Angeli, Stefano, Della gravita' dell' aria e fluidi : esercitata principalmente nelli loro homogenei, 1671-72

Bibliographic information

Author: Angeli, Stefano
Title: Della gravita' dell' aria e fluidi : esercitata principalmente nelli loro homogenei
Year: 1671-72
City: Padoua
Publisher: Cadorin
Number of Pages: 79

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Copyright: Max Planck Institute for the History of Science (unless stated otherwise)
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Table of contents
1. Page: 0
2. DELLA GRAVITA DELL ARIA’ E FLVIDI’ ESERCITATA Page: 3
3. D I STEFANO DE GL’ANGELI, LETTOR MATEMATICO nello Studio di Padoua. Page: 3
4. AL LETTORE. Page: 5
5. NOI REFORMATORI dello Studio di Padoua. Page: 6
6. DIALOGO PRIMO INTERLOCVTORI CONTE LESZCYNSKY, OFREDI, E MATEMATICO DI PADOVA. Page: 7
7. Fine del Primo Dialogo. Page: 47
8. DIALOGO SECONDO. Page: 48
9. PROPOSITIONE? Page: 66
10. COROLLARIO. Page: 67
11. LEMMA. Page: 78
12. IL FINE! Page: 85
13. DELLA GRAVITA DELL ARIA E FLVIDI ESER CITATA Principalmente nelli Ioro homogenei. Dialogi Terzo, Quarto, e Quinto Fiſico-matematici. DI STEFANO DEGL ANGELI LETTOR MATEMATICO Nello Studio diPadoua. Page: 89
14. IN PADOVA, MDCLXXII. Per Mattio Cadorin, Con licenza de Superiori. Page: 89
15. ALL’ILLVSTRISSIMO ET ECCELLENTISS. SIGNOR FRANCESCO MARIA RIARIO Marcheſe di Caſtiglione d’Orcia, Nobile Veneto, e Senatore di Bologna, Felicità. ILLVSTRISS. ET ECCELLENTIS. SIG. Page: 91
16. AL LETTORE. Page: 93
17. NOI REFORMATORI Dello Studio di Padoua. Page: 94
18. DIALOGO TERZO Della grauità dell’ Aria, &c. INTERLOCVTORI CONTE LESZCYNSKY, OFREDI, E MATEMATICO DI PADOVA. Page: 95
19. Fine del Terzo Dialogo. Page: 124
20. DIALOGO QVARTO. Page: 125
21. PROPOSITIONE. Page: 141
22. Fine del Quarto Dialogo. Page: 168
23. DIALOGO QVINTO. Page: 169
24. Fine del Dialogo Quinto. Page: 190
1
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211[Handwritten note 1]22[Handwritten note 2]33[Handwritten note 3]
3
DELLA GRAVITA
DELL

ARIA’
E FLVIDI’
ESERCITATA
Principalmente nelli loro homogenei.
_DIALOGI PRIMO, E SECONDO FISICO-MATEMATICI_.
D I
STEFANO
DE GL’ANGELI,
LETTOR
MATEMATICO
nello
Studio di Padoua.
44[Handwritten note 4] 1[Figure 1]
In Padoua, per Mattio Cadorin, MDCLXXI.
_Con Lieenza de’ Superiori_.
4
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5
AL LETTORE.
CRederai forſe Lettore humaniſſimo, nel veder-
mi
publicare li preſenti Dialogi, circa ma-
teria
, ſopra la quale hanno ſcritto tanti
grand’huomini
, ch’io ſia ſtato moſſo da alcu-
na
di quelle cauſe, dalle quali commemora
Tito
Liuio nel Proemio delle ſue historie, ri-
ceuer
impulſo quaſi ogni ſcrittore allo ſcri-
uere
.
_Quippè qui_ (dice egli) _cum vete_-
_rem
, tum vulgatam eſſe rem videam_,
_dum
noui ſemper ſcriptores, autin rebus certiùs aliquid alla_-
_turos
ſe, aut ſcribendi arte rudem vetuſtatem ſuperaturos cre_-
_dunt
, &
c._ Benche forſi queſte mie compoſitioni non contenghi-
no
coſe in tutto tocche da gl’altri, nulladimeno, resta ſeruito di credere,
non
eſſer ſtata alcuna di queſte cauſe, che mi babbia dato eccitamento,
perche
tanto non ſuppongo di me ſteſſo;
ma ſolo il deſiderio, che tengo
di
giouare alli Nobiliſſimi Scolari di queſto Sapientiſſimo Studio.
Li qua-
li
caminando al Dottorato per li ponti delle Paripatetiche Dottrine, e
delle
formalità, per lo più vedono poco, ò nulla della Filoſofia eſperi-
mentale
.
Eſſendo adunque questo il ſolo fine di queste mie fatiche, ſe
vedrò
che detti gentiliſſimi Studenti da queſti miei ſpiegamenti ri-
ceuino
qualche profitto, non mancarò con altre occaſioni di publicare
altre
coſe in ſimile, &
altre materie. Hora che t’ è nota la vera ca.
gione del mio ſcriuere, compatiſci quello, che non ti piaceſſe; maſſime
gli
errori di lingua, e di ſtampa, che di tanto ſolo ti prego.
E viui felice.
6
NOI REFORMATORI
dello
Studio di Padoua.
HAuendo viſto per fede del Padre Inquiſitore di Pado-
ua
, nel Libro intitolato della Grauità dell’ Aria, e
Fluidi
Dialogi Primo, e Secondo di D.
Stefano An-
geli
Lettor Matematico nello Studio di Padoua, non eſſerui
coſa
alcuna contro la Santa Fede Cattolica;
& parimente per
atteſtato
del Segretario noſtro, niente contro Prencipi, e buo-
ni
coſtumi, concedemo licenza a Mattio Cadorini di poterlo
ſtampare
, oſſeruando gl’ordini, &
c.
Dat. a 31. Luglio 1671.
(
(Nicolò Sagredo K. Proc. Ref.
(Pietro Baſadonna K. Proc. Ref.
Angelo Nicolo ſi Segr.
71 2[Figure 2]
DIALOGO PRIMO
INTERLOCVTORI

CONTE
LESZCYNSKY,
OFREDI
, E MATEMATICO DI PADOVA.
O_Fredi_. Oimè Signor Profeſſore, che gra-
uezza
di teſta, ch’ io mi ſento.
O come
queſt
Aria così humida, e fumoſa mi
dolere
gl’occhi.
In gratia, già che ſiamo
vicini
alla caſa del Signor Conte, andia-
mo
à conſumare @@ di queſta
giornata
ſeco in qualche virtuoſo diſcor-
ſo
.
_Matem_. Faciamo come V. S. comanda. Saliamo le Scale. Bi-
fogna
certo che ſi trattenga nel ſuo Studio, già che l’vſcio
è
ſocchiuſo.
Riſchiariamoſi vn poco, accioche ne cono-
ſca
;
e poi con vn tratto confidente entriamo dentro. Ser-
uitor
Signor Conte.
_Conte_. Seruitor miei cari Patroni. Che buon vento conduce
loro
Signori à fauorirmi?
_Ofred_. Non già il vento, ben vn’Aria humidiſſima ne
ſpinto
quà ſopra.
_Cont_. Se nella loro bilancia la grauezza dell’ Aria li ſpinto
quà
ſopra, è nella mia impedito la diſceſa, che non ſia
hoggi
vicito di caſa;
poiche appunto la mia fantaſia s’an-
daua
ragirando intorno alia grauità dell’ Aria.
_Matem_. In gratia V. Sig. ne renda conſapeuoli di
82_DIALOGO_ ſti ſuoi penſieri.
_Cont_. S’accomodino con la ſolita noſtra familiarità doue più li
aggrada
, che io haurò piacere andarli delineando li embrioni
della
mia mente.
Che l’Aria noſtra, la qual reſpiriamo, è che ne circon-
da
, ſia corpo poſitiuamente leggiero, è non ſolo riſpetti-
uamente
, paragonandola con le coſe più graui, m’hà parſo
ſempre
coſa impoſſibile da crederſi:
poiche contenendo in
ſe
ſteſſa vn’infinità di vapori, &
vn miſcuglio dell’ effluuij,
che
eſcono da tutti li corpi;
(anzi forſe nõeſſendo altro che
vn
aggregato di queſti) non vedere come parimente non
contenga
vn’aggregato delle loro minime grauità.
an-
co
fatto gran capitale di tutte quelle eſperienze, e modi,
che
per far toccar con mano queſta verità, ſono ſtati in-
uentati
dalla perſpicacità di tanti Filoſofi inſigni;

quello
penſato gl’anni paſſati dal Nobiliſſimo Signor Otto-
ne
Gerickio Conſolo della famoſiſſima Città di Mag-
deburgo
, m’hà parſo ſempre molto proprio, è conuin-
cente
.
_Ofredi_ In gratia V. Sig. me lo dia ad intendere, perche non ſolo
queſto
, ma tutte le coſe dicoteſto Signore mi rieſcono to-
talmente
.
_Conte_. Io impreſtarò à V. S. queſto Libro, ch’è la _Technicha Cu-_
_rioſa_
del dottiſſimo P.
Gaſparo Scotti Geſuita, il quale nel
_Lib_
.
1. _Cap_. 1. dichiara, in che maniera, da vn recipiente,
ò
vaſo di vetro beniſſimo otturato, faceſſe leuare detto Si-
gnore
a poco apoco, con non lieue fatica, quaſi tutta l’a-
ria
, che lo riempiua, ſenza che nel vaſo poteſſe entrare
(ſi preſume) coſa alcuna, almeno non aria;
(artificio pur
anco
ſpiegato dal nobiliſſimo Roberto Boile Ingleſe nelſuo
Trattato
_de Vi Aeris Elaſtica_, e da altri) e dal differente peſo
di
queſto vaſo prima pieno d’Aria, e poi ſenza quella già
eſtratta
, raccoglieua e che peſaſſe, e quanto.
Dice adun-
que
nel _Cap_.
2. che da vn recipiente capace di 32. miſure d’-
Herbipoli
, che ſono mez’ orna di Franconia, cauato.
ne l aria, peſaua meno che con eſſa, vn’oncia e {3/10}.
_Ofred_. In verità che queſt’eſperienza mi pare molto palpabile.
93_PRIMO._ Parmitanto vera, che non vi ſia che replicar in contra-
rio
.
_Conte_. E pure vi è chi la nega in parte. Queſto è il Signor An-
tonio
Deuſingio, Medico, e Filoſofo celeberimo, il qua-
le
(come dice il medemo P.
Scotti _nell’ Annotat. ſopra il detto_
2
.
_Cap. è nel Lib_. 4. _Cap_. 4.) _nella ſua Seconda Diſquiſ. del Vacuo Set_.
2. _Cap_. 4. concede l’effetto, ma nega la cauſa. Concede
adunque
, che il vaſo peſi meno ſenz aria, che con eſſa;

ma
che queſto non naſca, perche l’aria ſe poſſi peſare in
modo
alcuno nell’aria (perche l’aria nell’aria ne è graue, ne
leggiera
;)
ne che queſto effetto prouenga dall’aria, la qua-
le
al vaſo aggiungeſſe peſo, è leuata lo diminuiſce;
ma
perche
leuata l’aria dal vaſo, quella che circonda il vaſo, è
fatta
più craſſa, conſtipata, e denſa:
e perciò il vaſo è reſo
più
leggiero da queſta, di quello che era prima, quando
pieno
d’aria, l’ambiente era meno denſa;
al modo (ſoggiun-
ge
egli) che _Nauis onuſta minùs altè mergitur in aqua Marina_,
_quam
in fluuiali_.
