non abbia molti di-
fetti
.
E tutti queſti ſono i diſordini, e gl’ inconvenienti, e gli errori, che ven-
gono
dagli Architetti, i quali hanno fatto mala elezione dei fabbricatori.
CAPO VI.
Degli
errori della mala elezione del tempo.
AVendo a ragionare degli errori appartenenti all’ elezione del tempo, che ſi
fa
dagli Architetti per fabbricare qualſivoglia ſpecie d’ edifizio, è neceſſa-
rio
primieramente vedere ciò, che ſia queſto tempo.
E perchè non ſi può co-
noſcer
queſto tempo, di cui s’intende trattare in queſto Capitolo, ſenza proce-
der
con diſtinzione;
pertanto prima lo divideremo, e poi dimoſtreremo, quale
ſia
il tempo inteſo in queſto luogo.
Diciamo dunque, il tempo eſſere di due
ragioni
, l’una il tempo comune, e l’altra il tempo proprio, e particolare.
Il
tempo
proprio, cioè, adattato, ſi è quello ſpazio breve, o lungo, il quale è la
miſura
di tutto il corſo, o di qualunque parte di qualſivoglia operazione.
3317PARTE PRIMA. queſto è l’ anno, il meſe, la ſettimana, il giorno, e l’ ora. Secondo queſto ſi
miſura
tutto il maneggio della fabbrica, conforme alla grandezza, o piccolezza
ſua
, e alla facilità, e difficoltà, che vi ſi trova.
E quindi naſce, che talvolta
i
lavori ſi miſurano a giornate, ſecondo le quali ſi regolano i pagamenti.
Il
tempo
comune non è altro, che una delle quattro parti, nelle quali è com-
partito
tutto l’ anno.
E detto comune, perchè conviene a ciaſcun’anno indiffe-
rentemente
, non riguardando ad alcune differenze di numero.
Ogn’ anno ſi di-
vide
in quattro parti, le quali ſi chiamano quattro tempi, e quattro ſtagioni,
e
ſono la Primavera, l’ Eſtate, l’ Autunno, e l’ Inverno.
Se ſi conſidera il tem-
po
adattato, e proprio delle fabbriche, poſſiamo dire, che talvolta ſi determina
un
tempo breve a qualſivoglia fabbrica, o piccola, o grande, o mediocre, ch’
ella
ſia.
Come a un’anno, o a pochi meſi, o a pochi giorni. Ed in queſto
modo
le fabbriche non avendo tutto il lor tempo debito, rieſcono finalmente
imperfette
, o ſon poco durevoli.
Come fu quella parte di fabbrica di San Pietro
di
Roma cominciata da Bramante, e il Palazzo, che fece fare Papa Siſto V.
a S. Giovanni Laterano.
E perchè le operazioni delle fabbriche ſono variabili, e ſi multiplicano ſecon-
do
varj accidenti, perciò non ſi può coſtituire un tempo determinato in qual
ſivoglia
opera di fabbrica.
Quindi è, che non ſi può fare elezione di tempo
preciſo
, in cui ſi poſſa condurre a perfezione ogni muramento.
Onde mala-
mente
fanno quelli, che ſi sforzano di finire le fabbriche loro in breve tempo,
a
vendo guſto di vederle finite, e di ſervirſene:
ma toſto veggono con lor di-
ſguſto
, che minacciano rovina.
Imperciocchè a dir vero le fabbriche ſono come
le
piante, che preſto naſcono, e che preſto creſcono, le quali hanno breviſſima
vita
:
così le fabbriche, le quali in corto ſpazio di tempo ſi finiſcono, durano
poco
.
Per la qual coſa nel fabbricare ſi dee fuggire la ſoverchia preſtezza, ma
ſi
dee concedere qualche ſpazio di quiete ai fondamenti, e quindi alle parti al-
zate
delle muraglie, acciocchè abbiano tempo di far maggior preſa, ed aſſo-
darſi
maggiormente, e perchè acquiſtino fermezza tale, da far reſiſtenza al pe-
ſo
del rimanente di tutta la muraglia.
Che non laſciandoſi poſare i fondamen-
ti
, è neceſſario, che aggravati dal peſo calino, e tutto il muro ſi apra, ſi ſcom-
ponga
, e minacci rovina.
Ed in queſto modo accadono gli errori dalla parte
del
tempo particolare.
Ma ſe ci voltiamo al tempo comune, cioè, alle quattro
ſtagioni
dell’ anno, potremo dire, che ſi fa errore in eleggere il tempo per mu-
rare
nell’ Invernata, non ſolamente a motivo della brevità dei giorni, ma an-
cora
per cagione delle nevi, della molte piogge, e dei diacciati, che impedi-
ſcono
il fabbricare.
Si fa altresì errore ( benchè forſe non tanto, ſempre,
ugualmente in ogni luogo) fabbricando nell’ Eſtate per cagione della gran
ſiccità
, e del gran caldo:
l’una, che ſoverchiamente raſciuga le muraglie avan-
ti
che facciano preſa, l’altra perchè in tal tempo ſi ſuole aver penuria d’ acqua,
ſe
peravventura nel luogo, ove ſi fabbrica, non è copia d’acque vive, o gran-
di
conſerve d’acque piovane, o non vi è vicino fiume, o lago, o comodità di
condurvi
l’acque da altre parti.
Onde ſolamente la Primavera, e l’Autunno
ſon
buoniſſime ſtagioni per fabbricare, ſebbene talora l’Eſtate non ſi rigetti.
Chiunque pertanto elegge queſte, non fa mai errore nei muramenti ſuoi.
CAPO VII.
Degli
errori, che avvengono nella mala diſpoſizione del Diſegno, nella
mala
ordinazione, e nel cattivo comparto.
NOn vi è alcun dubbio, che gli errori commeſſi nella diſpoſizione, nell’or-
dine
, e nel compartimento dei diſegni, ſono i maggiori, che oltre all’
elezione
dei Siti, delle materie, degli Artefici, e del tempo, ſi trovino:
im-
perciocchè
i diſegni degli Architetti eſſendo le forme, e le idee delle fabbriche,
e
la norma di tutte le opere, e il primo principio immediato di eſſe, biſogna
immaginarſi
, che tutti gli errori de’diſegni ſieno i principj, e le porte di
3418DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI ti gli errori, che accadono nelle fabbriche, e ſpecialmente nella forma loro. La
qual
coſa è cagione di grandiſſimo ſcapito agli Architetti, poichè toglie loro
la
grazia dei Principi, l’ opinione acquiſtata nelle Città, e la molta confiden-
za
già guadagnata, onde ne riſulta loro ſommo danno, e nell’ onore, e nell’in-
tereſſe
.
Allora i diſegni appariſcono mal diſpoſti, quando non ſon proporzionati ai
ſiti
, e quando hanno difetto nelle miſure, nelle corriſpondenze, e nelle propor-
zioni
delle parti, e finalmentete non hanno buono, e intiero componimento,
avendo
difetto di luoghi, e di comodità, e mala diſpoſizione di ſcale, di trapaſſi,
e
di lumi.
E allora ſon male ordinati, quando non ſi è fatta buona diſpoſizione,
o
diſtribuzione delle parti della fabbrica, cioè, quando le membra, che debbo-
no
eſſere le principali, e le signore dell’ Arte, ſon fatte ſoggette, e collocate
nel
ſecondo, e nell’ ultimo luogo:
e quelle parti, che debbono eſſer libere, ſon
poſte
ſotto qualche ſervitù.
Il medeſimo avviene nel compartimento: poichè
talvolta
gli appartamenti delle abitazioni non ſon fatti proporzionati a tutte le co-
modità
, e ai biſogni, alle ſcale, alle porte, alle fineſtre, ai trapaſſi, alle log-
ge
, ai cortili, e non hanno buona diſtribuzione di lumi, di modo che non vi
ſia
luogo, che non abbia lume;
e bene ſteſſo nei compartimenti delle fabbri-
che
, e degli ornamenti loro non ſi uſa quella corriſpondenza di numero, di
miſura
, di proporzione, e di ſomiglianza dovuta.
E finalmente i diſegni non
ſon
buoni, i quali non corriſpondono al deſiderio di chi vuol fabbricare;
e
quindi
procede, che le fabbriche le più volte non ſoddisfanno.
Laonde per fug-
gire
queſto inconveniente, l’ Architetto dee prima procurare d’eſſer bene infor-
mato
dell’intenzione di chi gli richiede il diſegno, della grandezza, e della fi-
gura
del ſito:
di poi dee fare un primo diſegno, non determinato, ma tenta-
tivo
;
e ſe non baſta queſto, ne faccia degli altri, e gli conferiſca con quelle
perſone
, che vogliono fabbricare, acciocchè, ſe in qualche parte il diſegno foſ-
ſe
fuor del voler loro, o vi mancaſſe alcuna coſa, o vi foſſe alcuna coſa
ſuperflua
, inteſa meglio l’intenzione, e dove conſiſta il mancamento, poſſa
poi
formare un diſegno determinato, in tutto corriſpondente alla volontà lo-
r
o, totalmente perfetto, e che intieramente piaccia.
E in tal guiſa l’ Archi-
tetto
non erra, ed appaga chiccheſſia, e conſerva, e accreſce con ſua notabile
utilità
la propria riputazione.
CAPO VIII.
Del
provvedimento uſato dagli Antichi Romani contro gli errori
delle
fabbriche.
GIà ſi ſono dimoſtrati gli errori degli Architetti, che ſi commettono avanti
al
fabbricare:
e nella parte ſeguente ſi dee ragionare di quelli, che acca-
dono
nello ſteſſo fabbricare.
Ora in queſt’ultimo Capitolo della prima Parte
per
non laſciare indietro coſa, che poſſa eſſere di ſomma utilità all’ inſegnamento
dell’
Archittetura, m’ ingegnerò di moſtrare, qual provvedimento uſaſſero gli an-
tichi
Romani, che con l’eſquiſito governo loro furono mai ſempre la regola
del
più perfetto Reggimento politico.
Diciamo pertanto, come eſſi conoſcendo
bene
, quanti errori accorreſſero intorno alle fabbriche, e per cagione degli Ar-
chitetti
, e per colpa de’ miniſtri loro, dico de’fabbricatori, penſarono di rime-
diarvi
con legge, ordinando, e comandando tutto quello, che ſi doveſſe fare in
qualſivoglia
fabbrica.
E per queſto fine iſtituirono alcune Leggi, e particolar-
mente
quella, che ſi legge nelle Pandette ſotto il Titolo Ad Legem Juliam re-
petundarum
.
E nel Paragrafo = Ne obl. æxtim. nella legge. Ne in accept. ferat.
è ſcritto così. = Ne in acceptum feratur opus publicum faciundum; frumen-
tum
ne pubblice dandum, præbendum, apprehendendum:
Sarcta tecta tuenda,
antequam
perfecta, probata, præſtita legerint.
Dove il Budeo nelle Annota-
zioni
predette dice, doverſi leggere;
non apprehendendum, ſed approbandum, &
lege
erunt, non legerint;
e ſegue dicendo: = Omnino enim ſic legendum eſt.
3519PARTE PRIMA. Id quod etiam ipſe ſuſpicatus eſt Accurſius. Sunt autem verba priſcæ Formulæ
in
iis rebus, quæ publice locabantur.
Lex pactum ſignificat. Cicero in Prætu-
rara
Urbana de ſarctis tectis loquens:
Rabonius qui Legem noſſet, qua in lege
numerus
tantum columnarum traditur, Perpendiculi nulla fit mentio, negat
oportere
columnas ad perpendiculum exigi;
ideſt qui noſſet formulam, qua
ſarcta
tecta a Prætoribus tuenda locabantur.
Anzi più chiaramente ciò potre-
mo
intendere oſſervando quello, che ſi dice da Cicerone ſteſſo nell’Orazione
contro
a Cajo Verre:
= Cum eſſet omnibus in rebus apertiſſime impudentiſſi-
meque
prædatus, hoc voluit clariſſimum relinquere indicium latrociniorum ſuo-
rum
, de quo non audire aliquando, ſed videre quotidie poſſemus.
Quæſivit,
quis
Aedem Caſtoris ſarctam tectam deberet tradere.
Junium ipſum mortuum
eſſe
ſciebat:
ſcire volebat, ad quem illa res pertineret; audit pupillum eſſe fi-
lium
;
homo, qui ita ſemper palam dictitaſſet, pupillos, & pupillas certiſſi-
mam
prædam eſſe Prætoribus , optatum negotium ſibi in ſinum delatum eſ-
ſe
, dicebat.
= E ſeguendo a ragionare del medeſimo, moſtrando la mala in-
tenzione
di C.
Verre, il quale voleva, che il pupillo foſſe obbligato ai reſtau-
ramenti
del tetto del Tempio di Caſtore, chiamato a ſe Rabonio Tutore di
eſſo
da Verre Pretore, egli gli diſſe:
= Signa & dona comparere omnia : ip-
ſum
templum omni opere eſſe integrum.
= A cui il Pretore ſoggiunſe: = Sibi
videri
indignum, ex tanta Aede, tantoque opere, ſe non opimum præda, præ-
ſertim
a pupillo, diſcedere.
= E per chiarirſi di ciò, e per cercare occaſione
di
condannare il pupillo a qualche riſarcimento, andò al detto Tempio, ſiccome
ſi
vede dalle parole ſeguenti:
= Venit ipſe in Aedem Caſtoris: conſiderat tem-
plum
:
videt undique tectum pulcherrime laqueatum, prærerea cetera nova, atque
integra
:
verſat ſe: quærit, quid agat: dicit ei quidam ex illis canibus, quos iſte
Ligur
dixer at eſſe circa ſe multos:
Tu Verres, hic quod moliare nihil habes, ni-
ſi
forte vis ad perpendiculum columnas exigere.
Homo omnium rerum imperitus
quærit
, quid ſit ad perpendiculum.
Dicunt ei, fere nullam eſſet columnam,
quæ
a d perpendiculum eſſe poſſit:
jam mehercule inquit, ſic agamus: columnæ
ad
perpendiculum exigantur.
Rabonius, qui Legem noſſet, qua in Lege nume-
rus
tantum columnarum traditur, perpendiculi mentio fit nulla:
& qui non
putaret
, ſibi expedire ita accipere, ne eodem modo reddendum eſſet, negat id
ſibi
deberi, negat oportere exigi, &
c.
Ma Aſconio Pediano ſopra queſto luogo ci riferiſce l’appreſſo erudizione: =
Nullam
columnam, quæ ad perpendiculum eſſe poſſit.
Perpendiculum linea la-
terum
æqualitatem probat (il che ſi vede nell’ uſo del piombino uſata dai fab-
bricatori
) a ſummo ad imum altitudinem probans;
hoc enim in columnis o-
mnibus
, tum maxime in ſtructilibus vetus (manca) amotio, tumoris non aliun-
de
provenit (vi manca) non autem in quibus (ſcilicet columnis) aut media,
aut
ima craſſiora ſunt.
= E ciò ſi dice con ragione: imperciocchè nelle co-
lonne
non ſtruttili, cioè non fabbricate di ſtruttura di pietre, o di mattoni, ſic-
come
ſono i pilaſtri, non ſi ſuol fare ingroſſamento alcuno nel primo terzo da
baſſo
, o nel mezzo;
ma ſolamente nelle colonne d’un pezzo, o di più pezzi di
pietra
ottimamente poſti in piano, e ſquiſitamente congiunti, come ſono le tre
colonne
del Foro Romano, detto Campo Vaccino.
E veramente con ragione
la
Legge non tratta, che le colonne ſi formino, o ſi collochino a perpendico-
lo
, trattando ſoltanto del numero, che ſi dee uſare nelle fabbriche;
ed altresì
ancora
dice, non eſſer biſogno far le colonne a perpendicolo, cioè, a piombo;
imperciocchè ſi diminuiſcono verſo il ſommo capo, e s’ingroſſano verſo l’imo,
cioè
nel primo terzo della loro altezza.
Ma quando ſi legge ſarta tecta nel nu-
mero
del più, e nel numero del meno ſi direbbe ſartum tectum, ſi dee inten-
dere
, eſſere una certa formula della Legge, la quale, per quel, ch’io credo,
non
era altro, che il dinotare il lavoro, la fabbrica, o l’ armadura dei tetti,
cioè
il collegamento delle materie, e il coprimento di tegole, ec.
Fra Giovan-
ni
Genoveſe nel Dizionario intitolato Cattolicon, prende queſta parola pel ri-
ſtauro
dei tetti de’ Templi;
e per prova di ciò adduce un luogo della Scrittu-
ra
Sagra, cioè del 4.
Lib. dei Re nel cap. 12. = Et inſtauraverunt ſarta
3620DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI cta Templi: = E l’Artefice di ciò ſi diceva Sarcitector, che è l’iſteſſo, che
faber
tignarius.
E quella Legge, il cui Titolo è queſto = Lex parieti faciundo, intagliata
in
marmo, trovato a Pozzuolo, e ſecondo che riferiſce Celſo Cittadini, ſi tro-
va
in Caſa del Sig.
Adriano Spataſoro detto di Guglielmo, preſſo la Chieſa di
S
.
Giovanni Maggiore in Napoli, la quale in conferma di ciò, che ſi è detto,
e
per maggior notizia degli Architetti ſi porrà quì appreſſo.
AB . COLONIA . DEDVCTA. ANNO. XC.
NEVFIDIO. N F. M PVBLIO. DVOVIR.
P. RVTILIO GN. MANLIO.
COS. OPERVM. LEX. II.
LEX. PARIETI. FACIVNDO. IN. AREA. QVAE.
EST. ANTE. AEDEM. SERAPI. TRANS. VIAM.
QVI. REDEMERIT. PRAEDES. DATO. PREDIAQ.
SVBSIGNATO. DVVMVIRVM ARBITRATV.
IN. AREA. TRANS. VIAM. PARIES. QVI. EST. PROPTER.
VIAM. IN. EO. PARIETE. MEDIO.
OSTEI. LVMEN. APERITO. LATVM. P. VI. ALTVM. P. VII.
FACITO. EX. EO. PARIETE.
ANTAS. DVAS. AD. MARE. VORSVM. PROICITO. LONGAS.
P. II. CRASSAS. P. I. - - -
INSVPER. ID. LIMEN. ROBVSTVM. LONGVM. P. VIII.
LATVM. P. I - - ALTVM. P. S. - -
IMPONITO. INSVPER. ID. ET. ANTAS. MVTVLOS.
ROBVSTOS. II. CRASSOS. P. S. - - ALTOS.
P. I. PROICITO. EXTRA. PARIETEM. IN VTRAMQVE.
PARTEM. P III. INSVPER. SIMAS.
PICTAS. FERRO. OFEIGITO. INSVPER. MVTVLOS TRA.
BICVLAS. ABIEGNAS II. CRASSAS.
QVOQVOVERSVS. A. S. IMPONITO. FERROQVE. FIGITO.
INASSERATO. ASSERIBVS. ABIEGNEIS.
SECTILIBVS. CRASSIS. QVOQVOVERSVS = = DISPONI-
TO
.
IN. PLVS. S. - - OPERCVLAQVE ABIEGNEA.
IMPONITO. EX. TIGNO PEDARIO. FACITO. ANTEPAGMEN-
TA
.
ABIEGNEA. LATA. S. - -
CRASSA. E. CVMATIVMQVE. IMPONITO. FERROQVE. PLANO.
FIGITO. PORTVLAQVE. TEGITO.
TEGVLARVM. ORDINIBVS. SENEIS. QVOQVOVERSVS.
TEGVLIS. PRIMORES. OMNES. III. ANTE.
PAGMENTO. FERRO. FIGITO. MARGINEMQVE. IMPONITO.
EISDEM. FORES. CLATRATAS.
II. CVM. POSTIBVS. ESCVLNIEIS. FACITO. STATVITO.
OCCLVDITO. LIGATOQVE. ITA. VTEI.
AD. AEDEM. HONORIS. FACTA. SVNT. EISDEM. MATERIA.
EXTREMA. PARIES. QVI.
3721PARTE PRIMA.
EST. EVM. PARIETEM. CVM. MARGINE. ALTAM. FACITO.
P. X. EISDEM. OSTIVM. INTROITV.
IN. AREA. QVOD. NVNC. EST. ET. FENESTRAS. QVAE. IN.
PARIETE. PROPTER. AREAM.
PERPETVOM. IMPONITO. EOSQVE. PARIETES. MARGINES-
QVE
.
OMNES. QVAE. LITA. NON.
ERVNT. CALCE. HARENATO. LITA. POLITAQVE. ET. CALCE.
VDA. DEALBATA. RECTE.
FACITO. QVOD. OPVS. STRVCTILE. FIET. IN. TERRA. CAL-
CIS
.
EXTINCTAE. PARTEM. QVARTAM.
INDITO. NI. VE. MAIOREM. CAEMENTA. STRVITO.
QVAM. QVAE. CAÉMENTA.
---- ARBA. PENDAT. P. XV. NI. VE. ANGOLARIA. ALTIO-
REM
.
- - E. FACITO.
LOCVMQVE. PVRVM. PRO. EO. OPERE. REDDITO. DIEM.
SACELLA. ARAS. SIGNAQVE. QVAE.
IN. CMPO. SVNT. QVAE. DEMONSTRATA. ERVNT. EA.
OMNIA. TOLLITO. DEFERTO. COM-
PONITO
.
STATVITOQVE. VBEI. LOCVS. DEMONSTRA-
TVS
.
ERIT. DVOVIR. IDVVMVIRVM. ARBITRATV.
HOC. OPVS. OMNE. FACITO. ARBITRATV. DVOVIR. ET.
DVOVIRATIVM. QVI. IN. CON-
SILIO
.
ESSE. SOLENT. PVTEOLIS. DVM. NI. MINVS. VIGINTI.
ADSIENT. CVM. EA. RES. CON-
SVLETVR
.
QVOD. EORVM. VIGINTI. PROBAVE-
RIT
.
PROBVM. ESTO. QVOD.
IEIS. IMPROBARINT. IMPROBVM. ESTO. DIES. OPERIS.
K. NOVEMBR. PRIMEIS. DIES.
PEQVN. PARS. DIMIDIA. DABITVR. VBEI. PRAEDIA.
SATIS. SVBSIGNATA. ERVNT.
ALTERA. PARS. DIMIDIA. SOLVETVR. OPERE. EFFECTO
PROBATOQVE
.
C. BLOSSIVS.
Q. F. HS. CID. IDEMQVE. PRAES. Q. FVFICIVS. Q. F.
CN. TETTEIVS. Q. F. C. CRANVS. C. F. T. CRASSICIVS. .. .
Nella qual Legge, non ſolo ſi ordina ciò, che ſi dee oſſervare nella fabbrica
dei
muri, e nella forma delle porte, e dei coprimenti;
ma ſi fa menzione an-
cora
dell’approvare, e del riprovare le opere delle fabbriche, dando autorità ai
Curatori
Edili di giudicarle, e d’approvarle;
e in uno ſteſſo tempo ſi ordina,
quando
s’abbiano a fare i pagamenti, cioè, dando la metà del danaro, men-
tre
ſi fabbrica l’opera, e l’altra metà, quando è finita, perfetta, e approvata.
Siccome ſi può ricavare dal Teſto nel Vocabolario, ove dice = Redemtores
proprie
, atque antiqua conſuetudine dicebantur, ut cum ad faciundum, velut
præbendum
quod induxerant, illud re efficiendum, tum demum pecunias reci-
piebant
.
Indi Cicerone, ſcrivendo a Quinto ſuo Fratello, dice: = Redemtori
tuo
dimidium pecuniæ paravi.
Il che è una cautela di chi ha allogato il la-
voro
ai fabbricatori.
Queſta Legge per ora non ſi eſporrà, per non
3822DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI troppo dal noſtro ſcopo, baſtandoci d’averla dichiarata nel noſtro Teſoro dell’
Architettura
, ma porgendoſene a noi l’occaſione, non ricuſeremo d’eíporla.
E
per
non tacer le Leggi, che ſopra di ciò erano ſtate coſtituite in Roma, vi re-
citerò
quelle, che ſi trovano nell’ Orazione VI.
di Cicerone contro Cajo Verre
nel
I.
Libro.
QVI. DE. L. MARTIO. M. PERPENNA. CENSORIBVS. REDE-
MERIT
.
EVM. SOCIVM. NE. ADMITTITO. NEVE. EI. PAR.
TEM. DATO. NEVE. EI. REDIMITO.
SI. QVID. OPERIS. CAVSA. RESCIDERIS. REFICITO.
QVI. REDEMERIT. SATIS. DET. DAMNI. INFECTI. EI.
QVI. A. VETERE. REDEMTORE. ACCEPERIT.
PECVNIA. PRAESENS. SOLVATVR.
HOC. OPVS. BONO. SVO. QVOQVE. FACITO.
Nondimeno prima, ch’io termini il preſente Capitolo, e queſta prima Par-
te
, fa di meſtieri porre nell’altrui conſiderazione, e ſingolarmente di quelli, che
comandano
, e che reggono, e governano le Città, che ſarebbe molto conve-
niente
a qualunque Città bene ordinata l’avere alcuna Legge ſomigliante, ſpet-
tante
alle Fabbriche, ſecondo la quale ſi deſſe regola, e norma tale agli Archi-
tetti
, ed ai loro miniſtri, che foſſe cagione, che non ſi commetteſſe errore al-
cuno
nelle fabbriche, e che i fabbricatori foſſero obbligati a fare quanto co-
mandaſſe
la Legge, obbligando le loro facoltà, e gli eredi, o procacciandoſi
buone
promeſſe, o mallevadori, ed errando, foſſero tenuti a rifar la fabbrica a
loro
ſpeſe:
e non poteſſero domandare il pagamento a lor piacere, ma la me-
ſoltanto quando ſi fabbrica, e l’altra poi che il lavoro foſſe finito e appro-
vato
;
e così ciaſcuno ſarebbe ſervito a dovere, e ſi toglierebbe ogni occaſione
di
litigare.
ciò ſarebbe irragionevole, avendo drittamente riguardo ad una
ſpecie
di ben pubblico, e politico, e privato.
E ſe ſi conſidera bene la detta
Legge
in quanto ha cura della forma della fabbrica, noi potremo affermare, che
ad
eſta ſi conforma l’iſtituzione, e l’uſo delle fabbriche de’Religioſi Regolari,
e
Clauſtrali.
E ciò (come ſi ritrae da Guido Pancirolo nel Lib. intitolato No-
va
reperta), procede dall’aver eſſi ſeguito il modo di fabbricare delle abi-
tazioni
degli Antichi, avendo eſſi donato i palazzi loro alle Religioni, on-
de
poi hanno preſo il modello delle fabbriche loro:
benchè i Monaci Certo-
ſini
, e i Frati Cappuccini abbiano inventato un’altra foggia di fabbricare, la
quale
, ſecondo la Regola loro, oſſervano ovunque ſono inviolabilmente.
Anzinon
ſolamente
gli Antichi provvidero al diſordine delle fabbriche pubbliche, e del-
le
private delle Città con Leggi particolari;
ma ancora impoſero Leggi ſopra
la
fabbrica delle Città, e particolarmente circa il compartimento delle Caſe,
comandando
, che ſi faceſſero ſciolte l’una dall’altra con una certa miſura d’
intervallo
infra eſſe, acciocchè l’una non foſſe impedimento all’altra, ſiccome
oggi
ſono i Palazzi in iſola, e come ſono alcune caſe in Siena, che hanno l’
l’interſepio
:
(benchè ſi faceſſe per vietare l’appoggiamento alle mura del vi-
cino
, e per aſſicurarſi dagli abbrugiamenti):
ed in Caſole, Caſtello dello Sta-
to
di Siena, ove le caſe ſono tutte iſolate, forſe conſorme alla Legge, che ſi
vede
nell’ Autentica, nel Col.
V. De novi operis nunciatione maritimi aſpe-
pectus
, parlando l’Imperador Giuſtiniano della Città di Coſtantinopoli, dice co-
:
= Cauſam, que doloſa fit in hac Regin Civitate, circa domuum ædificia,
cohibere
, &
emendare juſtum credimus. Quia enim certis menſuris diſtare do-
mos
ab invicem Zenonis piæ memoriæ Conſtitutio dicit, ſed &
nos aliquid ta-
le
ſancimus.
Sequitur autem in hac regia Urbe non poſſe aliquid ultra centum
pedes
prohibere maris aſpectum terræ gratiſſimum, &
c. Imperciocchè in Con-
ſtantinopoli
alcuni fabbricavano le caſe lontane dal vicino cento piedi, e più;
ma per malignità alzavano un muro, ed impedivano la viſta del mare, che è
la
più dilettevole, e la più grata coſa, che ſi poſſa vedere, quando però è
quieto
, e pacifico.
3923
SECONDA PARTE
CAPO I.
Degli
errori, che occorrono nel fabbricare.
GLl errori, che accadono nel fabbricare, ſono di grandiſſima conſiderazio-
ne
;
poichè quantunque ſiaſi eletto buon ſito, buone materie, fabbricato-
ri
eccellenti, e buona ſtagione per fabbricare;
nondimeno non baſta a condur-
re
a perfezione qualunque fabbrica, quando ſi commettono errori nel fabbrica-
re
:
concioſſiachè tutte le dette coſe ſieno ordinate all’operazione dell’edificare.
E la fabbrica allora procede ſenza errori, quando vi aſſiſte la diligenza dell’
Architetto
, che ſia eccellentiſſimo, e accorto, e quando ſi ſono eletti miniſtri
molto
pratichi, e dabbene, e intendentiſſimi d’ogni ragion di fabbrica, e ca-
paci
d’ogni avvertimento, e d’ogni regola d’Architettura, obbedienti, non o-
ſtinati
, di propria opinione.
Ma quando le fabbriche ſon prive di tale aſ-
ſiſtenza
, ed eſeguite da Artefici non pratichi, e poco intendenti dell’Arte lo-
ro
, allora è neceſſario, che gli edifizj non ſi finiſcano ſenza notabili errori.
E
la
colpa di tutto ciò cade ſopra gli Architetti;
poichè è uficio di buono Ar-
chitetto
eleggere buoni Miniſtri, e continuamente aſſiſtere alle fabbriche.
CAPO II.
Degli
errori, che ſi fanno nei fondamenti.
QUelli errori nelle fabbriche ſono di grandiſſimo danno, che ſi commetto-
no
nei fondamenti;
imperciocchè portan ſeco la rovina di tutta la fabbri-
ca
, ſi poſſono ſenza ſomma difficoltà, e ſenza certiſſimo pericolo e-
mendare
.
Ma non ſi può aver perfetta cognizione di eſſi, ſe prima non ſi ſa,
quante
ſieno le ſpecie de’fondamenti.
Diciamo pertanto, che i fondamenti, o
ſi
fanno in terreno aſciutto, ſolido, e fermo:
o in luogo paludoſo; ovvero in
acqua
.
O diſtinguendo altramente, affermiamo, che de’fondamenti altri ſono
naturali
, e altri artificiali.
E in tutte queſte maniere ſpeſle volte occorre l’er-
rore
, ſiccome dimoſtreremo.
Quando adunque ſi fanno i fondamenti nel terreno aſciutto, e ſodo, ſi com-
mette
notabile errore, non uſandoſi avanti del cavamento, ed al gittare i fon-
damenti
quella diligenza, che ſi conviene in oſſervare i cavamenti de’pozzi, delle
ciſterne
, e delle cantine, che ſon preſſo al luogo delle fabbriche, e riguardando l’erbe,
e
gli alberi ſoliti naſcere in terreni fermi, e ſodi, come la canapicchia, cioè tigna-
mica
, la nepitella, la pimpinella, ed altre:
l’olmo, il leccio, la quercia l’uli-
vaſtro
, la gineſtra, il ginepro, e più diverſe piante ſpinoſe:
ovvero ſe ſi fan-
no
in terreni non fermi, ſtabili, come ſono le ſpecie della creta, del cre-
tone
, la terra cimolia, detta terra da purgo, le quali ſentendo l’umidità a mo-
tivo
di lor natura untuoſa, ſi muovono, e ſcorrono, e mutan luogo:
facen-
done
prova, laſciando cader ſopra il ſuolo qualche grave peſo dall’alto, e oſſervan-
do
, ſe riſuona, o trema:
facendo altre ſperienze, per eſaminar bene la bontà
del
terreno per iſtabilirvi i fondamenti:
imperciocchè, ſe non ſi fanno tutte le
diligenze
neceſſarie avanti al cavare i fondamenti, ma ſi procede ſconſiderata-
mente
, e a caſo fidandoſi de’cavatori, la muraglia non riceve conveniente, e
ſtabile
poſamento, e avanti che ſia finita, minaccia rovina.
Si erra, ol-
tre
a ciò, mentre non ſi oſſerva, ſe il terreno ſia per tutto ugualmente fermo
e
ſodo:
poichè quando conoſciuto, eſſer così in una parte ſola, penſiamo, che
ſia
così nel tutto:
fidandoſi di tale oſſervazione vi gettiamo i fondamenti toſto
che
il muro ſi alza, e ſi aggrava, la prima falda del terreno cede al baſſo, e
la
muraglia calando, s’affonda più in giù, e ſi ſtacca da quella parte, che
4024DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI ottenuto buon fondamento, onde finalmente rovina. Per la qual coſa, ſecondo
l’avvertimento
dell’Alberti, non biſogna contentarſi, trovato il terreno ſodo,
avendo
cavato poco addentro, e in una ſola parte, ma ſi deve cavar più giù,
tanto
che ſi trovi il terreno ſodo, fermo, ſtabile, unito, non poroſo, ca-
vernoſo
, e buono per iſtabilirvi i fondamenti:
e così dee farſi fondando le mu-
raglie
per iſchivare ogni inconveniente.
Nella ſteſſa guiſa, trovato buon terreno in una parte, ſi dee vedere, ſe in
un’altra
ſi trova, e non trovandoſi, ſi dee cavar più al baſſo;
poichè il terre-
no
ſodo non ſi trova nel medeſimo piano;
concioſſiachè le parti della terra ſon
fatte
a falde, e alla guiſa delle ſcaglie delle cipolle, ſecondo l’incurvamento,
e
ſecondo la pendenza dei monti, dei colli, e delle valli.
E non oſſervandoſi
queſte
coſe, ſi commette graviſſimo errore;
poichè la muraglia poco indugia
a
dar ſegno di rovina.
Ma ſe il detto terreno ſarà renoſo, e ſmoſſo, e ſciolto,
ſarà
error peggiore il fabbricarvi, mentre in eſſo non ſi poſſono ſtabilire le mu-
raglie
non ſolo per lungo tempo, ma nemmeno per breve.
Adunque, per non
errare
, dee ogni Architetto eſſere informato di tutte le ſpecie di terreni.
Però di-
ciamo
, che il terreno, ove ſi ha da fabbricare, o è per tutto ugualmente ſodo,
e
queſto è ottimo per farvi i fondamenti, che è di più ragioni;
poichè altro è
cosi
duro, che appena ſi può tagliare col ferro, ed è uua ſpecie di tufo la mi-
gliore
di tutte:
altro non è così ſodo; ma tutta via reſiſte ottimamente al pe-
ſo
:
od è un terreno, che nereggia; e queſto è buono per fondamenti, mentre
è
più arido:
od è un altro, che biancheggia; e queſto è più debole; onde po-
tendoſi
fuggire, ſarebbe errore il fabbricarvi;
poichè in eſſo le fabbriche non poſ-
ſono
avere buono, e perpetuo fondamento, qualora non vi ſi ſuppliſca coll’arte,
cioè
, facendo i fondamenti molto più groſſi e fortificandogli intorno con con-
trafforti
, o con ſperoni, o con barbacani;
ovvero almeno fortificandogli verſo
la
parte, che inclina:
ed altro è un terreno tutto creta, o cretoſo, e queſto nei
fondamenti
è fallace, eſſendo ſoggetto all’umido, per cui cede al peſo, e ſi muo-
ve
, eſſendo fatto a modo di falde (come ſi è detto altrove) e fra una falda, e
l’altra
trovandoſi una ſpecie di terra bianca, la quale è di ſoſtanza ſottile, graſ-
ſa
, e untuoſa, che è una ſpecie di morga, che da Giorgio Agricola ſi dice eſſe-
re
la più graſſa terra, che ſi trovi;
la quale, toſto che ſente l’umidità, ſi fa
come
un unguento, onde la falda, che le ſta ſopra, aggravata dal peſo, ſcorre,
e
calando al baſſo muta luogo.
Il che è cagione, che le fabbriche rovina-
no
, aprendoſi;
o tutte intiere ſi muovono inſieme col terreno, e mutan luo-
go
, ſiccome alcune volte hanno fatto i campi, e le intere Città.
E perciò è
grandiſſimo
errore, non eſſendo forzati, il fabbricarvi.
Ma ſe altri ſarà pur ne-
ceſſitato
a porvi i fondamenti, dovrà tener queſt’ordine per aſſicurarſi bene.
Faccianſi alla muraglia dei fondamenti, ad ogni due, o tre braccia, alcuni ſpe-
roni
fatti a modo di branche, ovvero a mezz’archi, i quali, come Saettoni,
o
puntelli, entrino ſotto il muro dalla parte del terreno, che piega, (il che
ſi
conoſce per le ſue vene) facendo il poſamento loro molto più baſſo di quello
della
muraglia, e tanto lontano da eſſo, che vi ſi poſſa far l’arco, o la branca,
cavando
il terreno, dove ſi dee fare a modo di mezze centine.
Il che ſi ren-
derà
più chiaro col diſegno poſto quì appreſſo, e accompagnato coll’eſempio
del
modo di fare i fondamenti.
4125PARTE SECONDA 6[Figure 6] 7[Figure 7]Profilo del fondamento insieme col contraforte
4226DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. 8[Figure 8]Forma del Jerreno di gretn 9[Figure 9]Fondamento da farsi nella greta 10[Figure 10]Speroni fatti ad’
archi
.
11[Figure 11]Profilo del medesimo fondamento insieme col
modo
di assicurar il terreno sospeso.
12[Figure 12]Cavamento per far lo sperone
4327PARTE SECONDA.
Altro è quello, che comunemente è detto tufo, il quale, benchè ſia ſodo,
alcuna
volta è fallace, eſſendo cavernoſo, e fatto come la creta, benchè non
abbia
le falde, e gli sfogli così ſpeſſi, e non ſia così diſpoſto a muoverſi, con
tutto
che gli@ ſi frapponga una ſpecie di terra, che bagnata ſi faccia co-
me
unguento.
E però è agevol coſa l’errare facendovi i fondamenti, ſenza
uſare
accorgimento alcuno:
poichè non baſta nel cavare averlo trovato, ma
biſogna
penetrar più ſotto, far diligenza, oſſervando bene il terreno.
Che
ſe
vi ſi fabbrica, ſenza cavar più baſſo, può accadere, che ſotto vi ſia qual-
che
caverna, o qualche poroſità naturale, onde aggravato il fondamento la
muraglia
sfonda il terreno, ſicchè ne rimane buona parte aſſorbita da eſſo,
ſiccome
s’avverte molto bene da Leon Battiſta Alberti nel 3.
Lib. dell’Architet-
tura
al Cap.
3. , ove dice, che in neſſun luogo non è da fidarſi così ſubito tro-
vato
il bancone, che ricusi il ferro.
Perchè queſto potrebb’eſſere in una pia-
nura
, ed eſſere infermo;
anzi ancora vi potrebb’eſſere alcuna concavità, o ac-
qua
, o terreno graſſo, e inſtabile, come terra cimelia, o rena, o ſabbia.
On-
de
l’Alberti ſoggiunge d’aver veduto una torre preſſo a Meſtre Caſtello de’
Veneziani
, la quale fabbricata, dopo qualche anno, che fu ſatta, forato col
ſuo
peſo il terreno, ſopra cui era piantata, ſottile, e debole, ſi ſotterrò qua-
ſi
infino alle merlature.
E ſe avviene, che tutta la fabbrica non ſi diſcoſti
dal
terreno, rimanendovi una parte ſopra il ſuo poſamento, queſta reſiſten-
do
, e quella calando, cagiona eſpreſſa rovina, e lo ſteſſo Autore nel X.
Lib.
Cap. 1 dice = Per l’iſtorie ſappiamo, come Bun, ed Elide, l’una da un’
apertura
della terra, e l’altra dall’onde furono ſommerſe.
E non è ſicuro di
non
errare chi fa i fondamenti in luoghi paludoſi, poichè in eſſi il terre-
no
è troppo umido, e molto ſi profonda dal peſo delle muraglie.
Ma per non
errare
, biſogna fare le foſſe larghe, fortificar le ſponde di qua, e di , con pa-
li
, con graticci, con tavole, con alga, o con paglia, o con altro, affinchè l’
acqua
non penetri, e non ſcoli, e riempia i cavamenti:
che ſe vi ſarà calata
l’acqua
, ſi dee toſto cavare, o vi ſi debbono prima fare le palificate di legna-
mi
, che reſiſtano all’umido, e con pali di conveniente lunghezza, e di groſſezza
poſti
inſieme ſpeſſi, e beniſſimo battuti.
Che quando per negligenza, e per ava-
rizia
, o per brevità di tempo ſi faceſſe il contrario, ſarebbe graviſſimo errore.

E
finalmente, ſiccome è molto difficile, e di molta fatica il fare i fondamen-
ti
in acqua, così è faciliſſima coſa il commettervi errori, eſſendo l’acqua un
impedimento
quaſi inſuperabile, pel quale altri non può vedere, e ſquiſitamen-
te
oſſervare il terreno, dove ſi hanno da fondare le muraglie, e ſpecialmente nel
Mare
, e ne’Laghi, ſe prima non ſi cerca per mezzo di macchine di cavar l’
acqua
, e ritenerla, affinchè non torni a riempire il luogo del fondamento.
La-
onde
non potendoſi veder da vicino la qualità del terreno, non eſſendo ſicuri,
ſe
ſotto l’acqua ſia ſodo, efermo, e ſe vi è ſabbione, o rena, o fango, è faciliſſimo
l’errare
, o per inavvertenza, o per avarizia.
Benchè, ſecondo l’opinione d’alcuni
il
miglior terreno, che ſi trovi per fondare, ſia quello, che ſi trova ſott’acqua.
Il
che
per le ragioni dette non ſi può aſſolutamente aſſermare.
E tutto queſto,
che
ſi è detto, appartiene alla prima diſtinzione dei fondamenti.
Ora, per con-
durre
a fine il diſcorſo di queſto Capitolo, il quale forſe per la neceſſità della
materia
è più importante d’ogni altro del preſente Trattato, prenderemo a con-
ſiderar
quello, che appartiene alla ſeconda diſtinzione dei fondamenti, , dove
ſi
diſſe, altri eſſere i fondamenti naturali, e altri gli artificiali.
I fondamenti
naturali
ſono tutte le ſpecie di terreni, de’quali ſi è forſe ragionato a baſtanza,
fra
i quali ſi dee porre il terreno ſaſſoſo, cioè quello, in cui ſi trovano maſſi di tufo du-
riſſimo
, di pietra forte, di pietra ſerena, e di tiſchio, che è una ragion di pietra
fatta
naturalmente di ſpeſſiſſime, e di minute, e di groſſe ghiare, collegate in-
ſieme
da una terra impietrita, la quale è come tartaro, e fa il medeſimo ufi-
cio
che la calcina nei calceſtruzzi, o negli ſmalti, o di travertino da torre;
le
cave
del quale ſi vedono inſino a Siena, e più lontane.
Ed in queſto terreno,
ſiccome
anche negli altri, non è ſempre ſicuro il fare i fondamenti:
4428DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI cioſſiachè le pietre poco ſi profondino, onde ſotto ſi trova una ſpecie di ter-
reno
roſſo, viſcoſo, e penetrabile, che inſieme coll’acqua è la materia proſ-
ſima
delle dette pietre;
che da eſſa ſi forma con certo ſugo, in cui conſi-
ſte
la virtù petrificabile;
e ſe profondano, non ſono continuate; perlochè
il
terreno interpoſto non è ſempre buono per fondamento:
ovvero i maſſi del-
le
pietre ſtanno ſoſpeſi da qualche parte, e ſotto ad eſſi ſi aſconde qualche
concavità
;
talchè eſſendo ſoverchiamente aggravati, ſi rompono, e ſon ca-
gione
di rovina, e ſpecialmente eſſendo ſottili, o per natura non atti a ſo-
ſtentare
il peſo.
E benchè ciò fuſſe (come ſi riferiſce dall’Alberti nel me-
deſimo
luogo) nondimeno l’Architetto, e i ſuoi Miniſtri non debbono perder-
ſi
d’animo.
Imperciocchè egli dice = Cava con buona ventura i fondamenti,
finchè
tu trovi il terreno ſodo;
benchè non vi ſia regola ferma, poichè la ter-
ra
per ſua natura è compoſta di doppj filoni, i quali ſono di varie maniere,
cioè
, o ſabbionoſi, o renoſi, o ſaſſoſi, ſotto ai quali variamente ſi trova un
bancone
ſerrato, ſpeſſo, gagliardo, duriſſimo, e atto a reggere gli Edifizj.
E
queſto
è vario;
poichè le parti ſue infra loro ſono molto diſſimili, mentre
in
una parte ſi trova duriſſimo, in un’altra è roſſo, o nero, o bianco, il qua-
le
è il più debole di tutti, ſiccome ſi è moſtrato avanti.
Altrove ſono di cre-
ta
, o di tufo, o d’argilla meſcolata con ghiara.
Delle quali ſpecie di terreno
non
ſi può far certo, e ſicuro giudizio.
I fondamenti artificiali ſono, o le pa-
lificate
, o travamenti, o modelli di legname, o gran maſſi di pietra ammonta-
ti
l’un ſopra l’altro, o le navi, ovvero le barche, o finalmente le muraglie vec-
chie
.
Nelle palificate è facil coſa il fare errore, ſiccome è noto per le coſe det-
te
, cioè, quando non ſi fanno tutte le diligenze, che ſi richiedono;
cosìanco-
ra
fabbricando ſopra travamenti, cioè, quando le travi ſaranno verdi, o ſotti-
li
, o di legname pieghevole, o frangibile;
e lo ſteſſo poſfiamo dire dei Mo-
delli
.
O quando queſti legnami non poſſono durare ſtando ſott’acqua. Laon-
de
per fuggire ſifſatti inconvenienti, ſi uſino i legnami di caſtagno, e di quer
cia
, che ſono di natura immarceſcibile.
Si adoperi l’alno, il quale (come di-
ce
Caſtor Durante) è buono nei fondamenti in acqua, e non ſi putrefà ſott’
acqua
, e le palificate, che ſe ne fanno, ben ſerrate, ſoftentano ſopra ſe ogni
gran
macchina d’edifizio.
Il fare i fondamenti ſopra i maſſi di pietra gittati, e ammon-
tati
, come ſi coſtuma nelle fabbriche dei Porti, ſe non ſi accompagna con buono ac-
corgimento
, e con diligenza, procurandoſi, che le pietre gittate ſieno grandi,
e
ſi accoſtino bene inſieme;
che ſe ſaranno altrimenti, non vi ſi muri ſopra,
e
ſe vi ſi murerà, la muraglia non avrà buon fondamento:
imperciocchè en-
trando
l’acqua del Mare con impeto nei luoghi vacui, e lavorando del conti-
nuo
, finalmente potrebbe ſcalzare le pietre, e cacciarle fuori del luogo loro.
Ma il fare fondamenti ſopra navi, ovvero barche (ſiccome ſi legge, eſſere ſta-
ta
fondata la Torre al Faro del Porto Romano da Claudio Imperatore, che fu
edificata
a ſomiglianza del Faro d’Aleſſandria, ſiccome ſi legge nel Capitolo
20
.
della Vita del detto Claudio nelle appreſſo parole: = Portum Oſtiæ extruxit,
circumdato
dextra, ſiniſtraque brachio, &
ad introitum profundo jamſalo mole
objecta
, quam conſtabilis fundaret, navem ante demerſit, qua magnus Obeliscus
ex
Ægypto fuerat advectus, congeſtisque pilis ſuperpoſuit altiſſimam turrim in
exemplum
Alexandrini Fari, ut ad nocturnos ignes curſum navigia dirigerent.
E Plinio nel Lib. 36. cap. 9. = Super omnia exceſſit difficultas mari Romam
devehendi
, ſpectatis admodum navibus.
Divus Auguſtus priorem advexerat, mi-
raculique
gratia Puteolis navalibus perpetuis dicaverat:
ſed incendio conſumta
eſt
.
Divus Claudius aliquot per annos aſſervatam, qua Cajus Cæſar importave-
rat
, omnibus, quæ unquam in mari viſæ ſunt, mirabiliorem, turribus Puteola-
no
ex pulvere exædificatis, perductam oſtiam, portus gratia merſit &
c.)
Il far, dico, tali fondamenti è molto ſicuro, poichè aggravata la nave, o la
barca
dal peſo della muraglia, ſi profonda fortemente nel letto del mare, il
quale
ricevendola nel fondamento, l’abbraccia fortemente, di maniera che non
vi
è pericolo, che cali, che ſia forzata da parte alcuna dall’impeto dell’ac-
qua
, ſia ſcavato il ſuo fondamento;
la qual maniera di fabbricare ſi può
4529PARTE SECONDA. trarre da Plinio 2. nel ſeſto Libro delle ſue Epiſtole, e ſpecialmente in quel-
la
, che ſcrive a Corneliano, circa il fine della quale parla del Porto di Tra-
jano
, che era ove è oggi Civita-vecchia, altramente detta Centumcellæ, di-
cendo
così:
= Villa pulcherrima cingitur viridiſſimis agris: imminet littori, cu-
jus
in ſinum quam maximus portus, velut amphitheatrum.
Hujus ſiniſtrum bra-
chium
firmiſſimo opere munitum eſt, dextrum elaboratur.
In ore portus inſula
aſſurgit
, quæ illatum vento mare objacens frangat, tutumque ab utroque late-
re
decurſum navibus præſtet.
Adſurgit autem arte viſenda. Ingentia ſaxa la-
tiſſima
navis provehit, contra hæc alia ſuper alia dejecta ipſo pondere manent,
ac
ſenſim quodam veluti aggere conſtruuntur.
Eminet jam, & apparet ſaxeum
dorſum
, impactoſque fluctus in immenſum elidit, &
tollit. Vaſtus illic fragor,
canumque
circa mare.
Saxis deinde pilæ adjiciuntur, quæ procedenti tempore
enatam
inſulam imitentur.
Habebit hic portus etiam nomen auctoris, eritque
vel
maxime ſalutaris.
Nam per longiſſimum ſpatium importuoſum hocrecepta-
culo
utetur.
& c.
Ecco il modo di fare i fondamenti ſopra navi. Ma la Nave ſopraddetta ſi
moſtrerà
coll’appreſſo diſegno.
13[Figure 13]Jl disegno della sopradetta Nave
4630DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
Ma l’obeliſco già detto fu collocato nel Circo del Vaticano da Cajo Ceſare
Caligola
, che dipoi mutata la Religione in Roma, rimaſe accanto al fianco
deſtro
della Chieſa di S.
Pietro edificata dal gran Coſtantino. Ed a’tempi no-
ſtri
è ſtato traſportato da Siſto V.
nella Piazza di S. Pietro per opera di Do-
menico
Fontana ſuo Architetto, benchè al tempo di Gregorio XIII.
ne foſſe
fatto
il diſegno della macchina per traſportarlo, da Cammillo Agrippa.
Sic-
chè
di lui ſi potrebbe dire ciò, che diſſe Virgilio de’ſuoi versi:
Hos ego ver-
ſiculos
feci, tulit alter honores.
= Il Porto di Nerone era quello, che era det-
to
Anſio, e ora poſto nella ſpiaggia Romana, a man ſiniſtra andando verſo Na-
poli
, dove oggi appariſcono le reliquie, il cui ritratto ſi.
vede nel roveſcio del-
la
Medaglia di detto Nerone.
Nel fondare fabbricando ſopra muraglie vecchie, cioè, ſopra rovine, oſopra
mura
di caſamenti vecchj, che s’abbiano a riſtaurare, od a ridurre a miglior
forma
, ſi farà grande errore, non provando molto bene prima, ſe la muraglia
ſia
buona a ſoſtenere il peſo, e ſe ella ha buon fondamento, o ſe è ſtata lun-
go
tempo ſcoperta, e conſumata da varj accidenti, la quale non ſi uniſce mol-
to
bene colla muraglia nuova, e ſe ſi uniſce, non è durevole.
E queſta è una
delle
cagioni principali, che ci fa conoſcere, non eſſer molto lodevole il fabbri-
car
ſopra il vecchio.
E queſti ſono gli errori, che accadono nel fare i fonda-
menti
ſecondo la varia natura, e ſecondo la diverſa diſpoſizione de’luoghi, do-
ve
ſi ſtabiliſcono i fondamenti delle fabbriche.
Ora ſi debbono conſiderare gli
errori
, che accadono dalla parte del modo del fabbricare i fondamenti.
Imper-
ciocchè
nel fondare le muraglie ſi procede diverſamente, ſecondo la diverſità
de’luoghi
.
Onde chi non opera conforme alla diſpoſizione di qualvoglia luogo,
non
è ſicuro di non cadere in qualche notabile errore.
Imperciocchè i luoghi,
ne’quali
ſi hanno da cavare i fondamenti delle mura, o ſono rilevati, o baſſi,
o
poſti in mezzo a queſti, come ſono le ſpiagge, e le valli.
I luoghi alti ſo-
no
aridi, e ſecchi, ſiccome ſono i gioghi, e le cime dei monti.
I luoghi baſſi
ſono
troppo umidi, e molli, come quei, che ſono vicini al Mare, agli ſtagni,
ai
laghi, a paludi, a fiumi, e a torrenti.
I luoghi di mezzo, come quelli,
che
ſon pendenti, i quali del tutto non ſono ſempre bagnati, eſſendo diſpo-
ſti
con pendenza, dove l’acqua non ſi ferma, vi si corrompe;
ma ca-
lando
ſempre ſcola.
Il terreno de’gioghi non è buono per farvi i fonda-
menti
, perchè facilmente ſi riſolve in rena, e in polvere.
Quello de’luo-
ghi
baſſi, per la ſoverchia umidità, cede a qualſivoglia peſo di muraglia.
E finalmente quello, che è in luogo pendente, benchè per ſe ſteſſo ſia buono
per
fondamenti, nondimeno tira tutto il peſo delle muraglie verſo la parte più
baſſa
, onde la parte di eſſe poſta in alto, rimanendo, ſi ſtacca da quella, che
cala
, e però ſi fanno aprimenti notabili, che danno indizio di certa rovina.
E
pertanto
nei ſiti pendenti, ſecondo il precetto di Columella, ſi debbono comin-
ciare
i fondamenti dalla parte di ſotto, e dal luogo più baſſo, acciocchè la mu-
raglia
, che ſi fa nel baſſo, faccia ſpalla a quella, che ſi fa nel luogo al-
to
.
Il che più ſicuramente, e con maggior forza verrà fatto, quando le mu-
ra
, che ſi fanno ne’fondamenti, più baſſi, ſaranno più groſſe dell’altre.
Ma
fondando
in detti ſiti, ſenza uſare le debite diligenze, s’incorre in errori dan-
noſiſſimi
, non cavando nei luoghi delle fabbriche i pozzi, col mezzo dei qua-
li
ſi ſcuopre la condizione di qualunque terreno, e non uſando quei rimedj ba-
ſtevoli
a ſupplire ai difetti dei fondamenti.
Oltre a ciò è grandiſſimo errore il
non
cavare i fondamenti in piano, che è cagione, che le fabbriche calando
più
in una parte, che in un’altra, ſi aprano:
e il non purgargli bene dal fan-
go
, dal ſabbione, o dalla rena, o dalla terra moſſa;
e il non cavar l’acqua,
che
talvolta vi ſi trova:
e nel gittare i fondamenti, non proccurare, che i fab-
bricatori
battano bene le pietre, e i mattoni, acciò meglio ſi accoſtino, e s’im-
paſtino
inſieme colla calcina, poichè, quando non ſon ben battuti, ſopraggiun-
to
il peſo, la muraglia ſi accaſcia, e produce aperture, e peli.
E queſti ſono i
difetti
, che si cagionano dal modo di fare i fondamenti.
Rimane ora per ſi-
gillo
di queſto diſcorſo la conſiderazione degli errori appartenenti alla forma
4731PARTE SECONDA. fare i fondamenti, i quali ſi paleſeranno, dimoſtrate prima tutte le maniere d’
eſſi
fondamenti.
Si dice pertanto, che i fondamenti ſi fanno con platea, o qua-
ſi
con platea, o ſenza platea, o con archi.
Quelli, che ſi fanno con platea,
ſono
i più ſicuri, poichè, quando il fondamento da qualche parte non poſſa
reggere
il peſo, facendoſi la platea, e formandoſi il fondamento come tutto un
corpo
unito, e ſodo;
o ſi regge nella parte più ſalda, e reſiſte a tutto il pe-
ſo
;
o ſeppur ſi piega, è cagione, che tutta la muraglia ſi pieghi, e ſenza a-
prirſi
in parte alcuna.
I fondamenti, che ſi fanno quaſi con platea, ſon quel-
li
, che ricevono la platea negli angoli, i quali ingroſſati, e ripieni, fortifi-
ficano
tutta la muraglia, e ſi fanno ſpalla l’uno all’altro, e dando forza a tut-
to
il poſamento della fabbrica, ne ricevono i comodi, che ſi cavano ſotto ter-
ra
, di cantine, e di cellieri, e d’altri luoghi.
E facendoſi i fondamenti in que-
ſta
forma non ſi può errare;
imperciocchè la forza delle muraglie conſiſte ne-
gli
angoli, e ſpecialmente, quando ſi fanno ripieni, e raddoppiati, ſiccome ſi
vede
nell’appreſſo eſempio.
14[Figure 14]Esempio delli angoli ingrossah e ripieni
I fondamenti, che ſi fanno ſenza la platea, ſon quelli, che ſi cavano conti-
nuati
, ſecondo le groſſezze convenienti alle muraglie, ne’quali accade ſpeſſo l’
errare
, ſiccome ſi è dimoſtrato, e i più ſicuri, ſono i più profondi, i più groſ-
ſi
, e i più ſerrati, e uniti:
e quei, che ſono fatti bene in piano, ed alzati per
tutto
ugualmente:
che ſe ſi faranno in altra maniera, ſaranno in tutto e per
tutto
difettoſi.
Finalmente i fondamenti, che ſi fanno con archi, per far mi-
nore
la ſpeſa, e per condur preſto a fine la muraglia, ſon quelli, che ſi for-
mano
, facendo prima tanti pilaſtri, quanti biſognano alla lunghezza delle mu-
ra
;
alzandogli quanto baſti, per fabbricarvi ſopra gli archi, ſu i quali ſi poſſa
poi
alzare il muro continuo.
Queſti fondamenti ſono i più imperfetti, e i me-
no
ſicuri degli altri.
Imperciocchè può accadere, che alcuno dei pilaſtri ſia mu-
rato
in terreno, che ſia ſodo , ma che abbia ſotto concavità, o non ſia ſta-
bile
;
onde aggravato dal peſo del muro, cali, e ſeco ſi tiri ancora la parte,
che
gli ſta ſopra;
e finalmente ſia cagione, che rovini. E queſto è quanto ſi
poteva
dire intorno agli errori, che per mala cura degli Architetti accadono ne’
fondamenti
di qualſivoglia fabbrica.
4832DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
CAPO III.
Degli
errori, che accadono nella proporzione delle parti.
COme dalla proporzione delle parti del Mondo grande, le quali fanno un’
armonìa
maraviglioſa;
e dalla proporzione del Mondo piccolo ſi cagiona
la
perfezione, e la bellezza;
così dalla proporzione delle fabbriche ſi produce
la
perfezione, e la bellezza loro.
Così anche pel contrario in qualunque fabbri-
ca
la ſproporzione è cagione di varie imperſezioni, e di bruttezze diverſe.
On-
de
gli errori, che naſcono dalla ſproporzione delle parti degli edificj, ſono di
ſomma
importanza.
Imperciocchè la proporzione delle parti loro è una delle
condizioni
più neceſſarie.
Queſta poi conſiſte, o fra le parti alte, o fra le baſ-
ſe
, o fra le laterali, o fra i vani, che ſi fanno nelle parti inferiori, e nelle
ſuperiori
:
o fra le interne, e le eſterne: o fra le membra degli ornamenti, e
fra
le parti loro.
Laonde, allora gli Architetti errano nelle proporzioni delle par-
ti
delle opere, quando le miſure non ſono fra loro corriſpondenti, e propor-
zionali
.
Come quando le parti ſuperiori delle muraglie non hanno le groſſez-
ze
proporzionate alle inferiori, cioè, quando o ſono più groſ@e delle parti vici-
ne
ai fondamenti, o ſono troppo ſottili:
e quando le altezze de’luoghi non ſon
fatte
a proporzione delle larghezze.
Come le altezze dell’impoſte delle volte
non
ſono a proporzione delle larghezze, ſiccome ſi vede in molte nobiliſſime
fabbriche
, e particolarmente nella Chieſa di S.
Pietro di Roma, ove l’impoſta
della
volta non eſſendo proporzionata alla larghezza a motivo dell’aggetta della
cornice
, è cagione, che ſi moſtri troppo baſſa:
ancora, perchè non le è ſta-
ta
data quella giunta, che ſi richiedeva, conſorme alla miſura dello ſporgiment-
to
, e del rilievo della cornice;
onde alla noſtra viſta da eſſo ſi toglie buona
parte
della volta, e però ſi moſtra baſſa.
E queſto è un errore nato dal non
aver
cognizione alcuna di proſpettiva;
il quale errore, perchè più appariſca,
ne
daremo quì ſotto un eſempio.
4933PARTE SECONDA. 15[Figure 15]
5034DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
Fra le laterali, come quando la parte da man deſtra è così larga, o più lun-
ga
di quella da man ſiniſtra, e così viceverſa.
Fra i vani, cioè, fra quelli de-
gli
archi delle logge, e de’portici, e fra le aperture dei lumi, cioè, delle fi-
neſtre
, e delle riquadrature poſte nelle parti ſuperiori, e nel ſecond’Ordine:
ovvero fra i vani inferiori, e pieni o ſodi ſuperiori. Come, quando le apertu-
re
delle fineſtre non corriſpondono ai vani degli archi, poſti ſotto, o nel nu-
mero
, o nella grandezza, o nella ſituazione:
e così quando i vani delle logge
non
corriſpondono alle fineſtre:
o, quando ai vani degli archi, e delle porte
non
corriſpondono quei delle fineſtre:
così, quando i vani di ſopra non ſi ac-
cordano
in numero, in poſizione, e in grandezza, con quei di ſotto:
e quando
il
ſodo, e il pieno non concorda col ſodo, e col pieno, ma è collocato ſopra
vano
;
come, quando al mezzo degli archi ſi pongono i pilaſtri, e le colonne:
e
al mezzo il vano delle porte, e delle fineſtre, la muraglia, o pilaſtri delle
Logge
.
Benchè gli Antichi alcune volte, non per errore, ma per neceſſità del-
la
forma della fabbrica abbiano poſte le colonne del ſecond’Ordine al mezzo
degli
archi del primo da baſſo, ſiccome ſi vede negli avanzi della villa pubbli-
ca
di T.
Didio, la quale ſi dimoſtra da Baldaſſar Peruzzi nel Serlio al 3. Li-
bro
dell’Antichità ſotto nome di Portico di Pompeo, e Caſa di Mario.
Ma
nel
vero edificio, che oggi tiene da Santa Maria del pianto, fino avanti a piaz-
za
Santa Croce, era la Villa pubblica di T.
Didio, ſiccome ſi ricava dal ro-
verſcio
della ſua Medaglia, ed era di queſta forma
16[Figure 16]
E per tornare al propoſito noſtro, ſi erra nelle proporzioni, quando i vani
de’lumi
, e delle porte delle parti laterali delle fabbriche diſcordano nel nume-
ro
, e nella grandezza:
e quando i lumi, o gli archi, o le parti ſolide ſupe-
riori
, non hanno proporzionatamente quell’accreſcimento, che loro ſi deve,
per
ſupplire a tutto quello, che ſi toglie dalla lontananza, acciò ſi moſtrino
eguali
.
Il che ſi coſtuma, quando ſi pongono più ordini di colonne l’un ſo-
pra
l’altro, come ſi oſſervò dagli Antichi nei Teatri, e negli Anfiteatri.
E
tale
errore procede dal non uſare la ragion di Proſpettiva, e dal non ſaper l’
uſo
del Quadrante diſtinto in gradi novanta.
Il quale, applicato all’occhio,
ſtando
incontro alle linee a piombo delle fabbriche, col mezzo di quelle, che
vengono
dal centro, e dall’occhio, ſi fanno i compartimenti in tutta
5135PARTE SECONDA. ne'quali ſi ſtabiliſce un creſcimento proporzionale di tutte le parti, che ſi al-
lontanano
dall'occhio, le quali nondimeno alla viſta ſi moſtrino eguali, ſicco-
me
appariſce nella Colonna Trajana, e nell'Antoniana.
Queſto ſi potrà age-
volmente
intendere col mezzo di queſto eſempio.
17[Figure 17]
Fra le miſure, come, quando l'altezze non corriſpondono alle lar-
ghezze
.
Il che accade ſpeſſe volte nelle ſtanze: e quando ne'Tempj le gran-
dezze
de'fianchi, e delle ſpalle, ſono ſproporzionate al rimanente del corpo
della
fabbrica:
e, quando il comparto dell'Architrave, del fregio, e della cor-
nice
, non è proporzionato all'altezza della colonna.
Oltre a ciò gli Architetti
errano
nelle miſure, quando miſurano le fabbriche antiche con le miſure mo-
derne
, e non con le antiche, colle quali furono fabbricate, cioè, o colla de-
cempeda
, o col cubito, o col piede, o col palmo antico Romano, il quale è
diverſo
dal palmo moderno, che oggi ſi uſa in Roma, che è maggiore del pal-
mo
antico, compoſto di quattro dita, ſiccome ſi ritrae da Vitruvio;
ma il
palmo
moderno è piuttoſto lo ſteſſo, che la Spitama detta volgarmente Span-
na
.
E benchè le moderne ſi poſſano ridurre alle miſure antiche, nondimeno
nel
miſurar le fabbriche antiche è meglio ſervirſi delle miſure antiche, poichè
le
moderne non corriſpondono preciſamente alle antiche, ſiccome ſi vede nel
braccio
Saneſe, che è alquanto differente dalla miſura di due piedi antichi Ro-
mani
;
forſe perchè le dita ſon formate di quattro più groſſi grani d'orzo per
traverſo
, che ogni dito è compoſto di quattro granelli d'orzo, e ogni palmo di
quattro
dita;
onde creſcendoſi le dita in groſſezza, ſi accreſceva l'eſtenſione
del
palmo, e per l'aumento di queſto veniva slungato il piede.
O perchè il pie-
de
contenuto nel noſtro braccio, corriſpondente quaſi al piè d'Ercole, dal quale
fu
miſurato lo ſtadio Olimpico, che in lunghezza era maggiore del Greco, eſ-
ſendo
cavato dal ſuo piede maggiore, ſiccome ſi ritrae da Aulo Gellio.
5236DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
Fra le membra degli ornamenti, come, quando a una gran colonna, ovvero
a
un gran pilaſtro ſi ſoprappone un piccolo capitello, o a un grande Architra-
ve
un fregio troppo baſſo, o viceverſa:
o una cornice di piccola altezza, come
ſi
vede négli ornamenti de'fianchi della fabbrica di S.
Pietro di Roma. Errore
nato
dal non conſiderare, che la lontananza ſcema ogni grandezza, ſecondo l'ap-
parenza
, che vicina alla viſta ſi moſtra della miſura ſua propria.
E tal con-
ſiderazione
non ſi può avere, ſenza la notizia della Proſpettiva.
baſta perti-
nacemente
uſar le regole dell'Architettura in ogni luogo, e in ogni ſito, dando
all
'altezza del compoſto dell'Architrave, del fregio, e della cornice, o la quinta parte,
o
la quarta dell'altezza della colonna.
Ma conſiderato, che la lontananza dall'occhio
ſcema
le grandezze, ſi dee accreſcere la detta miſura, affinchè alla viſta non iſ-
corci
.
Così anche per l'oppoſto ſi erra nella proporzione degli ornamenti, quan-
do
a una cornice, a un gran fregio, e a un grande architrave ſi ſottopone una
colonna
troppo corta, e troppo groſſa, come ſi vede nella Cattedrale di Siena,
nell
'ornamento della Cappella de'quattro Coronati, benchè il lavoro fra gli An-
tichi-moderni
ſia uno dei più lodevoli.
Dove la cornice, il fregio, e l'architrave
inſieme
s'avvicinano alla metà dell'altezza della colonna.
Finalmente ſi erra,
quando
ſi fanno le colonne ſottili, e ſopra vi ſi pone un gran capitello:
o quan-
do
ſi fanno le colonne ſottili, e molto alte, e ſi loro un capitello troppo pic-
colo
:
e quando non ſi la debita miſura a ciaſcun membro. Ma tutto ciò ſi
renderà
più chiaro con gli appreſſo eſempj.
18[Figure 18]Colonne grandi con
capitelli
piccioli
19[Figure 19]Architrave grande e
fregio
picciolo
20[Figure 20]Fregio grande, e archi
trave
picciolo
21[Figure 21]Colonna con cornice
fuor
di proporzione
5337PARTE SECONDA
E quello, che ſi è detto dei Capitelli, ſi dee intendere ancora delle baſi, men-
tre
non ſolo non ſon fatte proporzionevoli, eſſendo, o troppo grandi, o troppo
piccole
;
ma ancora non ſon formate colla miſura della metà della groſſezza in-
feriore
delle colonne.
Fra le membra eſterne, e le interne delle fabbriche, cioè,
allora
si erra nelle proporzioni, quando le parti interne non corriſpondono alle
eſterne
nella miſura, nel numero, nella posizione, e nella forma.
22[Figure 22]Colonna tozza con
bassa
, e capitelo grande
23[Figure 23]Figura tozza
e
non conveni-
ente
nelle sue
parti
.
24[Figure 24]Cornice con fregio gran-
de
, gocciolatojo, e gola
piciola
che leva la
proporzion
alla medesima
CAPO IV.
Degli
errori della diſpoſizione del Compartimento.
IL compartimento delle fabbriche ſi può intendere in tre modi, cioè, od in
quanto
appartiene al componimento delle mura, ovvero in quanto appartie-
ne
alla diſpoſizione delle parti principali, e non principali.
Nel primo modo s'intende la maniera della ſtruttura delle muraglie, che ſi
fa
, ponendo inſieme pietre, mattoni, pezzami, pietre riquadrate, inſieme con la
calcina
.
Dove allora ſi ſuole errare, quando dall'Architetto non ſi procura, che
ſi
uniſcano, e ſi colleghino bene inſieme, e ſi battano quanto biſogna, e vi ſi riempia
ogni
luogo vuoto, benchè piccolo.
Che quando la pietra eſteriore del muro non ſi col-
lega
bene coll'interiore, facilmente l'una ſi ſtacca dall'altra, come, quando ſi fa la
muraglia
di mattoni a faccia netta, alcune volte, o per diacciato, o per for-
zamento
di peſo, o per altro accidente, tutta la parte di fuori del muro ſi ſcro-
ſta
, o ſi ſcompone, e cade;
onde il muro rimane ſcortecciato, rozzo e
5438DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI lito, non rimanendovi altro, che il ripieno. Il medeſimo avviene, quando nel-
le
mura ſi pongono pietre lavorate ſottili, e quaſi nella ſuperficie, le quali per-
chè
non s'incaſtrano nelle muraglie, facilmente cadono, ſe non ſi tengono le
gate
con grappe di ferro.
però queſto baſta, perchè non ſi legano tutte,
ma
poche, e quelle ſi pongono nei filari più baſſi;
ma quelle, che vi ſi po-
ſan
ſopra, ſi fidano nella calcina, la quale tanto tiene, quanto dura di reſiſte-
re
al peſo, ed a qualunque accidente.
Si fa errore ancora, mentre nel far la
muraglia
i mattoni, e le pietre non ſi pongono bene in piano, ſi accomo-
dano
a perpendicolo, talmente che l'opera rieſce ſtorta in più parti, o penden-
te
, uſcendo della dirittura della linea del piombo;
che per un grano, o per
un
minuto, o per un dito, che da principio eſca in fuora, quanto più ſi al-
za
, tanto più creſce l'inclinazione;
che la quantità continua, come anche la
diſcreta
, da un piccolo aumento creſce quaſi in infinito.
Per la qual coſa la
fabbrica
diviene mal ſicura, eſſendo aggravata da tutto il peſo, che le è poſto
ſopra
.
Nella ſeconda maniera, cioè, nel diſtribuir le parti delle fabbriche ſi può
talvolta
errare, o non ponendole di numero uniforme in ciaſcun luogo, o di
numero
difettoſo, o ſuperfluo, mancando nella neceſſità, e abbondando ove non
biſogna
:
e non oſſervando l'ordine conveniente; e quando l'ordine ſarà ſciolto,
cioè
, non unito con legamento delle parti:
o non diſpoſto con una compoſizione di
parti
convenevoli;
e finalmente, quando nel compartimento delle parti non ſi ſcor-
ge
grazia, decoro alcuno:
onde nel proſpetto non ſi moſtra bellezza, digni-
alcuna.
Nel terzo modo, cioè, nel collocare gli ornamenti, dove allora ſi
erra
, quando dagli Architetti non ſi pongono nel debito luogo, come quando
gli
ornamenti dell'Ordine Toſcano, e del Dorico ſi pongono nelle parti ſupe-
riori
, e quelle del Compoſito, del Corintio, e dell'Ionico, nelle inferiori:
Ov-
vero
quando gli ornamenti de'cinque Ordini ſi adattano confuſamente, ponen-
do
le colonne Ioniche inſieme con le cornici, ſopra le Compoſite:
e finalmente
ſarà
grande errore il far collocar l'opere di Scultura troppo minute, e troppo tri-
te
ne'luoghi lontani dalla viſta, poichè ſon perdute;
che da lontano non ſi può
rilevare
la lor forma.
Il che è peccar di giudizio, e coſtume barbaro, il quale to-
glie
la ſodezza, la nobiltà, e la magnificenza agli ornamenti delle fabbriche.
La
qual
coſa è molto diſdicevole al fabbricare con buona ragione d'Architettura
Greca
, e Romana.
E quell'Architetto non opera, ſenza errare, formando i di-
ſegni
, e i modelli delle fabbriche, il quale da eſſa ſi parte, fidandoſi più nelle
capriccioſe
, e ſregolate invenzioni, che nelle regole degli ottimi Architetti, co-
me
fanno quelli, i quali dal lavorare i legnami, e gli ſtucchi, e dalla Pittura,
ſi
ſon dati all'Architettura:
i quali colle loro licenze (e ciò ſicuramente credo)
ſon
per far tanto, che una volta ritorni in Italia la maniera barbara, e venga
del
tutto abbandonata l'antica, e la buona Architettura.
CAPO V.
Degli
errori degli Architetti nel collocar le coſe fuor del lor luogo.
NOn vi è dubbio alcuno, che (dato, e non conceduto, poichè il ſommo Crea-
tore
fece il tutto perfettamente in numero, in peſo, in miſura, in poſi-
zione
convenientiſſima) quando l'Architetto di queſta macchina mondiale aveſ-
ſe
poſta nel luogo della Terra l'Acqua, e nel luogo dell'Aria il Fuoco, oltre che
non
ſolo ſarebbe riuſcita un'opera moſtruoſa, e un novello caos, e una mole to-
talmente
rozza, come dice Ovidio nelle Trasformazioni, ma non avrebbe tampoco
potuto
avere alcuna ſuſſiſtenza.
Così, quando nel formar l'Uomo, aveſſe poſto la te-
ſta
nel luogo de'piedi, o gli occhi nel petto, invece d'eſſerſi formato un Uomo,
ne
ſarebbe riſultato un moſtro.
Dove la teſta eſſendo poſta nel luogo più baſſo, non
avrebbe
potuto far l'ufizio de'piedi, come altresì gli occhi non avrebber potu-
to
così facilmente riguardar d'ogn'intorno, e fare la ſentinella in difeſa di tut-
te
le parti.
Nella medeſima guiſa veggiamo talora per errore degli Architetti
accadere
alle fabbriche, mentre eſſi non coſtituiſcono le parti nel debito luogo;
5539PARTE SECONDA. imperciocchè, oltre che fanno l'opere del tutto imperfette, e moſtruoſe, tolgo-
no
a ciaſcuna il fine proporzionato, e naturale.
Siccome quando ſi pongono le
parti
principali nel luogo delle non principali, e delle aggiunte;
e le non prin-
cipali
ſi accomodano all'ufizio, e nel luogo delle principali, cioè, a reggere
il
peſo, e a formare il principale e il maggiore ornamento della Fabbrica.
Come,
quando
negli ornamenti degli Altari, e delle porte, ſi pongono talvolta i te-
lari
a regger tutto il peſo della cornice, e del fronteſpizio;
e ſi pongono le co-
lonne
dalle bande, di qua, e di , nelle giunte quaſi per ripieno.
E quando
talvolta
ſi fa riſaltare l'Architrave delle porte, quanta è la larghezza del vano,
ponendovi
ſopra il fregio, la cornice, il fronteſpizio, o qualche cartella, od or-
namento
di fineſtra, o di qualche quadro;
di maniera che tutto il peſo moſtra
d
'eſſer collocato ſopra il vano.
La qual coſa eſſendo la più contraria alle buone
regole
d'Architettura, è anche la più erronea.
Perciò a ogni peſo, e ad ogni ope-
ra
ſuperiore, ſempre ſi dee ſottoporre il ſodo e il pieno, affinchè faccia ufizio di
baſe
, e di ſtabilimento delle parti ſuperiori delle fabbriche.
Così, quando ſopra le co-
lonne
, o ſopra i pilaſtri, riſaltandoſi l'Architrave inſieme col fregio, e con la cornice,
ſi
fa ſeguir più indentro lo ſteſſo Architrave, e ſi moſtra, che la parte, che ſe-
gue
, diviſa dal riſalto infra le colonne, reſta in aria, e ſenza poſamento alcu-
no
, poichè la colonna, o il pilaſtro è poſto ſolamente a reggere l'Architrave,
che
riſalta, ſecondo il vivo, e ſecondo il ſodo della ſua groſſezza ſuperiore, in-
ſieme
con ciò, che gli è ſopra;
ma non a ſoſtenere il rimanente, e però com-
pariſce
come collocato in aria.
Lo che non accade, quando l'Architrave ſi fa
andare
, e continuare ſenza riſaltamenti;
poichè in queſto modo l'opera ſi reg-
ge
nel vivo, e nel ſodo de'pilaſtri, e delle colonne, come ſi richiede, e con-
forme
all'inſegnamento della Natura.
Ma per eſſer meglio inteſi, porremo quì
appreſſo
gli eſempj.
25[Figure 25] 26[Figure 26]csempio di poner li telari a regger
tutto
il peso della cornice, e del frontis-
pizio
, con colonne alle parte delle gionte.
csempio
di far risaltar sopra le colonne
ò
pilastri, l'architrave, il freggio, è la
cornice
, e la parte che segue più in
dentro
mostra eser in aria.
5640DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI 27[Figure 27]csempio di collocar sopra il vano d'una porta ò finestra
tutto
il peso del architrave freggio, e cornice, con il frontispizio.
Vi ſono, oltre a ciò, altri errori circa la poſizione delle parti degli orna-
menti
, e ſpecialmente, quando quelle membra, che non poſſono convenevol
mente
ſtare inſieme, come, colla colonna Toſcana, e con la Dorica, il Capitello
Corintio
;
così con la Compoſita, e con la Dorica, la baſe Ionica; e così di
tutti
gli altri Ordini, cambiandoſi fra loro, e le baſi, i capitelli, le cornici,
e
i piediſtalli:
e quando nella giunta laterale degli ornamenti, accanto alle co-
lonne
iſolate, ſi pongono altre colonne, le quali, oltre l'eſſervi indarno, non
avendo
peſo proporzionato, e non v'eſſendo neceſſarie;
poichè l'aggiungimen-
to
dei lati può molto ben conſiſtere ſenza le colonne;
ſon cagione, che l'Ar-
chitrave
, eſſendo rotto, o piegato dal riſaltamento, rimanga ſenza aver dove
poſarſi
.
Ovvero le dette colonne non ſon poſte nella medeſima dirittura, e nella
medeſima
linea delle contra-colonne, come ſi comprenderà nella pianta eſpoſta
a
carte 44.
5741PARTE SECONDA. 28[Figure 28]csempio di colonne iñutili collocate nelle parti laterali.
Finalmente è notabiliſſimo errore, quando ſopra gli ornamenti de'Templi,
delle
Cappelle, degli Altari, e delle Porte, in luogo di farvi i faſtigj, e i fron-
teſpizj
interi, accomodarvi i rotti, credendo con la rottura di dar grazia all'or-
namento
.
Che veramente i fronteſpizj non ſono altro, che il faſtigio, e il tetto
della
fabbrica.
E chi è quegli, che voleſſe rompere il tetto della propria abita-
zione
, per dare maggior grazia all'aſpetto della Caſa?
Certamente niuno. ſi
trovò
mai, che gli Antichi uſaſſero di fare il fronteſpizio rotto, ma lo forma-
rono
ſempre intiero, o tondo, o angolare con due pendenze, che comunemen-
te
ſi ſuol dire a due acque, cioè, a due ſcolamenti d'acque, ovvero con una
ſola
pendenza.
E quando pure, ſecondo la licenza moderna, altri voleſſe rom-
pere
il fronteſpizio, s'incorrerebbe in uno di due inconvenienti, cioè, o facendoſi
la
rottura corriſpondente al ſodo delle colonne, la parte del fronteſpizio verrà
troppo
anguſta;
ma facendoſi tal parte maggiore del vivo delle colonne, ella
uſcirebbe
fuori del ſodo, e ſtarebbe ſoſpeſa.
E queſti ſon due notabili difetti nati
dal
rompere i fronteſpizj.
perchè ne ſia ſtato inventore Michelangiolo Buo-
narrotti
detto il Divino, ed eſſendo eccellentiſſimo nella Scultura, nella Pittura, e
nell
'Architettura, moſſo da neceſſità, ſi dee traſportare ſimigliante uſo in ogni
propoſito
, e in ogni luogo, ſenza neceſſità, e grazia alcuna:
impercioccchè
quello
, che una volta, e per accidente è ſtato uſato, non può, dee ſervire per
regola
di bene operare;
che gli accidenti violentano gli Artefici a partirſi dal-
la
rettitudine dell'arte loro;
e tal violenza non forza ſempre, ma qualche volta,
e
però non può farci regola:
che la regola è ſempre buona. Ma perchè meglio
s
'intenda quanto ſi è detto, ſi porranno gli eſempj quì appreſſo.
5842DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. 29[Figure 29] 30[Figure 30]
5943PARTE SECONDA 31[Figure 31] 32[Figure 32]Questa maniera di frontespitij cosi difettuosi come si è dimostrato, non mai
usata
dagli Antichi, che non se ne trova esempio alcuno.
33[Figure 33]Questa forma di frontispizio piegato
inventata
da Bartolommeo Neron detto
il
Piceio Sanese pittore eccellentissimo,
e
si vede posto sopra nel coro della
Cattedrale
di Siena.
34[Figure 34]Questa maniera di frontespizij doppi
viene
condannata di superfluità co-
me
si tratta in avanti della Porta pia.
Forma
de frontespizij degli Antichi, la quale non si trova già
mai
variata altramente.
6044DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI 35[Figure 35] 36[Figure 36]Queste due forme de'frontespizij si vedono in Roma ne bagni di Paulo
cmilio
, ora detti Magnanapoli, e se ne vede il disegno appresso il Sorch.
37[Figure 37]Pianta che à divedere il falso per le
colonne
fuor della drita linea delle con
tra
colonne ò pilastri, comesi è detto a C.
Alzato
della pianta in maestà, e mostra la cornice tagliata in Zanca, e serve
per
telaro alla pala, tall Zanche non si devono usare eſsendo false, in aria,
e
sgarbate
CAPO VI.
Degli
errori, che conſiſtono nell'abuſo d'alcuni ornamenti introdotti
dagli
Architetti moderni.
SIccome l'abuſo d'alcuni coſtumi nelle Città, e nelle Comunanze diſtrugge
tutta
la rettitudine del viver politico;
e nell'Arti, e nelle Scienze è cagio-
ne
, che eſſe divengono dannoſe;
così l'abuſo di alcuni ornamenti nell'Archi-
tettura
rimuove la bontà dell'opere, è cagione dell'imperfezione degli Edifizj,
e
toglie la riputazione agli Architetti.
E però oltre agli altri errori, ciaſcuno
Architetto
, a cui molto preme il conſervar l'onor ſuo, quanto più può dee
procurare
di tenersi lontana ogni dannoſa, ed immaginevole uſanza.
E per
moſtrare
alla bella prima, ove consiſta l'abuſo d'alcuni ornamenti delle
6145PARTE SECONDA. che, diremo, eſſer queſto collocato nel tralaſciare gli ornamenti inſegnatici dai
buoni
Architetti antichi, e dimoſtratici dalle reliquie delle fabbriche antiche
di
Roma, e d’altre Città dell’Italia, e della Grecia:
e nel ſoverchiamente di-
lettarsi
di trovar nuove invenzioni, ora ſcemando, ora ſcemando, ora mutando, ora rompen-
do
le membra principali, e ſinalmente convertendo ogni abuſo in regola, e
tralaſciando
ogni dritta norma d’operare con buona ragione d’Architettura.
Lo
che
avviene dal non intendere, che nelle fabbriche di qualunque maniera gli
ornamenti
ſono determinati di forma, si può inventare, ſe non si prende
troppa
licenza, e ſe altri non si vuole accoſtare al coſtume barbaro, a grotte-
ſcamenti
, a ghiribizzi, ed alle ſantasìe degli Oreſici, e degli Argentieri, dei
Maeſtri
di legname, degl’Intagliatori, degli Stuccatori, e dei Pittori.
Ma per
venire
ormai al particolare, si proporrà parte degli errori, affinchè conoſciuti
dagli
Architetti, ſe ne poſſano guardare.
Diciamo adunque, che allora ſucce-
de
uno degli abusi degli ornamenti delle fabbriche, quando s’aggiungono per
ornamento
alcune membra non neceſſarie alle fronti loro, per reggere alcu-
ne
membra, per corriſpondenza delle parti.
E per dirla chiaramente, quan-
do
tutto il corpo dell’ornamento è perſetto, ſenza d’eſſe;
come, quando ai pi-
laſtri
s’aggiungono, o termini, o riſaltamenti di cornici, o nuove membra po-
ſticce
, e riportate, che rendono il lavoro troppo ſecco, troppo trito, ed i-
gnobile
, e non corriſpondente alla ſodezza, e alla magniſicenza del rimanente,
come
si vede in Roma nel ſecond’Ordine della faccia, e de’ſianchi di S.
Pie-
tro
, e negli ornamenti fra le colonne.
Dove ſi moſtrano gli ornamenti, più
d’opera
di legname, e di ſtucco, che di pietra;
poichè non rappreſentano la
ſodezza
della pietra, come ſanno le cornici, le colonne, e i pilaſtri.
Che la
maniera
dell’ornamento, che è proprio del legno, e dello ſtucco, non ſi con-
viene
alla pietra:
concioſſiachè nello ſtucco, e nel legno non ſi diſdice uſare
qualche
licenza, e l’aggiunger qualche capriccio di propria invenzione;
per-
ciocchè
in cotali lavori gli ornamenti aggiunti ſon tutte coſe poſticce, e non
hanno
legamento reale col tutto, e non naſcono inſieme con eſſo;
ma tutte ſi
legano
con ferramenti, con chiodi, e con colle.
Ed appreſſo alle colonne prin-
cipali
hanno troppo del trito, e del ſecco, moſtrano la medeſima nobiltà,
e
grandezza, come ſi vede in quelle porte frappoſte alle tre porte maggiori,
le
quali, e per la poca apertura del vano, e per gli ornamenti loro, ſi mo-
ſtrano
d’una maniera non corriſpondente a tutto il corpo della fronte, ed alla
grandezza
, ed alla maeſtà del Tempio.
Che a un Tempio così grande, e a
un
antiporto conſorme alla di lui grandezza, non ſi convengono le porte così
piccole
, ſiccome ſi diſconverrebbero porte, e lumi grandi a un Tempio picco-
liſſimo
.
Senza che biſogna non ſolamente aver riguardo alla grandezza della
Chieſa
, per collocarvi le porte proporzionatamente;
ma ancora al numero
grande
del Popolo, ed alla gran ſrequenza, che ſecondo varie occaſioni vi
ſuol
concorrere.
E’ancora grandiſſimo abuſo rompere gli architravi, e i ſregj,
per
accreſcere i vani, come ſi vede alcune volte negli ornamenti degli Altari,
e
ſpecialmente in Siena in S.
Agoſtino negli Altari de’Bargagli, e dei Birin-
gucci
, invenzione condottavi di fuori.
E queſto è un errore molto peggiore di
quello
del rompere i fronteſpizj;
poichè in tutte le ſabbriche gli architravi ſono quel-
le
membra principali, e neceſſarie, le quali inſieme colle colonne reggono tutto
il
peſo dell’Ediſizio.
Concioſſiachè il fregio, la cornice ſon deſtinati
per
ſoſtentamento, eſſendo eſſi una parte del peſo, che ſi regge nell’architra-
ve
;
poichè le membra poſte in luogo alto non poſſono eſſer ſoſtentanti, e ſo-
ſtentate
in uno ſteſſo tempo, ma ſolamente ſono ſoſtentate.
è buona riſ-
poſta
il dire, che talora all’architrave già levato, ſuccede il telaro della ri-
quadratura
del vano in ſua vece;
poichè il fine del telaro è di legare, e ter-
minare
la detta riquadratura con ornamento.
Con queſto abuſo s’accompagna
il
rompimento del fregio, e della cornice, per poſare nel ſolo architrave alcu-
na
coſa, come cartella, o ſcudo, o ſtatua, o vaſo, o altro, ſecondo l’umore
dell’Architetto
.
Il che non ſi fa, ſenza notabile errore, perchè ſi rompe la
continuazione
degli ornamenti, ſi diſuniſce il compartimento, e ſi ſcioglie
6246DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI legame delle parti infra loro, e col tutto; e finalmente ſi guaſta l’uniſormità.
Così ancora s’incorre in un altro abuſo, quando ſi adattano nell’eſtremità del-
le
logge, o de’portici, o delle facciate de’palazzi, e delle Chieſe, pilaſtri, o
colonne
, che non abbracciano gli angoli, ma laſciando l’angolo a dietro,
facendo
riſaltar la colonna, o il pilaſtro, ſenza far riſaltare la cornice;
onde
ella
ſi moſtra in aria, o, come ſi dice, in falſo.
E in tutto uſcendo delle re-
gole
degli Antichi, le quali c’inſegnano fare i pilaſtri, che prendano gli an-
goli
, o a porvi le colonne quadre, e a raddoppiarle nella groſſezza, eſſendo
nel
rimanente dell’Opera le colonne tonde;
e perciò in tal modo la fabbrica
riceve
maggiore ſtabilimento, e più fortezza.
Il che ſi fa con buona ragione;
perchè
la ſaldezza delle ſabbriche conſiſte negli angoli, che ſon quelli, i qua-
li
chiudono, e ſtringono in ſe ſteſſa tutta l’opera;
onde la perpetuità degli e-
diſizj
è collocata negli angoli.
Ma veggiamo gli eſempj, affinchè appariſcano
con
molto maggior chiarezza le coſe dette.
38[Figure 38]Con le presenti figure si conoscere il sgarbato modo di poner li Jermini, e Pilastrate
ad
uso di Jermini, li quali levano la sodezza è maestà, alle fabriche.
6347PARTE SECONDA. 39[Figure 39] 40[Figure 40]Pilastri ornali con Mensole, Cartelle, Festoni, e Membri riportati cose tutte che
danno
nel trito, e devano la magnificenza dell’Architettura.
41[Figure 41]Figura che a divedere il falso della cornice,
che
sorpassa la collonna, e rimane in aria.
Figura
la quale fa conoscere l’errore di romper l’Architrave
e
il Freggio alle cornici per accrescer il vano.
6448DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. 42[Figure 42]L’esempio presente vedere quanto scong il tagliar le
Cornici
, e Freggio per poner sopra l’Architrave alcu-
na
cosa, sia Cartelle, Scudi, Vasi ò altro, secondo il
bizaro
capricio di chi inventa tali cose.
6549PARTE SECONDA.
CAPO VII.
Degli
errori, che accadono nella inoſſervanza del decoro.
FRa tutti gli errori, che provengono dagli Architetti, uno ſi è il contraſta-
re
alla perſezione, e alla bellezza delle ſabbriche;
onde nell’apparenza loro
non
ſi dimoſtra grazia, nobiltà;
muovono a maraviglia chi le riguar-
da
.
E queſto è il non oſſervare il decoro, il quale allora io penſo, che po-
traſſi
facilmente intendere, quando ſi ſarà dichiarato ciò, che ſia eſſo decoro.
Diciamo adunque, il decoro non eſſer altro che una bellezza, e una grazia del-
le
coſe, che naſce da una certa giuſtezza diſtributiva, ſecondo la quale ſi
tutto
quello, che ſi conviene a ciaſcuna parte.
Ma per adattare al noſtro pro-
poſito
queſta deſinizione, ſi dice, che il decoro delle fabbriche altro non è,
che
una bellezza cagionata dalla convenienza delle parti;
quando, ſecondo una
giuſta
, e proporzionevol diſpoſizione ſi è conceduto a ciaſcuna quanto ſe le
conveniva
.
Perciò, affinchè intendiamo gli errori di queſta maniera, ſi dice,
che
qualunque fabbrica, come imitatrice del corpo umano, è compoſta di mem-
bra
, poichè in eſſe ſi trovano il capo, le ſpalle, i ſianchi, il ventre, e le gam-
be
.
Ed a ciaſcun membro ſono aſſegnati i ſuoi ornamenti; che quei delle ſpal-
le
, dei fianchi, e del rimanente, non ſi attribuiſcono al capo, e così viceverſa.