_Matem_. Si contenti Signor Ofredi, che anch’io applaudiſchi
all’inuentione
del Signor Gerickio;
e che ſe bene queſta non
ſolo
viene impugnata dal Signor Deuſingio, ma anco da
altro
valoroſiſſimo Matematico, ch’è il P.
Paolo Caſati
Geſuita
, è forſe da altri, ch’io non veduti, mi ſottoſcri-
ui
al ſuo penſiero, è dichi, parermi che con queſt’ eſperien-
za
ſi proui tanto ſenſibilmente il peſo dell’ aria, che nulla
più
.
E trala ſciando per hora il P. Caſati, mi ſia lecito dire
con
ogni riuerenza, non mi parere, che il Signor Deuſin-
gio
, e molti altri penetrino molto bene, come l’aria nell’-
aria
non ſia graue, leggiera;
poiche queſto non deue
intenderſi
formalmente, ma quanto all’effetto ſolo del di-
ſcendere
, ch’è il fine della grauità.
_Ofred_. Queſto ſuo aſſerto coſi in confuſo mi pare molto ardi-
to
.
In gratia ſpieghi più chiaramente li ſuoi ſenſi, per-
che
mi paiono diametralmente oppoſti à quel comune aſ-
ſioma
delle Scuole, che _Elementa in proprijs locis nec grauitant_,
_nec
leuitant_.
_Matem_. Se queſt’aſſioma comune ſarà d’altri inteſo diuerſa-
mente
da quanto io dirò, dubito grandemente della
104_DIALOGO_ verità. Ma per principiare a dichiararmi, mi dica Signor
Ofredi
li è mai accaduto ritrouarſi in vna quantità di popo-
lo
, è far forza per andar auanti, è non ſi poter muouer in
conto
alcuno?
_Ofred_. Infinite volte.
_Matem_. E perche V. S. non poteua caminar auanti, benche fa-
ceſſe
tanta forza?
_Ofred_. Perche non poteuo andar auāti, ſe non ſpingeuo dal pro-
prio
luogo, chi mi precedeua;
queſti reſiſteuano al mio
ſpingere
, ne ſi laſciauano muouere.
_Matem_. Si che adunque V. S. formalmente ſpingeua; ſe bene
poi
l’effetto, cioè l’andar auanti, era nullo.
Tanto in vn cer-
to
modo, auuiene nel caſo noſtro.
L’àcqua nell’acqua, e l’a-
ria
nell’aria grauitano, è s’affaticano (per così dire) formal-
mente
per andar à baſſo;
Ma perche non poſſono diſcende.
re ſe non cacciano dal proprio luogo, e fanno ſalire altra ac-
qua
, ò aria, al qual cacciamento, e ſalita queſta reſiſte con
egual
momento, &
energia, & anco con maggiore, (ſe l’ac-
qua
d’alzarſi foſse per fortuna più graue;)
da quì ne naſce,
che
ſe bene la grauità opera attualmente, e formalmente,
non
ne ſegua però l’effetto del diſcendere.
_Conte_. Così è mo. Vuole Signor Ofredi conoſcere che
così
ſia?
Vna portione di queſt’acqua, ò aria ſia reſa per
qualche
accidente vn pochino meno denſa, e graue, sìche il
ſuo
conato al diſcendere ceda in parte;
vederà, che ſubito
ſarà
ſpinta in da quell’altr’aria, ò acqua, la quale eſſendo
inalterata
, conſerua il medemo conato, il quale eccede
quello
della rarefatta.
Al modo che, Signor Ofredi, ſe ſpin-
gendo
lei nella calca per an dar auanti, li anteriori ſminui-
ranno
in parte la loro reſiſtenza, &
il reſpingere, lei a pro-
portione
dell’ecceſſo del ſuo ſpingere ſopra la reſiſtenza de
queſti
, anderà auanti.
_Matem_. Così è Signor Ofredi. Io credo che l’aria nell’aria, e l’ac-
qua
nell’acqua grauitino beniſſimo formalmente, ma non
pregrauitino
:
e coſi non ſegua moto alcuno, ò ſceſa, quando
tutta
l’acqua, ò aria ſia della medema grauità.
Parimente
credo
, che l’aria rachiuſa nel recipiente peſi, e leuatone par-
te
, tanto meno peſi il rimanente;
e queſto meno ſia
115_PRIMO_. che peſaua già l’eſtratta, quando era nel recipiente. Onde ſe
il
detto comune che _Elementa in proprijs locis nec grauitant, nec_
_leuitant_
, viene inteſo in ſenſo contrario alla preſente dot-
trina
, io lo tengo aſſolutamente per falſo.
Queſt’a ſſioma
però
non mi pare d’Ariſtotile, il quale eſpreſſamente _nel_
_Lib_
.
4. _de Cælo, Cap_. 5. dice, che _Elementa omnia grauitatem ba-_
_bent
in ſuo loco, præter ignem_, ma è ſtato introdotto da alcu-
ni
Peripatetici nelle ſcuole, non perche.
_Ofred_. Ma la cauſa, che aſſegna il Signor Deuſingio di queſt’ef-
fetto
, non ſarà la vera?
E pure viene da lui appoggiata ad
vn’
eſperienza tanto certa, quanto è che la naue carica
s’immerga
più nell’ acqua del fiume, che in quella del
mare
.
_Matem_. Queſt’eſperienza è più che certa, Ma di eſſa non è già
la
cauſa quella, che aſſegna il Signor Deuſingio;
anzi par-
mi
prima de lui Ariſtotile _nel Libro_ 2.
_delle Meteore al test._ 25.
cioè perche l’acqua del Mare ſia più conſtipata, e denſa;
ma
bene perche è più graue.
Onde ſe bene è anco più con-
ſtipata
, e denſa, queſta però non è la formale cagione di
quell’effetto
, ma ſolo per accidente, in quanto che eſſen-
do
più conſ@ipata e denſa, è anco più graue.
La vera cauſa
adunque
è, perche l’acqua del Mare e più g@aue di quella del-
li
Fiumi.
acciò V. S. intenda meglio come camini queſta facen-
da
, ſi riduchi a memoria _la Prop._
5. _del Lib._ 1. _d’ Archimede, de_
_Inſidentibus
Aquæ_, che dice così_:
Solidarum magnitudinum quæ-_
_cunque
fuerit leuior humido demiſſa in humidum in tantum demer-_
_getur
, vt tanta moles humidi quanta est moles demerſæ, habeat æ-_
_qualem
grauitatem cum tota magnitudin@_.
_Ofred_. Io me l’arricordo beniſſimo, poiche hora tengo
per
le mani certe propoſitioni d’vn dottiſſimo Filoſofo del
Studio
di Piſa, nomato il Signor Donato Roſſetti, il quale
_nella
ſeconda_ pretende di dimoſtrare, che il concetto d’Ar-
chimede
ſia falſo.
_Matem_. Anch’io ſcorſo queſte ſue propoſitioni, le quali
non
ci neceſſitano ad interrompere il filo del noſtro diſcor-
ſo
;
perche anco eſſendo vero quanto dice queſto Sig. nel
noſtro
caſo ſarà tanto pocala fiſica differenza, che
126_DIALOGO_ certa poca aria, che ſi doueria intender congionta con
l’acqua
, che potiamo ſupponer la ſola propoſitione d’Ar-
chimede
.
La quale ſtando in vigore, & applicata al no
ſtro
caſo della naue, perche peſa più, &
ha maggior mo-
mento
l’acqua del Mare, che l’acqua del Fiume, ne ſe-
gue
, che minor quantità di quella, che di queſta grauiti
quanto
grauita tutta la naue:
che perciò meno s’immer-
ge
nella ſalſa, che nella dolce.
Non adunque che fa-
re
la maggior conſtipatione della ſalſa ſopra la dolce
circa
l’immergerſi più la naue in queſta, che in quel-
la
, ſe non in quanto la più conſtipata è anco più gra-
ue
.
_Conte_. Se il meno immergerſi la naue nell’acqua ſalſa, che nel-
la
dolce, naſceſſe dalla maggior conſtipatione, ne ſegui-
rebbe
, che ſuperata queſta da qualche forza, cioè ſpinta
la
naue ſotto il liuello, che ha naturalmente, iui ſtaſſe,
anzi
con difficoltà ſi cauaſſe.
ciò non ſuccede, per-
che
remoſſa la cauſa ſpingente, naturalmente riaſc@n-
de
.
_Ofred_. Io non vedo molto chiaro come V. S. inferiſchi queſta
ſequella
.
_Conte_. Se dal canale ou@ è la naue ſe rimouerà tutta l’acqua, la
naue
li caccierà nel fango a proportione della ſua grauità,
c
reſiſtenza del fango;
la quale non naſce, che dalla ſua
conſtipatione
, e denſità.
Chi al peſo della naue n’aggiun-
gerà
, ò maggiore, ò qualche forza ſpingente, la naue ſi
caccierà
più nel fango;
è doue ſarà ſpinta iui ſtarà; ne ſi le-
uerà
che con gran fatica, perche il fango non reſiſte che
con
la ſola conſtipatione.
Tanto ſuccederebbe alla naue
poſta
nell’acqua marina, quando queſta reſiſteſſe con la ſo-
la
conſtipatione.
Spinta la naue ſotto il natural liuello, già
la
reſiſtenza della conſtipatione è vinta;
onde non vi ſareb-
be
cauſa, che reſpingeſſe la naue al luogo primiero (co-
me
ſuccede remoſſa la cauſa ſpingente;)
che viene reſpin-
ta
in dal maggior momento dell’ acqua ſopra quel-
lo
della naue, ſino a quel ſegno, oue queſti momenti ſi
pareggino
.
_Matem_. Aggiunga V. S. che quando l’immergerſi la naue
137_PRIMO_. mo nell’acqua ſalſa, che nella dolce naſceſſe dalla conſtipa-
tione
, queſta reſiſterebbe tanto nell’andar a baſſo, quanto
nel
venir di ſopra.
Onde poſto, per eſempio, vn pezzo di
legno
men graue in ſpecie nell’acqua, e ſalſa, e dolce, nel
fondo
del mare, e del fiume, queſto nella ſalſa ò non ritor-
narebbe
a galla, come impotente a ſuperare la conſtipatio-
ne
;
ò almeno ſalirebbe con maggior lentezza di quello ſa-
liſſe
poſto nel fondo della dolce;
eſſendo nella ſalſa mag.
giore conſtipatione da ſuperare. E pure ſuccede in pratica
tutto
il contrario;
perche ſaliſſe con maggior velocità nella
ſalſa
, che nella dolce.
Perche eſſendo reſpinto in dal
maggior
momento dell’acqua ſopra il ſuo proprio;
& eſ-
ſendo
maggior il momento della ſalſa di quello della dol-
ce
, opera anco quello più efficacemente;
è così aſcende
con
maggior velocità nella ſalſa, che nella dolce.
Quanto però habbiamo detto, non è ſufficiente a render
la
ragione, perche peſi meno il recipiente euacuato d’ aria,
che
pieno d’eſſa;
e che la differenza ſia il peſo di queſta; ma
per
intiera intelligenza di ciò è neceſſaria vn altra propoſit.
d’Archimede, che è _la ſettima del medemo Lib_. la quale dice
coſi
.
_Grauiora humido demiſſa in humidum ferrentur deorſum do-_
_nec
deſcendant &
erunt leuiora in humido tantum, quantum habet_
_grauitas
humidi habentis tantam molem, quanta eſt moles ſolidę ma-_
_gnituainis_
.
Hora l’aria deue intenderſi nel noſtro caio per
queſto
humido, ò fluido, nella quale poſto il vaſo otturato
pieno
d’eſſa, l’aria ambiente ſottrae da quella mole com-
poſta
della materia del vaſo, e dell’aria rachiuſa, tanto pe-
ſo
, quanto è quello d’vna mole d’aria eguale a tutta quel-
la
mole.
Euacuato il vaſo, è manifeſto che ſi conſerua la
mole
medema, alla quale pure ſi paragona la medema mo-
le
d’aria ambiente, che pur leua dall’aggregato del vaſo, e ò
etere
, ò altro, che ſi concepiſca riempirlo il medemo pe@o
di
prima_:_
ſiche la differenza tra li due peſi non può eſſer
altra
, che quanto peſaua l’aria rachiuſa prima nel vaſo.

Ma
queſta verità s’anderà ſempre più manifeſtando.
_Ofred_. Tanto che V. S. penſa che la conſtipatione dell’ aria am-
biente
il vaſo non habbia che fare?
_Matem_. Non nel modo che dice il Signor Deuſingio.
148_DIALOGO_ però che fare (quando vi ſia) perche eſſendo l’aria più con.
ſtipata, ſarà anco più graue; onde ſe l’aria, nella quale ſi
peſa
il vaſo dopò la ſua euacuatione ſarà più conſtipata, ſa-
anco più graue, &
in conſeguenza rendera il vaſo più leg-
giero
.
Ma non credo. che in queſto caſo ſia tanta la con-
ſtipatione
dell’aria ambiente il vaſo, che differiſca da quel-
lo
, ch’era innanzi l’euacuatione notabilmente.
Ma quan-
do
anco vi foſſe, non ſarebbe coſi in tutti li luoghi vicini,
è
pure da per tutto ſi ritrouerà il medemo peſo del vaſo,
pur
che non ſip eſi in aria alterata per accidente eſtrin-
ſeco
.
Conte. _V. Sig. ha toccato vna ragione contro la concluſione del_
_Signor
Deuſingio, che dice così_.
Dum ergo circa recipient em
aere
euacuatum aer ambiens denſior, compactiorque exiſtit, idem re-
cipientis
pondus, lanci impoſitum aerem denſiorem ſibi circum ſtan-
tem
minùs deprimit, quam ante exan@lationem deprimeret rariorem:
& interim lanx altera ad bilancem oppoſita, in aere verſatur non
æque
compacto, ac is eſt, quiproximè recipientem circumſtat;

quare
validiùs æquali pondere deprimitur.
_Matem_. Faci gratia V. S. di fermarſi: adunque chi volterà la
bilancia
, e ponerà la lance con il vaſo nel luogo doue
era
quella con il peſo, e queſta nel ſuo, il vaſo peſerà
più
, perche ſarà in aria meno denſa, e quello in aria più
denſa
.
_Ofred_. Anch’a me pare queſta concluſione del Signor Deuſin-
gio
inferita da molto deboli principi;
peiche io non credo
che
il Signor Gerickio, quando ha fatto queſt’eſperienza, e
due
peſate diuerſe, le habbia fatte vna immediatamente
ſucceſſiua
all’altra, &
habbia collocata la bilancia apuntino
nel
medemo luogo.
Io tengo di certo, che chi peſaſse prima
il
vaſo pieno d’aria in quella ſtanza;
in quella ſala li leuaſſe
l’aria
, e poi anco dopò tempo conſiderabile, lo ripeſaſſe in
queſta
ſtanza coſi euacuato, che tanto ſi trouarebbe la pre-
detta
differenza.
Conte. _Non credino loro Signori, che il Sig. Deuſingio non hab_
_bia
preuiſto queſti colpi, poiche ſe repara da eſſi così_.
Dum vi-
trum
exantlatum de loco in locum transfertur, is, qui derelicto ſpa-
@io
vicinus eſt aer, in naturalem ſtatum per expanſionis nixum
159_PRIMO_. denuò vindie at (veluti naue prouecta aſſurgunt illicò aquæ partes
paulò
ante pondere nauis preſſæ.)
_Matem_. In queſte vltime parole noto vna ſimilitudine, che non
mi
par vera;
ne mi pare che d’vn effetto s’aſſegni la vera cau-
ſa
.
Io ſempre creduto, che la na ue entri nell’acqua non
perche
conſtipi le parti, che le ſoggiacino (le quali ò non
conſtipa
, ò almeno pochiſſimo;)
bene perche le ſpinga
dal
proprio luogo, e facia ſalire;
ſiche poi partita la naue, &
andando
innanzi, e ſpingendone, e ſolleuandone altre, le
già
ſolleuate portate dalla natural grauità, diſcendino à
riempir
quel luogo baſſo cauo, laſciato dalla naue.
Ma pri-
ma
che andiamo auanti, vorrei ſapere, ſe dichiara il modo,
nel
quale, quando s euacua il vaſo, l’aria circonſtante, e vici-
na
ſi conſtipa.
Conte. _Poco di ſopra dell’antecedenti parole lo dichiara così_.
Condenſatur autem imprimis aer, vbiproximè, coarctatione facta,
vim
patitur, reliquo quantum fieri poteſt ſtatum ſuum naturalem
ſeruante
;
ſicque aer, qui vndequaque vitro viciniſſimus exiſtit, præ
reliquo
diſtantiore per corporis intra vitrum contenti exantlatio-
nem
, atque ætheris in ſpatium illius ingreſſum, quam maximè con-
denſatur
.
_Matem_. Tanto adunque che ſi condenſa perche eſce da eſſo la
parte
più ſottile?
Se così è, ftarà ſempre così, ſino che con
l’ingreſſo
della medema, ò d’ altra materia ſottile come
quella
, ſi tornino a dilatare le ſue parti.
Se noi prenderemo
vn
pugno d’erba, e la ſtringeremo, ò comprimeremo gen-
tilmente
ſenza ch’eſchi fuori l’humore, aprendo la mano, e
ceſsando
la compreſſione, l’erba con il ſuo elaterio ritorna-
ad hauere quell’eſpanſione, che haueua prima.
Ma ſe re-
ſtringendola
li faremo vſcir fuori l’humor più ſottile aperta
la
mano, ſi dilatarà bene qualche poco per l’ingreſſo dell’a-
ria
, che entrarà trà le foglie, la quale pur anco cacciata
dalla
compresſione, ma non già come era prima.
Se adun-
que
l’aria ambiente il vaſo ſtà conſtipata per l’etere, che
da
eſſa è vſcito, &
è entrato per li pori del vetro a riempir
il
vaſo, non ſi dilatarà ſe non entra in eſſa, ò il medemo, ò
altro
etere.
_Conte_. Dice bene, ch’è dilatata appunto da altro etere,
1610DIALOCO _giungendo dopò la ſopradetta parenteſi_. Aetere aliunde, quo
nempe
vitrum transfertur, inter eius particulas viciſſim ſubeunte.
Sicque perpetuo circa vitrum ipſum, quocunque tranſlatum conden.
ſatio
corporis proximè ambientis maior contingit.
_Ofred_. Gran carità di queſt’etere, laſciar l’aria, nella quale è, e
laſciar
queſta conſtipata, e denſa, per rimediare alla conſti-
patione
dell’aria vicina.
Chilo ſpinge ad abbandonar la
propria
aria, e laſciarla conſtipata, e denſa, per andar a ri-
mediar
, egonfiar la più vicina?
Che la prima aria circon-
ſtante
il vaſo ſi cõſtipi per l’vſcita dell’etere, ſi potrebbe dire
eſſer
ciò cauſato dal biſogno vniuerſale della natura, _ne de-_
_tur
vacuum,_ acciò quell’etere entraſſe a riempir il vaſo;
ma
che
poi il ſecondo etere eſchi dalla ſeconda aria per dilatar
la
prima;
il terzo dalla terza per dilatar la ſeconda; e così
quante
volte ſi traſportarà il vaſo, non già vederne la cau
ſa
.
Già che ſecondo il Signor Deuſingio, ha da toccar à dell’a-
ria
ad eſſer cõſtipata, ne ſtia pur la prima, perche _fruſtra fit per_
_plura
, quod poteſt fieri per pauciora_.
_Conte_. Ma ſoggiunge ancora alcune parole, dalle quali pare,
che
aſſegni altra cauſa.
_Remotiore interim à violenta compa-_
_ctione
par inſitum quaſi elatere ſeipſum vindicante_.
_Matem_. Se la conſtipatione ſi fa per la partenza dell’ etere, non
vi
è elatere che tenga.
E ſe la virtù elaſtica, perche non
poteua
dilatarſi verſo l’ampiezza dell’aria, e non ſtar ſem-
pre
in quella violenza?
_Ofred_. Ma io direi così contro queſta condenſatione. Non cre-
do
già che quell’ aria ambiente il vaſo condenſata ſia pietre
da
molino, ſi che non poſſi eſſer portata via dal vento.
Soffi
queſto
, e la porti via, ſi che ne ſucceda dell’ altra.
Queſta
non
ſarà condenſata, e pure peſando il vaſo, ſi ritrouarà il
medemo
peſo.
_Conte_. Anco à queſta obiettione procura de riſpondere in vna
lettera
, che ſcriue al Padre Scotti, poſta da lui nel citato
_Libro_
4.
_Matem_. Non ſi curiamo di queſta riſpoſta, procuriamo d’ar-
recare
vn paro d’eſperienze, che manifeſtamente dimoſtre-
ranno
ſe queſt’aria ambiente ſia conſtipata, e denſa, ò della
medema
natura dell’altra.
1711TRIMO.
Non v’è difficoltà, che l’aria più denſa cagiona maggior
gefrattione
, apparire gli oggetti viſti per eſsa più grandi,
più
vicini, e più alti.
Quando queſt’aria foſſe più conſtipata
dell’altra
, dourebbono tutti queſti effetti eſſer molto di-
uerſi
in eſſa, che nell’altra vicina;
perche la conſtipatione
ſarebbe
molto notabile, mentre foſſe ſufficiente à render la
diuerſità
d’vn’oncia e @ nel vaſo, di peſo.
Secondariamente ècertiſſimo che il mezo impediſce il moto, e
quanto
è più denſo, più impediſce.
Onde facendo qualche eſ-
perienza
di moto nell’aria @mbiente, e nell’altra, ſi proua-
rebbe
gran differenza.
E benche ſi poſſino penſar varii mo-
di
d’eſpermentar ciò, io ſcieglierei vn pendolo, e l’eleuarei
nell’vna
, &
altra aria alli medemi gradi, e notarei la gran-
dezza
, e numero delle vibrationi.
Certo che nell’aria più
denſa
la decima vibratione, per eſsempio, non portarebbe il
mobile
tant’alto, quanto la decima nella più rara;
ne il nu-
mero
delle vibrationi ſino alla quiete nella più denſa;
ſareb-
be
tanto quanto nella più rara.
Altre eſperienze ſi potreb.
bero fare per decider queſta contronerſia; baſtino que-
fte
le quali ſe bene io non fatto, ſono però di parere, che
riuſcirebbero
sfauorabili al Sig.