Che
è ſoverchia diligenza il continuare i medeſimi ornamenti particolari, e i
medeſimi
compartimenti di membra, di vani, e di particelle, che ſi trovano
ne’ſianchi
, nelle ſpalle, nella fronte, o nella faccia, la quale è la parte
principale
, e il capo della fabbrica.
Il che è totalmente ſuperſluo, ſiccome ſi
vede
nella fabbrica di S.
Pietro di Roma; baſtando pure aſſai la continuazio-
ne
, e il concorſo delle colonne, dei pilaſtri, dell’architrave, del fregio, e del-
la
cornice inſieme col ſecond’Ordine;
eſſendo baſtevole, ſecondo il buon diſe-
gno
formare il portico di Michelagnolo Buonarruoti.
E tanto più che ſempre
nelle
fronti dei Templi è ſtato coſtume di collocare il portico, o quaſi porti-
co
, come ſappiamo da Vitruvio.
Oltre a ciò ſi erra nel decoro, non dandoſi
alle
membra il debito adornamento, come, quando nella fronte non ſi pone il
faſtigio
e il ſronteſpizio, che è il principale ornamento del Capo, ſiccome l2
acconciatura
delle donne, dagli Antichi detta Caliendro, come ſi vede preſſo
Orazio
nel Lib.
I. dei Sermoni ---- altum Saganæ caliendrum
Excidere
----
E Tutolo, come ſi ritrae da Feſto Pompeo = Aponiæ a tulis, onde perav-
ventura
ſi è tratto il Titolo, che appreſſo noi è il faſtigio, e il ſronteſpizio
delle
Chieſe, dove in luogo d’iſcrizione dedicatoria, ſi fanno dipignere le im-
magini
dei Santi Titolari dei luoghi.
Ma che il fronteſpizio delle Chieſe ſi di-
ca
Titolo, ſi può provare per quello, che ſi legge nel Terzo Libro delle Cro-
niche
Caſſinenſi:
=
Baſibus ſuppoſitis, columnas deſuper decem ex uno latere, & ex altero toti-
dem
erexit cubitorum novem:
feneſtras quoque in ſuperioribus amplas, in na-
vi
quidem viginti, &
unam: in Titulo vero ſex longas, & rotundas qua-
tuor
;
ac duas in abſida media ſtatuit. Porticus vero utriuſque parietes in al-
titudine
cubitorum quindecim, ſubjungens feneſtris, binc decem, totidemque
inde
, diſtinxit.
= E queſto errore ſi ſcorge nella facciata di S. Pietro in Vati-
cano
:
imperciocchè in vece di terminare nel faſtigio, termina nella balauſtra-
ta
, e nelle ſtatue, che vi ſon poſte per ultimo finimento, ma non baſtevole,
oltre
al non eſſer quello luogo loro conveniente, ſiccome anche nell’ultima cor-
nice
del Campidoglio, benchè vi ſieno ſtate poſte per moſtrar più alta la fab-
brica
;
perchè in tal luogo non ſi conſervano; ancora, perchè ſon troppo
lontane
alla viſta.
baſta aver ſatto il fronteſpizio alla parte di mezzo della fronte,
che
viene in fuori;
poichè il faſtigio dei Templi dee avanzare tutto il rimanente
della
fabbrica;
ſiccome ſi vede in tutte le fronti dei Templi antichi, degli anti-
chi
moderni, e dei moderni.
Ed in vero (mi ſi conceda pure il dirlo) pare
coſa
molto diſdicevole, che quella Chieſa, che è Capo di tutte le Chieſe
6650DEGLI ERRORI DEGI ARCHITETTI la Criſtianità, ſia ſenza faſtigio, e ſenza Titolo, che per antico Rito, e per
Legge
Eccleſiaſtica, non ſi trova alcun’altra Chieſa, che non l’abbia.
Si pecca nel decoro, quando ſi uſano per ornamento coſe non convenevoliai
luoghi
ſagri, e ai luoghi profani:
e quando ſi adattano, ſenza conſiderazione
alcuna
, e ſuori d’ogni corriſpondenza, gli Ordini d’Architettura, cioè, dove
conviene
più la ſodezza dell’Ordine Toſcano, e del Dorico, e della maniera ru-
ſtica
, applicando l’Jonico, il Corintio, o il Compoſito, e viceverſa;
e quel-
lo
, che conviene a un ſeſſo, e a una condizione, attribuendo a un’altra.
Fi-
nalmente
ſi erra nella medeſima guiſa, quando non ſi danno alle membra le de-
bite
miſure, e proporzioni conſormi alle ſpezie di ciaſcun’Ordine:
quando non
ſi
quella corriſpondenza degli ornamenti, quel collegamento uniſorme, che ſi
richiede
:
e quando le altezze ſi fanno ſproporzionate, e le lunghezze alle lar-
ghezze
, ſe però non ne è cagione il ſito, e la lontananza dall’occhio:
e final-
mente
, quando per una particolare comodità, che ſi poſſa trarre dall’altra par-
te
, ſi guaſta, e ſi confonde il componimento, e s’interrompe l’ordine degli or-
namenti
della fronte.
E tutti queſti ſono i più notabili errori, che occorrano nel
tralaſciare
il decoro della fabbrica.
CAPO VIII.
Degli
errori, che dagli Architetti ſi permettono, mentre i Miniſtri uſano cat-
tivo
ammaſſamento, e mala ſtruttura di mattoni, e di pietre, facendo
mala
compoſizione di muraglia.
GLi errori, che gli Architetti laſciano commettere dai fabbricatori nell’am-
maſſamento
, e nella ſtruttura delle muraglie, non ſolamente ſon cagione
della
difforme apparenza loro;
ma ancora (e queſto è ciò, che più importa)
di
fare che non durino lungo tempo.
E però gli Architetti ſon tenuti a oſſer-
vare
, colla maggiore induſtria loro poſſibile, il modo tenuto dai Muratori nel
ſabbricare
.
Queſti errori conſiſtono nel fare i muramenti non eſattamente livella-
ti
, e ſquadrati, e negli ordini, e nei filari delle pietre, e dei mattoni non ben
poſti
in piano, ben battuti, e con troppa calcina, e che ſia di mala quali-
, e mal compoſta:
ovvero nel mal collegamento dei mattoni, e delle pietre,
e
dei ſilari inſieme in ciaſcun piano;
non ſolo nella corteccia, e nella fodera
del
muro dalla parte di fuori, ma ancora nel riempimento della parte di dentro,
e
nel congiungere il ripieno con eſſa:
onde ſi fa una muraglia male unita, e non
ſoda
, e tale, che per ſe ſteſſa ſi può ſcroſtare, e facilmente a poco ridurſi in
rovina
:
imperciocchè la molta calcina, e mal lavorata, e peggio impaſtata,
raſciugandoſi
perde il nervo, e ſi converte in terra:
benchè la calcina meſco-
lata
colla puzzolana non ſia di queſta natura, onde ſi vede nelle muraglie anti-
che
di Roma in tal quantità, che agguaglia la groſſezza dei mattoni, non ſola-
mente
gli lega, ma gli ſupera nella durezza.
E il buon collegamento delle mu-
ra
non conſiſte nella quantità della calcina;
poichè la medeſima nell’unire le
pietre
, e i mattoni ſa l’uſizio della colla nel congiungere i legnami, e della ſal-
datura
, per attaccare inſieme metalli;
laonde baſta prenderne poca. O gli er-
rori
ſon collocati nel non procurare, che le pietre, che ſi pongono per ornamen-
to
, s’incaſtrino bene dentro la groſſezza del muro:
e queſto accade in Siena,
dove
per neceſſità ſi conducono pietre di piccola grandezza, per riſparmio del-
la
ſpeſa, perchè non ſi poſſon condurre ſe non per mezzo di carri, o a ſchiena
di
mulo per la lontananza delle Cave, e per la difficoltà delle ſtrade;
e perchè
tali
pietre ſi mantengano negl’incroſtamenti delle muraglie, è neceſſario legarle
con
grappe di ferro, onde vi durano, mentre eſſo ſi mantiene;
ma con-
ſumato
dalla ruggine, le pietre rimangono ſciolte, e cadono, e una, che ne
rovini
, occaſione alla caduta delle altre.
Si veggono gli errori non guardan-
doſi
, che le parti delle muraglie, e ſpezialmente ſe gli angoli facciano mala le-
gatura
:
o le mura nuove ſi legano bene colle vecchie, acciocchè ſieno più ſta-
bili
:
o nell’uſar poca diligenza, non avvertendo, che l’opera non ſi alzi più
6751PARTE SECONDA. una parte, che in un’altra, onde ſi viene a pericolo maniſeſto di rovina. Ed
avendo
a far le fabbriche con volta, non ſi facciano i ſianchi troppo deboli, e
ſpezialmente
quando ſi hanno a fare le volte piane, che per cagione del poco
ſeſto
, e del molto peſo, hanno forza di ſpigner le muraglie in maniera, che
non
baſtano le catene di ferro a tenerle imbrigliate, e ſtrette in loro ſteſſe, af-
finchè
non precipitino, e maſſime ſe non vi è chi le fiancheggi.
Ma contro la
violenza
loro non ſi può fare altra reſiſtenza, che colla groſſezza della mura-
glia
;
mentre è grandiſſimo errore il ſidarſi nelle catene, che ſpeſſe volte ſi ſon
vedute
rotte.
Ovvero oſſervando il coſtume degli Antichi, i quali avendo a far
le
volte piane, non cominciavano il ſeſto, facevano l’impoſta loro nella ſu-
perſicie
delle mura dei ſianchi, e poco addentro;
ma formando un intiero ſe-
ſto
di mezzo cerchio, per altezza, e per ritto coſtituivano l’impoſta della vol-
ta
nel centro della groſſezza delle muraglie:
di modo che il piombo di eſſe in
ambedue
i fianchi determinava il ſeſto, e l’impoſta della parte piana della
volta
, ſiccome ſi vede in Roma nelle Terme di Diocleziano, in quel luogo,
dove
era la Pinacoteca, ove per trattenimento di chi vi andava, erano poſte
varie
pitture, e ſculture, a imitazione del qual luogo oggi ſono ſtate inventa-
te
dai Principi le Gallerie.
La forma di dette volte ſi moſtra quì appreſſo.
43[Figure 43]La forma del intiero sesto per formar la volta piana,
secondo
il costume degli antichi
6852DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
Tale era ancora la volta della Cella Soliare, che dagli Architetti ſi ſtimava
non
poterſi imitare, eſſendo di gran ſeſto, e piana, ſembrando male atta a reg-
gere
il peſo dell’acqua, che vi ſi faceva andare ai biſogni;
onde ſu neceſſario
farle
ſotto un’armadura, che la reggeſſe, fatta di rame, in forma di cammel-
li
, come ſi legge preſſo Elia Sparziano nella Vita d’Antonio Caracalla.
=
Opera Romæ reliquit, Thermas nomini ſuo eximias, quarum Cellam Solearem
(alcuni leggono Soliarem) Architecti negant, poſſe ulla imitatione, qua facta
eſt
, fieri:
nam & ex ære, vel cupro Cameli ſuppoſiti eſſe dicuntur, quibus ca-
meratio
tota concredita eſt;
& tantum eſt ſpatii, ut id ipſum fieri negent po-
tuiſſe
docti Mechanici.
=
Queſta cella era detta Soliare da’Solii, ſiccome il triclinio era detto da’tre
letti
diſcubitorj;
imperciocchè in eſſa erano collocati i ſolii, cioè, una maniera
di
ſedie fatte di pietra, le quali avevano il piano, dove ſi ſedeva, a modo di
mezza
luna, e così fatto, acciocchè le perſone ſi poteſſero bagnar le parti da baſ-
ſo
ſtando a ſedere, come ſi può vedere preſſo Girolamo Mercuriale nel primo Li-
bro
dell’Arte Ginnaſtica nella pag.
X. in una figura datagli da Pietro Ligori:
della quale fa menzione Franceſco Alberti Fiorentino nel Libro dell’Antichità di
Roma
dedicato a Papa Giulio II.
, favellando delle Terme in queſta guiſa. =
Thermæ
Antonianæ, quas Baſtianus Antonius Caracalla incboavit, &
Alexan-
der
perfecit, adhuc viſuntur ſemidirutæ apud Eccleſiam S.
Xiſti, quarum Cel-
lam
Solearem Architecti negant, poſſe ulla imitatione, qua facta eſt, fieri;

nam
ex ære, vel cupro (ut ait Spartianus) cameli ſuppoſiti eſſe dicuntur,
quibus
cameratio tota concredita eſt;
& tantum eſt ſpatii, ut id ipſum fieri
negent
potuiſſe docti mechanici, ut adhuc viſuntur ingentes ruinæ cum altis
parietibus
, &
ſemiſepultis columnis.
44[Figure 44]Figura della Cella Soliare
Ma nel fabbricar le volte ſi erra talora uſando la materia troppo grave, la
quale
di ſoverchio affatica i fianchi, talchè appena poſſon reſiſtere allo ſpingi-
mento
, ed al gravitar loro;
e però gli Antichi le fecero di pietre leggiere di po-
mici
, di cannoni, di vaſi di terra cotta, come, vettine, coppi, ovvero orci, e
ſimili
, di tufo leggiero:
(e quando foſſe poſſibile, ſi potrebbero fabbricare di
mattoni
di Marſilia, Città della Francia, e di Pitane Città dell’Aſia, i quali ſi
formavano
di creta pomicioſa, e tanto leggiera, che ſtava a galla ſopra
6953PARTE SECONDA. dice Vitruvio nel Lib. 2. cap. 4. , e Plinio nel Lib. 35. cap. 13. ſarebbe impoſ-
ſibile
l’aver copia di tali mattoni, quando pur vi ſi ſaceſſero;
e non vi ſi facen-
do
, condurre in queſte parti la creta per fargli:
non è poi impoſſibile il condur-
re
da luoghi lontaniſſimi le colonne, e altri pezzi di marmi di grandezza mag-
giore
).
O gli appoggiavano ai fianchi con contrafforti, barbacani, e pilaſtri,
riempiendo
ancora di qua, e di i peducci di buona muraglia.
Si erra altresì,
quando
non ſi fanno ben ſerrate, con buona calcina:
e però quando nol proi-
biſca
il pericolo d’umidità, è meglio murarle con geſſo;
poichè in tal modo ſi
fanno
ſaldiſſime per cagione della gagliarda, e ſubita preſa.
E’anche grande er-
rore
il diſarmarle troppo preſto.
Finalmente, o per riſparmiar la ſpeſa, o per
altra
cagione, non è error mediocre il far le volte troppo ſottili, perchè
non
ſon molto atte a reſiſtere al peſo, ancora perchè facilmente ſi poſſon
rompere
, moſſi due, o tre mattoni.
E penetrandovi per qualche accidente l’
acqua
, agevolmente ſi marciſcono, e ſi ſcollegano, e non poſſon reſiſtere a
qualche
peſo violento di coſa, che ſopra vi cada.
E di queſta maniera ſon
tutte
le volte finte, benchè ſien guardate da palchi, che ſi fidano ne’legnami, che
ſon
ſallaci, e ſottopoſtia diverſi accidenti.
Ma in ſomma più biaſimevole errore ſi
è
il far le volte di cannicci, le quali ſon ſottopoſte all’ofſeſa del fuoco, e del-
l’acqua
, ſe ne può conſervare il ſeſto loro in ciaſcuna parte;
poichè ſi
piegano
, ſi ſpezzano, e calano diverſamente, eſſendo di materia arrendevole,
e
tirate in giù dal peſo dell’intonacatura di calcina, e di geſſo, eſoſtentandoſi
ſolamente
dai chiodi.
Per lo che mi maraviglio molto, che in Napoli, in quel-
la
così nobil fabbrica dello Studio, le volte delle ſcuole ſieno ſtate fatte di can-
nicci
, coſa veramente diſdicevole alla dignità di quella fabbrica.
CAPO IX.
Degli
errori nella ſuperfluità, e nel difetto.
LA natura, che è la Maeſtra dell’Arte, nelle opere ſue non è mai diſetto-
ſa
, ſuperſlua.
Così l’Arte imitatrice ſua non dee troppo abbondare,
troppo eſſer manchevole.
Nella ſteſſa guiſa l’Architettura, la quale imita
la
Natura, nelle fabbriche non dee trapaſſare la neceſſità, laſciare di far
tutto
quello, che è neceſſario.
E però nel ſabbricare alcuna volta accadono gli
errori
nel difetto delle coſe neceſſarie, e nella ſuperſluità di quelle, che non ſi
richiedono
.
E gli errori nel mancamento ſono di più maniere; poichè o ſono
nel
difetto della groſſezza debita delle muraglie, o dello ſpazio proporzionato de’
luoghi
, ſecondo la lunghezza, e ſecondo l’altezza:
o nel mancamento di quel-
le
parti, che rinforzano, e aſſicurano, i fondamenti:
o nel diſetto de’lumi, i
qualimancando
, ſon cagione, cheiluoghi delle fabbriche ſi poſſono male uſare, st
per
la malinconìa, che apportano, ancora perchè l’aria non vi ſi muta,
vi
traſpira:
ovvero nel diſetto d’alcune membra neceſſarie, come d’architravi, d’
archi
, di fregj, di cornici, di corone, cioè, di gocciolatoj, e di quelle, le
quali
avrebbero a eſſere il ſoſtegno della ſabbrica, e di quelle altre, che deb-
bono
eſſere il compimento, e il termine;
e altre, per le quali l’acqua piova-
na
tutta ſe ne ſcoli al baſſo, acciocchè l’ediſizio non ſia oſſeſo dall’umido ſo-
verchio
:
o conſiſtono nel difetto delle baſi. Benchè alcune volte volontaria-
mente
, e ſenza errore non ſieno ſtate uſate le baſi delle colonne, per uſcir del-
lo
ſtile ordinario, e per moſtrare, che la fabbrica naſca ſopra il terreno, co-
me
fanno gli Alberi.
Il che fece ſaviamente quell’Architetto, il quale nel diſegno
del
Teatro di Marcello, che oggi è detto Monte Savello;
e quell’altro, che
nella
fronte, e nel portico, che gira intorno al Tempio della Pietà, che anti-
camente
fu il carcere pubblico, il quale aggiunſe al Tempio nella fronte il
portico
con ſei colonne, da Vitruvio detto Eſaſtico;
e perchè girava intorno
alla
Cella, congiungendoſi col portico de’fianchi, portico, che ſi direbbe, ſe-
condo
Vitruvio, ampbiproſtilos, ovvero anfiproſtilo eſaſtico, ſi veggono le co-
lonne
ſenza baſi, e ſi moſtrano come ſorgenti dalla terra, ſiccome ſono le
7054DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI lonne del detto Teatro. Per la qual coſa i Templiſono ſtati talvolta detti na-
ſcenti
, ſiccome per avventura ſi legge preſſo Marziale nel VI.
Lib. degli Epi-
grammi
, e ſpezialmente in quello, che dice =
Cenſor maxime, principumque princeps,
Cui
tot jam tibi debeat triumphos,
Tot
naſcentia Templa, tot renata,
Tot
ſpectacula, tot Deos, tot Urbes.
Plus debet tibi Roma, (quod pudica eſt.)
Ma queſto coſtume di non porre le baſi alle colonne, ſiccome ſi vede, è ſtato
ſolamente
uſato nell’Ordine Dorico, a cui par conveniente, a motivo della ſodez-
za
, e della purità ſua;
onde crederei, che foſſe errore l’adattarle ad altro Ordi-
ne
.
O ſon collocati nel difetto de’poſamenti convenevoli, e proporzionati al pe-
ſo
, che hanno a reggere, cioè, quando ſono ſcarſi di groſſezza ne’fondamenti,
e
per poco avvedimento di chi aſſiſte alla muraglia, o di chi opera per ava-
rizia
di chi ſpende, o per l’abbreviamento del fabbricare.
Così ancora, quan-
do
le parti vicine ai fondamenti ſon troppo ſottili, onde non ſon proporzio-
nate
al peſo delle muraglie:
e allora ſi fa maggior errore, quando ſopr’eſſe ſi
leva
troppo in alto la fabbrica;
che bene ſpeſſo minacciano rovina, ond’è neceſ-
ſario
, o rifonder le muraglie, o appoggiarvi barbacani, e ſperoni, dove non
baſtano
le catene.
O finalmente appariſcono manifeſtamente gli errori, quando
ſi
fanno le fabbriche ſenza fondamenti, ſiccome ſi vede una Torre in Siena nel
terzo
di Camolia ſotto le Cappuccine, detta Torre del Pulcino, della quale fa
menzione
Leon Battiſta Alberti.
Pel contrario gli errori, che ſon poſti nella ſu-
perfluità
, o appartengono all’aggiungimento del numero delle membra non ne-
ceſſarie
, e agli adornamenti poſticci, od al moltiplicare i luoghi, e i vani,
quando
non biſogna, e più di quello, che ſi richiede;
o finalmente apparten-
gono
alle groſſezze de’muri, abbondando oltre il biſogno.
Ma ne’muramenti,
ſeppur
ſi concede l’errore, meglio ſarà permettere, che ſi erri nell’eccedere del-
le
groſſezze, che nel diſetto:
che quando le groſſezze ſieno ſoverchie, è facil
coſa
lo ſcemarle, quando ſia biſogno;
e nella maggior groſſezza ſi fa miglior
baſe
, e più ſtabile fondamento:
ma quando ſon troppo manchevoli, è difficil
coſa
l’ingroſſarle, e ſeppure s’ingroſſano, mal ſi collegano.
L’ecceſſo delle mem-
bra
allora ſuccede, quando ſi fanno alcune membra per ornamento, le quali non
ſono
di frutto alcuno, poichè ſenz’eſſe poſſono ornatamente, e comodamente ſta-
re
, come ne’compartimenti delle abitazioni ſi fanno alcuni luoghi d’avanzo,
o
ſi multiplicano le ſcale, quando baſta una ſola, e quando al più ſe ne fanno
due
:
ed in ſomma, quando al numero determinato, e conveniente s’aggiungono
altre
membra, che non hanno fine alcuno.
Come, quando per ornamento d’
alcuno
Altare, o delle parti, o d’alcuna fineſtra, ſi faceſſero riſaltare i piedeſtal-
li
, le colonne, e le cornici, e ſopra la giunta dalle bande ſi collocaſſe il fronteſpi-
zio
poſato ſopra menſole, onde il detto riſaltamento non ſerviſſe a reggere alcu-
na
coſa, come dimoſtrano gli appreſſo eſempj.
7155PARTE SECONDA 45[Figure 45] 46[Figure 46]Csempio di Altare ò finestra, con
frontispizio
posto sopra Mensole,
e
collonna con piedestallo, e cornice
che
non regge alcuna cosa.
Spaccato
della sudetta
figura
7256DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
CAPOX.
Degli
errori della mutazione dell3 Ordine delle parti, dell’ uſo, e della mala
corriſpondenza
loro.
LA mutazione dell’ ordine delle parti, e delle membra loro è uno errore di
molta
importanza;
poichè dove non ſi oſſerva ordine, quivi è confuſione,
e
dove è confuſione, ivi è deformità, ed ove queſta ſi vede, non regna per-
fezione
alcuna.
E però ciaſcuno Architetto nei diſegni, nei modelli, negl’ inta-
gli
delle pietre, dee con ogni accorgimento procurare, che non ſi muti l’ ordine
delle
membra, delle parti delle fabbriche, e degli ornamenti loro, per non eſ-
ſer
occaſione, che le forme loro rieſcano confuſe, e deformi;
poichè ciò non
facendo
, permetterebbe, che non procedeſſero da buona ragione d’ Architettura,
più degno ei ſarebbe del nome d’Architetto.
Ma affinchè ſi manifeſti la condizione di queſti errori, che a guiſa d’Idra,
ſono
un moſtro di più capi, primieramente diremo, il primo dei ſuoi Capi
eſſer
quello, che conſiſte nel collocamento de’corpi, cioè, quando i minori ſi
ſottopongono
ai maggiori, e i rotondi ai quadrati.
Imperciocchè il collocare
i
corpi minori ſotto ai maggiori, non ſolo è contro all’Arte, ma eziandio con-
tro
la Natura, come ſi vede negli alberi, dove la parte del tronco vicina alle
radici
è ſempre più groſſa, e quella, che ſegue appreſſo, va minorando fino alla
cima
, vale a dire, è più ſottile, poichè quanto più s’inalza, tanto più s’aſſot-
tiglia
.
E a imitazione di queſto (imperciocchè anche le fabbriche ſon dette
naſcenti
) per regola d’Architettura ſempre le parti, che più s’accoſtano alla
ſuperficie
del terreno, e al fondamento, tanto più debbono eſſere di maggior
groſſezza
;
ma però ſecondo la regola della proporzione; e quelle, che più ſi di-
ſcoſtano
, e aſcendono, avvicinandoſi alla cima, più ſi debbono diminuire,
per
cagione di non accreſcere il peſo, e di non poſare i corpi ſuperiori in falſo,
ancora per cagione della grazia dell’opera.
Si avverta però la diminuzione, che
si
fa ſoltanto nelle groſſezze;
poichè nelle altezze, piuttoſto ſi accreſce proporzio-
nevolmente
la miſura, per cagione della lontananza, come altrove ſi è accennato.
Per la ſteſſa ragione il ſecondo capo appariſce, quando i corpi rotondi ſi pon-
gono
ſotto ai quadrati, come nei primi ordini di qualche ornamento, po-
nendoſi
le colonne tonde, e nei ſecondi le quadrate.
Ma ſi potrebbe forſe
dire
, ciò non eſſere errore;
poichè i corpi tondi non avendo angolo alcu-
no
, ſono più forti, e più atti a reſiſtere al peſo, come ſi ritrae da Vitruvio,
il
quale in ciò preferiſce le torri tonde delle mura delle Città alle poligone,
cioè
, di molti angoli.
Ciò è vero in quanto alle torri; ma non ſi può adat-
tare
ai corpi, che ordinatamente ſi pongono l’un ſopra l’altro, perchè non con-
vengono
nella medeſima ragione;
concioſſiachè le torri ſieno eſpoſte a far teſta
alle
offeſe, che vengono loro incontro;
dove queſti corpi ſi fanno reſiſtenza fra
loro
, cioè, quelli, che ſono ſotto, reſiſtono alla gravitazione di quelli, che ſtan-
no
lor ſopra.
Anzi per diverſo fine ſi antepongono le torri tonde alle angolari,
dal
fine dei corpi tondi poſti ſotto ai quadrati:
queſti debbon fare buon fonda-
mento
ai corpi, che vi ſi poſano ſopra;
e quelli dovevano far valida reſiſten
za
all’ urto degli arieti, e ora alle percoſſe delle Artiglierie, benchè ſi ricuſino
dalla
moderna ragione di fortificazione, diverſa dall’antica, a motivo della mi-
lizia
diverſa, e della nuova maniera delle armi offenſive.
E però all’ obiezione ſi
riſponde
, che i corpi rotondi, gli angolari, e i quadrati, ſi poſſono conſiderare
in
due modi, cioè, o in quanto i quadrati ſi traggono dai rotondi, come il con-
tenuto
dal continente, e l’effetto dalla cagione, ſiccome ſi ritrae dalla propoſizio-
ne
XV.
del 13. e dalla XXI. del 14. Libro d’Euclide: o in quanto i tondi ſi ca-
vano
dai quadrati, per mezzo del taglio ſcambievole delle linee diagonali, come
dal
continente loro.
Nel primo modo i corpi tondi ſi dovrebbero porre ſotto ai quadrati, ſecondo la
precedenza
dell’ origine, che nella ragione del fabbricare non ſi ſtima:
poichè
7357PARTE SECONDA. ciò ſi uſaſſe, si farebbero anche i piediſtalli delle colonne rotondi. E benchè
la
più parte delle membra delle baſi ſi formi rotonda, accompagnando la
tondezza
delle colonne, come ſono il cordone piccolo, e il grande, e il cavet-
to
, e gli anelli, e regoletti, o liſtelli;
nondimeno tutti inſieme si poſano nel-
lo
Zoccolo, che è quadrato, i cui angoli per maggior ſaldezza avanzano la cir-
conferenza
.
Nel ſecondo modo i corpi quadrati ſi ſottopongono ai rotondi, e
dalla
groſſezza loro ſi traggono le groſſezze delle colonne, che nella pianta dei
piediſtalli
, che è quadrata, ſi contengono le baſi, e le colonne;
che oltre alla
forma
circolare, vi ſi aggiungono gli angoli, che arrecano ſaldezza maggiore,
la
quale naſce dal corpo cubico, che di ſua natura ſta ſempre in piedi, e immo-
bile
:
che per tal ragione il cubo è ſtato dai Filoſofi antichi adattato alla Ter-
ra
.
E ſecondo queſta ragione le colonne del primo Ordine ſi dovrebbero far
quadre
, e tonde quelle del ſecond’ Ordine;
ovvero, per non variar dall’uſo,
tanto
quelle del primo, quanto quelle del ſecondo si debbon far tonde.
Ben-
chè
nell’ Anfiteatro fabbricato da Veſpaſiano, ſebbene Marziale per adulazione
ne
attribuiſca l’onore a Domiziano (ſiccome dice Bernardo Gamucci nel ſuo
Libro
delle Antichità di Roma) mentre nel principio del primo Libro degli
Epigrammi
, e ſpezialmente ne’due primi dice in queſta maniera =
I.
IN
AMPHITEATRUM CÆSARIS.
Barbara pyramidum ſileat miracula Memphis,
Aſſiduus
jactet nec Babylona labor.
Nec Triviæ Templo molles laudentur honores,
Diſſimuletque
Deum cornibus ara frequens.
Aere nec vacuo pendentia Mauſolea
Laudibus
immodicis Cares in aſtra ferant.
Omnis Cæſareo cedat labor Amphiteatro:
Unum pro cunctis Fama loquatur opus.
II.
AD
CÆSAREM.
Hic, ubi ſydereus propius videt aſtra coloſſus,
Et
creſcunt media pægmata celſa via,
Invidioſa
feri radiabant atria Regis,
Unaque
jam tota ſtabat in Urbe domus.
Hic, ubi conſpicui venerabilis ampbitbeatri
Erigitur
moles, ſtagna Neronis erant.
Hic, ubi miramur velocia munera tbermas,
Abſtulerat
miſeris tecta ſuperbus ager.
Claudia diffuſas ubi porticus explicat umbras,
Ultima
pars aulæ deficientis erat.
Reddita Roma ſibi eſt, & ſunt te præſide, Cæſar,
Delitiæ
populi, quæ fuerant domini.
Nell’ordine più alto ſi veggiono le colonne quadre, che ſecondo l’ opinione co-
mune
ſono d’ Ordine Compoſito, eſſendo tutte le altre tonde, e rilevate in fuo-
ri
per la metà della groſſezza loro, o per due terzi, o per un terzo.
Le quali
colonne
piuttoſto ſono Attiche, od Atticurghe, che Compoſite;
imperciocchè
da
Plinio ſon dette Atticurghe, ſiccome ſi vede nella ſua naturale Iſtoria nel
Lib
.
36. Cap. 23. , dove ſi afferma, eſſer collocate nella cima dell’Anfiteatro di
Veſpaſiano
.
=
Atticurges eſſe cenſentur, quæ ſunt in ſummo Titi Veſpaſiani
7458DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI quod vulgo Coloſſeum appellant, quamvis non ſint parium laterum, & quota
tantum
parte extantes.
Ma le colonne ſuddette per due ragioni ſono ſtate fatte quadre; per la pri-
ma
, poichè ſono Atticurghe, e non Compoſite, le quali, benchè nell’ aggetto,
o
rilievo loro non ſieno perfettamente quadre, come ſi richiede a tale opera;
nondimeno ſono una quarta parte, o una terza, poichè così biſognava farle,
affinchè
poſaſſero ſul vivo.
Per la ſeconda, poichè tali colonne ſon cavate dalla groſſezza delle colonne
inferiori
, le quali ſon tonde;
e perciocchè rappreſentano le contra-colonne, che
ſi
pongono dopo le colonne tonde, preſupponendo, che quelle, che ſono a baſ-
ſo
, ſieno ſciolte, e dopo loro ſien collocate le colonne quadre, alle quali cor-
riſpondono
le colonne quadre dell’ultimo Ordine.
Il terzo capo ſarà il formare
gli
ornamenti delle fabbriche, mutando talora i luoghi, e gli Ordini dell’Ar-
chitettura
, collocando prima l’Ordine Compoſito, di poi l’Jonico;
o prima il
Corintio
, e di poi il Dorico, il che è un errore, che toglie la bellezza, e l’ar-
monia
degli edifizj:
imperciocchè gli Ordini fra loro ſi corriſpondono con una
certa
proporzione armonica ſeſquialtera, come ſi vede eſpreſſamente nelle colon-
ne
;
concioffiachè la colonna Toſcana contenga ſei groſſezze, la Dorica ſette,
la
Jonica otto, la Corintia nove, la Compoſita dieci:
e nei piediſtalli ſi trova
la
proporzione dupla, la ſesquialtera, e la biparziente due terzi.
Che nel piedi-
ſtallo
Toſcano è la proporzione d’un quadrato;
nel Dorico la ſeſquialtera prefa
dall’
aumento del quadrato tratto dal movimento del diametro;
nell’Jonico è la
proporzione
dupla, poichè vi è il quadrato, che è il doppio della giunta, che è
la
metà di eſſo;
e riſpetto al Toſcano vi è la proporzione ſeſquialtera, che è
un
quadrato, e la metà più:
nel Corintio è la biparziente i due terzi; poichè,
oltre
al quadrato, vi ſono i due terzi del quadrato:
nel Compoſito finalmente
ſi
trova la proporzione dupla, poichè contiene due quadrati.
Il quarto capo ſi
vede
, quando ſi pongono le membra fuori del luogo loro, diſtribuendo con-
fuſamente
i loro ufizj.
Errore veramente notabile, il quale chiariſſimo in-
dizio
di mancamento d’intelligenza, e di giudizio, come, quando ſi pone l’ar-
chitrave
in vece del fregio, e il fregio in luogo dell’architrave, ed altro mem-
bro
in luogo d’ambedue.
Ma ſi riguardi, che non è errore, quando ſi pone la
cornice
ſopra l’architrave, purchè ne ſia cagione il ſito;
e allora ſi potrà forſe
dire
, che l’architrave faccia uſizio d’Architrave, e di fregio.
Il quinto capo è
un
licenzioſo, e barbaro errore, come negli ornamenti delle porte il collocare
pure
quadrature di pietre ſopra le colonne, in luogo d’architrave, e di fregio:
e adattare le gocciole uſate nell’ Ordine Dorico, ſott’ eſſe, e ſopra il capitello
delle
colonne, in vece di collocarle ſotto il regolo dell’ architrave, e ſotto i tri-
glifi
, e far l’arco di tutto ſeſto, ma finto, nel luogo del fregio, e dell’ Archi-
trave
, e coll’impoſta nel vivo, e nel piombo delle colonne, in vece di farla
ſopra
il ſodo dell’Ante, e degli Stipiti della porta, la quale col fuo vano è ter-
minata
da un arco, che non è, tondo, ovato, piano;
ed oltre al fare
un
fronteſpizio rotto, o un fronteſpizio ſopra l’altro, che è un peccato di ſpro-
porzionata
ſuperfluità, terminando con un gocciolatojo poſto ſopra la cimaſa
della
cornice, oitre al non eſſer formato a perpendicolo, ſecondo una certa,
benchè
falſa, opinione, che ſia così ſtato uſato dagli Antichi, la quale proce-
de
dal non intendere la proſpettiva.
Il detto gocciolatojo è ſuperfluo, eſſendo-
vi
il gocciolatojo della cornice, il quale è a baſtanza.
E tutti queſti errori,
per
non parlare degli altri, che ſon degni di conſiderazione, da ciaſcuno ſi po-
tranno
vedere, che ſia intendente, giudizioſo, e non troppo affezionato alla co-
mune
opinione, e che oſſervi in Roma gli ornamenti della Porta Pia fatta fare
da
Pio IV.
Il ſefto capo, ed è forſe il peggiore, ſi è il porre i vani ſotto il peſo
dei
corpi gravi, far riſaltare in fuori le membra ſopra le linee a piombo, in ve-
ce
di collocarvi ſotto modiglioni, o menſole, o cornici, o colonne, o pilaſtri,
o
altro, che poſſa ſoſtentare il peſo.
Il che non conviene all’opere di pietra, ma
piuttoſto
a quelle di legname, o di ſtucco.
Il ſettimo, e ultimo capo è il rom-
pere
le cornici, i capitelli, e l’altre membra, ſenza meſcolare l’Ordine con
7559PARTE SECONDA. ra ruſtica, ponendo nelle rotture varietà di forme di corpi, ſecondo il capriccio
di
coloro, che penſano arricchire gli ornamenti con tali varietà non convene-
voli
alla ſodezza, e alla dignità dell’opere, ciò facendo indifferentemente, e in
ogni
luogo.
E queſti non ſanno, che ſolamente gli ornamenti di qualunque or-
dine
ſi ſogliono rompere con l’ opera ruſtica, la qual ſola è quella, che ha tal pri-
vilegio
.
E queſto ſi fa ſolamente nelle facciate dei palazzi, nelle porte delle caſe,
de’giardini
, delle Fortezze, e delle Città, e non nelle fronti, e nelle porte delle
Chieſe
, e d’altri luoghi ſagri, negli ornamenti degli Altari, e delle Cappelle,
Queſti
tali rompimenti ſi pongono in luogo della continuazione convenevole,
e
neceſſaria ai corpi degli ornamenti delle fabbriche, i quali, oltre al diſunir
l’opera
, diſturbano, e interrompono la corriſpondenza, e l’uniformità delle for-
me
degli ornamenti;
e rimuovono le opere dalla buona ragione d’Architettura.
riducendole alla maniera barbara. Coſtume biaſimevoliſſimo, e dannoſo, intro-
dotto
dai Muratori, dagli Stuccatori, dai Maeſtri di legname, e dai Pittori, la
mente
dei quali non è di conſervare la buona Architettura antica, ma di ſe-
guitare
i penſieri loro, non fondati in altro, che nella bizzarria dei loro capriccj.