Deuſingio.
in queſto punto mi naſce curioſità di ſa pere di che o-
pinione
ſia il P.
Scotti; ſe facia alcun rifleſſo ſopra queſte
dottrine
del Signor Deuſingio, e ſe l’approui, ò rifiuti.
_Conte_. E d’opinione totalmente contraria. Dice hauer prouato
nelli
ſuoi _Iocoſerijs cent.
3. prop. 66. §. 3. Aerem intra aerem gra-_
_uitare
, ſi vaſi includatur, &
à reliquo aere circumſtante diſconti-_
_nuetur_
.
_Matem_. Se lui intende, che l’aria peſi nell’aria ſolamente quan-
do
è rachiuſa nel vaſo, e ſeparata dall’altra, non mi pare che
intenda
bene;
perche io credo, ch’in tutti li modi peſi, anco
quando
è libera, e meſcolata con l’altra.
_Conte_. V’aggiunge di più vna conditione. _Dummodo aer inclusus_
_vaſi
, &
aer circumſtans in quo ſit ponderatio ſint eiuſdem denſitatis_
_aut
raritatis_.
_Matem_. Queſta cautela non mi par molto propria. Io ſtimo,
che
l’aria tanto nel vaſo, quanto fuori d’eſſo, tanto più
1812DIALOGO ſa, quanto più rara, poſta nell’altr’aria ſempre peſi. Se fuori
del
vaſo, e più denſa, diſcenderà ſotto la meno denſa:
ſe
meno
denſa, hauerà il ſuo momento, ma ſuperato queſto
da
quello della più denſa, ſirà ſpinta all’insù Se rachiuſa nel
vaſo
, e ſarà più denſa, tutto il compoſto diſcenderà più fa-
cilmente
.
Se meno denſa, diſcenderà più difficilmente a
proportione
della minor denſità.
Conte. _Segue à dire_. Probauimus id à paritate ex aquis deſumpta: ta-
metſi
enim aqua intra aqvam non grauitat, nec partes ſuperiores
premant
inferiores ſibi ſubiectas vt probauimus fusè in Magia part.
3. Libro 5. Sintag. 2. Erot. 3. tametſi vaſi includatur pars aquæ, hęc
grauitat
intra aliam eiusdem rationis aquam.
_Matem_. Che le parti ſuperiori dell’ acqua non premino l’infe-
riori
, io lo tengo per falſiſſimo, come dirò particolarmence
a
ſuo luogo, per non interrom pere hora il filo delli noſtri di-
ſcorſi
.
Coſi ſtimo anco falso che l’acqua nell’acqua non gra-
uiti
, quando è libera, e meſcolata con l’altra, come già hab-
biamo
detto.
Che poi l’acqua rachiuſa nel vaſo grauiti, io lo
tengo
per più che certo.
_Ofred_. Si potrebbe fare qualch’eſperienza, mediante la quale
ſi
poteſſe moſtrare, che l’acqua meſcolata con l’acqua pe-
ſaſſe
?
_Matem_. Dell’acqua meſcolata con l’acqua in parte, credo che ſi
poſſi
fare, ma della meſcolatain tutto a me non ne ſouuiene
alcuna
, della meſcolata in parte, ne portarò vn paro, la
prima
delle quali dimoſtrarà, ò che anco queſta peſi, ò che
non
peſi la totalmente ſeparata.
Prendaſi vn vaſo di mate-
ria
più graue in ſpecie aſſai più dell’acqua, il quale habbia
vn
coperchio, che ſe poſſi chiuder beniſſimo, ſi che chiuſo,
nulla
vi poſſi entrare, almeno non acqua;
ſe gl’alzi il coper-
chio
, e s’impediſca che non lo poſſi chiudere;
poi sommer.
gaſi il vaſo totalmente nell’acqua: l’acqua, che riempirà il
vaſo
, ſarà in parte ſcontinuata dall’altra, in parte Si peſi
il
vaſo coſi poſto entro l’acqua, e ſe noti il peſo:
poi il me-
demo
vaſo pur pieno d’acqua s’otturi beniſſimo, e ſi torni a
peſare
nell’ acqua;
in queſto modo l’acqua rachiuſa ſarà
totalmente
ſe parata dall’altra.
Io tengo di certo che in tut-
ti
doi li modi ſi ritrouarà il medemo peſo.
Adunque ò
1913TRIMO. peſa la ſeparata totalmente, ò peſa anco quella in parte cõ-
tinua
.
L’altra eſperienza è tale, che con eſſa ſi potrà render ra-
gione
di due eſſetti, che poſſono ſuccedere cotidianamente.
Si prenda vn corpo duro galleggiante, e ſi collochi nell’ac-
qua
, nella quale naturalmentes’immergerà ſino ad vn cer-
to
ſegno;
ſi procuri cacciarlo ſotto acqua maggiormente;
quanto
più s’immergerà ſino alla total immerſione, ſe ſi te-
nirà
coſi fermo, tanto maggio, fatica ſi farà, e ſi prouar@
maggior
forza fatta per riſſalire.
Ma paſſata la total immer-
ſione
, ſi ſpinga ſotto quanto ſi vuole, e ſi fermi in qual ſi
ſia
luogo, ſempre ſi farà la medema fatica.
Al contrario ſi pi-
gli
vn bicchiere, ò vaſo, e con la bocca in giù così pieno d’-
aria
ſi procuri ſpingerlo ſotto acqua, come s’è detto del gal-
leggiante
;
nel principio ſi prouarà vna tal difficoltà, che an-
derà
creſcendo ſino alla total immerſione, la quale paſſata
andarà
ſucceſſiuamente più ſcemando, ſecondo che il bic-
chiere
s’andarà più ſommergendo.
_Ofred_. Sono queſti certamente due effetti molto volgari; ma io
così
improuiſa mente non ſaprei rintraciarne le cagioni.
_Matem_. Procurarò indagarle io. E prima per inueſtigar quella
della
difficoltà, che ſempre ſi proua maggiore, quanto più
ſi
procura immerger il galleggiante ſino alla total immer-
ſione
, &
c. mi dica Signor Ofredi; ſe V. S. vorrà alzar, e te-
ner
ſoſpeſa, vna mole d’acqua, non farà vna tal fatica, la
quale
anco andarà ſempre più creſcendo, quanto più gran-
de
ſarà la mole d’alzarſi, e quanto foſſe più graue?
_Ofred_. Certo .
_Matem_. Adunque s’immagini V. S. che queſta ſia la maggior
difficoltà
d immerger il galleggiante.
Collocato queſto nel-
l’acqua
, s’immerge quanto comporta il ſuo momento a,
pareggiare
quello dell’acqua, che ſi alza, e con la ſua graui-
contraſta con la parte d’acqua già alzata per queſta ſua,
immerſione
;
ne noi ſentiamo il peſo di queſta: ma quando
lo
ſpingiamo ſotto, faciamo ſalire vna tal quantità d’acqua,
la
quale alzando noi, ſentiamo il ſuo peſo, il quale poi tan-
to
più creſce, quanto più s’immerge il galleggiante, ſino al-
la
total immerſione;
quale ſuperata ſi ſente ſempre il
2014DIALOGO mo peſo, perche ſempre ſi ſoſtiene alzata la medema quan-
tità
d’acqua, che procura diſcendere.
_Ofred_. In gratia dichiarimeglio queſte dottrine.
3[Figure 3]
_Matem_. Il galleggiante BHND, ſia collocato nell’acqua, nella
quale
s’immerga da con la parte IHNK;
è mamfeſto che,
nel
vaſo AGPD, hauerà fatto alzar l’acqua ſopra il ſuo na-
turale
liuello.
Spingiamolo noi ſino che ſia totalmente im-
merſo
, di modo che l’acqua ſia alzata ſino all’ AB;
e mani-
feſto
pure che l’acqua ſe ſarà ſempre andata più e più alzan-
do
, e noi faremo ſempre maggior fatica dal principio ſino
alla
total immerſione.
Seguitiamo a ſpingerlo ſino al ſito v.
g. HLON: ſecondo che lo ſpingeremo più ſotto, andarà
alzando
ſucceſſiuamente altra acqua la quale andarà a riẽ-
pire
lo ſpatio BHND laſciato da eſſo la quale hauerà il me-
demo
liuello ABD.
Onde ſe bene ſempre alzando nuoua
acqua
, non però ſopra il liuello di quella, che haueua alzata
nel
ſito BHND, quando era totalmente immerſo;
ne di que-
ſta
ſentiamo il peſo, perche eſſa preme ſopra il galleggiante.
2115PRIMO. Coſi ſpinto in L M P O, l’acqua alzata hauerà riempito
lo
ſpatio HLON, ma non heuerà paſſato il medemo liuel-
lo
A B D.
L’acqua adunque alzata ſe bene è ſempre nuoua,
nulladimeno
è ſempre al medemo liuello, el’alzata dopò la
total’immerſione
preme ſopra il galleggiante.
Che mera-
uiglia
adunque ſe ſempre ſe facia la medema fatica?
_Ofred_. Io haurei creduto che nel ſito HLON, faceſſimo la fati-
ca
corriſpondente all’acqua AFLB;
e nel ſito LMPO, all’ac-
qua
AGMB, la quale acqua procura diſcendere.
_Matem_. Non Signore; perche nel ſito HLON, all’acqua AFLB,
corriſponde
tutto il BLOD, che pure naturalmente vuol
diſcendere
;
e perche l’acque AEHB, BHND, ſono eguali,
hanno
ancoeguali conati al diſcendere;
onde chiſpinge
ſente
in conto alcuno il conato dell’ AEHB, come ſe non vi
foſſe
, ma ſolo l’ecceſso della grauità dell’ acqua EFLH,
ſopra
la grauità del galleggiante HLON.
L’iſteſſo ſuccede-
nel ſito LMPO, che liconati dell’acque AFLB, BLOD,
ſaranno
eguali.
_Ofred_. Certo che queſta, e non altra è la cauſa di queſto effetto;
poiche anco quando cacciamo vna mano ſotto acqua, ſen-
tiamo
vncerto peſo, e prouiamo vna certa fatica;
il qual
peſo
, nonè altro, che quello dell’acqua ſolleuara, &
alza-
ta
, che fa forza per tornar nel ſuo luogo primiero.
_Matem_. Già che V. S. ha toccato la fatica, che prouiamo nell’-
immerger
la mano, auerta, che alcuno potrebbe ingannarſi
nel
fare le ſopradette eſperienze, ſpingendo in giù il galleg-
giante
con il braccio;
perche quanto più lo ſpingiamo ſot-
to
, tanto maggior quantità delbraccio ſi profonda, che
anco
ſalire maggior quantità d’acqua, il cui peſo pure biſo-
gna
, che ſentiamo.
Biſogna adunque che ſi ſeruiamo a ſpin-
gere
dicoſa coſi ſottile, che immergendoſi, poco facia ſali-
re
l’acqua;
e che quel poco non ſia da noi traſcurato.
_Ofred_. inteſo. Andiamo al bicchiere, ò vaſo, nel quale certo
biſognarà
oſſeruare la medema cautela.
_Matem_ Quando adunque collochiamo nell’acqua il bicchiere
pieno
d’aria, pur queſto s’immerge quanto comporta l’ag-
gregato
della ſua grauità, e di quella dell’aria, che contiene,
e
fa ſalire l’acqua proportionata.
Quando poilo
2216DIALOGO pur fa ſalire maggior quantità d’acqua, il cui peſo ſentiamo
ſino
alla total immerſione;
ma perche queſta ſuperata, l’ac-
qua
ſalendo, e fuori, e dentro il bicchiere, incontra l’aria
del
bicchiere che li cede, e che ſi condenſa, perciò ſcema la
fatica
;
poiche l’acqua, ch’entra nel bicchiere, ſerue a fargli
acquiſtar
maggior momento;
perche in queſto modo ſi po-
ne
nell’acqua non più vna mole d’aria, e di vetro, ma vna
mole
d’acqua, d’aria, e di vetro.
E perche quanto più ſi
ſpinge
il bicchiere ſott’acqua, più queſt’aria ſi conſtipa ſin
ad
vn certo ſegno, quindi è che ſi fa tanto minor fatica, cre-
ſcendo
il momento del bicchiere.
Auertaſſi però, che nel
principio
I’aria ſi conſtipa pochiſſimo, ma più quanto più
s’immerge
.
L’acqua adunque, la qual entra nel bicchiere li fa acquiſtar
maggior
momento.
Ma queſta non è in parte congionta
conl’altra
?
Ecco adunque, che l’acqua nell’acqua congion-
ta
con eſſa in parte, grauita.
_Ofred_. Io credo che V. S. sbagli di gran lunga, perche anch’io
letto queſta eſperienza nelli Dialogi Fiſici contro il mo-
to
della Terra dell’inſigne Geometra, e diligente Filoſofo P.
Honorato Fabri Geſuita, il quale dice ſucceder in pratica
tutto
il contralio.
_Matem_. Adeſſo cercarò queſto Libro, e vedremo quello, che
dice
.
Eccolo, Ritroui queſto luogo.
Ofred. _Hor hora. Ecco che nel_ Dialogo 3-pag. 95. dice. sit v. g. scy-
pbus
vacuus ſecundum perpendiculum in acquam immerſus, ore pre-
uio
, ita vt nihil prorſus aeris ante in ſcypho contenti auolare poſſit;
baud dubie, quo profundius immergitur, maior vis ſurſum illum ex-
trudens
ipſo tactu ſentitur;
nempe totus aquæ ſuperpoſitæ cylindrus,
cuius
baſis ori vaſis, ſeu ſcyphi circiter æqualis est, in aera ſcypho
contentum
grauitat, magis autem, cylindrus altior.
_Cont_. Non ſe da queſte parole ſe poſſi dedure che intenda del
bicchiere
immerſo ſino alla total immerſione, o dopò.
Ofred. _Fa che Agoſtino vno delli interlocutori, ſoggiunga_. Igitur
ſiprædictus
ſcyphus aquæ immergatur, vt primum vno palmo à
ſuprema
ſuperficie aquę diſtet, ac aeinde profundius immegatur,
ita
vt diſtet ab eadem ſuperſicie duobus palmis, dupla tunc erit vis
grauitationis
.
2317PRIMO.
_Matem_. Io non voglio inueſtigarein che ſenſo habbia parlato
ilP
.
Fabri. bene, che hauendo io immerſo più volte, ebic-
chieri
, e altri vaſi, non eſperimentato dopò la total im-
merſione
, maggiori conati a riſalire, ma bene mi ſono par-
ſi
minori, ſe bene molto poco, perche molto poco, in poca
diſceſa
, e in vaſi piccioli, in poca quantità, l’aria ſi conſtipa;
e poca è l’acqua che entra nel vaſo. Ma però chi diligente-
mente
tentara queſt’ eſperienza, ſi potrà render certo di
queſta
curioſità.
Prenda ſi vn vaſo grande di vetro, piombo ò altra materia, &
acciò
diſcenda, ſe gl’attacchi dalla parte della bocca peſo a
ſufficienza
, e dalla parte di ſopra ſi leghi con funicella fatta
diſetole
di cauallo, le quali per eſſer ordinariamente della
medema
grauità in ſpecie in circa con l’acqua comune,
s’adoprano
comunemente da quelli, che peſano le coſe
graui
nell’acqua, perche quella quantità d’eſſe, che ſe im-
merge
, non altera la grauità della coſa peſata;
poi ſe fa-
cia
diſcendere con la bocca all’ingiù in vn’ acqua aſſai pro-
fonda
, come ſarebbe in vn pozzo, ſino che ſia totalmente
immerſo
, Fatto queſto s’attacchi ad vna ſtadera, ò bilan-
cia
, come ſi ſuol fare, e ſi noti il ſuo peſo, che ſarà quanto
importa
tutto il vaſo con l’aria, pcſi attaccati, e funicella,
che
ſarà ſopra I’acqua, hauendo anco riguardo alla differen-
za
, che poteſſe cagionare la parte della funicella, che s’im-
mergeſſe
, quando queſta non foſſe preciſamente della me-
dema
grauità ſpecifica dell’acqua.
Fatto queſto peſo, ſi laſci
diſcendere
il vaſo più, e più nell’acqua quanto ſi vuole;
poi-
che
ſe ſaranno certe le noſtre dottrine, quanto più ſarà di-
ſceſo
nell’acqua, ſe ſi ripeſarà con li predetti riguardi, e cau-
tele
, ſempre più ſi trouarà maggior peſo.
Perche entrando
nel
vaſo maggior quantità d’ acqua, quanto più il vaſo di-
ſcende
, queſta li farà anco acquiſtar maggior momento.
Se
adunque
più profondato il vaſo ha ſempre maggior mo-
mento
, chi in quel luogo li leuaſſe li peſi attaccati, mentre
queſti
in tutti li luoghi hanno nell’acqua il medemo mo-
mento
, reſtarebbe il vaſo con l’aria con maggior momento.
Onde ch@lo teneſſe acciò non riſaliſce ſpinto insu dall’ac-
qua
, farebbe minor fatica;
c tanto più minore, quanto
2418DIALOGO il vaſo foſſe profondato. Molto però habbiamo digredito.
Ritorniamo onde habbiamo laſciato.
_Conte_. Io adunque in quel propoſito direi così. Non vedere
perche
vna coſa più leggiera in ſpecie dell’ acqua, habbia in
eſſa
à grauitare, e vna tanto graue in ſpecie quanto è eſſa,
qual’e
la medema acqua.
_Ofred_. Pare certo irragioneuole. Ma qual’è queſta coſa?
_Conte_. Queſt’è l’aria. Et il modo d’eſperimentar ciò ne ſara
ſomminiſtrato
dal recipiente del Signor Gerickio.
Pren-
daſi
queſto, e prima d’euacuarlo ſi ſommerga totalmente
nell’acqua
;
ſe non baſta il ſuo peſo, aggiungendone a ſuffi-
cienza
;
poi ſi peſi così nell’acqua ogni coſa. Cauato dall’-
acqua
ſi leui l’aria, come ſogliono praticare, e ſi torni a ſom-
mergere
nell’acqua, e ripeſare.
Io ſono ſicuriſſimo. che ſi
trouarà
peſar meno queſta ſecõda volta della prima oncie 1.
{3/10}. E la ragione è queſta. In tutte due l’immerſioni l’acqua
cacciata
, &
alzata è ſempre la medema eſſendo anco la me-
dema
la mole del vaſo.
E perche il vaſo nell’acqua è tanto
meno
graue, quanto peſa vna mole d’acqua ad eſſo eguale;

e
la prima volta ſi faceua la ſottratione da vn compoſto di
vetro
, &
aria con li peſi attaccati, e la ſeconda da vn compo-
ſto
di queſti, e d’etere, ò di vacuo;
ſarà più leggiero la ſe-
conda
volta, che la prima.
Adunque con queſt’eſperienza
ſi
prouarà euidentemente, che l’aria rachiuſa nel vaſo, e pe-
ſi
nell’acqua, e quanto.
Se adunque l’aria nell’acqua più
graue
d’eſſa, grauita, perche non douerà grauitare nell’a-
ria
medema più leggiera dell’acqua?
Perche l’acqua più
graue
dell’ aria non douerà grauitare nella medema ac-
qua
?
Quanto habbiamo detto dell’aria riſpetto all’acqua, potreſſi-
mo
dire v.
g. dell’acqua dolce riſpetto della ſalſa. Se il vaſo
prima
ripieno d’acqua dolce beniſſimo otturato, e poi ripie-
no
d’aria.
pur beniſſimo otturato, ſi peſara nella ſalſa certo
che
la differenza ſara quanto peſa più l’acqua dolce nella
ſalſa
, di quello peſi l’aria.
Se adunque queſta peſa nella ſal-
ſa
, perche non peſarà nella dolce?
_Ofred_. Quando ſuccedeſſero in pratica, mi paiono
2519PRIMO. molto conuincenti, e proprie. Qui certo non viſarebbe la
maggior
conſtipatione, alla quale poteſſe ricorrere il Sig.
Deuſingio.
_Conte_. Manon ſolo coll’immergerſi totalmente il vaſo, ò reci-
piente
ſi potrebbe conoſcere il peſo dell’aria nell’acqua, ma
anco
con il ponerlo ſimplicemente in eſſa à galleggiare.
Già
habbiamo
per la citata _prop.
5. d’ Archimede_, che vna coſa più
leggiera
dell’humido, poſta in quello, s’immerge ſino che
tant’humido
quant’è la parte immerſa peſi come tutto quel
corpo
.
Hora poſto il recipiente pieno d’aria nell’acqua, si
immergerà
ſino ad’vn certo ſegno.
S’euacui, e ſi reponghi
nell’acqua
.
Io ſono ſicuriſſimo, che non s’immergerà tan-
to
quanto prima, ma vn poco meno:
e quel meno diligen-
temente
oſſeruato, darà a conoſcere il peſo dell’aria eſtrat-
ta
, e che queſta grauitaſſe nell’acqua.
4[Figure 4]
_Matem_. Che queſte eſperienze doueſſero
ſuccedere
in pratica, io non ne du-
bio
alcuno.
Ma lei Sig. Ofredi, ſe per
ſorte
n’ha qualche ſcrupolo, apra l’eru-
ditiſſimo
Libro _de Compo.
& Reſol. Ma-_
_tem_
.
del nobiliſſimo Signor Carlo Ri-
naldini
noſtro comune amico, Geome-
tra
inſigne, e Filoſofo Primario di que-
ſto
Studio, &
alla _pagina_ 179. ritrouarà
vn
eſperienza da eſſo fatta più volte,
come
mi ha detto a bocca, che io bre-
uemente
le deſcriuerò.
ABC, è vn’ am.
polla di vetro con il ſuo collo aſſai più
lungo
d’vn braccio, &
vn quarto, la
quale
riempita d’argento viuo, &
ot.
turata
la bocca A con il dito, s’im-
merge
in vn vaſo pieno di detto argẽ-
to
:
leuando poi il dito, l’argento viuo
diſcenderà
ſino all’F, di modo che A F,
ſia
vn braccio.
& vn quarto, come ſup
põgo
eſſer noto a V.
S. per la tãto fa.
moſa
eſperiẽza del tubo Torricellia-
no
.
Fatto ciò, la medema bocca A, coſi
immerſa
s’otturi, e leghi beniſſimo
2620_DIALOGO_ vna, ò più membrane di veſcica di Porco; dimodo che leua-
ta
l’ampolla dall’argento li poſſi entrarl’aria.