E
queſto baſti per fine di queſto Capitolo, e per ſigillo di queſta ſeconda Parte.
47[Figure 47]
PARTE TERZA.
CAPO I.
Degli
errori, che ſi ſcuoprono, poichè è ſtato fabbricato.
SIccome il fine della Scienza della Medicina è il ricovramento della ſanità
dei
corpi infermi, e il conſervamento della ſanità riacquiſtata;
così il fine
dell’
Architettura ſono le fabbriche, le quali ſi fanno a benefizio umano, e il
conſervamento
di eſſe, acciocchè fatte perpetue poſſano ſempre uſarſi dagli uo-
mini
, o per la pietà, o per la difeſa delle vite loro.
E però al buono Archi-
tetto
non baſta l’aver fatto a perfezione i diſegni, e i modelli delle fabbriche
di
qualſivoglia ragione, ed aver procurato con grandiſſima diligenza, che ſieno
condotte
al fine loro, ſenza errori, ma è neceſſario, fatta qualunque opera,
porre
grandiſſima cura nel conſervamento di eſſa, tenendo lontani tutti quelli
accidenti
, e tutti quelli errori, che poſſon eſſer cagione di guaſtamento, e di rovina.
Che, ſiccome l’Architetto eterno del maggiore, e del minor Mondo, toſto che formò
l’uno
, e l’altro, e toſto che produſſe qualſivoglia coſa, non l’abbandonò, ma ſem-
pre
le fu aſſiſtente, la difeſe, e la conſervò, ſiccome ancora continuamente coſtuma
di
fare:
così l’Architetto temporale non dee, toſto che è finito qualunque edi-
fizio
, abbandonarlo, ma biſogna, che gli ſtia intorno con diligente cura, per
conſervarlo
, Ciò molto bene intendendo gli Antichi Romani, che furono ſem-
pre
la norma del viver politico a tutte le Nazioni del Mondo, avevano, come
già
ſi è detto, i Redentori, l’ufizio dei quali era d’approvare tutte le opere dei
fabbricatori
, ſiccome ſi comprende dalle Iſcrizioni Antiche, e ſpezialmente dal-
le
appreſſo eſpoſte, tratte dalle memorie Antiche del ſoprallodato Cittadini.
A Fondi ſopra la porta verſo Settentrione.
L. NVMISTRONIVS. L. F. DECIAN.
C. LVCIVS. M. F.
M. FVNTIVS. L. F. MESS.
AEDILES. PORTAS. TVRREIS.
MVRVM. EX. S. C.
FACIVND. CVRARVNT.
IDEMQ. PROBARVNT.
7660DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI.
E queſt’altra è nel ponte detto ora di guara capra.
L. FABRICIVS. C. F. CVR.
VIAR. FACIVNDVM. CVRAVIT.
IDEMQ. PROBAVIT.
L’altro era l’ufizio dei Curatori, come quello, che teneva cura delle ripe,
e
del letto del Tevere, che erano murate.
Queſti Curatori oſſervavano conti-
nuamente
, ſe nelle ripe vi era biſogno alcuno di riſtoramento, e avevano cu-
ra
, che il fiume ſteſſe netto, per cagione delle inondazioni, come ſi vede nel-
le
Iſcrizioni antiche, e particolarmente in queſte.
Preſſo Porta Sant’Agneſe.
EX. AVTORITATE. IMP.
CAES. VESPASIANI. AVG.
P. M. TIB. POT. IIII. IMP. X. P. P.
COS. IIII. V. CENSOR. CAIVS.
CALPETANVS. RANTIVS. QVIRINALIS.
VALERIVS. CESTIVS.
CVRATOR. RIPARVM. ET.
ALVEI. TIBERIS. TERMIN.
R. R. PROX. CIPP. P. CLXXIIII.
A Ripa preſſo l’Arſenale attacco di Roma.
D. D. N. N PROVIDENTISSIMI. IMPP.
DIOCLETIANVS. ET. MAXIMIANVS.
INVICTI. AVGVSTI. RIPAM. PER. SERIEM.
TEMPORVM. CONLAPSAM. AD. PRISTINVM.
STATVM. RESTITVERVNT. PER. PEES. C. X.
CVRANTE. MANLIO. ACILIO. BALBO.
SABINO. V. C. CVRAT. ALVEI. TIBERIS.
RIPARVM. ET. CLOACARVM. SACRAE. VRBIS.
Fra la Longara, e il Tevere.
C. MARCIVS L. F. CENSORINVS.
C. ASINIVS. C. F. GALLVS.
COS.
EX. S. C. TERMIN. R. R. PROX. CIPP. P. XX.
CVRATORES. RIPARVM. QVI PRIMI. TERMINA-
VER
.
EX. S. C. RESTITVERVNT.
Sulla Riva del Tevere accanto alla Chieſa di Sant’Jacopo della Longara.
EX. AVCTORITATE.
IMP. CAESARIS. DIVI.
NERVAE. FIL. NERVAE.
TRAIANI. AVG. GERMANICI. PONT.
MAX. TRIB. POTEST. V. COS. IIII. P. P.
TITVS. IVLIVS. FEROX. CVRATOR. ALVEI.
ET. RIPARVM. TIBERIS. ET. CLOACAR.
VRBIS. TERMINAVIT. RIPAM.
R. R. AD. PROX. CIPP. P. LIII.
7761PARTE TERZA.
Queſto provvedimento fu ſempre appreſſo gli Antichi di molta utilità, poichè
per
mezzo di eſſo ſi facevano le fabbriche di grandiſſima perſezione, ſiccome ſi co-
noſce
nelle reliquie degli edificj antichi, che ſi ſono conſervate fino al tempo no-
ſtro
, e trapaſſeranno forſe anche più oltre.
Il qual ordine, per mio avviſo,
dovrebbe
eſſere imitato dai moderni, e ſpecialmente dai Principi, i quali po-
trebbero
tenere gli Architetti non ſolo mentre dura la fabbrica, e avanti che ſi
fabbrichi
, ma ancora dopo che la fabbrica è finita, non facendo, come ſi ſuol
fare
, cioè, ſervendoſene mentre ſi mura, o avanti che ſi dia principio a mu-
rare
, e finito il muramento, licenziar l’Architetto.
Imperciocchè è coſa non
ſolamente
utile, ma anche neceſſaria, che gli Architetti aſſiſtano con grandiſ-
ſima
diligenza intorno ai Templi, ai Palazzi, alle Fortezze, alle Città, per
cagione
dei varj errori, e accidenti, che poſſono accadere, ed oſſervino conti-
nuamente
i biſogni dei riſtoramenti, o dei ripari, affinchè con poca ſpeſa ſi tolga
ogni
pericolo di rovina, e che non s’abbia con grandiſſimo danno, e con trava-
glio
a ridurſi alla molta ſpeſa, ſiccome ſi ricerca a chiunque è ſolito di gover-
narſi
nelle coſe ſue con buono accorgimento, e con molta prudenza.
ciò ſi
dee
riputar coſa vana;
imperciocchè non ſono di minore importanza gli errori,
che
accadono finite le fabbriche, di quelli che ſi commettono avanti al fabbri-
care
, e mentre ſi fabbrica:
poichè, ſe quelli riſguardano alla perfezione dell’
opera
, queſti hanno riguardo al mantenimento, alla perpetui , e all’ uſo di eſ-
ſa
;
poichè quando per qualche difetto le Fabbriche non ſi poſſono uſare, elle
ſono
del tutto vane, eſſendo prive del fine loro.
Ma quando per qualche erro-
re
elle non ſono durevoli, ſi perde l’uſo, e la ſpeſa.
Onde altri è forzato a tor-
nare
a ſpendere di nuovo, o per riſtorare, o per fortificare le muraglie, o per
riedificare
dai fondamenti.
Il che è grandiſſimo danno, e travaglio d’animo in-
ſopportabile
.
Acciocchè adunque gli Architetti, e i padroni delle fabbriche ſi
poſſano
guardare da tali errori, in queſta Terza, e ultima Parte c’ingegneremo
di
dar loro a conoſcere i medeſimi con quella brevità, e con quella chiarezza,
che
ci ſarà poſſibile.
CAPO II.
Degli
Errori, che avvengono nei coprimenti.
IL fine di tutti gli edificj ſono i coprimenti, e però gli errori, che ſi fanno in
eſſi
, ſono errori nel fine, che non ſono di minore importanza di quelli
commeſſi
nel principio:
concioſſiachè ſono nell’ ultima perfezione di qualſivoglia
muraglia
;
poichè non ſi può mai giudicare perfetta l’opera, benchè condotta
alla
debita altezza, eſſendo adornata in fronte, ne’fianchi, e nelle ſpalle, di
tutti
quelli abbellimenti, che ſe le richieggono, non avendo il convenevole cuo-
primento
:
queſto può ſigillare, e concludere tutta la perfezione della fabbri-
ca
, quando ella ha qualche difetto, il quale non ſolo cagioni deformità nell’
opera
, ma le ſia di grandiſſimo danno;
poichè il buon coprimento è cagione,
che
ogni edificio ſi conſervi perpetuamente, dove per lo contrario il cattivo è
cagione
di certiſſima rovina:
imperciocchè le male coperture non difendono be-
ne
le muraglie laſciandole in parte ſcoperte, onde ſi putrefanno le materie, ſi
pelano
le mura, s’aprono le facciate, e tutta la muraglia a poco a poco rovina.
Ma
le
buone coperture fortificano i fondamenti, e mantengono le mura in piedi.
E queſte ſon quelle, che non hanno difetto alcuno, e le ree ſon quelle, che
ſon
piene di molti difetti, nati dagli errori degli Artefici, e degli Architetti,
dei
quali intendiamo ragionare in queſto Capitolo.
Ma prima di darvi principio,
biſogna
eſaminar le ſpecie dei cuoprimenti, e quindi le materie di eſſi, e dimo-
ſtrare
in ciò, che conſiſtano gli errori, che appartengono a loro.
Adunque pri-
ma
di tutto diciamo, che dei cuoprimenti alcuni ſono al coperto, altri allo ſco-
perto
.
Quei, che ſono allo ſcoperto, ſon quelli, ſopra i quali, per lo più, non
ſi
può camminare, e ſono eſpoſte alle pioggie, alle nevi, alle grandini, ai diac-
ciati
, e all’ardore del Sole.
Quando queſti cuoprimenti ſi fanno ſolamente
7862DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI difendere la fabbrica dalla pioggia, e dalle altre ingiurie eſterne, che gli poſſo-
no
cader ſopra, poſſono ricevere qualche difetto, quando ſi erra circa le materie,
le
quali, o ſono legnami, o tegole, o docce, ovvero, come ſi dice a Roma, coppi,
dai
Latini detti embrici;
o laſtre di pietre di Genova, dette lavagne, o lamine
di
bronzo, o di piombo.
Si erra nella ſcelta de’legnami, quando ſi prendono le
travi
, gli arcali, o cavalli troppo gravi, o troppo ſottili, o non atti a reſiſtere
all’umidità
, o tagliati in mal punto, o mal conſervati;
e così anche ſi dee dire
delle
tavole, dei correnti, delle molle, e di tutti i legnami, che ſi adoprano nel-
le
armadure de’tetti.
Si fa errore, quando ſi prendono tegole, o docce mal cot-
te
, troppo ſottili, mal formate, non uniformi, fatte con giuſta miſura;
poichè non poſſono reſiſtere alle continue piogge, alle nevi, ai diacciati, e all’
abbrugiamento
del Sole;
o non ſi poſſono ben porre inſieme, e collegare,
onde
preſto ſi rompono, e ſi riducono in minute ſcaglie, o non ricuoprono bene,
o
non danno buono ſcolo all’ acqua, che piove;
e ſe non vi ſi pone diligente
cura
, rivedendo ſpeſſo i tetti, i legnami ſi marciſcono per le piogge, e l’umido
penetra
nelle mura, ne’palchi, nelle volte, e tutta la fabbrica ſi diſpone alla ro-
vina
.
Nell’uſar le pietre di Genova ſiamo ſicuri di non errare, quando però ſi
prendano
le laſtre di conveniente grandezza, troppo ſottili, acciocchè nel con-
giungerle
non ſi rompano:
poichè ſi ſogliono fermare, elegare con chiodi ſopra
le
tavole;
troppo groſſe, affinchè non aggravino ſoverchio il cuoprimento.
Però
io giudicherei, che i cuoprimenti fatti di queſte pietre fuſſero i migliori di
tutti
.
Ma chi voleſſe pure nei cuoprimenti dei tetti uſare le tegole di terra cot-
ta
, potrebbe imitare gli Antichi, che formavano le tegole congiunte colle doc-
ce
, cioè la tegola, e la doccia tutta d’un pezzo, acciocchè in tal maniera ſi
leghino
bene infieme.
E la forma di queſte tegole è ſiccome ſi vede quì ap-
preſſo
.
48[Figure 48]
Quando la ſpeſa non foſſe troppo grave, meglio ſarebbe il fare i cuoprimen-
ti
con tegole di bronzo, le quali farebbero reſiſtenza a tutte le ingiurie del
tempo
, benchè ſottopoſte alquanto alla ruggine, che finalmente le conſume-
rebbe
, ſebbene quelle, che ſono ſopra i Templi uſati di Roma, durino ancor
ſenza
aver ricevuto molto detrimento;
al che ſi potrebbe rimediare, ſtagnan-
dole
, ovvero, ſecondo il coſtume antico, indorandole;
e quando pur ciò non
ſi
faceſſe, ci baſterebbe, che fuſſero di più lunga durata di tutte l’altre.
Di
queſta
maniera di tegole erano quelle dei Templi antichi, e ſpecialmente quel-
le
del Tempio di Giove Capitolino, dove erano le togole di bronzo indorate,
con
le quali poi per ordine di Papa Florio (ſiccome racconta Bernardo Ga-
mucci
nel primo Libro dell’Antichità di Roma) fu ricoperta la Chieſa di San
Pietro
, le quali in diverſi tempi ſono ſtate levate con occaſione della nuova
fabbrica
di detta Chieſa.
Ma ſe prendiamo lamine di piombo, che ſi uſano
ancor
oggi, come in Siena nel tetto della Cattedrale, le quali non ſono tanto
durevoli
, quanto quelle di bronzo, o di rame, per cagione della ceruſſa, che
vi
s’impone, e le conſuma;
e per la molta impoſitura di eſſa ſi fanno più
gravi
.
Finalmente potremmo errare, o facendole troppo ſottili, per moderar la
ſpeſa
, perchè in tal modo ſon più durevoli;
poichè si logorano preſto, e si
ſollevano
dai venti:
o conficcandole male ſopra il tavolato del cuoprimento,
mentre
quando ſono mal confitte, ſono ſollevate dai venti;
onde il cuopri-
mento
reſta in parte ſcoperto, e vi penetra l’acqua delle piogge, la quale in
breve
ſpazio di tempo infracida i legnami.
Ma i cuoprimenti, che non
7963PARTE TERZA. ſon fatti per difeſa degli edificj, e degli abitatori; ma anche per comodità di
camminarvi
ſopra per qualche fine utile a chi v’abita, ſon quelli, che ſi fan-
no
con calceſtruzzi, cioè con calcina con ghiaja di fiume, e all’uſo di Napo-
li
con calcina, con rapillo, cioè lapillo, che ſono minutiſſime pietruzze, che
ſi
trovano nei cavamenti:
o con piccioli frammenti di vaſi di terra cotta, co-
me
ſono quei, che ſi trovano in Roma in Monte Teſtaccio, rotti, ben peſti
colla
calcina, e ridotti in forma di ſmalto ben battuto.
Queſti si uſano co-
munemente
in Napoli, in Venezia, e altrove, e ſon detti laſtrichi, e ſi uſa-
no
nel cuoprire i Palazzi, e le Caſe, e ſi fanno groſſi almeno un ſeſto di brac-
cio
, e ſopra legnami di caſtagno;
benchè altrove anche ſi facciano ſopra le
volte
, che è l’uſo migliore.
Gli errori, che poſſono accadere nel fare queſti
cuoprimenti
, ſono di tre maniere.
La prima, quando ſon mal battuti: la ſe-
conda
, quando si fanno ſopra legnami non ben ſecchi, ſchietti, ſani;
e benchè ſieno di caſtagno, che per natura può reſiſtere all’umidità; nondi-
meno
aggravati lungo tempo dal calceſtruzzo, ſi piegano;
ſicchè il cuoprimen-
to
ſi apre;
e ciò maggiormente accade, quando i legnami non ſono ben ſec-
chi
, e ſtagionati, e per l’aperture penetrano l’acque delle piogge, ſiccome si
vede
in Napoli, dove gli abitatori ſon forzati a ſtuccare le aperture con pece
da
nave.
Il che è cagione, che l’uſanza de’laſtrichi in buona parte si diſmet-
ta
, ed in vece di eſſi faccianſi i tetti con docce.
La terza, quando ſi fanno in
luoghi
ſottopoſti ai diacciati, ed eſpoſti a Tramontana;
poichè i diacciati del-
l’Invernata
, il freddo di Tramontana, e la qualità de’luoghi di Montagna,
ſono
il diſtruggimento dei calceſtruzzi.
Concioſſiachè in detti luoghi si facciano
congelamenti
di nevi, e d’acque, che non ſolo ſcroſtano e aprono le mura-
glie
, ma anche i calceſtruzzl.
E queſti allora ſi poſſono uſare, ſenza fare
errore
, e ſenza pericolo alcuno in luoghi temperati, o caldi, o quando ſi fa lo-
ro
ſotto la volta, come ſono quei del Palazzo del Vaticano, e del Tempio di
S
.
Pietro. Ma ciò non si può fare ſenza grande ſpeſa, richiedendo maggior
groſſezza
di muraglie, di quella che si ſuole comunemente uſare.
I cuoprimen-
ti
, i quali si fanno al coperto, ſono le impalcature, i lacunarj, o ſoffitte, e
le
volte, le quali congiunte con le parti delle muraglie, che le reggono, e le
fiancheggiano
, e poſte infra il tetto, e i fondamenti, dimoſtrano quaſi un edi-
ficio
ſopra un altro.
Queſti cuoprimenti coperti nella ſteſſa opera, ſono palchi,
laqueari
, e volte, che riſpetto alle parti di ſotto si dicono cuoprimenti;
e ſo-
no
pavimenti, ſpazj, ſolari, e ſmalti, riſpetto alle membra di ſopra.
E tutti
ſon
ſottopoſti a diverſi difetti, per cagione degli errori, che poſſono ſuccedere
nella
fabbrica loro, e ſpecialmente in quanto alla materia, cioè, quando si u-
ſano
legnami frangibili, pieghevoli, facili a corromperſi, ſottili, verdi, taglia-
ti
a cattiva Luna, e mal conſervati:
e in iſpecialità, quando ſi fanno palchi
alla
Napoletana, cioè, con laſtrico, ovvero con calceſtruzzo:
e quando si fan-
no
alla Romana, tutti con tavolati, i quali, oltre che hanno a ricevere il peſo
dei
mattoni, dei quali forma lo ſpino, debbono ancora ſoſtenere il peſo della
terra
, che vi si mette per porre in piano i pavimenti di mattoni, di mezza-
ne
, o di ſmalti:
ſono anche ſottopoſti al pericolo del fuoco; onde il fare ſi-
mili
impalcamenti, benchè ſieno di buona materia, nondimeno è grandiſſimo
errore
, eſſendo ſottopoſti all’ingiuria del fuoco;
e però è molto meglio ſeguir
l’uſanza
dei palchi, che ſi fanno in Siena, e nel ſuo contorno, cioè con mi-
nor
quantità di legname, ma con mattoni di mezzo braccio, o di cinque ot-
tavi
di braccio (che un braccio Saneſe, il quale corriſponde a due piedi Romani an-
tichi
, è compartito in otto parti, cioè in otto groſſezze di mattone, ciaſcuna
delle
quali è un ottavo) e ſopra con mezzane murate inſieme in piano, in
forma
di ſpina di peſce.
Ma in Roma, quando ſi ritrovaſſero le cave antiche
della
creta, si potrebbe tornare a formare tutte le ſpecie de’ mattoni dimoſtra-
te
da Vitruvio, e formarne altre nuove, infra le quali anche ſarebbero quelle,
che
ſarebbero buone per far palchi alla noſtra uſanza;
e così si tralaſcerebbero
gl’
intavolati.
E quando pur ciò non si faceſſe, non v’eſſendo comodità di ta-
li
mattoni, non ſarebbe forſe diſdicevole il condurne da luoghi più vicini,
8064DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI ve si facciano: e ciò, che ſi dice di Roma, si può intendere anche delle al-
tre
Città, dove ſi uſa lo ſtile medeſimo nel fabbricare i palchi.
Ma dove si
trova
buona creta da fargli, è bene, che vi ſi fabbrichino le fornaci, per far-
vi
ogni ſpecie di mattoni, ſiccome ſi facevano anticamente in Roma, dove e-
rano
molte fornaci di mattoni d’ogni maniera, e a tutta perfezione, ſiccome
ne
fanno fede gli acquedotti, e gli altri edifizj antichi.
E ſe piaceſſe, che,
trovate
le cave antiche della creta, di eſſa si faceſſero tutte le ſpecie de’mat-
toni
buoni per le muraglie, per le volte, e pe’palchi, si potrebbero prendere
le
miſure di quelli delle fornaci di Siena, che prendono l’origine dal piede Ro-
mano
antico, che è di lunghezza un mezzo braccio, e corriſponde al detto
piede
.
I quali mattoni ſono diverſi di ſpecie, ſecondo la diverſità delle gran-
dezze
loro.
Imperciocchè i mattoni, che si uſano in Siena, ſono di ſette ma-
niere
:
la prima, che è detta mattone in lunghezza, è mezzo braccio in lar-
ghezza
, o (come dicono) nella teſta è un quarto di braccio, e in groſſezza
un
ottavo.
La ſeconda è la mezzana in lunghezza, e in larghezza uguale al
mattone
, ma in groſſezza è la metà d’un ottavo, e però ſi appella mezzana.
La terza ha la medeſima lunghezza, e larghezza, ma è groſſa la terza parte
d’un
ottavo, cioè un’oncia di braccio (che il braccio noſtro è compartito in
24
.
once), e si dice pianella. La quarta è lunga un mezzo braccio, larga un
ſeſto
, e groſſa un ottavo, ed ha nome quadruccio, poichè la ſua larghezza è
una
quarta parte di braccio, e comprende due ottavi.
La quinta è lunga cin-
que
ottavi, larga un quarto, groſſa un ottavo;
e però ſi dice mattone di cin-
que
ottavi.
La ſeſta è di lunghezza ſette ottavi, cioè, un ottavo meno d’un
braccio
, di larghezza un quarto, e di groſſezza, o d’altezza un ottavo;
ed è
detto
mattone di ſette ottavi.
Per palchi ſi uſano i mattoni di mezzo braccio,
e
di cinque ottavi.
La ſettima ſono i quadroni, che ſono maggiori di tutti, ſe-
condo
qualunque miſura.
Imperciocchè alcuni ſono lunghi un braccio, larghi
un
mezzo, e groſſi un ottavo, come ſon quei del pavimento di S.
Franceſco
di
Siena.
Alcuni di lunghezza ſono un mezzo braccio, di larghezza un terzo,
e
d’altezza un ottavo, come ſono quei dello ſpazzo di S.
Domenico. Ed oltre
a
queſti, ſe ne fanno altri aſſai diverſi, e di grandezza, e di forma, ſecondo
che
piace a chi fabbrica, per adoperargli nei pavimenti delle Chieſe, ſenza che
si
formino i mattoni in varie maniere di membra di cornici, e d’architravi d’
ogni
Ordine.
Della guiſa medeſima ſono i lacunarj, o laquearj, cioè, ſoffitte,
nelle
quali non è coſa ſicura l’uſare i legnami ſenza errare, mentre in eſſe ſi
fanno
doppie travature, e si raddoppia il peſo pel molto lavoro, che vi ſi ri-
chiede
, non ſolo per la ſemplice copertura, ma ancora per l’ornamento.
E pe-
si erra, quando si prendono i legnami troppo gravi, o ſottili, o frangibi-
li
, o putrefattibili, e non forti.
Ma i cuoprimenti coperti in volta, o poſſon
eſſer
veri, e reali, ovvero finti.
Ed è errore grande, al parer mio, il fare le
volte
finte, e ſotto palchi, perchè talvolta si moſtrano ſuperfiue, eſſendo ba-
ſtevoli
i palchi, perchè il vano, che rimane fra le volte, e i palchi, non è
lodevole
, eſſendo ricetto di topi, e d’altri animali dannoſi;
perchè le volte
finte
, per eſſer di materia ſottile, non poſſon eſſer durevoli;
anche perchè
eſſe
ſon fatte per apparenza di breve tempo, e non per cagione di realità, e
di
ſodezza perpetua, la quale è propria di tutte le fabbriche fatte con regola
d’Architettura
.
le volte vere, e reali talora ſi fabbricano ſenza errore, ado-
perandoviſi
cattiva materia, cioè, uſando calcina mal fatta, ſnervata, e mattoni
non
di buona terra, di buona cottura, ben formati, e non formando bene
il
ſeſto, eleggendo buona impoſta, facendo buoni fianchi, armandole
bene
di catene, facendo i pilaſtri, o barbacani di fuore, che ſpalleggino la mu-
raglia
, e non ſerrandole bene.
Finalmente in quanto alla forma dei cuoprimenti
ſcoperti
, talvolta ſi erra, facendogli con poca pendenza, cioè, troppo piani,
poichè
in queſta maniera non hanno buono ſcolo, e però non poſſono mai reſi-
ſtere
all’impeto delle piogge grandi, e violente, onde l’acqua penetra nelle parti
dentro
degli edifizj, che non vi ſi può appena riparare:
lo che è non ſenza gran
danno
dei cuoprimenti interni, e delle muraglie;
o non ſcolandoſi bene
8165PARTE TERZA. no, l’acqua vi ſi congela, ed offende. E ſe vi ſi raccoglie molta quantità di ne-
ve
, non così toſto ſe ne parte, ma vi ſi mantiene qualche tempo, e maſſima-
mente
in luoghi freddi, e non molto eſpoſti al Sole;
di maniera che, conge-
landoviſi
ſopra, aggrava troppo i cuoprimenti, e le armadure de’legnami, o
durano
ſoverchia fatica nel reſiſtere al peſo, o ſon forzati, piegandoſi, o rom-
pendoſi
, a cedere.
E in quanto alla forma de’cuoprimenti coperti, come nel-
le
impalcature, ſi erra non ponendole bene in piano, ed in ſquadra, e men-
tre
i legnami non ſon bene ſpianati, ſquadrati, e mal commeſſi, e non
ben
fermati nei luoghi loro.
Ma nella forma delle volte talora ſi fa errore,
e
ſpezialmente, quando non ſi adattano ai luoghi ad eſſi convenienti, come,
dove
ſta bene la volta a botte, e a tutto ſeſto, si fa la volta piana, ſenza a-
vere
alcuna conſiderazione ai fianchi, ſe ſieno baſtevoli a reſiſtere alla forza
dello
ſpingimento, che ella ſuol fare:
e così, dove ſta bene la volta a vela,
ſi
faccia la volta a capiſteo, o a mezza botte con lunette:
e dove alcuna di
queſte
ſi adatta bene al ſuo luogo, ſi faccia la volta a crociera, o la volta a
peducci
, o a conca.
E in luogo di queſte, dove non ſi richiede, si facciano
le
volte, o a tutta vela quadrata, o a mezza vela, ovvero a padiglione qua-
drato
, ovvero tonda:
e così ſenza giudizio, adattando varie forme di volte in-
differentemente
, dove non convengono.
E tutti queſti ſono gli errori, che ap-
partengono
ai cuoprimenti.
CAPO III.
Degli
errori, che avvengono per la poca, e non diligente cura intorno
alle
fabbriche fatte.
PErchè altri poſſa ricever piena cognizione degli errori, che ſogliono accade-
re
nella poca cura delle fabriche fatte, ſi dee notare prima il fine, nel qua-
le
ſi uſa fare oſſervazione intorno ad eſſe, e di poi conſiderare le maniere del-
le
oſſervazioni, e quindi trattare degli errori, che naſcono mentre ſi oſſervano.
Il fine, al quale ſi riguarda nella oſſervazione degli edificj fabbricati, è di due
ragioni
:
l’una ſi è l’imparare dal buono eſempio col mezzo della imitazione,
il
che allora ſi conſeguiſce, quando ſi oſſervano le fabbriche fatte con buona re-
gola
d’Architettura, dove non ſia difetto alcuno, di miſure, di propor-
zioni
, di conformità, di corriſpondenza delle parti, e dove non ſi deſi-
deri
alcuna coſa.
Dalla conſiderazione delle quali s’impara il modo di ben fab-
bricare
.
Come accade nello ſtudio delle fabbriche antiche di Roma, e d’altri luoghi d’
Italia
:
poichè queſte ſono il vero, e il principal Libro della buona pratica dell’ Archi-
tettura
.
Così anche ſi può fare, oſſervando le fabbriche moderne ben fatte;
e finalmente oſſervando imparare dall’ eſempio delle opere mal fatte, avverten-
do
gli errori, e i difetti, per eſſerne bene informati, affinchè altri gli poſſa age-
volmente
ſchivare.
E l’altra ſi è il conſervamento delle opere fatte; impercioc-
chè
oſſervandoſi con diligenza, ſi conoſce ovunque accada qualche accidente,
al
quale non rimediandoſi, poſſa eſſer cagione, che le opere ſi diſpongano a ma-
nifeſta
rovina.
E però gli errori, che accadono nell’ oſſervazione di eſſe, ſono
di
molta importanza:
concioſſiachè dalla mala oſſervazione naſca la poca cura,
e
il non conoſcere il biſogno preſentaneo di riparo, per ovviare a maggiore ac-
cidente
di rovina, e riſparmiare la molta ſpeſa.
E queſti accidenti ſi conoſco-
no
per la diligente oſſervazione, che ſi adopera intorno alle fabbriche finite,
e
uſate.
La quale mancando, non ſi conoſce il biſogno delle muraglie; e que-
ſto
non conoſciuto, le medeſime rimangono in preda d’ ogni peſſimo accidente
di
rovina.
E queſta oſſervazione ſi dee fare, o circa le parti eſteriori, o intor-
no
alle interiori.
Intorno alle parti eſteriori, cioè, nelle parti vicine ai fon-
damenti
, in quelle della cima, e in quelle di mezzo.
Onde gli errori, o ſi
fanno
non avvertendo bene le parti vicine alla terra, quando ſi marciſcono
dall’acqua
, che cade dalle gronde dei tetti, o dai condotti, o dai canali, la
quale
cadendovi muore, non avendo eſito alcuno, e non potendo
8266DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI re in altra parte, ed è cagione, che le mura, e i fondamenti marciſcono,
quando
non vi ſi ponga rimedio, facendovi calceſtruzzi doppj, con buona calcina
d’albazzano
, la quale, per quanto io credo, ſi fa ſolamente nei luoghi intor-
no
a Siena;
o con altra calcina impaſtata bene con rena di fiume, o con puz-
zolana
, e murandovi ſopra, o mattoni ben fatti, e ben cotti per taglio, o per
coltello
;
o pietre vive, o laſtre grandi di travertino ben commeſſe inſieme, di
fatta maniera che le congiunture ſieno fatte a modo d’intaccature tagliate a
ſquadra
, o a coda di rondine, affinchè l’una ottimamente ſi colleghi coll’altra,
e
l’acqua difficilmente poſſa penetrare per le congiunture.
Imperciocchè in que-
ſto
modo le pietre ſi legano così ſtrettamente inſieme, che non pare, che ab-
biano
biſogno di calcina, baſtando bagnarle ſolamente, e accoſtarle bene inſie-
me
:
poichè l’umidità frappoſta ſi converte in tartaro, il quale è come una
colla
, o come una ſaldatura (dagli Antichi detta ferramen), che le collega.
Talchè l’acqua cadente dalle gronde, e da’canali, non vi penetra, vi ſi fer-
ma
:
e tanto più, quando ſi pongono le dette pietre, o mattoni con pendenza.
Ma
tutto ciò meglio ſi comprenderà conſiderandoſene l’appreſſo eſempio.
49[Figure 49]Csempio delle pietre vive ò lastre grandi congiunte insieme da
intacature
à squadra e à coda di rondina.
E quando non ſi guarda molto bene, ſe lungo i fondamenti vi paſſa l’acqua corrente
di
foſſo, o di gora, o di fiume;
allora ſi commette graviſſimo errore non ricorren-
do
ai pronti, e convenienti ripari di ſteccate, d’argini, e di rifondamenti;
poichè l’acqua, che corre continuo, rode il fondamento. Ma quegli errori, che
accadono
nelle parti eminenti, allora ſi veggiono ſcuoprire, quando non ſi vol-
ge
l’occhio ai difetti dei travamenti, dei tetti, delle cornici, e di tutti i fini-
menti
delle muraglie:
come, quando non ſi conſiderano perfettamente i legna-
mi
, ſe hanno patito umidità, ſe ſon cavati da tarli, o da altri animali, ſe ſon
cotti
dal Sole, o ſe hanno alcuna rottura notabile, e pericoloſa:
e quando altri
ſe
la paſſaſſe, ſenza conſiderare con molto accorgimento le cornici, non riguar-
dando
, ſe ſi ſpiccano dal muro, ſe pendono, ſe hanno le parti ſmoſſe:
e final-
mente
, quando non ſi avverte, ſe la parte ſuperiore della muraglia eſce del
piombo
del ſuo poſamento, il che è ſegno, che ella non può far reſiſtenza,
ſpalla alla forza dello ſpigner delle volte, degli archi, e delle travi armate.
8367PARTE TERZA. Così ancora, quando non ſi riguarda la parte di mezzo dei muri, quando fan-
no
corpo, incurvandoſi in fuori violentati da qualche incontro.
E finalmente
quei
diſordini, che avvengono, non ſolamente non guardandoſi con diligenza le
parti
di mezzo delle muraglie, non ſolo, ſe fanno corpo (ſiccome ſi è detto)
o
gonfiamento alcuno;
ma ſe hanno alcuna crepatura, o pelo, o ſcroſtamento:
i quali accidenti procedono dalle cagioni accennate, o dal ſoverchio aggrava-
mento
.
Intorno alle parti interiori, quando non ſi oſſervano a dovere le volte, le
impalcature
, le ſcale, i fondamenti, e i luoghi delle cantine, i vaſi delle ci-
ſterne
, e dei pozzi, i condotti, e le volte loro, le porte, le fineſtre, e i pavi-
menti
.
Onde non avvertendo minutamente a ogni accidente, e ad ogni difetto,
per
piccolo che ſia, ſi tempo, che prenda tanto aumento, che cagioni ro-
vina
.
Dalla qual coſa procede, che le fabbriche non ſi poſſono uſare, con-
ſervar
lungo tempo.
CAPO IV.
Degli
errori, che accadono nella poca avvertenza dei condotti dell’ acque delle
ciſterne
, e dei pozzi, delle fogne, cioè, delle cloache, e d’altri Luoghi.
ICondotti delle acque ſi fanno ſpeſſe volte nelle groſſezze delle muraglie, co-
minciandogli
dalle parti più alte, e conducendogli nelle più baſſe preſſo ai
fondamenti
, per potergli indi derivare nella conſerva loro.
Onde allora ſi fa
grave
, e pericoloſo errore, quando altri non ſi guarda d’accoſtargli alle inteſta-
ture
delle travi, alle radici dei fondamenti, alle volte delle cantine, e dei cel-
lieri
, e alle ſtanze, ove ſi abita, o alle fronti, e ai fianchi delle Cappelle, ed’
altri
luoghi delle Chieſe.
Imperciocchè, quantunque ſieno ben murati, nondi-
meno
l’umidità vi penetra a parte a parte, ed infracida le muraglie, e le tra-
vi
, che vi ſon poſte, e le volte delle ſtanze, e le facce delle mura:
di manie-
ra
che, oltre al pericolo evidentiſſimo di rovinare, ſi rendono mal ſane ad abi-
tarvi
, e nelle facciate delle caſe, o delle Chieſe non ſi può collocare ornamen-
to
alcuno, o di pietra, o di ſtucco, o di legname, o di pittura, che non ſi gua-
ſti
, vi ſi può collocare alcuna coſa, che non marciſca.
E ſe altri non ſi
guarda
d’avvicinare i condotti dell’acque ai fondamenti, toſto avviene, che ſi
accorga
di qualche ſegno d’irrimediabile rovina.
Il medeſimo errore accade nel
fare
le fogne, o cloache, ed altri luoghi cavati ſotto terra:
imperciocchè, ſe ſi
fanno
accanto, o ſotto i fondamenti, i medeſimi o vengono deboli, o ſi mar-
ciſcono
, o ſi ſcalzano, ſcorrendovi continuamente l’acqua;
e tirando ſeco l’im-
mondezze
, alcune volte ſi fa tale impoſta, che trattiene ogni umidità, che è un
perpetuo
danno delle muraglie.
Per lo contrario ciò, che ſi è detto dei condotti
delle
acque, ſi può dire ancora dei cammini;
poichè eſſi parimente ſono una
ſpecie
di condotti, cioè, del fumo, il quale procede dal fuoco:
imperciocchè,
qu
ando nelle abitazioni già finite, o nelle vecchie, ſi debbono fare nuovi cami-
ni
, talora ſi erra, quando altri non procura di collocargli più lontani, che ſia poſ-
ſibile
, dalle travi, il che non facendoſi non poſſiamo aſſicurare i caſamenti dagl’
incendj
.
CAPO V.
Degli
errori dei cavamenti ſotteranei vicini ai fondamenti delle muraglie.
GLi errori dei cavamenti allora ſi fanno, quando alcuna volta si cavano
cantine
, o ciſterne, o pozzi, o vie ſotterranee appreſſo ai fondamenti di
qualunque
fabbrica:
imperciocchè, o s’indeboliſce il poſamento delle muraglie,
cavando
ſoverchiamente il terreno attorno ad eſſe, o cavandolo ſotto, riman-
gono
in aria, ſiccome accadeva anticamente, quando per ſtrattagemma milita-
re
si cavava ſotto le mura delle Città, o delle Fortezze per tenerle poi ſoſpe-
ſe
in aria con ſoſtentamento di travi, e per riempire il vuoto di faſcine
8468DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI. darvi fuoco a tempo, e farle rovinare: o almeno s’introna la muraglia. Ma,
comunque
avenga, ſempre da tali errori, e da tali accidenti si cagionano ro-
vine
, alcune volte inaſpettate, non eſſendo così manifeſta la cagione, che ne
poſſa
dimoſtrare qualche ſegno, affinchè facilmente vi si poſſa apportare qual-
che
opportuno rimedio.
Benchè, levato il poſamento delle fabbriche, non po-
tendoſi
reggere ſopra il vuoto, difficilmente, e con grandiſſimo pericolo vi ſi
può
riempire di muro nuovo, rifondando la muraglia vecchia prima che cali,
e
ſprofondi ſotto terra, e ſi tiri ſeco tutto il rimanente della fabbrica.
Di ma-
niera
che queſta ſpecie d’errori è la più pericoloſa, che accader poſſa agli edi-
ficj
già fatti, e uſati.
E però è neceſſario, ſiccome altrove si è accennato, de-
putare
alcuna perſona intendente d’Architettura, la quale, viſitando continua-
mente
le fabbriche, eſamini con diligenza ciaſcuna parte loro, e oſſervi eſatta-
mente
ciò, che si faccia dai vicini nel fabbricare, e nel cavare i luoghi ſot-
terranei
, e cerchi di far levare tutto quello, che potrebbe intronare le mura-
glie
, per proccurare, che si conſervino ſenza offeſa alcuna, e da principio, e
continuamente
ſi ripari a qualunque accidente, per piccolo, che ſia, acciocchè
creſcendo
il pericolo, non ſi faccia più grave, e irrimediabile.
CAPO VI.
Degli
errori, che accadono nei tagliamenti delle muraglie.
Itagliamenti delle muraglie, i quali ſi fanno per accreſcere qualche ſito per
far
vani, fineſtre, porte, diverſe concavità, ricettacoli per cavar nicchie per
ſtatue
, e luoghi per Altari, per Cappelle, per Cori, o per altre varie comodità,
non
è dubbio alcuno, che le indeboliſcono, e ſpecialmente, quando elle ſono
troppo
ſottili, o mal fabbricate:
e cavandoſi le parti da baſſo, che ſono la ba-
ſe
di tutto il rimanente del muro;
o aſſottigliandoſi, quelle, che vi ſon ſopra,
rimangono
ſenza ſoſtentamento alcuno, onde danno ſegno di volerſi precipita-
re
.
E però è grandiſſimo errore il fare i tagliamenti, e le rotture delle mura,
ſenza
riguardare, ſe ſieno per eſſere cagione di danno, e ſenza fortificare i luo-
ghi
, nei quali ſi debbono tagliare le muraglie, o con archi, o con rincorca-
mento
di muro, o col rifondare, e armar le mura con catene.
Concioſſiachè
tagliandoſi
le muraglie, s’aſſottigliano, s’intronano, ſi ſcollegano, ſi rompono,
e
vi ſi fanno aperture tali, che danno manifeſto ſegno di rovina.
CAPO VII.
Degli
errori, che procedono dalle nuove Cariche, le quali ſi pongono
ſopra
i muri vecchi.
SI commette grandiſſimo errore, quando ſopra le muraglie vecchie ſi alzano
muri
nuovi, ſenza procurar diligentemente, ſe elle abbiano forza di reſiſte-
re
, e ſpezialmente quando le medefime ſono troppo ſottili, o lavorate con ma-
la
ſtruttura, o di materia fragile.
Così, quando non avvertiamo, che la Natu-
ra
è quella, che c’inſegna, non ſolamente a fondare mura nuove ſopra il ter-
reno
, ma ancora ad alzare altre mura nelle vecchie.
Imperciocchè eſſa fa ſem-
pre
i poſamenti dei corpi più groſſi, più ſodi, e più forti dei corpi, che ſo-
pra
vi si alzano, come si vede nei monti, e negli alberi, dove è di maggior
groſſezza
la baſe del rimanente;
così ancora di ſaldezza maggiore, come ſono
i
ceppi negli alberi, e le ſelci, e i tuſi nei monti.
Così l’Arte, che nell’ope-
rare
ſegue la Natura ſua maeſtra, coſtuma ſempre di far le baſi delle mura di
queſte
medeſime condizioni.
E però il buono Architetto, a cui ſi porge occa-
ſione
di far murare ſopra muraglie vecchie, dee con diligenza oſſervare, ſe le
muraglie
vecchie ſono di conveniente groſſezza, ſe ſon ben fatte, ſe non han-
no
difetto alcuno, cioè, che non ſieno ſmoſſe, intronate, marce, arſe, pelate,
troppo
alte, e ſe non hanno il perfetto perpendicolo.
Lo che non facendo,
8569PARTE TERZA. fidandosi troppo imprudentemente di eſſe, gli dia nuovo peſo, commette bia-
ſimevole
errore;
poichè le mura vecchie mal condizionate non hanno forza di
reggere
lor medeſime, non che poſſano ſoſtentar nuovo peſo d’altra muraglia.
Imperciocchè, quando ſono di queſta maniera, ſi piegano, s’aprono, ſi rom-
pono
, e finalmente rovinano.
Ma quando alcuno talvolta non ſia forzato, è
meglio
il fabbricare fuggendo le mura vecchie, eſſendo miglior partito il fabbri-
carle
di fondo, e far l’opera tutta uniforme;
poichè le mura vecchie con le
nuove
non s’uniſcono mai, e d’ordinario cedono al nuovo peſo.
Ma quando
pure
l’Architetto ſia forzato a murare ſopra il vecchio, ſarà buono avvedimento
il
fortificare le muraglie vecchie, prima che vi ſi fabbrichi ſopra, cioè, o rifon-
dendole
, o facendovi con determinati intervalli alcuni pezzi di muraglia nuova
ſopra
il fondamento medeſimo della vecchia, a modo di pilaſtri, incatenandogli
continuamente
, mentre ſi alzano col muro vecchio da ogni banda, e condotti vi-
cino
all’altezza della muraglia, vi ſi facciano archi di buon ſeſto coperti da un
quadro
di muraglia, cioè, quanta è la teſta d’un mattone, affinchè la ſuperficie del
muro
non ſi moſtri interrotta dagli archi.
Lo che fatto, e ben fermato con per-
fetta
preſa, l’Architetto potrà con ſicurezza fabbricarvi a ſuo piacimento.
Ma
per
maggiore intelligenza di quanto ſi è detto, diſegneremo quì appreſſo un
eſempio
.
50[Figure 50]A, Dimostrano la Muraglia vecchia.
B
, Dimostrano la Muraglia nuova fata a modo di pilastri
C
, Gli Archi scoperti.
D
, Gli Archi coperti.
E
, Jutto l’alzato della Muraglia nuova.
8670DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI
CAPO VIII.
Degli
errori, che accadono nei reſtauramenti.
IRiſtoramenti, che ſi fanno alle fabbriche, hanno per fine il rimediare ai peri-
coli
di rovina, il fortificare, e l’aſſicurar le muraglie, il confermare i fonda-
menti
, e il ridurle a tal condizione, che ſi poſſano conſervare perpetuamente.
E però tutti gli errori, che ſi commettono in queſto caſo, ſono di grandiſſimo dan-
no
, perchè in vece di rimediare ai difetti delle mura, e di farle più ſtabili, tut-
tavia
ſi conſervano nei difetti loro, e bene ſpeſſo ſi rendono maggiori pel con-
traſto
delle mura vec chie con le nuove, queſte aggravando, mentre calano, e
quelle
reſiſtendo.
Queſti riſtoramenti, o ſi fanno rifondando le muraglie, o in-
groſſandole
, o foderandole, o rifacendone qualche parte, o appoggiando mura-
glie
nuove alle vecchie, o facendo ſperoni, e barbacani a quelle, che pendono.

Onde
allora ſi farà errore, quando nel rifondare non ſi cava tanto ſotto, che ſi
trovi
il terreno più ſodo, e quando non ſi leva quella parte di muro, che è
marcia
, o ſmoſſa;
e quando la muraglia, che ſi dee rifondare, non ſi pone ben
in
puntelli di fortiſſimo legname di caſtagno, di quercia, o d’olmo, par-
te
puntellandole di fuori per ſoſtenere il peſo, e far reſiſtenza al calamento del
muro
;
e parte ponendole ſotto il muro vecchio, fermando bene nel fondo del
fondamento
, e ſerrandolo dentro la groſſezza della nuova muraglia.
Ed oltre
a
ciò, non ſi erra meno, quando il muro, che vi ſi farà ſotto, non ſarà di
buona
materia, ſoda, e ferma:
e quando non ſia ben collegata, ben battu-
ta
:
e finalmente ſarà grande errore il diſarmare le muraglie, e le volte avanti
che
abbiano fatto buona preſa nell’ingroſſamento delle muraglie, e nel fare i
fondamenti
loro ſi erra non collegando, incatenando bene la muraglia nuo-
va
con la vecchia, ſerrandole bene inſieme.
Così, quando ſi dee rifare qual-
che
parte d’un muro vecchio, ſi farà errore, non congiungendo bene il nuovo
col
vecchio, e non ponendo bene a filo, e a dirittura l’uno con l’altro.
E fi-
nalmente
nel fare gli ſperoni non ſaremo ſicuri dall’errare, mentre non procu-
reremo
di trovare il fondo più ſodo, provvederemo buona materia, la
la
collegheremo bene inſieme con buona calcina, non ſerrando validamente la
cima
dello ſperone col muro vecchio, incaſtrandolo con forza nella groſſezza
di
eſſo, uſando diligenza, che la ſua eſtremità ſia fatta bene in piano, ac-
coſtandola
con forza ſotto gli ultimi filari dei mattoni, o delle pietre del mu-
ro
vecchio, affinchè meglio ſi uniſca, e ſopr’eſſo ſi ſoſtenti tutto il peſo del-
la
muraglia.
E queſti ſon tutti gli errori, che poſſono accadere nei riſtora-
menti
delle muraglie.
CAPO IX.
Quanto
importi il non ſervirſi degli Architetti, e il fidarſi della pratica
dei
Miniſtri.
CHi levaſſe l’ordine dell’Univerſo, ſenza dubbio alcuno ſarebbe cagione del
ſuo
diſtruggimento;
e chi confondeſſe l’ordine nelle Repubbliche, ſareb-
be
cagione della rovina del buon governo civile.
Così chiunque toglieſſe il buon
ordine
, che nel fabbricare ſi conviene, ſarebbe cagione di molte imperfezioni,
di
molti difetti alle muraglie, di varj, e di gravi accidenti, e che le medeſime
ſi
faceſſero di corta durata.
Allora, ſiccome ſi comprende per l’eſperienza, ſi le-
va
il buon ordine delle fabbriche, quando quelli, che debbono eſſer Miniſtri, ſi
pongono
per Sopraſtanti, e per Architetti.
Che, ſiccome non è bene, è coſa ſicu-
ra
, che lo Speziale faccia l’ufizio del Medico, così non è bene, è coſa giovevole,
che
il Muratore, lo Stuccatore, il Lavorator di pietre, il Maeſtro di legname, il Pitto-
re
, e lo Scultore, facciano l’ufizio dell’ Architetto.
Imperciocchè qualunque ei ſiaſi
di
queſti, non è bene informato di tutta la perizia dell’Architettura, non
8771PARTE TERZA. pendo le regole, i principj, e le proporzioni, ſapendo diſcernere le varie
condizioni
delle Opere, e tutto quello, che ad eſſe proporzionevolmente, e cia-
ſcuna
a ciaſcuna, ſi richiede, potendo operare con ragione:
ed altro non
poſſedendo
, che la ſola pratica del Muratore, e dell’operare a norma dell’Arte
loro
, la quale non baſta per condurre le fabbriche a perfezione;
perciò non ſo-
no
baſtevoli al biſogno del fabbricare;
laonde chiunque ſi fida dei Muratori,
o
degli altri Artefici, non è ſicuro d’eſſere ben ſervito nei muramenti;
im-
perciocchè
, o rieſcono mal compartiti, e ſenza proporzione, e ſenza corriſpon-
denza
delle parti, e finalmente ſenza grazia, e ſenza decoro.
E ciò avviene,
perchè
mentre i fabbricatori ſono impiegati nelle opere del murare, non poſſo-
no
eſercitare l’ufizio dell’Architetto, aſſiſtendo, terminando i diſegni, formando
i
modelli, miſurando i luoghi, compartendo, ed aggiuſtando i fondamenti nel
ſito
.
Senza che non è bene il fidarſi dei Muratori; poichè manca ad eſſi quel-
la
condizione, che è di riſparmiare, quanto è poſſibile, alla ſpeſa;
che quan-
do
ciò faceſſero, procurerebbero il danno loro:
mentre coſtume loro ſi è lo ſtu-
diare
con ſomma diligenza, che l’opera, e il lavoro creſca, affinchè ſi aumen-
ti
loro il guadagno;
e ſi accordano con i Maeſtri delle Fornaci a danno di chi
fa
murare.
Nemmeno gli Stuccatori, e i Maeſtri di legname uſati alle opere
troppo
trite, e troppo licenzioſe poſſono eſſer buoni per Architetti:
poichè le
muraglie
richiedono fermezza, ſtabilità, ſaldezza, e nobiltà.
Oltredichè coſtoro
non
hanno alcuna abilità, e cognizione, che degli ornamenti poſticcj, che ſi
fanno
nelle ſuperficie degli edifizj, i quali bene ſpeſſo non gli ſogliono fare,
ſenza
uſcire delle regole dell’Architettura, e ſenza qualche ſtorpiamento, e ſen-
za
qualche ſproporzione, ſecondo i loro capriccj:
poichè ſcoſtandoſi dalla buo-
na
maniera Greca, e Romana, ſi accoſtano alla barbara, ſiccome ſi vede, of-
ſervando
le opere fatte da loro.
Ora vi reſtano i Pittori, i quali come puri Pit-
tori
, non ſono ſufficienti ad eſercitare l’Architetto, non avendo altro, che la
pratica
del diſegno, la quale, ſe non è regolata dalla dritta ragione dell’Archi-
tettura
, non baſta a bene operare.
par baſtevole la copia dell’invenzione,
mentre
per la bontà delle fabbriche, e degli ornamenti, ha più biſogno delle re-
gole
, che delle invenzioni.
Anzi negli ornamenti dell’Architettura le forme ſo-
no
tanto determinate, che non vi è neceſſario, ſi poſſono cercare invenzio-
ni
nuove;
ſe però alcuno non voleſſe prender licenza, e uſcire degli ordini de-
terminati
dalla buona Architettura, per ſeguitare la maniera barbara, lo che ſi
reputa
errore importantiſſimo.
Concioſſiachè l’invenzione delle coſe d’Architettu-
ra
ſi può ſoltanto eſercitare nel ritrovamento dei diſegni, e dei modelli delle
fabbriche
, di qualche parte loro principale, o d’altre coſe appartenenti ad eſſe,
ma
non mai negli ornamenti particolari del tutto, e delle parti.
Con i Pittori
s’accompagnano
gli Scultori, i quali avvezzi ſoltanto a formare corpi ritondi
di
ſtatue, e baſſi rilievi, o mezzi rilievi, colla ſola perizia loro non poſſono be-
ne
applicarſi alle coſe dell’Architettura, benchè ſi confidino nel Diſegno, il qua-
le
non è atto a ſupplire al difetto de’principj, e delle regole d’Architettura.
Laonde dalle coſe dette ſi comprende, che niuno di queſti Artefici ſi debba eleg-
gere
per Architetto, dovendo ciaſcuno di loro far l’ufizio del Miniſtro di eſ-
ſo
.
E però, affinchè le fabbriche rieſcano fatte a tutta perfezione, è neceſſario,
che
tutte le perſone deputate all’opera della muraglia, facciano l’ufizio loro, e
l’Architetto
l’ufizio d’Architetto, d’Aſſiſtente al lavoro, e di Sopraſtante a tutti
i
Miniſtri:
e i Muratori, e i loro lavoranti facciano l’ufizio di miniſtri obbedien
ti
all’Architetto loro Capo.
Così gli Stuccatori facciano il loro miniſtero nel
fare
quelli ornamenti, che loro ſono ordinati dall’Architetto, e non s’impacci-
no
d’altro:
ed altresì facciano lo ſteſſo i Maeſtri di lavorar le pietre, e i legna-
mi
, attendendo ſoltanto a lavorare le materie loro, ſecondo viene loro ordina-
to
.
E finalmente i Pittori, e gli Scultori non debbono far altro, che adornare
le
muraglie, le volte, e gli altri luoghi delle opere loro, ed abbellire le fronti
delle
fabbriche, i vani, e i compartimenti delle opere ſteſſe con i loro lavori,
ſecondo
che viene ad eſſi ordinato dal Padrone dell’opera, e dal
8872DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI to dell’ Architetto. E queſto baſti aver detto riſpetto a quello, che ci eravamo
alla
bella prima propoſti, e a un tempo ſteſſo fermiamo il ſigillo di queſto Li-
bro
DEGLI ERRORI DEGLI ARCHITETTI, pregando intanto
i
benigni Lettori a degnarſi di ſouſarmi, ſe loro pareſſe, non eſſerſi detto quan-
to
biſognava intorno alla materia propoſta, e dicendo loro, come a noi baſta
d’aver
accennato, per dare occaſione agli altri intendenti dell’Architettura di ſup-
plire
a tutto quello, che da noi foſſe ſtato tralaſciato.
Soli Deo, Trino, atque Uno, qui univerſi bonum, omniumque Principium,
&
honor, & gloria.
LAUS DEO.
8973
INDICE
DELLE
MATERIE CONTENUTE IN QUEST’ OPERA,
E DEGLI Autori in essa citati.
11
A

ABuſi
intorno agli ornati moderna-
# menti introdotti. # pag. 44. 45
Abuſo
introdotto in regola. # 45
Accidenti
, che pregiudicano le fabbri-
# che, quali. # 37. 38
Acqua
ſalmaſtra non buona per l’im-
# paſto della calcina. # 10
Acqua
untuoſa perchè non buona per
# tal uſo. # 10. 11
Acqua
pregiudiziale ai fondamenti,
# come. # 66
Acque
de’bagni perchè non buone. # 11
Acquedotto
dell’acqua Claudia. Sua
# iſcrizione. # 14
Adriano
Imp. ſua fabbrica per l’In-
# ghilterra. # 7
Alberi
, che danno indizio di terreno
# ſtabile, quali. # 23
Alberti
Leon Battiſta lodato, e cita-
# to. # 6. 7. 24. 27. 28. 54
Alberti
Franceſco, citato. # 52
Albertino
Franceſco, citato. # 14. 15
Alno
, ſua qualità. # 28
Altari
. Errori riſpetto ai loro ornati. # 39
Altezze
delle parti. Lor proporzioni. # 32
Aggetto
. Che coſa ſia. # 58
Agricola
Giorgio, citato. # 24
Agrippa
Cammillo Architetto di P. Gre-
# gorio XIII. # 30
Ammaſſamento
cattivo di pietre, mat-
# toni ec. quale. # 50
Anfiproſtilo
, che ſignifichi. # 53. 54
Anfiteatri
antichi. # 34
Angoli
. Loro ufizio. # 46
Anſio
. Porto di Nerone. # 30
Ante
. Suo uſo. # 58
Antioco
Sotero. Sua edificazione d’An-
# tiochia ec. # 7
Antiporto
. Sua proporzione, e ſpro-
# porzione. # 45
Antonino
Pio. Sua fabbrica per l’In-
# ghilterra. # 7
Antonio
Caracalla. Sua vita citata. # 52
Architetto
temporale paragonato coll’
# Eterno. # 59
# Doveri del primo, per uniformar-
# ſi al ſecondo. # 59. 60
Architetti
, come ſi pregiudichino. # 18
# Loro cura riſpetto al diſegno. # ivi
# Loro colpa riſpetto alla mala riu-
# ſcita delle fabbriche. # 23
# Non buoni Architetti, quali. # 38
# Lor dovere quale. # ivi. e 59
# Neceſſità di ſervirſi di loro, e non
# di Capi maſtri, ec. # 70. 71
# Loro aſſiſtenza alle fabbriche ne-
# ceſſaria. # 61
Architettura
lodata. # 3
# Sue condizioni. # 16
# Sua neceſſità. Suoi vantaggj. # ivi.
# Sua nobiltà. # ivi.
# Come debba imitar la Natura. # 53
Architrave
. Qual pietra ſe gli addica. # 11
Come
ben piantato. # 39
# Eſempj in rame. # ivi.
# Suo comparto. # 35
# Sua mala ſituazione. # 39
# Suo ufizio. # 40. 45
Arco
fra l’Aventino, e il Tevere de-
# ſcritto. # 14
Arco
delle porte. Sua natura, e qua-
# lità. # 58
Argentieri
. Lor fantaſie nocive all’Ar-
# chitettura. # 45
Argilla
. Sua natura. # 28
Aria
, quando rea, e per quali cagio-
# ni. # 6
Arſenale
di Roma. Sua iſcrizione. # 60
Artaſerſe
. Sua fabbrica ſull’Eufrate. # 7
Arte
, e ſuo fine. # 3
# Imitatrice della natura. # 53
Artefici
non atti all’Architettura, e
# perchè. # 70. 71
Aſconio
Pediano, citato # 19
Autentica
. Sua legge riſpetto alle fab-
# briche. # 22
Autunno
buono per fabbricare. # 17
B

Bancone
. Che ſia. # 27. 28
Barbacani
. Quando bene uſati. # 53
Bargagli
. Sua foggia d’Altari biaſi-
# mata. # 45
Baſe
Jonica, quale. # 40
Baſi
. Loro ſproporzioni. # 37
Baſi
. delle muraglie. Loro condizio-
# ni. # 68. 69
907411
Bellezza
delle fabbriche paragonata col
# Mondo grande. # 32
# Col mondo piccolo, o ſia l’uo-
# mo. # ivi.
Bibbia
. Lib. IV. dei Re, citato. # 19. 20
Biccherna
. Magiſtrato Saneſe ſopra le
# fabbriche. # 13
Biparziente
proporzione, quale. # 58
Braccio
saneſe eſpoſto. # 35. 64
Bramante
. Sua fabbrica di S. Pietro
# eſaminata. # 17
Budeo
, citato. # 14. 18. 19
Bun
, Città. Come ſommerſa. # 27
Buonarrotti
Michelagnolo. # 41
# Suo Portico. # 49
C

Calcina
. Quale non buona. # 13
# Male impaſtata di quai mali ſia
# cagione. # 50
Calceſtruzzi
, e loro uſo. # 63
Caliendro
, che ſia. # 49
Caligola
. Suo errore riſpetto al fab-
# bricar ſulle Alpi. # 7
# Suo Obeliſco nel Circo del Vati-
# cano. # 30
Campidoglio
. Sua cornice biaſima-
# ta. # 49
Campo
Vaccino, o Foro Romano. Sue
# colonne. # 19
Cannicci
, rea materia per volte. # 53
Cantine
, ove mal cavate. # 67
Caos
. Quale riſpetto all’ Architettu-
# ra. # 38
Capitello
, come mal collocato. # 36. 40
Cappuccini
. Loro fabbriche. # 22
Caſa
di Mario. # 34
Caſole
, Caſtello di Siena. Sue abita-
# zioni deſcritte. # 22
Catene
di ferro, quando inutili. # 51
Cattedrale
di Siena, onde pregiudica-
# ta. # 11
Cavamenti
de’pozzi, ciſterne, ec. # 23
# Ove mal fatti. # 67
Cella
Soliare. Sua volta deſcritta. # 52
# Sua armatura di ferro. # ivi.
Cementizia
opera biaſimata. # 9
Certoſini
. Loro fabbriche. # 22
Ceſare
Giulio. Suo parere intorno all’
# aria d’Inghilterra. # 7
Chieſe
riferite. # 49. 50
Cicerone
, citato. # 14. 15. 19. 21. 22
Cimelia
. Che terra ſia. # 27
Cineſi
, com’abbian chiuſo il paſſo al-
# le incurſioni. # 7
Cittadini
Celſo, citato. # 12. 20. 59. 60
Civitavecchia
, ſuo porto. # 29
Claudio
Imp. Sua fabbrica del Faro
# del porto Romano. # 28
Cloache
, ove mal collocate. # 67
Collegamento
buono dei muri in che
# conſiſta. # 50
Colonne
Trajana, e Antonina. # 35
Colonne
perpendicolari, lor uſo # 14
# Lor coſtruzione antica. # 19
# A perpendicolo non neceſſarie. # ivi.
# Errori nel piantarle. # 34
Colonne
, quando mal collocate. # 46
Colonne
dell’Anfiteatro di Veſpaſiano
# deſcritte. # 57. 58
Columella
, ſuoi precetti riſpetto al fab-
# bricare. # 30
Comparto
mal diſpoſto. Suoi rei ef-
# fetti. # 17. 18. 19
Comparto
delle fabbriche, come s’in-
# tenda. # 37
# Errori riſpetto al medeſimo. # 37. 38
Compoſita
. Colonna. # 39. 40
Condotti
. Di qual materia ſi debban
# fare. # 8
Condotti
delle acque. Loro errori. # 67
Congelamenti
, nocevoli alle fabbri-
# che. # 63
Congiunture
a coda di rondine. Loro
# uſo. # 66
Contraccolonne
. # 40
Contrafforti
. Quando bene uſati. # 53
Contrarj
, e loro natura. # 3
Coprimenti
. Come debban farſi. # 61
# Errori riſpetto ai medeſimi. # 61. 62
# Lor diviſione, e materiali. # 62
# Rei effetti del cattivo coprimen-
# to. # ivi. e 63
# Loro forma. # 64
Cornice
. Suo ufizio. # 45
Cornice
. Quando ſi poſſa porre ſull’
Architrave
. # 58
Corpi
della fabbrica, come mal pian-
# tati. # 56
# In quanti modi debbanſi conſide-
# rare. # ivi.
# Come ſi debban collocare riſpet-
# to alla loro figura. # 56. 57
Corpi
cubici. Loro natura. # 57
Corroſione
, onde cagionata. # 11
Coſtantino
il Grande edificatore della
# Baſilica Vaticana. # 30
Coſtantinopoli
. Sue fabbriche. # 22
Curatori
delle fabbriche de’Romani
# ec. # 14
# Loro doveri, e incombenze. # 14.
# 15. 19. 21. 22
917511
D

Decempeda
. Miſura. # 35
Decoro
, riſpetto alle fabbriche defini-
# to. # 49
# Errori riſpetto al medeſimo. # ivi.
Democrito
. # 7
Didio
Tito. Sua fabbrica. # 34
Diligenza
ſoverchia, quale. # 49
Diminuzione
di groſſezze, come deb-
# ba condurſi. # 56
Diocleziano
. Sue Terme. # 51
Diſegno
difettoſo. Suoi rei effetti.
# 17. 18
# Perchè ſia a dovere ciò, che ſi
# voglia. # 18
Diſſeccamento
dei muri, onde cagio-
# nato. # 11
Diſtribuzione
di parti come difetto-
# ſa. # 18
Dogane
, e altri luoghi pubblici, co-
# me mal fabbricati. # 8
Domiziano
. Falſo onore aſcrittogli da
# Marziale. # 57
Dorica
. Colonna. # 40
Dorico
. Ordine. # 39
# Suo uſo riſpetto alle colonne. # 54
Dupla
proporzione riſpetto alle colon-
# ne. # 58
Durante
Caſtore, citato. # 28
E

Edificatori
. Loro maniere deſcritte.
# 15
# Quando altri non ſe ne debba ſer-
# vire. # 15. 16
Edili
, Curatori delle fabbriche. # 20. 21
Elide
, Città, come ſommerſa. # 27
Erbe
, che danno indizio di terreno
# ſtabile. # 23
Errore. A che conduca. # 3
Errori degli Architetti prima del
# fabbricare. # 5
# Loro triſti effetti. # ivi.
# Onde ſi commettano. # ivi.
Errori
nell’elezione del ſito. # 6
Loro
diverſità riſpetto al ſito. # ivi. e
# 7. 8.
# Riſpetto alla ſcelta delle materie
# naturali. # 9
# Dell’Arte. # ivi.
# Riſpetto all’uſo de’legnami. # 11
# Alle pietre lavorate, mattoni, cal-
# cina, e ferramenti. # 11. 12. 13
# Riſpetto alle grandezze de’mat-
# toni. # 13
# Riſpetto alla calcina. # ivi.
Errori
, quanto alla ſcelta dei mura-
# tori. # 13. 14
Errori
, quanto alla mala elezione del
# tempo. # 16. 17
# Riſpetto ai fondamenti. # 17. 23.
# 24
# Riſpetto alla mala elezione del
# diſegno. # 17. 18
Errori
di queſto genere, cagione di
# tutti gli errori. # 18. 19
# Provvedimenti dei Romani con-
# tro a queſti errori. # 19
Errori
nel fabbricare. # 23. 24. & ſeq.
# Riſpetto ai riſtauri. # 30
# Alla proporzione delle parti. # 32
Errori
di ſproporzione. # 32
# Riſpetto alle miſure. # 35
# Riſpetto alle membra degli orna-
# menti. # 36
# Eſempj di queſti errori eſpoſti in
# rame. # ivi.
# Riſpetto alla diſpoſizione del com-
# parto. # 37. 38
# Riſpetto al confondere gli Ordini
# d’Architettura. # 38
# Riſpetto a collocar le coſe fuori
# del loro luogo. # 38. 39
# Riſpetto alla poſizione delle par-
# ti degli ornati. # 40
# Riſpetto ai fronteſpizj. # 41
# Riſpetto all’abuſo degli ornati.
# 44 45
Errori
riſpetto all’inoſſervanza del de-
# coro. # 49. 50
# Riſpetto al reo ammaſſamento del-
# le pietre ec. # 50
# Riſpetto al reo collegamento. # ivi.
# Riſpetto alle volte. # 51. 52. 53
# Riſpetto alla ſuperfluità, e al di-
# fetto. # 53. 54
# Riſpetto alla collocazione dei cor-
# pi. # 56
Errori
riſpetto al collocar le membra
# fuori del loro luogo. # 58
# Riſpetto agli ornati delle porte.
# ivi.
Errori
, che ſi rilevano dopo fatta la
# fabbrica. # 59. 60
# Riſpetto ai coprimenti. # 61. 62. 63
# Riſpetto alla mala cura delle fab-
# briche fatte. # 65. 66
Errori
, quanto ai condotti, ciſterne,
# cloache, ec. # 67
# Riſpetto ai cavamenti preſſo ai
# fondamenti. # 67. 68
# Riſpetto ai tagliamenti delle mu-
# raglie. # 68
927611
# Riſpetto ai riſtauramenti. # 70
Eſaſtico
. Qual portico ſia. # 53
Euclide
, citato. # 56
F

Fabbrica
, ſua rea eſpoſizione. Suo
# comparto. Errori nell’ ornato. # 8
Fabbrica
d’una Città. Suo compar-
# to. # 22
Fabbrica
. Quando proceda ſenza er-
# rori. # 23
Fabbricatori
. Loro requiſiti. # 13. 14
Fabbriche
diſapprovate dai Curatori,
# chi doveva rifarle. # 15
# Legge dei Romani ſopra di ciò.
# ivi.
# Paragonate alle piante. # 17
# Fatte con fretta non durano. # ivi.
# Difetto nella lor forma. # 18
# Loro comodi, e biſogni. # ivi.
Fabbriche
dei Regolari. # 22
Fabbriche
a volta, come debban diſ-
# porſi. # 51
# Senza fondamenti che effetto pro-
# ducano. # 54
# Fatte ſul vecchio, come debban
# diſporſi. # 69
# Eſempio in rame. # ivi.
Faccia
netta. Che ſia. # 37
Facciata
di S. Pietro di Roma. Suoi
# errori. # 45. 49
Faro
d’Aleſſandria. Modello del Ro-
mano
. # 28
Ferramen
. Che intendeſſero per que-
# ſta voce gli Antichi. # 66
Ferramenti
. Quali non atti per le fab-
# briche. # 13
Ferretti
, mattoni di qual qualità. # 11
# Per quali fabbriche non buoni.
# ivi.
# A quali uſi ſervano. # ivi.
Feſto
Pompeo, citato. # 49
Fine
proporzionato, e naturale, qua-
# le. # 38. 39
Fine
dell’oſſervazione riſpetto agli e-
# difizj già fatti. # 65
Fineſtre
. Errori nel piantarle. # 34
Firenze
. Sua fabbrica degli Ufizj. # 11
Fogne
. Ove mal fatte. # 67
Fondamenti
. Come debbanſi fare. # 17
# Errori, che ſi commettono nel
# fargli. # 23. 30
# Loro ſpecie enumerate. # ivi.
# Loro diviſione. # 23. 27
# In acqua molto difficili a farſi,
# e perchè. # 27
# Modi di fare i fondamenti. # 30.
# 31
Fondamenti
con platèa, quali. # 31
# Con quaſi-platèa, quali. # ivi.
# Eſempio in rame di tali fonda-
# menti. # ivi.
Fondamenti
ſenza platèa, quali. # ivi.
# Con archi, quali. # ivi.
Fondi
, Città della Chieſa. Sua Iſ-
# crizione della porta di Tramontana
# riferita. # 59
# Altra Iſcrizione del Ponte detto
# Guara Capra. # 60
Fontana
, Architetto di Papa Siſto V.
# 30
Fontane
. Ove ſi debban piantare. # 8
# Errori nel piantarle. # ivi.
# Di qual materia ſi debban fare.
# ivi.
Fornaci
degli Antichi. Loro pramma-
# tiche. # 12
Fornaci
per mattoni. Loro neceſſità.
# 64
Foro
Romano. Sue colonne. # 19
Fortificazione
naturale preferibile all’
# artifiziale. # 7
Fregio
. Suo Ufizio. # 45
Fronteſpizj
. Errori intorno ad eſſi. # 41
# Coſtume degli Antichi riſpetto a
# ciò. # ivi.
G

Galeno
. Come dilungaſſe la Peſtilen-
# za da Roma. # 6
Gamucci
, Bernardo, citato. # 57. 62
Gellio
, Aulo, citato. # 35
Giovanni
Genoveſe, Fra, citato. # 19.
# 20
Giove
Capitolino. Suo Tempio. # 62
Giuſtiniano
Imperatore, citato. # 22
# Sua Legge, per la Città di Co-
# ſtantinopoli. # ivi.
Gocciolatojo
. Suo uſo. # 58
# Quando ſuperfluo. # ivi.
Groſſezze
delle parti. Lor proporzio-
# ni. # 32
# Regole intorno ad eſſe. # 54
I

Impalcature
. Come debbanſi pianta-
# re. # 65
Impoſta
delle volte. Sua proporzio-
# ne. # 32
Impoſte
delle fineſtre. Lor proporzio-
# ne. # ivi.
Inclinazione
dei muri, come s’accre-
ſca
proſeguendo. # 38
Inghilterra
. Qualità della ſua aria. # 7
937711
Intagliatori
, perchè nocevoli alla buo-
# na Architettura. # 45
Interſepio
, che ſia. # 22
Invenzione
. Sua copia perchè non ba-
# ſti per la buona fabbrica. # 71
I
onica, baſe. # 40
Ipocrate
, come dilungaſſe la Peſtilen-
# za da Atene. # 6
Iſcrizione
antica in S. Giovanni Mag-
# giore di Napoli. # 20. 21
# Legge contenutavi riſpetto alle
# Fabbriche. # 21
Iſcrizioni
pertinenti ai Curatori delle
# Fabbriche riferite. # 59. 60
L

Laqueari
. Loro forma, eloro uſo. # 64
Larghezze
delle parti. Loro propor-
# zioni. # 32
Laſtrichi
per coprimenti. # 63
# Errori riſpetto ai medeſimi. # 63.
# 64
Laterali
, e loro ſproporzione. # 34
Laterano
, S. Giovanni in. Suo palaz-
# zo biaſimato. # 17
Laterizia
. Opera, quale. # 10
Lavori
, perchè ſi miſurino a giorna-
# te. # 17
Leccio
, perchè non buono per travi.
# 11
Legatura
buona delle fabbriche, qua-
# le. # 50. 51
Leggi
de’Romani contro gli errori del-
# le fabbriche riferite. # 18. 19
Legge
Giulia repetund. # ivi.
# Contro Cajo Verre. # 22
Legge
, che dovrebbe farſi per le fab-
# briche. # ivi.
Legge
Eccleſiaſtica riſpetto al Titolo, o
# Fronte delle Chieſe. # 50
Legnami
. Loro ſcelta. # 11
Legnami
buoni per coprimenti, qua-
# li. # 62
# Come acquiſtino ree qualità. # ivi.
# Errori riſpetto alle loro lunghez-
# ze, e groſſezze. # ivi.
# Tagliati in mala ſtagione. # ivi.
Legno
. Ornati proprj del medeſimo,
# diſdicevoli nelle fabbriche di pie-
# tra. # 45
Ligori
Pietro, citato # 52
Linea
del piombo. Sua neceſſità nel-
# le fabbriche. # 38
Longara
di Roma. Sue Iſcrizioni ec.
# riſpetto ai Curatori delle fabbriche
# riferite. # 60
Lontananza
. Suo effetto riſpetto alle
# grandezze. # 36
Lumi
delle fabbriche, come difettoſi.
# 18
Luoghi
alti, che fondamenti voglia-
# no. # 30
Luoghi
baſſi, umidi, ec., quali. # ivi.
I
vicini al mare, a laghi, fiumi, ec.
# quali. # ivi.
I
poſti in pendìo, quali. # ivi.
M

Macìa
, mucchio di ſaſſi. # 9
Mal
uſo, e ſuoi effetti. # 3
Maniere
Greca, e Romana traſcura-
# te, che producano. # 71
Mantenimento
, e perpetuità delle fab-
# briche, come ſi procuri. # 61
Marcello
. Suo Teatro. # 53
Marmo
, ove mal collocato. # 11
Maſſa
, Niccolò. Suo parere dell’Aria
# di Venezia. # 6
Materiali
. Loro rea ſcelta. # 8
# Reo effetto di ciò. # 8. 9
# Onde ſi ricevano i Materiali. # 9
# Quali dalla Natura, quali dall’
# Arte. # ivi.
Mattoni
. Loro buone, e loro ree qua-
# lità. # 11. 12
# Vecchi. Loro qualità. # 13
Mattoni
. Eſempio de’mattoni Roma-
# ni Antichi. # 12
Mattoni
di Marſilia. Loro qualità.
# 52. 53.
# Generi de’ mattoni antichi de-
# ſcritti. # 13
# Dovevano approvarſi dai Magi-
# ſtrati. # 13. 14
Mattoni
degli Antichi. Loro qualità
# imitabile. # 64
# Loro miſure. # ivi.
Marziale
. Del Bagno di Tucca. # 9.
# 10
# De’Templi naſcenti. # 54
# Dell’Anfiteatro per adulazione at-
# tribuito a Domiziano Imp. # 57
Medicina
. Suo elogio. # 3
# Suo fine. # ivi e 59
Membra
della fabbrica. Quando difet-
# toſe. # 18
# Loro ecceſſo. # 54
Membra
degli ornamenti. Errori in-
# torno ad eſſe. # 36. 45
Membra
collocate fuori del loro luo-
# go. # 58
Menſole
. Ove debban porſi. # 58
947811
Mercuriale
Girolamo, citato. # 52
Mezzane
. Loro uſo. # 63
Mine
degli Antichi. # 67. 68
Miſure
. Errori riſpetto ad eſſe. # 35
# Loro mal uſo. # ivi.
Modiglioni
. Loro uſo. # 58
Monaſteri
, Chieſe, e ſimili, ove, e
# come debbanſi fabbricare. # 8
Monte
Savello di Roma. # 53
Monte
Teſtaccio di Roma. # 63
Morga
. Quale ſpezie di terra. # 24
Moſtrarſi
in falſo. Che ſia. # 46
Mura
vecchie. Perchè non vi ſi deb-
ba
por carico. # 68. 69
# Come debbanſi unir colle nuo-
# ve. # 70
Muraglia
. Quando ceda a motivo de’
# fondamenti. # 39
Muratori
. Loro artifizj pregiudiziali.
# 14. 15
# Perchè è male, che ſieno fore-
# ſtieri. # 15
# Condizioni neceſſarie per ſervir-
# ſene. # 16
# Come dovrebbonſi obbligare per
# Legge. # 22
Muri
. Quando fanno corpo, che co-
ſa
indichino. # 67
N

Napoli
. Suo porto biaſimato, e per-
# chè. # 7
# Perchè le muraglie delle ſue fab-
# briche ſi aprano. # 10
# Suoi laſtrichi in vece di tetti.
# 63
Natura
, maeſtra dell’Arte. # 53
Navi
. Come atte per fondamenti.
# 28. 29
Nerone
Imp. Suo porto. # 30
# Roverſcio di ſua Medaglia rela-
# tivo a queſto. # ivi.
Nicea
. Sua fabbrica notata da Pli-
# nio. # 10
Numero
uniforme riſpetto alle fabbri-
# che, quale. # 38
# Difettoſo, e ſuperfluo, quale.
# ivi.
O

Obeliſco
poſto da C. C. Caligola nel
# Circo del Vaticano. # 30
Olimpico
. Stadio, come miſurato.
# 35
Olmo
. Perchè poco atto per le fab-
# briche. # 11
Opera
ruſtica. Suo uſo. # 59
Opera
uniforme, quale ſia. # 69
Operaj
non atti a far l’Archittetto,
# quali. # 70. 71
Oppio
, perchè non buono per le fab-
# briche. # 11
Orazio
Flacco, citato. # 49
Ordinazione
mal diſpoſta. Suoi rei ef-
# fetti. # 17. 18
Ordine
. Suo uſo, e ſuo mal uſo. # 38
Ordine
delle parti mutato, qual erro-
# re. # 56
Ordine
buono delle fabbriche, quale.
# 70. 71
Ordini
d’Architettura enunciati. # 38
# Come debbanſi oſſervare nel pian-
# tare le colonne. # 58
Orefici
. Loro fantaſie nocive alle fab-
# briche. # 45
Ornamenti
delle fabbriche. # 8
# Errori nel diſporgli. # ivi.
Ornati
delle fabbriche moderni, cat-
# tivi, e perchè. # 45
# Loro rei effetti. # 45. 46
Oſſervazione
ſopra le fabbriche fatte,
# quanto neceſſaria. # 65. 66
Ovidio
, citato. # 38
P

Palazzi
in iſola. Onde originati. # 22
Palchi
, e loro uſo. # 63
Palificate
. Quando debban farſi nei
# fondamenti. # 27
Palmo
antico Romano deſcritto. # 35
# Moderno. # ivi.
Pancirolo
Guido, citato. # 22
Parti
principali, non principali, ag-
# giunte, quali. # 39
# Loro ordine mutato, error ſom-
# mo. # 56
Peprino
, ſpecie di macigno. Sua qua-
# lità. # 11
Perfezione
delle fabbriche, quale. # 32
Peruzzi
Baldaſſarre, citato. # 34
Petrarca
Franceſco, citato. # 7
Pianella
. Sue qualità. # 64
Piè
d’Ercole, quale. # 35
Pietra
. Non ammette ornamento pro-
# prio del legno. # 45
Pietre
, e loro qualità. # 9
Pietre
naturali. Lor qualità. # 10
# Quali ritengan meglio la calci-
# na. # ivi.
Pietre
tenere, e pietre forti. # 10
Pietre
lavorate ſottili, perchè non buo-
# ne per le fabbriche. # 38
957911
Pietre
di Genova. Loro uſo. # 62
Pilaſtri
, diverſamente fabbricati dalle
# colonne. # 19
# Errori nel piantargli. # 34
# Quando mal collocati. Regole an-
# tiche per ciò. Quando ben po-
# ſti. # 46
Piombo
. Suo uſo per coprimenti. # 62.
# 63
Pittori
, perchè nocevoli all’Architet-
# tura. # 45. 71
Platea
de’fondamenti, quale. # 30. 31
# Quaſi-platea che ſignifichi. # 31
Plenilunio
contrario al taglio de’legna-
# mi. # 11
Plinio
il Giovane, citato. # 10. 12. 13.
# 29
Plinio
il Vecchio, citato. # 28. 53. 57.
# 58
Ponte
Ceſtio deſcritto. # 14
Ponti
, ove mal piantati. # 7. 8
Porta
Pia di Roma, eſaminata. # 58
Porte
. Errori riſpetto alle medeſime.
# 39
# Errore riſpetto ai loro ornati. # 58
Porti
, ove mal piantati. # 7
# Quei di Napoli, e d’Ancona cat-
# tivi, e perchè. # ivi.
# Come quel di Napoli ſi rendereb-
# be migliore. # ivi.
# Loro fondamenti. # 28
Portico
di Pompeo. # 33
Porto
di Trajano deſcritto. # 29
Poſizioni
delle parti degli ornati. # 40
# Suoi errori. # ivi.
Pratica
. Suo ultimo termine, quale.
# 5
Primavera
, contraria al taglio de’le-
# gnami. # 11
# Buona per fabbricare. # 17
Proporzione
delle parti in che conſi-
# ſta. # 32
# Errori degli Architetti riſpetto a
# ciò. # ivi.
Proporzioni
riſpetto al collocamento
# dei corpi della fabbrica. # 56
Proſpettiva
. Neceſſità di ſua cognizio-
# ne. # 36
Proverbio
riſguardante le fabbriche ma-
# linteſo. # 5
Providenza
definita. # 5
Provvedimenti
degli Antichi riſpetto
# alle fabbriche. # 61
Puzzolana
, e ſue buone qualità. # 9
# Suo uſo. # ivi.
Q

Quadrante
. Suo uſo per le fabbriche.
# 34. 35
Quadroni
. Che ſpecie di mattoni ſie-
# no. # 64
# Loro uſo. # ivi.
Quadruccio
. Che ſorte di mattone ſia.
# 64
# Suo uſo. # ivi.
Quantità
continua. # 38
# Diſcreta. # ivi.
Quercia
. Perchè non buona per tra-
# vi. # 11
# Che indizio dia della qualità del
# terreno, ove alligna. # 23
R

Rabonio
. Suo detto intorno al Tem-
# pio di Caſtore. # 19
Ragione
di Proſpettiva. # 34
# Quale errore il non ſeguirla. # 34
# 35
Redentori
delle fabbriche preſſo i Ro-
# mani. # 59
Regola
. Ciò, che debba, e ciò, che
# non debba farla nell’Architettura.
# 41
Regolo
dell’Architrave. # 58
Rena
. Sua rea qualità. # 9
# Di quella di cava qual debba ſce-
# glierſi. # ivi.
Rena
groſſa, perchè cattiva. # 9
# Pietroſa, quale. # ivi.
# Terroſa, quale. # ivi.
Rena
di mare, perchè non buona per
# l’impaſto della calcina. # 10
Riquadratura
del vano. # 45
Rito
, riſpetto al Fronteſpizio delle
# Chieſe. # 50
Riſtauramenti
. Come debbon farſi.
# 70
# Loro fine. # ivi.
# Errori riſpetto ai medeſimi. # ivi.
# In quante guiſe ſi facciano. # 70.
# 71
Romani
. Loro provvedimenti contro
# gli errori delle fabbriche. # 18. 19
Rompimenti
d’ornato, ove proprj,
# ove . # 59
Roveſcio
della Medaglia di Tito Di-
# dio eſpoſto. # 34
968011
S

Saettoni
, che ſieno. # 24
Sarcitector
. Che intendeſſero gli An-
# tichi per queſta voce. # 20
Scelta
del Sito. Sua neceſſità. # 6
Scienza
contemplativa, e ſuo fine. # 3
Scienza
morale, e ſuo fine. # ivi.
Scolo
dei coprimenti, quanto neceſ-
# ſario. # 64. 65
Scultori
non atti all’Architettura, e
# perchè. # 71
# Loro ufizio, quale. # 71. 72
Sculture
minute, ove mal collocate.
# 38
Seſoſtri
. Sua prodigioſa fabbrica. # 7
Seſquialtera
proporzione, quale. # 58
Seſto
di mezzo cerchio, dove uſato.
# 51
Severo
Imp. Sua fabbrica per l’In-
# ghilterra. # 7
Siena
. Suo uſo antico di murare ri-
# provato. # 9
Siſto
V. Papa. Suo Obeliſco. # 30
# Traſportato a S. Pietro. # ivi.
Siti
atti a fabbricarvi. # 6
# Loro diviſione. # ivi.
Soffitte
, come debbanſi fabbricare.
# 64
Soliare
Cella, onde così detta. # 52
Spanna
, palmo. # 35
Sparziano
, citato. # 52
Speroni
per fondamenti, come debban
# farſi. # 24
# Per riſtauramenti, come. # 70
Spiagge
, che fondamenti richieggano.
# 30
Spitama
, che ſia. # 35
Sproporzione
delle fabbriche. # 32
# Suoi mali effetti. # ivi.
Stadio
Olimpico. # 35
Sua
miſura. # ivi.
Stagioni
atte per fabbricare, quali.
# 17
Stuccatori
nocivi all’ Archittetura.
# 45
Studj
, e Accademie, ove mal fabbri-
# cate. # 8
Studio
delle fabbriche antiche di Ro-
# ma utiliſſimo agli Architetti. # 65
Sugo
petrificante, quale. # 28
Superfluità
ſproporzionata, quale. # 58
T

Tagliamenti
delle muraglie, come
# debban farſi. # 68
# Errori intorno a ciò. # ivi.
Teatri
antichi. # 34
Teatro
di Nicea, male edificato, e
# perchè. # 10
# Lungo paſſo di Plinio il Giova-
# ne ſu tal propoſito. # ivi.
Teatro
di Marcello. # 53
Tegole
per i coprimenti, di che qua-
# lità. # 62
# Loro forma, ed eſempio in ra-
# me. # ivi.
Tegole
di bronzo degli Antichi. # 62.
# 63
# Loro uſo. # ivi.
Tempio
di Caſtore deſcritto. # 14. 19
Tempio
di S. Pietro di Roma. # 32. 36
# Sue ſproporzioni. # ivi.
Tempio
ſteſſo eſaminato. # 45. 49. 50
Tempio
della Pietà di Roma. # 53
Templi
. Loro ſproporzione. # 35
Templi
naſcenti, quali. # 54
Tempo
, e ſua definizione. # 5. 16. 17
# Sua diviſione. # ivi.
Tempo
atto a fabbricare, quale. # 16.
# 17
Tentativo
di diſegno, che ſia. # 18
Terme
Antonine, deſcritte. # 52
Terra
, come diſpoſta a falde. # 24
Terreno
ſtabile, quale. # 23
# Cedente, e mal fermo, quale.
# ivi.
# Arenoſo, ſmoſſo, ec. # ivi.
# Sue diviſioni, e condizioni. # 23.
# 24
Terreno
ſaſſoſo buono per fondamen-
# ti. # 27
# Roſſo, viſcoſo, e penetrabile,
# quali qualità. # 28
Terreno
de’gioghi non buono per fon-
# damenti, e perchè. # 30
Teſoro
dell’Architettura, citato. # 22
Tetti
. Materiali migliori per coprir-
# gli, quali. # 62
Tiſchio
, qual pietra ſia. # 27
Titolo
. Che coſa s’intenda per que-
ſta
voce. # 49
Torre
del pulcino di Siena, deſcrit-
# ta. # 54
Torre
de’Veneziani vicino a Meſtre,
# Caſtello. # 27
Torre
del Faro del Porto Romano,
# come fondata. # 28
978111
Torri
. Loro uſo. # 56
# Perchè le tonde s’antepongono al-
# le angolari. # ivi.
Toſcana
. Colonna. # 40
Toſcano
. Ordine. # 39
Travertino
poroſo. # 11
# Sua rea qualità. # ivi.
Travertino
, quando ſi debba porre in
# opera. # 11
Tribunali
, ove bene, ove mal fabbri-
# cati. # 8
Triclinio
, onde così detto. # 52
Triglifi
. # 58
Tufo
. Suo uſo. # 9
Tufo
di Toſcana. # 10
# Quali lavori ſe ne poſſan fare.
# ivi.
Tufo
bianco. Sua qualità. # 10
Tufo
nero. # ivi.
# Non buono per fondamenti. # 27
Tutolo
, che ſia. # 49
V

Valli
. Che fondamenti richieggano.
# 30
Vani
. Loro ſproporzione. # 34
# Quando mal collocati. # 58. 59
# Errori riſpetto al numero, alla
# poſizione, ec. # ivi.
Vano
fra le volte dannoſo, e perchè.
# 64
Varrone
. Suo avviſo dell’aria della Gal-
# lia di dal Reno. # 7
Vaticano
. Palazzo, e Tempio. Loro
# coprimenti. # 63
Vecchio
. Fabbriche ſul vecchio non
# durevoli. # 30
Vene
del terreno, che indizione dia-
# no. # 24
Venezia
. Suoi laſtrichi per tetti. # 63
Venti
nocivi, quali. # 6
# Opinione d’Ipocrate, di Teofra-
# ſto, e di Plinio intorno a ciò,
# ivi.
Veſpaſiano
. Suo Anfiteatro. # 57. 58
Vie
ſotterranee, ove pregiudiziali. # 67.
# 68
Villa
pubblica di Tito Didio. # 34
Vitruvio
, citato. # 6.9.13.35.49.53.56.63
Volta
a botte. # 65
# A vela. # ivi.
# A tutto ſeſto. # ivi.
# Piana. # ivi.
Volta
a capiſtèo, e a mezza botte
# 65
Volta
a crociera. # 65
# A peducci, e a conca. # ivi.
Volte
delle fabbriche, come debbano
# farſi. # 51
# Come le fabbricaſſero gli Anti-
# chi. # ivi.
Volte
delle terme Diocleziane. # ivi.
# Loro eſempio in rame. # ivi.
# Di quali materie le faceſſero gli
# Antichi. # 52. 53
# Il diſarmarle troppo preſto nuo-
ce
. # 53
# Rea coſa il farle troppo ſottili.
# ivi.
Volte
finte, quali. # 53
Volte
della Sapienza di Napoli biaſi-
# mate. # ivi.
Volte
, come debbanſi fabbricare. # 64
U

Umidità
nelle fabbriche, quando ſi
# cangi in tartaro. # 66
# Nociva, quando, come, edove.
# 67
Z

Zoccolo
. Suo uſo. # 57
FINE DELL’ INDICE.
98
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99 51[Figure 51]
100
[Empty page]
101
OSSERVAZIONI
DI

ANTONIO
VISENTINI
ARCHITETTO VENETO
CHE
SERVONO DI CONTINUAZIONE
ALTRATTATO
DI
TEOFILO GALLACCINI
SOPRA
GLI ERRORI
DEGLI

ARCHITETTI
52[Figure 52]
VENEZIA
53[Figure 53]
MDCCLXXI.
Per Giambatista Pasquali.
CON LICENZA DE’ SUPERIORI, E PRIVILEGIO.
102
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103iij
INDICE
DELLE
MATERIE
PER
ORDINE ALFABETICO.
54[Figure 54]11
A

ALtare
. Cima vizioſa del medeſimo.
# pag.44
# Suo diſegno Tavola XVIII.
-maggiore
moderno di San Luca di
# Venezia, ſuoi difetti. # 72. 73.
# Suo diſegno Tav. XXXII
# Come ſi potrebbe correggere. # 73.
# Diſegno corretto Tav. XXXII.
-ſcompoſto
in San Stefano di Vene-
# zia. # 81.
# Suo diſegno Tav. XXXVI.
-maggiore
vizioſo nella Chieſa della
# Celeſtia di Venezia. # 83.
# Suo diſegno Tav. XXXVII.
-maggiore
dei Carmelitani Scalzi di
# Venezia vizioſo. # 87. 88.
# Suo diſegno Tav. XXIX.
-diſunito
in S. Franceſco della Vigna
# di Venezia. # 100.
# Suo diſegno Tav. XLV.
-vizioſo
in San Salvadore di Vene-
# zia. # 104.
# Suo diſegno Tav. XLVII.
# Simili ſcorrezioni rilevate in altre Chie-
# ſe. # ivi.
Anacleto
Papa. Che operaſſe nella Baſili-
# ca Vaticana. # 10.
Anfiteatro
di Pola. # 3, 11.
Apollo
Pannonio, ſuo Tempio. # 59.
Architettura
, ſuoi difetti generali eſpo-
# ſti. # 1.
# A quali claſſi ſi riducano. # ivi.
Archi
difettoſi nel Carmine di Venezia.
# 102.
# Suoi diſegni Tav. XLVI.
-In
aria in varie Chieſe di Venezia.
# 106.
# Loro diſegni Tav. XLVIII.
Arco
vizioſo in S. Caſſano di Venezia. # 79.
# Suo diſegno Tav. XXXV.
-difettoſo
nella Chieſa de’Geſuiti di
# Venezia. # 96.
# Suo diſegno Tav. XLIII.
-vizioſo
nella Chieſa di San Polo di
# Venezia. # 98.
# Suo diſegno Tav. XLIV.
# Altro ſimile in S. Bartolommeo. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-difettoſo
in San Baſilio di Venezia.
# 100.
# Suo diſegno Tav. XLV.
-e
Fronteſpizio ſimile in San Silve-
# ſtro. # ivi.
# Suo diſegno, Tavola medeſima.
-vizioſo
nella Chieſa di S. Niccolò di
# Venezia. # III.
# Suo diſegno Tav. L.
-Simile
in quella de’Geſuiti. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
B

BArozzi
, Jacopo da Vignola ſua ope-
# ra nella Baſilica Vaticana. # 10.
Benedetto
XIV. Papa, ſua opera nella Ro-
# tonda di Roma. # 18. e ſeg.
Bernini
Cavaliere Architetto citato. # 10.
# 46.
Borromini
, Architetto biaſimato. # 46.
Bramante
, Architetto citato, e lodato.
# 10. 129.
Buonarroti
, Michel Agnolo citato. # 10. 46.
C

CApitello
vizioſo nel Depoſito di Luca
# Zeno nei Frari di Venezia. # 107.
# Suo diſegno Tav. XLIX.
# Altro ſimile nel Depoſito di M. Trevi-
# ſano. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-Dorico
vizioſo nel Collegio de’Ge-
# ſuiti. # 107.
# Suo diſegno Tav. XLIX.
# Altri ſimili. # 108.
Cariate
. Loro iſtoria. # 118.
Carli
Rubbi, Gian Rinaldo C. Sue ſcoper-
# te ſull’Anfiteatro di Pola. # 3.
Chieſa
de’SS. Apoſtoli di Venezia. Suo
# interno vizioſo. # 66.
# Suo diſegno Tav. XXIX.
-del
S. Sepolcro diſettoſa. # 126.
Cima
d’altare vizioſa in S. Luca di Ve-
# nezia. # 70.
# Suo diſegno Tav. XXXI.
-d’altare
difettoſa in S. Apollinare di
104iv11
# Venezia. # ivi.
# Suo diſegno. Tav. medeſima.
-e
nellaChieſa dei Serviti di Venezia.
# ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-d’altare
vizioſa in S. Marcelliano di
# Venezia. # 79.
# Suo diſegno Tav. XXXV.
-nella
Chieſa di S. Stefano di Vene-
# zia. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-d’altare
ſcorretta nella Chieſa de’Ge-
# ſuiti di Venezia. # 81.
# Suo di ſegno Tav. XXXVI.
-d’Altare
vizioſa nella Chieſa de’Ser-
# viti di Venezia. # 85.
# Suo diſegno Tav. XXXVIII.
-ſimile
in S. Giuliano di Venezia. # ivi.
-altra
ſimile nella ſteſſa Chieſa. # ivi.
# Loro diſegni Tav. medeſima.
-dell’
altare Contarini alla Madonna
# dell’Orto vizioſa. # 85.
# Suo diſegno Tav. XXXVIII.
-d’altare
ſcorretta nella Chieſa de’Ge-
# ſuiti di Venezia. # 92.
# Suo diſegno Tav. XLI.
-d’altare
vizioſa in S. Pietro di Ca-
# ſtello in Venezia. # 94.
# Suo diſegno Tav. XIII.
-d’altare
ſcorretta nella Madonna dell’
# Orto di Venezia. # 104.
# Suo diſegno Tav. XLVII.
-d’altare
vizioſa in S. Pantaleone di
# Venezia. # 120.
# Suo diſegno Tav. LV.
Colonne
mal poſte in S. Gio: Criſoſtomo
# di Venezia. # 55.
# Lor diſegno Tav. XXIV.
-abuſo
nel collocarle. # 132.
-ſpirali
. Diſcorſo ſopra le medeſime.
# 140.
Cornice
Dorica nelle Procuratie Nuove.
# Suoi difetti. # 62.
# Suo diſegno Tav. XXVII.
-impropria
in S. Giuſtina, e in San
# Pantaleone di Venezia. # 83.
# Loro diſegni Tav. XXXVII.
-forzata
ſull’altare del Criſto agli Scal-
# zi di Venezia. # 90.
# Suo diſegno Tav. XL.
# Altra ad arco in detta Chieſa cenſura-
# ta. # ivi.
# Tav. medeſima.
-irregolare
in S. Bartolommeo di Ve-
# nezia. # 94.
# Suo diſegno Tav. XLII.
Coſtantino
Magno primo Fondatore della
# Baſilica Vaticana. # 10.
Cupola
della Salute. Difetti, che vi ſi ri-
# levano. # 68.
# Suo diſegno Tav. XXX.
D

DEpoſito
del Doge Venier in S. Salva-
# dore di Venezia difettoſo. # 96.
# Suo diſegno Tav. XLIII.
# Altri depoſiti difettoſi eſpoſti. # ivi.
-dei
Dogi Valier in SS. Giovanni e
# Paolo di Venezia difettoſo. # 102.
# Suo diſegno Tav. XLVI.
-del
Doge da Peſaro vizioſo. # 118.
# Suo diſegno Tav. LIII.
Deſgodets
, Architetto lodato. # 16.
E

ERrori
dell’ Architettura. Sotto quali
# Claſſi ſi riducano. # 1. e ſegg.
F

FAcciata
della Chieſa di S. Giorgio de’
# Greci di Venezia, ſuoi difetti. # 77.
# Suo diſegno Tav. XXXIV.
Falconetto
Giammaria Architetto citato.
# 62.
Fineſtra
, e Loggia nel Palazzo P. Quirina-
# le. Loro difetti. # 3.
# Loro diſegno Tavola I.
-del
Palazzo dei Conſervatori di Ro-
# ma. Sua novità vizioſà. # 3. 4.
# Suo diſegno Tav. I.
-nella
Cupola della Sapienza di Ro-
# ma. Suoi diſetti. # 25.
# Suo diſegno Tav. IX.
-nel
Palazzo Barberini di Roma. Suoi
# difetti. # 27.
# Suo diſegno Tav. X.
-del
piano nobile del Palazzo del Prin-
# cipe Pio in Roma vizioſa. # 27.
# Suo diſegno Tav. X.
-della
facciata del Palazzo di Villa
# Borgheſe. Suoi errori. # 31.
# Suo diſegno Tav. XII.
-ſuperiore
della Baſilica Vaticana. Suoi
# difetti. # 33.
# Suo diſegno Tav. XIII.
-della
facciata di S. Giorgio de’Gre-
# ci di Venezia. Suoi errori. # 75.
# Suo diſegno Tav. XXXIII.
-ſopra
la facciata di S. Giminiano di
# Venezia. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-male
ornata nei Carmelitani Scalzi
# di Venezia. # 92.
# Suo diſegno Tav. XLI.
Fineſtre
nel ſecond’Ordine della facciata
# del Collegio di Propaganda fide di
# Roma. Loro difetti. # 8.
# Loro diſegno Tav. III.
-della
facciata del Palazzo Baccelli di
105V11
# Roma. Loro errori. # 27.
# Loro diſegni Tav. X.
-con
colonne, ec. mal piantate. # 129.
# 130. 132. 133.
# Loro diſegni Tav. LX.
Fontana
Cavaliere Architetto citato. # 10.
# 12.
Fronteſpizio
d’altare vizioſo in S. Salva-
# dore di Venezia. # 106.
# Suo diſegno Tav. XLVIII.
-dell’Altare
del Criſto in S. Geremia,
# vizioſo. # 120.
# Suo diſegno Tav. LIV.
-dei
quattro Altari in S. Margherita
# di Venezia difettoſo. # 122.
# Suo diſegno Tav. LVI.
G

GAlaccini
Teofilo lodato. # 1. 2. 8. 29.
# 46. 53. 77. 81.
Gallo
(Antonio da San). Sua opera nella
# Baſilica Vaticana. # 10.
Giuliano
da S. Gallo, citato. # ivi.
Giulio
II. Papa. Sua Opera nella Baſilica
# Vaticana. # ivi.
M

MAderni
Carlo. Sua opera nella Ba-
ſilica
Vaticana. # 10.
N

NIccbj
con colonne, ec. impropriſſi-
# mi. # 134.
# Loro diſegni Tav. LXI.
Niccbio
della ſtatua di S ant Ignazio nella
# Chieſa de’Geſuiti di Venezia. Suoi
# difetti. # 133. 134.
# Suo diſegno Tav. LXI.
Niccolò
V. Papa. Sua opera nella Baſilica
# Vaticana. # 10.
P

PAlladio
Architetto citato. # 25. 29. 40.
# 59. 66. 68. 72. 87. 88. 129. 133.
Pantbeon
. Vedi Rotonda.
Paolo
V. Papa. Sua opera nella Baſilica
# Vaticana. # 10.
Pergolato
ſulla porta del Palazzo Algarot-
# ti di Venezia. Suoi errori. # 75.
# Suo diſegno Tav. XXXIII.
Peruzzi
Baldaſſarre, Architetto citato. # 10.
Peſi
poſti ſul falſo. Conſiderazioni intor-
# no a queſto errore. # 118.
Piano
dell’Opera. # 1.
-e
arcata della Scala del Palazzo di
# Spagna in Venezia difettoſi. # 126.
# Loro diſegno Tav. LVIII.
Piediſtalli
. Loro uſo ſuperfluo. # 124. 125.
# Loro diſegni Tav. LVII.
Pilaſtri
tagliati, qual difetto. # 57.
# Loro diſegno Tav. XXV.
-della
Cappella Maggiore di S. Maria
# de’Miracoli di Venezia. Loro di-
# fetti. # 118.
# Loro diſegni Tav. LIII.
Piraneſi
, ſuo intaglio della Baſilica Vatica.
# na. # 11.
Porta
interna nel Palazzo Borgheſe di Ro-
# ma. Suoi errori. # 4.
# Suo diſegno Tav. I.
-nella
Chieſa di S. Gio: Laterano di
# Roma. Suoi difetti. # 6.
# Suo diſegno Tav. II.
-interiore
della Chieſa di S. Martino
# di Venezia. # 6.
# Suo diſegno Tav. II.
Porta
delle due piccole della facciata di
# S. Pietro di Roma. Suoi difetti. # 8.
# Suo diſegno Tav. III.
-entro
la Baſilica Vaticana. Suoi er-
# rori. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-del
Collegio di Propaganda di Roma,
# difettoſa. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-Principale
nella Sala dello ſteſſo Col-
# legio. Suoi errori. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-nel
portico ſuperiore del Palazzo del-
# la Sapienza di Roma. Suoi errori.
# 23.
# Suo diſegno Tav. VIII.
-nel
Clauſtro de’PP. Filippini di Ro-
# ma. Suoi errori. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-Pia
, una delle Porte della Città di
# Roma. Suoi difetti. # 29.
# Suo diſegno Tav. XI.
-del
Palazzo dei NN. CC. Sermoneta
# di Roma. Suoi errori. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-del
Palazzo di Villa Borgheſe. Suoi
# difetti. # 31.
# Suo diſegno Tav. XII.
-dell’Oſpizio
a Ponte Siſto in Roma.
# Suoi errori. # 31.
# Suo diſegno Tav. XII.
-del
Palazzo Aleſſandrino. Suoi difet-
# ti. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-del
Palazzo Cenci alla Dogana di Ro-
# ma. Suoi difetti. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-del
Palazzo Altieri di Roma, vizioſa.
# 33.
# Suo diſegno Tav. XIII.
-in
Campidoglio nella nuova Fabbri-
# ca. Suoi difetti. # ivi.
106vj11
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-nel
ſecond’ ordine del Palazzo Vati-
# cano. Suoi errori. # 33.
# Suo diſegno Tav. XIII.
-con
ringhiera nel Palazzo Panfili di
# Roma. Suoi difetti. # 35.
# Suo diſegno Tav. XIV.
-del
Palazzo della Sapienza di Roma.
# Suoi difetti. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-del
Palazzo di S. A. R. il Gran Duca
# di Toſcana in Roma. Suoi difetti.
# 37.
# Suo diſegno Tav. XV.
-del
Palazzo del Senator di Roma.
# Suoi errori. # 39. e ſeg.
# Suo diſegno Tav. XVI.
-del
Palazzo del Principe Grillo di Ro-
# ma, vizioſa. # 40.
# Suo diſegno Tav. XVII.
-del
Palazzo Lancellotti in Roma.
# Suoi errori. # 43.
# Suo diſegno Tav. XVIII.
-nel
Fondaco dei Tedeſchi di Venezia.
# Suoi errori. # 50. e ſeg.
# Suo diſegno Tav. XXI.
-ſul
piano della Scala del Palazzo Ci-
# vran in Venezia, vizioſa. # 51.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-della
Sagreſtia di S. Maria de’Mira-
# coli di Venezia. Suoi errori. # 53.
# Suo diſegno Tav. XXIII.
-laterale
di detta Chieſa. Suoi difet-
# ti. # 53.
# Suo diſegno Tav. XXIII.
-della
Chieſa di S. Martino in Vene-
# zia, vizioſa. # 57.
# Suo diſegno Tav. XXV.
-di
riva del Palazzo Peſaro di Venezia,
# difettoſa. # 59.
# Suo diſegno Tav. XXVI.
-d’Ordine
Dorico al Ponte dell’aceto
# a’SS. Gio: e Paolo in Venezia. Suoi
# diſetti. # 62.
# Suo diſegno Tav. XXVII.
-del
Campanile di S. Bartolommeo di
# Venezia. Suoi errori. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-ruſtica
dietro alla Chieſa di S. Ma-
# ria Formoſa in Venezia, Vizioſa.
# 64.
# Suo diſegno Tav. XXVIII.
-altra
della ſteſſa Chieſa.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-del
Palazzo Cavagnis a S. Severo in
# Venezia. Suoi diſetti. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-del
Palazzo Grimani a San Luca in
# Venezia. # 66.
# Suo diſegno Tav. XXIX.
-bizzarra
nella facciata della Chieſa
# de’PP. Geſuiti di Venezia. # 116.
# Suo diſegno Tav. LII.
-del
Palazzo Piſani a San Angiolo in
# Venezia. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-della
ſagreſtia in S. Lio (S. Leone)
# di Venezia, difettoſa. # 122.
# Suo diſegno Tav. LVI.
-nuova
della Chieſa di S. Niccolò di
# Venezia. # 126. 127.
# Suo diſegno Tav. LIX.
-nel
ſecondo Clauſtro dei Frari di Ve-
# nezia, difettoſe. # 120.
# Loro diſegni Tav. LIV.
Pozzo
ornato nello ſteſſo Clauſtro difetto-
# ſo. # 122.
# Suo diſegno Tav. LVI.
Pozzi
Padre, ec. Architetto biaſimato.
# 39. 43. 46.
Proporzioni
di fineſtre, nicchj, ec. vizio-
# ſamente poſti. # 129. 130.
Pulpiti
, e porte laterali in S. Baſilio di
# Venezia. # 127.
# Loro diſegni Tav. LIX.
R

RIfteſſi
ſopra lo ſtato preſente dell’Ar-
# chitettura. # 2.
Rimenati
ſproporzionati di varie Chiefe
# di Venezia. # 83.
Rimenato
vizioſo in S. Maria Zobenigo
# di Venezia. # ivi.
# Suo diſegno Tav. XXXVII.
Ringbiera
difettoſa del Palazzo Grimani
# a S. Luca in Venezia. # 113.
-altra
ſimile nel Palazzo Peſaro. ivi.
-altra
ſimile nel Palazzo Cornaro in
# calle della Regina. # ivi. e 114.
# Loro diſegni Tav. LI.
Ringhiere
difettoſe eſpoſte. # 37.
# Loro diſegni Tav. XV.
Roma
. Vizj di ſua moderna Architettu-
# ra. # 8.
Roſelini
, Antonio Architetto. Sua opera
# per la Baſilica Vaticata. # 10.
Rotonda
. Errori ſcoperti nel moderno di
# queſta Fabbrica. # 16.
# Diſegni della medeſima Tav. V.
-Riſtauri
biaſimati. # 18.
# Diſegno dei riſtauri Tav. VI.
-come
andrebbe accomodata. # 21.
# Nuovo diſegno di ciò Tav. VII.
S

SCamoccio
, Architetto citato. # 62.
# Serraglie d’archi improprie. # 136. 137.
Soglia
di porta nella Chieſa di S. Barna-
# ba di Venezia, ſuoi ſoſtamziali di-
# fetti. # 51.
107vij11
# Suo diſegno Tav. XXI.
-di
porta nel Palazzo Graſſii di Ve-
# nezia. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
-di
fineſtra nella Scuola di S. Angiolo
# di Venezia. # ivi.
# Suo diſegno Tav. medeſima.
Soglie
difettoſe, quali. # 50.
-aggravate
ſul falſo. # 59.
# Loro diſegni Tav. XXVI.
V

VAticano
, Tempio. Errori nella ſua
# eſterna, ed interna Architettura e-
# ſpoſti. # 10. e ſeg.
# Diſegno della parte interna Tav. IV.
Venezia
, eſame delle ſue Fabbriche. # 50.
# e ſeg.
Veroneſe
, Frate Jacopo Architetto citato.
# 10.
Vicentini
Antonio, Autore. Motivi, che
# lo hanno determinato a queſt’ o-
# pera. # 2. e ſeg.
Vignola
Architetto citato. # 46. 62.
Vitruvio
citato. # 25. 59. 132.
Vittone
Antonio Architetto biaſimato. # 46.
# Suoi diſegni difettoſi Tavole XIX. XX.
# XXII.
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OSSERVAZIONI
SOPRA

GLI
ERRORI DEGLI ARCHITETTI.
55[Figure 55]
CAPO PRIMO.
COL preſente Capitolo ſi porranno ſotto gli occhi i pernicioſiſſimi errori intro-
dotti
dagli Architetti del preſente Secolo, che deformano la bellezza, e la
grazia
della ſempre lodevole ſtudiata Architettura, che viene grandemente alterata
da
chi ſcherza bizzarramente, comecchè l’Architettura foſſe un’arte ſoggetta alla
moda
:
coſa falſiſſima, poichè ella ha per direttore l’ottimo, e perfetto regolamento
delle
Parti, che la compongono.
Laonde io Antonio Vicentini Veneziano, non già
per
moleſtare i ſaggi, e periti Architetti da me perpetuamente e ſtimati, e com-
mendati
, ma per dilungar l’abuſo de’licenzioſi, e ſcorretti, che guaſtano il magni-
fico
, e degno di lode, e che fanno ſcapito al buon ordine poſitivo dell’eſſer ſuo an-
tico
, e buono, imprendo la preſente fatica.
Seguo pertanto in ciò le tracce di Teofilo Galaccini inveſtigatore diligentiſſimo
degli
errori dell’ Architettura, che correvano al tempo ſuo, avendone egli nel ſuo
Manoſcritto
molto a lungo trattato in ogni guiſa, e di più ſtimolando i poſteri,
rinvenendone
de’ nuovi, ad unirgli a queſti ſuoi, affinchè veggiano gli ſtudioſi la
ſomma
importanza d’eſſer pienamente informati di tutto quello, che ſconcia la no-
biltà
d’una tal Arte, eſſendo ſempre vero, che i buoni Architetti, i quali regolata-
mente
ſi ſono ſerviti dei cinque Ordini dell’Architettura nelle loro fabbriche, hanno
conſervato
perpetuamente il buon ſiſtema delle parti medeſime, mai hanno ab-
bandonato
con irregolarità il retto lor fine.
Su queſte tracce, io ripeto, conviene
anche
a me il farmi ora ad oſſervare certi diſdicevoli ripieghi, così detti da chi
volle
ſoſtenere il ſuo bizzarro intendere, facendo fare comparſa Scenica a quelle coſe,
che
in tutto e per tutto debbon conſervare la naturale ſolidità, parte principale dell’
Architettura
.
Si ſono ai noſtri inoltrati a ſegno gli errori, che ſi può dire, eſſer
rinato
l’uſo della barbara, e ſconcia Architettura, collo ſcherzare, cioè, e muover le
cornici
, i fronteſpizj, e gli archi ſteſſi irregolarmente, e fuor del dovere, facendo-
gli
poſare ſul falſo, e fuori del piombo, tagliati, e ſciolti dall’unione, e legamento
delle
parti medeſime, che armonicamente debbonſi tenere unite, e conſonanti per la
buona
lor nobiltà, altra Parte importantiſſima alla ſteſſa Architettura:
a tal fine io
ne
eſporrò gli eſempj rilevati dalle medeſime fabbriche in tu@te le maniere;
lo che
ſervirà
per maggior teſtimonianza di quanto aſſeriſco;
e queſti de’Templi e d’altro,
che
poſſa approvare la ragione, ed il buon modo di maneggiare l’Architettura, e
non
confondere, o alterare gli Ordini ſteſſi, in guiſa che non ſi rilevi, qual ſia il
ſuperiore
, o l’inferiore, accavalcandogli l’uno ſopra l’altro, ſiccome ho in varj luo-
ghi
oſſervato, come altresì ſoglie di porte, e di fineſtre peſanti, ed eziandio certe
cime
d’Altari piene di ſtravagante bizzarria, fuori del buon guſto, che ſono piut-
toſto
chimere, che Architettura:
e per meglio eſprimere il mio penſiero, e l’incoe-
renza
di così fatti abuſi, e diſordini, ad onta degli ottimi inſegnamenti laſciatici
dai
noſtri Maggiori, ſembrami acconciſſima la comparazione del corpo umano, che
nel
ſuo compleſſo d’oſlature, e di muſcoli, parti al ſuo ſoſtentamento, e leggiadria
neceſſarie
;
ſe queſte ſieno diſordinate o per iſtirature di braccia, o di gambe, o per
isforzi
di vita, viene a perdere eſſo corpo tutta la ſua forza, e vigor naturale:
nel-
la
guiſa ſteſſa l’Architettura, allorchè fia slegata, o sforzata più del dovere nelle
ſue
parti, ſia nelle cornici, ſcherzando fuor di propoſito, ſia nei fronteſpizj tagliati
ſgarbatamente
, eccedendo ſoverchio in altezza, o formandogli gonfi, ſtravolti, in-
cartocciati
, e fuori del vivo.
Stiracchiature ſon queſte, che diſordinano il naturale
loro
eſſere, ed il fine, per cui ſono ſtati dalla ſteſſa Architettura introdotti, e ten-
dono
a deformare il ſodo, e la gentilezza, con cui debon eſſer uſati.
Dai quì eſpo-
ſti
eſempj ſi rileverà maggiormente il da me detto, e ſi comprenderà, quanto im-
porti
, che ſi eſcluda vizio tanto pernicioſo ad Arte così nobile, e così perfetta.
1102OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Rifleſſi ſopra il preſente ſtato dell’ Architettura.
Convien quì per farci meglio intendere il conſiderare, qual giovamento ne verrebbe
a
un infermo, ſe dopo che il Medico l’aveſſe viſitato, ed aveſſegli con attenzione ta-
ſtato
il polſo, conoſciuto non aveſſe la natura della febbre, e del morbo, che lo ſcom-
pone
, e diſordina, e poſcia non gli ordinaſſe i rimedj atti a riſanarlo?
Tutto cer-
tamente
ſarebbe inutile, mentre languirebbe il pover uomo abbandonato al ſuo ma-
le
.
Mi figuro io adunque di vedere nel medeſimo deplorabile ſtato l’Architettura,
omai
quaſi cadente per la febbre attaccatale dagl’imperiti:
e veggio oramai il male
tanto
avanzato, che la miſera ſi trova a mal partito, e quaſi diſſi, abbandonata.
Se le oſſervazioni degli ſconvolgimenti d’ordini preſſochè irrimediabili fanno toccar
con
mano quanto aſſeriſco, nulladimeno credo neceſſario il farci a diligentemente
eſaminare
tutte quelle circoſtanze, ed errori, che finora l’hanno oppreſſa, ed eſpo-
ſta
così diſordinata, e mancante di quelle parti, che realmente ſe le ſpettano, per
ricovrarla
nel primiero perfetto eſſer ſuo, importante, non meno per la ſua ſti-
mabilità
, che ſempre mai ſu conſiderata, che ancora per i vantaggj, ed utilità di
quei
ſoggetti, i quali bramano le loro abitazioni comode non meno, che decoroſe
per
ſe, e per la ſteſſa lor Patria.
I rimedj adunque a ciò conducenti, ſieno tutti quei proficui avvertimenti, ed
iſtruzioni
ſomminiſtrateci dall’ erudito Sig.
Teoſilo Galaccini, non ſolo per la norma
di
bene operare, ma eziandio per tutte quelle informazioni, e documenti dal mede-
ſimo
laſciatici col ſolo fine di render perſetto l’Artefice.
A queſta ſua fatica s’aggiungano gli accennati viſibili errori, eſpoſti con figure,
affinchè
meglio vengano rilevati, e fuggiti, ſcoperti, diſegnati, e intagliati da me
Antonio
Vicentini Veneto, accompagnati da giuſti dicevoli rifleſſi, e da convincenti
ragioni
:
e queſto coll’unica mira di reſtituire la primiera ſalute, e ſtato perfetto all’
Architettura
da qualche tempo gravemente ammalata.
Giuſti motivi ſon queſti, per
mio
avviſo, e tali, che mi hanno determinato a penſare non ſolo al vantaggio dell’
Arte
, ma altresì al decoro della ſteſſa mia Patria, della quale mi glorio eſſer figlio,
e
per la quale non ceſſerò mai di affaticarmi giuſta mia poſſa.
Potrei dir molto di più intorno a ciò: ma mi ſtenderò di vantaggio, allorchè trat-
terò
dei cinque Ordini partitamente, eſponendo per minuto ciaſcheduna lor parte, per
più
intelligenza di chiccheſia, che voglia a tale ſtudio applicarſi;
e con ciò verremo a
rimettere
nel ſuo vero eſſere la bellezza dell’antica Architettura Greca, e Romana.
Pre-
go
il Sommo Dator d’ogni bene, che ſi degni concedermi vita, eſanità, ond’io poſſa
affaticarmi
pel profitto degli ſtudenti, ſendo in eſtremo portato a ſar , che la bell’
Arte
, ſe fia poſſibile riſorga, ſicchè continui, come lo fu già, ad eſſere la delizia dei
Monarchi
, che ſervironſene per innalzare Archi pei loro Trionfi, ſontuoſi Edifizj a lor
gloria
immortale;
come altresì continui a coltivarſi ed eſſer prezzata nella noſtra Do-
minante
eterna Repubblica, ove i copioſi magnifizj Edifizj dimoſtrano il genio grande
e
magnifico dei nobili Cittadini di tal Arte protettori, e vaghi oltremodo di nobilitar
ſempre
più la loro immortal Patria, dalla qual protezione ne è originato il luſtro
maggiore
dell’Arti Liberali;
e ſingolarmente dell’ Architettura ſonoſi eſſi ſegnalati al
par
dei Romani, vantando quel pregio, che potrebbe dirſi inarrivabile, per la mae-
ſtà
e moltiplicità delle loro magnifiche fabbriche, Templj, Palagj, ed altri ſontuoſi
Edifizj
, de’quali abbonda, e va ſuperba la bella Città Dominante di Venezia.
Poichè convien fare alcuno eſame intorno agli errori, o difetti del corpo umano,
ſarà
bene, che incominciamo dal Corpo, eſaminando, ſe abbia deformità, che lo
renda
ſconcio, e privo di quella perſezione, che ſe gli conviene;
così è proprio il
farſi
prima di tutto a ſcuoprire gli errori commeſſi dagli Architetti mal pratici, e
poco
avveduti, nell’operare, che nel maneggiare la nobile e bella Architettura,
in
tutte le ſue parti, e conſiderazioni ſempre perſetta.
Conviene pertanto cominciar
da
Roma Capo primario di grandi, e magnifiche ſabbriche, antiche, che moder-
ne
.
Le oſſervazioni, che ſi faranno ſopra alcuna ſua antichità, non ſaranno mai per
detrarre
alla ſua ſtima, ma bensì per ammaeſtrarci.
Quelle poi, che ſi ſaranno in-
torno
alle fabbriche moderne, ſerviranno per maniſeſtare ciò, che ſia errore, e di-
fetto
, ſempre da ſchivarſi, con avere in avvenire più l’occhio al decoro di queſt’
Arte
.
Le figure, che quì appreſſo eſporrò, ſono già a comune contezza, non ſolo per le
fabbriche
ſteſſe, che eſiſtono, ma eziandio per le molte ſtampe pubblicate in
1113DEGLI ARCHITETTI. tempi di palagj, che di vedute, e ve ne ha in buon numero; dalle quali raccol-
te
molte ne ho tratte, come altresì da altre ſtampe particolari, che ho voluto ve-
dere
, affinchè ciò, che viene aſſerito, abbia il ſuo fondamento;
e perchè mai io non
poſſa
eſſer tacciato di non averle vedute, o eſaminate, dichiarandomi di non aggiun-
gere
un’ jota di più di quello, che ho veduto eſpreſſo in eſſe ſtampe:
e ſe per av-
ventura
vi ſoſſe alcuna coſa, che non ſi rilevaſſe giuſta, e a norma della mia eſpo-
ſizione
, ciò potrebbe accadere, o per alcuno errore, che ſoſſe nelle ſtampe eſpoſte,
oppure
nelle ſabbriche ſteſſe vi foſſe alcuna coſa ſtata migliorata , come bramerei ,
che
foſſe pel maggior decoro e perfezione delle fabbriche diviſate.
Fineſtra, e Loggia della Benedizione nel Palazzo Pontificio al Quirinale.
Figura, che dimoſtra la fineſtra, o ſia Loggia della Benedizione nel Palazzo Pon-
tiſicio
al Quirinale, in cui ſi rilevano diverſi errori commeſſi dall’ Architetto.
Diremo adunque, come l’arco di queſta fineſtra, che ſi ſtende a ridoſſo dell’ Ar-
chitrave
, e tutto lo cuopre, viene a togliere al medeſimo il ſuo uſizio.
Il difetto
ſteſſiſſimo
ſi rileva altresì nell’ arco della porta del Palazzo Chigi, che taglia, e
cuopre
tutto l’ Architrave nella guiſa ſteſſa:
coſa affatto deforme, non v’ eſſendo ra-
gione
alcuna, che poſſa ammettere cotali ſcherzi, coſa eſtendovi, che altri ſcu-
ſar
poſſa da tale errore.
E ſe per avventura mi ſi poneſſero innanzi da taluno le
quattro
arcate, due delle quali fanno l’ ufizio di portoni nell’ Anfiteatro di Pola,
riſponderò
, che anche queſte tagliano l’ Architrave corrente:
e ſe mi ſi diceſſe, che
eſſendo
queſta fabbrica antica, può ſervire d’eſemplare, e può imitarſi, ſecondo la
relazione
delle ſcoperte fatte ſopra tale Anfiteatro dal Conte Gian-Rinaldo Carli Rub-
bi
;
riſponderò di nuovo, che il porre in pratica ſiffatto abuſo è ſtato, è ſarà per-
petuamente
un errore da ſchivarſi:
tanto più, che ſopra l’ arco a bel principio divi-
ſato
, trovaſi collocata la Statua della Vergine ſedente col Bambino in braccio:
im-
perciocchè
è certo, che queſta ſigura per ſedere dee occupare dello ſpazio, e quì non
può
eſſervi ſe non quel poco, che tiene lo ſporgimento della cornice dell’ arco e
della
teſtolina del Cherubino, che forma ſerraglia:
ſervirà il dire, che le poche
nuvole
poſte a’ fianchi, le quali pure appoggiano ſopra l’ arco, facciano comparire
la
ſtatua in aria, e ſoſtentata dalle medeſime:
tampoco ſi dee ſupporre ſcherzo
pittoreſco
, poichè in tal caſo le nuvole dovrebbero eſſer moſſe in altro modo più
bizzarro
, e non appoggiate come ſi trovano, a modo di piediſtallo.
Se ſi oſſerverà
pertanto
il preſente diſegno, ſi rileverà meglio quanto eſpongo, con queſto di più,
cioè
, che la ſteſſa cornice gli paſſa dietro;
e queſta in vece di formargli ſedia, la
ſpinge
in fuori;
mai può approvarſi un tal penſiero, qualora ſupporre non ſi
voleſſe
, che foſle un’ Immagine dipinta ſopra una tavola, e non una Statua di pie-
tra
.
Si oſſerva inoltre, che il medeſimo fronteſpizio ſopprappoſto, ſorpaſſa colla pun-
ta
, e taglia la cornice ſuperiore fin ſotto al gocciolatojo:
ſconcerti ſomiglianti ban-
diſcono
il buono, ed inſegnano ai poſteri errare a man ſalva.
Quanto mai ſtupireb-
bero
in faccia a tali errori gli Antichi Maeſtri d’ Architettura, che appunto ſi ſpac-
ciano
battezzandogli per bizzarrie! Non inſegnarono eſſi giammai coſe tanto ſconce,
come
poſſiamo oſſervare dalle fabbriche dell’ antica Roma, il cui gran pregio non
eſtingueraſſi
giammai:
ed eſſa ſola ſervir dovrebbe di conſuſione alla moderna Ro-
ma
, la quale non fa moſtra che d’ Architettura licenzioſa e teatrale piena d’ imba-
razzi
e ſtorpiature, come rilevaſi dalle ſteſſe moderne fabbriche.
Fineſtra di mezzo nel Palazzo dei Conſervatori di Roma.
Dalla novità di queſta fineſtra, che rappreſenta piuttoſto un’arcova da camera,
che
una fineſtra principale in una facciata di Palazzo famoſo in Roma, ſi rileva l’
Architetto
, che ne fu autore lontaniſſimo dal ſano penſare, non meno riſpetto alla
magniſicenza
del ſito, che per intelligenza di ſoda Architettura, che certamente in
eſſa
fineſtra tion ſi rileva.
Poco vi vuole a riconoſcerla diſettoſa: il vederla ſolo co-
mal concia nel rimenato, che appoggia male ſopra la cornice, che nulla aſ-
fatto
corriſponde colla medeſima, fa conoſcere l’ eſſer ſuo falſo, e ſmunto:
quin-
di
conſiderando le due cartelle, che ſporgono in fuori ( mi ſo a credere, che ciò
ſia
ad eſſetto di riſtringere il vano, che ſarebbe comparſo tozzo, ed anche per
ſupplire
al ſoſtegno dello ſteſſo rimenato:
ma tutto queſto forma comparſa teatra-
le
, e nulla più ).
Il fronteſpizio poi, che altro non ritiene, che la ſola gola, e
1124OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI gocciolatojo, reſta povero, e ſecco, rompendo colla ſua cima l’ incaſſatura del riqua-
dro
corniciato, che l’ abbraccia.
Sarà dunque da avvertire, che tutte quelle ſigure, le quali s’ adornano in Archi-
tettura
, altro fine aver non debbono, ſe non ſe quello, che richiede eſſa Architet-
tura
per ſuo decoro, e maeſtà:
quindi ſi debbon bandire tutte le bagattelle,
che
non poſſono eſſer commendabili, mai lo ſaranno preſſo i proſeſſori d’ottimo
guſto
e perſetto, i quali ſeguono, e perpetuamente ſeguiranno l’ eſempio degli An-
tichi
per conſervare la vera e perſetta Architettura.
Porta interna nel Palazzo Borgheſe.
Appariſce queſta porta interna nel Palazzo Borgheſe con una ſoglia ſtravagante, perchè
nella
mezzeria viene ad eſſer raddoppiata:
e ſiccome a ridoſſo è poſticcia, non ſi
ſa
intendere, come regger ſi poſſa.
Inoltre la leſenadura di mezzo ſotto alla corni-
ce
tiene le gocce, e il feſtoncino nel riquadro meſchiniſſimo, e diſacconcio ornato
ſopra
una porta maeſtoſa:
ed è un nuovo argomento di ciò, che quì ſopra abbiam
detto
, riſpetto agli ornati in Architettura.
In queſta porta non ſi rileva di buono,
che
le alette ne’ſianchi cartellate.
Che mai abbia penſato di fare l’ Architetto, non
ſaprei
indovinarlo:
dico bene, che ſiſſatte invenzioni non poſſon mai eſſer ammeſſe,
e
che ſarà ſempre condannabile chi così penſa.
1135DEGLI ARCHITETTI. 56[Figure 56] 57[Figure 57]Fineſtra di mezzo al Palazzo
delli
Sig.ri Conſervatori di Roma
58[Figure 58]Fineſtra è Loggia della Benedizione
nel
Palazzo Pontiſicio
nel
Quirinale.
Porta
interna nel Palazzo Borghese
1146OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Porta nella Chieſa di San Giovanni Laterano, che conduce nel Palazzo Lateranenſe.
Queſto , che veramente è un bel penſare! Unire due porte in una, quando una
ſola
baſtava a formare la ſteſſa figura.
Ed a che ſerve mai l’ aver poſto lo ſtipite
delle
due porte per dividere le medeſime, quando queſto ingombra, e non accreſce
nobiltà
, anzi ſteriliſce la figura ſteſſa?
Vi ſarà forſe taluno, che per difender l’Ar-
chitetto
, voglia dirci, che una tale larghezza non poteva aver proporzione coll’ al-
tezza
, e che perciò venne forzato a prendere un ſiffatto ripiego?
Riſponderei io
pertanto
a queſto tale, che i fori debbon eſſer perpetuamente accomodati al proprio
ſito
;
e certamente l’Architetto dee uſare tutte quelle diligenze, ed oſſervazioni, che
poſſon
convenire ad un tal ſito, per adoprarſi colla maggior bravura, e perizia poſ-
ſibile
.
Anche un ſol foro poteva farſi beniſſimo, variando la figura con quei miglio-
ri
compenſi, che l’Arte può, e ſa ſuggerire, allorchè queſti vengano inteſi dall’Ar-
chitetto
.
Non è da dubitare, che quell’ Architetto avendo penſato nella guiſa divi-
ſata
, non abbia a un tempo ſteſſo creduto la coſa molto pellegrina, e bizzarra,
non
accorgendoſi dell’inganno, che quindi riſultava, vale a dire, di tozzo, e pe-
ſante
:
di tozzo, poichè la ſua luce in tutt’e due le porte è d’un ſolo quadrato: di
peſante
, perchè il quadro, che forma la propria ſoglia colla ſiniſtra, che ſoſtiene la
ſopraccornice
leſenata, e porta fronteſpizio fino alla mezzana di detto quadro, ve-
nendo
tutto queſto a formare un gravoſo gruppo ſopra la ſoglia medeſima, taglia
inoltre
l’architrave ſteſſo della propria cornice, ed il fronteſpizio poſtovi così ſcar-
ſo
, e meſchino ſopra la gola della cornice, la quale deveſi certamente levare, per
dar
maggior corpo allo ſteſſo fronteſpizio, e nel tempo medeſimo leggerezza alla ſteſ-
ſa
cornice:
e poi conſiderando la figura di quei due Serafini così imbarazzata nelle
ſue
ale, le quali ingombrano al traversìo il fronteſpizio, facendo comparſa confuſiſ-
ſima
, e niente adorna.
Tutto il buono, e il bello, che quì ſi può conſiderare, ſi
riſtringe
alla ſola medaglia del Pontefice poſta nel mezzo, e meglio aſſai vi ſarebbe-
ro
riuſciti due Angioletti poſti ſopra i fronteſpizj in atto di ſoſtenere con avvenenza
detta
Medaglia, in vece di quegli aggruppati, e mal poſti Seraſini ( che null’ al-
tro
poſſon rappreſentare che amore ) dove in queſto luogo non rappreſentano ſe non
confuſione
, ſiti ingombrati, o per dir meglio ſtorpiature fatte alla perfetta Archi-
tettura
.
Porta interiore della chieſa di Santa Martina, e San Luca.
Queſta porta fra le molte oſſervate ha alcuna differenza a motivo del peſo poſto
ſopra
la propria ſoglia, formando una zanca falſiſſima, e taglio al di ſotto, che ſca-
va
la medeſima, riducendola più debole, e ſconcia:
quindi i due riſalti con goc-
cie
, che ſoſtengono a ſiniſtra il timpano, e fronteſpizio di peſante forma, tutto a
ridoſſo
della ſuddetta ſoglia:
queſta certamente non potrà mai dirſi grazioſa, e gen-
tile
, ma ſarà ſempre biaſimata;
oltre di che lo ſteſſo timpano viene a tagliare la
cornice
, che appoggia ſulla ſiniſtra dello ſtipite;
e queſta ſcompariſce, eſſendo tron-
ca
;
come altresì il feſtone appeſo alla cartella, rimane tagliato, quantunque poſſa
ſupporſi
, che paſſi dietro per unirſi nella mezzaria della ſiniſtra ſotto il timpano.
Ciò volendo ſupporre, convien dire, eſſer lo ſteſſo timpano in aria, non ſitto nel
muro
:
in ſomma ſiſiatte invenzioni non debbonſi mai porre in pratica, ove ſia vera
Architettura
, che richiede ſolidità, e non aeree fantaſie.
Queſto potrebbe ſtare, ſe
tutto
il diſegno altro non foſſe, che cartelle, e fogliami, nel qual caſo altri tutto
ſi
fa lecito per motivo del capriccioſo intreccio, coſe eſſendo tutte queſte, nelle qua-
li
ſi può ſcherzare a talento, lo che non è lecito ove ſi tratta di ſeria Architettura.
1157DEGLI ARCHITETTI. 59[Figure 59]Porta nella Chiesa di
che
conduce nel
60[Figure 60]S. Giõ: in Laterano,
Palazzo
Papale.
Porta
di dentro della Chiesa di S.a Martina, è S. Luca.
1168OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Una delle due picciole Porte poſte ſopra la facciata di San Pietro di Roma.
Picciola porta è queſta di meſchino ornamento poſta accanto alle tre maggiori
nella
facciata di San Pietro fra gl’intercolunnj delle colonne principali, della quale,
come
altresì delle fineſtre, ragiona il Galaccini a carte 76.
e 77. E di vero com-
pariſce
queſta porta più nicchia per una Statua, che porta d’un Tempio magni-
fico
, e grande.
Ella è gretta, e meſchiniſſima. Il ſolo vederla così piena di bagat-
telle
, con iſconcia ſerraglia, e povera faſcia nell’arco, e ſenza impoſte, affatto pri-
va
di quei requiſiti, che in quel ſito le converrebbero, fa giudicare, che meglio aſſai
ſtato
ſarebbe il non porvela, mentre non corriſponde in parte menoma colle altre,
coll’ Architettura di tutto l’intiero compleſſo.
Errori ſon queſti, che moſtrano l’
Architetto
digiuniſſimo di quella cognizione, che è neceſſaria per rettamente operare.
Porta entro la Baſilica Vaticana.
Offervabile ſi è pure queſta porta per l’errore, che vi ſi rileva, ed è, che ſoſtie-
ne
tutto il peſo della ſopraccornice in falſo, cioè, a ridoſſo della propria ſoglia, re-
ſtando
la medeſima caricata oltre il dovere, e peſante anche per la ſua figura, la
quale
appariſce dalla ſiniſtra medeſima, che lo alza ſopra il vano.
E’ veramente
coſa
da ſtordirſi il veder fare così reo uſo di quell’ Architettura, che quello ſoltanto
approva
, che è ragionevole, e rigetta ciò, che è lontano dal vero, e perciò difet-
toſo
, e mancante.
Porta della Chieſa del Collegio di Propaganda Fide.
Non ſi può mai dire a baſtanza, quanto grande ſia l’errore di tagliar la propria
ſoglia
con menſole, non potendo queſta mai eſſer tagliata, per non contraſtarle la
ſua
forza naturale;
e tanto più, che la medeſima reſta aggravata dal peſo della pro-
pria
cima, che le ſta al di ſopra con fronteſpizio, oltre l’ arme, e i feſtoni, coſe
tutte
, che maggiormente l’opprimono.
Tutto quello poi, che appariſce ornamento,
quì
non fa il ſuo effetto, ma produce piuttoſto carico, e peſo.
( Anche le ſiniſtre
ne’
fianchi ſono ſtrette dai riquadri dei pilaſtri, che loro ſtanno appreſſo, ſenza ſa-
pere
ove abbiano a terminare ).
Bella coſa in vero operar ſenza ragione, e porre
ſoltanto
la rama d’ olivo, od altra coſa attaccata al cartoccio, per occupare il vano,
e
così confondere il termine dei medeſimi pilaſtri!
Porta principale dentro la Sala del medeſimo Collegio.
Dee dirſi anche di queſta porta, che trovaſi pure aggravata ſopra la ſoglia in buo-
na
parte, e di peſantiſſima apparenza, oſſervandoſi nel rimenato la menſola grande
non
leggiera, con le alette leſenate nei fianchi, dove termina la chiocciola del goc-
ciolatojo
, ed appreſſo i due ſporgimenti di cornici, che compariſcono circolari, con
i
ſcannellature, e goccie al di ſotto:
coſe tutte, che non reggono ſecondo il dovere
dell’Arte
:
ma ſono fantaſie mere ſognate. Oſſervo eziandio eſſer con frequenza pra-
ticato
l’uſo dei Serafini così ingombrati nelle loro ale, i quali, in vece d’ apportar
leggerezza
, moſtrano per lo contrario peſo, e goffezza.
Ciò, che oſſervo in queſta
porta
, ſi rileva in altre moltiſſime in Roma.
Non ſi creda però, ch’ io ſia per con-
dannare
l’uſo di tali Serafini;
anzi aſſeriſco, che vanno beniſſimo, allorchè vengan
poſti
ne’ luoghi, e colle funzioni ad eſſi ſpettanti, decoroſamente;
ma non poſſo
mai
approvar la maniera, colla quale veggogli ſovente meſſi in opera.
Fineſtre nel ſecond’ Ordine della facciata dello ſteſſo Collegio.
Fra tutte le ſopraffineſtre di ſconcia figura, che ſi oſſervano nella facciata di que-
ſto
Collegio, la preſente ſi diſtingue, che in ſe nulla ha di buono, e di bello.
Servirà il ſolo oſſervar la ſua forma, come è compoſta, e nel vedere que’ due cir-
coli
cantonali poſtivi per accreſcerle gentilezza ( così almeno dee congetturarſi che
abbia
creduto l’Architetto ) i quali girando nella coda all’ insù, ſi portano a ſoſte-
nere
il proprio fronteſpizio, quando queſto ad altro non ſerve, che ad aggravare la
ſteſſa
ſoglia, formando in tal modo una figura goffa, e niente leggiera.
Di tali ſtra-
vaganze
è piena tutta Roma.
1179DEGLI ARCHITETTI. 61[Figure 61] 62[Figure 62]Una delle due
picciole
Porte poſte
sopra
la facciala di
S
. Pietro in Roma.
63[Figure 63]Porta principale dentro
la
Sala del medeſimo
Collegio
.
64[Figure 64]Porta entro la Baſilica
Vaticana
.
65[Figure 65]Porta della Chieſa
del
Collegio di Propaganda Fide.
Fineſtre