Poi ſe pon-
ghi
queſt’ampolla nell’acqua, alla quale per eſſer più graue
in
ſpecie d’eſſa acqua, ſe gl’attacchi vna, ò più veſciche, acciò
non
ſi ſommerga totalmente, ma galleggi con la particella
v
.
g. AE, che ſe noti eſquiſitamente. Poi con vn ſtilletto ſi
fori
diligẽtemente la veſcica A, ſi che per il buccolino fatto
entri
l’aria.
Si vedrà diſcender più, l’ampolla, v. g. ſino al K,
La
parte KE, dimoſtrerà il peſo dell’aria, che ſarà entrata
nell’ampolla
.
_Ofred_. O che bella eſperienza! Ma il Gallileo è d’opinione in
quel
ſuo ammirabile trattato delli galleggianti, che l’aria
nell’acqua
non grauitiin conto alcuno.
Onde ſe V. S. dice de
, contraria certo alla ſua dottrina.
_Matem_. Io ſtimo che l’aria peſi nell’ a cqua, perche io la tengo
per
corpo graue, come pure è reputata dal Galileo mede-
mo
;
onde eſſendo tale, deue grauitare da per tutto. Ma il
Galileo
porta ragione, ò eſperienza alcuna che l’aria nell’ac-
qua
non grauiti?
_Ofred_. Sig. Solo lo ſuppone come coſa nota, è triuialiſſima
_a
carte_ 42.
oue ricerca che groſſezza puole hauere vna lami-
netta
di qual ſi ſia materia più graue in ſpecie dell’ acqua.
acciò collocata leggiermente ſopra eſſa non s’immerga, di-
ce
, che la laminetta IS, nel ſuo ſchema, entra nell’ acqua,
che
ſe gl’alza ſopra facendo li arginetti BC, AI, li quali con-
tengono
vna foſſarella piena d’aria, della quale, e della lami-
netta
ſi vn prilma AS.
Hora dice che queſt’ aggregato, il
quale
tanto momento, quant’è quello d’vna mole d’ac-
qua
ad eſſo eguale, ha tanta grauità, quanta è quella della
ſola
laminetta IS, _auuenga che_, dice egli, _la mole dell’ aria AC_,
_non
cresca, ò diminuiſca la grauità della mole IS._
Il medemo da
eſſo
viene aſſunto come coſa nota nella Propoſit.
generale,
che
ſegue carte_ 43.
Onde ſe queſti ſuppoſti non ſono veri,
anco
le dette propoſitioni ſaranno mancheuoli.
_Matem_. Certoche eſſendo coſi, comerealmente è, e queſta, &
altre
ſue propoſitioni, nelle quali ſuppone queſta coſa, ſa-
ranno
difettoſe in rigor geometrico;
poiche in realtà, AS,
è
vn’aggregato di due corpigraui;
e coſi l’acqua eguale
2721_PRIMO_ priſma AS, deue peſare quanto peſano tutte due aſſiemc.
il modo di ritrouare l’altezza delli arginetti BC, AI, ſarà
totalmente
quello, che inſegna il Galileo.
_Ofred. Quod parum diſtat nibil diſtare videtur,_ e _parum pro nibilo repu-_
_tatur_
.
Onde anco quando vi ſia qualche varieta, queſta ſarà
tanto
poca, che nulla più;
poiche quanto può peſare vn po-
chino
d’aria, quant’è il priſma AC?
5[Figure 5]
_Matem_. Pochiſſimo certo. Nulladimeno Signor Ofredi potria
eſſere
, che in pratica s’eſperimentaſſe, che la natura non.
ſprezzaſſe queſto poco peſo, e che Paria AC, in fatti graui-
taſſe
, &
il modo è queſto. Si prenda la laminetta SI, di mate-
ria
, la quale non ſi poſſa inzuppare, come ſarebbe argento,
oro
, &
c. e ſia la maſſima, ſi che niente più groſſa, ſi profon-
daſſe
, e ſi collochi nell’acqua.
E manifeſto, che ſe l’aria
non
aggiunge peſo, come dice il Galileo, anco quando s’al-
teraſſe
, facendoſi più denſa, ò più rara, non per queſto la la-
minetta
farebbe mutation alcuna quanto al diſcendere.
Ma
ſe
l’aria AC, in fatti grauita, ogni volta che con qualche ar-
tificio
ſi farà più denſa, &
in conſeguenza più graue, la lami-
netta
SI, ſubito diſcenderà;
perche all’hora A S, ſarà più
graue
in ſpecie di altretant’acqua.
Ma che, che ſucceda di
queſta
eſperienza, io giudico che aſsolutamente non ſolo
l’acqua
, ma anco l’aria grauiti nella medema acqua.
E tanto
tenirò
fermamente, ſino che ſenti qualche ragione in con-
trario
, che mi conuinca.
_Ofred_. V. S. aſpetti, che hora mi ſouienne d’vn’altro luogo
2822_DIALOGO_ Galileo in ſimil propoſito, nel quale anco aſſegna certa ra-
gione
.
Laſcino ch’io lo cerchi. Eccolo carte 34. de medemi_
_gallegianti
.
Il dir poi, dice egli, che l’acqua poſſi accreſcer peſo alle_
_coſe
, ch’in eſſa sijno collocate è falſiſſimo, perche l’acqua nell’ acqua_
_non
grauità veruna, poiche ella non vidiſcende_.
Ecco adunque
la
cagione:
non diſcende, adunque non ha grauità.
_Conte_. Caro Sig. Ofredi mi facia vn fauore; s’al zi da queſta ſedia,
ſopra
la quale ſiede, e vadi ponerſi a ſedere ſopra quel tauo-
lino
, ſopra il quale vi ſono quelli tomi dell’ Atlante.
_Ofred_. Io non la ſeruirò già in queſto, perche io non la voglio
far
ridere con la mia caduta, a riſchio anco di rompermi il
collo
, ouero almeno di ſtroppiarmi.
_Conte_. Non vi è pericolo. Di che teme?
_Ofred_. V. S. volontà di burlare. non vede li piedi ſottili
del
tauolino, li quali appena poſſono ſoſtenere il peſo delli
Libri
, che vi ſono ſopra?
Che ſarà quando v’aggiunga quel.
Io del mio corpo, che non è così picciolo?
_Conte_. Non temi di queſto, perche li Libri iui non peſano.
_Ofred_. Come non peſano? che peſano beniſſimo.
_Conte_. Non peſano certo, s’è vera la conſeguenza, non diſcen-
dono
, adunque non peſano.
_Ofred_. Intendo. Vuol dir V. S. che ſi come peſano, ſe bene non
diſcendono
impediti dal tauolino, così anco l’acqua, e l’aria
poſſono
peſare, e in queſta, e in quella, ſe bene non diſcendo-
no
, impedite dal momento di quella, che con la loro diſce-
ſa
dourebbero cacciare dal proprio luogo.
Ma laſciamo paſ-
ſare
queſta conſeguenza, e vediamo quello che il Galileo
ſoggiunge
in confermatione di ciò, _Anzi,_ dice egli.
_ſe vorremo_
_ben
conſiderare quello, che facia qualunque immenſa mole d’acqua,_
_che
ſia ſoprapoſta ad vn corpo graue, che in quella ſia locato, troua-_
_vemo
per eſperienza, ch’ella per l’oppoſito, più to ſto gli diminuiſſe in_
_gran
parte il peſo, e che noi potremo ſoleuar tal pietra grauiſſima dal_
_fondo
dell’ aqua, che rimoſſa l’acqua non la potremo altrimente alza_.
_re._ Queſte dottrine ſono veriſſime; onde biſogna dire, che
anco
ſia vero, che l’acqua, e molto meno l’aria nell’acqua
non
grauitino.
_Matem_. Io non m’arrogo di decidere, e determinare ſopra la ve.
rità, ò falſità di queſte dottrine: bene io direi così.
2923_TRIMO_ il ſolido è poſto ſolo nell’acqua, all’hora queſta non v’ag.
giunge peſo. Ma quando ſi pone nell’acqua congionto con
dell’acqua
, ò aria, di modo che quello, chè poſto nell’acqua
ſia
vn compoſto della materia del ſolido, e ò acqua, ò aria,
all’hora
queſte aggiũgono grauità;
non già che quella mate-
ria
del ſolido ſia fatta più graue di quello, che era prima;
ma
perche
l’aggregato, che ſi pone nell’acqua, contiene, e il pe-
ſo
del ſolido, e quello dell’acqua, ò aria, che pure peſano.
_Ofred_. Io non capiſco molto chiaramente queſti ſuoi detti.
_Matem_. Io mi dichiarerò con eſempi. Prendiamo vn pezzo di
oro
, e faciamone vna sfera, ò altro corpo, che non habbia
cauità
all’hora queſto ſolido ſe collocherà nell’acqua ſolo;
& in queſto modo ſe peſaſse in aria libre 100. e tant’acqua,
quanta
è eſſo ne peſaſſe 5.
ſe lo ripeſaſſimo nell’ acqua, tro-
uareſſimo
il ſuo peſo di libre 95.
Si riduca l’oro in vaſo, e riē-
pito
d’ac qua ſi peſi in aria, peſarà certo più di libre 100.
Peſi
libre
102.
ſe riponghi nell’acqua; tanto, e tanto trouaremo
il
ſuo peſo di libre 95.
Ma la mole dell’acqua, che ſi parago-
na
con l’aggregato in eſſa collocato, non è più tanta ſola-
mente
, quant’era la materia del vaſo;
ma tanta quant’è tut-
to
l’aggregato, che ſi pone nell’acqua;
e leua da tutto tanto
peſo
, quant’è eſſa, cioè libre 7.
Hora ſe l’acqua nell’acqua
non
peſaſſe, come trouareſſimo il medemo peſo di libre 95?

Non
trouareſſimo che 93.
Ma paſſiamo più oltre. Il mede-
mo
vaſo pieno d’aria ſi peſi in eisa, ſi trouara pur il ſuo peſo
eſser
libre 100.
Habbia il ſuo coperchio, che l’otturi eſqui-
ſitamente
, e ſi collochi queſt’aggregato entro l’acqua:
eſ-
ſendo
queſti maggior in mole, che non è il ſolo oro, ſe pa-
ragonerà
non più con acqua, che peſi libre 5.
ſole, come
quando
ſi collocaua il ſolo oro, ma con acqua che peſi li-
bre
7.
per cagione che il vano del vaſo’ſi ſuppone capace di
doi
Libre.
Adunque il peſo del vaſo ſi trouarà eſser libre 93.
Ma
quando ſi ſommergeua il vaſo pieno d’ acqua, queſto
peſaua
ſolo libre 95.
adunque queſte due libre ſono la diffe-
renza
del peſo dell’acqua nell’acqua, ſopra il peſo dell’aria
nell’acqua
.
_Ofred_. Ma 10 non capirla. pure per eſperienza, e lo toc-
co
con mano, che non poſſo alzar quella pietra, ma ſe
3024_DIALOGO_ ſommerſa nell’acqua, l’alzarò con pochiſſima fatica. Anzi
V
.
S. dice, e confeſſa, che l’oro, che in aria peſaua libre 100.
in acqua ne peſa ſolo 95. E la _propoſ. 7._ citata d’ Archimedc
proua
manifeſtamente, che le coſe più graui dell’ humido,
collocate
in eſso, ſono più leggieri di quanto peſa vna mole
dell’humido
eguale ad eſse.