nel
ſecond’ Ordine della
facciata
dello ſteſſo Collegio.
11810OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Errori diverſi di malinteſa Architettura, che ſi rilevano non meno dentro,
che
fuori del Tempio Vaticano.
Il Cavalier Fontana nel ſecondo Libro della ſua Opera ai Capitoli terzo, e quar-
to
, aſſeriſce, come intorno all’ anno 324.
di noſtra Redenzione, dopo la guerra di
Mezzenzio
, da Coſtantino Magno fu eretta dopo il ſuo Batteſimo la Baſilica nel Va-
ticano
, luogo delle Memorie di San Pietro.
Che in quel luogo ſteſſo Anacleto Papa
ſopr’
eſſe Memorie, e Corpo di San Pietro, alzò l’ Oratorio, e il Cimiterio per i
Sommi
Pontefici, ove appunto trovaſi al preſente la Confeſſione del nuovo Tempio.
Cominciò Coſtantino a imitazione dei XII. Apoſtoli a cavare dodici ſporte di terra
nel
luogo, ove ſi era deſtinato di gettar i fondamenti d’eſſa Baſilica.
La medeſima
fu
fatta in forma di croce, di grande capacità, per includervi quei dati ſiti, nei
quali
erano ſtati martirizzati tanti Criſtiani, e venne finalmente eſſa Baſilica conſa-
grata
il 18.
Novembre da San Silveſtro Papa, a contemplazione del quale fu la
medeſima
dal detto Imperatore innalzata.
Niccolò V. poi ordinò all’Architetto Antonio Roſelini la rinnovazione d’ eſſo Tem-
pio
:
e Papa Giulio II. comandò a Bramante Lazzari da Urbino, a Giuliano da San
Gallo
, a Fra Jacopo Veroneſe, a Baldaſſar Peruzzi da Siena, a Raffael d’ Urbino,
ed
a Gio:
Batiſta Berti, che formaſſero un nuovo diſegno. Fra queſti venne preſcel-
to
Bramante, e fu ſul ſuo diſegno dato mano al lavoro.
Operò anche dopo del Bra-
mante
ſotto lo ſteſſo Giulio II.
Antonio da San Gallo. Queſto ſteſſo Papa ordinò
poſcia
il ſuo ſepolcro a Michel Angiolo Buonarrotti, al quale, dopo la morte del
San
Gallo rimaſe la cura, e direzione del Tempio, ed egli riduſſe la ſorma di cro-
ce
ſotto i Pontificati di Leone X.
d’ Adriano VI. di Clemente VII. e di Paolo III.
il quale dichiarò Capo della Fabbrica eſſo Buonarrotti, approvandone il ſuo model-
lo
.
Continuò il Buonarroti l’ opera ſua anche ſotto Giulio III. Marcello II. e Pao-
lo
IV.
da cui benchè Pirro Ligorio come ſuo Architetto ſoſſe deſtinato a queſta fab-
brica
, tuttavia non gli fu permeſſo il porvi mano, per aver tentato di diſtruggere
le
ordinazioni di Michel Angiolo.
Pio V. eleſſe Jacopo Barozzi da Vignola, con
precetto
di nulla innovare riſpetto alle diſpoſizioni di Michel Angiolo.
Gregorio XIII.
non
mancò di far continuare i lavori;
e nel Pontificato di Siſto V. con ogni celeri-
venne accudito a cuoprire il Tempio con farvi innalzare la Cupola con i diſegni
di
Michel Angiolo, ſotto la cura di Jacopo della Porta, il quale per eſſer molto vec-
chio
ebbe l’ajuto aſſegnatogli del Cavalier Domenico Fontana.
Dal tempo di Siſto
V
.
, d’Urbano VII. , di Gregorio XIV. , d’ Innocenzio IX. , di Clemente VIII. , fino
al
Pontificato di Paolo V.
reſtava ancora in piedi la parte della Baſilica vecchia,
la
quale più non potendoſi riparare, ſi determinò finalmente queſto Papa a farla de-
molire
, e ad aggiungere colla ſteſſa occaſione alla figura quadrata del Buonarroti
quella
porzione ordinata da eſſo Paolo V.
ſotto la direzione di Carlo Maderni.
La Magnanimità d’Urbano VIII. ordinò all’ Architetto Cavalier Bernini l’erezio-
ne
di due campanili per magnificenza, e ſovranità del Tempio Vaticano, e inſieme
per
ornamento della facciata;
ma per l’iſtabilità della parte, ſu cui poſavano, ben-
chè
vi foſſe per direttore lo ſteſſo Maderni, nulladimeno nel Pontificato d’Innocen-
zio
X.
fu tolto l’ordine dei Campanili. Dovevan queſti eſſer poſti ſopra i paſſaggj,
che
conducono alla parte poſteriore del Tempio.
Queſta facciata fu eretta di figura
quadrilunga
nel Pontificato di Paolo V.
e ſi argomenta, che i Proſeſſori di quel
tempo
non aveſſero la neceſſaria eſperienza per creare idee nobili, e adeguate ad un
coſpicuo edifizio, come neppure per imitare glì ornamenti laterali del Tempio,
e
quelli del tamburo della Cupola;
ſendo noſtro parere, che non foſſe dai medeſi-
mi
bene inteſa la diſtribuzione delle porte, e di tutto il rimanente.
Tutto il da me finora diviſato vien riferito dal nominato Cavalier Fontana nel
ſuo
V.
Libro del Tempio Vaticano al Capitolo II. continuando a rilevarne diverſi
errori
fino a carte 285.
ove ragiona di quei mendicati fori della facciata con orna-
menti
così minuti, che ſcemano il decoro dell’ edifizio;
e continuando a parlare del-
la
ſacciata per le ſconce ſue parti, dopo d’aver parlato dei grandi colonnati, e cor-
nici
ordinate dal Buonarroti, paſſa a ragionare d’altro ordine inferiore ſoſtenuto dal
principale
, compoſto di parti miſte improprie, che non ci è riuſcito trovare il
loro
proprio nome ſecondo gli Antichi.
E’ queſto compoſto di meſchini pilaſtri,
nella
ſommità dei quali ſi veggiono de’Cherubini, che moſtrano di dirigere i capi-
telli
colla cornice, in vece d’ architrave, ſopra la quale rimane quella picciola
11911DEGLI ARCHITETTI. lauſtrata aſſorbita dall’ altezza di quelle ſtatue, che ad eſſa ſon ſoprappoſte, rappre-
ſentanti
i XII.
Apoſtoli, ed il Redentore nel mezzo. Continua lo ſteſſo Autore a
ſcuoprir
ſempre nuovi errori commeſſi nella ſuddetta facciata, non ſolamente per ciò,
che
ſi è diviſato, ma eziandio per la giunta del Tempio fatta fare da Paolo V.
, la
quale
non corriſponde alla linea diametrale, ma forma angolo ottuſo entro il Tem-
pio
medeſimo, e non linea retta, com’eſſer dovrebbe.
Così leggiamo nell’accennato
Libro
da carte 203.
fino alle 261. ove termina coll’aggiunta dei campanili.
Si rileva da ciò, che ſi è detto finora evidentemente, eſſer queſta riuſcita una fab-
brica
diſordinata a motivo dei diverſi Architetti, che la compoſero:
e veramente
nell’occhio
in primo luogo la ſua piantazione così meſchina in proporzione della gran
mole
:
ed in fatti oſſervate i grandi pilaſtri Corintj piantati ſul pavimento, ſenza al-
cuno
innalzamento, come richiedeva il decoro, e la grandioſità, che ſi faceſſe:
poi-
chè
lo ſteſſo ſarebbe, che un Perſonaggio foſſe riccamente veſtito, ed aveſſe i piè ſcal-
zi
, e nudi, e ſenza ſcarpe.
Oſſervaſi inoltre con ſorpreſa la diſuguaglianza degl’ in-
tercolunnj
, parte ſtretti, e parte larghi, ſicchè le nicchie incaſtratevi, alcune rieſcon
comode
, altre grette ed anguſte, e queſto a motivo della ſcorrezione dei medeſimi
intercolunnj
;
quindi il diſordinato modo di piantare i pilaſtri ſepolti nello ſporto del-
le
cornici delle impoſte degli archi delle Cappelle, che riſaltano in fuori di eſſi con
taglio
ſpiacevole, e ſconcia figura, fuori dell’eſſer ſuo naturale, il quale conſiſte nell’
eſſere
al dritto del vivo de’proprj pilaſtri, e non più.
Non , come poſſa ſoſſrirſi
un
tal diſetto, ſenza fare le dovute rifleſſioni pel retto ſiſtema delle proporzioni, che
dee
ſempre avere in mira un vero Architetto.
Certamente in queſt’ opera fu quel
tale
diſuguale e ſcorretto;
poichè chi può mai immaginarſi, che tali cornici così ta-
gliate
poſſan tener l’uguaglianza non ſolo della legatura, ma nemmeno quel comun
ſenſo
, che è proprio della ſteſſa Architettura?
Coſa degna di maggior oſſervazione altresì mi rieſce il vedere nel foglio diſegna-
to
, e intagliato dal Piraneſi dell’interno di detta Chieſa, eſtere il cornicione, che
gira
tutt’ intorno al gran Tempio, piantato ſopra i pilaſtri, mancante della propria
gola
dritta, che in ogni tempo è ſtata praticata per cima, e gentilezza d’ eſſa cor-
nice
, e che ſoltanto ſi laſcia, allorchè ſi leva fronteſpizio, o rimenato, e in tal caſo
il
ſolo gocciolatojo cammina, e non in altro modo;
io per quanto cercaſſi ebbi
in
alcun Tempio mai a vederne di ſomiglianti;
ma trovai bensì nel quarto Libro
delle
Antichità del Palladio a carte 14.
il Tempio della Pace, in cui rilevai la cor-
nice
ſenza gocciolatojo, ma con la gola dritta appoggiare ſopra i modiglioni;
e que-
ſto
pure eſſendo come il primo un mancamento dell’Architetto, che non oſſervò a
dovere
la buona Architettura.
Inoltre dee rifletterſi, come in un Tempio così magnifico, il quale pel computo
fattone
dal Cavalier Fontana, può in tutto, e per tutto pareggiarſi al Tempio di
Salomone
, ſi poſſano rilevare tanti errori patenti, ſembrando che per la ſua gran
fama
eſſer doveſſe il tipo d’ogni perſezione:
ma eppure ſegue tutto all’ oppoſto, e
ciò
a motivo della diver@ità degli Architetti, che in varj tempi ne ebbero la ſoprin-
tendenza
.
Diſgrazia ella ſi è queſta, per cui le fabbriche di maggior momento ven-
gon
guaſtate dall’ opinione varia degli uomini, poichè cadaun d’eſſi penſa di diſtin-
guerſi
colla bizzarria delle proprie idee.
Così avvenne al Tempio Vaticano tanto fa-
moſo
, che dal non eſſer del medeſimo ſtata formata di pianta un’idea ſtabile nell’eſ-
ſer
più uniſorme, poſitivo, e vero, nacquero tante diverſità di pareri, quanti gli
Architetti
furono, che lo compoſero.
E di vero troppo vi vorrebbe a porre in veduta tutti i difetti, che oſcurano la
nobiltà
di tal Tempio.
Un ſolo eſempio mi ſi potrebbe addurre per iſcuſare le cor-
nici
tagliate, ed i pilaſtri incaſſati entro le medeſime, dicendo, eſſer così anche i
pilaſtri
, e le impoſte degli archi nell’ Anfiteatro di Pola:
ma ciò e che rileva? quan-
do
anche quello è male ideato, mai potrà darſi per modello di perſetta Archi-
tettura
, eſſendo certamente una gran fabbrica, che dee perciò ammirarſi, ma non
imitarſi
.
Niente meno oſſervabili ſono i paſſaggj di Cappella in Cappella, poichè hanno
gli
archi non perſetti, ma compoſti da ſoli rimenati, che formano ſgarbatamente
l’arcata
, o mezz’ arcata, la quale è falſa, e ne produce la ſconcia figura, che rap-
preſentano
, appoggiando ſulle cornici, con quei tronchi Zoccolati, che guaſtano, e
non
adornano:
e ſe ſon poſti per corriſpondenza delle colonne, dico, che tal rime-
nato
non conviene, per la comparſa indecente, e tronca, che nulla preſenta di mae-
ſtoſo
, e grande, ma ſola immaginazione ſognata.
Oh quanto miglior comparſa
12012OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI vrebbe fatto, ſe vi ſi foſſe poſta ſopra le dette colonne, e cornici la ſua arcata per-
fetta
, con cui il paſſaggio ſarebbe riuſcito più ſvelto, e più leggiadro, ſenza il fal-
ſo
ripiego della fineſtra, che non ſerve ſe non ſe per lume fallo, e inutile! La ſola
ultima
tiene l’arco entro le colonne col rimenato ſopra:
ma e queſto ancora e che
vale
?
quando compariſce meſchino in proporzione del gran Tempio, e ſolo accom-
pagna
nel rimenato le altre aperture.
Queſta è compoſizione guaſta, e ſcarſa idea
dell’
Architetto, ſe ſi conſiderino anche le grandi ſerraglie negli archi, come ſono di
ſporgimento
eccedente, ingombrano, e non adornano, nulla ſoſtengono;
e perchè e-
ſcono
tanto fuori, che pajono menſole da porvi ſopra alcun vaſo, o buſto.
Vergo-
gna
ella è queſta, il far ciò, che non conviene:
vi la ſerraglia, e cuneo, che
dee
cuoprirſi gentilmente, e leggermente.
Così fece chi l’ Arte ſeppe a dovere.
Molti altri errori eſporre ſi potrebbero: ma per ora baſtino gli accennati; e chi più
ne
brama, legga il Cavalier Fontana nel IV.
Libro Cap. II. della ſua Opera, ove trat-
ta
del Tempio Vaticano pienamente.
Egli ſi dee però conſiderare per ultimo l’univerſale ornamento di queſto Tempio,
che
è abbondante, e ripiento di ſtucchi, e di bagattelle, le quali, nel ſoffitto,
che
nei pilaſtri degli archi delle Cappelle, ed in tutte le altre parti, non corriſpon-
dono
punto al vero, ſerio, e lodevole ornamento di nobile, e decoroſa Architettu-
ra
, ſecondo il vero antico, ed il parere de’ più ſaggj Architetti, che hanno perpe-
tuamente
ſchivato gli ſcherzi, e ſi ſono valuti del ſolo ornato puro e maſſiccio, ed
in
quei dati ſiti, che non toglieſſero all’ oneſta Architettura il grandioſo eſſer ſuo
tanto
pregevole.
Con ragione poi il Cavalier Fontana vitupera quei tanti ſori poſti nella ſacciata
con
ornamenti tanto minuti, che ſcemano il decoro dell’Ediſizio, e per fino il ſe-
cond’
Ordine poſto ſopra i grandi colonnati, compoſto di meſchini pilaſtri inferiori
al
primo.
Veramente a conſiderar la facciata vedendola così piena d’irregolarità; e
fra
le altre quei due miſerabili paſſaggj, che portano alla parte poſteriore di detto
Tempio
, mal penſati, ſenz’ alcuna correlazione all’ ordine della medeſima, dico,
che
ſe era di neceſſità il fare tali paſſaggj per comodo della propria ſtrada, conve-
niva
adattargli ſecondo la ben regolata Architettura, corriſpondenti a tutto l’inſieme,
e
non così tronchi, e poſticcj, quali ſono, rappreſentando un’ apertura forzata, o
per
dir meglio, un ponte di campagna di ſconcio mezz’ arco, e di ſgarbata figura,
che
non ſolo ſcema, ma toglie intieramente la buona grazia, che richiedeva un ſi-
to
così riguardevole.
E quando tal licenza uſarono i buoni antichi? Eſſi non mai,
ma
i ſoli moderni Architetti la praticarono, guaſtando il buon ordine, ed introdu-
cendo
la ſcorrezione, ſenza riguardo al nobile, e maeſtoſo, che conveniva.
Con aſ-
ſai
minore ſpeſa e fatica, ſe aveſſer riflettuto alla grandioſità e decoro dovuto a ſi-
to
tanto riguardevole, e ſecondo la purità dell’ Architettura, ſarebbeſi tal Opera com-
pita
.
Deeſi dire pertanto, che tutti i diſordini procedono dalla ſola ambizione di-
chi
ſoprintende.
Gonſj coſtoro di ſe ſteſſi nulla penſano al decoro, e ſolo s’ appa-
gano
del capriccioſo loro sſogo, ſenza riflettere al diſcapito, che pur troppo incon-
trano
con loro ſcorno, e diſguſto, conſiderati eſſendo dall’Architettura eretici appaſ-
ſionati
.
12113DEGLI ARCHITETTI. 66[Figure 66]Parte della
Vcduta
interna della Baſilica di S. Pietro
in
Vaticano.
12214OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Fineſtre nel ſecond’ Ordine della Facciata, e ne’ fianchi della Chieſa
di
S. Pietro di Roma.
Quei fronteſpizj tagliati, che ſi veggiono poſti ſopra le fineſtre nel ſecond’ Ordi-
ne
della Facciata, e ne’ fianchi della Chieſa di S.
Pietro, non corriſpondono al loro
fine
, che è quello di cuoprire, e di difendere dalle piogge.
E’appunto lo ſteſſo, che
un
uomo in tempo piovoſo per cuoprirſi portaſſe ſotto il braccio, e non in capo il
cappello
.
Inoltre l’ ornamento quì è troppo peſante nell’ occhio della conciglia,
che
nei feſtoni attaccati alla cartella, coſa, che meglio potrebbe ſervire per ornare
un
cammino da camera, anzichè per una fineſtra in ſito così nobile, e magnifico.
Il riflettere ſopra tali coſe ſconce, e malinteſe ſervirà aſſai per tenerſi lontani dall’
uſo
degli ornamenti ſuperflui, e vizioſi, che tolgono il bello, ed ingombrano il buo-
no
della quadratura, la quale altro non ricerca, che leggerezza, e grazia, appagan-
do
così più l’ occhio di chi ha piacere, e ottimo diſcernimento.
Altre Fineſtre della Baſilica Vaticana.
Anche in queſte fineſtre rilevaſi una ragione d’ ornato aſſai ſconcio, come, a ca-
gion
d’ eſempio, piantare ſul cantone del telaro cornice tagliata, con menſole per
fianco
, che nulla ſoſtengono, e terminano con gocce al di ſotto:
e queſte per eſ-
ſer
nel ſecond’ Ordine detto Attico, e ſopra il Corintio, non torna bene, eſſendo le
medeſime
del ſolo Ordine Dorico.
Mi fa però gran maraviglia l’ imperizia di tali
Architetti
, che voglion valerſi per tutto di ciò, che non conviene, togliendo l’ or-
namento
d’un Ordine, per darlo ad un altro.
Lo ſteſſo è, che il voler veſtire una
perſona
con abito non ſuo, ſatto a ſuo doſſo, che in vece di far buona figura,
ſi
renderebbe ridicola per eſſere ſconciamente veſtita.
Però ſarà ſempre vero il det-
to
, che ogni frutto vuole la ſua ſtagione, e che nell’ Architettura ciaſcun Ordine
ri
chiede i proprj ornamenti a norma di ſua ſtabilita perfezione.
12315DEGLI ARCHITETTI. 67[Figure 67] 68[Figure 68]Fineſtre nel ſecondo Ordine della Facciata,
e
ne’ fianchi della Chiesa di S. Pietro di Roma.
Altre
Fineſtre della Baſilica Vaticana.
12416OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Eſempio degli errori ſcoperti nella fabbrica del Pantheon, detto oggi
la
Rotonda in Roma, cioè nell’ interno d’ eſſe Rotonda.
Molto a propoſito mi ſi offre la gran fabbrica del Pantheon, detta preſentemente
la
Rotonda;
avvegnachè ſia eccellentemente lavorata. Ha queſta diverſe Cappelle,
ed
è di vaga forma circolare, avendo ugual larghezza, ed altezza.
Si poſſono quì
conſiderare
varie coſe, come oſſervò il Palladio, trattando del Pantheon nel ſuo Li-
bro
IV.
a carte 73. ; ed anche il Deſgodetz nel ſuo Trattato ſopra l’ iſteſſo Pantheon,
deſcrivendo
in 23.
tavole maeſtoſa fabbrica tutta d’ Ordine Corintio non meno in-
ternamente
, che eſternamente.
Leggendo i lodati Autori, rilevai della varietà d’ opinioni riſpetto alle miſure, ed
altre
particolarità;
ma riſpetto all’ antichità s’ accordano nella ſteſſa coſa, vale a di-
re
, che tutto il di dentro ſia ſtato rifatto in uno ſteſſo tempo, a riſerva del porti-
co
, che fu aggiunto da Marco Agrippa per maggior decorazione di queſto ſteſſo Tem-
pio
.
In eſſo adunque, tuttochè ſia di perfetto lavoro, ſi oſſervano ciò non oſtante
diverſi
, e notabili errori.
Il primo naſce dalle due arcate, che ſono al di dentro,
cioè
, una nell’ ingreſſo, l’ altra di fronte, che forma la Cappella maggiore;
e que-
ſte
arcate vengono ſoſtentate da due pilaſtri.
Inoltre ciaſcuno di queſti due archi ta-
glia
quattro pilaſtri del ſecond’ Ordine:
la qual coſa non è buona, per la deformi-
, che produce, facendo vedere i pilaſtri tronchi e ſmezzati.
Queſta è la coſa ſteſ-
ſa
, che un uomo, al quale foſſero tagliate le gambe, e foſſe fatto comparire ſtorpia-
to
, e deforme.
Lo ſteſſo può altresì dirſi delle colonne, le quali ſendo tronche ne’
piedi
, non poſſon più moſtrare la loro forza, e ſuſſiſtenza.
Io per me direi, che l’
Architetto
, che ha eretto tal Tempio, ſi prefiggeſſe di farlo ſeguente, ſenza inter-
rompimento
alcuno, e così voleſſe ſeguitare i pilaſtri del ſecond Ordine, affinchè com-
pariſſe
l’ uniformità anche ſopra i diviſati archi.
Egli però poteva beniſſimo ripie-
gare
eſſi pilaſtri, che cadono ſopra i detti archi, convertendogli in menſole ſotto il
capitello
, e così avrebbe ottenuto il ſuo intento, ſenza moſtrare la brutta figura dell’
eſſer
tagliati dall’ arco.
S’ oſſervano inoltre due colonne, all’ incontro dei due pila-
ſtri
della Cappella medeſima, le quali reſtano iſolate, tenendo ſopra la cornice, che
gira
all’intorno, parte della baſe del baſamento del ſecond’Ordine, che forma piedi-
ſtallo
per ſoſtenere alcuna ſtatua, che vi ſtarebbe aſſai bene.
Queſto ſporgimento di
piediſtallo
, che s’alza al di ſopra del peduzzo dell’arco, gli toglie la buona grazia,
e
lo fa comparire mezz’arco, e non perfetto, come dovrebbe:
lo che mi fa credere,
che
le ſuddette colonne foſſer piantate poſteriormente, e non nel riſtauro di detta
fabbrica
, mentre avrebbe l’Architetto veduto, come riuſcivano inutili.
Queſte colon-
ne
però hanno una particolarità, ſecondo il parere de’ſoprallodati Autori, cioè, tra
lo
ſpazio d’un canale, e l’altro della ſcannellatura certi intagli a tondini molto puli-
tamente
fatti;
ed in ciò ſono diverſe dalle altre d’ intorno, che ſono ſcannellate
ſchiettamente
;
e però può darſi, che a motivo di tal rarità ſia ſtato penſato di por-
le
in opera in quel tal ſito, ſebbene inutili in rapporto alla buona ragione.
A tal
propoſito
mi ſovviene, che anche il Sanſovino, allorchè ornò la ſcala, che monta
al
Collegio pel Palazzo Ducale, ſi valſe d’ un ripiego aſſai buono per collocarvi le
due
Statue dell’ Ercole, e dell’ Atlante appoggiando preſſo ai due pilaſtri due colon-
ne
iſolate, e bene adattate, che pajon fatte in uno ſteſſo tempo coll’ arco medeſi-
mo
della ſcala, e ſopra vi collocò le diviſate Statue.
Quindi oſſervando in ſeguito l’
Ordine
ſecondo, o ſia Attico di leggieri pilaſtri parimente Corintj, che ſtringono
nicchie
per Statue, e fineſtre, ed avendo i medeſimi telaro e cornice ſopra, lo ſpor-
gimento
della quale ſorpaſſa affatto i pilaſtri, che reſtano a fianco, appoggiano i
medeſimi
ſopra zoccolo leſenato;
e queſto ſopra il baſamento ſemplice, che gira in-
torno
a tutto l’ Attico.
Tutte queſte coſe in niun modo convengono: diformano e
tolgono
il bello della buona Architettura.
Ciò io volli dire per coloro, i quali non
diſtinguendo
il buono dal reo, lodano tutto quello, che loro ſi para innanzi.
E’ ve-
ro
veriſſimo, che queſto Tempio è, e ſarà ſempre ſtimato per quel buono, che ha
in
ſe, ad eccezione però di quanto ho detto per lume di chi ſtudia la perſetta Ar-
chitettura
.
12517DEGLI ARCHITETTI. 69[Figure 69]Csempio delli errori scoperli
nella
fabrica del Panteon,
hora
detto la Ritonda in
Roma
, cioè nel interno
della
medema.
Metà
della Capella
maggiore
Metà
della porta d’ingresso.
12618OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Figura dell’ Attico riſtaurato entro il Pantheon.
Dobbiamo ora far parola del riſtauro ordinato da Papa Benedetto XIV. nell’anno
ſettimo
del ſuo Pontificato, il quale venne indotto a far accomodare e correggere gli
errori
quì ſopra da noi indicati.
Fu pertanto dato mano al riſtauro della gran vol-
ta
, e per render più luminoſo il Tempio venne anche penſato d’imbiancarla.
Que-
ſto
pertanto è il primo ſpropoſito d’ un tal riſtauro, mentre a un Tempio di que-
ſta
fatta diſdice affatto tale imbiancatura, e vi voleva piuttoſto una tinterella armo-
nioſa
, e corriſpondente all’ antichità del ſito medeſimo, introducendo nelle caſſette
alcun
poco di oro, che avrebbe nobilitata una tal volta.
Quindi pensò di far levar
via
tutti i pilaſtrini Corintj del ſecond’Ordine, come altresì tutto l’Attico, e ſoltan-
to
laſciarvi quei nicchi, o fineſtre, che ſono quattordici in tutto il giro, prolungan-
dole
al di ſotto quaſi fino al peduzzo dell’ Attico ſteſſo, aggiungendo nel di ſopra il
fronteſpizio
.
Piombano queſti ſopra gli Altari, e ſopra le mezzarie degl’intercolunnj
del
prim’ Ordine, coll’ aggiungervi fra l’ una, e l’ altra fineſtra, o nicchio, un gran
riquadro
corniciato da ovoli, e fuſaroli, con altro di ſopra bislungo, figurando in
eſſi
e fuor di eſſi con pittura varietà di marmi.
Non ſarà fuor di propoſito il fare
alcuna
conſiderazione intorno al diviſato regolamento.
Veramente qualora s’ abbia
intenzione
di togliere alcun difetto a qualſivoglia fabbrica, ciò ſi dee fare col fine
di
migliorarla, non mai per deformarla di più:
ma pure da ciò, che venne eſeguito
entro
un Tempio tanto ſtimabile per la ſua Antichità, ſi rileva un enorme ſcon-
certo
.
Dovevaſi queſto perfezionare in ciò, che peccava per rapporto alla perſetta
Architettura
, e non mai ſpogliarlo in guiſa, che compariſſe nudo, ſiccome ſi è al
preſente
, ridotto eſſendo ad un ſemplice muro quaſi liſcio, con quei ſoli riquadri,
che
nulla concludono, ma che altro non fanno che ingombrare un tal ſito, riducen-
dolo
ad una figura peſantiſſima;
poſſiamo altro approvare, che i fronteſpizj ag-
giunti
ai nicchi, o fineſtre, e queſti parimente al diſotto tenendo la ſteſſa cornice,
che
gira intorno.
Altra figura non rappreſenta, ſalvo che un quadro atraccato alla
muraglia
, che abbia bella cima, e niente affatto di piede, e non figura da nicchio,
come
dovrebbe, a differenza del primo ſuo eſſere, il quale appoggiava coll’ erte ſo-
pra
il baſamento;
e queſto era il vero appoggiar con ragione: ma nel modo, nel
quale
vedeſi eſeguito, moſtra un lavoro da legnajuolo, che tutto vuol corniciato, per-
che
il legnajuolo più non intende.
La ſtatua poi entro poſta anderà bene, e qua-
drerà
a maraviglia, mentre s’ uniforma anche al parere del Palladio, il quale nel ſuo
IV
.
Libro dell’ Architettura eſpone i diſegni d’ eſſo Pantheon, e pone le ſtatue nelle
nicchie
diviſate per più decoro d’ eſſa Architettura.
Si oſſervano inoltre le due co-
lonne
poſte ſull’ ingreſſo della Cappella maggiore poſteriormente, che ſecondo anche
il
parere degli accennati inſigni Autori, altro non ſoſtengono, che uno zoccolo alla
dritta
del baſamento, che gira intorno ſopra la cornice del prim’ Ordine:
e come
non
penſarono, in vece dei tre monti, e della ſtella Stemma del Pontefice Clemen-
te
XI.
, il quale pure ordinò un riſtauramento, all’ Attico medeſimo, ſenza guaſtare
coſa
alcuna di ciò, che vi era di gentile, e collocare queſto ſteſſo Stemma in altro
ſito
, cioè, in uno ſcudo ſopra la mezzaria dell’ Arco, ſoſtentato da due Angioli in
aria
, lo che ſarebbe riuſcito aſſai grazioſo, anzichè porſi la menſola, o modiglione
inſerito
ſconciamente nell’ Architrave, che al di ſotto tiene le gocce, che ſi conven-
gono
al ſolo Ordine Dorico, mai ſopra l’ Ordine Corintio, che le rigetta?
E di
vero
rieſce coſa ſtrana il vederſi introdotto in Roma l’ abuſo dalla maggior parte de-
gli
Architetti, ſommamente vaghi delle gocce, ſenza curarſi di riflettere a che ſerva
l’uſo
delle medeſime, e dove, e quando ſi debbano praticare;
non convenendo col-
locarle
così alla cieca, e porre inoltre ſopra le due colonne due Angioli, od altra
ſtatua
rappreſentante alcuna Virtù.
Hanno eſſi laſciato le medeſime preſſochè inuti-
li
, e che hanno pochiſſima conſonanza coll’ opera ſteſſa.
Rieſcono parimente oſter-
vabili
i riquadri poſti ſopra lo ſteſſo arco, i quali non ſolo ſcemano la figura, ma
rieſcono
ancora ſommamente diſadatti ad un tal ſito, come quelli che ſono raddop-
piati
e meſchini, che nulla hanno di nobiltà, in corriſpondenza degli altri ſtermi-
natamente
grandi, che trovanſi all’ intorno, che in vece di formare una comparſa
maeſtoſa
, quale ſi converrebbe, la rappreſentano ſconcia e miſerabile.
E poi quel
formare
dei finti marmi in un Tempio tanto coſpicuo, è coſa da Teatro, e non ci
rappreſenta
, che uno ſcarſo penſare, e una povertà d’ornare, e per dir la coſa com’
è
, egli ſi è queſto un diſonore fatto alla ſteſſa venerabile Antichità, e dentro
12719DEGLI ARCHITETTI. Roma, che tanto abbonda in ricchezze dell’ Arte, ed in magnificenze. Reſto poi
veramente
ſorpreſo, oſſervando, che in Roma maeſtra delle Arti Liberali, cioè, di
Pittura
, di Scultura, d’ Architettura, e di Geometria, non ſiaſi penſato a prevedere
con
più perizia, e ſpirito un tanto errore, ed a correggerlo con leggerezza e buona
grazia
, ſenza togliere al ſecond’Ordine la ſua dicevolezza, e quella gentilezza che ſe
gli
conveniva.
Hanno queſti perduta la buſſola del navigare, e ſono andati a rom-
pere
negli ſcogli, diſtruggendo l’ Antico, e leggiero, che più non vedraſſi, ſe non
ſu
i Libri, e negli ſcritti di quei pregiatiſſimi Autori, che fecero delle belle Anti-
che
coſe ſtudio, e laſciaronci memoria.
Gran coſa in vero, e non mai a baſtanza deteſtata ell’ è queſta, il pretender,
cioè
, di migliorare, coll’introdurre le coſe peggiori, che ſi poſſano ideare.
Il ſolo
ſtudio
poteva rimediare ai diſordini accennati, e prima di venire all’ eſecuzione, l’
eſaminar
prima a dovere, ſe conveniva, o , quanto ſi penſava di fare, e colla
ſeria
conſiderazione a quanto occorreva, per la ſtima dell’ Antichità, come pel
buon
guſto, e ſimmetria conveniente, e non operare alla cieca, ſenza più poter rico-
vrare
il perduto, non aoquiſtandoſi tali Architetti altro nome, che quello di cor-
rompitori
dell’ Antico, e non il riſpettabile, che quello ſarebbe di conſervatori del
medeſimo
.
Veramente mai non ſi finirebbe, ſe voleſſimo continuare a conſiderare gli errori
patenti
, che non ſolo ſi praticano ſenz’ alcuna conſiderazione, ma ſono benanche
ſoſtentati
da chi gli commette, allegando inſuſſiſtenti ragioni, ſiccome appunto pen-
di ſcuſarſi l’ Architetto ſopraccennato, col dire, d’ aver ciò fatto per mera neceſ-
ſità
, poichè nel ſalvare i ſoli pilaſtri nell’ Attico ſopra i Corintj del prim’ Ordine,
queſti
non venivano a corriſpondere colle facce dei riquadri nel cupolone, e per tal
motivo
credè ben fatto il totalmente levargli.
A ſcuſa così frivola ſi riſponde, che
il
cappello non tiene in piedi la perſona, ma bensì le gambe:
lo ſteſſo è appunto
nell’
Architettura, cioè che le colonne e i pilaſtri ſoſtengono in piedi le fabbriche,
e
perciò avendo la ragione il ſuo luogo, conveniva aſſaiſſimo il conſervare i pilaſtri
ſul
vivo di quelli di ſotto, ſenza riguardo alcuno al cappello, cioè, ai riquadri, e
alle
facce del cupolone, e così ſarebbeſi fatto onore l’ Architetto, ed avrebbe conſer-
vato
l’ Ordine antico pregiabile perpetuamente preſſo l’univerſale.
Rilevo altresì, che ſi accorda con quanto eſpongo il medeſimo Cavalier Fontana
nel
ſuo Trattato del Tempio Vaticano, ove al Libro Settimo pagina 460.
aggiunge
la
deſcrizione del famoſo Pantheon, della ſua antichità, ed a propoſito dei coſtolo-
ni
del Cupolone dice così:
= “Degli ornamenti aggiunti da Agrippa dentro il Tem-
pio
del Pantheon, ſiccome quei nicchionì del Tempio più antico, ſenza ornamen-
ti
, non avevano alcuna obbligazione di corriſpondere nei coſtoloni del volto;
così
Agrippa
non potè diſpor gli ornamenti aggiunti delle colonne ſotto gli ſteſſi co-
ſtoloni
, i quali non cadono colle debite leggi d’ Architettura, cioè, ſopra il vivo
delle
colonne, dovendo l’ uno, e l’ altro corriſpondere, vivo ſopra vivo, e non va-
riare
, come ſi vedono i loro poſamenti, che vengono a cadere, parte fra gl’ in-
tercolunnj
irregolarmente;
onde ſi ſcorge che queſte coſtole cadevano prima ſopra
la
punta di quei nicchioni, e che dalla qualità dell’innalzamento di eſſi foſſe co-
ſtretto
a incorrere in tal difetto nella diſpoſizione dell’ornato anche l’ Artefice.
Queſto però non merita d’ eſſer cenſurato, ma dee ſtimarſi degno di ſomma lo-
de
, per aver ſaputo accomodarſi al fatto Tempio, e ſchermirſi da molti obblighi,
che
dal medeſimo gli venivano impoſti nel far le ſue aggiunte.
E’ dunque da cre-
dere
, che ſe il Tempio foſſe ſtato coſtrutto inſieme con gli ornamenti, collo ſteſ-
ſo
valore, che diſpoſe l’ Architetto i medeſimi, avrebbe ſimilmente diſpoſti i co-
ſtoloni
colla dovuta corriſpondenza ſopra i vivi delle colonne.
Tutto queſto pertanto diſtrugge la frivola ſcuſa addotta dall’ Architetto; quando
vi
ſono altri eſempj, che provano in contrario non ſolo, ma che applaudiſcono, e
rendono
degno di lode l’ Artefice, che ha ſaputo ſcanſare tale impegno, conſideran-
do
di maggiore importanza la buona diſpoſizione dei colonnati, e degl’ intercolunnj,
che
i coſtoloni del cupolone:
e così doveva farſi in ogni tempo pel decoro del me-
deſimo
Tempio.
12820OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 70[Figure 70]Figura del atico riſtaurato
entro
il Panteon
12921DEGLI ARCHITETTI.
Proporzione pel conveniente riſtauro dell’ Attico entro il Pantheon.
Dopo d’aver parlato della ſconcia maniera tenuta nel riſtauro del Pantheon, ſem-
bra
proprio il produrre alcun’altra idea, che poteſſe più appagare i dilettanti, e i
foreſtieri
molto amanti dell’ Antichità, e inſieme bramoſi di riconoſcere le ſontuoſe
fabbriche
per lo ſtimabile, che in ſe contengono.
Mi par coſa ottima il valerſi in
ciò
delle ſteſſe antichità per accomodare l’ Attico del diviſato Pantheon.
Furono
adunque
tolti via tutti quei pilaſtrini Corintj, che circondavano l’ Attico, e mi ſi-
guro
aver dato a ciò motivo il vedere i ſuddetti tagliati dagli archi, ed anche per
la
figura alquanto meſchina, che rappreſentavano.
Certamente è più che vero, che
avevano
poca correlazione coll’ Ordine di ſotto, non ſolo a motivo della ſoverchia
leggerezza
, ma ancora per corriſpondere ai vivi dei pilaſtri inferiori;
e di più ezian-
dio
a motivo della cornice dei nicchi, o fineſtre, che ſormontavagli:
errore conſi-
derabile
, come altrove abbiamo oſſervato.
Ora mi è venuto aſſai in acconcio lo
ſteſſo
Ordine Corintio, che oſſervaſi nel terz’ Ordine del Coloſſeo, che eſſendo ſtato
diligentemente
miſurato dal Deſgodet, e diſtinto nel ſuo medeſimo Libro, rilevo in
eſſo
una proporzione, che quadra a maraviglia nel caſo preſente, non meno per la
proporzione
, che per l’ unione della medeſima antichità, che aſſai vale inſeren-
dola
ad altra antichità ſomigliante.
Quindi valendomi di queſt’ Ordine Corintio, e
ponendolo
nel luogo ove era il meſchino, queſto viene a prendere maggior mo-
dulo
, ed a corriſpondere di vantaggio all’ Ordine di ſotto, ſarà mai diſprez-
zabile
, benchè non abbia altezza di teſte nove e mezzo, com’è il ſuo ſolito, ma
ſolamente
di nove teſte, com’ è quello del Coloſſeo nel terz’ Ordine.
In tal modo
piomba
beniſſimo ſopra i pilaſtri di ſotto, e fa buona comparſa ricevendo modulo
competente
e proporzionato.
Vi ho poſto i ſuoi primi capitelli, perchè erano anti-
chi
, e di buona ſtimabile maniera, ed inoltre ſcannellati i pilaſtri, perchè formino
un’egual
leggerezza.
Inoltre avendo oſſervato gli otto altari nel giro di detta Roton-
da
, cioè, che quattro occupano il fronteſpizio, e ſono i due vicini alla Cappella mag-
giore
, e gli altri due vicino all’ingreſſo d’eſſo Tempio, e che gli altri quattro oc-
cupano
il rimenato, ma parve aſſai dicevole farne la ſteſſa corriſpondenza anche nell’
Attico
ſopra i nicchi, colla varietà di collocar ſopra il fronteſpizio il rimenato, e
ſopra
il rimenato il fronteſpizio:
di più per maggior grazia, e dicevolezza dei nic-
chi
, ſembrami coſa ottima il porvi la piana ſoſtentata da due modiglioni, che ac-
creſce
aſſai nobiltà, per la buona legatura, e per l’ appoggiar naturale degli ſteſ-
ſi
nicchi, come altresì per la buona comparſa delle ſteſſe ſtatue.
I riquadri parimen-
te
s’ uniformano a quei, che vi erano prima, e tutto fa la ſua armonioſa compar-
ſa
, non meno ſopra l’arco, che tutto all’intorno.
Nel mezzo del ſopr’ arco ho col-
locato
lo ſtemma Pontificio di Clemente XI.
, che ora ſta ſulla colonna nudo, e meſ-
chino
, e quì compreſo da cartella lo ſteſſo ſtemma ſoſtenuto da due Angeli, che coll’
azione
, e coll’ali occupano il ſito leggiadramente, laſciando i riquadri corriſponden-
ti
agli altri, liberi, e netti.
Sopra le due colonne ho collocato due Angeli in piedi,
che
formano leggiadrae conveniente comparſa col rimanente dell’opera.
Vi aggiun-
go
inoltre per maggior decorazione nelle caſſette del cupolone i roſoni toccati con
oro
, che certamente ſarebbero riuſciti di molto ſplendore, e di magnifica comparſa.
In ſomma l’ ornamento al ſuo luogo ſarà ſempre commendabile, e da praticarſi per
rilevare
quella grandioſità, che tanto ſtimavano gli Antichi, ed i moderni d’ ottimo
guſto
;
e così deeſi fare imitando perpetuamente il buono, e laſciando tutto quello,
che
non conviene, che non ſarà mai lodevole per i diſordini, che produce.
13022OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 71[Figure 71]Propozitione per d converuente
restauro
del atico entro d Panteon.
13123DEGLI ARCHITETTI
Porta nel portico ſuperiore del Palazzo della Sapienza di Roma.
Eccovi pur quì due porte in una; ma di figura diverſa, poichè ſono alquanto
ſvelte
, e leggiere:
per altro ciò nulla affatto rileva, poichè il loro compleſſo ſi ri-
duce
ad una meſchinità, che nulla ha di buono:
tutto è ſecco, ha coſa alcuna
conveniente
alla buona, e perfetta Architettura.
Non so comprendere, come poſſa-
no
penſar così male quelli, che voglion eſſer chiamati Architetti.
Io per me gli de-
nominerei
Architetti di confuſione, non già di giuſta ragione, mentre l’ornato po-
ſto
ſopra queſte porte altro non rappreſenta, che un traſtullo da fanciulli, i quali
credono
ogni coſa ſtimabile e buona.
E di vero in queſto luogo, nèi circoli forman-
ti
piramide nella mezzarìa delle porte, le cornici poſtevi ſopra ſoſtenute dal fron-
teſpizio
, ſono adattate, ma bensì goffe, e peſanti;
come altresì i geroglifici poſti
nel
mezzo nulla hanno di buono grazioſo aggruppato intreccio.
Povera Architettu-
ra
ridotta a mal partito in una Roma, le cui Antiche fabbriche ſon famoſe per
tutto
il mondo, e ſono l’eſempio del vero, e del bello operare! Nel preſente ſtato
di
coſe tutto è al roverſcio, mentre ciò, che ſi vede operare, riſulta piuttoſto lavo-
ro
da ſtuccatori, che da Architetti.
Porta nel Clauſtro dei Padri di San Filippo Neri.
Si oſſervi per un poco la ſcompoſta Architettura di queſta porta. E’egli penſare
da
buono Architetto, o piuttoſto da ſcempiato, e diſordinato il voler rigirare la cor-
nice
in mala forma, la quale, oltre al dar peſo alla ſoglia, porta inſieme ſopra
il
ſuo ſporto anche il fronteſpizio, che riſalta in fuori, e rieſce di peſantiſſimo aſ-
petto
?
Le zanche poi delle due teite così replicate ſono aſſai trite, e niente affatto
corriſpondenti
colla faccia del telaro:
la medaglia parimente, che ſta nel mezzo,
non
rappreſenta che un meſchino ſigillo, anzichè rieſca di decoroſo ornamento.
Per
me
io la battezzerei per una quadratura peſante, ſtorpiata, e peſſimamente ideata,
priva
affatto di buona proporzione, e di figura moſtruoſa.
13224OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 72[Figure 72]Porta nel portico superiore nel Palazzo dello studio della Sapienza 73[Figure 73]Porta nel Clauſtro dell’Oratorio
de
P. P. di S. Filippo Neri
13325DEGLI ARCHITETTI.
Fineſtra nella Cupola della Sapienza di Roma.
Simile foggia di fineſtre viene oſſervata, e datone l’eſempio dal Palladio nel ſuo
Libro
pag.
94. , che dice d’averla veduta in Tivoli in un Tempio rotondo dedica-
to
alla Dea Veſta, aggiungendo inoltre, che Vitruvio inſegna la maniera di fare
tali
fineſtre:
ma non già come dimoſtra il preſente eſempio della fineſtra della cu-
pola
del Tempio della Sapienza di Roma, che ha la ſoglia a modo di fronteſpizio,
e
non dritta, coſa, che ſcompone grandemente la bella ſimmertrìa, ſendo una biaſi
mevole
bizzaria per la deformità della figura.
Non è così nelle fineſtre del Tempio
di
Tivoli, che hanno le ſoglie dritte.
Inoltre queſta ha gli ornati intorno non ſo-
lo
peſanti, ma diſdicevoli, mentre i triglifi, e le gocce ne’fianchi ſono certamente
per
l’Ordine Dorico, non mai per queſto, che vien ſoſtentato dall’Ordine Corintio,
come
rilevaſi dal diſegno dello ſteſſo Tempio.
Laonde ella ſi è coſa diſdicevoliſſima,
ripugnante
alla ragione di buona Architettura, che vuole, che ſi ſchivi tutto quel-
lo
, che la diſordina, e che ſi laſci perpetuamente nella ſua primiera purità, e ſchiet-
tezza
.
13426OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 74[Figure 74]Fineſtra nella Cupola della
Sapienza
di Roma.
13527DEGLI ARCHITETTI.
Fineſtre della facciata del Palazzo de’Signori Baccelli, ed altra in quello
dei
Signori d’Aſte.
Io direi, che queſte fineſtre ſuperiori così aggravanti ſopra la propria ſoglia, po-
ſte
ſenza regola, altro non ſieno, che ſtravolte immaginazioni lontaniſſime dalla
vaga
, e giuſta maniera nobile, e leggiera, che dee procurare l’ottimo Architto, il
quale
dee far conoſcere in tutte le occaſioni il pregio e valore dell’Arte, ornando
ſempre
mai con poſatezza, e ragionevol modo ſecondo ciò, che conviene.
Fineſtra nel Palazzo Barberini ſopra il giardino.
Vorrei veramente por ſine a ſimiglianti oſſervazioni, poichè molte già ne ho fat-
te
;
ma ſiccome m’imbatto di quando in quando a vederne di quelle, che non ſi
poſſono
ſorpaſſare, forz’è, ch’io mi ponga a far l’eſame anche della preſente.
Di-
co
pertanto, che la compoſizione di queſta fineſtra è lontaniſſima dal ſano operare,
poichè
mirando quelle due non ſo ſe cartelle, od altro, che fiancheggiano l’arco,
battendo
nella ſerraglia, e trovandoviſi attaccati a roſette i due feſtoni pendenti,
formano
una ſconciſſima figura:
di più quel pezzo d’architrave piantato ſopra la
luce
di detta fineſtra interrotto per accompagnar la ſerraglia, e col rimanente del
peſo
, che gli ſovraſta, ove ſotto al rimenato ſta attaccata la gran conchiglia, e nel
di
ſopra anche il fronteſpizio, forma un paſticcio, che ſe vi foſſe chi lo poteſſe ap-
provare
, mi appellerei ai periti, che ſon certo lo condannerebbero altamente.
Fineſtra del piano nobile nel Palazzo del Signor Principe Pio.
Non ſarà parimente inutile l’oſſervare queſta fineſtra, che è alquanto ſtravagante.
Che gli uomini penſino di variare per moſtrar talento, nol diſapprovo, purchè va-
rino
nel miglior modo, corretto, e commendabile;
ma che ſi penſi così ſtravagan-
temente
dagli Architetti, non ſo intenderla.
Veggo in queſto luogo una fineſtra no-
bile
, per decoro e magnificenza della fabbrica, ornata d’Architettura;
ed oſſervo a
un
tempo ſteſſo ſopra il telaro, o ſoglia un fronteſpizio a maniera di rimenato, che
diviſo
nella mezzaria ſorma un buco, dal quale eſce furioſamente un Leone.
Che
improprio
penſare! Pretendere, che in un tal luogo ſia una tana di fiere per porre
ſpavento
! Oltredichè non ſi ſa come il fronteſpizio poſſa reggere ſopra il telaro,
quando
lo ſporto del fregio della cornice lo ſpinge in ſuori, mentre per potervi ſta-
re
converrebbe, che il fregio foſſe piano, e non gonſio, com’egli ſi è.
Queſti ſon
giocolini
da ragazzi, e non ſerio ornamento nobile e decoroſo.
13628OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 75[Figure 75] 76[Figure 76]Fineſtre della facciata del Palazzo de’S’ignori Baccelli, ed altra in quello
dei
Sigri d’Aſte
77[Figure 77]Fineſtra nel Palazzo
Barberini
ſopra il giardino
Fineſtra
del piano nobile
nel
Palazzo del Sigr Principe Pio
13729DEGLI ARCHITETTI.
Eſempio della Porta Pia, di cui tratta il Galazzini, facendone rilevare gli errori.
Molto a lungo, ed a parer mio con gran giuſtezza parla il Galazzini degli erro-
ri
di queſta Porta;
ed io pure con eſſo diſapprovo tutto quello, che la diſordina e
ſcompone
.
Parrebbe ſuperfluo pertanto, ch’io ne favellaſſi, dopo che ne ha perſetta-
mente
trattato il medeſimo ſcrittore.
Tuttavia ſembrami doverſi aggiungere, che que-
ſta
Porta tanto decantata, ed in tante e varie ſtampe manifeſtata, altro non voglia
ſar
comprendere, che fino a’noſtri giorni meriti qualche conſiderazione di buona e
vaga
Architettura l’intreccio.
Ma e chi crederà mai ciò, ſe non ſe quelli, che nul-
la
affatto intendonſi della vera Architettura, eſſendo più che certo, eſſere una tal
Porta
un faſcio aggruppato di parti ſproporzionate, che non potrà mai eſſere appro-
vato
dai Saggi?
Porta del Palazzo de’N.CC. di Sermoneta.
L’errore di queſta Porta ſi rileva nel rimenato, dove accartoccia, rimanendo in
aria
:
può mai dirſi, o crederſi aſſicurato dalla tavoletta dell’Iſcrizione, che è
ſoſtentata
dal rocchello, che gli fa piede, eſſendo la medeſima di gretta e miſera
forma
;
e perciò lo ſteſſo rimenato viene patentemente a reſtare in aria: inoltre il
cantonale
ſenza la propria caſſa, l’ornato del fianco non corriſponde col rimanente
di
eſſa, niente eſſendovi di buono, fuorchè le bugne, perchè ſi portano al centro,
a
differenza di quelle della colonna, che ſon gonfie a pero roverſciato, novità, che
poco
vale per moſtrar grazia, che anzi produce goffezza.
Il Palladio nel ſuo Libro d’Architettura a carte 51. dice, che non ſi può ſenon
biaſimare
quella maniera di fabbricare, la quale partendoſi da quello, che la natu-
ra
delle coſe c’inſegna, e da quella ſemplicità, che nelle coſe da lei create ſi ſcor-
ge
, quaſi un’altra natura facendoſi, ſi parte dal vero buono, e bel modo di fabbri-
care
.
Per la qual coſa non ſi dovrà in vece di colonne, o pilaſtri, che abbiano a
ſoſtener
qualche peſo, porre cartelle, le quali ſi dicono cartocci, che ſon certi in-
volgimenti
, che agl’intendenti fanno bruttiſſima viſta, ed a quelli, che non ſe n’
intendono
, appariſcono piuttoſto confuſione, che rechino piacere;
altro effetto
producono
, ſe non quello d’accreſcere ſpeſe agli edificatori:
medeſimamente non ſi
farà
naſcer fuori delle cornici alcuni di queſti cartocci;
poichè importa, che tutte
le
parti della cornice per qualche effetto ſien fatte.
13830OSSER VAZIONI SOPRA GLI ERRORI 78[Figure 78]Eſempio della Porta Pia,
di
cui tratta il galazzini,
facendone
rilevare gli errori
79[Figure 79]Porta del Palazzo de’N.CC. di Sermoneta.
13931DEGLI ARCHITETTI.
Porta del Palazzo di Villa Borgheſe.
Fineſtra nella facciata di detto Palazzo.
Di queſta Porta, e di queſta fineſtra, che ſtanno nella facciata del Palazzo della
Villa
Borgheſe non può negarſi, che compariſcano vaghe alla viſta, ma non man-
cano
ad eſſe i loro difetti, e tutti hanno rapporto al peſante.
Se ſi conſidera la por-
ta
, ſi vede eſſer la medeſima caricata ſopra la ſoglia, pel riquadro della cornice,
e
pel fronteſpizio, il quale poſando ſopra, è evidente, che un tal peſo viene a po-
ſare
ſul falſo.
Non gli producono tampoco alleggerimento le due cartelle. Si potreb-
be
forſe dire, che gli deſſero un po’di forza le due zanchette alle teſte.
Ben è vero
però
, che ſiffatte conſiderazioni non baſtano a ſcuſare l’Architetto.
Quanto alla fi-
neſtra
, eſſa pure compariſce realmente peſante riſpetto al riquadro della ſoglia;
ol-
tre
di che il rimenato è troppo alto, e maſtino, mentre a proporzione della porta,
ingrandiſce
più del dovere, punto viene alleggerito il peſo dalle aquile volanti
adattatevi
.
Porta dell’Oſpizio preſſo la Fontana in capo a Ponte Siſto.
Non ſarà fuor di propoſito l’oſſervare in queſta porta la ſtravaganza del ſuo com-
pleſſo
.
Eſſa adunque è d’Ordine Dorico, ma alquanto ſconciato. Inoltre è peſan-
tiſſima
la ſoglia d’eſſa porta pel ripiego, cherilevaſi nel diſegno.
Simili ſoglie veg-
gionſi
pure così peſanti in varie altre porte, come in quella del Palazzo del Princi-
pe
d’Eſte, in quella del Palazzo Lancellotti, in quella del Palazzo del Marcheſe Cre-
ſcenzi
, e in diverſi altri luoghi.
Ma tornando alle prime conſiderazioni, dopo d’
aver
veduto la peſantiſſima incoerente ſoglia, rilevaſi, ch’eſſa porta ha il trigliſo
con
goccie ſotto il fregio;
e perchè queſto non è il ſuo vero ſito, ma nel fregio
ſteſſo
, produce deſormità.
palpabili errori è più ſtrano, che veggianſi in Roma,
in
quella Roma, che ſerve di norma a tutto il Mondo.
Eppure i moderni Romani
Architetti
non poſlon ſottrarſi alla giuſta cenſura di tali ſpropoſiti:
debbonſi loro mal-
grado
arroſſire, ſendo convinti, che operano contro la vera ragione d’Architettura,
e
contro il retto modo di fabbricare.
Porta del Palazzo Aleſſandrino.
Anche queſta è deformata dal ſuo grande errore, ed è, che la ſoglia d’eſſa porta
viene
aggravata da certa bizzarra invenzione, che taglia i trigliſi, e le merope all’Or-
dine
Dorico, che le ſta ſopra, e le toglie il leggiero, comparendo peſante per lo
ſcherzo
, che produce, e che è diſadatto a ſegno che s’oppone a tutte le naturali
ragioni
.
Siffatte incoerenze nulla vagliono, poſſono aver luogo nella verace, e
ſoda
Architettura.
Tal difetto è omai divenuto comune in mezzo ad una Roma.
Porta del Palazzo dei Signori Cenci alla Dogana.
Queſta porta è molto particolare. Ella compariſce d’Ordine Dorico; ma ſenza
derogare
alla ſtima dovuta al ſuo Architetto, forz’è dire, che non può compren-
derſi
, come poſſanvi aver luogo i due pilaſtri, che la formano, ſaltando agli occhi
le
bugne dei pilaſtri ſteſſi poſte in modo, che dalla parte di fuori rimangono entro
il
vivo del pilaſtro, e dalla parte di dentro ſcappan fuori.
Non ſo intendere, che
razza
di vivacità ſia queſta, per non dirlo ſcomponimento patentemente viſibile.
Inoltre ha queſta porta cinque bugne nel di ſopra, ed eſſe formano la ſoglia, mo-
ſtrano
d’eſſere sbandate occupando tutta la cornice, talchè giungono fino al diſotto
del
Fronteſpizio.
Ora io dimando, ſe le medeſime poſſano così da ſe reggerſi, eſuſ-
ſiſtere
?
14032OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 80[Figure 80] 81[Figure 81]Porta del Palazzo di Villa
Borgheſe
.
82[Figure 82]Porta dell’Oſpizio preſſo la
Fontana
in capo a Ponte Siſto.
83[Figure 83]Porta del Palazzo Aleſſandrino. 84[Figure 84]Fineſtra nella facciata
di
detto Palazzo.
85[Figure 85]Porta del Palazzo dei Sigri Cenci
alla
Dogana.
14133DEGLI ARCHITETTI.
Porta del Palazzo del Principe Altieri.
Più, che ognialtra, queſta certamente è ſtrana a motivo di quella ringhiera, che
vi
ſi oſſerva, e per la novità del penſare.
Il porre per cantonale alla detta ringhiera
una
colonnella in vece di pilaſtrini ſe4;
a dir vero una particolare ſtravaganza, che
preſenta
inoltre meſchiniſſima apparenza.
Il rimanente poi, vale a dire, che la ſo-
glia
non corriſponda col capitello, oppure coll’architrave, ma che queſto reſti ſmez-
zato
, fa , che nulla componga buona armonia colle parti medeſime, laſciando di
più
tronco l’architrave per ampliare il vano, e porvi ſemplici feſtoni.
Penſare egli
è
queſto privo di ragione, e di fondamento.
Porta in Campidoglio nella nuova fabbrica.
Da queſta porta ſi può con più evidenza rilevare, quanto diſdica il porre ſopra
le
ſoglie ornati peſanti, che aggravino aſſai le medeſime.
Chiunque attentamente ſi
farà
ad oſſervarla, vedrà manifeſtamente eſſer la medeſima d’aſpetto impropriſſimo,
non
meno pel rimenato adorno di copioſe gocce, come altresì pel fronteſpizio ma-
le
accomodato, appoggiando il tutto ſulla povera ſoglia;
che ſe eſſa reſiſte, e non
cede
, non può eſſere, che una ſpezie di prodigio, naturalmente non potendo regge-
re
in cotal guiſa.
Sopraffineſtra nella Baſilica Vaticana.
Queſta merita la noſtra attenzione per la ſua ſtravagante figura, e pel modo, col
quale
è eſeguita.
Si oſſervino pertanto le zanche, una grandiſſima, l’altra ſulla ſo
glia
piccola, e come queſta ſoſtiene il fronteſpizio, che viene ad aggravarſi tutto in
falſo
ſulla ſoglia ſteſſa.
Siſſatte coſe ſono, e dir ſi debbono sforzature, e non coſe
naturali
, e ſecondo l’arte;
e perciò ſommamente biaſimevoli, e da ſchivarſi.
Porta nel ſecond’ Ordine del Palazzo Vaticano.
Queſta porta è pure diſordinata, perchè ha il rimenato peſante ſulla propria ſo-
glia
e zanca appoggiata al cantonale, e fuori del vivo.
Ella forma figura poſticcia,
e
non naturale e ſtabile:
tiene al di fuori la cartella per ornamento; ma ciò non
vale
a renderla leggiera, ed avvenente, ſiccome converrebbe per la nobiltà, e
maeſtà
dell’ ingreſſo ſteſſo, come altresì in rapporto alla medeſima Architettura.
14234OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 86[Figure 86] 87[Figure 87]Porta nel Palazzo del
Principe
Altieri
88[Figure 88]Porta in Campidoglio
nella
nuova fabrica
89[Figure 89]Sopra ſineſtra nella
Baſilica
Vaticana
Porta
nel secondo ordine
del
Palazzo Valicano
14335DEGLI ARCHITETTI.
Porta con Ringhiera ſopra la facciata del Palazzo del Signor Principe Panfilj.
Anche queſta porta con ſopra la ringhiera tiene della ſomiglianza con quella del
Principe
Altieri poc’anzi oſſervata.
Sarà pertanto molto a propoſito il riflettere al
mal
uſo oſſervato nel cantonale d’eſſe porte, in cui vien poſta la colonnella in vece
del
pilaſtrino.
Le noſtre oſſervazioni pertanto in tal particolare comincino dalla fi-
gura
delle cartelle laterali alla porta, cioè, quella di maeſtà alta, l’altra di fianco
baſſa
, l’una non corriſpondente all’altra, ma diſgiunte.
Vero ſi è, che la princi-
pale
ſta bene nel ſuo luogo;
ma e come mai la ſeconda può accompagnare la pri-
ma
, quando queſta per la cornice della zanca, dove comincia, dove termi-
na
, ha la menoma correlazione colla principale, ein oſſervando la ſua figura fa ma-
ravigliarſi
della gran diſſonanza delle parti?
Venghiamo ora alla ringhiera. Se nell’
altra
abbiamo deteſtato il modo così ſconcio di porre la colonnella nel cantonale,
in
queſta dobbiamo confermarci vie maggiormente nella noſtra cenſura;
poichè vie-
ne
anche raddoppiata dalla mezza colonnella, per accompagnar le altre porte fra i
pilaſtrini
, le quali in vece di nobilitare, diſdicono per la meſchinità della loro com-
parſa
non meno, che pel diſordinato proſilo, che preſenta la ſcompoſta figura-
Dove
mai cotali Artefici hanno appreſo ſtorto penſare?
Certamente non mai da-
gli
Antichi, che ſono ſtati maiſempre correttiſſimi nel loro operare;
ma bensì da
moderni
Artefici d’umore ſtravolto, che col diſtinguerſi allo ſpropoſito e capriccio-
ſamente
, hanno creduto di ſegnalarſi;
ma ſi ſono renduti oggetto di biaſimo a chi-
unque
guſta la buona Architettura.
Porta del Palazzo della Sapienza di Roma con fineſtra e ringhiera ſopra.
Dopo d’ aver biaſimato le due antecedenti ringhiere, ſi deve far parola anche di
queſta
, come per ſigillo, e conferma di quanto ſi è detto per rapporto al reo uſo
tenuto
nel cantonale delle medeſime.
Anche il preſente eſempio ſervirà per fare in-
tieramente
conoſcere, quanto diſdica l’uſo ſcorretto e fuori di ragione, praticato
ſoltanto
da quegli Architetti, che non intendono il modo, che dee praticarſi nel
giuſto
maneggio della nobile Architettura, la quale altro non vuole, intende di
volere
, ſe non ſe ciò, che ſia ragionevole, e perfetto.
Adulterare il buon uſo, e
corromperlo
non è ſofferibile.
Delle altre ſi è detto ciò che occorreva; ora deeſi ag-
giungere
alcuna coſa particolare della preſente.
L’Architettura di queſta, per la
ringhiera
, come pel fronteſpizio, e per le menſole, che adornano la fineſtra, merita
alcuna
rifleſſione, per rilevare tutti i difetti, che l’accompagnano.
In primo luogo,
e
che ſono mai, od a che mai ſervono quelle due orecchie, o cartelle poſte ai fian-
chi
della porta in così meſchina forma?
Forſe per tenere, o ſerrare il modiglione
della
ringhiera, che eſce della cornice di detta porta?
certamente, poichè non
ſe
gli addice coſa così ſcarſa, e dappoco, ma bensì qualunque altro accompagna-
mento
più conſacente, e regolato in retta Architettura.
Si oſſervi poi la ſtravagan-
te
ringhiera, e foggia diſdicevole al vero ſuo eſſere naturale, mentre anche que-
ſta
termina colla colonnella in vece di pilaſtrino, ed è anche poſta fuori del vivo
quaſi
abbandonata.
Queſto pure è operare fuori di ragione: e per meglio rilevare
quanto
dico, diaſi un’occhiata al profilo d’eſſa ringhiera, e ſi ſcuoprirà, che tutte
le
colonnelle reſtano abbandonate, e prive dei loro pilaſtrini, che uniſcono inſieme,
e
adornano;
ma quì nel modo, che ſono eſeguite, non hanno alcuna naturalezza,
grazia.
Similmente quanto alla fineſtra io domando, ſe quei due pendenti, o
menſole
, che ſoſtengono il fronteſpizio, poſſano commendarſi?
Quanto a me tengo
per
falſo tal penſamento, e non mai naturale, poichè ſono roverſciate, e peſanti
al
di ſotto, che niente più.
Le due zanche poi in giro, che rieſcono ſotto il goc-
ciolatojo
del fronteſpizio, non ſervono, che ad immeſchinire l’Architettura, non mai
ad
ingrandirla.
In ſomma ſe vi è nulla di buono, ſono i ſoli quattro modiglioni,
che
ſoſtiene queſto pergolato, Tutto il rimanente è deteſtabile, e cattivo.
14436OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 90[Figure 90] 91[Figure 91]Profilo della
Ringhiera
92[Figure 92]Porta con Ringhiera
ſopra
la facciata del
Palazzo
del Signor
Principe
Panfilij.
93[Figure 93]Porta del Palazzo della
Sapienza
di Roma con
fineſtra
, e Ringluera ſopra.
Profilo
della
Ringhiera
14537DEGLI ARCHITETTI.
Porta e Ringhiera del Palazzo di S.A.R. il Gran Duca di Toſcana.
Dobbiamo ora parlare di varie porte, che ſopra eſſe hanno ringhiera, e prima d’
ogni
altra di quelia, che è nel Palazzo dell’Altezza Reale del Gran Duca di Toſcana,
che
è d’Ordine Jonico, ma col ſolito difetto diviſato nelle antecedenti;
vale a dire,
colla
ſoglia maſtina, e aſſai peſante ſul falſo;
col di più, che la ringhiera, che ſta
ſopra
, prolungandoſi fino al termine del gocciolatojo della cornice, rieſce di ſconcia
figura
.
Non ſarà difficile in queſto luogo il far ciò intendere, e rilevare, mentre oſ-
ſervando
i ſeguenti diſegni ſi può chiaramente comprendere quanto eſpongo.
Piomba
ſopra
la mezzeria della colonna il pilaſtrino del poggio, e va bene;
ma il ſecondo al
di
fuori appoggiando ſullo ſporto del gocciolatojo fa ſcomparire la figura, in guiſa che
ſembra
un peſo fuori del vivo, eſſendo certo, che dalla mezza colonna di dentro
portando
tratto ſpazioſo di colonnelle ſino alla mezzeria della porta, reſta leggiera;
ma dalla mezzeria di detta colonna al di fuori tenendo appreſſo altro pilaſtrino con
ſole
due mezze colonnelle, ſubito queſta parte rieſce gretta, meſchina, e ſgarbata.

mi ſi dica, che ciò ſia ſtato fatto per allungare la ringhiera, perchè ciò ſi po-
trebbe
ſolo tollerare, ſe la ringhiera foſſe fatta di ferro, e non di pietra;
poichè la
pietra
non può ſtare ſenza il ſuo ſoſtegno reale.
Di quelle di ferro ſe ne veggiono
ſopra
la porta del Palazzo Chigi, e ſopra le due porte del Palazzo Falconieri, ſopra
la
porta del Palazzo Giuſtiniani, e ſu quella del Caſino ſul Gianicolo alla Lungara.

Diverſe
pure ve ne ſono di pietra, come ſulla porta del Palazzo Sacchetti, ſu quel-
la
del Palazzo dei Cornari, ſu quella del Palazzo del Principe Altieri, come anche ſo-
pra
quella del Palazzo del Marcheſe Paluzzi Albertoni:
tale ſi è anche quella ſul Pa-
lazzo
Corſini, quella del Palazzo della Cancelleria, e ſu quella del Palazzo del Cardi-
nal
Dezza.
Per altro ſiflatta foggia di ringhiere moſtra piuttoſto uu terrazzo, o al-
tana
, che altro, mentre queſti terrazzi, o altane ſi prolungano fin ſull’orlo delle tra-
vi
, che le ſoſtengono:
ma le ringhiere di pietra debbono perpetuamente appoggiar-
ſi
ſu i vivi, o delle colonne, oppure delle muraglie, e così formano ottima com-
parſa
.
mi ſi aggiunga, che la ſteſſa cornice ſerve loro di ſoſtegno; poichè in
tal
caſo dirò, che i ſoli modiglioni, che piombano di ſotto al pilaſtrino, ſono quel-
li
, ai quali conviene un tale ufizio per la loro forza connaturale:
e così la ringhie-
ra
può aver luogo.
Queſto baſti per appagare in certo modo gli umori bizzarri, e
ſtravaganti
, i quali credendo di nobilitare la fabbrica, l’aggravano per lo contrario,
e
l’indeboliſcono molto colle ſteſſe cornici, e molte volte ſe ne ſono vedute ſpezzar-
ſi
e rovinare, e ciò a motivo del peſo, che non poſſon portare, reggerſi in ve-
run
modo.
Ringhiera ſulla Porta del Palazzo della Cancelleria.
Ringhiera ſulla Porta del Palazzo del Cardinal Dezza.
Ringhiera ſulla Porta del Palazzo Sacchetti.
Ringhiera ſulla Porta del Palazzo dei Signori Cornari.
Queſte quattro porte con ringhiera, delle quali già parlammo, eſſendo le più par-
ticolari
, e diſtinte, oltre le altre, che a bella poſta ſi paſſano in ſilenzio, debbon-
ſi
conſiderare.
Sarà dunque bene l’oſſervare la loro figura, perchè ſi comprenda mag-
giormente
, e ſi rilevi lo ſgarbato modo, che appariſce;
poichè tali ringhiere ſon
poſte
ſull’orlo del gocciolatojo, fuori del vivo, e ſenza la loro ragione reale.
Sarà
pertanto
coſa ottima il riflettere in avvenire ammaeſtrati da ſiffatti errori univer-
ſali
, e majuſcoli, qual modo debbaſi tenere nel farle.
14638OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 94[Figure 94] 95[Figure 95]Porta e Renghiera del Palazzo di S.A.R.
il
Gran Duca di Joſcana.
96[Figure 96]Renghiera ſulla Porta del Palazzo
della
Cancellaria
97[Figure 97]Renghiera ſulla Porta del Palazzo
del
Cardinal Dezza
98[Figure 98]Renghiera ſulla Porta del Palazzo
dei
Signori Cornari.
Renghiera
ſulla Porta del Palazzo
Sacchetti
.
14739DEGLI ARCHITETTI.
Oſſervazione ſopra le nuove figure di ſoprapporte, e fineſtre propoſte dal P. Pozzi,
parte
cavate dalle fabbriche, e parte di ſua invenzione.
Dopo d’aver conſiderato tante varietà di ſconce fineſtre, e di ſoglie di porte pe-
ſanti
, è neceſſario dar parimente un’occhiata a quelle, che ci preſenta il Padre Poz-
zi
nella ſeconda Parte del ſuo Libro, in cui dice d’aver cavato da molte fabbriche
di
varia invenzione quelle porte, e fineſtre, che gli ſono parute più nobili, e che
ſi
ſcoſtino dalle volgari, e d’avervene aggiunte altre di ſua fantaſia, perchè ſe ne po-
teſſe
ſervire chiunque ne aveſſe voglia.
Fa bene a dire, che ſe ne ſerva chi ne aveſ-
ſe
voglia:
poichè 10 non ſaprei, come mai poteſſero aver corpo fra gl’intendenti le
figure
, che queſto buon Frate propone, che ſono delle condannate, e da perpetua-
mente
condannarſi, a motivo delle grandi improprietà, che in ſe racchiudono.
Si
oſſervi
la prima ſotto il Numero 1.
, che è di ſua invenzione, da eſſo propoſta per
la
ſacciata di San Giovanni in Laterano nel ſecondo diſegno, che il medeſimo ne
fece
.
Queſta è di ſoglia falſa, perchè, oltre l’eſſere colle due teſte in aria, facendo
arco
nel mezzo, ha di ſotto conchiglia pure in aria, che pareggia la dirittura della
ſteſſa
ſoglia, collo ſconcerto del modiglione, ocartella nel mezzo della cornice, che
gira
in fronteſpizio cuſpide, il quale appoggia ſull’arco, e lo aggrava, in vece di
ſollevarlo
.
Coſa ſtravagante certamente, non ragionevole in verun conto. Quanto
alla
fineſtra, che ſegue ſotto il Numero 2.
e chi può tacere, vedendola così ſtravolta
nelle
ſue cornici, che piombano tutte ſopra la ſoglia, facendo quaſi centro colle car-
telle
, e col maſcherone, ſopra cui vi è il ripieno riquadrato, e ſommamente peſan-
te
?
Se queſta fineſtra poſſa dirſi nobile, laſcio aſſerirlo da chi poſſiede il buon gu-
ſto
.
Similmente è di ſua invenzione la porta ſotto il Numero 3. Queſta non contie-
ne
un jota d’Architettura, ma è puro lavoro da ſtuccatore.
Si oſſervi poi altra fi-
neſtra
ſotto il Numero 4.
con i rimenati a roverſcio, terminanti ſul mezzo della ſo-
glia
, interrotti pure da cartelle;
ed ha nella mezzeria per ripieno teſta con cimie-
ro
, e feſtoni, e campanelle;
e nelle parti il riccio, che ſoſtiene leſenatura della cor-
nice
.
In queſto luogo dee dirſi parimente, che la cornice, e i rimenati a nulla ſer-
vono
per riparar dalle piogge;
ma bensì, che tutta cada la pioggia ſulla mezzeria
della
fineſtra, lo che non ſolo rieſce incomodo, ma forma figura d’ecceſſivo peſo
alla
ſteſſa ſoglia.
Lo ſteſſo dee dirſi dell’ altra ſotto il Numero 5. per rapporto alla
deforme
figura formata dalla ſoglia, eſſendo così inzancata e peſante colla meſchini-
delle due cartelline alle parti ſotto alle zanche:
come altresì dell’altra, che ſe-
gue
al Numero 6.
la diremo moſtruoſa pel cantonale fatto alla foggia di legnajuolo,
non
mai d’Architetto.
La ſua compagna poi al Numero 7. è malamente compoſta,
quaſi
priva della ſua vera ſoglia, perchè parte inzancata con cartelle, che ſoſtengo-
no
tutta cornice cuſpide, e nella mezzeria ſcudo con feſtoni appoggiati ſullo ſcarſo
filo
della ſteſſa ſoglia.
Le altre, che ſeguono ai Numeri 8. e 9. ſono d’aſſai ſtravol-
ta
invenzione.
Dimando ora io: ſe queſte porte, e fineſtre riconoſciute dal P. Pozzi
per
particolari, e nobili, s’abbiano a creder tali, oppure peſanti, mentre ve ne ſono
di
meſchine, e volgari;
e ſe debban ſervire d’eſemplari, oppure ſien tanti gruppi
d’errori
da evitarſi quanto è mai poſſibile, non eſſendo grandioſe, proprie,
giuſte, convenienti?
Dirò adunque, che molti penſano di ſaper molto, e ſono
ignorantiſſimi
del vero, e del poſitivo.
Le idee volgari diſdicono certamente all Ar-
chitetto
giudizioſo.
Eppure a queſti tali ſi applaude dai cervelli corrotti, e vaghi
della
rea moda, e che ſenza procurare d’intendere ſi fiſſano nell’opinione corrotta,
e
voglion ſoſtentare il cattivo per buono, e non curando il buono amano perderſi
negli
abuſi, ed errori.
Gran vergogna ell’è in vero il veder la verità, e la purità
della
ſcienza conculcata, e che non s’abbia più a formar concetto dell’ottimo.
Non torneranno più i paſſati tempi; ma potrebbe ben riſorgere il buono, quando ven-
gano
eſaminati gli antichi eſemplari, e bandite le ſtravaganze.
Porta del Palazzo del Senatore di Roma.
Queſta porta ha del particolare, mentre eſſendo contornata dal telaro, che le ſer-
ve
d’erte, e di ſoglia, tiene tuttavia l’arco attaccato all’erte ſteſſe, e queſto poſto
meſchinamente
, privo dei requiſiti, che richiede la maeſtà, e il decoro d’eſſa por-
ta
.
Il meno, che poteſſe dirſi, è, che appariſce poſticcio, non moſtrando ragione al-
cuna
per ſoſtenerſi, per eſſer ſoſtenuto, eſſendo privo d’ogni ſoſtegno, cioè
14840OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI impoſte, che gli converrebbero, e della cornice, che gli darebbe corpo, e gli fareb-
be
ornamento:
oppure ſe le zanche del telaro foſſero a maniera ripiegata, che po-
teſſe
ſervire di telaro, ed inſieme di cornice all’arco.
Così andrebbe a dovere, men-
tre
ogni ſua parte avrebbe il dovuto ornamento.
Per quel, che ſpetta al rimenato
accartocciato
, al di ſotto, che al di ſopra, che abbraccia il pilaſtro Jonico, il te-
laro
della porta, e cartella nel mezzo, che ſoſtiene lo ſporto della cornice accompa-
gnata
da aletta al di ſotto, ſi può ſupporre bizzarria, non mai convenienza, eſſen-
do
ſopra una porta eſpoſta alle piogge.
ſarà mai ſcuſabile l’eſſer tagliato, poi-
chè
così non può fare il ſuo ufizio, quale è il difendere dall’acqua.
In altro luogo
tratteremo
più diſteſamente di tali rimenati vizioſi, ſendoſi pur troppo introdotto l’
abuſo
di valerſene ſenza alcuna conſiderazione, giudicandoſi ſpiritoſi e grazioſi, e
non
incoerenti, e vizioſi.
Porta del Palazzo del Principe Grillo.
Ha queſta porta ſimilmente del goffo, e del peſante, ſecondo compoſta di rime-
nato
, fronteſpizio, e zanche, ma ſcorrettamente eſeguiti, come dimoſtra la ſua for-
ma
.
E’a volta, ma l’arcata tiene faſcia meſchina; e abbonda poi riſpetto a zanche,
e
rizanche con giri, e rigiri, cioè a dire, la prima al di fuori con bovolo, il qua-
le
ſoſtiene la cornice, e il fronteſpizio, e gira in dentro il luce dello ſteſſo goccio-
latojo
, perdendoſi nel bovolo, ove rigira nuovamente per ſoſtenere il rimenato ſot-
to
il fronteſpizio;
il qual rimenato nella mezzeria reſta tronco, e ſpianato da appa-
rente
ſerraglia, o menſola, con maſcherone, cartella, e conchiglia, ſotto alla quale
poggia
ſopra un meſchino giro di due cartocci, dai quali pendono due feſtoni di
boccoli
, o campanelli, che terminano nell’angolo della zanca di dentro.
A vero di-
re
una tal figura d’ornamento poſta ſopra la porta d’un Palazzo non è punto deco-
roſa
, perchè non preſenta buona Architettura, e neppure ſoffribile quadratura rego-
lata
formata ſecondo il buon guſto direale compoſizione:
e ſiccome oſſervammo nel-
le
di ſopra accennate porte varj difetti, così in queſta ſecondo il ſolito guſto corrot-
to
oſſerviamo diverſe idee diſordinate, e falſe.
Io mi perſuado, che gl’intendenti ſie-
no
per conoſcere, che quanto ho detto, e ſono per dire, tutto tende a ſoſtenere il pu-
ro
decoro dell’ottima Architettura, in proporzione ragionevole e giuſta, lontana da
qualunque
ſmorfia, e mala grazia, ſconſiderata, e falſa ne’ſuoi principj, mezzi, e
fini
, che altro non producono, che confuſioni, e diſordini conſiderabili nella vera, e
ſoda
Architettura, la quale null’altro approva, può approvare, ſe non la rettitu-
dine
di piantazione, e d’elevazione ragionevole, e ſoda, con ſicurezza tale, e pro-
babilità
indiſpenſabile di ſua vera forza per reggere non meno all’intemperie dei tem-
pi
, che per eſſere a un tempo ſteſſo dilettevole alla viſta dei riguardanti, i quali
debbon
reſtar perſuaſi, che tali manifatture ſieno compoſte di ſcherzi ragionevoli, e
non
di ſogni ridicoli, e vani, La ſaviezza, la maeſtà, il decoro, e tutto ciò, che
è
ragionevole, è prezzato nell’Architettura;
e non già le ſconcezze, le irregolarità,
le
ſmorfie, e quanto ſi può penſare di tali moderne invenzioni ridicole, e falſe;
non
potendo
mai darſi, come pretendono certi moderni ſcorretti Architetti, che l’Archi-
tettura
giunga ad eſſer ſimile alle ſcuffie delle femmine, che tratto tratto ſi mutano,
or
con boccoli, rizzetti, naſtri, ed altre ſtravaganti ſmorfie donneſche inutili, e ſvan-
taggioſe
, ſenza verun propoſito, ragione, ma ſoltanto di capriccioſo uſo condan-
nabiliſſimo
, e nulla più.
Il Palladio in ſimil guiſa nel ſuo Libro I. d’Architettura a carte 52. dice così =
Ma
quello, che a mio parere importa molto, è l’abuſo di fare i fronteſpizj del-
le
porte, delle fineſtre, e delle Logge ſpezzati nel mezzo:
concioſſiachè eſſendo eſ-
ſi
fatti per dimoſtrare, ed accuſare il piovere delle fabbriche, il quale così colmo
nel
mezzo fecero i primi edificatori ammaeſtrati dalla neceſſità iſteſſa;
non so, che
coſa
più contraria alla ragione naturale ſi poſſa fare, che ſpezzar quella parte, che
è
finta difendere gli abitanti, e quelli, che entrano in caſa, dalle piogge, dalle
cere
, non ſi deve però far ciò contro i precetti dell’Arte, e contro quello, che
la
ragione ci dimoſtra =.
Si vede pertanto, che anche gli Antichi variarono, ma
ſi
vede ancora, che non abbandonarono mai le regole univerſali, e neceſſarie dell’
Arte
.
14941DEGLI ARCHITETTI. 99[Figure 99] 100[Figure 100]Oſſervazioni ſopra le nuove figure di ſoprapporte, e fineſtre propoſte dal P. Pozzi,
parte
cavate dalle fabbriche, e parte di ſua invenzione.
101[Figure 101]
15042OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 102[Figure 102] 103[Figure 103]Porta del Palazzo del Senatore di Roma. 104[Figure 104]Porta del Palazzo
del
Principe Grillo
15143DEGLI ARCHITETTI.
Che il bizzarriſſimo Padre Pozzi inventore ſtrano di capriccioſi penſieri abbia pre-
t
eſo d’accomodare la maeſtoſa, e nobile Architettura naturale, ſoda nelle ſue parti,
e
molto più ſtabile nelle ſue piantazioni, al ſuo modo, non mi reca alcuna mara-
viglia
, poichè altri vi furono innanzi a lui, che la rovinarono in molte parti:
ma
reſto
però ſorpreſo, che eſſo Padre Pozzi Geſuita, e il di lui fratello Padre Giuſeppe
Carmelitano
Scalzo ſienoſi inoltrati a teatrizzare la ſteſſa Architettura, in guiſa che
dalle
loro opere già oſſervate in Roma, e quelle, che ſi oſſervano eſeguite in Vene-
zia
dal Padre Giuſeppe, ſi vegga l’ ardir loro inſoffribile nello ſcomporre la formale
ragionevole
Architettura tanto pregiata nella Grecia ſuo primo nido, ed avanzamen-
to
, come in Roma, che ne adottò gli eſemplari, ſiccome ci moſtrano quei pochi a-
vanzi
di vera, e buona antichità, che in eſſa ſuſſiſtono, eſcludendo perpetuamen-
te
della moderna Roma le ſcompoſte, e ſmorſioſe comparſe adulterate.
Ora mi aggrada d’ eſporre in queſto luogo la preſente figura, che il buon Frate
propone
nella ſua opera in una cima d’ altare con palla iſolata contornata dal tela-
ro
ſeguente tutt’all’intorno, con quarti di colonna rotondi alle parti, le quali ſoſtie-
ne
ſul capitello il ſolo architrave, che gira ſopra la detta palla.
Queſta ha doppia
modenatura
nel terzo del cerchio all’ incirca:
la ſerraglia vien rappreſentata dalla
teſtolina
del Cherubino poſtovi ſotto, alzandoſi tutta l’intera cornice nelle due mo-
denature
, la gola delle quali produce nelle teſte un gran cartoccio, inveſtendoſi con
altro
ſimile del ſopraornato, che viene a ſormar voluta alla cima ſteſſa.
Le due
colonne
principali ſono ſpirali, inghirlandate d’ allori:
hanno i contrappilaſtri dritti,
e
dopo queſti aletta circolare, e ſcannellata.
Sono d’Ordine Compoſito, hannocor-
nice
intera, e la ſpirale ha ancora il rimenato.
Sopra la palla poi è oſſervabile il
grande
ingombro della peſante cima, che termina colle due corna, e boccolo al di
fuori
.
Queſte certamente non producono leggerezza; anzi ingombro peſante e maſtino
coll’aggiunta
della conchiglia, e delle palme:
per eſſervi nella mezzeria ſopra la
modenatura
della peſante cornice, e ſerraglia il vaſo con puttini, e con campanel-
le
pendenti dalle cornature delle ſcherzevoli volute laterali vien prodotta leggerezza;
ma tutto queſto contribuiſce a render l’arco, el’altare più peſante, e deforme, per
le
modenature della cornice correnti al punto del centro;
ed oſſervandoſi tutto que-
ſto
compleſſo aggruppato, irragionevole, e diſſonante dalla ſeria uniformità ed u-
nione
delle parti, che dee dirſi contrario alle regole, che ſono indiſpenſabili da pra-
ticarſi
univerſalmente.
Manco male, che lo ſteſſo Autore dice, che ſi potrebbe cor-
reggere
, allorchè in eſſo ſi trovaſſe coſa, che non piaceſſe.
Ma queſto è dir poco,
mentre
affinchè poteſſe piacere a chi intende, converrebbe mutar tutto, eformarnuo-
va
invenzione.
Da tutte le propoſte invenzioni del Padre Pozzi già noto ai capriccioſi ſtudenti di
moderna
Architettura, coſtoro pretendono ſoſtenere, eſſer giovevole l’ imitarlo, ſtiman-
do
, che invenzioni ſifſatte ſieno pellegrine, e nuove;
e ciò, perchè le veggiono così
piene
di fantaſie, e nulla conſiderano ciò, che addimandi, e voglia l’Arte ragione-
vole
, e perſetta, e quanto importi l’aver l’occhio alle proporzioni, ed alla diſpoſi-
zione
delle parti, col porle ai luoghi loro, e non alterarle, o coll’accreſcerle, o col
diminuirle
, ornando ſoltanto quello, che ammette ornato, e queſto niente più di
quello
che convenga, non aggravando più del dovere, ma tutto collocando in buona
regola
, ſimmetria, e leggerezza.
Ho ſtimato opportuno l’eſporre le preſenti figure,
quantunque
non ſieno ſtate tutte realmente eſeguite, perchè eſaminandole ſi rilevino
gli
errori, dei quali pieno è l’Autore ſuddetto, eper far conoſcere a quelli, che pren-
don
per buona Architettura gli ſcherzi più ſtravaganti, quanto vadano errati, elun-
gi
dal vero.
Porta del Palazzo del Marcheſe Lancellotti.
Benchè abbiamo diligentemente eſaminato, e parlato di molte altre porte con ſo-
glia
peſante, non credo ſuor di propoſito tuttavia il dare un’occhiata anche a que.
ſta; affinchè ſempre più reſti condannato il reo uſo delle invenzioni diſſonanti, e
lontane
dal naturale.
Queſto ſi rileva nella preſente ſoglia, che viene innalzata dal-
la
ſteſſa zanca fin ſotto ai modiglioni:
ſi oſſervi la malagrazia, che eſſa produce,
tagliando
l’architrave non ſolamente per ſormare uno ſpecchio per porvi quegli ſchi-
ribizzi
, e nelle cantonate le volute con cartelle, e aſſai peſanti.
Queſte ſconcezze quel-
le
ſono, che diconſi ripieghi di buona avvenenza.
15244OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Avvertimenti pel retto operare.
Dalle molte porte e fineſtre, e da altre ſabbriche ſinora oſſervate in Roma, eſegui-
t
e in tanti, e varj modi, non ſarà inutile il riflettere ſopra quanto abbiamo ſco-
perto
d’errore, e diſordine nelle medeſime;
e queſto per ſolo profitto di chi brama
erudirſi
nel vero modo d’ operare ſenza inciampo e conſuſione;
e perchè ognuno poſ-
ſa
reſtare illuminato dagli eſempj finora diviſati, e da quelli altresì, che andremo
eſponendo
, non altra eſſendo la mira mia, che di giovare.
Non biſogna adunque
por
mai peſi ſuori del vivo, aggravar mai le ſoglie, ſieno di porte, ſieno di fi-
neſtre
, ſopra il vano:
non ſi dee porre cornici ſuori del ſodo: non tagliare i fron-
teſpizj
allo ſcoperto:
non porgli a roverſcio: non tagliare gli architravi, poichè eſ-
ſi
formano la legatura principale delle fabbriche:
non collocar peſi ſopra le Zanche,
porre le medeſime ove non convengono:
non raddoppiare i fronteſpizj, o i rime-
nati
fuor di propoſito, appoggiargli ſul falſo:
non formare archi privi di fian-
cheggio
, come diremo a ſuo luogo, e faremo coll’ eſempio alla mano rilevare il reo
efſetto
, che producono:
non porre i pergolati, o ringhiere ſopra il vivo de’ goccio-
latoj
delle cornici, poichè rieſcono di figura peſante, e ſconcia, come ſi vede con
frequenza
;
ma porgli nel vivo della ſottoccornice dei modiglioni, mentre allora rie-
ſcono
più ſvelti, e grazioſi:
in ſomma guardarſi bene dal confondere un Ordine coll’
altro
, e dal porre l’ ordine inferiore ſopra l’ inferiore;
ma oſſervar l’ordine naturale.
Dee altresì sſuggirſi di porre Architettura a ridoſſo d’ altra Architettura, coprendo l’
una
per far comparir l’ altra:
finalmente sſuggire i penſieri irregolari, in riguardo
alla
ſoda, e ſeria Architettura, come riſpetto agli ornati, penſando ad operare ſol-
tanto
in quel modo, che inſegnano la ragione, e l’Arte, non curandoſi di bizzar-
rie
, che ſon ſempre vizioſe, ma operar poſatamente, come conviene ad un ſavio Ar-
chitetto
.
Così operando ſaremo certi di non por piede in fallo, e l’opera noſtra ſarà
approvata
, e commendata da tutti i buoni diſcernitori, e ci acquiſteremo quella ſteſ-
ſa
gloria, onde ſon celebrati gli antichi Architetti.
15345DEGLI ARCHITETTI. 105[Figure 105] 106[Figure 106]
15446OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Quanto ſiaſi inoltratto, e tuttavia s’inoltri nell’ Architettura l’ abuſo vizioſo, ce
lo
manifeſta l’ eſperienza.
Io oſſervo certi Architetti, che fanno lor gloria nel dichia-
rarſi
Apoſtati nell’ Architettura ſull’ eſempio di Michel Agnolo Buonarroti, del Ber-
nini
, del Borromini, ed anche del Padre Pozzi, tutti Architetti vizioſi, e contrarj
al
vero, e retto modo, che hanno tenuto gli eruditi, e pratici maeſtri dell’ ottima
antichità
, e che ci viene additata chiaramente dalla ſteſſa Natura.
Ora oſſervando il Trattato, e gli eſempj di Bernardo Antonio Vittone Architetto
Accademico
di San Luca di Roma, che ſi dichiara d’ eſſer uno dei veri Comentatorì
di
Vitruvio, e di porre in chiaro tutte quelle oſcurità, che altri proteſtano d’ in-
contrare
;
e che per dimoſtrar ciò ha prodotto i ſuoi ſingolari ſtudj e diſegni, ſi
crede
di far con eſſi rilevare il fino ſuo intendere, e la felicità del ſuo capriccioſo
penſare
, per quello che concerne l’ erudizione Vitruviana, ancora per la diſpo-
ſizione
degli Ordini Architettonici, ſecondo la ſingolare opinione Romana, e le
propoſizioni
del Vignola.
E pure fra quanti hanno ſcritto d’ Architettura il Vigno-
la
è uno de’più ſcarſi, e corti per far intendere qual ſia il vero buono, che debba
imitarſi
.
Ora il Vittone bramoſo oltremodo di paleſare al Mondo lo ſtudio Roma-
no
, ſoſtenendo le maſſime degli accennati Autori, eſpone non ſolo varie ſue idee
di
fabbriche, ma vi aggiunge varie ſue porte e fineſtre, per accreſcer quelle eſpo-
ſte
dallo ſteſſo Vignola, dalle quali ſi rileverà l’ avanzamento dell’ adulteramento, e
corrompimento
del buono, e vero guſto della purità degli antichi tempi, facendo
ſempre
più rilevare la vizioſità dei tempi preſenti, che rappreſenta ſoltanto ſceniche
apparenze
, che nulla poſſeggono di quella vera ſolidità, che è tanto pregevole,
di
quella nobiltà, che è tanto propria della reale e genuina Architettura.
Eccovi pertanto la prima ſua porta, e la prima ſua fineſtra ſemiruſtica, l’una, e
l’altra
d’ordine Toſcano.
Sopra la porta è ripiegata la cornice per includere una fi-
neſtrella
per dar lume all’ingreſſo.
Queſta ſi poteva beniſſimo accomodare ſopra la
ſteſſa
cornice, ſarle far comparſa, come quì, di prigione, anzichè d’ onorevole
abitazione
.
Non ſo intendere, come altri poſſa farſi lecito di ripiegar le cornici, ri-
voltandole
irregolarmente coll’idea d’ accomodamento, e a un tempo ſteſſo romper l’
ordine
, e l’uſizio d’ eſſe cornici, come appariſce dalle due ſottoccornici tagliate, che
ſporgono
in ſuori a foggia di ſperone, ed appoggiare ſopra dei tuſi;
quando queſte
altro
non rappreſentano, che legamenti ragionevoli delle fabbriche, e corona dell’
opera
architettonica.
Non ſo tampoco comprendere la collocazione di quelle bugne,
parte
tuſe, e parte riquadrate ſulla ſoglia poſte correnti al centro, mentre queſte al-
tro
non fanno, ſe non figura di tagliare la ſteſſa ſoglia.
La fineſtra poi, che accompagna la porta, ſe ſi conſideri, compariſce ſtorpiata.
Qual è mai la ragione di porre le erte tronche al di ſopra, e non correnti in cor-
nice
, ma col tuſo ſopra, formare il fregio parimente tagliato, laſciando il vacuo al-
la
ſola ſerraglia di tufo, la quale ſopravvanza la cornice, e il gocciolatojo totalmente
raſo
da’ membri.
Smorſioſa coſa ella ſi è queſta al certo non mai lodevole, veder
cioè
, la ſoglia ſmezzata, parte liſcia, parte tuſa, e parte architravata:
coſa pari-
mente
ridicola e montagnuola, e priva d’ ogni leggiera apparenza.
La ſeconda porta è detta dall’ Autore d’Ordine Jonico. Io non ſo, ſe debba con
ragione
così nominarſi a motivo di ſua ſtravagante ſigura, lontana dall’ ottima Ar-
chitettura
, non avendo alcun alcun ordine, o regolamento poſitivo.
Se è permeſſo dir ciò,
che
è, dovrà dirſi, che è lavoro da ſtuccatore, di figura peſantiſſima, ſenz’ alcuna
proporzione
, e miſura:
ſtorpiamenti capriccioſi di bizzarri ingegni, che a briglia
ſciolta
ſi laſciano traſportare dall’ impeto dei loro traſporti vizioſi, non accorgendoſi,
che
il tutto altro non è, che conſuſione.
Oſſervabile pure ſi è in queſto luogo la fineſtra Dorica, che compariſce pompoſa e
leggiera
;
e tuttavia il dotto Galaccini la diſapprova colla ragione da eſſo eſpoſta nel
ſuo
Trattato degli errori degli Arcbitetti, ove propone l’eſempio di porre i telari
a
reggere tutto il peſo della cornice, e del fronteſpizio.
In queſta però vi è di più,
ed
è la piana, che ſporge in ſuori, e moſtra di non ſoſtenere lo ſteſſo telaro po-
co
, punto:
ma per lo contrario ſembra menſola ornata dalla teſta di leone, che
abbraccia
un occhio, che poſſa ſervire per fineſtra ad un ſotterraneo.
Bizzarrie di
niun
momento, e vaniſſime.
15547DEGLI ARCHITETTI. 107[Figure 107] 108[Figure 108] 109[Figure 109]Porte e Fineſtre
di
Vittone
Architetto
moderno.
15648OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Eccovi ora la terza porta d’ Ordine Corintio. Si crederà pertanto, ch’ ella ſia a
norma
di queſto ſteſſo Ordine, ma ell’è per lo contrario alterata dal ſolito reo e cor-
rotto
guſto Romano moderno.
Primieramente ella ha la ſoglia tagliata da una men-
ſola
irregolare, che ſoſtiene animali:
di più ell’ ha una cima innalzata peſante, e
tutta
appoggiata ſulla ſteſſa ſoglia, come dimoſtrano le due Zanchette attaccate alle
teſte
dell’ erte, coſa ſenza ragione architettonica, non eſſendo permeſſo in buona Mec-
canica
por peſo ſul falſo.
Ella porta fronteſpizio con ſtemma prelatorio, ne’ fianchi
tiene
due cartelle a modiglione, che ſoſtengono la cornice poſta angolarmente in
corriſpondenza
del fronteſpizio, ed è la ſteſſa ornata da due pine, che dimoſtrano la
riſtretta
fantaſia di chi l’ ha inventata.
Vi aggiunge poi l’ Autore due fineſtre, perchè ſieno tenute per Ordine Compoſito:
ma ſiccome oſſervo, che la prima ha al di ſotto le gocce, credo, che piuttoſto deb-
ba
dirſi Dorica:
e di vero un ſiffatto ornato al di ſotto, che al di ſopra è aſſai
interrotto
, e peſante.
Forma ſotto l’ appoggio una menſola ſoſtenuta dalla due Zatte
correnti
alla quadratura d’eſſa fineſtra, che appoggiano colle gocce ſopra il loro ba-
ſamento
riquadrato, e vengono a formare col loro pendìo ſpazio nel mezzo per l’
ornato
della corona, e delle palme;
ſiccome al di ſopra ſi ſcuopre meglio la ſoglia
caricata
, per riguardo al riporto poſticcio della cornice, prodotto in corriſpondenza
del
rimanente nel timpano ſotto il fronteſpizio:
e dai due profili di cartelle appog-
giati
alle Zanche, mi ſembra, come indicai, Dorica, e non Compoſita una tal fi-
neſtra
.
Il più oſſervabile però nella medeſima ſono le replicate leſenature, che veg-
gionſi
nella cima, che rappreſentano un certo interrompimento niente naturale ſopra
la
diviſata ſoglia, come altresì la cornice, ed il fregio gonſio.
Queſto non è natu-
rale
, e ſemplice ornato, ma bensì peſanti, e biaſimevoli apparenze.
Può dirſi lo ſteſſo anche della ſeconda fineſtra, che appariſce picciola, e che ſi tro-
va
in ſimigliante corriſpondenza.
Ella rappreſenta un gruppo di rappezzamenti fatti
a
lla moda Romana guaſta, lontaniſſimi dal vero guſto.
L'ultima porta, della quale fa moſtra l’ Autore, vien da eſſo detta Compoſita. Ve-
ramente
ha ragione di così nominarla, poichè è compoſta di tante parti, e pezzami
ſtorti
, e dritti, che però non ſon preſcritti dall’ Ordine Compoſito, il quale anzi gli
ſtabiliſce
tutt’ all’oppoſto;
poichè un tal Ordine richiede, e vuole il tutto ottima-
mente
compoſto e regolato, come preſcrive, e per cui tale è decantato:
imperciocchè
gli
ovoli furongli preſtati dall’ Ordine Dorico, le volute dall’ Jonico, e le foglie dal
Corintio
, e queſte tre coſe lo formarono.
Queſto è quell’ Ordine, che dal Palladio
è
riconoſciuto per l’Ordine Romano:
ma in queſto luogo il Vittone lo ſtravolge, e
vuole
, che il ſuo capriccio prevalga, formando un mero paſticcio, che non rappre-
ſenta
tal ordine, ma un ammaſſo ſgarbato.
L’erte colla ſoglia così sbeccata ed ele-
vata
in cima grande per ſoſtenere uno ſtemma peſante ſul vuoto;
e poſcia i due
pilaſtri
nei fianchi rappreſentanti termini ſtracantonalmente poſti, i quali eſſendo
meſchini
nella pianta, e nella cima imbrogliati di ſagome ſmorſioſe, e colla corni-
ce
ripiegata in giro, formano rimenato, e ſchienale allo ſcudo ſteſſo.
Sarà più di-
cevole
il denominarla fantaſia ſerpentina, poichè è collocata in guardia di due
ſerpenti
.
Nego pertanto francamente, che tali penſieri debbano per buoni approvarſi, per-
chè
ripugnano affatto alla ſeria, e naturale Architettura.
E’queſta per lo contrario
una
ſtravagante ed irregolar quadratura, penſata ſul modo degli ſtuccatori, che cor-
ra
, o non corra in regola, vuol far figura.
Così l’ intendono certi moderni Archi-
tetti
, che vanno in cerca di bazzecole, e traſtulli, per far comparſa ſpiritoſa e va-
ga
.
Queſti però ſon fuori di ſtrada. Lo ſteſſo poſſiamo dire del Piraneſe, che van-
ta
il nome d’Architetto ſpiritoſo per aver riſtaurato in Roma la Chieſa del Priora-
to
dentro e ſuori, per l’ Architettura, che per gli ornati.
Queſto pure volendoſi
diſtinguere
più degli altri, immaginò un’ Architettura ſecondo il ſuo capriccio, e
gli
ornati parimente proporzionati al ſuo ſcarſo giudizio, potendoſi in ciò accompa-
gnare
col Poſi, il quale s’ impiegò nel riſtaurare il Pantheon in tutto l’Attico, come
dicemmo
, il quale diè a conoſcere il corto ſuo penſare.
Di queſti due Architetti può
dirſi
, che uniformemente al Padre Pozzi tutto rivinarono e ſconvolſero nell’ Archit-
tettura
.
Coſa veramente deplorabile ai noſtri tempi per Roma, ove i ſuoi Arteſici
vanno
guaſtando i pochi aurei avanzi dell’ Antichità, ſotto il reo preteſto di vie più
nobilitarla
.
E’ coſa pur da maravigliarſi, che dopo il Padre Pozzi tutti gli Archi-
tetti
ſienoſi appigliati a penſamenti lontaniſſimi dal vero, ed a veri ſeminarj d’ er-
rori
.
15749DEGLI ARCHITETTI. 110[Figure 110] 111[Figure 111] 112[Figure 112] 113[Figure 113]Porte e Fineſtre
di
Vittone
Architetto
moderno.
15850OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
CAPO SECONDO.
114[Figure 114]
DOpo d’ avere ſcoperti in varie fabbriche di Roma i molti errori commeſſi dagli
Architetti
, non ſarà fuor di propoſito, che ci facciamo ad eſaminare altresì
la
bella e ricca Città di Venezia nelle ſue ſontuoſe, e magnifiche fabbriche, eſegui-
te
da celebri Autori, come rileveraſſi ciò, che ſon per dire dai preſenti diſegni,
riſpetto
agli errori commeſſi, e che tuttora ſi commettono dai mal pratici Architet-
ti
, i quali hanno enormemente deſormato la buona maniera d’ operare, nell’
ordine
della ſoda, e antica Architettura, come altresì negli ornamenti di quella;
e
ſenza
avvederſene ſi ſon ridotti a non più conoſcere il buono dal cattivo, trovan-
doſi
così fuori di ſtrada, ed afſatto ciechi, rinunziando d’ aprir gli occhi, e di co-
noſcere
il vero, ed abbracciando ſoltanto quello, che ſi chiama bizzarrìa e moda;
ſicchè vanno inſenſibilmente riducendo il perſetto nell’ imperfetto e guaſto. E ciò
che
giunto era al colmo della perfezione, come ſi ſcorge in Grecia, ed in Roma,
confondono
per modo, che più non ſi diſcerne la verità, la vera virtù.
Queſto
mio
libero parlare non offenda alcuno, poichè io non ebbi mai, avrò altro ſine
con
ciò, ſe non quel ſolo, di vedere cioè ch’ entro una Città così nobile ſi per-
fezionino
ſempre più le belle Arti, e ſi accreſcano, ſi perdano fatalmente, ſicco-
me
pur troppo è in altre Città accaduto.
Delle ſoglie falſe, e peſanti.
Sarà quì pure da conſiderarſi l’ abuſo delle falſe ſoglie, non meno di porte, che di
fineſtre
, il quale abuſo vien praticato in ſuppoſizione di novità, e bizzarria, non ri-
flettendo
quanto ciò ſia fuor di regola, poſſa aver luogo nel buono, a motivo
della
peſante, e ſalſa figura, che rappreſenta fuori d’ ogni ragione.
Se queſti Ar-
chitetti
ſapeſſero ciò, che è neceſſario a ſaperſi, cioè, che le ſoglie delle porte, e
fineſtre
altro non rappreſentano, che un arpice, per legare l’ erte, o ſtipiti delle
medeſime
, e che queſti non poſſono eſſere aggravati dal peſo ſuori del vivo, perchè
corrono
riſchio di ſpezzarſi:
e per difendergli da tale ſconcerto fa meſtieri valerſi
del
ripiego di formargli ſopra un rimenato di cotto entro il proprio muro, affinchè
lo
ſteſſo col proprio peſo non gli opprima, certamente ſe ne aſterrebbero.
Queſta è
la
maniera del buon praticato, e da praticarſi;
e non mai nelle forme da noi oſſer-
vate
uſarſi in Roma;
ſebbene anche quì fra noi vi ſono i corrompitori, che ſenza
ritegno
fannoſi ad imitare il cattivo guſto, e non il vero, e buono, che convienſi,
come
ſi rileverà dagli eſempj, che con chiarezza vedremo negli appreſſo diſegni.
Porta entro il Fondaco de’Tedeſchi.
Per ſempre più comprovare quanto ſi è detto, e far conoſcere quanto ſia da ſchi-
varſi
l’ errore di porre i peſi fuori del vivo, ſervirà anche la preſente porta.
La ra-
gione
ha certamente il ſuo luogo per ciò che riguarda il durevole, ſiccome ho in
queſta
oſſervato, che ſi vede entro il Fondaco de’ Tedeſchi, e ſerve d’ ingreſſo al
luogo
delle bullette, e ſpedizioni delle merci di detto Fondaco.
Dee oſſervarſi la ſua
ſtruttura
, che è aſſai ſtravagante, perchè moſtra di tener la ſoglia appena in luce
del
vano, lo che diſdice grandemente, oltre l’eſſer la medeſima oppreſſa dal peſo,
che
le ſovraſta, e già ſi oſſerva ſpezzata, mentre ha cornice, pilaſtri, e fronteſpi-
zio
per annicchiarſi nel mezzo il Leone Ducale.
Non ſo capire, come poffa penſar-
ſi
così male, riſpetto alla ſuſſiſtenza non meno, che alla ſoda Architettura.
Io vor-
rei
pur far comprendere tal verità, ſe mai foſſe poſſibile, e che ritornaſſe l’ uſo del
buono
operare.
Gran coſa, che il buono ſia conoſciuto, e praticato da pochi, per
non
lo dire preſſo che abbandonato da tutti, e venga approvato ſolo quello, che
non
è degno d’approvazione, lo potrà eſſere giammai.
Facciamoci pure ad oſſervare eſſa porta, e dal ſuo eſame agevol ſarà il compren-
dere
la verità delle mie aſſerzioni.
Queſta non ſolo ha la ſoglia peſante, ma anche
poſitivamente
inſuſſiſtente, a motivo del peſo, che l’ opprime al di ſopra;
e poi per-
chè
la ſua figura moſtra di non aver teſte valevoli per abbracciare, e ſtringer l’ er-
te
medeſime, ma moſtrando d’ eſter quaſi in aria, e ſoſtener così il peſo
15951DEGLI ARCHITETTI. ſtole nel falſo, ove ſi vede cornice con pilaſtri, e fronteſpizio, e tutto ciò per for-
mar
nicchio al Leone Ducale, che rappreſenta Magiſtrato per l’ Uſizio ſopraddetto.
Convien dire, che non potrà mai eſſer ragionevole un tal compoſto, perchè è fuo-
ri
d’ogni buona regola, e proprietà.
Si poteva per altro ridurre con maeſtà e deco-
razione
del buono e vero ſiſtema, col porre le coſe ſuddette in guiſa, che poteſſero
ſervire
non meno per ornamento, che per caratteriſtica del Magiſtrato, ſalvando ciò,
che
dee ſalvarſi pel decoro della vera Architettura.
Porta ſul piano della Scala maggiore nel Palazzo dei Civran a S. Gio: Criſoſtomo.
Queſta porta ſi vede ſul ſecondo piano della Scala Maggiore nella Caſa dei Civran
a
San Gio:
Criſoſtomo; e come l’ eſempio dimoſtra, è piena d’ irregolarità. La ſua
ſoglia
è ſommamente peſante, le ſue cartelle nulla concludono, il mezzo ſuo pila-
ſtro
Jonico nulla ſoſtiene, ſerve a coſa alcuna il rimenato.
Tutte queſte coſe ſi
trovano
fuori di ſimmetria, e deformano, anzichè adornare.
Soglia di Porta entro la Cbieſa di S. Barnaba.
E’ queſta ſoglia di porta di forma ſtravagante, e di mal compoſta figura a mo-
tivo
dello ſcherzo irregolare, che rappreſenta, girando al di ſotto della propria groſ-
ſezza
della ſua ſoglia naturale, e poi legandoſi in rimenato al di ſopra, produce
alla
medeſima peſo di conſiderazione.
Sono queſte irregolarità, che deformano, e
tolgon
la grazia, e la ſodezza.
Soglia di Porta nel Palazzo Graſſi a San Samuele.
La foggia di tali ſoglie così inzancate con bugna nella mezzeria, che vengono ag-
gravate
di peſo ſul falſo irragionevolmente contro l’ eſſer loro naturale, dimoſtra eſ-
ſer
le medeſime ſtate ordinate ſenza ſapere a che debban ſervire, ſe, cioè, per ſo-
ſtenere
e legare la porta, oppure per reſtar oppreſſe, ed infrante dal proprio peſo.
Soglia di fineſtra nella Scuola dell’Angelo a’SS. Apoſtoli.
Di queſta ſoglia dee pur dirſi, come delle altre la figura ſcompoſta, lontaniſſima
dal
leggiero, e vero modo da praticarſi, non dovendo eſſer mai così maſtina e pe-
ſante
, poichè è oppoſto ciò all’ ordine naturale.
Altra ſoglia ſomigliante ſi oſſerva ſulle due porte laterali della Chieſa del S. Se-
polcro
, con queſto di più, che ſopra la zanca tiene anche cornice leſinata con mo-
diglioni
, che le cagiona peſo maggiore, e le più goffezza.
Siffatte operazioni dir
ſi
debbono moſtruoſità, perchè ſi dilungano da tutte le regole della ſana Architettura.
16052OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 115[Figure 115] 116[Figure 116]Porta entro il Fondaco de’Jedeſchi. 117[Figure 117]Soglia di Porta entro la Chieſa di S. Barnaba. 118[Figure 118]Soglia di Porta nel
Palazzo
Graſſi a S. Samuele.
Porta
ſul piano della
Scala
maggiore nel
Palazzo
dei Civran
a
S. Gio Griſoſtomo.
119[Figure 119]Soglia di fineſtra nella Scuola
dell’Angelo
à SS. Apoſtoli.
16153DEGLI ARCHITETTI.
Una delle due porte della Sagreſtia aggravate di peſo ſopra la ſoglia nella Chieſa
di
S. Maria dei Miracoli.
Di queſte porte, che ſi veggono nella preſente Chieſa, e che ſervono d’ingreſſo
alle
Sagreſtie, trovandoſi aggravate ſulla ſoglia dalla menſola, che ſoſtiene il pul-
pito
, ful quale ſi legge l’Epiſtola, e il Vangelo, debbo dire, che la lor maniera
non
è lodevole, eſſendo certiſſimo, che la menſola ripoſa ſolamente ſulla mezzeria
della
ſteſſa ſoglia, e per trovarſi queſta ſpinta dal peſo, che le è ſopra, ſta ſempre
in
procinto di ſpezzarſi;
e ſe la porta non foſſe così riſtretta di luce, certo ſi è,
che
a queſt’ ora ſi ſarebbe ſpezzata.
Il modo ſicuro d’ operare in caſi ſomiglianti
altro
eſſer non può, ſe non ſe quello di formare la porta a volta, poichè l’arco fa
perpetuamente
forza, e con ragione ſuſſiſte;
e così uno opera ſecondo l’Arte.
Una delle due porte laterali, ed alzato eſterno di detta Chieſa.
Non ſi da error più ſolenne dello ftravolgere gli Ordini, e confondere il retto uſo
dei
medeſimi, ſiccome ci avverte il Galaccini a carte 65.
dicendo, come non con-
viene
in verun conto il por l’ordine ſuperiore ſotto all’inferiore, cioè, che il fervo
faccia
l’ufizio del padrone, e viceverſa;
ſiccome rilevaſi nel preſente eſempio, che
eſſendo
d’Ordine Corintio al di ſotto, tiene nel ſecondo di ſopra l’Ordine Jonico,
l’uno
e l’altro aſſai ornato ſecondo il guſto antico:
e per eſſer la detta Architettu-
ra
meſcolata di parti buone, ſebbene non ſeguenti, ne ho poſto l’eſempio, affinchè
ſi
rilevi il diſdicevole nello ſcalvacare gli Ordini, lo che non conviene in verun
conto
:
in quella guifa appunto, che uno voleffe, che le braccia faceffero l’ufizio
delle
gambe, e le gambe quello delle braccia, del che dar non ſi potrebbe defor-
mità
più ſcempiata.
Il diſordine iſteſſo ſi rileva parimente nel campanile della Chie-
fa
di San Gio:
Criſoſtomo, che è ornato d’Architettura, ma ſcavalcata nella guiſa
ſteſſa
, cioè, in cui è poſto l’Ordine Corintio ſotto all’Ionico, lo che, come dicem-
mo
, è deformità.
16254OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 120[Figure 120]Vna delle due porte della
Sagreſtia
aggravate di peſo
ſopra
la ſoglia della Chieſa
di
S. Maria dei Miracoli.
Vna
delle due porte laterali,
ed
alzato eſterno di
detta
Chieſa
16355DEGLI ARCHITETTI.
Degli sforzati alzamenti delle colonne fuor di propoſito.
Come appunto ſon quelle della porta della scuola grande di S. Marco Evangeliſta,
e
le altre nella Cappella degli Apoſtoli in San Gio: Criſoſtomo.
Somma ſi è certamente la ſtravaganza nel porre le colonne ſopra replicati piedi-
ſtalli
, come ſi è veduto ai giorni noſtri.
Veramente conſiderando, come ſiffatti erro-
ri
, e enormi incoerenze paffano per lodevoli compoſizioni, e ben eſeguite, mi rie-
ſce
ſtrano, che niun profeſſore zelante dell’Arte nobiliſſima dell’Architettura non ſia-
ſi
poſto a conſiderargli, gli abbia sfuggiti, ed abbia procurato d’illuminare il delu-
ſo
mondo.
Quindi io dico, e perpetuamente dirò, che la bene ordinata Architettura non dee
avere
, tenere irregolarità ſcompoſte, e vizioſe, come le preſenti;
cioè, collocare i
pilaſtri
di loro intiera proporzione e miſura, e poi formarvi dirimpetto colonna piccio-
la
e meſchina, ſicchè vi ſia biſogno, perchè abbia corriſpondenza col pilaftro, d’un
replicato
piediſtallo, che la porti alla conveniente altezza, e alla proporzione, che
ſe
gli aſpetta.
S’io non vado errato, eccovene gli eſempj. Sia il primo le due co-
lonne
d’Ordine Corintio poſte contro ai pilaſtri alla Porta della Scuola Grande di San
Marco
Evangeliſta:
il ſecondo poi ſieno quelle poſte all’arcata della Cappella degli
Apoſtoli
nella Chieſa di San Giovan Criſoſtomo.
Oſſerviamole un tratto. Che effetto
vi
fa mai il vedere il pilaſtro prolungato, che arrivi a piantare ſul regolone di ſotto,
ed
accompagni la ſua baſe con quella del piediſtallo;
e poi ſopra due piediſtalli, l’
uno
quadro, l’altro rotondo, pieni tutti d’ornamenti, poſta la colonna di fronte
al
proprio pilaſtro, la quale ſi agguaglia allo ſteſſo capitello, portando del pari la
propria
ſua cornice?
Quelle poi di S. Gio: Criſoſtomo, che s’accoſtano molto alle già
eſaminate
, variano foltanto da eſſe, che il pilaſtro pianta ſopra il primo piediſtallo,
e
la colonna ſopra il ſecondo rotondo e ornato.
Simiglianti ripieghi in buona Ar-
chitettura
ſi chiamano rappezzi, e giocolini.
O il pilaſtro trovaſi in proporzione, o
:
ſe ſi trova, e perchè porgli di fronte una colonna di minor modulo, e che per
arrivare
all’altezza dovuta della propria cornice ſia di neceſſità il porvi un piediſtal-
lo
artifizioſo, che nulla abbia coerente al ſuo eſſere, ſecondo l’ordine ſopraccenna-
to
?
Tali diſordini ed errori finora non conſiderati ſi ſchivino in avvenire diligen-
temente
:
e ſebbene gli Architetti di quei tempi, nei quali furono queſti errori com-
meſſi
, aveſſero ſtima, tuttavia dee dirſi, che malamente operarono, perchè trincia-
vano
, e ſcemavano le debite ſimmetrie ſtabilite agli Ordini reſpettivi, ſecondo la buo-
na
Architettura.
16456OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 121[Figure 121]Profilo della porta della Scuola grande di S. Marco Evangeliſta.
16557DEGLI ARCHITETTI.
Oſſervazioni ſopra i pilaſtri tagliati:
Come
appunto ſon quelli, che ſi veggiono entro la Chieſa di San Gio: Criſoſtomo,
come
anche ſopra la facciata d’eſſa Chieſa.
Dobbiamo conſiderare in queſto luogo, come nel buon ordine di retta Architet-
tura
non debbonſi mai tagliare le parti principali d’eſſa Architettura, che anzi per
lo
contrario debbon conſervarſi intiere, e nette pel maggior loro decoro.
In queſta
Chieſa
, che abbonda di leggiera Architettura, ſi rileva il groffo errore di tagliare i
pilaſtri
in modo diſdicevole, e moſtruoſo.
Si offervi la ſua figura: l’Ordine è Corin-
tio
, ha piediſtallo e pilaſtri, con baſe, e capitello, e cornice:
formano cantonali
agli
archi ſuperiori con dopo alette, ed impoſte con loro arcate;
e queſte ſteſſe impoſte
leſinate
girano a ridoſſo, ed intorno al ſuddetto pilaſtro, di modo che troncano la
ſveltezza
del medeſimo, rendendolo ſmezzato, e che offende la viſta degl’intendenti.
Similmente ſopra la facciata con ugual diſordine ſi offervano le pilaſtrate del
prim’ordine
con cornici leſinate, ed alzarſi nel cantonale ſtorpiatamente il rimenato,
poichè
trovaſi piantato fuori della cornice, e che col ſuo slancio giunge a tagliare
per
mezzo il pilaſtro del ſecond’ ordine, che ha parimente cornice, e rimenato ſo-
pra
nella guiſa ſteſſa dell’inferiore.
Tutte ſcorrezioni fon queſte da diſapprovarſi, co-
me
quelle che ſono effetti di falſa Architettura guaſta e corrotta:
e di vero tutto quel-
lo
, che rappreſenta pilaſtro o colonna, dee perpetuamente comparir libero, affinchè
moſtri
tutta la ſua forza nel ſoſtenere:
come altresì i rimenati debbono piantar ſempre
ſul
vivo, e non ſul falſo, ſiccome trovanſi queſti.
Errori tutti, che non poſſono
ſcufarſi
, e che diſonorano l’Arte.
Porta della Chieſa di S. Martino.
Lo fteſſo dir poſſiamo eziandio delle alette collocate preſſo le colonne nella porta
della
Chieſa di San Martino, ed in quella del Sepolcro, nelle quali, come appari-
ſce
dal diſegno, reſta l’aletta di fuori col capitello Corintio tagliata nel traverſo della
cornice
dell’impoſta dell’arco di detta porta.
Così ancora dee intenderſi di quei ca-
pitelli
poſti all’alette, che tagliati da faſce vanno poi a terminare in volute, come
ſono
appunto quelle del ſecond’ordine della facciata di S.
Maria Zobenigo, come
anche
l’altre d’eſſo ſecond’ordine ſu quella dei Carmelitani Scalzi, che non rappre-
ſentano
alette, volute, ma piuttoſto moſtri, che abbiano bella teſta, e che
poi
vadano a finire in aborti.
In alcuna occaſione ſi può far uſo della voluta, ma
ſenza
capitello fogliato, e vi potrà ſoltanto aver luogo quello, che ſia d’Ordine To-
ſcano
, o Dorico, che forma teſta, o berretta, e niente più;
e queſto diceſi il vero
modo
d’operare da favio Architetto.
16658OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 122[Figure 122]Porta della Chieſa di S. Martino.
Entro
la Chieſa.
Pilaſtri
Jagliati entro e fuori
della
Chieſa
16759DEGLI ARCHITETTI.
Una delle due porte di riva nel Palazzo de’ NN. UU. Peſaro ſopra il rio.
Simigliante Architetoura non può in verun conto approvarſi, come quella, che è
deformata
e falſa nelle ſue parti.
Si oſſervi, quanto è ſgarbata la ſua poſitura, e
quanto
male ſia appoggiata.
Sono anche più biaſimevoli i ſuoi colonnati tozzi, e
deformati
, mal meſſi nel loro peduzzo.
Il rimanente poi, della cornice cioè, e
d’altro
venne affai male concepito.
Eppure l’Architetto credeva d’eſſerſi fatto par-
tito
, col far moſtra d’una nuova invenzione, che ſi luſingava eſſere una prova di
ſua
inſigne bravura.
Gran cofa, che quell’Architettura tanto ftimata, onorevole, e
pura
, colla quale i famoſi Artefici antichi adornavano le fabbriche con loro gloria,
e
fama, per le ottime proporzioni, e adeguati penſamenti in tutti gli Ordini ſem-
pre
diſpoſti con nobiltà:
dove per lo contrario veggionſi ai tempi noſtri pregiudica-
te
, e guaſte, con ornati privi di grazia deformati, e ridotti a mal partito, che
non
ſi ſa oggimai più riconoſcere il pregio della felice, e virtuoſa Architettura.
Da queſta ſcorrettiſſima porta ſi potrà rilevare, quanto ſia biaſimevole l’ uſo di
ſcorrette
proporzioni, che ſi ſcoſtano dall’unione di retta ſimmetria.
Sembra, che que-
ſta
porta ſia d’Ordine Toſcano, tanto ſi manifeſta l’alto, e il piano;
concioſſiachè
le
colonne ſieno ſcarſiffime nella loro altezza, come quelle, che non paſſano le ſei
teſte
del loro peduzzo, compreſo il capitello.
Quanto a me, penſo, che queſto Ar-
chitetto
, che ſi valſe di ſcarſa miſura, pretendeſſe di ſecondare il gran Vitruvio,
ove
dice, che nella Jonia fu fabbricato ad Apollo Pannionio un Tempio, perchè pri-
ma
ne aveva veduto un altro eretto nella Città dei Doreſi, ove volendo por le co-
lonne
, avendo peranche le ſimmetrie delle medeſime, perchè poteſſero reggere il
peſo
con qualche vaghezza di proporzione, quel tale Architetto miſurò la pianta del
piede
virile, e di groſſezza formando da baffo il fuſto della colonna, la levò ſei vol-
te
in altezza da terra col ſuo capitello:
e così appunto pretendeſſe di fare lui. In
queſto
caſo può ſupporſi, che il ſuo ſpiritoſo intendere abbia penſato a quel bel ri-
piego
moſtratoci dal Palladio nel ſuo IV.
libro dell’Antichità, praticato per allungar
le
colonne, veduto e difegnato da eſſo nel Tempio del Batteſimo di Coſtantino in
Roma
, e da eſſo pur praticato in S.
Giorgio Maggiore in Venezia alle colonne poſte
nella
porta maggiore dentro la Chieſa, e ai due Altarinella crociera:
così queſto pen-
valerſi dello ſteſſo partito, allungando colla pera aggiuntavi, e zoccolo al di ſot-
to
, finchè arrivaſſero a far moſtra di quella grazia, che non avevano, e veniſſero a
comporre
inſieme otto teſte della loro altezza.
Siffatto ripiego fu buono nel Batteſi-
mo
di Coſtantino, e più ancora del Palladio in San Giorgio Maggiore:
ma in que-
ſto
fa comparſa molto peſante, ha veſtigio della grazia e gentilezza delle colon-
ne
accennate;
ed in quelle pure vi è la ſua baſe ornata, e bella; dove in queſte,
ſuppoſto
l’Ordine Toſcano, il loro plinto è troppo alto, e lontano dalla convenien-
te
ſua proporzione, e bellezza.
Sotto poi i regoloni vi è il modiglione cartellato per
ſoſtegno
della detta colonna, ed in eſſo terminano gli ſcalini della ſteſſa riva.
Sopra le ſuddette colonne appoggia la cornice architravata e leſinata, con appreſſo
il
pilaftro.
Il punto ſta, come poſſanvi aver luogo l’altre leſinature al di dentro nel-
la
ſteſſa cornice corrente fopra l’arco:
può avervelo la leſinatura ſopra la ferraglia,
nol
nego:
ma che abbiaſi a leſinare perpendicolarmente anche ſopra le impoſte, e-
gli
è errore majuſcolo, e ſommo, per l’una, che per l’altra parte, la quale le-
ſinatura
ſta ſopra la ſteſſa cornice in aria, e queſta poſta ſull’ angolo dell’arco, ed
arriva
all’ovolo ſotto il gocciolatojo.
Come ſiaſi ideato tale improprietà lo ſpiritoſo
Architetto
, non ſo comprenderlo, non eſſendovi la menoma ragione;
che anzi per
lo
contrario vi ripugna totalmente la buona Architettura:
come altresì quel raggio,
che
ſe ne ſta in aria così pendente, in vece d’appoggiare ſulle proprie impoſte,
centro
per eſſo proprio:
potrà mai ſalvar l’Architetto quella meſchiniſſima zat-
tina
cerchiata, per indicare il ſuo appoggiamento ſaldo.
In ſomma guaſta è una tale
Architettura
, male eſeguita fuor d’ogni ragione.
Così l’Architetto, che non ha fon-
do
d’Arte, falla a occhi veggenti certamente.
La preſente figura ſi vede nella Chieſa di S. Maria dei Miracoli, e ſerve aſſai
per
eſemplare delle ſoglie aggravate appunto ſul falſo.
In queſta Chieſa adunque ſi oſ@erva, per così eſprimerci, il modello di figura pe-
fante
ſul falſo, aggravando la ſoglia, che la foſtiene, ed è alli due altari
16860OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI alla ſcalinata, cioènei quattro vani, oveſon poſte le Reliquie. Dee dirſi alcuna co-
ſa
intoo a ciò, affinchè alcuno ingannato da tale eſempio non ſi penſaſſe mai
d’imitarlo
.
E di vero vi ſono certi tali, i quali tutto ſi fanno lecito, allorchè poſ-
ſau
o addurre alcun eſempio d’altro Autore.
Il preſente modello (così mi piace dir-
lo
, poichè la figura è di picciol corpo) è di qualche conſiderabile conſeguenza pel
mal
eſempio, che eſibiſce, e ciò per coloro, che molto s’applicano ad imitare,
perchè
non ſono abili ad inventare;
il preſente modello, io dico, è da fuggirſi on-
ninamente
, perchè ripugna non ſolo ai dettami dell’Arte, ma alla ſteſſa ragione
di
Natura.
16961DEGLI ARCHITETTI. 123[Figure 123] 124[Figure 124]Vna delle due
porte
di riva
nel
Palazzo
NN. VV.
Peſaro
ſopra
il
rio.
La
preſente figura ſi vede nella Chieſa di Sa. Maria dei Miracoli.
17062OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Porta d’Ordine Dorico con ſoglia bugnata vicino al Ponte dell’Aceto
a’
SS. Gio: e Paolo.
La porta ruſtica, che quì eſpongo eſſendo d’Ordine Dorico, è aſſai incoerente
nelle
ſue parti.
Prima di tutto ha la ſua ſoglia molto peſante a motivo delle cin-
que
bugne pendenti, che la formano, ſenza alcun legamento, ſoſtegno, moſtran-
do
di cader ſul capo a chi v’entra.
Si oſſervi poi la meſchiniſſima cornice poſta ſu
i
capitelli, che ſoſtengono il fronteſpizio, come compariſce povera, oltre l’eſſere per-
fino
priva delle proprie erte.
Tali porte non poſſonſi altrimenti denominare, che
baſtarde
e tronche, perchè prive delle parti, che ſecondo l’arte ad eſſe convengono.
Porta del Campanile di S. Bartolommeo. Novità di fronteſpizio bugnato.
Queſt’altro eſempio moſtra patentemente, quanto arditi ſieno certi Architetti, che
ſenza
alcun rifleſſo eſpongono il loro falſo penſare, pretendendo di ſegnalarſi colle
più
ſtravaganti novità, Oſſerviſi queſta porta, che è non ſolo bugnata con peſan-
tiſſima
ſerraglia, ma tiene anche bugnato il fronteſpizio;
trovandoſi eſſe bugne in-
caſſate
al di ſotto, rimangono al di ſopra peſanti, e in aria, coſa lontaniſſima dal-
la
ſuſſiſtenza.
Da ciò appariſce, quanto male inteſa venga la vera Architettura. In
niun
tempo ſonoſi veduti fronteſpizj bugnati, come lo è queſto.
E’ ben vero, che
tali@ſcempiatiſſimi
errori ci ammaeſtrano, perchè ci additano a non incorrere in or-
ridezze
contrarie alla verità, ed alla nobiltà della vera Architettura.
Cornico Dorica poſta ſopra gl’intercolunnj nelle Procuratie nuove verſo l’Aſcenſio-
ne
alterata nei modiglioni.
Siccome tutte le mie oſſervazioni altra mira non hanno, che la perfezione degli
Ordini
, così non poſſo a meno di non eſporre tutte le improprietà, ed irregolarità
praticate
in varj tempi.
La preſente cornice Dorica non corriſponde a quel fine,
che
ragionevolmente le è dovuto;
e l’errore conſiſte nell’ eſſere ſcavalcata nei ſuoi
modiglioni
, ſendo queſti poſti fuori del triglifo, che chiama ſopr’eſſo il modiglione
per
capo di corriſpondenza a ſoſtenere il gocciolatojo, e la gola ſopra.
Nel vederſi
così
fuor di luogo non rilevaſi certamente quella corriſpondenza, che dee avere col
triglifo
, che gli è ſotto:
per lo contrario qualunque volta, che ponganſi i modi-
glioni
in ſimil cornice, ſi dee ſeguir l’eſempio laſciatoci dagli ottimi Maeſtri, come
venne
praticato dal famoſo Giammaria Falconetto nell’Arco da eſſo fatto in Padova
nel
Cortile del Mantova, coſa che molto nobilita un tal ſito.
Così pure il Sanſo-
vino
nella facciata della Zecca ſopra la Peſcheria;
e ſe ne valſe anche il Vignola
nel
ſuo Libro d’Architettura, ed altri molti, i quali poſero in tal Ordine i modi-
glioni
:
per la qual coſa oſſervando la ſtravaganza d’un tale operare, cioè, di por
le
oſſa fuori del luogo loro, rilevo, che queſta parte di fabbrica non è ſtata compita
dallo
ſteſſo Scamoccio, che ne fece ſopra la Piazza gran parte, ma bensì dopo di lui
da
altro poco intendente del modo da tenerſi in tal Ordine, e nelle ſue parti.
Reſti
pertanto
avvertito ogni ſtudente, che ſopra l’Ordine di cornice Dorica non conven-
gono
altri modiglioni, ſe non uno ſolo ſopra ogni triglifo, oppure ſenza, come ve-
deſi
praticato nella fabbrica ſteſſa ſopra la Piazza cominciata dal Sanſovino, che
ornò
la cornice di triglifi, di metopi, dentelli, e fuſaroli;
e così fu anche pratica-
to
in altri tempi ſempre con lode:
ma nel caſo preſente ſarà perpetuamente condan-
nabile
, perchè non corriſponde al ſuo fine, all’Ordine riſpettivo.
17163DEGLI ARCHITETTI. 125[Figure 125] 126[Figure 126]Porta d’Ordine Dorico con ſoglia bugnata vicino al Ponte dell’Aceto a SS. Gio: e Paulo. 127[Figure 127]Porta del Campanile di S. Bartolommeo.
Cornice
Dorica poſta ſopra gl’intercolunnj nelle Procurat̀ie nuove verſo l’Aſcenſione.
17264OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Porta ruſtica con ſoglia bugnata dietro alla Chieſa di S. Maria Formoſa.
Avendo queſta porta così peſanti letre bugne del mezzo, non moſtra ſe non ſaſ-
ſi
, i quali oltre il tagliare la ſoglia, e la cornice, vengono anche ſpinti a cadere
dal
proprio fronteſpizio, come moſtra in fatti la figura.
E di vero ſarebber più at-
ti
ad uſo di prigioni per imprimer terrore, che per ornato d’una decoroſa abi-
tazione
.
Altra porta di gentil forma con ſoglia e cornice ſpezzata da bugna ruſtica
dietro
alla ſteſſa Chieſa.
Offro alla conſiderazione dei periti anche queſta porta con ſoglia bugnata e maſti-
na
.
Eſſi certamente non potranno ſe non condannare tutto quello, che veggono eſe-
guito
fuor di ragione.
Si oſſervi attentamente, e ſi dirà, come non ſolo è ſomma-
mente
peſante, ma moſtra d’eſſer perpetuamente in atto di cadere, facendo paura a
chiunque
vi oſſervi in entrandovi.
Quanto alla ſua figura, ſembra di gentil forma per
i
due rimenati poſti ſulle due erte, e nella mezzeria gocciola, e vaſo ſopra.
Ma e
che
rileva, quando tutto ſmarriſee alla viſta a motivo della pesante ſoglia, che in-
gombra
tutta l’apertura?
Di queſta, come di tutte le altre, ho condannato ſimiglianti
bugne
, non accordandoſi la loro forma pel peſſimo effetto, che producono, Dico ben-
, che anche le bugne ſi poſſono, eſi debbono praticare, e l’hanno praticate diverſi,
come
veggiamo in molte fabbriche, e fra le altre le due porte, cioè quella di ſtra-
da
, e quella della riva dei NN.
UU. Grimani Spago a S. Maria Formoſa. Queſte per
eſſere
a volta molto ſi confanno colle bugne, che danno forza alla fabbrica, ed in tal
guiſa
ſono commendabili, ed ottimamente ſituate:
ma ſopra ſoglie dritte porre bugne
pendenti
, o ſerraglie bugnate, ſono ſcherzi irragionevoli.
Conſiderando la loro figu-
ra
, queſte tagliano la ſoglia, come è in fatti, ed appariſce, o rappreſentano cugni
per
iſtringere:
e queſto ſarà ſempre falſo, non eſſendo arco, perchè non potrà mai
ſtringerlo
, ſe non ſarà aperto.
Dunque tali bugne rappreſentano ſoltanto una finzio-
ne
, la quale non dee mai praticarſi nell’Architettura, che non ammette, ſe non ſe
ciò
, che detta la pura ragione.
Quindi ſi dee concludere, che le bugne ben colloca-
te
non ſolo ſaranno lodevoli, ma convenienti;
ma da non praticarſi mai ſopra ſo-
glie
piane pel reo effetto, che producono.
Queſto per mio avviſo baſtar dovrebbe a
perſuadere
chi intende ragione, commendando io ſempre la retta e vera ſolidità,
parte
neceſſaria a queſt’Arte, e vituperando le inſuſſiſtenti chimere, che tolgono all’
opera
lo ſtabile fondamento.
Porta del Palazzo dei NN.UU. Cavagnis a S. Severo coll’Architrave tagliato
dalla
ſoglia bugnata.
Queſta porta d’Ordine Dorico ſi vede nel Palazzo Cavagnis a S. Severo, ed il
ſuo
oſſervabile difetto conſiſte non ſolo nell’aver la ſoglia dentro l’architrave, ma
anche
nel tagliarlo in guiſa, che ripiegato, come appariſce, ſembra, che gli ſtia a
ridoſlo
, comparendo peſante al di ſopra per le bugne, che porta, e meſchino ne’
fianchi
, e tozzo.
Tali architravi così tagliati non ſono, ſaranno mai lodevoli,
perchè
non può veriſicarſi, che poſſano ſervire in un medeſimo tempo a due funzio-
ni
, vale a dire, a legare la fabbrica, quale è il ſuo ufizio, e a ſervire d’arco alla
porta
, quando lo ſteſſo reſta diviſo, e ſmezzato.
17365DEGLI ARCHITETTI. 128[Figure 128] 129[Figure 129]Porta ruſtica con ſoglia bugnata dietro
alla
Chieſa di
S
. Maria Formoſa.
130[Figure 130]Altra porta di gentil forma con ſoglia e cornice ſpezzata
da
bugna ruſtica dietro
alla
ſteſſa Chieſa.
Porta
del Palazzo dei NN. VV. Cavagnis a S. Severo coll’Architrave tagliato.
dalla
ſoglia bugnata.
17466OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Interno della Chieſa de’ SS. Apoſtoli, e ſuoi errori.
Anche nella Chieſa de’SS. Apoſtoli ſi rileva l’errore d’aver l’Architetto antepoſto
l’Ordine
Jonico al Corintio, nell’accreſcimento, che poſe nel ſecond’Ordine per or-
nar
le fineſtre, non avvertendo a ciò, che conveniva in buona Architettura.
Appa-
riſce
poi anche di più il diſordinato modo degli archi aggiunti, i quali rieſcono
meſchiniſſimi
per la mancanza delle facce, che formano legatura indiſpenſabile;
e
molto
più per aver poſti i modiglioni nelle cornici delle impoſte, coſa aſſai trita, e
di
niun conto, nulla affatto corriſpondendo con la cornice Corintia, che è intieramen-
te
ſchietta.
Se l’inventore di tale aggiunta aveſſe oſſervato ciò che dice il Palladio
nel
IV.
Libro della ſua Opera pagina 74. , ove parla del Pantheon di Roma commen-
dando
l’Architetto, il quale ſeppe così bene ripiegare le parti della cornice de’Ta-
bernacoli
in facce, perchè ſerviſſero di reale legamento alla fabbrica, avrebbe eſſo
pure
potuto imitare l’eſempio, e farſi onore.
Porta ſopra la ſtrada del Palazzo Grimani a San Luca.
Dalla porta di queſto Palazzo ſi rileverà, quanto diſdica il tagliare colle cornici i
pilaſtri
, o colonne, e ciò, non meno per l’appoggiarſi a ridoſſo dei medeſimi, che
per
la meſchina apparenza, che produce.
Dove per lo contrario per eſſer queſta la
porta
principale, dovrebbe comparire molto maeſtoſa, e grande pel decoro di ma-
gnifica
fabbrica:
era pertanto neceſſario laſciar libero il pilaſtro, cuoprirlo, ta-
gliarlo
con la cornice della ſoprapporta, eſſendo queſto un guaſtare la parte princi-
pale
della nobile Architettura.
Vi ſarà per avventura chi vorrà difendere un tale er-
rore
con addurre per iſcuſa, che il ſito, in cui la medeſima è poſta, ſi trova al-
quanto
riſtretto per la viſta, e pel comodo d’eſſa porta;
e che queſto poſſa eſſere
ſtato
il motivo, onde non averle potuto dare forma migliore.
A chi ciò mi diceſſe
riſponderei
, che l’Architetto non dee giammai ſcarſeggiar di partiti per fare ſpicca-
re
la ſua intelligenza in più modi, ſtandoſi però ſempre entro i limiti del ragione-
vole
.
E’parimente biaſimabile la faſcia poſta ſotto al regolone della baſe dello ſteſſo pi-
laſtro
, che ſporge eccedentemente in fuori, ſoſtentato dal meſchino cerchietto cartel-
lato
, e al di dentro ugualmente dritta, potendoſi pure allungare fin ſotto la ſteſſa
erta
, che gli avrebbe ſervito di zoccolo, ed avrebbe prodotto maggior grazia, e fi-
nimento
.
17567DEGLI ARCHITETTI. 131[Figure 131] 132[Figure 132]Jnterno della Chieſa de’ SS. Apoſtoli,
e
ſuoi errori.
Porta
ſopra la ſtrada del Palazzo
Grimani
a S. Luca.
17668OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Spaccato della Cupola della Salute, ed errori, che ſi oſſervano in queſta fabbrica.
E’oſſervabile l’errore particolare, che chiarameute ſi maniſeſta nella ſontuoſa fab-
brica
della Salute, ſendo queſto Tempio compoſto di ſommamente ornata Architettu-
ra
, onde ſi diſtingue da qualunque altro Tempio.
Il lavoro, che ha al di dentro,
che
al di fuori, è di tre Ordini d’Architettura, cioè, di Dorico, di Corintio, e di
Compoſito
, ond’è, che venga univerſalmente ammirato.
Ma giacchè mi ſon poſto
a
trattare degli errori degli Architetti, mi giova eſporre anche il mio parere intorno
al
preſente edifizio, ſiccome appunto ho fatto degli altri, con nuda ingenuità libe-
ra
da ogni adulazione.
Conſiderando pertanto ciò, che preſentemente dee avvertirſi,
dico
, che avendo oſſervato in queſto magnifico Tempio il difetto ſteſſo, che ho
rilevato
in altre Chieſe, mi pare una gran coſa, che ſi abbia dai periti a ſallare
patentemente
.
Lo sbaglio preſo dall’Architetto ſi è l’aver poſto l’Ordine Compoſito
ſotto
al Dorico:
ciò ſi rileva entro alla cupola maggiore: coſa a dir vero diſdicevo-
le
e moſtruoſa, il vederſi cioè ſopra colonne con ſuo piediſtallo e cornice di leggia-
dra
proporzione altr’Ordine inſeriore, che tenendo pur eſſo piediſtalli con ſtatue rap-
preſentanti
i Profeti;
e ſopra capitelli, e cornici con ſagome più ordinarie, ed in eſ-
ſe
peſanti modiglioni, raddoppiati e ſcannellati a foggia di triglifi, gonfj ſoltanto al
di
ſotto ſopra i medeſimi pilaſtri, lo che toglie aſſai la leggerezza all’opera:
con
queſto
di più, che le colonne Compoſite vengono ingombrate, e quaſi ſtrette dalle
cornici
delle impoſte degli archi, le quali vengono ſoſtentate da pilaſtri d’Ordine
Corintio
, il qual Ordine gira tutt’all’intorno di detta Chieſa, e ſerve d’ornamento
alle
ſei Cappelle compreſe entro il giro del gran vaſo della medeſima.
Deeſi pure in
queſto
luogo conſiderare la ringhiera molto peſante, e fuori del vivo, come appun-
to
oſſervammo nelle ringhiere di Roma, della quali eſponemmo gli eſempj.
Sarà
anche
bene aggiunger gli altari collocati nelle anzidette Cappelle, i quali, benchè
ſieno
di gran lavoro, non tengono però quella proporzione armonica, che loro ſi
converrebbe
, mentre queſti col loro grande ingombro di rimenato, che porta ſopra,
ſorpaſſano
i limiti della buon’Arte, cuoprendo eſſo rimenato parte dalla cornice Co-
rintia
, che gli reſta dietro, e gira d’intorno.
Queſto pure è errore non così leggie-
ro
, perchè cuopre ciò, che non dee, non eſſendo mai lecito porre Architettura a ri-
doſſo
d’altra Architettura, cuoprendo l’una per far grandeggiar l’altra.
Si potrebbe-
ro
indicare altri errori;
ma ſiccome non ſono così viſibili, come i ſopraccennati,
ne
fo di meno:
e ſarà più proficuo, che oſſerviamo il primiero uſo degli Antichi,
i
quali non praticarono giammai queſta maniera d’arricchire ſgarbatamente con in-
venzioni
raddoppiate, cioè, che una affoghi l’altra, ma oprarono ſemplicemente,
come
rileviamo dai nobili avanzi dell’Antichità, ed anche dei tempi a noi più vi-
cini
.
Si toccherà con mano ciò, ch’io aſſeriſco, col confronto d’altre fabbriche ſti-
mabili
, quali in fatti ſono le Chieſe del Redentore, e di San Giorgio Maggiore, o-
pere
del Palladio, il quale oſſervò una compoſtezza ed uniſormità alla ſteſſa fabbrica,
ponendo
entro la ſteſſa Architettura gli altari al luogo loro, ſenza togliere un mini-
mochè
alla nobiltà, e bellezza della principale invenzione;
e veramente rieſcono ſem-
pre
gentili, e ſommamente vaghi.
Queſti ſono gli eſempj, dai quali dee trarſi pro-
fitto
, ſeguendo il parere, e lo ſtudio fatto dallo ſteſſo Palladio, quale egli eſpone
nel
proemio del ſuo Libro d’Architettura, ed ancora a carte 15.
, ove tratta della
diſpoſizione
dei cinque Ordini, per profitto dei veri ſtudioſi di tal Arte.
17769DEGLI ARCHITETTI. 133[Figure 133]Spaccato della Cupola della Salute, ed errori, che ſi oſſervano in queſta fabbrica.
17870OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Cima d’altare nella Chieſa di S. Luca, quale era prima, con i fronteſpizj in aria.
Queſta è la cima dell’Altar maggiore della Chieſa di San Luca, che è molto al-
terata
dai due fronteſpizj, cioè dal primo di ſopra con cartocci ſuperiori e inferio-
ri
, la cui metà è ſul falſo;
ed il ſecondo reſta colla metà in aria: inoltre ha due
ſoli
modiglioni nelle cornici, quando tre eſſer dovrebbero:
e la cartella dal fianco
poſante
in falſo ſull’orlo della cornice, e portante il vaſo fuori del vivo;
finalmen-
te
la ſerraglia reſta imbrogliata da feſtoni e cartelle, che la rendono peſantiſſima.
Gruppo d’errori, che non ſervono che ad ingombrare, e a toglier la leggerezza, e la
grazia
.
Altra Cima d’altare nella Chieſa di S. Apollinare colla metà
dei
fronteſpizj in aria.
Ha la cima di queſto Altare i fronteſpizj tagliati, incaſſati con modiglioni, e col-
la
metà del gocciolatojo in aria al di fuori.
Queſto porta cartella ſopra, diſteſa in
luogo
di figura, e ſotto altra cartella, che va ad aggrapparſi ſulla ſerraglia.
Queſte
ſono
coſe tutte peſanti, incoerenti, prodotte dal mero capriccio, e non dal buon or-
dine
d’Architettura ragionevole.
Altra Cima d’altare nella Chieſa de’Servi con tutti i fronteſpizj in aria.
Anche nei fronteſpizj di queſto Altare ſi rilevano gli ſteſſi errori di ſopra diviſati,
vale
a dire, che tutti reſtano in aria, e tagliati.
E’veramente ſtrano, che errori
patenti
non ſienoſi avvertiti per isſuggirgli, mentre tanto s’oppongono alla ragio-
ne
;
e che non ſiaſi tampoco cercato il fine di tali fronteſpizj, ed a qual uſo ſerva-
no
:
una tal rifleſſione avrebbe fatto conoſcere agli Architetti, che in tal guiſa non
ſervono
per coprire, per ornare, quale è appunto l’ufizio loro, o eſſer deve.
17971DEGLI ARCHITETTI. 134[Figure 134]Cima d’altare nella Chieſa di S. Luca, quale era prima,
con
i fronteſpizi in aria.
135[Figure 135] 136[Figure 136]Altra Cima d’altare nella Chieſa di
S
. Apollinare colla metà dei fronteſpizi
in
aria.
Altra
Cima d’Altare nella Chieſa
de’Servi
con tulti i fronteſpizi
in
aria.
18072OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Altar Maggiore della Chieſa di San Luca nuovamente rifatto.
Se abbiamo ſcoperti degli errori nell’Altar Maggiore della Chieſa di San Luca com’
era
prima, certamente nel nuovo non poſſiamo dare la noſtra approvazione.
L’Ar-
chitetto
, che n’ebbe l’incarico, ſi ſtudiò di farlo ſpiccare maggiormente in maeſtà;
ma s’ingannò a partito. Primieramente nel piantarlo s’avvisò d’appoggiarlo ſul pie-
diſtallo
dei pilaſtri d’Ordine Ionico, che girano intorno a tutta la Chieſa, e ſopra
queſto
poſe un regolone, e ſopr’eſſo il piediſtallo delle colonne Corintie.
Fin qui
vi
ſi oſſervano tre innalzamenti per piantarvi le colonne, e ſormar l’Altare.
Si trat-
terà
di ſimigliante abuſo, e incoerenza a ſuo luogo, ove cioè faremo rilevare l’uſo
ſuperfluo
dei piediſtalli replicati.
Tanto adunque ſi alza il macchinoſo Altare, che
colla
ſua cima ſorpaſſa la cornice della ſteſſa Chieſa.
Sconcerto, e diſordine di diſu-
guaglianza
, ſenza alcuna proporzione di corriſpondenza armonica.
Queſto Altare
riempie
quaſi tutta la Cappella, ed è d’Ordine Corintio.
Le ſue colonne ſono me-
ſchine
;
e l’Architetto primo per prolungarle v’aggiunſe il peſo ſopra la baſe, pre-
tendendo
così d’imitare il Palladio nelle dieci colonne, che prolungò in S.
Giorgio
Maggiore
, come dicemmo.
Sono pure del vecchio Altare le cornici con li due mo-
diglioni
per colonna.
L’aggiunta poi dell’aletta di dentro in faccia alla ſoazza della
palla
non ſa vederſi la ragione, per cui debba ſervire, ſe non ſe quella di poter ſo-
ſtenere
il catino, e l’onde del medeſimo di ſotto al peſante rimenato maſſarino,
che
s’alza fuori di ſua competente altezza, a motivo del diſordine nella partizione
dei
ſuoi modiglioni, dei quali i primi ſono aſſai diſtanti l’uno dall’altro;
e gli al-
tri
, che ſeguitano, più vicini:
edi quella peſantiſſima ſerraglia altro non può dirſi,
ſe
non che rappreſenti una creſta, ovvero un fagotto aggruppato, non già ſerraglia
adeguata
, che adorni.
Dirò di più, che un rimenato così eſeguito rappreſenta una
ſcuſſia
alla Tedeſca peſante, e ſgarbata, fuori totalmente dell’ordine di buona Archi-
tettura
, non uſata mai da alcuno antico buono Architetto, ſendo più Teatrale, che
ſoſtanziale
.
La ſoazza parimente, che circonda la palla in larghezza quaſi delle ſteſſe
colonne
;
come anche le zanche peſanti, al ſito d’impoſte, che di ſotto, non ſer-
vono
, che a maggiormente ingoffire, e rendere il ſito più largo del convenevole.