Adunque l’acqua leua il peſo
dalla
coſa collocata in eſsa.
_Matem_. Se bene ſono certe l’eſperienze da lei portate, nulladi-
meno
è falſiſſimo, che l’acqua, ò l hu nido leui aſsoluta-
mente
il peſo alla pietra, ò all’oro;
ſi che in realtà, e for-
malmente
peſi meno in eſso, che fuori d’eſso.
In gratia Sig.
Ofredi mi facia vn fauore; alzi quella pietra.
_Ofred_. Ecco che la ſeruo. Ma, oime, che gran fatica. lo la laſcio
andare
.
Che diauolo de caprici vengono a V. S. ? Ha forſe
piacere
ch’io m’habbi a ſrenare?
_Matem_ Aſpetti vn poco. Laſci che le ponghi le mani ſotto.
più
tanta fatica?
Sente più tanto peſo?
_Ofred_. Oime. Reſpira mio core. Io hora facio aſſai minor
fatica
.
_Matem_. Adunque ha perſo la pietra la primiera grauità?
_Ofred_. Non Sig. Ha la grauità medema, ma la fatica dell’a lzarla
ſe
la ſiamo partita V. S. e me. lo alzo di ſopra, e V. S. ſpin-
ge
di ſotto.
_Matem_. Bene bene Signor Ofredi. Coſi camina il negotio della
pietra
nell’acqua Queſta iui ha la medema grauità, che ha
fuori
;
ma V. S non la ſente tutta, perche non è ſolo nell al-
zarla
.
_Ofred_. E coſa è quello, che m’aiuta? E forſe qualche ſpirito
acqueo
?
_Matem_. E tant’acqua in mole, quant’è la pietra, la quale caccia-
ta
da eſsa dal proprio luogo, fa forza per diſcender ad occu-
parlo
con vn tal momento, il quale ſempre combatte con
il
momento della pietra, ch’è magg@ore d’eſso, pareggian-
done
tanta portione quant’è eſso.
Onde V. S. nell’alzar la
pietra
non ſente, ne deue ſuperare che l’ecceſso di queſto
ſopra
quello, con qualche coſa altro.
_Ofred_. Q@@eſta dottrina non mi diſpiace. E parmi che da eſsa ſi
poſſi@@ferire
, che ſe altri voleſse alzar dall’ acqua vn
3125_TRIMO._ d’egual grauità in ſpecie con eſsa, queſtinon faceſse fatica
alcuna
, mentre il momento dell’acqua pareggiando quello
del
graue, non laſciaria à chi alzaſſe nell’acqua, occaſione
alcuna
d’affaticare.
_Matem_. V. S. inferiſce troppo. Altra forza vi vuole per tener
vn
peſo, altra per alzarlo.
Per tenerlo non vi vuole che tan-
ta
forza, quanto è il peſo;
per alzarlo, forza maggiore,
e
tanto maggiore, quanto più velocemente ſi pretende al-
zarlo
.
Per queſto detto di ſopra, che V. S. nell’alzar la
pictra
nell’acqua deue ſuperare l’ecceſſo del momento di
queſta
, ſopra quello dell’acqua, e qualche coſa altro.
Coſi adunque camina il negotio: nel tener la pietra ſommerſa
nell’acqua
, non vi vuole che tanta forza, quanto è l’ecceſſo
del
momento della pietra, ſopra il momento dell’acqua.
Nell’alzarla, più forza ſecondo l’incremento della velocità.
Nel
tener coſa egualmente in ſpecie graue con l’acqua.

niuna
forza.
Nell’alzarla, pure qualche forza, ſecondo la
velocità
.
Enoti V. S. che ciò è tanto vero, che anco poſta nell’acqua per
forza
coſa, che naturalmente galleggi, la quale anco natu-
ralmente
ſarà ſpinta insù dal momento dell’acqua, chi vor-
eſtrarla con maggior velocità di quella, conla quale è
ſpinta
in dal momento dell’acqua, dourà pure adoprar
forza
proportionata alla velocità.
E ritornando al noſtro
punto
principale, diciamo pure, che la pietra nell’acqua
perde
punto la ſua grauità;
benche nell’eſtrarla da eſſa altri
non
la ſente tutta, come ſe l’alzaſſe fuori d’eſſa;
perche il mo
mento
del mezzo eguale alla coſa immerſa, combatte con
quello
di queſta, ò pareggiandolo, ò ſuperandolo ſecondo
ilſuo
ecceſso, ò almeno leuando da eſſo quant’è il ſuo.
Coſi
l’acqua nell’acqua, l’aria nell’aria, ò nell’acqua, perde
la
ſua grauità.
_Ofred_. M’arricordo ch’intorno à queſta materia detto qual-
che
coſa nelle _Quarte conſiderationi_, riſpondendo a certe in-
ſtanze
del dottiſſimo Signor Zerilli.
_Matem_. V. S. ha buona memoria: è veriſſimo. In gratia Signor
Conte
ritroui il _noſtro Dialogo ſeſto_ verſo il fine.
_Conte_. Ecco, che carte_ 40. ſi recitano le parole del Signor
3226_DIALOGO_ rilli, che dicono. _Se io porrò vna palla di legno à galleggiare nell_.
_acqua certo è, che eſſa quiui per eſſer equilibrata non hauerà alcuna_
_grauità_
.
Coſi carte_ 41. ſi recitano altre ſue parole, eſono.
_Due
peſi equilibrati in vna bilancia, e nei termini opposti d’vna_
_ruota
diſteſa orizontalmente, e conuertibile intorno al ſuo centro_
_non
ſolamente ſono priui di grauità, &
c_.
_Mat_. Riſpondeſſimo anco eſſer falſiſſimo che li due peſi equili-
brati
nella bilancia ſiano priui di grauità, hauendo ambidue
li
loro momenti, con li quali operano, ma per eſſer queſti
eguali
, non vi eſſere cagione dimoto;
che per altro chi al-
zaſſe
la bilancia, ſentiria beniſſimo il loro peſo.
Così il cor-
po
galleggiante non eſſer priuo di peſo, benche priuo di mo-
to
:
onde, chi peſaſſe vn vaſo d’acqua di peſo di libre 10. e vi
poneſſe
vn galleggiante, che fuori d’eſsa peſaſſe vna libra, e
peſaſſe
tutt’aſſieme, ritrouarebbe vn peſo di libre 11.
Non
perdono
adunque li corpi poſti nell’acqua, ò ſopra l’acqua
la
loro grauità aſſolutamente, ſolo quanto al diſcendere
attualmente
.
Così l’acqua, el’aria nelli ſuoi ſimili non per-
dono
la ſua grauità formalmente.
Caro Sig. Ofredi mi facia vna gratia: ſpinga con vna mano in
giù
queſta lance di quella bilancia, ch’io ſpingerò giù l’al-
tra
.
_Ofred_. Io ſpingo.
_Matem_. Pur io ſpingo. perche ſtà in equilibrio?
_Ofred_. Biſogna dire che noi ſpingiamo egualmente.
_Matem_. Tanto fanno li graui. Grauitano egualmente, perciò
non
ne ſegue moto.
Ma V. S. ſpinga, ma non tanto quanto
prima
.
Vede V. S. come la bilancia diſcende dalla mia parte?
Non già perche lei non ſpinga, ma perche ſpingendo io più
di
lei, ſecondo l’ecceſſo del mio ſpingere ſopra il ſuo, facio
ſcender
la mia lance, alla qual diſceſa, biſogna che di neceſ-
ſità
ne ſegua l’aſceſa della ſua.
_Ofred_. In tutto queſto diſcorſo oſseruato V. S. che ſempre
nell’eſplicare
il moto all’insù delle coſe più leggieri, l’hà di-
chiarato
, quaſi che queſte ſijno ſpinte in dalla ſceſa delle
più
graui;
ſiche al vedere V. S. camina con l’opinione di Pla-
tone
, e di quelli antichi.
Ma queſta non è coſa tanto deciſa,
che
lei l’habbi da prendere come coſa certa.
3327_TRIMO_.
_Matem_. Queſta pulſione è ſtata confermata, e con ragioni, e con
eſperienze
tanto manifeſte da tanti grand’huomini, ch’io di
eſſa
nieute dubito.
Ne io per hora mi voglio affaticare a con-
fermarla
.
Ma l’esẽpio ſopra poſto della bilancia mi pare, che
molto
manifeſtamente dichiari, e dia a vedere come ſegui-
no
queſti moti.
G@à V. S. ſpingeua, ma per che io ſpingeuo
più
di lei, dineceſſità facendo inclinar la mia lance, biſo-
gnaua
che la ſua ſaliſse.
Tanto fanno le coſe graui; poiche
eſsendo
queſte collocate ò in libra artificiale, ò in libra na-
turale
, alla diſceſa della più graue, è neceſsario che il meno
graue
aſcenda, ſpinto in dal più graue.
In ſomma ſe ſi da-
no
coſe poſitiuamente leggieri, che queſte aſcendino per la
leggierezza
, non ſi potrebbe certo negare;
ma che coſe po-
ſitiuamente
graui aſcendino da ſe, per il deſiderio, che hab-
bino
di ſtare ſopra le più graui, non capirla;
mentre elsen-
do
vero, chele più grauia ppetiſcono di ſtar ſotto le meno
graui
parmi che queſto baſti per far ſalire le meno graui.
Al-
trimenti
non come ſi verificaſse l’aſſioma, _Fruſtra fit per_
_plura
, quod poteſt fieri per pauciora_.
Il dir anco che la medema
coſa
habbia due facolta poſitiue, vna d’aſcendere ſopra le
più
graui, l’altra di diſcendere ſotto le meno graui, parmi
pur
contrariiſſimo alla buona Filoſofia.
E pur biſognareb-
be
confeſsarlo, mentre vediamo, che l’oglio comune, per eſẽ,
pio
, ſaliſce ſopra l’acqua naturale, e diſcende ſotto il ſpirto
di
vino.
_Conte_. Se V. S. non vuole addurre alcuna dell’eſperienze, che
prouano
la pulſione, ò eſtruſione, io in gratia del Sig.
Ofre-
di
non voglio mancare d’addurne vn paro, che riaſciranno
forſi
nuoue, e a lei, &
al Signor Ofredi, eſsendo ſolo ſtate
prodotte
dal Giornaliere di Venetia, eſono del noſtro Sig-
Rinaldini
.
_Ofred_. che forſe anco a Venetia hanno principiato a ſcriue-
re
li auiſi Litterarij, all’v ſanza di Francia, Inghilterra, Ro-
ma
, &
altri luoghi?
_Conte_. Certo. Hoia la prima eſperienza in ſimil ſoggetto è re-
giſtrata
ſotto li 15.
Marzo 1671 Così Preſe il Sig. Rinaldi-
ni
vn cannello chiuſo da vna parte, &
aperto dall’altra, lun-
go
4.
braccia, e lo riempì di ſpirto divino, ponendoli
3428_DIALOGO_ vna balina, che galleggiaua e ſerò la parte aperta con veſica
d’animale
beniſſimo ligata e volrato il cannello, numerò
con
il pendolo il tempo, che conſumò la balla a ſalire, che
furno
zoo.
vibrationi. Poi riempì il cannello d’acqua comu-
ne
e fatto il medemo come ſopra, numerò pure le vibratio-
ni
ſpeſe a ſalice, che furono ſolo 100
_Matem_. Belliſſima eſperienza, che moſtra l’eſtruſione, mentre
la
balla dal maggior momento dell’acqua comune è ſpinta
in
più velocemente il doppio, che dal minor momento
del
ſpirto di vino;
douendo riuſcir l’oppoſto quando ſaliſce
per
leggierezza poſitiua, che più facilmente la condurebbe
per
il mezzo più tenue, che per il più craſſo.