Quanto
meglio avrebbe fatto, ſe aveſſe ingentilita per la metà la detta ſoazza, e di
quel
di più poſto l’aletta anche al di fuori;
e così ſarebbe riuſcita di più avvenen-
za
, e leggerezza! E chi non ſa, che tutte le regolate aperture non debbono ecceder
meno
dei due quadrati?
E ſe alcuna coſa di più ſi fanno, ſi fanno a norma degli
Ordini
dell’Architettura medeſima, e fanno ſempre bene.
Certamente in queſta
apertura
non vi ſi rileva una tal proporzione;
ma per lo contrario compariſce toz-
za
, e goffiſſima.
Mi fa gran maraviglia il veder praticarſi ciò nell’Ordine più gen-
tile
, e grazioſo, quale ſi è il Corintio, che vuolſi porre al paro del più ſemplice, e
ſchietto
, quale è il Toſcano, nel quale facendo aperture per uſo di campagna, ove
debbonſi
introdurre carra cariche di fieno, o d’altro, ſi tengono eſſe aperture como-
de
, e vi ſi pongono per tale effetto gli architravi di legno.
Ella è una vergogna
de’noſtri
giorni il non conſiderarſi punto le convenienze de’riſpettivi Ordini, il
vero
modo d’eſeguirgli.
Dopo d’aver diligentemente eſaminato l’Architettura del nuovo Altar Maggiore
eretto
nella Chieſa di S.
Luca, a confronto del vecchio, che era molto diſordinato e
ſcompoſto
, mi fo ora ad oſſervare con iſtupore la preteſa del ſuo regolamento, che
non
dimoſtra alcun riſtauro coerente a quanto richiede la perſetta Architettura:
ed
avendo
anche in queſto ſcoperti errori ſingolari di gran momento riſpetto all’uſo d’
eſſa
Architettura, mi convien dire ciò, che è di ragione, per ridurre la medeſima
alla
più purgata maniera Greca, e Romana antica.
Non pretendo riſcuotere da queſto
Altare
ciò, che vuole ed eſige l’ottima perſezione;
ma per lo meno ciò, che è ne-
ceſſario
pel ſuo decoro, e gentilezza.
Quindi a confronto di quello già eſeguito dal
noſtro
novello Architetto pongo il mio penſiero, il quale non ſi oppone totalmente
all’eſeguito
;
ma eſpoſto con quella maniera regolata, che più appagar poſta chi oſ-
ſerva
, ed è pratico della buona foggia, che dee praticarſi, nelle giuſte riſpettive
proporzioni
, e miſure, rileverà toſto la verità di quanto propongo, vale a dire,
che
l’Architettura dee eſſer più perſetta che ſia poſſibile nelle ſue parti, e che non
dee
alterarſi, trarſi fuori del ragionevole ſuo eſſere;
di modo che ſe la differen-
za
conſiſte nel darle maggior grazia e gentilezza, di membri nelle cornici, che
di
ſcamili per gl’innalzamenti delle colonne, quando queſti ſieno neceſſarj, e
18173DEGLI ARCHITETTI. guati, tornerà bene il fargli; ma ſe di queſte ſue parti ve ne foſſero delle praticate
inutilmente
, e fuor di regola, come vien pur troppo uſato tuttodì, forz’è ch’io di-
ca
, non eſſerſi da cotali Architetti ſtudiata a perfezione la vera Architettura.
Ma
perchè
ſiffatti abuſi non vadano innanzi con iſcapito d’Arte nobile, mi veggo co-
ſtretto
a dimoſtrare non ſolo ciò, che venne eſeguito per regolamento del primo;
ma eziandio ciò, che far doveva per ridurre i’ opera più perfetta che ſi poteſſe, e
render
l’ Altare ſuddetto, ſe non totalmente perfetto, almeno ſoffribile.
L’eſemplare
di
queſto è vicino, potendolo riconoſcere nel bordo della palla, nella replicata alet-
ta
al di fuori, affine di render le colonne uniformi nel rimenato più ragionevole e
diſcreto
, ſenza il ſottopoſto catino ripartito in ſonde;
come altresì ſenza il legaccio
della
cartella, o gruppo colla cappa ſopra il rimenato:
ma bensì ammeſſa la conchi-
glia
col frumento, e l’uve, il ſimbolo rappreſentanti del Divin Sagramento.
Si omet-
te
finalmente il di più, che dire ſi potrebbe, per non comparire ſoverchio ſeveri
critici
.
18274OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 137[Figure 137]
18375DEGLI ARCHITETTI.
Una delle Fineſtre della facciata della Chieſa di San Giorgio de’Greci.
Nella facciata di San Giorgio dei Greci ſi oſſerva, che il fronteſpizio delle fine-
ſtre
ſormonta la prima, e la ſeconda faſcia dell’ Architrave nell’ Ordine Dorico, e
taglia
il legamento del medeſimo;
come altresì le alette dei pilaſtri d’ eſſe fineſtre
rimangono
in aria ſenza alcun poſamento.
Fineſtre ſopra la facciata della Chieſa di San Giminiano.
Nelle due fineſtre di queſta facciata ſi rileva una ſpecie di rimenato ſopra, poſto
ſuperfluamente
, e non corriſpondente alla propria cornice, che lo ſoſtenta, e a dir
vero
, fuori dell’ eſſer ſuo naturale.
Dico di vantaggio, non eſſere neppure ſcuſabile,
ſe
ſi voleſſe ſupporre, che lo ſteſſo foſſe corriſpondente all’alette, o ai modiglioni;
poichè in tal caſo, o il rimenato paſſa dietro la cornice, e così eſſa cornice non en-
tra
nel muro, ma ſarebbe ſolo appoggiata ſopra i modiglioni, coſa affatto fuori del
naturale
:
oppure, ſe appoggiaſſe ſopra la cornice, non avendo ſporgimento, ſarebbe
inutile
la cornice per ſoſtenerlo, e per conſeguenza ſarà ſempre falſo.
Pergolato ſopra la Porta del Palazzo dei Signori Conti Algarotti.
Il preſente pergolato ſi vede collocato ſopra la porta del Palazzo dei Signori Conti
Algarotti
entro il cortile.
Queſto è, come appariſce, grandemente ſconcertato nelle
ſue
parti.
Se queſta foggia d’ operare ſia da approvarſi, lo dicano gli ſteſſi Architet-
ti
, i quali ſapranno ben le ragioni del retto operare;
vale a dire, di piantare il peſo
ſul
forte, e ſolido, e non mai ſul falſo, fuori dei ſoſtegni naturali.
Senza dub-
bio
quì ſono i pilaſtrini, o colonnelli fuori di corriſpondenza de’ ſottopoſti modi-
glioni
, che ſoſtengono eſſo pergolato;
e nemmeno incontrano i pilaſtri delle fine-
ſtre
:
oltredichè per le diſuguaglianze, che ſi rilevano dal primo al di fuori, e dal
ſecondo
verſo la mezzeria, malamente appoggiano i colonnelli, uno un terzo, l’ al-
tro
la metà fuori del vivo.
La forma certo è bizzarra quanto al parapetto per le
ſcannellature
forate al di ſopra, e ripiene nel fondo;
come altresì per la maniera
della
gola roverſcia, che fa tutto il pergolato, ſecondando il proſilo del pilaſtrino,
o
ſia colonnello.
Ma ciò non fa, che dir non ſi poſſa patente errore, l’eſeguir cioè
un
pergolato in tal guiſa, così ſgarbato, e fuori d’ogni ragione d’ Architettura.
18476OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 138[Figure 138] 139[Figure 139]Vna delle Fineſtre della facciata della Chieſa di
San
Giorgio de’ Greci.
140[Figure 140]Fineſtre ſopra la facciata della
Chieſa
di San Giminiano.
Pergolato
ſopra la Porta del Palazzo dei Signori Conti Algarotti.
18577DEGLI ARCHITETTI.
Parte della facciata della Scuola di San Giorgio de’Greci,
diſordinatamente
eſeguita.
L’eſempio del ſeguente rame ſervirà molto per rilevare diverſi errori, nei quali
cadono
ſenz’accorgerſene gli Architetti.
Queſta parte di facciata adunque è compoſta
d’Ordine
Dorico e Jonico, ma enormemente ſproporzionata.
Primieramente l’ altez-
za
data al Dorico è eccedente, gli conviene per verun conto, ma s’ addirebbe
bensì
all’Ordine Compoſito per eſſer ſuperiore agli altri Ordini tutti;
imperciocchè,
ſecondo
anche il Galaccini, non vengono aſſegnate al Dorico più di ſette teſte, pro-
porzione
da eſſo riputata dicevole a un tal Ordine.
In oltre la porta ſtretta e al-
ta
forma figura meſchina a proporzione delle fineſtre, che le ſono appreſſo;
come
altresì
le due colonne ſoſtentanti l’arco d’eſſa porta rieſcono molto ſgarbate e minu-
te
, per eſſere ſcannellate, a motivo della ſoverchia loro altezza:
di più vengono le
ſteſle
deformate dalle due bugne, o faſce, che le ſtringono, non ſaprei dirmi, ſe
per
accreſcer loro corpo, o per iſcomporle maggiormente.
Nella cornice poi ornata
di
triglifi, metope, e modiglioni, per eſſervi male attaccato al modiglione ſopra le
colonne
altro modiglione, che ſcavato al di ſotto s’uniſce col triglifo, tagliando
Parte
della cornice, fa riſaltare una deformità da sfuggirſi.
Nel ſecond’Ordine pure ſi oſſervano altri rilevantiſſimi errori. Il primo conſiſte
nell’eſſer
l’Ordine Jonico parimente di eccedente proporzione, come dimoſtra lo ſteſ-
ſo
Galaccini, il quale v’adatta ſole otto teſte, e non dieci, come veggonſi in queſto
caſo
.
Queſto ſi chiama ſconvolgere gli Ordini d’Architettura, attribuendo all’uno le
proporzioni
dell’altro;
quando ragion vuole, che ciaſcun Ordine ſia laſciato entro
le
ſue riſpettive leggi.
Il diſordine però non finiſce quì concioſſiachè ſe ſi oſſervi-
no
le baſi delle colonne principali, appoggiate ſullo zoccolo, vedremo, che non han-
no
alcuna corriſpondenza con quelle della fineſtra principale, che ſon poſte in mag-
gior
altezza, e perciò alterano la legatura armonica, che è dovuta.
E’ſimilmente
error
notabile, che le dette colonne della fineſtra non fieno perpendicolari alle infe-
riori
della porta, ma poſte in falſo.
Si oſſerva ancora, come il rimenato ſopra la
ſuddetta
fineſtra cuopre, e mangia tutto i’architrave della cornice ſuperiore, e viene
a
rompere la continuazione :
coſa biaſimevoliſſima, e moſtruoſa : e ſpecialmente ſi
potrebbe
poi aggiungere, che il capitello principale, la cornice, e l’ impoſta dell’
arco
nel mezzo d’eſſa facciata forma una falſa proſpettiva.
In ſimil guiſa il fronte-
ſpizio
delle due fineſtre laterali, che ſorpaſſa le colonne maggiori, colla gola mangia
ad
eſſe la loro groſſezza naturale, e forma diſordine imperdonabile.
Groſſi pure ſi
oſſerva
li modiglioni della cornice Jonica, anzi baſtarda, perchè non portano treper
colonna
, com’eſſer dovrebbero, ma un e mezzo in circa.
Se queſto ſia il vero ope-
rare
dicalo chi intende i ſoli principj dell’Arte.
18678OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 141[Figure 141]Parte della facciata della Scuola di San Giorgio de’Greci, diſordinatamente eſequita.
18779DEGLI ARCHITETTI.
Arco, che taglia, e cuopre l’ Architrave nella Chieſa di S. Caſſano.
Queſt’ arco, che vedeſi nelle cappelle laterali all’ Altar maggiore della Chieſa di
S
.
Caſſano, taglia, e cuopre l’ architrave: deformità ſolenne, di cui trattammo, eſ-
ponendo
gli eſempj delle fabbriche di Roma.
Il preſente eſempio pertanto confer-
ma
ſempre più l’errore, e moſtra, che sfuggir ſi devono perpetuamente quelle li-
cenze
, che tolgono la legatura, ed union principale dell’Architettura.
Cima d’ altare ſregolata nellaChieſa di San Marcelliano.
L’Architettura di queſta cima d’Altare ſembra Compoſita, ma eſeguita ſenz’ ordi-
ne
in tutte le ſue parti.
Primieramente i capitelli principali deformati ſi converto-
no
in modiglione, e gonfiano in fuori a foggia di cartelle.
Ha feſtone, non ſaprei
dirmi
, ſe per ſoſtegno, o ſe per darle maggior peſo;
e ſotto a detto feſtone ha cer-
ta
cinturella, che ſtringe il pilaſtro ſcannellato.
Quanto poialle due alette de’ ſian-
chi
, con capitelli, ed architrave, una d’ eſſe rieſce inutile, l’ altra ſi va perdendo
nella
cornice con minuta leſenatura;
ed il rimenato poſto fuor di regola ſtringe
conchiglia
peſante, la cui coda s’attacca alla ſerraglia, opprimendo l’arco della pal-
la
, e facendo fare figura deforme e meſchina.
Si vede altresì la prima faccia dell’
architrave
ſcherzare fuor di propoſito contro la ſerraglia.
Tutte coſe fuor d’ ordine,
che
non hanno, ſe non una falſa apparenza per ingannare chi nulla intende dell’
Arte
.
Cima d’ Altare con colonna poſta angolarmente, di figura peſantiſſima,
nella
Chieſa di San Stefano.
Queſta cima d’Altare, che eſiſte nella ſuddetta Chieſa, non è ſola, ma accom-
pagnata
.
Ha colonna, e cornice poſta angolarmente, con ſopra rimenato a cartoc-
cio
, da cui pende feſtone.
I pilaſtri poi ſon fuori della colonna, ſenza la minima
corriſpondenza
di legatura armonica :
e la cima è ſconcia, e di figura ſtorpiata,
lontaniſſima
da tutto ciò, che vuole ed inſegna la buona Architettura.
18880OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 142[Figure 142] 143[Figure 143]Arco, che taglia, e cuopre l’ Architrave
nella
Chieſa di S. Caſſiano.
144[Figure 144]Cima d’Altare ſregolata nella
Chieſa
di San Marcelliano
Cima
d’Altare con colonna poſta
angolarmente
difigura peſantiſſima,
nella
Chieſa di San Stefano.
18981DEGLI ARCHITETTI.
Altare di forma ſcompoſta nella Chieſa di San Stefano.
E’queſt’ Altare di ſigura irregolare, come rilevaſi dalla pianta dei capitelli, e dal-
le
cornici poſte angolarmente, e dalla colonna, che non corriſponde ai contropila-
ſtri
, come eſſer dovrebbe, ſecondo l’ avvertimento del Galaccini.
Tiene poi molti
cartellami
, che formano cima, ed altri, che tagliano i pilaſtri ſotto il capitello,
ſendo
lor tolto il proprio ufizio, per moſtrar ch’ eſſi ſoſtengano in vece di quelli :
coſa ſtraniſſima, poichè la cartella è bizzarrìa, non architettura. Sarà bene eſpor
quì
la ſua figura, affinchè riſalti meglio l’ improprietà e diſſonanza di queſto Al-
tare
.
Altra diſordinata cima d’ Altare nella Chieſa de’ Geſuiti.
Queſto Altare, che è d’ Ordine Corintio, ha cornice con modiglioni, ed il rimena-
to
, che è ſopra la colonna principale, rieſce alto, e torto, con modiglione ſimilmen-
te
obliquo.
La detta cornice ſcherza ſopra la palla, formando figura di lancia, e
di
ſerraglia all’arco, ſopra cui s’ inveſte un gruppo di cartocci, e di campanelle am-
maffati
inſieme a foggia di fiocco per ſoſtentare altra cornice irregolare, e un Angio-
lo
con dei Trofei.
Se queſte coſe male ordinate vengano ammeſſe dall’ Architet-
tura
, lo giudichi chi ne è vero intendente.
Io per me le riguardo come chimere,
ſciocchezze
, ed irregolarità.
19082OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 145[Figure 145]Altare di forma ſcompoſta nella Chieſa di San Steſano. 146[Figure 146]Altra diſordinata cima d’Altare
nella
Chieſa de’Geſuiti.
19183DEGLI ARCHITETTI.
In santa Maria Zobenigo s’ oſſerua il preſente rimenato,
che
ſerue d’ arco alla Cappella.
E’da notarſi la ſconcia ſigura del mal uſato rimenato, fuori del ſuo fine, che è
quello
d’ ornare, o cuoprire, e non di formare arcate, o mezze arcate, per ſerrar
cappelle
.
L’ Altare poſto ſotto, ove è il rimenato ſuor del dovere, che gli ſerve di
cima
, e d’ altezza, è di figura ſregolata, tenendo parte dei modiglioni ſconci, e
ſgarbati
, nella leſinatura il cartoccio, che gira alla mezzerìa, formandone altro mol-
to
maggiore, ſoſtiene ſeſtone al di ſotto, e architrave al di ſopra, formando piedi-
ſtallo
per ſtatua:
ed il tutto rieſce in ſomma peſante, e di cattiva comparſa. Il
fronteſpizio
ſimilmente, che appoggia ſopra la menſola nella mezzerìa della cornice
della
colonna, forma figura trita e meſchina in proporzione al di ſopra, ha al-
cuna
correlazione colle parti medeſime.
Cornice, che ſtringe e lega la colonna nella facciata di Santa Giuſtina, ed anche
nella
Chieſa di San Pantaleone.
Nella facciata della Chieſa di Santa Giuſtina veggionſi le quattro colonne princi-
pali
ingombrate e ſtrette, circa la metà della loro altezza, dallo ſporto della cornice
dei
pilaſtri vicini.
Errore conſiderabile ſi è queſto per l’apparenza deforme, che pro-
duce
, che è ſtringere ed affogare in tal modo la parte principale dell’ Architettura,
coſa
in vero da deteſtarſi;
poichè debbonſi perpetuamente laſciar libere e nette le
parti
principali, perchè riſalti il grandioſo e nobile, che ſi conviene alla fabbrica.
Oſſervaſi parimente entro la Chieſa di San Pantaleone, che è d’ Ordine Compoſi-
to
, eſler le colonne ſtrette ed abbracciate dalla cornice delle impoſte degli archi
delle
Cappelle, lo che diſguſta grandemente la viſta pel mal uſo ſcorrettiſſimo quivi
eſeguito
.
sconcio rimenato nell’ Altar Maggiore della Chieſa dellaCeleſtia.
E’aſſai particolare l’ Altar Maggiore di queſta Chieſa per lo ſconcio modo dei due
rimenati
d’ altezza eccedente, i quali ſi uniſcono con cartella al modiglione cartel-
lato
nella mezzerìa, che ſoſtiene la figura del Redentore.
Hanno queſti rimenati i
modiglioni
, che pel numero non corriſpondono alla cornice di ſotto, ma ſolamente
al
loro giro ſregolatamente diſordinato eſalſo.
Errore è queſto, che tutto mette in
diſordine
.
Altro ſomigliante ſi oſſerva nella Chieſa di San Domenico di Caſtello ſopra l’ Al-
tare
della Madonna del Roſario così ſregolato e deſorme con figura aſſai grande di-
ſteſa
ſopra, privo affatto di grazia e di proporzione.
Altro pure quaſi ſimile vedeſi ancora ſopra l’Altar Maggiore della Chieſa di Santa
Soſia
.
Altri rimenati altresì con ſimiglianti modiglioni ſi oſſervano nella Chieſa dell’An-
giol
Raffaele ſopra l’ Altare dell’ Angelo Cuſtode;
e queſti hanno di più nella cima
due
bovoloni ſommamente eccedenti, che ingombrano ed aggravano molto, oltre
lo
ſtarvi anche un Angiolo, che s’ appoggia ai medeſimi.
Coſa ella è queſta mo-
ſtruoſa
a motivo della ſua forma ſregolata.
19284OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 147[Figure 147] 148[Figure 148]In. Santa Maria Zobenigo
s’
oſſerua il preſente rimenato
che
ſerue d’ arco alla Cappella.
149[Figure 149]Cornice, che ſtringe e lega
la
colonna nella facciata
di
Santa Giuſtina, ed anche
nella
Chieſa di S. Pantaleone.
Sconcio
rimenato nell’
Altar
Maggiore della
Chieſa
della Celeſtia.
19385DEGLI ARCHITETTI.
Cima d’ Altare nella Chieſa deiServiti con meſchini rimenati.
Queſto Altare fa toccar con mano quanto ſconvenga la meſchinità dei rimenati
poſti
ſenza quelle conſiderazioni, che il dover vuole, e richiede la buona maniera,
cioè
l’ Arte ſteſſa, con tutte le parti che gli compongono, enon mai nella ſcompo-
ſta
maniera di queſti, che ora eſaminiamo, ai quali manca la loro ſottocornice.
Queſto errore gli fa ſecchi, e miſeri. Si oſſervi, come ſcompariſca il maggiore, il
quale
fa più moſtra d’un coperto poſticcio, che d’un adorno rimenato;
tanto più,
perchè
il modiglione, che forma ſerraglia all’arco, è ornato di tutta la ſua cornice
ſomigliante
alle colonne;
dove il ſecondo diſopra non ritiene, che la forma ſempli-
ce
e ſchietta, ed è nelle teſte accartocciato, e tagliato ſotto al cartoccio ſuperiore
per
unirſi ai bovoloni nella mezzerìa:
tutto queſto ſerve unicamente a formar figu-
ra
peſante, e inſieme diſcordante dalle altre parti.
Sopra queſto rimenato ſiede un
Angiolo
, che ingombra il cartoccio di ſopra.
Ho laſciato di porlo nel rame, affin-
chè
meglio ſi rilevi l’errore.
Inoltre ionon ſo comprendere, che v’abbiano a farei
feſtoni
, i quali null’altro rappreſentano, ſe non ſe ornamenti poſticci, che ingom-
brano
, ed opprimono a un tempo ſteſſo le parti principali dell’ Architettura:
e quan-
do
voglianſi adoperare, ſi debbon collocare in luoghi, che loro ſi addicano, ſiccome
ſe
ne veggiono in varie fabbriche antiche eſeguite da eccellenti Autori.
Cima d’ Altare nella Chieſa di S.Giuliano ſcorretta e ſenz’ordine.
Queſta cima d’Altare piena d’irregolarità, e di confuſione non conſerva l’Ordine
poſitivo
della buona Architettura, ma tutto vi è falſamente diſpoſto.
Altra cima d’Altare nella Chieſa di S.Giuliano diſordinata.
Compariſce queſt’Altare di figura grandioſa, ma ſcorretta, tenendo il rimenato a
volta
guidato dal centro ſteſſo della palla;
e queſto ſopra la prima colonna riſtrin-
gendoſi
gonfia ſopra la ſeconda.
Soſtiene ſeſtone, il quale s’ attacca nel cartoccio
per
teſta della ſerraglia, e taglia l’arco della palla, e la ſerraglia grande:
ſoſtiene
piediſtallo
per figura, e continua l’iſteſs’ordine altro rimenato con cartocci alle teſte
per
termine di detta cima, riuſcendo di figura aſſai maſtina, ſenza verun ordine,
ragione
.
Chiunque oſſerva tali rimenati così diſpoſti, agevolmente gli rileva mala-
mente
piantati.
Come mai poſſon ſervire d’ornamento quei cartocci ſuperiori e in-
feriori
, che gonfiano, e che pare che forzati dal proprio peſo ſi ſchiaccino:
come
altresì
quelle orecchie o manichi poſti alle cimarie di detti rimenati, che moſtrano
piuttoſto
, quelle eſſer ſome di frutti, che rimenati di vera Architettura?
Cima d’Altare della Cappella Contarini alla Madonna dell’Orto.
Dalla cima di queſto Altare ſi può chiaramente conoſcere il mal effetto prodotto
dai
fronteſpizj fuor di propoſito raddoppiati, e ſopra la ſteſſa colonna.
Il primo vien
ſoſtentato
da menſola nella mezzerìa della cornice, e termina ſoſtenuto dalla ſerra-
glia
grande dell’arco, ſopra la quale leſenato tiene anche la ſteſſa gola:
altro reme-
nato
ſimilmente, cioè il ſecondo, ſtaſſi appoggiato ſul fine della propria cornice, e
termina
ſul vivo della colonna.
E’uno ſtrafare il raddoppiare gli oggetti in queſta
guiſa
;
oper meglio eſprimerci, un operare ſenza ragione, raddoppiando il ſuperſluo.
In oltre il feſtone attaccato al cartoccio preſſo alla ſerraglia ſi trova ſimilmente ſot-
to
l’orlo della cornice pendente, e viene a cuoprire porzione dell’arco, nèproduce
che
male eſſetto, togliendo la grazia ad eſſo arco, che dee ingentilire, e nobilitare
l’opera
ſteſſa.
19486OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 150[Figure 150] 151[Figure 151]Cima d’Altare nella Chieſa dei Serviti
con
meſchini rimenati
152[Figure 152]Cima d’Altare nella Chieſa di S Giuliano
scorretta
e ſenz’ ordine.
153[Figure 153]Altra cima d’Altare nella Chieſa di S. Giuliano
diſordinata
.
Cina
d’Altare della Cappella Contarini
alla
Madonna dell’Orto.
19587DEGLI ARCHITETTI.
Altar Maggiore della Chieſa de’PP. Carmelitani Scalzi.
Sembra impoſſibile, che tanto ſiaſi avanzato l’abuſo della ſcorretta Architettura
per
la ſconvolta maniera di penſare, ed eſeguire dei bizzarri imperiti Architetti mo-
derni
, che abbianla oggimai roverſciata dai fondamenti.
Mi fanno realmente ſtupo-
re
gli errori, e ſconcezze, che ſi rilevano nell’Altar Maggiore della Chieſa de’ PP.
Carmelitani Scalzi. In eſſo è affatto ſcompoſta e diſordinata tutta l’Architettura in
ſe
, ed in tutte le ſue parti.
Oſſervo innanzi a tutto, eſſer queſt’ Altare d’Ordine
Corintio
, che è il più leggiero, e grazioſo di tutti gli Ordini:
e malgrado ciò, for-
ma
una comparſa peſante, e grave.
Si oſſervi dalla cornice in , che ſcherza in
concavo
, e in conveſſo, gira, e rigira ſregolatamente:
l’arco ſteſſo non è ſincero,
ma
ſi riſtringe, e moſtra il fianco alle parti riuſcendo anguſto, meſchino, e ſtret-
to
:
tiene otto colonne ſpirali, e queſte ſono teatrali: quattro contrappilaſtri; e tutta
inſieme
la gran macchina non fa, che un’appariſcenza inſuſſiſtente, che nulla con-
clude
.
S’alzino gli occhi, e ſi oſſervi la tronca cima mal compoſta, ed eſeguita
ſconciamente
, che peggio non può idearſi.
Che altro mai queſta rappreſenta, che
due
ſgarbati rocchelloni con cornice ſguſciata poſta ſopra altra cornice zancata, la
quale
termina in riquadro ſtriſciato, e male appoggiato ſull’Attico ornato di goffi
roſelloni
, e di feſtone attraverſato dietro alla Statua del Salvatore?
Ciò compariſce
figura
ornata , ma riſtretta, e anguſtiata.
In ſomma ſiffatte rappreſentanze non
meritano
altro titolo, che meſchinità da acconciatori, non parti da nobili Architet-
ti
.
Se poiſi riſletta al baldacchino, queſto potrebbe ſervire per decorare lo ſteſſo Al-
tare
;
ma come è eſeguito, così aggruppato, e peſante, appeſo da una parte all’al-
tra
della Cappella, non merita approvazione, a motivo del grande ingombro, erea
ſituazione
.
E’ queſto formato di laſtre di piombo dorato, coſa che impone, veggen-
doſi
, che tanta doratura ſerva per campo, o ſchienale al medeſimo Altare.
Vera-
mente
l’oro fu ſempre mai, e ſarà l’incanto degl’ignoranti, che non comprendono
la
vera ragione delle coſe perſette:
ma nella mente dei buoni conoſcitori tali coſe
paſſeranno
perpetuamente per fantaſtiche immaginazioni, e ſogni.
Compariſe ai
noſtri
l’Architettura così ſconcia, e malmenata, che non ſi rileva più l’ottimo eſ-
ſer
ſuo, fondato in proporzioni, e miſure laſciateci dagli antichi Maeſtri dell’Arte.

Tal
diſordine ſempre più s’inoltra, e ſembra ben accolto, poichè la corrotta moda
s’è
impegnata a lodare tali incoerenze, gittandoſi dietro le ſpalle quel buono, che
in
tutti i tempi s’acquiſtò tanto onore preſſo i ſaggj ed intendenti conoſcitori.
Se il far toccar con mano errori palpabili e chiari produceſſe l’effetto, al qua-
le
ſono diretti, che bella coſa ſarebbe il veder rinaſcere il buon guſto, ed il ſincero
modo
da praticarſi, a norma dell’ ottima maniera degli Antichi, i quali, nelle
miſure
, che nelle compoſizioni, oſſervarono quel decoro, che è tanto proprio dell’
Architettura
genuina, che ſu ſempre il vero, e ſoſtanziale ornamento dei Regni,
della
Città, e del Mondo?
Importa altresì molto il riſlettere all’abuſo diſordinato, che ſi pratica col non oſ-
ſervare
ciò, che competa, o non s’adatti al maeſtoſo decoro, che conviene alla San-
ta
Chieſa di Dio.
Queſta dovrebbe eſſer compoſta in modo, che conciliaſſe devozio-
ne
, e compunzione, e che non moveſſe mai a curioſità, ed eccitaſſe ſviamento col-
le
bizzarrie ſmorſioſe introdotte, come in fatti veggiamo in queſta Chieſa dei PP.
Carmelitani Scalzi, più, che in ogni altra. In fatti non può eſſere più ſconcia, ſgar-
bata
, edimpropria.
Si oſſervi, com’ella è piena dall’alto al baſſo di ricchi marmi,
parte
veri, e parte finti, tutta ingombrata d’idee fantaſtiche e da ſcena, framiſchia-
te
con oro, e pitture varie:
tutto per far comparſa ricca e pompoſa; ma priva e
ſpoglia
affatto delvero ſuo decoro, che eſſer dovrebbe pura, ſolida, e ſemplice, ed
eccitante
, come dovrebbe, venerazione.
Chinon conoſce quanto eſpongo, ènudo af-
fatto
d’intelligenza, e s’accorda collo ſtile corrotto, approvato da coloro, cui piace
l’attillatura
, e il faſto ſcenico, credendo queſto eſſere il vero, eil buono:
ma dob-
biamo
confeſſare eſſer diſordinato e falſo, non mai praticato nei buoni tempi, anzi
perpetuamente
aborrito, come non accordanteſi colla buona Architettura praticataſi
dai
buoni Maeſtri, che decoravano le Chieſe, come conveniva.
Si oſſervino digrazia
le
fabbricate dal famoſo Architetto Andrea Palladio, cioè, quella del Redentore fatta
erigere
per voto dell’Eccellentiſſimo Senato;
quella di San Giorgio Maggiore; quel-
la
di Santa Lucia;
e quella delle Zittelle. Queſte quì in Venezia ſi oſſervano tutte
purità
, e maeſtà, di ſemplice, ma grande, ma vera Architettura, ſchiette
19688OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI ornati, ſenza ſmorſie, o ſcherzi di corrotta moda; ma il tutto d’eſſe ordinato, ed
a
norma delle regole di ſavio, ottimo, e intelligente Architetto.
Allora ſoltanto arricchì il Palladio d’ornamenti di ſtucchi, e dorature, e vaghe
pitture
, che ordinò, e fece la ſala detta quattro Porte nel Palazzo Ducale.
Quivi , ch’ei ſi sfogò con tutta la pompa, poichè era ſala di Principe terreno:
ma
nella Chieſa, che è la ſala della Divinità, non deve ſpiccare che la ſola purità,
e
non trionfarvi la boria, lo sfoggio, che è moda vizioſa, la quale in queſto
caſo
dee aborrirſi, alterando grandemente la magnificenza proporzionata al culto, che
a
Dio Signor noſtro è dovuto.
19789DEGLI ARCHITETTI. 154[Figure 154]Altar Maggiore della Chieſa de’ P P. Carmelitani Scalzi.
19890OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Scherzo di cornice forzata ſopra l’ Altare delCriſto nella Chieſa de’
PP
. Carmelitani Scalzi.
Scherza ſopra queſto Altare irregolarmente la propria cornice, facendo l’ufizio d’
arco
roveſciato, ed anche di rimenato accartocciato, ſtringendo conchiglia ſopra l’
occhio
, che è aperto per dar lume alla parte inferiore dello ſteſſo Altare.
E’ pure
arricchito
da ſeſtoni di ſiori e frutte nei lati, che pendono dal ſecondo cartoccio.
Il rimanente poi della cornice, che appoggia ſulle colonne, e che porta rimenato,
ſi
oſſervi come ſcherza circolarmente.
Coſa è queſta licenzioſa, formando un inſie-
me
ſtravagante, lontaniſſimo dal ſano operare, a norma degl’ inſegnamenti dei ve-
ri
Maeſtri dell’Arte, come ſi può rilevare dalle loro fabbriche.
Cornice poſta ad uſo d’Arco nell’Altare della B. Vergine della medeſima Chieſa.
Figura di mezzo al grande Altare. E’queſto affatto ſcenico, ha veſtigio di ſo-
dezza
, e di nobiltà, lontaniſſimo dalla buona Architettura, che quì non ha luogo-
Si
eſamini il preſente eſempio, oſſervabiliſſimo, pereſſere la parte principale, che lo
compone
, che ſono le cornici, volte, e rivolte, girando a foggia d’ arco rigonſio,
e
fuori del vivo, e formante lavoro più atto ad un’arcova, che per un Altare.
La
buona
Architettura aborriſce tali ſcherzi, e sfugge perpetuamente ſiffatti falſiſſimi ri-
pieghi
.
19991DEGLI ARCHITETTI. 155[Figure 155] 156[Figure 156]Scherzo di cornice forzata ſopra l’Altare del Criſto nella Chieſa de’ P P. Carmelitani Scalzi
Cornice
poſta ad uſo d’Arco nell’Altare della B. Vergine della medeſima Chieſa.
20092OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Cima d’Altare ſcorretta nella Chieſa de’PP. Geſuiti.
In queſta Chieſa oſſervaſi la preſente cima d’Altare, che tiene cornice in forma
di
cuſpide nella mezzerìa, formando pilaſtro, ed appoggia ſopra il rimenato, coſa
ſommamente
diſdicevole.
Vi ſono pure i due rimenati a cartoccio, e d’altezza ſpro-
porzionata
, e quaſi in piedi, contro il loro giuſto eſſere.
Similmente il modiglione,
o
menſola appoggia ſul telaro della palla, e forma figura molto peſante.
Siffatta
maniera
miſta, cioè parte di buono, e parte di cattivo, altronon dee dirſi, che pa-
ſticcio
, e conſuſione.
Ornato di Scompoſta fineſtra nella Chieſa de’PP. Scalzi.
Rilevaſi in queſta fineſtra il capriccio bizzarro, e inſieme ſconcio, nonſolo dipor-
re
a ſedere il fronteſpizio, ma di portarlo anche ſregolatamente in punta, ſotto la
quale
vi è la ſerraglia con fogliami, e ripoſa ſul telaro d’eſſa fineſtra.
Oſſervando
ciò
, a prima viſta compariſce coſa nuova e capriccioſa;
ma in verità ella non è,
ſarà mai ſe non coſa da teatro.
Queſte ſono fantaſie ſognate, non dettami di
buona
Architettura.
20193DEGLI ARCHITETTI 157[Figure 157] 158[Figure 158]Cima d’ Altare ſcorrelta nella Chieſa de’ P P Geſuiti.
Ornato
di Scompoſta fineſtra nella Chieſa de’ P P. Scalzi.
20294OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Altra Cornice irregolare poſta ad uſo d’ arco ſull’ Altare del Crocifiſſo, con cima
peſantiſſima
, e pungente, nella Chieſa di S. Bartolommeo.
Intorno agli ſcherzi di ſiffatte cornici debbo dire per decoro della vera Architettu-
ra
, come tali irregolarità di cornici non vennero mai uſate dagli Antichi, i quali
praticarono
gli archi retti, e naturali, come appunto inſegna l’ Arte, e non mai le
ſmorfie
, che uſanſi ai tempi preſenti, col di più, che ſi aggravano queſte con ci-
me
al di ſopra, fuori del vivo, e del loro ſoſtegno naturale.
Errori irrimediabili,
e
moſtruoſità ineſplicabili.
Si conſideri queſto Altare della Chieſa di S. Bartolommeo,
e
ſpezialmente ſi oſſervi la ſua forma irregolare nella cima della palla.
Veggaſi la
cornice
, che ſcherzagli ſopra ad uſo d’ arco a biſcia;
e poi s’ oſſervi l’ ornato di
ſopra
, che peſantiſſimo s’ appoggia ſulla ſteſſa cornice col ſolo bovolo, dal quale na-
ſoe
la palma, fermandoſi ſul pilaſtro.
Il rimanente poi di ſopra riſtringendoſi for-
ma
cartocci, e conchiglia con teſtoline di Cherubini ſotto, e ſopra.
In quello poi,
che
ſi dice Cima, non ſo come vi poſſa capire un tale ſcherzo, che ſervirebbe più
acconciamente
per cimiero, o per ſchienale ad un banco da Ingreſſo di caſa, che
ſopra
un Altare.
Tali Architetti in ſomma pretendono di far agire l’ Architettura a lor
talento
, non altrimenti che foſſe un’ Arte libera, in cui tutti poteſſero ſcherzare a lor
ſenno
.
Cima dell’ Altare di S. Giovanni Evangeliſta nella Chieſa di S. Pietro di Caſtello.
Molto irregolare ſi è certamente queſta cima d’ Altare, mentre il ſuo naturale ri-
menato
è poſto ſopra le colonne principali d’ Ordine Compoſito, leſinato, e ſoffoga-
to
dal picciol fronteſpizio nel mezzo, poſto ſopra la ſerraglia dell’ arco, ſoſtentato
da
altre due cartelle alle parti, che cuopre la mezzerìa dello ſteſſo rimenato, che
ſopr’
eſſo pure da menſola e cartocci alle parti ſoſtiene un buſto.
Così parimente il
fronteſpizio
, che comincia alle due ſeconde colonne, batte nel rimenato, e ſi per-
de
, conſondendoſi in quello.
Incoerenza grandiſſima, ed irregolarità diſordinata, e
moſtruoſa
, che nell’ ordine di ſana Architettura diſdice totalmente.
La vera Arte ri-
chiede
maniera regolata, netta, e chiara, ſenza confuſione, imbrogli, come ſi
oſſerva
in queſta cima.
Anche que’ due bovoli, che naſcono di ſotto alla cornice,
e
rivalta nel timpano, vien creduto un bel ripiego per riempire il vacuo.
Simil-
mente
quegli altri due, che dalla propria ſoazza dell’ arco naſcono, ſi vogliono ap-
preſſo
alla ſerraglia.
Queſte ſorte d’ ornamenti accartocciati non ſono in verun con-
to
Architettura, ma imbrogli, che ſovvertono, e ſconcertano l’ Arte medeſima.
20395DEGLI ARCHITETTI. 159[Figure 159] 160[Figure 160]Altra Cornice irregolare poſta ad uſo d’ arco
ſull’
Altare del Crocifiſſo, con cima peſantiſſima,
e
pungente, nella Chieſa di S. Bartolommeo.
Cima
dell’ Altare di S. giovanni Evangeliſta
nella
Chieſa di s. Pietro di Caſtello.
20496OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Arco tagliato dagli ornati nella Chieſa de’ PP. Geſuiti.
La figura di queſto Altare moſtra gli ornati ſconciſſimi, fuori del loro luogo, e
poſti
non per altro, che per togliere l’ aria e la buona grazia all’ arco, per confon-
dere
la parte principale dello ſteſſo Altare, tagliandolo con feſtoni, e con gruppo di
Cherubini
, che lo cuoprono nel mezzo, e gli tolgono la ſua proporzione ed avve-
nenza
.
Depoſito del Sereniſſimo Principe Franceſco Venier nella Chieſa di S. Salvadore.
In queſto Depoſito innalzato alla glorioſa memoria de! Sereniſſimo Principe Franceſco
Venier
, può rilevarſi l’ enorme errore di porre gli archi ſopra le colonne ſenza alcun
fiancheggio
.
Si oſſervi quanto diſdica il peſo della cornice poveriſſima nei peduc-
ci
, non avendo la minima forza per iſtringer l’ arco, ſalvo la miſera dirittura dell’
angolo
medeſimo.
Coſa ella è queſta, che ſi dilunga grandemente dal ragionevole,
e
dalla buona maniera di piantare gli archi, che debbano ſuſſiſtere.
Oltre agli altri
molti
errori, che ſi rilevano in queſto mauſoleo, come le trite colonnelle Joniche
poſte
ſopra l’ ultime colonne degl’ intercolunnj, che ſono Compoſite, le quali ſono
parimente
aggravate di cornice con ſregio gonfio e peſante, che non corriſponde
poco
, molto col fregio del fronteſpizio, ſi oſſerva aver l’ Architetto antepoſto l’
Ordine
Jonico, e queſto poſto ſopra il Compoſito, che è il ſuperiore d’ ognialtr’Or-
dine
, facendolo in tal modo comparire inferiore.
Quaſi nel modo ſteſſo compariſce
pure
oſſervabile altro Depoſito del Sereniſſimo Principe Andrea Vendramino ai Servi;
come altresì l’ Altar maggiorc nella Chieſa di S. Rocco, che ſimilmente tiene l’ Or-
dine
Jonico ſopra il Corintio, come i due diviſati Depoſiti;
e parimente nella Chie-
ſa
medeſima i quattro Altari ſimili hanno eziandio gli archi ſenza fiancheggio.
In
ſimil
guiſa l’ Altare del Criſto nella Chieſa dei Servi, ed in altri luoghi ſi oſſerva.

Tali
archi mal penſati non poſſono aver luogo nella vera Architettura;
ma eſſen-
do
tanto ſprovveduti di forza, e piantati meſchinamente, formano figura impropria,
e
diſſonante dal fine richieſto dall’ Arte.
Lo ſteſſo errore del porre l’ Ordine inferiore ſopra il ſuperiore ſi oſſerva anche ſo-
pra
l’ Altare di S.
Girolamo nella Chieſa dei Frari, il quale eſſendo d’ Ordine Com-
poſito
tiene ſopr’ eſſo Ordine altre due colonne d’ Ordine Jonico.
Simiglianti incoe-
renze
debbono perpetuamente sfuggirſi, perchè contrarie affatto alla ſana Architet-
tura
.
20597DEGLI ARCHITETTI. 161[Figure 161]Arco tagliato da gli ornati
nella
Chieſa de’ P P. Geſuili.
162[Figure 162]Depoſito del
Sereniſſimo
Principe
Franceſco
Venier nella
Chieſa
di S. Salvadore.
20698OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Arco ſenza fiancheggio nella Chieſa di S. Paolo, detta S. Polo.
Anche in queſto Altare è palpabile l’ errore dell’ arco ſenza fiancheggio. La figu-
ra
da queſto rappreſentata moſtra dello ſpirito, ma ſconſiderato.
Primieramente oſ-
ſerviamo
le due colonne Joniche ſoſtener la cornice, e parimente quella di dentro
tener
l’ arco colla dirittura perpendicolare fin ſotto la cornice ſuperiore:
la ſeconda
di
fuori non gli ſta punto ſopra;
perchè la cartella, che ſoſtiene menſola, modi-
glione
, cornice, e fronteſpizio con vaſo, poſſa queſta, riſtringendoſi nel piede, e
nella
menſola appoggiare bensì ſopra il contropilaſtro, mai ſopra la colonna,
ſicchè
queſta reſta inutile.
La mezzerìa parimente reſta confuſa e peſante, priva di
quella
leggerezza, che adorna, e ſtabiliſce perfetta la figura.
Perchè poi meglio ſi
rilevi
quanto eſpongo, ſi oſſervi il profilo;
eriſalterà viemaggiormente la ſtrana ſua
poſitura
, ed il ſuo mancameuto.
Altro Arco ſenza fiancheggio nella Chieſa di San Bartolommeo.
Dandoſi una ſemplice occhiata a queſto Altare, ſi rileva toſto la ſua figura ſecca e
ſgarbata
.
Non ha il medeſimo altra legatura, fuorchè nella ſopraccorniceCompoſita
ſotto
al fronteſpizio.
Adorna l’ arco la palla, il qual arco appoggia ſopra colonne
Corintie
con cornice formante impoſte al medeſimo.
Queſt’ arco ſporge in fuori tut-
to
lo ſporgimento della propria colonna, e nel peduzzo abbandonato e ſprovveduto
ſenza
ſpalleggio:
alza perpendicolarmente la dirittura dell’ angolo ſin ſotto alla cor-
nice
.
Nel fondo di dentro, che di fuori ha l’ aletta, che lo adorna certamente,
ma
non gli forza alcuna.
La colonna maggiore, che è Compoſita, reſta iſolata,
ſoſtenendo
il ſolo fronteſpizio:
per lo che rilevaſi la ſtravaganza d’ un errore, che
diſcorda
, e diſordina tutta l’ architettonica ſimmetria.
20799DEGLI ARCHITETTI. 163[Figure 163] 164[Figure 164]Profilo della
sudetta
figura.
165[Figure 165]Arco ſenza fiancheggio nella
Chieſa
di S. Paolo,
detto
S. Polo.
Altro
Arco ſenza fiancheggio
nella
Chieſa di S. Bartolommeo.
208100OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Altare diſunito nelle ſue parti nella Chieſa di San Franceſco della Vigna.
Altari così diſuniti nelle loro parti pur troppo ſe ne veggiono in copia; ma que-
ſto
ha molto del particolare;
poichè ha queſte medeſime parti quaſi poſticce. Si
oſſervi
la colonna, e l’ aletta con ſua cornice, e rimenato, e ſi vedrà ſeparato dalla
cornice
, e fronteſpizio poſto nel mezzo ſopra la palla, che vien ſoſtenuto da tre mo-
diglioni
cartellati:
quello di mezzo più grande forma ſerraglia all’ arco della palla,
e
i due piccoli appoggiano ſu l’ arco ſteſſo, ſenza verun fondamento, ragione.
Vi è parimente la cartella, che gli ſta a fianco; ed anche queſta ſi vede ſcherzare
in
certo modo per far moſtra di ſoſtenere, ma non ſoſtiene, e non è ſoſtenuta, ed
il
pezzo d’ arco, che la medeſima cuopre, a null’ altro può ſervire, che per ſecon-
dare
il rimenato, oppure per far comparire in realtà una giunta, che diſordina, o
ſia
un malinteſo ripiego, che altro non fa che confondere.
Arco ſenza fiancheggio nell’ Altar Maggiore della Chieſa di San Baſilio.
Dell’ Altar Maggiore di queſta Chieſa, che ſerve di ſedia al medeſimo Santo Veſco-
vo
Titolare, convien dire, che ha l’ arco privo d’ ogni fiancheggio e proprietà, ab-
bandonato
, e ſoltanto caricato dalla ſopraccornice.
Queſto appoggia a dirittura ſopra
il
capitello Jonico ſenza cornice:
ſtannogli appreſſo due colonne Corintie, che ſono
iſolate
, e ſporgono in fuori, nulla ſervono alle Joniche ſoſtenenti l’ arco, ma mo-
ſtrano
ſolo di regger la cornice, e il rimenato, che le ſta ſopra, il quale cuopre tut-
to
l’ Altare, interrotto queſto dallo ſporgimento nella mezzerìa, che vien legata da
due
ſcartoccioni, i quali ingombrano tutto il timpano, riducendoſi alla figura ma-
ſtina
, e peſante:
coſe tutte oppoſte al buon ſiſtema.
Stravaganza di fronteſpizj, ed arco ſenza fiancheggio nella Chieſa di S. Silveſtro.
Ha queſto due fronteſpizj diſſonanti, l’ uno ſoſtenuto da menſola e cartella, che
ſtringe
la ſerraglia cartellata con cornice ſopra, che nulla ſoſtenta:
l’ altro maggiore
ingombrato
dal rimenato, che gli ſta a ridoſſo, viene appoggiato ſul pilaſtro cartel-
lato
, i modiglioni nella cornice due ſoli per colonna, ſi ſcavalcano nella mezzerìa,
e
falla la corriſpondenza;
poichè di ſopra nel fronteſpizio vi è il modiglione nella
mezzerìa
, e di ſotto ſopra la ſerraglia vi è laſciato lo ſpazio.
Finalmente l’ arco è
ſenza
fiancheggio, e abbandonato.
Errori tutti da oſſervarſi attentamente per con-
dannargli
, e per tenerſene alle occaſioni lontano.
209101DEGLI ARCHITETTI. 166[Figure 166]Altare diſunito nelle ſue parti
nella
Chieſa di S. Franceſco
della
Vigna.
167[Figure 167]Arco ſenza fiancheg-
gio
nell’ Altar Mag-
giore
della Chieſa
di
San Baſilio.
168[Figure 168]Stravaganza di fronteſpizj, e arco ſenza
fiancheggio
nella Chieſa di S. Silveſtro.
210102OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Archi ſenza fiancheggio nel Tabernacolo dentro la Chieſa dei Carmini.
In queſto Tabernacolo, che è tutto d’ Ordine Corintio, ſi rileva patentemente il
diſordine
negli archi privi di fiancheggio.
Si oſſervi quanto ciò ſia diſdicevole. E’
più
che vero, che le colonne principali poſte ne’ fianchi a nulla ſervono, e null’
altro
ſoſtengono, ſe non la pura cornice, che corre all’ intorno, e queſta ſopra archi
forma
i fronteſpizj.
Si oſſervino gli archi ſteſſi poſti meſchinamente, privi della no-
biltà
della loro faccia, e ſolo ſi ravviſano dalla ſerraglia, che ſta nella mezzerìa.
Appoggiano queſti ſopra altra cornice ad uſo d’ impoſte con picciole colonne tutte
iſolate
, e nella baſe s’ uguagliano alle principali.
Il tamburo di ſopra ai ſronteſpizj
ſi
oſſervi nel ſuo baſamento, che piomba a dirittura ſullo ſporto del gocciolatojo
della
cornice, e così collocato viene a poſare ſul falſo:
forma due gradini al di ſo-
pra
, che a nulla ſervono;
e lo ſteſſo tamburo, pel peduzzo, e baſe, che ha, com-
pariſce
tozzo, e di ſconcia figura.
In ſomma convien dire, che gli errori non cono-
ſciuti
dai Profeſſori ſono la cagione, onde tutto vada in diſordine.
Depoſito dei Sereniſſimi Principi Valieri nella Chieſa dei SS. Giovanni e Paolo.
Anche nel preſente Depoſito ſi rileva un errore di rimarco, ſecondo il vero mo-
do
d’ operare penſando.
Appariſce queſto ſopra le due porte, che in eſſo ſi trovano,
quella
cioè, che introduce nella Cappella, e l’ altra ſopra la ſtrada.
Queſte due por-
te
ſono a volta, e l’ arco delle medeſime appoggia ſull’ erta attaccata al piediſtallo
delle
colonne Corintie;
ed il medeſimo parimente dalla parte delle colonne non mo-
ſtra
ſorza alcuna per reggere il peſo, che ſoſtenta;
e trovandoſi privo di fiancheg-
gio
, compariſce di meſchina forma, non avendo altro che lo accompagni, ſalvo la
ſola
dirittura, che corriſponde perpendicolarmente coll’ erta:
dove ſopra ha cornice,
e
piediſtallo, ove ſono collocate le ſtatue de’ Principi.
Produce inoltre ingombro co’
ſuoi
ſporti all’ aletta Corintia, che gli è preſſo.
Tutti gli altri errori, che vi ſi po-
trebbero
far rilevare, ſi tralaſciano, baſtandoci d’ avere accennato i principali, cioè,
quelli
che a dirittura tolgono il bello, ed il nobile dell’ Architettura, come ſi ſcuo-
pre
dallo ſtrato, ed Attico al diſopra.
211103DEGLI ARCHITETTI. 169[Figure 169]Archi ſenza fiancheggio
nel
Jabernacolo dentro
la
Chieſa dei Carmini.
170[Figure 170]Depoſito dei Sereniſſimi
Principi
Valieri nella
Chieſa
de SS. Giovan-
ni
e Paolo.
212104OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Altare di S. Antonio Abate nella Chieſa di S. Salvadore, mal diretto nel rimenato.
E’da oſſervarſi in queſto Altare l’errore maſſiccio, che rilevaſi nel vederſi poſti i
modiglioni
nel rimenato.
Si può dire in queſto luogo, che la maniera di voler con
durre
i medeſimi tutti al centro, abbian obbligato il taglio, o ſia modenatura dello
ſteſſo
rimenato ſopra la colonna a portarſi al punto medeſimo:
quindi ſi vede quan-
to
ſgarbata figura preſenti, priva del naturale ſuo ſporgimento;
e per eſſere così in
piedi
, non può nemmeno ben ſedere la figura, che gli ſta ſopra.
Novità ſtrava-
gante
non può dirſi ſe non ſe ſtorpiatura, e non mai ornato, a motivo del reo ef-
fetto
, che produce, non eſſendo regolato ſecondo i dettami dell’ Arte:
ſpicca poi
tanto
più l’errore, a motivo della cornice ſuperiore, la quale è ſoſtentata da due
cartelle
, che ripoſano ſopra l’ultima colonna.
Queſta pure tiene i modiglioni, che
ſono
Compoſiti, ma non ſon poſti in buona forma corriſpondenti perpendicolar-
mente
con quelli del fronteſpizio;
eſono appunto quelli, che più patentemente fan-
no
ſcomparire il rimenato, che ſta loro ſotto.
Queſte ſono incoerenze, che offendono la viſta, e che fanno biaſimar l’Architet-
to
come imperito.
Tali rimenati con i modiglioni diſordinati ſi vedono pure al-
trove
, e fra queſti il grand’arco del frontone ſopra la facciata della Chieſa di Santa
Maria
dei Miracoli, che portano i correnti ſteſſi al centro.
Se ne vedono altri non
perpendicolaria
quelli della cornice, ma diritti a ſquadra del gocciolatojo, nel fron-
teſpizio
ſulla porta della Cappella di San Niccolò, nel corridore ſopra la Scala de’
Giganti
nel Palazzo Ducale.
lo dico però per maggiore intelligenza degli ſtudioſi,
che
ſe mai s’imbatteſſero in tali caſi, ſarà ſempre meglio il tralaſciargli nel ri-
menato
, che nella cornice, anzichè porgli in guiſa ſconcia e diſordinata, poichè
non
poſſon giammai formare figura perfetta.
Altra Cima d’Altare nella Chieſa della Madonna dell’Orto con rimenato ſcorretto.
Dobbiamo anche quì dire, eſſer male eſeguito il rimenato poſto in figura di terzo
aggù
, coni modiglioni correnti al centro, che diſcordano da quelli del fronteſpizio,
formando
apparenza diſſonante e moſtruoſa, veggendoſi i primi perpendicolari, ed i
ſecondi
poſti traſverſalmente;
oltre la figura del terzo aggù, che termina alla metà
del
fronteſpizio.
Ognun vede, che ciò non può fare che figura ſcorretta, e diſor-
dinata
.
L’arco poi, ed il nicchio ſteſſo è intieramente slegato, non oſſervando al-
cuna
conſonanza delle parti col rimanente, ſicchè lo ſteſſo reſta quaſi poſticcio, e
abbandonato
;
può dirſi altro, che la ſerraglia, cioè, la grande peſante maſche-
ra
, che moſtra di ſoſtenere il fronteſpizio, e ſerrar l’arco, figuri legatura, lo che
non
è in fatti.
Errori di tal fatta naſcono d’ordinario, per non ſaperſi da certi Ar-
chitetti
di quale importanza ſia la vera, e neceſſaria unione, e legatura delle par-
ti
, per tanto importante;
appagandoſi queſti d’una certa tal qual comparſa, al
dir
di loro, bizzarra per varietà di moſſe, che realmente non vale, può valer
coſa
alcuna.
213105DEGLI ARCHITETTI. 171[Figure 171]Altare di S. Ant:to Abate nella
Chieſa
di S. Salvatore, male or-
dinato
nel remenato.
172[Figure 172]Altra cima di Altare nella Chieſa
della
Madonna del orto con
scoretto
remenato in terzo agù.
214106OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Fronteſpizio dell’ Altare di S. Girolamo nella Chieſa di S. Salvadore
con
i modiglioni male ordinati.
Nella cornice, e nel fronteſpizio di queſto Altare ſi oſſervano i modiglioni male
ordinati
.
Si faccia pertanto attenzione alla cornice, e ſi vedrà, che la medeſima ha
i
ſuoi modiglioni bene ordinati, e nella mezzerìa lo ſpazio, e non il modiglione;
ma ſi oſſerva tutto l’oppoſto nel fronteſpizio, poichè non vi è la corriſpondenza,
che
ſi richiede, vale a dire, che un modiglione corriſponda all’altro, e ſi uniſcano
armonicamente
, e non varino, come in queſto luogo fanno, ove è accreſciuto il nu-
mero
, e ſcavalcato l’ordine, fuor di luogo, e ſenza alcuna ragione.
bizzarre ſtra-
vaganze
ſonoſi ſempre vedute, poichè non ſi fece mai rifleſſione al diſordine, ed er-
rore
;
ma ora, che veggionſene in copia, forz’ è porre argine; e reprimere enor-
mi
abuſi praticati a man ſalva da quelli, che ſpacciano per bellezze fatte moſtruo-
ſità
.
Se vogliamo parlar con verità, ſon queſti tutti ſconvolgimenti dell’Arte, ed er-
rori
, fantaſie ſognate, ſenza il fondamento della vera ragione.
Degli Archi poſti in aria nella Chieſa di S. Niccolò, in quella di S. Baſilio,
ed
in quella di S. Paolo, detto volgarmente S. Polo.
A quanto abbiamo ſcoperto d’errore, nel maneggio di malinteſa Architettura, ag-
giungaſi
anche il mal uſo praticato in certi tempi nel piantar gli archi in ogni ma-
niera
:
ma ciò che più ſorprende l’uomo ragionevole, ſi è il vederne dei pendenti
appoggiati
a ſemplici menſole, o capitelli a menſola, come quelli ſono, che ſi ve-
dono
in S.
Niccolò ſoſtentati da capitello a gocciola, ſopra cui è la ſtatua dell’ A-
poſtolo
;
come altri nella Chieſa di S. Baſilio, che non hanno altro ſoſtegno, ſalvo
una
ſemplice cornice, in figura d’impoſta con ſotto roſetta per termine, e nello ſpa-
zio
di mezzo ſta in pittura a ſedere il S.
Apoſtolo Pietro. Quelli poi, che ſono in
San
Polo, ſono pure quaſi nel modo ſteſſo, appoggiando ſopra menſola molto peſan-
te
, e da queſta pende una lampana, e ſopra ſtatua dell’Apoſtolo, con taglio e mo-
denatura
di cornice in figura ſgarbata, ornata di triti lavori, e tutto l’inſieme altro
non
preſenta, che confuſione, e mal ordine.
Siffatti Archi in tal guiſa eſeguiti ſono di falſiſſima figura, ordinati ſenza la ret-
ta
ragione, poichè non poſſon mai avere alcuna reale ſuſſiſtenza.
Si oſſervi, come i
detti
archi s’uniſcono nel piede, appoggiando ſoltanto ſopra il capitello, o menſo-
la
pendente in aria;
ovvero ſopra impoſta con roſetta al di ſotto. Se bene ſi riflet-
ta
al poſitivo eſſere dell’arco, queſto conſiſte nel ſoſtenere ciò, che gli ſta ſopra, e
ſpingere
ciò, che gli è ſottopoſto.
Laonde ſarà ſempre vero, che il capitello, o im-
poſta
, ſendo ſpinto, abbia per neceſſità a cadere, poichè non può in verun modo
ſoſtenere
, trovandoſi abbandonato, e in aria.
Può darſi, che anche in queſto caſo
alcun
bell’ingegno voglia farſi a difendere tale ſtravaganza, con dire, che tali Chie-
ſe
ſono antiche, e tuttavolta non abbiano moſtrato alcuna leſione.
A ciò riſpondo
con
tutte le più ſolide ragioni, che l’audacia umana è ſtata, e ſarà perpetuamente
condannabile
, quando ſia fuor di ragione, ſiccome appunto è negli eſpoſti eſempj.
Per quello poi riſguarda il ſoſtenergli, eſſendo di puro legname, poſſono beniſſi-
mo
eſſer ſoſtentati da fili armati, guerniti d’appiccaglie, e ferramenti, perchè poſ-
ſano
ſuſſiſtere.
Ma ſia com’ eſſer voglia, non può mai dirſi, che ſieno buoni, ed
eſeguiti
con retta ragione, mentre tali operazioni ſono mancanti nel loro fine, che
è
aſſegnato a tali archi, cioè, appoggiare per ſoſtenere, e per ſuſſiſtere;
nulla di
ciò
compariſce negli archi di ſimil figura;
ma anzi tutto il contrario, riempiendo d’
un
perpetuo timore chiunque gli oſſerva.
Cotali Architetti ſon perſone, che come è in proverbio, vogliono tirare la camoz-
za
co’denti, per ſecondare il loro capriccio, e malgrado la ſteſſa ragione eſeguire
qualunque
coſa loro ſalti in penſiero;
e poi vantarſi, ſtoltamente dicendo, eſſer loro
riuſcito
ciò che gli altri non ſeppero ordinare.
Di tali Artefici ſe ne abbonda. Non
dico
, che l’ingegnere, il falegname, il muratore, lo ſcarpellino, ed altri tali non
poſſano
eſſere periti Architetti;
dico bene, che per lo più pochi ſi affaticano per ben
conoſcere
, e diſtinguere quale ſia la vera perfezione degli Ordini, e delle loro par-
ti
, aſſegnando a ciaſcun d’eſſi le proprie riſpettive proporzioni, ed ufizj, e non o-
perando
così alla cieca farne mal uſo e ſtrapazzo.
215107DEGLI ARCHITETTI.
Capitello pendente a gocciola nel Depoſito di Luca Zeno nella Chieſa dei Frari.
E’ oſſervabile il preſente Depoſito per la ſtravagante novità del penſare. Si oſſer-
vi
la maniera della progettura, che forma la cornice, priva queſta eſſendo dell’ ar-
chitrave
, ed appoggiata ſopra il ſolo fregio.
Queſto vien ſoſtentato da modiglione,
che
ſta ſopra menſola fitta nel muro.
E’ coſa maraviglioſa, io dico, il vedere eſſa
cornice
con leſinatura non ſolo fuori del modiglione, ma formando il quadrato ap-
poggiare
la ſteſſa ſul capitello Jonico iſolato in figura di menſola, quando ſopr’ eſſa
cornice
ripoſa ſedente un leone, che guarda l’Urna Sepolcrale, come per cuſtodi-
re
, e difendere la medeſima.
Molto non vi vuole in queſto caſo a conoſcere il pa-
tente
errore, quando ſi conſidera eſſer tutto il peſo in aria, e non ſulla forza del
capitello
, che lo ſoſtenti, mentre queſto non può nemmeno eſſere attaccato, ſe non
ſe
per aggravar maggiormente, e per tirar giù il peſo ſteſſo.
Altro Capitello pendente a gocciola nel Depoſito di Marchio Treviſano
nella
Chieſa ſteſſa dei Frari.
Nella Cappella Treviſana in faccia il Depoſito di Luca Zeno vi è queſto Depoſito,
in
cui ſi rileva tal bizzarria, per cui può dirſi, che l’Architetto abbia volutodiſtin-
guerſi
con moſtrare un prodigio d’Architettura, facendo ſtare in aria quello, che
realmente
non può.
Oſſerviſi la ſua figura nel preſente profilo, e ſi conſideri quan-
to
in eſſa contienſi.
Quivi è la cornice con fregio ed architrave, che gira tutt’ in-
torno
eſſo Depoſito.
Vien eſſa ſoſtentata da modiglione cartellato, e queſto appog-
gia
ſopra pilaſtrino, ſotto cui ſta menſola di capitello Jonico fitto nella muraglia.
Fin quì poſſiamo dire, che è eſeguito con buona maniera, ſtando tutto al ſuo luo-
go
ben adattato;
ma ciò, che dee oſſervarſi, ſi è, che continuando la propria cor-
nice
, e progettando fuori con leſinatura dal modiglione in guiſa, che forma il qua-
drato
di colonna, appoggiando ſul capitello quaſi Compoſito, pendente in aria, ed
iſolato
, la faccenda muta faccia.
Si rifletta di grazia, come mai poſſa detto capitello
ſuſſiſtere
, e ſoſtenere il peſo, che gli ſta ſopra, cioè, non ſolamente la cornice, ma
eziandio
piediſtallo con figura guerriera, con iſcudo nelle mani, e con altro a’ pie-
di
.
Io non crederò mai, che poſſa trovarſi chi voglia ſoſtentare, che detto capitel-
lo
ſerva di forza per reggere un tal carico;
ma mi ſi dovrà bene concedere, che
nulla
vale, e che non tiene alcuna forza.
So bene, che il capitello ſuſſiſte, allora
quando
ſi trova poſto ſulla colonna, e così può portare la cornice, e ciò, che ſe
le
aſpetta, ed anche appoggiandoſi alla muraglia, inſerendoſi in eſſa, e converten-
doſi
in menſola;
ma nel modo, che quì ſi oſſerva, non ſarà mai credibile, che poſ-
ſa
ſtarvi adeguatamente, ma cadere.
Direi pure, che ſe vi foſſe ſoſtituito al capi-
tello
un’ Aquila, od altro animale alato, queſto colla forza delle ali potrebbe far fi-
gura
di ſoſtenere, vale a dire, per poco, perchè anche queſte naturalmente ſi ſtan-
cano
;
ma il capitello, non potendo aver ale, per conſeguenza non potrà ſtare in
aria
nemmeno un momento un ſolo momento.
Tali operazioni ſi oppongono total-
mente
alla ſana ragione;
poichè in aria ſtar non poſſono, che le nuvole, che ven-
gono
ſpinte dall’aria ſteſſa:
ma nella pietra far coſa di comparſa aerea, non vi è
coſa
, che poſſa aver ſolidità e forza per far l’ ufizio ſuo ſecondo l’ eſſer ſuo natura-
le
:
l’Architetto prudente dee far moſtra di prodigj, volendo moſtrare la ſtolta
ſua
vivacità col porre l’Architettura in aria, mentre l’eſſer ſuo conſiſte nella ſtabi-
lità
, e nella forza.
Concludiamo adunque con verità, che tali operazioni ſono veri
e
reali caſtelli in aria, cioè dire pazzìe.
Capitello Dorico pendente a gocciola poſto nella ſoffitta della Scuola di
Filoſofia
nel Collegio de’Geſuiti.
E’ parimente da conſiderarſi ciò, che anche preſentemente ſi vede praticato nella
Fabbrica
nuova del Collegio de’PP.
Geſuiti, che è appunto nella ſoffitta della Scuola
di
Filoſofia, ornata di pilaſtri Dorici tutt’all’intorno.
E’queſta nel clauſtro preſſo al-
la
porterìa.
Tale ſoffitta eſſendo ſcompartita in tre diviſioni, vien ſoſtentata da due
fili
, il primo de’quali nella mezzerìa tiene una colonna Dorica con piediſtallo otta-
gono
per ſoſtegno:
l’altro poi ritiene il ſolo capitello, il quale termina in gocciola
attaccato
al di ſopra, non ſi ſa come, ma bensì compariſce in aria, coſa che non
216108OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
ſolamente diſguſta l’occhio, ma che fa anche naſcer le maraviglie, ſacendo paura
nel
mirarlo.
Quì pertanto non vi eſſendo naturalezza, fondamento veruno,
vienſi
a far ſolo comparſa diſordinata e moſtruoſa.
Queſti a dir vero ſon ripieghi di
deboli
Architetti, ſcreditano l’Architettura, volendola far comparire quella, che mai
non
fu, ne potrà mai eſſere, poichè il ſuo fondamento naturale e vero ed unico ſi
è
la perfezzione.
Altro capitello Jonico pendente in aria ſi oſſerva nel Depoſito di Gian Pietro Stel-
la
nella Chieſa di S.
Giminiano. Queſto parimente, come i due pur ora deſcritti,
ſta
pendente preſſo a un modiglione con cornice leſinata ſopra lo ſteſſo capitello,
con
puttino in piedi, che abbraccia lo Stemma.
Coſe ſon queſte ridicole da abor-
rirſi
, e da sfuggirſi a tutto potere.
217109DEGLI ARCHITETTI. 173[Figure 173]Frontispitio del Altar di S. Gierolamo, nella Chieſa di
S
. Salvatore con li modiglioni male ordinati.
174[Figure 174]Archi posti in aria nella Chiesa di S. Nicolò.
Archi
pendenti in aria nella Chiesa di S. Basilio.
218110OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 175[Figure 175] 176[Figure 176]Nel Deposito di
Luca
Leno posto
nella
Chieſa de
frari
, vi ſono il
presente
Capitelo
pendente
à gocciola.
177[Figure 177] 178[Figure 178]Archi
pendenti

in
aria
nella
Chiieſa
di
S.Paolo
detto
S.Polo.
Parimente

nel
Deposito di
Marchio
Jrevisano,
pure
alli Frari
si
osserva altro
capitello
pendente.
Capitelo
Dorico pendente à gocciola
posto
nel sofitto della scuola di filoso.
fia
à i Gieſuiti.
219111DEGLI ARCHITETTI.
Arco a ſcartoccio nella Chieſa di S. Niccolò.
Di ſimiglianti archi teatrali ſe ne veggiono nella Chieſa di S. Niccolò nelle arca-
te
di fronte al Altar Maggiore.
Sono queſti ſoſtentati da colonne, e da cornici Joni-
che
di marmo antico, ma poſti ſconciamente, appoggiando ſul vivo del gocciolato-
jo
, e formando figura aſſai peſante.
Nella parte inferiore ſtringe menſola con ſopra
figura
d’Apoſtolo.
Si oſſervi poi la gran cornice, che porta modiglioni con fregio
gonfio
tutto ornato, e inſieme interrotto dai due modiglioni, e modenatura perpendi-
colarmente
ſopra la colonna di fronte.
Queſta cornice ha pure fra i modiglioni den-
telli
, ed ancora nella ſeconda faccia dell’ architrave.
Queſta foggia d’ornare verrà
peravventura
da molti giudicata invenzione bizzarra;
ma dovendoſi darle la denomi-
nazione
, che le conviene, non può chiamarſi ſe non ſe peſante, maſtina, irregolare,
ed
un gruppo di confuſione.
E’ poi oſſervabile l’arco di mezzo pel cartoccio, che
tiene
ſotto, e ſopra, non potendo mai così moſtrare veruna forza per ſoſtenere, e
nemmeno
appoggia ſul vivo, come richiede la ſua natura.
fatti archi accartoc-
ciati
non ſi danno, ſi trovano nella ſoda e genuina Architettura;
ma ſono ſtati
introdotti
dai Pittori, dagl’ Intagliatori, dagli Stuccatori, e ſimiglianti, vale a dire,
dai
Pittori nei Teatri, dagl’Intagliatori, e Stuccatori nelle Arcove, e dagli Acconcia-
tori
in ogni luogo.
Bizzarrie, che diſtruggono il vero, e ſodo operare, e ſtimate
ſoltanto
dai ciechi imperiti.
Altro arco a ſcartoccio nella Chieſa dei Padri Geſuiti.
Dell’Altar Maggiore di queſta Chieſa ſi vede il preſente arco inſuſſiſtente, che
non
può appoggiare ſul vivo a motivo dei cartocci, che gliene tolgono il modo nel
piede
, perdendo la propria forza, ed eſſendo anche moſſo, e gonfiato all infuori del
piombo
:
inoltre ha ſopra cornice irregolare ſoſtenuta da cartocci, o cartelle ſti-
racchiate
.
Il rimanente poi dell’Altare ſuddetto è pieno di ſtorpiature. Fa certamen-
te
comparſa ſtrepitoſa, ma ſcempiamente penſata, mentre non regge, in pianta,
in alzato.
220112OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 179[Figure 179]Arco a ſcartoccio nella Chieſa di S. Niccolo. 180[Figure 180]Altro arco a ſcartoccio nella Chieſa
dei
Padri Geſuiti.
221113DEGLI ARCHITETTI
Ringbiera, o pergolato ſulla facciata del Palazzo Grimani a San Luca
ſul
canal grande.
Altra ringbiera ſulla facciata del Palazzo Peſaro ſul Canal grande.
Altra ringbiera ſulla facciata del Palazzo Cornaro di calle della Regina
ſul
Canal grande.
Avendo noi condannato le ringhiere da noi rigoroſamente eſaminate nelle fabbriche
di
Roma, convien dire, come anche in Venezia ve ne ſono delle vizioſe al pari
di
quelle.
E’coſa deplorabile, che coſa così ſconcia venga praticata con tanta fre-
quenza
ſenza la minima conſiderazione a ciò, che convienſi non meno alla ragio-
nevolezza
, che alla nobiltà, e al decoro di quella ſoda Architettura, che ſi preten-
de
di conſervare.
Così praticando non ſi potrà mai conſervare la perſezione; ma
dovrà
dirſi, che ſi adultera, e ſi ſcompone tutta la nobiliſſima Arte.
Si oſſervi la
ringhiera
poſta ſulla facciata del Palazzo Grimani a S.
Luca ſul Canal grande. Il ſuo
Architetto
era pure riputato, e ſi conſerva pur anche la ſua rinomanza:
ma mal-
grado
ciò, forz’ è dire, che il piantare una ringhiera, o pergolato così diſteſo, che
arrivi
dall’ una eſtremità all’ altra della prima cornice Corintia, è coſa vituperevole.
E di fatto, ſecondo me, non vi era una tale neceſſità, mentre fermandoſi ſopra la
mezzerìa
del primo pilaſtro Corintio, queſta poteva eſſere la giuſta ſua dimenſione,
e
non andare a caricare di peſo fuor di propoſito l’ orlo del gocciolatojo non ſolo,
ma
anche di più quaſi la ſteſſa gola, rendendo in tal guiſa la ſua figura falſa nell’
appoggio
, e ſconcia per comparire ch’ ella fa fuori del vivo, e del ſuo eſſere na-
turale
.
Quella poi del Palazzo Peſaro parimente ſul Canal grande è notabile per la ſteſ-
ſa
ragione, col di più, che queſta ſi diſtingue pel lavoro non meno dei pilaſtrini,
che
delle colonnelle piene di bagatelle, e giocolini, come lo è ancora tutto il ru-
ſtico
diamantato, e i miſeri pilaſtrini Jonici alle fineſtre dei mezzadini, dove dai
capitelli
di detti pilaſtrini prolungandoſi la ſoglia di detta fineſtra, compariſce eſſe-
re
in aria, poichè non ha ove appoggiarſi.
Queſti tali pilaſtrini parimente con bu-
gne
diamantate ſoſtengono la cornice architravata, e leſinata con modiglioni, coſa,
che
riſguardo alla ſua proporzione non corriſponde per verun conto:
e ciò a moti-
vo
della meſchinità degli ſteſſi pilaſtri, che non s’ accordano colla ringhiera di ſo-
pra
, nulla comparendo di maeſtoſo, enobile come converrebbe:
e così tutta l’ intie-
ra
facciata pieniſſima d’ ornamenti, come appunto chi empieſſe talmente un abito
di
tanta guarnizione, che veniſſe a confonder queſta collo ſteſſo drappo:
in tal ca-
ſo
può dirſi quello eſſere un ricco veſtito, e niente più:
così appunto nel caſo pre-
ſente
tanti, e affollati ſono gli ornamenti di queſta facciata, che confondono la
verità
dell’ Architettura, potendoſi dire, queſta eſſere una ricca facciata, e nulla più.
Diſordini ſono queſti, che tolgono, e non accreſcono la maeſtà dovuta alle fabbri-
che
grandioſe.
Vedeſi parimente altra ringhiera nella facciata del Palazzo Cornaro in calle della
Regina
ſul Canal grande, che ha pure i pilaſtrini fuori del vivo del gocciolatojo ſen-
za
veruna neceſſità, che vi obbligaſſe l’ Architetto, ma per ſola vaghezza di prolun-
gar
la ringhiera più che ſi poteſſe.
Le tre bugne poi col maſcherone nel mezzo,
che
tagliano la ſoglia piana della fineſtra non fanno, poſſon mai fare buona com-
parſa
, per eſſer queſta una licenza fuor di ragione, volendoſi moſtrar tagliato, e di
più
pezzi ciò, che dee eſſer formato tutto d’un pezzo, come ragionai contro il pa-
rere
di quelli, che pretendeſſero, che foſſe più forte diviſo in pezzi, che unito in un
ſolo
, potendoſi, diconeſſi, queſto ſpezzare.
A ſiffatta objezione ſi riſponde, che non
mancano
ottimi ripieghi, ed artifizj per aſſicurarlo, erenderlo forte, laſciandolo nel-
la
ſua pura ſemplicità d’ottima e perfetta comparſa, mentre così maeſtà e deco-
ro
alla fabbrica.
Debbonſi adunque laſciare le maniere ſcompoſte, che non ſono,
e
non ſaranno giammai lodevoli, e che dovrannoſi perpetuamente a tutta poſſa
ſchivare
.
Se gli Architetti non ſi oſtinaſſero nelle loro mal concepite opinioni, ma ſi poneſ-
ſero
ad eſaminarle con ſerietà, oh quanti diſordini ſchiverebbero, che tuttora ſi oſ-
ſervano
! Sarebbe omai tempo di porſi in guardia per non commetterne di vantaggio
per
l’avvenire, e d’operare a norma dell’ Arte, concependo tutto ſecondo l’ eſſer
222114OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI naturale, e non aereo, e irragionevole. Son forzato a dire ciò, ch’io vorrei occulta-
re
;
ma oſſervando il male molto inoltrato, e dubitando, che vada ſempre più au-
mentandoſi
, ho eſpoſto ed eſpongo il male immaginato, affinchè ſi penſi alla per-
fine
ad illuſtrare e a conſervare quel decoro, che è obbligato a ſoſtenere per l’Ar-
chitettura
chiunque ſi vanta profeſſore di quella.
Queſto è ciò, ch’io penſo, che
poſſa
addeſtrare gli ſtudioſi, ed aſſicurare la ben ordinata Architettura.
Lodo certamente, e loderò ſempre quei pergolati, che ſieno piantati con ragio-
ne
di valida ſolidità, e ſuſſiſtenza, cioè, quelli, che ſon poſti ſopra i modiglioni
compoſti
di nobile maeſtà, e corriſpondenti a tutte le altre parti della fabbrica,
non
interrotti da bagattelle, o troppo maſtini, e goffi;
ma che in tutto e per tutto
corriſpondano
al ragionevole, non meno pel comodo del poterſi cambiar le perſone,
che
vi s’appoggiano ſopra ſenza alcuno incomodo, che per la maeſtà dovuta:
poi-
chè
queſti s’addicono alla ſeria Architettura.
223115DEGLI ARCHITETTI 181[Figure 181]Ringhiera, o pergolato ſulla facciata del Palazzo Grimani
a
S. Luca ſul Canal grande.
182[Figure 182]Altra ringhiera
ſulla
facciata del
Palazzo
Peſaro
ſul
Canal grande.
183[Figure 183]Altra ringhiera ſul-
la
facciata del Palaz-
zo
Cornaro di calle
della
Regina ſul
Canal
grande.
224116OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Bizzarra porta nella facciata della Chieſa de’Padri Geſuiti.
E’ ſtravagante e ſcompoſta la maniera del preſente rimenato, tagliato e poſto ſgar-
batamente
, che ſi oſſerva ſulla porta della facciata di queſta Chieſa, mentre trovaſi
mancante
in tutte le ſue parti dei requiſiti neceſſarj, perchè la cornice, che lo ſoſtie-
ne
, appoggia ſul falſo della ſoglia, come altresì per non corriſpondere eſſo rimenato
collo
ſporto delle cornici di ſotto, ma ſta ritirato in dentro:
l’aletta inoltre, che gli
è
al fianco, è priva dello ſporgimento della propria cornice, la quale reſta perduta ſot-
to
alla guſcia del rimenato medeſimo.
Invenzioni ſon queſte di niun valore, e fatte
a
poſta per diſtruggere quel nobile, e poſitivo, che è tanto proprio dell’ Architettura.
Si può anche in queſto luogo aggiungere la ſtravaganza dello ſtrato poſto fuori del-
la
fineſtra di ſopra, che ſcherza ſvolazzando, volendoſi far comparire un drappo po
ſto
per ornamento in occaſione d’alcuna ſolennità.
Ma chi così penſa va errato,
non
eſſendo la pietra materia leggiera, che poſſa eſſer moſſa dal vento, come le
bandiere
, ma materia ſoda e peſante, ricercando queſta d’appoggiarſi, di ſtar fer-
ma
, e ſtabile, e non già ſcherzar per l’aria.
Per la qual coſa non potrà mai com-
mendarſi
ſiffatto penſare, ma quel ſolo, che ſeconda la natura e la proprietà, lon-
taniſſime
dal moderno immaginare guaſto e corrotto.
Mi duole nel più vivo dell’
anima
di vedere ſiffatte incoerenze, che in vece di far onore all’ Arte, ed all’ Arte-
fice
, diſonorano entrambi.
Gran coſa, che ai noſtri ſiaſi avanzato il ſconcioe
diſordinato
abuſo, che non ſi rilevi più la ſincera e ſchietta verace Architettura,
ma
che ſi operi tutt’al contrario di quella, riempiendola di ſmorfioſe introduzioni
da
ſcena, come oſſervammo nella Chieſa de’ Padri Scalzi ne’ſuoi ſtravolti ornamen-
ti
e ſcompoſta Architettura.
Lo ſteſio dobbiamo dire di queſta Chieſa de’ Padri Ge-
ſuiti
, che è ſimilmente piena di diſordine, e d’incoerenze.
Si oſſervino i tanti ſtuc-
chi
dorati, e male ideati nella ſoffitta, ricca certamente, ma eſeguita ſcorretta-
mente
:
e poi che mai voglion dire quei quattro gran vaſi poſti ſopra i quattro pi-
laſtri
nella Crociera di forma peſante, con altri molti d’intorno, che ſarebbero più
convenuti
ad un portone di villa, che ad una Chieſa:
e più dicevole ſarebbe ſtato,
ſe
vi foſſero ſtati collocati quattro Angioli in piedi leggermente e con garbo ſcher-
zanti
con geroglifici alludenti alla ſantità, in vece di tante ridicole bagattelle, che
empiono
di confuſione, malamente qua e diſpoſte, e ſopra la cornice grande
con
feſtoni ſcompoſti, che legano, porta, ed Arca di Noè con altre molte irregola-
rità
in ſeguito, iltutto fuor di propoſito, e ſenza grazia:
come al@r@sì le altre ſmor-
fioſità
mal penſate, come lo ſtravagante pulpito, e i coretti colla giunta di foglia-
mi
riportati di verde antico ſulle quattro colonne della Cappella maggiore, e gl’in-
tercolunnj
, e fregio intorno alla Chieſa, e non poi i pilaſtri, lo che forma paten-
te
diſordine riſpetto all’uguaglianza delle parti@ Dee dirſi c@u verità, che in queſta
fabbrica
non riſalta quella maeſtà, e quella purità, che richiede la ſanta Caſa di
Dio
, che dee eſſer ornata di ſola ſemplicità maeſtoſa e ſchienezza.
Porta del Palazzo Piſani a Sant’ Angelo diſſonante nelle ſue parti.
Si oſſervi la preſente porta, che ſi diſtingue molto, non già per la ſua bellezza,
ma
per la diſſonanza delle ſue parti.
Il pilaſtro Dorico, che le è al fianco, non le-
ga
in verun conto colla porta, che per eſſere a volta rompe l’architrave, e non ha
punto
di maeſtà:
i modiglioni del pergolato diſdicono, poichè il primo ſta bene ſul
pilaſtro
, ma torna male il ſecondo, perchè non ha corriſpondenza, collo ſtipite,
col vivo della porta.
Operazioni ordinate in tal modo non rappreſentano, che
tacconi
, edinvenzioni ſtravolte, allontanandoſi dal naturale eſſer loro.
Architetti ve-
ramente
grandi ſon queſti, che fanno ſpiccare il raro loro ſapere, pieni di ripieghi
particolari
, e di pellegrine invenzioni;
ma reſtano deluſi nel loro fine. Il valentuo-
mo
dee perpetuamente penſare al buono, al decoroſo, ed anche al particolare;
ma
in
quella maniera, che ricerca il dovere, e che compete alla ragionevole Architettu-
ra
, non meno pel decoro di quella, che per la magniſicenza delle fabbriche.
225117DEGLI ARCHITETTI 184[Figure 184] 185[Figure 185]Bizara
facciata

de
P. P.
Porta
nella
della
Chieſa
Gieſuiti
.
Porta
del Palazzo delli
N
. N. H. H. Pisani, a
S
. Angelo, di figura di-
ſonante
nelle sue parti.
226118OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Depoſito del Sereniſſimo Principe Giovanni da Peſaro, in cui ſono oſſervabili i quattro
Mori
con cuſcino ſulla teſta ſoſtenenti il maggior carico di tal Mauſoleo.
Pilaſtri della Cappella maggiore di s. Maria dei Miracoli
ſoſtentati
dall’ improprietà d’un cuſcino.
Avendo fatta buona conſiderazione intorno ai peſi poſti ſul falſo, aggravanti le
ſoglie
di porte, che di fineſtre, mi par dicevole l’oſſervare altresì un altro incon-
veniente
e ſconſiderato errore patentiſſimo, che naſce dal non riflettere come ſi con-
viene
, e dal non eſaminare, per ben regolarſi nel porre i peſi ſul forte, e ſopra tut-
to
ciò, che rappreſenta forza non ſolo, ma eziandio di ſchivare tutto quello, che
moſtra
poca ſuſſiſtenza.
Oſſervo prima di tutto la figura dell’ arco della Cappella
maggiore
della Chieſa dei Miracoli.
Queſto è ſoſtentato da pilaſtri Corintj con corni-
ci
, piediſtalli, e baſamenti, ornati di nobile lavoro;
ma ciò, che ſa ſtupire, ſi è, che
al
di ſotto del piediſtallo nel baſamento vi è ſtato poſto un finto cuſcino coniſuoi
frocchi
ai cantoni, e ſopra queſto ripoſa tutto il peſo del grande arco.
Ma ciò che
accreſce
la maraviglia ſi è il vedere, come eſſo cuſcino nulla ſi riſenta del grave pe-
ſo
, che l’opprime, ma ſtarſene in guiſa, che moſtra di non ſoſtenere coſa alcuna.
In altra maniera poi vi è l’uſo di queſto ſcempiatiſſimo errore, ove ſono quei quat-
tro
Mori, che ſoſtengono il gran cornicione Dorico con tutto l’ Ordine Jonico ſo-
prappoſto
, ed il Trono nel ſoprannominato Depoſito, e ſi trova poſto nella Chieſa
dei
Frari.
Portano queſti Mori ſulla teſta un gran cuſcino, eſoſtenendolo colle brac-
cia
, ſembra, che il medeſimo nulla regga, mentre eſſo cuſcino nulla ſi ſcompone,
moſtra d’acciaccarſi ſotto grave peſo, che gli è ſopra.
Altre tre ſtatue ſi oſſer-
vano
nella ſteſſa Chieſa poſte a ſoſtenere colle ſpalle tutto il Depoſito d’Aiviſe Mar-
cello
preſſo alla Sagreſtia.
Siſſate impropriſſime maniere vengono praticate ſoltanto
da
coloro, che credono lecito in qualunque luogo l’uſo delle Cariate, come vedeſi
ancora
nella facciata della Chieſa dello Spedaletto, ove ſono due pellegrini in com
pagnia
di due altri facchini, che ſoſtentano colle ſpalle, e colle braccia l’ orribil pe-
ſo
del cornicione, e dell’ Attico, che ſopra gli carica.
Sconcia figura ſi è queſta,
che
non potrà convenire alla ſoda Architettura giammai;
poichè gli uomini non ſo-
no
pietre inſtancabili, ma deboli , che a lungo andare non poſſon reggere ſotto
un
enorme peſo;
e la ſteſſa ragione corre pure per i Termini, o Tritoni, i quali ſo-
no
aggiunte poſticce, ſiccome nota il Galaccini.
Vero ſi è, che le Cariate preſſo gli
Antichi
furon poſte in figura di ſchiavi condannati alla fatica, ma ſoltanto in quei
luoghi
, ne’quali poteſſero far figura da ſuſſiſtere, e niente più;
come ſarebbe, a ca-
gion
d’ eſempio, per ornare una porta, o un cammino, od alcun’altra coſa indiffe-
rente
, che non ſia di grave peſo, e che non teneſſero impegno d’alcuna legatura
di
fabbrica formale, poichè per poca poſſono naturalmente reggere.
Di queſte ſe ne
veggiono
alla porta d’ingreſſo alla Libreria pubblica;
come anche nel cammino del
Collegio
;
ed i Termini poſti all’ingreſſo della Zecca, poſtivi ſolo per ornamento,
benchè
ſoſtengano cornice;
e parimente quei quattro, che ſoſtengono la Cantoria
dell’Organo
in San Stefano, non già per forza di ſuſſiſtenza, poichè non vi è alcu-
na
ragione naturale.
Laonde ſarà indubitato, che il prudente Architetto, benchè
ſappiaſi
, che in alcun tempo ſiano ſtate praticate tali coſe, dee tuttavolta laſciarle
da
parte, e valerſi ſoltanto di quello, che detta la ragione, e le leggi dell’ ottima
perfezione
dell’ Arte.
Per dare un’adeguata contezza di queſte Cariate, non ſarà male il ſaperne l’ori-
gine
.
Vengono queſte dalla Città di Caria nella Morea, che ſi unì con i Perſiani
contro
la Grecia.
Reſtati i Greci vittorioſi diſtruſſero queſta Città, e portarono in
trionfo
le ſole Matrone, trucidando tutti gli uomini.
Gli Architetti di quel tempo
poſero
le immagini loro in diſprezzo a ſoſtenere i peſi in vece di colonne.
In ſimil guiſa i Lacedemoni avendo vinti i Perſiani, col danaro ritratto dalla pre-
da
fabbricarono per trofeo della vittoria il Portico Perſiano, e vi poſero i ſimolacri
dei
Perſiani coll’abito loro per ſoſtentarne il tetto, gaſtigato avendo con tal diſpre-
gio
la loro ſuperbia.
Quindi cominciarono introdurſi le ſtatue Perſiane in vece di
colonne
per ſoſtenere le cornici, ed altri ornamenti.
227119DEGLI ARCHITETTI 186[Figure 186]Depoſito del Sereniſſuno Principe Giovanni da Peſaro, in cui ſono oſſerva-
bili
i quattro Mori con cuſcino ſulla teſta ſoſtentati il
maggior
carico di tal Mauſoleo.
187[Figure 187]Pilaſtri della Cappella maggiore
di
Sa Maria dei Miracoliſoſ-
tentati
dall’ improprietà d’un
cuſcino
.
228120OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Fronteſpizio, o Rimenato dell’ Altare del Criſto nella Nuova Chieſa
di
San Geremia.
E’oſſervabile in queſto altare il rimenato ultimo per la ſua maniera bizzarra, e
poſitura
ſtravagante, così aperto per mezzo nella parte inferiore, formando col goc-
ciolatojo
un bovolo, che gira verſo il timpano.
La guſcia poi, o ſia gola ne forma
un
altro, che gira al di fuori, tenendo nella mezzerìa una cinta, con ſopra una cre-
ſta
diviſa in cinque rami, che a guiſa di cimiero moſtra d’ornare lo ſteſſo con fio-
ri
, che dal medeſimo ſtendonſi ſopra lo ſteſſo rimenato, e ſteſſamente la cartella nel
timpano
.
So bene, che una volta fu propoſta un’idea per formare una porta d’Or-
dine
Dorico nella fabbrica della Sapienza in Roma, e queſta teneva il fronteſpizio
diviſo
nel gocciolatojo, venendo cosìa formare due timpani, cioè, uno a rimenato,
e
quel di ſopra a fronteſpizio.
Queſta però ſarebbe ſtata una ſingolare moſtruoſità:
eppure tal penſiero era del celebre Michel Angelo, ed io ne ho veduto la ſtampa.
Così
parimente mi ſembra una ſtravaganza vizioſa il vedere ſpaccato queſto fronte-
ſpizio
nel fuo appoggio, che aprendoſi non può più reggere ſe ſteſſo, ma a ſomi-
glianza
delle foglie del ſedano, quando s’aprono nel fondo, s’accartocciano uua in
qua
, l’altra in .
Bizzarria è queſta ſmorfioſa priva di qualunque grazia. Riſpetto
poi
a tutto il rimanente dell’ ornamento, è tutto peſante, e nudo delia gentilezza,
che
gli è naturale.
Porte nel ſecondo Clauſtro del Convento dei Frari, una del Refettorio, l’altra
della
Foreſteria ſomiglianti.
Queſta è una delle due ſomiglianti porte. Sono queſte, come appariſce, d’una
maniera
molto particolare, nulla contenendo di buono, ma tutto vi è ſgarbato, e
vizioſo
.
Si oſſervi la Zanca, che ripoſa ſul pilaſtro, modenata poi al di ſotto a mo-
do
di guacerone, e che gira all’insù per ſoſtener la cornice, che è leſinata, eripo-
ſa
ſopr’ eſſa il ben ſucchiato fronteſpizio con menſola nel mezzo.
Figura ſconciſſima,
e
diſguſtante;
e quel che è peggio, la ſteſſa porta è priva della ſua ſoglia; poichè
ciò
, che preſenta, non figura ſe non che una peſante macchina, che ſtia in aria.
Manco male, che reſta interrotto lo ſpazio dallo ſcudo dell’arma Franceſcana, che
mitiga
alcun poco la ſua goſſezza.
Da penſieri ſtravaganti e che può mai rica.
vare
un povero ſtudente, il quale ſi crede pregevole una tal figura?
Miſero lui, ſe
ſi
fida a fiſſatti eſemplari, enon gli sfugge, ſeguendo la vera ſtrada battuta dai buo-
ni
antichi Architetti.
Cima dell’ Altare di S. Franceſco nella Chieſa di S. Pantaleone.
Ho ſtimato bene di far rilevar l’errore anche di queſta Cima, per eſter veramen-
te
curioſo, e ſingolare.
Queſto Altare è d’Ordine Corintio, e così ſono le ſue pila-
ſtrate
;
ma ove dovrebb’ eſſere la ſua colonna principale, vi è una menſola, e que-
ſta
porta il capitello Jonico.
Bizzarria ſconvenientiſſima, che non produce ſe non
confuſione
, con queſto di più, che per accompagnare l’impoſta dell’arco, taglia il
pilaſtro
di fuori colla ſua cornice.
Tutte ſmorſioſe irregolarità, e mal ideati orna-
menti
, che ſovvertono il buon ordine della ſana Architettura.
Ove mai ſtudiarono
tali
coſe queſti ſtolti Architetti?
Non mai certamente ſul buono, ma ſul corrotto,
e
cattivo;
e ſtimando di far coſe pellegrine, e nuove, altro a dir vero non ſanno,
che
paſticci, e moſtruoſità.
229121DEGLI ARCHITETTI 188[Figure 188]Fronteſpizio, o Rimenato dell’ Altare
del
Criſto nella Nuova Chieſa
di
San Geremia.
189[Figure 189] 190[Figure 190]Porte nel ſecondo Clauſtro
del
Convento dei Frari, una
del
Refettorio, l’altra della
Foreſteria
ſomiglianti.
Cima
dell’ Altare di
S
. Franceſco nella Chieſa
di
S. Pantalcone.
230122OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Fronteſpizio dei quattro Altari, che ſono nella Chieſa di Santa Margberita.
Queſta maniera di fronteſpizj è certamente lontana dalle buone regole dell’Archi-
tettura
, ſendo ſtato ſempre il ſuo uſo, o a fronteſpizio, o a rimenato:
ma queſti
coll’idea
di diſtinguergli da tutti gli altri, venne penſato dall’ Architetto, che gl’in-
ventò
, di formargli cuſpidi nelle due mezzerìe, cioè, dopo il modiglione, o ſia ſer-
raglia
, che ſerve per ſtringer l’arco della palla.
Si oſſervi, come girino, erigirino,
terminando
in rimenato, attaccandoſi alla cornice dritta ſopra la ſerraglia.
Girano
parimente
i ſuoi modiglioni ſecondo il ſenſo del loro ſcherzo;
e veramente le pun-
te
, che moſtrano eſſi fronteſpizj, non ſolo alzandoſi, ma anche ſporgendo in fuo-
ri
, formano ſgarbatiſſima figura:
e più ancora riſalta l’irregolarità loro moſtruoſa,
e
fuori d’ogni ragione, a motivo della voluta dell’aletta, che ſta al diſotto, gonfia-
ta
per ſtracantone.
Porta della sagreſtia nella Chieſa di S. Lcone, detto San Lio.
Anche queſta porta è particolare e ſtravagante. Si oſſervi, non mai per impara-
re
, ma per condannare, e sfuggire tal modo bizzarro di penſare ſtravolto.
Si vede
la
ſua ſoglia in una parte dritta, e nell’ altra girare all’ingiù per ſoſtenere e ſtrin-
gere
la medaglia d’ Andrea Piſani, che è pure appoggiata a ridoſſo della cornice con
allori
, che la circondano per ornamento:
e poi ſi conſiderino negli angoli della det-
ta
porta le due cartelle ad uſo di modiglioni, che moſtrano di ſoſtenere la ſteſſa
ſoglia
;
e così le altre due nelle teſte piene ſimilmente di bagattelle, che non han-
no
veruna dicevole convenienza, e ſolo moſtrano di ſoſtenere col loro maggior roc-
chello
la cornice, e il fronteſpizio leſinato, ſul quale ſtanno due bambini in atto di
ſoſtentare
una cartella coll’iſcrizione del mentovato Piſani.
Con tutta ragione ſi con-
dannano
ſiſſatti penſamenti, che vogliono far curvare la ſoglia all’ingiù, ovvero all’
insù
, come quello, che ci preſenta il Pozzi al foglio 62.
N. 1. Queſto è mal ſom-
mo
, poichè ſi priva la ſoglia della ſua forza naturale, che conſiſte nella ſua dirit-
tura
, ſervendo in tal modo d’arpice all’ erte, o ſieno ſtanti della porta.
Pozzo ornato, d’ Ordine Dorico nel ſecondo Clauſtro del Convento dei Frari.
Veramente da tal maniera d’ Architettura, e in queſt’ Ordine, non ſi è veduto pen-
ſiero
più diſordinato di queſto.
Chi ha cognizione d’ Architettura, e bene l’ oſſerva,
non
applaudirà giammai ſimile compoſizione.
Una colonna grande con una appreſ-
ſo
dello ſteſſo Ordine più picciola della metà, per ſoſtenere la ſteſſa cornice, e por-
tare
il rimenato.
E’ coſa curioſa, e quaſi diſſi, ridicola, l’ oſſervare il triglifo ſopra
la
colonna maggiore ſtarſi nella ſua proporzione;
e quello ſopra la piccola quaſi per
metà
, ſtarſene della ſteſſa altezza, e di più leſenando la medeſima cornice;
come ſi
oſſerva
ſoſtenere le picciole colonne tutto il rimenato, e l’ ornato, che vi è ſopra:
e queſte ſono appoggiate ſulla vera del pozzo medeſimo: la ſua cornice è replicata
da
due ſporti, che coll’ architrave ſono tre.
Non credo, che enor me ſcorrezione
ſiaſi
giammai, fuori che in queſto caſo, praticata.
231123DEGLI ARCHITETTI. 191[Figure 191]Fronteſpizio dei quattro Altari, che ſono nella Chieſa di Santa Margherita 192[Figure 192]Porta della Sagreſtia nella Chieſa
di
S. Leone, detto S. Lio.
193[Figure 193]Pozzo ornato d’Or-
dine
Dorico nel ſecon-
do
Clauſtro del con-
vento
dei Frari.
232124OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Del ſuperfluo uſo dei piediſtalli replicati, come ſono i preſenti, e molti altri
praticati
parimente negli Altari.
1. Quello dell’ Altare di S. Girolamo in S. Salvatore.
2. Nell’ Altar maggiore dellaChieſa di S. Lorenzo.
3. Nell’ Altar maggiore dellaChieſa de’Geſuiti.
4. Nell’ Altar del Criſto nella Chieſa dei Frari.
Gioverà l’avvertire l’abuſo introdotto del porre i piediſtalli replicati negli Altari,
e
queſti col fine di ſollevare con maeſtà le colonne, perchè facciano maggior com-
parſa
.
Veramente il vederſi praticare nell’ Architettura fatti diſordini fa toccar con
mano
la ſcarſa cognizione di certi Architetti, che forzano, per così eſprimermi, il
ragionevole
dell’ Architettura, la quale ha aſſegnato ad ogni Ordine i ſuoi piediſtal-
li
con proprietà, e miſura, affinchè ſi uſino ſecondo il dover loro:
ma, come ſi ve-
de
, i preſenti così replicati l’uno ſopra l’ altro certamente non fanno perfetta com-
parſa
.
Da quando in qua gli uomini portano più d’ una ſcarpa nel medeſimo pie-
de
, baſtando pel comodo, e per la dicevolezza una ſola?
Se alcuno ne portaſſe due,
ridicolo
, e fuor di ſenno verrebbe ſenza dubbio giudicato da tutti.
Se dunque è ve-
ro
, che il piediſtallo ſia la ſcarpa della colonna, e la baſe il piede, ſarà coſa ridi-
cola
il replicarlo.
Se poi per dar più riſalto vi biſognaſſe altezza maggiore, ſi val-
ga
l’ Arteſice di ciò, che permette l’ Architettura, ed è appunto l’ ottimo ripiego d’
un
oneſto baſamento ornato con riquadrature, e con altro;
come altresì d’un rego-
lone
, o Zoccolo nel baſſo, ma ſenza veruna cornice di cimacia, o baſe;
e in tal
caſo
queſto adornerà con grazia, ſarà mai piediſtallo replicato, ma grazioſo alza-
mento
per giungere alla ſtabilita altezza, laſciando così da parte il diſordine dei
replicati
piediſtalli, due, o tre col zoccolo, formando ſolaretti, e giocolini, che nul-
la
hanno di nobile, e di grandioſo.
In oltre ſi può ancora dire, che ſe lecito foſſe
un
tale abuſo, ſi potrebbe anche introdurre l’ altro, replicando le cornici una ſopra
l’
altra per alzarſi di più ſopra la ſteſſa colonna:
ma ognuno a ciò potrebbe riſpon-
der
ſubito, che ciò non va bene, mentre ſarebbe lo ſteſſo, che porre due cappelli
ſopra
la teſta d’ una ſola perſona.
Lo ſteſſo per appunto dee dirſi dei piediſtalli,
cioè
, convenirſi un ſolo, ed il ſuo proprio, ad ogni colonna, e non più.
Così dee
farſi
, per conſervare il bello, e proporzionato modo d’ uſar le parti della ſoda e ge-
nuina
Architettura.
Conferma quanto io eſpongo Bernardo Antonio Vittone nel ſuo
Libro
d’Architettura Civile alla pagina 274.
E’ altresì da avvertire di non incorrere in certo abuſo introdotto da alcuni d’ im-
piegare
più d’ un piediſtallo ſotto una ſteſſa colonna;
come ſi vede in molti luoghi,
e
ſingolarmente negli Altari;
avvegnachè ad un Ordine non poſſa convenire più d’
un
piediſtallo;
e tanto perde queſto della ſoda, e nobile ſua apparenza, quanto per
dar
luogo a tale ecceſſo ſi toglie del ſuo alla colonna, che perciò forz’ è, che di-
venga
debole d’ aſpetto, e compariſca meſchina.
Converrà adunque, qualora il caſo
richieda
una tale duplicazione, diſporre l’ inferiore in forma di ſterobate, o ſottoba-
ſamento
, rappreſentante col ſuo non interrotto ricorſo un piano ſodo, ed unito, ſu
cui
compariſca d’ appoggiare, come ſopra un piano naturale, quell’Ordine, che vi
verrà
innalzato ſopra.
233125DEGLI ARCHITETTI. 194[Figure 194]Dell’ Altar di S. Gerolamo, in S. Salvator. 195[Figure 195] 196[Figure 196]Dell’ Altar Maggior nella Chieſa
di
S. Lorenzo
197[Figure 197]Dell’ Altar Maggior nella Chieſa
de
P. P. Geſuiti.
Dell’
Altar del Chriſto nella Chieſa
de
P. P. de Frari.
234126OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Del primo piano della Scala, e ſua arcata nel Palazzo di S. E.
l’
Ambaſciator di Spagna.
Queſta foggia d’ arcata, che oſſervaſi ſu queſta ſcala, è aſſolutamente fuor di re-
gola
, e ſtravagante, per riſpetto alla ſua figura, che anzichè comparire vera arca-
ta
, ſembra un mezz’arco a cartelle, ed è più appropriata ad un’ arcova da letto,
che
d’ ordinario ſi forma di legname, e ſi aſſicura con chiodi, lo che non può eſe-
guirſi
mai ſulla pietra.
L’Architetto, che così pensò, avrà forſe avuto le ſue ragio-
ni
, da eſſo riputate buone;
ed avrà procurato, o con fili coperti togliere lo sforzo
a
tal arco, che ſpinge nelle cartelle, od avrà prolungato l’ arcata fino al vivo della
colonna
.
Con tutto queſto non oſtante la ſua figura è falſa e inſuſſiſtente; ſiffatte
arcate
ſonoſi vedute giammai nella ſoda e verace Antichità, ma bensì nella Gotica, e
barbara
, che non aveva miſure, diſpoſizione ragionevole.
Ma il noſtro Architet-
to
più degli altri ſpiritoſo volle imitare il Cavalier Borromini, che eſeguì tutto quel-
lo
, che gli altri aſſerivano, che far non ſi poteva, foſſe bene, foſſe mal eſeguito;
e che volle mai ſempre sfogare il ſuo capriccio, qualunque ſi foſſe l’ incoerenza, che
gli
ſuggeriva il ſuo falſo immaginare.
Nel modo ſteſſo coſtui credendo tali arcate
bizzarre
, e foreſtiere, altre quattro pur ne piantò nel Cortile della Caſa del Piova-
no
di S.
Geremia di queſta Città, ove dalla riva s’ aſcende alla Chieſa, nella quale
pare
continuò a porre in pratica il ſuo ſtrano penſare;
avendo piantato due ſimi-
glianti
arcate di pari nella Cappella del Sagramento della Chieſa di S.
Niccolò nei
laterali
d’ eſſa Cappella, che ſervono per aperture alla S.
Comunione. Ma tornando
alla
ſopradditata ſcala, dobbiamo pur riſlettere alle colonnelle degli appoggi, che l’
adornano
, poſte in fuga dietro alle proprie cornici, dell’ appoggio, che del pia-
no
.
Lo ſcarmare ciò, che dee moſtrar ſolidità per ſoſtenere, e che nemmeno poi
abbia
grazia e ſveltezza, che adorni, è un abuſo praticato comunemente dai fale-
gnami
, che facendo i colonnini di tavola alle ſcale, gl’ immiſeriſcono in guiſa, che
non
può ſoffrirſi.
Eppure tale incoerenza trova chi la imita, e che vuol far male
appunto
, perchè altri hanno fatto male.
Se queſta ſia ſcuſa da ammetterſi, lo laſcio
conſiderare
agl’intendenti della vera Architettura.
Per me dico coll’ autorità vera e
naturale
, che le irregolarità non s’ uniſcono, s’ uniranno mai bene colla perfetta
Architettura
.
Per me dico coll’ autorità vera e naturale, che le irregolarità non s’
uniſcono
, s’uniranno mai bene colla perfetta Architettura.
Laonde concludo, che
per
porſi queſti colonnini al naturale, convien piantargli diritti, come ſi oſſervano
quelli
piantati dal Palladio ſulla ſcala del Refettorio di S.
Giorgio Maggiore, e come
gli
altri poſti dal Sanſovino ſulla ſcala, che conduce al Collegio del Palazzo Duca-
le
;
come altresì gli altri poſti dal Longena ſulla ſcala grande del Monaſtero di S.
Giorgio
Maggiore:
i quali colonnini tutti fanno degna e nobil comparſa. Ad onta
però
di perfetti eſemplari, s’imita più il far vizioſo, che il perfetto.
Ce ne ſia
di
ciò eſempio la Scala della Scuola grande della Carità, che fu fatta di nuovo,
ed
i colonnini degli appoggi furono poſti in fuga, appunto come i poc’ anzi critica-
ti
.
Eppure ella è così, il vizio trova ſempre più ſeguaci, che la Virtù; e ciò na-
ſce
perchè eſſa virtù nel ſuo perfetto non è gran fatto conoſciuta.
Manca il vero
ſtudio
;
e perciò naſcono tali ſcorrezioni, e diſordini. Quanto al nicchio, ed alla
ſtatua
d’Ercole col rimanente, è eſeguito in ſola pittura aſſai cruda.
Della Chieſa del Santo Sepolcro.
E’oſſervabile la ſproporzione delle porte di queſta Chieſa, riſpetto alla ſoglia, che
le
cuopre, grave e peſante con erte zancate, e col rimenato non ſolo zancato, ma
che
per eſſer piantato quaſi in piedi forma figura irregolare.
Quanti Architetti, che
ſi
fanno a credere di preſentar vaghezza coi loro penſieri, enon eſibiſcono, che fa-
tiche
e ſtenti inutili, condannati e vituperati da chiunque intende pel dritto l’ Ar-
chitettura
!
Della Porta nuova della Chieſa di S. Niccolò.
Queſta veramente può eſſere un ſaggio della virtù dell’intendente Architetto, che
la
compoſe! Si poteva mai penſar coſa più tozza e peſante?
Veramente la novità
ha
ſempre non ſo che di ſuo, che ſembra a prima viſta che appaghi.
Nell’
235127DEGLI ARCHITETTI. tettura però la coſa paſſa affatto diverſamente. Credetemelo pure, o Architetti: la
buona
Architettura ugualmente, e in tutti gli Ordini non ſolo, ricerca perfezione;
ma
la
vuole anche in tutte le parti d’ognuno d’eſſi Ordini.
Quei, che così fecero, onora-
rono
l’Architettura e ſe ſteſſi;
ma chi ſegue la ſcompoſta e moſtruoſa, vilipende l’
Arte
e ſe medeſimo, moſtrando d’ignorare il buono, e tener dietro al cattivo penſa-
re
di chi non conobbe di vantaggio.
Oſſerviſi la volta di queſta porta, che non è
fiancata
, a mezz’arco:
batte nel dado dell’aletta, e termina addirittura nel quar-
to
d’ eſſo dado.
La ſua cornice ſuperiore è peſante; e più ancora, per la gola aggiun-
ta
al rimenato, compariſce goffiſſima:
la cartella nel timpano è meſchina, a propor-
zione
della peſante ſerraglia:
ſicchè in ſe ſteſſa altro non pare, che una porta privata,
non
mai d’ un Tempio.
Ma ſe per iſcuſarne l’Autore mi ſi diceſſe, che la neceſſità
l’
ha obbligato a non alzar di più l’ arco a motivo della baſſezza del ſoffitto inter-
no
, riſponderei, che quando il ſito interno non permette l’ arco, la porta ſi deve far
dritta
, e non mai ſcompoſta;
perchè ſiccome un uomo non proporzionato nella per-
ſona
, come aver le braccia corte, e la teſta grande e sfiancata, chiamaſi figura defor-
me
, e moſtruoſa, così dir dobbiamo di tutto ciò, che non corriſponde al perſetto, e
all’adeguata
proporzione.
Pulpiti ſulle due porte laterali all’ Altar Maggiore nella Chieſa di S. Baſilio.
Chiccheſſia può rilevare dal diſegno di tal pulpito, e giudicare, ſe ſi trovi pian-
tato
in luogo adeguato, con buona ſimmetria, ſecondo l’ordine di poſitiva Architettu-
ra
.
Per me dico, che obbligo aſſai preciſo dell’ Architetto ſi è il diſporre le parti tutte
d’eſſa
Architettura in fatto modo, che rieſcano uniformi agli Ordini d’eſſa, ſenza
irregolarità
, come è queſta.
Oltre l’ impropria ſituazione d’eſſi pulpiti, ſon eſſi ſoſſo-
gati
e ſtorpiati, forzati a ſtarſene così obbligati dalla ſteſſa cornice, che gli compri-
me
, non potendo di più alzarſi per comparir leggieri e ſvelti;
ſicchè facciano anzi fi-
gura
di bocche di forni, che gentili aperture di pulpiti:
oltredichè per andarvi a can-
tar
l’Epiſtola, o il Vangelo forz’è appoggiarvi una poſticcia ſcala di legno in mez-
zo
alla porta ſteſſa con iſconcezza, e diſordine, che fa mal vedere.
Che bella porta
veramente
di Jonica Architettura così mal meſſa, e tronca nel fronteſpizio, aſſai ag-
gravata
dallo ſteſſo pulpito! Egli è vero, che per eſſere la medeſima ad arco può an-
che
ſoſtener ſopra il pulpito;
ma non è però, che tal figura non compariſca diſdice-
vole
, e diſacconcia.
Operazioni di tal fatta poſſiamo chiamargli acciavattamenti d’
ineſperti
Architetti, che mai non inteſero il decoro della verace Architettura.
1. Arcata, e primo piano della Scala del Palazzo di S. E. l’ Ambaſciator di Spagna.
2. Una delle due porte laterali alla maggiore nella facciata della Chieſa del S. Sepolcro.
3. La porta nuova della Chieſa di S. Niccolò.
4. Pulpiti ſopra le due porte laterali all’ Altar Maggiore della Chieſa di S. Baſilio.
236128OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 198[Figure 198] 199[Figure 199]1 200[Figure 200]2 201[Figure 201]3
4
237129DEGLI ARCHITETTI.
Proporzioni delle fineſtre, e niccbj ornati di colonne poſte ſopra modiglioni,
menſole
, cartelle, o cornici.
Sono queſti gli eſemplari prima di tutto delle fineſtre colle colonne poſte fuori
del
vivo, e piantate ſul falſo, come quelle, che ſono nel baſſo ſopra la facciata del-
la
Scuola di San Fantino, quelle alla Scuola di San Teodoro, e quelle della facciata
della
Chieſa di S.
Antonio di Caſtello: e parimente quelle, che ſi veggiono ſopra
la
facciata della Scuola grande di S.
Rocco: quelle ſopra la facciata della Cappella di
S
.
Niccolò ſopra la Corte di Palazzo; e finalmente quelle ſopra la facciata della Chie-
ſa
dello Spirito Santo.
Queſte ſon tutte fineſtre ornate di colonne, parte di tutta
rotondità
iſolate, altre di due terzi, ed altre quali più, quali meno;
tutte però po-
ſte
ſopra modiglioni, o menſole.
Tutte le diviſate ſpecie di fineſtre, come ſi vede
nel
ſottopoſto loro diſegno, moſtrano immediatamente la frivola loro ſuſſiſtenza, e
falſità
, perchè ſon prive del vero e poſitivo loro fondamento di ſtabile piantazione;
e tanto è vero, perchè reſtano eſpoſte ſenza ſuſſiſtenza, appoggiate ſopra il ſo-
do
, e reale eſſer loro.
Ciò non oſtante vi ſarà per avventura chi vorrà ſoſtenere in
contrario
, affermando, che queſti penſieri furono eſeguiti da celebri Architetti, e
che
queſti a petto a noi poſſon dirſi maeſtri;
e che ſolo in oggi ſi ha il talento di
voler
cenſurare le opere d’ Autori accreditati, che preſſo della gente ſono ſtimabili,
e
pregiate.
Riſponderei a ciò francamente, che le opere ſtimate, e degne d’ eſſere
conſiderate
ſono quelle ſole, che non hanno verun difetto, vizio;
e che ſe in
queſte
ſi rilevaſſero coſe tali, che patentemente ſi conoſceſſero difettoſe, ſarebbe, e
ſarà
ſempre bene il manifeſtarle, ed illuminare gli ſtudenti dell’Arte, perchè non
urtino
in tali debolezze.
Più che un uomo vive, trovaſi a portata di rilevare quel-
lo
, che altro uomo non conobbe, forſe, perchè in certi tempi non fi oſſervava con
tanta
eſattezza, o per dir meglio non ſi avevano tutte quelle nozioni, che ci ha
ſomminiſtrato
l’eſperienza;
ed è vero ciò, che dice il Palladio nel ſuo IV. Libro d’
Architettura
a carte 64.
, che eſſendo tutte le coſe umane in perpetuo moto, avvie-
ne
, che ora aſcendano al ſommo della loro perfezione, ed ora piombino nel bara-
tro
della loro più abjetta imperfezione.
L’Architettura, dic’egli, ai tempi dei no-
ſtri
Padri, ed Avi uſcita di quelle tenebre, nelle quali era ſtata lungamente come
ſepolta
, comincia a farſi veder di nuovo nella luce del Mondo;
imperciocchè ſotto
il
Pontificato di Giulio II.
Bramante, uomo eccellentiſſimo, fu il primo a porre in
luce
la bella e buona Architettura, che dagli Antichi fino al ſuo tempo era ſtata
naſcoſa
.
Così io replico preſentemente: e ſe finora non ſi è più che tanto oſſerva-
to
le irregolarità praticate nella retta Architettura, è venuto il tempo di riconoſcer-
le
, e d’avvertire, che ſi ſchivino pel decoro d’eſſa Arte nobiliſſima.
Così parimen-
te
dobbiamo confermare, riſpetto ai nicchj ornati di colonne, le quali, o ſoſtengano
la
cornice, fronteſpizio, o rimenato;
oppure fiancheggino il nicchio ſteſſo, o in co-
lonne
, o queſte appoggino ſul vivo, o molto più ſe ſien collocate ſopra modiglio-
ni
, menſole, o cartelle, come ſon quelle, che ſon poſte negl’ intercolunnj della fac-
ciata
della Chieſa di San Rocco:
ſia pertanto o nell’una, o nell’ altra maniera, ſon
ſempre
di proporzione ſregolata riſpetto alle ſteſſe ſtatue, le quali compariſcono me-
ſchine
, ed impoveriſcono grandemente la nobiltà d’eſſa facciata;
ovvero giungono
ad
uniformarſi alla ſteſſa ſtatua;
e ciò non corriſponde alla regolata armonica pro-
porzione
, che detta la formale retta Architettura.
Affinchè poi gli ſtudioſi reſtino
manifeſtamente
perſuaſi, propongo gli eſemplari anche dei nicchj con inſieme le co-
lonne
, e le ſtatue, non meno di quelle poſte ſul vivo, che di quelle poſte ſu i mo-
diglioni
;
e perchè da tutte queſte ben ponderate oſſervazioni poſſa ognuno reſtar
certificato
, che l’Architettura non ammette arbitrj fuor di ragione, quelli cioè, i
quali
, in vece d’ arricchirla, l’impoveriſcano aſſai, riducendola a ſtato di ſomma me-
ſchinità
.
Le colonne nell’ Architettura ſon quelle, che decorano, quelle che ſoſten-
gono
, e quelle anche, che a foggia di pilaſtri fortificano le fabbriche:
e queſte non
ſi
debbon porre, ſe non ſe per magnificenza e decoro, mai uſarle per giocolini,
cioè
, porne una grande, e accanto a queſta un’altra meſchina, quando ciò non foſ-
ſe
per ſoſtenere qualche nobile arcata entro lo ſpazio di colonne maggiori, e che così
richiedeſſe
il caſo della ſteſſa fabbrica:
ma per adornar nicchj mancano forſe modi
d’arricchirgli
fuori delle colonne?
No certamente; anzi il nicchio ornato d’ un ſolo
riquadro
, come appunto praticò l’ Amanati in un ſuo arco entro il Cortile del Pa-
lazzo
del Mantova in Padova, di cui eſpongo il diſegno eſatto, fa a maraviglia
238130OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI ne, come potraſſi rilevare dall’ inſpezione d’ eſſo diſegno, ed argomentare, ſe ciò,
ch’io
propongo, è dell’ ottimo guſto, ragionevole, e perfetto.
1. Fineſtra con colonne ſopra modiglione nella facciata della Scuola di San Giro-
lamo
, detta di San Fantino.
2. Fineſtre con colonne ſopra modiglioni nella facciata della Scuola di San Teo-
doro
.
3. Fineſtre con colonne ſopra modiglioni nella facciata di Sant’ Antonio di Ca-
ſtello
.
4. Fineſtre con colonne ſopra modiglioni nella facciata della Scuola di San Rocco.
5. Fineſtre con colonne ſopra menſola nella facciata della Chieſa dello Spirito
Santo
.
6. Fineſtre con colonne ſopra menſola nella facciata della Cappella di San Nicco-
ſopra la corte di Palazzo.
239131DEGLI ARCHITETTI. 202[Figure 202] 203[Figure 203]1 204[Figure 204]2 205[Figure 205]3 206[Figure 206]4 207[Figure 207]5
6
240132OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Conſiderazioni ſopra l’ abuſo di porre le colonne per ornato delle fineſtre, enicchj
con
ſtatue poſte ſu i modiglioni, cornici, o menſole, fuori del vivo.
Oltre il da noi oſſervato finora, merita alcun rifleſſo l’ introdotto abuſo da certi
Architetti
, che per certa loro bizzarria preteſero d’arricchire l’ Architettura con ag-
giungere
quello, che la immeſchiniſce, e che le toglie la ſua nobiltà, e bellezza.
Io ho oſſervato in fatti così eſſerſi praticato in varj luoghi, e praticarſi tuttora: e
dopo
d’aver conſiderato fatti abuſi diſpoſti in varie forme, cioè, ove pilaſtri, ove
mezze
colonne rotonde, e molti formati di tutto l’intero diametro di colonna, pre-
tendendo
in tal guiſa di dar molto garbo allo ſteſſo nicchio.
Di tali fineſtre, e di tali nicchj ſe ne contano molti, come ſi può rilevare dagli
eſpoſti
diſegni, che moſtrano il loro eſſere ſcorretto e vizioſo, eſſendo tali fineſtre,
e
nicchj poſti in aria fuori del vivo, che compariſcono Capitelli da ragazzi attac-
cati
poſticci alla muraglia.
Il punto conſiſte adunque nel vedere, ſe tali nicchj, o fineſtre ornate in tal gui-
ſa
abbiano tutta la relazione e corriſpondenza col rimanente della fabbrica;
oppure
ſcemino
, e impiccioliſcano la maeſtoſa comparſa del ſuo maeſtoſo aſpetto naturale
e
vero.
In fatti riflettendo alla meſchinità delle colonne poſte per fiancheggio dei
nicchj
, e confrontate con le ſtatue d’eſſi nicchj, appariſce chiaramente, che l’ una
non
conviene in proporzione coll’altra, anzi ſi ſcuopre aſſai volte, che è maggiore
la
ſtatua della colonna.
Queſto ſolo baſta per ſovvertire il buon ordine, e per im-
picciolire
la fabbrica, togliendole quella ſimmetria, e convenienza di buona compar-
ſa
, che ſe le aſpetta:
concioſſiachè oggi non ſiamo più allo ſcuro delle riſpettive
loro
proporzioni, come allorchè, al riferir di Vitruvio, furono rilevate le prime mi-
ſurando
la pianta del piede virile, e venne fatto di quella groſſezza il fuſto da baſ-
ſo
della colonna, levando ſei fiate in altezza da terra, compreſo il ſuo capitello.
Quindi ſi paſsò con maggiore avvedutezza, e garbo a ricavare moduli più riſtretti,
per
render le colonne ſteſſe più ſvelte, e leggiere, come ci deſcrive il Ruſconi nel
ſuo
Comento di Vitruvio.
Riflettendo ora a quanto ſi è detto, non potrà mai eſ-
ſer
proporzione delle colonne quella, che s’agguagli alle ſteſſe ſtatue;
nemmeno quel-
la
, che le ſtatue ſorpaſſino le medeſime colonne;
ma bensì, che i nicchj della fab-
brica
ſieno formati di parti grandi e maeſtoſe, ſicchè le colonne principali abbiano
conveniente
uniformità con tutto il rimanente della fabbrica, come appunto rieſco-
no
quelle, che ſon poſte alle fineſtre, ed ai nicchj:
dove ſe queſte ſono di meſchi-
na
ſigura, impoveriſcono l’Architettura.
vale il dire, che altri pure così fecero,
e
ſu tali eſempj ſi poſſa continuare a far lo ſteſſo;
perch’io riſpondo, che chi lo ſe-
ce
, fece ſempre male, e che ciò, che è mal fatto, ſi dee ſchivare, e non imitare.
Non fo parola di tutte quelle, che ſi vedono eſeguite nei depoſiti poſti di contro le
muraglie
, che non fanno figura, che di ſemplici tele rappreſentanti le geſta, e me-
morie
dei trapaſſati, le quali coſe non ſi poſſono ſpiegare realmente, ſe non ſe con
qualche
progettura, e licenzioſità di ſporti, poſti ſopra modiglioni, o menſole, per-
chè
non appoggiano in terra, ma ſtanno ſemplicemente raccomandate alla muraglia;
di queſte niuno chiede conto; ma ſi parla ſoltanto di quelle, che ſono, e debbon
eſſere
uniformi alla vera, e reale Architettura, ſtrettamente congiunte, e legate, come
appunto
eſſer dovrebbero le ſopraccennate.
E’una vergogna, che laſcinſi correre tali ſcorrezioni e ſconcerti in quell’Arte, che
vuole
il grandioſo e poſitivo ſuo carattere ſempre coſtante, lontano da ſciocchezze.
E
ſe
alcuno vi foſſe, che voleſſe ſoſtenere, che tali ſcherzi ſon fatti per arricchire, e a-
dornare
l’Architettura, riſponderei, che può farſi tutto quello, che è capace di no-
bilitarla
, ma opportunamente, ed in modo, che la ſteſſa non venga ſconcertata,
impicciolita
con tritumi, e bagattelluzze, che le ſono contrarie, e che furono, e ſa-
ranno
perpetuamente diſapprovate.
Il Palladio vero maeſtro in queſt’ Arte ci avverte nel ſuo 1. Libro d’ Architettura a
carte
6, dicendo ſulle tracce medeſime di Vitruvio, che nelle fabbriche debbonſi con-
ſiderare
tre coſe, cioè, l’ utile, o ſia la comodità, la perpetuità, e la bellezza, non
potendoſi
dire perſetta quell’Opera, che ſoſſe mancante;
e nemmeno dire con ragio-
nevolezza
, che una tal fabbrica faccia comparſa d’un corpo ben compoſto, e perſet-
to
:
imperciocchè ciò dir non ſi può, ſe in eſſo un membro all’altro non corriſpon-
da
.
Ciò poſto per indubitato, come ſi potranno approvare queſte tali fineſtre, e que
ſti
nicchj così fuor di regola, ornati di colonne poſte ſopra i modiglioni, o cartelle,
241133DEGLI ARCHITETTI. cornici ſoſte@tate da menſole? Certamente non appoggiando queſte ſopra il vivo, e
ſolido
loro fondamento, ma ſopra il falſo (potendo anche aggiungerſi fuori del lor
centro
naturale, e verità, dalla qual pianta ſi dee riconoſcere il loro naſcimento ra-
gionevole
, e giuſto) non potrà mai dirſi, che tali fabbriche abbiano quella ſolidità,
che
faccia comparſa, di vera, di probabile perpetuità, ſtabilita col ſodo, e
valido
eſſer ſuo.
Negli antecedenti fogli parlai anche dei nicchj poſti ſopra la facciata della Chieſa
di
San Rocco, quanto, e come mi conveniva.
Preſentemente però in eſſa facciata
vi
è ancora di peggio, e ciò è appunto ſeguito per negligenza dell’ Architetto ſoprin-
tendente
alla fabbrica, che traſcurò di conſiderare a dovere la pianta delle colonne, e
pel
ripiego da eſſo preſo per accomodare i capitelli delle medeſime.
Certamente ſe
egli
aveſle fatto tale oſſervazione, ſi ſarebbe potuto, e dovuto nel modo ſteſlo farla
nella
nuova fabbrica, e ſarebbe riuſcito a maraviglia bene.
Il ripiego pertanto fu
queſto
, cioè, che per non occupare maggior ſito collo ſporgimento dei piediſtalli,
l’
Architetto ſi riſtrinſe appoggiando plinto con plinto in poca diſtanza l’ uno preſlo
l’altro
, non laſciando quello ſpazio intermedio, che poteſſe dar luogo all’abaco di
ſopra
dei proprj capitelli nelle ſue ſcornature, e caulicoli.
Il ripiego però adopera-
to
dal valente Architetto fu, che l’ abaco del capitello della colonna foſſe tutto in-
tiero
nel ſuo giuſto quadrato, ed in fianco, perchè ſorpaſſaſſe colla ſua ſcornatura
l’abaco
del pilaſtro, e di ſotto fece ſorpaſſare il caulicolo dello ſteſſo pilaſtro, che
eſſendo
poſto contro la colonna moſtra tanta gentilezza, e avvenenza, che con bel-
liſſimo
inganno viene a naſcondere ciò, che ſarebbe errore.
Ma non così pensò il
novello
Architetto nella nuova fabbrica della facciata della Chieſa vicina, che egli
pel
piano fatto doveva eſeguire, quanto alle colonne, appunto come era ſtato fatto nel-
la
Scuola:
ma quando queſto fu a porre i capitelli, ſi trovò imbarazzato, perchè vi-
de
, che non potea mai riuſcirgli d’unire ſcornatura con ſcornatura nella ſua giuſta
larghezza
e miſura;
quindi preteſe per avventura di meglio ripiegare, anzichè imitare
quello
, che vedeva eſeguito, e pensò di voler far comparire gli ſteſſi capitelli total-
mente
interi e giuſti;
ma s’ingannò a partito, moſtrando con ciò il ſuo ſcarſo ſape-
re
, e la ſua poca eſperienza.
Imperciocchè in tali capitelli non può certamente l’ a-
baco
ſtare nel ſuo giuſto quadrato, mentre ne’ fianchi toccandoſi ſcornatura con ſcor-
natura
, cioè, colonna e pilaſtro inſieme ſi uniſcono, e ſi attaccano per fatto mo-
do
, che le loro inteſtature reſtano affatto tronche, coſa che deforma tutto il grazioſo
eſſer
loro, e fa evidentemente rilevare il forzato, e falſo ripiego, totalmente inſuſſi-
ſtente
, e difettoſo.
Poteva egli beniſſimo porre le loro baſi diſtanti quanto portava
il
biſogno per la giuſta unione dei capitelli;
e ſe i piediſtalli ſporgevano più in fuori
tre
o quattr’ once, non iſconciava niente affatto la facciata, e tutto ſarebbe andato a
dovere
, quando aveſſe conſiderato, che il quadrato della baſe è minore di quello
dell’
abaco, e che per accomodare con giuſtezza le loro ſcornature è neceſſario lo
ſtaccamento
delle proprie baſi:
oppure doveva imitare intieramente l’ eſeguito già
nella
Scuola, come come appunto far ei doveva.
Di più ſi oſſerva, che come quel-
lo
, che poco intende la leggiera Architettura, eſeguiſce tutto all’ oppoſto dei detta-
mi
di quella, come è appunto l’ aver voluto terminare la facciata ſteſſa col peſante
rimenato
, e timpano formato a catino ſondato, ſecondo l’ uſato operare maſſarino;
coſa, che anzichè ingentilire, aggrava notabilmente. Vi voleva il ſolo vero, e na-
tural
fronteſpizio, che copriſſe, e non aggravaſſe, come fa il rimenato peſante.
An-
che
il gran Palladio nel ſuo I.
Libro d’ Architettura alla pagina 52. parla dei fron-
teſpizj
delle porte, delle fineſtre, e delle logge:
e di vero eſſendo queſti fatti per di-
moſtrare
, e additare il piovere delle fabbriche, quel grand’ uomo non gli nomina
mai
rimenati, poichè queſti moſtrano certamente figura più peſante del ſemplice
fronteſpizio
.
E di tal forma ſe ne oſſervano eſeguiti ſopra la facciata dalla Chieſa di
S
.
Zaccaria, e ſopra quella della Scuola grande di S. Marco, e nella facciata della
Chieſa
di S.
Gio: Criſoſtomo, parimente in quella di S. Maria Zobenico, e di S.
Giuſtina
:
tutti queſti rimenati ſono, chi più, chi meno alterati, e moſtrano certa-
mente
figura peſante molto più del ſemplice fronteſpicio;
quindi il rimenato può ſol
tanto
aver luogo nei piccioli ſpazj, che queſti non contano;
in ſomma tutta la più
corretta
Architettura conſiſte nel nobile e maeſtoſo, nel leggiero e gentile, e nel
forté
, e ben piantato ſuo fondamento;
vale a dire, ben regolato, e riſultante da
ragionevoli
proporzioni.
Mi ſembra altresì molto a propoſito l’ aggiungere per ultimo eſemplare il nicchio
colla
ſtatua, che ſi vede ſopra l’ Altare di Sant’ Ignazio nella Chieſa de’Geſuiti,
242134OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI quale rilevaſi ſempre più la diſſonanza, ed incoerenza delle colonne poſte appreſſo
alle
ſtatue quaſi a mezza figura.
Queſto reo modo impiccioliſce, ed immeſchiniſce
grandemente
l’Architettura, che così viene a perdere la ſua grandioſa magniſicenza
e
nobiltà, poichè le figure vengono a moſtrarſi aſſai ſuperiori all’ Architettura ſteſ-
ſa
, coſa affatto contraria alla ragione, poichè la ſola Architettura dee occupare per-
petuamente
il primo luogo.
1. Nicchio con colonne e ſtatua ſopra la facciata di Santa Maria Zobenico.
2. Nicchio con colonne e ſtatua ſopra la facciata della Salute.
3. Nicchio con colonne ſopra modiglione, e ſtatua ſopra la facciata della Chieſa
di
San Rocco.
4. Nicchio con colonne, e ſtatua ſopra l’ Altare di Sant’ Ignazio nella Chieſa de’
Geſuiti
.
5. Nicchio con ſtatua nella facciata dell’ Arco del Amanati in Padova nel cor-
tile
del Palazzo del Mantova.
243135DEGLI ARCHITETTI. 208[Figure 208] 209[Figure 209]1 210[Figure 210]2 211[Figure 211]3 212[Figure 212]4
5
244136OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Diſcorſo ſopra gli errori delle ſerraglie degli Archi.
Serraglia dell’ Arco di Tito in Roma, e ſuo profilo.
Serraglia dell’ Arco di Settimo Severo in Roma, e ſuo profilo.
Serraglia dell’ Arco di Coſtantino in Roma, e ſuo profilo.
Profilo d’ altra ſerraglia dei piccoli archi laterali in quello di Coſtantino.
Serraglia dell’ Arco ſopra la porta della Scuola grande di San Marco in Venezia,
e
ſuo profilo.
Serraglia degli archi con l’ Abaco Corintio, e ſuoi profili, i primi nella Chieſa
de’
Geſuiti, e i ſecondi in quella della Fava.
Per dar compimento all’ opera noſtra altro non rimane, ſalvo che l’eſaminare le
ſerraglie
degli archi, e di far per ultimo rilevare l’abuſo introdottoſi nell’adoperar-
le
ſenza la corriſpondenza, ed avvenenza convenevole.
E di vero quelli, che le
adoprano
ſenza la competente ragionevolezza, non ſono certamente informati nem-
meno
del fine, per cui ſono ſtate introdotte;
poichè ſe lo ſapeſſero, vedrebbero,
queſte
altro non eſſere, che un ſemplice cuneo per iſtringere, e ſerrar l’ arco.
Quin-
di
converrà dire, che il prolungarle in altezza fuor dell’ arco fin ſotto alla cornice
non
ſarà mai lodevole, e biſognerà aſſolutamente aſtenerſene, poichè rieſcono di fi-
gura
irregolare e ſconcia, null’ altro alle ſerraglie convenendo, ſalvo il far comba-
giar
l’ arco, e nulla più.
Ma l’ ingombro di certe fantaſie, che vengon praticate dai
malpratici
Architetti, i quali ſi fanno a credere d’ eſſere in loro arbitrio l’ arricchir-
le
a talento non ſolo, ma farle anche ſporgere fuor del dovere, ponendovi ſopra l’
abaco
ad imitazione del capitello Corintio, colle corna, e roſetta, o queſto ſopra
la
cartella, che accartocciando gonfia in fuori al di ſopra, che rigirata a roverſcio
al
di ſotto forma cartoccio, o rocchello, è rea coſa.
E’ ben vero, che qualora que-
ſta
ſia condotta con grazia e ſemplicità, o la foglia in luogo ſuo, poichè l’ una,
che
l’ altra, null’ altro rappreſenta, che una ſcorza, la quale cuopra il cuneo, non
può
ſcomparire, laſciando però ſempre da parte la moſtruoſità dell’abaco con le ſue
corna
e roſetta, che non ſerve a nulla, e molto più quando venga poſto in luogo,
in
cui vi ſia cornice ſopra, la quale continui a diritto muro ſenza alcuno ſporgimen-
to
d’ Architrave;
ed in tal caſo la ſerraglia, che ſporge in fuori, ſarà ſenza ragio-
ne
;
poichè ſopra tal abaco nulla appoggiando, e nulla ſoſtenendo il medeſimo, rie-
ſce
inutile, e di ſconcia figura, ſiccome ſi vede praticarſi in varj luoghi.
Ciò non
ſi
è veduto giammai nella buona Architettura:
per vederſi in Roma nei tre Ar-
chi
trionfali, cioè, nell’Arco di Tito, in quello di Settimio Severo, e in quello
di
Coſtantino, queſto dee far altrui legge ſicura.
Imperciocchè quantunque l’Archi-
tettura
dei medeſimi Archi compariſca buona, ha tuttavia le ſerraglie degli archi
molto
licenzioſe e peſanti, a motivo del grande ſuo ſporgimento, edella cartella al
di
ſotto con foglia, ſopra cui è ſoſtenuta la figura di Pallade, e l’ Imperatore in pie-
di
con Trofei, od altro geroglifico.
In quello poi di Coſtantino non ſolo vi è ſo-
ſtenuta
la figura, ma il cartoccio ancora roverſciato con ſedia, ſu cui ſta aſſiſa una
Minerva
:
e quantunque il lavoro compariſca ottimo, tuttavia il penſiero è un mero
ſcherzo
, e bizzarria, priva d’ ogni ſuſſiſtenza;
concioſſiachè una ſemplice foglia non
abbia
in ſe forza, che poſſa ſoſtenere alcun peſo, non v’eſſendo menſola, la quale
ſola
poſſa reggere e ſoſtentare qualſivoglia peſo:
ma conſiderando, che il ſemplice
rocchello
altro non è, che una ſcorza, o foglia, che s’arriccia, e che è a un tem-
po
ſteſſo debole, e di niuna ſuſſiſtenza, ſi vede patentemente l’ errore.
Dee l’ Ar-
chitetto
aver l’ occhio ſeriamente al peſo, che alla proprietà delle coſe, ed adat-
tarle
al luogo loro colla maggior grazia, e naturalezza pel décoro dell’ Opera.
Ep-
pure
oſſervaſi per lo più, che tutto quello, che compariſce novità, incontra chi l’
abbraccia
, e vuole imitarla, come coſa, che ſia degna d’applauſo, non conſideran-
do
di vantaggio, ma adducendo altri eſempj in ſua difeſa:
e queſto ſi oſſerva eſe-
guito
anche nella ſerraglia dell’ arco ſopra la porta della Scuola grande di S.
Marco
in
Venezia;
e benchè queſta ſia di ſola cartella col rocchello al di ſotto, viene
245137DEGLI ARCHITETTI. poggiato ſopra queſto un angioletto ſedente, che col braccio dritto ſtringe una cor-
nucopia
;
e ſimili ſono le due altre poſte, una ſopra l’ Arco della porta, che intro-
duce
ai Magiſtrati dei Conſoli de’ Mercanti, e @e’ ſette Savj alla Mercanzia:
altra
del
fondaco de’ Tedeſchi;
ed altra pure nell’ arc@ ſopra la porta dell’ Arſenale, aven-
te
un fanciullo a ſedere ſopra il rocchello, che @bbraccia due ceſte di frutti una per
parte
;
e queſte ſono di ſola cartella colla corn@copia: e queſto ſebben guernito d’
ale
, non vola, ma ſtandoſi a @edere dee cert@mente cagionare alcun peſo al ro c-
chello
, come oſſervammo quì ſopra.
Se poi ſimili Angioletti foſſero in azione di
volare
, non vi ſarebbe che dire.
La coſa, che @a più maraviglia, ſi è, l’ eſſervene uno
poſto
ſopra la ſerraglía dell’ Arco nell’ Altar Maggiore di San Lorenzo, che ſe ne ſta
in
piedi ſul rocchello, che è ſimilmente ala@o, ma non vola, ha verun luogo l’
azione
, ch’ei rappreſenta;
poichè, come ſi vede nel profilo della figura, pende all’
ingiù
, e quantunque appoggi i piedi ſul r@cchello, non ſarà mai vero, che poſſa
ſcherzare
leggiadramente, come dimoſt@a il diſegno.
Dobbiamo dunque confer-
mare
, che non poſſono aver luogo tali ſe@raglie ornate con figure, per l’improprie-
, che rappreſentano;
dal Palladio @ennero mai poſte in uſo nelle ſue fabbri-
che
, come ſappiamo dall’aureo ſuo Libro d’ Architettura, e di Raccolta delle Roma-
ne
Antichità.
Sapeva certamente un Autor@e inſigne di quale importanza ſi foſſero le
ſerraglie
, eppure rade volte @e miſe in opera;
e ſeppure le pratico, non ſi valſe d’
altro
, che della cartella accartocciata, @emplice, e baſ@a, e non mai come vien pra-
ticata
, cioè, gonfia, e di tutto tondo;
oppure ponendo nel cuneo una teſta guerriera
di
Minerva, o d’altro, come di maſcheroni, o d’animali, e non mai abaco, lo
ſporgimento
moſtruoſo, che ſi uſa fu@r del dovere, e peſantiſſimo, ma ſempre con
proprietà
e buona maniera.
E perchè meglio riſalti l’errore diviſato, porrò le figu-
re
delle medeſime da me oſſervate n@ll’ eſſer loro, acciò vie più ſi comprenda l’im-
portanza
di diſordine così grande, e che gli Artefici in ſeguito poſſano correggere
difetto
diſordinato.
Voglia il Cielo, che i finora dati avvertimenti ſervano di ſpro-
ne
ai traſcurati per applicarſi alle ſerie neceſſarie rifleſſioni, e ſi ſradichino per
conſeguenza
gli enormi abuſi, che l’inavvertenza laſciò correr finora ſenza ritegno.
Non mi è mai caduto in penſiero di volerla fare da riformatore; ma ho avuto ed
ho
l’intenzione retta di ſuggerire ſemplicemente il vero, per vederſi sfuggire una
volta
dagli Architetti tutti quelli errori, che non ſolo deformano, ma diſtruggono
eziandio
la vera, e retta maniera d’ operare, e per far riſorgere la perfetta Architet-
tura
per gloria d’ Arte nobile non meno, che dell’ inclita noſtra Patria.
246138OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI 213[Figure 213] 214[Figure 214]e ſuo profilo. 215[Figure 215]Serraglia
di
Jito in
dell’
Arco
Roma
,
216[Figure 216]e ſuo profilo 217[Figure 217]Serraglia
di
Settimo
dell’
Arco
Severo
in
Roma
,
e
ſuo proſilo.
218[Figure 218]Serraglia dell’ Arco di Costantino in Roma,
247139DEGLI ARCHITETTI. 219[Figure 219] 220[Figure 220]Profilo d’altra ſerraglia
dei
piccoli archi laterali
in
quello di Coſtantino.
221[Figure 221]Serraglia dell’ Arco sopra la porta della Scuola
grande
di S. Marco in Venezia, e ſuo profilo.
222[Figure 222] 223[Figure 223]Serraglia dell’ Arco ſopra l’ Altar Mag-
gior
in S. Lorenzo, e ſuo profilo.
224[Figure 224]Serraglia degli Archi con l’ Abaco Corintio, e ſuoi profili, i primi nella
Chieſa
de Geſuiti, e i ſecondi in quella della Fava
248140OSSERVAZIONI SOPRA GLI ERRORI
Diſcorſo ſopra l’abuſo delle colonne ſpirali.
Non ſarà nemmeno diſdicevole al noſtro aſſunto l’ aggiungere, per compimento dell’
eſpoſto
finora, anche l’ abuſo introdotto delle colonne ſpirali, tanto applaudite nella
moderna
Architettura, ma ſenza ſaper l’ eſſer loro, a che ſervir poſſano;
e perciò
s’
adoprano ſenza il menomo fondamento, o ragione, quando non furono mai meſ-
ſe
in uſo dalla ſolida e retta Antichità.
perchè lo ſpiritoſo Cavalier Bernino per
ſegnalarſi
ſopra gli altri penſaſſe a formarne quattro di maeſtoſa grandezza per ſo-
ſtenere
il baldacchino in San Pietro di Roma, valendoſi del metallo Corintio, che
era
nel portico del Pantheon per fonderle:
perchè il gran R affaello d’Urbino, ed
il
famoſo Rubens Pittori di ſommo grido uſaſſero tal maniera di colonnati nei loro
quadri
, dobbiamo prenderne norma ſu tale autorità di valercene negli Altari, come
ſe
ne veggiono varj in Roma, ed anche in Venezia nella Chieſa de’ Geſuiti, ove
ne
ſono ben dieci nell’ Altar Maggiore, che ſoſtengono una peſante cupola:
come
altresì
nella Chieſa di San Marcelliano veggionſene in quattro Altari.
L’uſo di ſiffat-
te
colonne introdotte più per accidente, che per naturalezza, e buona ragione, non
ha
in ſe ſolidità, forza di reale Architettura.
E di vero, ſe tali colonne ſpira-
li
ſon compoſte della ſteſſa altezza, che ſi alle ſchiette, e rette, certamente eſſen-
do
queſte attorcigliate, volendole eſtendere ſi prolungherebbero moltiſſimo, forman-
do
figura non più di colonna, ma di coſa eccedente d’ aſſai la ſua proporzione natu-
rale
:
quanto poi all’ uſo del ſoſtenere, è indubitato, che ha ſorza maggiore la colon-
na
dritta, che la torta, come ci detta la ſteſſa natura:
come allorchè s’abbia a ſoſte-
ner
qualche peſo non ſi adoprano legni torti, o curvi, poichè non hanno la forza
dei
piani, e dritti;
e la ſteſſa ragione ſi rileva nelle perſone date alla fatica, poichè
ha
ſempre più forza un uomo dritto e ben piantato, che un gobbo, o che abbia le
gambe
ſtorte:
tale è appunto anche l’ uſo delle colonne. E per non laſciare alcuna co-
ſa
ſenza la ſua oſſervazione, mi giova l’ aggiungere anche l’ opera d’ Architettura, e
di
proſpettiva del P.
Pozzi ſtampata in Roma l’anno 1700. nella cui ſeconda parte
vi
è poſto un Altare di capriccio con pilaſtri dritti al di dentro, e al di fuori altra
colonna
ſedente, e queſta ſoſtenente la cornice nello ſteſſo livello de’ pilaſtri.
La baſe
poi
della detta colonna ſedente non piomba ſotto il ſuo capitello, ma ſi dilata quan-
to
il ſedere la ſpinge in fuori, quantunque la medeſima ſia appoggiata al pilaſtro,
che
la ſeconda.
Vero ſi è, che ſe queſta ſi drizzaſſe, ſorpaſlerebbe di molto i pilaſtri,
e
porterebbe fuori la propria cornice, e la ſteſſa diverrebbe d’ eccedente miſura, e de-
formata
, come le accennate di ſopra.
attendere ſi dee in conto alcuno la ragio-
ne
, che adduce queſto Padre per difendere il ſuo bizzarro penſare, dicendo, che gli
Antichi
ſi valſero delle Cariatidi citate da Vitruvio, dimandando per qual neceſſità
debbano
ſtare in piedi, e diritte, e perchè non poſſano anche fare ſedendo l’ ufizio
loro
?
Ma ſe queſta non è incoerenza, non ſarà nemmeno, dice egli, che ciò poſ-
ſan
fare anche le colonne ſedenti, che ſon figura di quelle.
Ma non ſi è il buon
Padre
avveduto dell’ inganno, e della differenza, che dee trovarſi fra l’uomo, e la
colonna
.
Vero è, che l’uomo talvolta ſi pone a ſedere; e ſe ſi vedeſſero due ſtan-
do
in piedi d’ altezza uguale, e che poi uno ſi poneſſe a ſedere, certo il ſedente di-
verrebbe
di minore altezza, e di minor forza del compagno, e per poter eſſer a li-
vello
colla teſta dell’altro, biſognerebbe, che ſi poneſſe a ſedere ſopra un piediſtal-
lo
, che lo alzaſſe alla medeſima elevatezza, qualor doveſſe colla teſta di pari che il
compagno
ſoſtenere qualche filo, o dirittura.
Ma il P Pozzi francamente ſenza ve-
runa
conſiderazione propone una ragione, che anzichè difenderlo, lo condanna;
mentre ſe l’ uomo ſi pone a ſedere, lo fa, perchè è ſtanco, lo che non può mai
accadere
alla colonna, che non può mai ſtancarſi.
Laonde confermandomi nel mio parere dico, che le colonne ſpirali non ſervono
ad
altro uſo, che pel Teatro, poichè luoghi ſiffatti non ſono tenuti a dar ragione
delle
loro apparenze, perchè ſono momentanee, e non durevoli:
e ſe la bizzarria
de’Pittori
ſi è preſa alcuna libertà nei ſuoi quadri, ſubito ſi dice eſſer licenza pit-
toreſca
, facendo eſſi Pittori tutto quello, che ſtimano che poſſa loro far gioco nell’
idea
del loro quadro, e nulla più.
Ma per lo contrario l’ Architettura dee eſſer ma-
neggiata
con buona, ſavia, e matura conſiderazione, ammetter dee licenze, e
ſcherzi
irragionevoli, come ne è piena Roma;
ma ſeguire perpetuamente il ſuo ret-
to
fine propoſto dalle ſue giuſte Leggi fiſſe mai ſempre, ed invariabili.
249141DEGLI ARCHITETTI.
Ai Giovani ſtudioſi dell’ Architettura.
DOPO d’avere ſcoperti, e chiaramente fatti rilevare gli errori, che deturpano
l’
Architettura, e tolgono il bello, ed il ſolido di eſſa, laſciando da parte
moltiſſimi
fra eſſi, che per eſſer totalmente irregolari, ed un vero e patente ſconvol-
gimento
, non debbonſi contare, appunto perchè chiccheſſia per tali ravviſagli;
quelli avendo ſcelto, che non poſſono così alla bella prima, e agevolmente rilevar-
ſi
, mi reſta di avvertire la Gioventù vaga di queſt’ Arte a voler ſeriamente eſami-
nare
ſimiglianti difetti, ora che ne ſono ſufficientemente avvertiti, ed illuminati,
per
non inciamparvi, come quelli fanno, che all’ oſcuro camminano.
Queſta no-
ſtra
, qualunque ſiaſi fatica, potrà loro certamente ſervir di lume e di ſcorta, per-
chè
ſchivando il difettoſo, ed irregolare, operino con prudenza, ed eſeguiſcano a
dovere
qualunque pezzo d’ Architettura nella ſua bontà, bellezza genuina, e perſe-
zione
;
conſervando quel pregio, e quella ſtima, che è dovuta ad Arte nobile .
Così
io mi luſingo d’ aver cooperato al profitto dei giovani ſtudioſi con aver loro
ſpianato
il ſentiero, che guida al buon gufto, ſicchè poſſa loro riuſcire agevole
qualunque
impreſa, ſenza inciampare in deformità, bizzarrie, e licenze vizioſe;
e
poſſa
altresì per tal ſicuro mezzo vederſi riſorgere l’ottima antica Architettura Gre-
ca
e Romana, tanto prezzabile al Mondo tutto.
IL FINE.
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