Eperò ben vero che chitentara queſta eſperienza, enon ado-
perarà
le medeme coſe à puntino adoperare dal Signor Ri-
naldini
, ritrouarà varietà proueniente da vno, ò più capi.
Perche li pendoli variano le vibrationi conforme variano la
lunghezza
.
Non tutte l’acque comuni, ne tutti li ſpirti
di
vino hanno la medema grauità.
Ne ogni galleggiante ha
con
eſſe acque la medema proportione.
Sempre però s’eſ-
perimentarà
che il galleggiante ſa hià in minor rempo per
l’acqua
comune, che per il ſpirito di vino.
Ma veniamo all’-
altra
eſperienza.
_Conte_. Queſta è regiſtrata ſotto il primo Maggio paſſato. Preſe
il
vaſo divetro A D, con il collo lungo ſufficiente à procu-
rar
il vuoto mediante l’argento viuo;
la bocca D, era chiu-
ſa
con veſica ligata come ſopra, e l’im merſe nel vaſo EF,
pieno
d’argento viuo;
poi per l’orificio A, calo nel vaſo vn
pezzetto
di eſca ligata con vn filo di bombace intinto nel
ſolfo
, ligato il tutto con vn fil di ferro, di modo che toccaſ-
ſe
il vaſo in O, come nella figura;
poi riempì tutro AD d’-
argento
viuo, e con veſica di porco, e ligatura otturò ſtret-
tamente
l’orificio A;
poi forò la veſica D, ſtante nell’ar-
gento
viuo, di modo che calò l’argento viuo ſino alla con-
ſneta
altezza CI.
Fatto queſto fece prendere la lucerna da
lauorare
i vetri, e con il ſofietto fece ſofiare di modo che
la
fiamma colpiſce nell’O, cioè eſca, e ſolforini.
Vide che
il
fumo dell’eſca deſcendeua, e non aſcendeua, e li ſolforini
ſi
conſumauano ſenza leuar ſiãma.
Aperto
3529_TRIMO_6[Figure 6] Porificio A, e vide il fumo, e fiamma ſolleuarſi, & aſcende-
re
, certo non per altro, che per la eſpulſione, che fece l’aria
entrata
.
_Ofred_. Belliſsime eſperienze, nulladimeno io circa queſta eſtru-
ſione
vna gran difficoltà, la quale mi par inſolubile, ſe
vogliamo
guardar all’effetto, che ne ſegue;
e la difficoltà la
cagiona
_la prop.
6 d’ Archimede de Inſid. Hum_ che dice così. _Soli_-
_da
leuiora bumido vi preſſa in humidum ſurſum feruntur tanta vi,_
_quanta
humidum habens molem æqualem cum magnitudine eſt gra-_
_n
ius ipſa_.
Adunque vn legno più leggiero dell’acqua poſto in
cſſa
, ſalirà con tanto empito, quant’è l’ecceſſo della grauità
d’vna
mole d’acqua eguale allegno, ſopra la grauità del
3630_DIALOGO_ demo legno. Quando queſto legno foſse ſpinto in da que-
ſt’ecceſſo
, ne ſeguirebbe, che ò più fondo ò meno che foſse
ſpinto
queſto legno, ſempre dourebbe aſcender con la me.
dema velocità; perche eſsendo ſempre il medemo ecceſso in
tutti
li luoghi, non può che operar nel medemo modo, _iux-_
_ta
illud, Idem manens idem ſemper facit idem._
E pure non è così,
perche
il legno ſpinto poco ſott’acqua, aſcende con viia tal
velocità
:
più, con maggiore. La qual tanto più creſce quan-
to
più ſi profonda.
Il che manifeſta li sbalzi diuerſi, che in
maggior
, o minor quantita fuori della medema acqua arri-
uato
alla ſua eſtremità.
Biſogna adunque dire, che ſia por-
tato
in da vna ſua leggierezza, la quale facia nel ſalire co-
mela
grauità nel diſcendere, cioè cheil ſuo moto ſia aſcen-
dendo
più veloce in fine, che in principio;
e tanto più velo-
ce
, quanto più la via per la quale aſcende è lunga.
_Matem_ E queſta Sig. Ofredi vi pare difficoltà tanto inſolubile?
Io credo che ſi poſſi ſodisfar ad eſſa molto facilmcnte. E pri-
mieramente
io credo, che quell’a ſſioma da V S.
recitato,
che
_idem &
c._ posſi riceuer molte modificationi. Ma al noſtro
propoſito
, vorrei, che V.
S. midiceſſe. mai oſſeruato
quando
alcuno ſona vna campana, ò pure quando li fanciul-
li
ſi biſcolano?
_Ofred._ L’hò oſseruato certo.
_Matem_ Mi dica in gratia, come ?
_Ofred_ Che ſiamo diuentati fanciulli di badar à queſte bagat-
telle
?
_Matem_. , , mi dica pure, perche da queſte bagattelle caua-
remo
dottrine forſe molto ſerie.
_Ofred._ Già che vuol che dichi, dirò del biſcolare, eſſendo il me-
democon
il ſonare la cãpana.
Vn fanciullo da vna ſpinta all’
altro
, che ſta ſedendo ſopra la corda pendente, e lo muoue.
Poi replica la ſeconda ſpinta, e poi la terza, e coſi ſucceſſiua-
mente
;
e quello, che ſtà ſedendo cõcepiſce ſempre maggior
velocità
, sìche poi con ogni picciol ſpinta ſegue a muouerſi
aſſai
velocemente.
Anzi che ben ſpeſſo ne meno ſpingendo,
il
biſcolato ſaliſce molto alto.
_Matem_ ſe quello, che ſpinge, ſpingeſse ſempre egualmente,
coſa
ne ſeguirebbe?
3731PRIMO
_Ofred_. Corpo di me, andarebbe troppo alto, con pericolo di
romperfi
il collo.
_Matem._ Ma perche? Non ſarebbero ſempre ſpinte eguali? Adũ-
que
douerebbero ſempre cagionar il medemo moto.
_Ofred_. Certo che lo cagionano, ma il mobile non è ſempre il
medemo
:
perche la prima ſpinta lo ritroua in quiete; la ſe-
conda
lo ritroua già in moto;
la terza più; e la quarta ſem-
pre
più.
_Matem._ Tanto che Signor Ofredi altro è muouere con vna tal
forza
vn mobile, che ſia in quiete, altro che già ſia in moto.
E quando queſto ſia in moto, la medema forza velocitarà
più
il ſuo moto, che quando l'habb ia da rimuouer dalla.

quiete
.
E quanto più lo ritrouarà muouerſi velocemente,
tanto
accreſcerà maggior velocità.
s'immagini che tan-
to
operi l'acqua nel cacciar il galleggiante in eſſa immer-
ſo
per forza.
_Ofred_. Non ancora vederne il modo.
_Matem_. LMPO, ſia il galeggiante cacciato a forza nell'acqua,
al
quale ſia eguale l'acqua FGML.
Queſta ritrouandolo iui
ſenza
moto, appetendo la diſceſa a riempir il luogo occupa-
to
da eſſo, principia ſpingerlo in con l'ecceſso del ſuo
momento
ſopra quello del galleggiante, il quale pure con
l
'inſita grauità appetiſce l'accoſtamento al centro?
e ſà for-
za
co'l ſuo momento per non eſſer cacciato, ma biſogna,
che
ceda al maggiore.
Salendo queſti, ò per meglio dire, eſ-
ſendo
ſpinto in , incontra pure in altra acqua, che for-
za
per diſcendere;
come per eſempio ſpinto in H L O N, ri-
troua
l'acqua EFLH, eguale alla prima, e che lo ſpinge con
momento
eguale al primiero;
ma con queſta differenza,
che
il primo momento lo trouò in quiete, e queſto in mo-
to
, e così introduce maggior velocità.
E così quanto più
è
ſpinto in , ſempre troua eguali momenti d' acque a eſso
eguali
, che lo ſpingono con li loro ecceſſi in , ma ſempre
con
maggior velocità, perche anco lo ritrouano in moto
già
con maggior velocità.
Si che adunque eſſendo per eſ-
ſempio
tutto l'AGMB, che lo ſpinge in ſucceſſiuamente,
e
ſempre lo ritroua in moto più veloce, quanto più s'accoſta
alla
ſuperſicie ABD;
chi non vede, che quanto
3832_DIALOGO_7[Figure 7] farà la profondità BM, tãto più nel fine ſarà il moto veloce?
E coſi ſi faranno quelli sbalzi maggiori, e maggiori. Tutto
queſto
diſcorſo però ſtà fondato ſu’l ſuppoſto chetutta l’ac-
qua
ſia della medema grauità.
_Ofred._ Se bene mi pare che V. S. poteua portar eſempij più pro-
prij
, come di chi tira, e ſpinge la barca nell’acqua, ò ſimili;
nulladimeno queſta ragione non mi diſpiace, e la pulſione
m’è
entrata vn poco più in gratia di quello che era.
Come
parimente
io reſto ſempre più capace, che le coſe graui ſem-
pre
in tutti li luoghi, e mezzi eſercitino la loro grauità for-
malmente
, ſe bene poi impedite, non diſcendono.
_Conte._ Ma io direicosì. Se l’acqua nell’acqua non grauita, ſi che
vna
portione d’eſsa poſta in mezzo all’altra peſi, ò graui-
ti
, il medemo ſi potrà dire dell’altre portioni.
Adunque cõ-
ſtando
tutta l’acqua di queſte portioni, e niuna d’eſse graui-
tando
, ne anco tutta l’acqua v.
g. del canale, grauitarà ſopra
il
fondo.
Hora crede Sig. Ofredi che queſto ſia vero? Io non
I’hò
per così ſemplice.
3933_PRIMO_
_Matem._ Io nonsõ tante coſe. bene, che chi dice che le parti
ſuperiori
dell’acqua, anco ſtagnante, non grauitino ſopra
l’inferiori
, contradice manifeſtiſſimamente ad Archimede-
Et
acciò che queſto ſi conoſca, legga Signor Conte la ſua
dimoſtratione
della _citata Prop.
5. del Lib. I. de Inſidentibus bu_-
_mido
._
8[Figure 8]
Conte. Diſponantur (_dice egli_) eadem prioribus, & ſit bumidum non.
motum. Sit autem magnitudo E I. T H, leuior bumido. Si igitur bumi-
dum
eſt non motum, ſimiliter prementur partes ipſius ex xquo poſitæs
ſimiliter
ergo premetur bumidum quod ſuperſiciebus, quæ ſecundùm
peripberias
XO, P O.
Quare æqualis est grauitas qua premitur.
_Matem._ Lo può dir più chiaro? Quando adunque l’humido è
quieto
, le Piramidi XKO, OKP ſono premute egualmente
dalli
fruſti LXOM, MOPN.
ſeguiti Sig. Conte.
Conte. Est autem & bumidi grauitas, quod in prima piramide ſine,
BHTG
, ſolido æqualis grauitati bumidi quod in altera piramiáe ſine
RSCr
, bumido:
palàm igitur, quod grauitas magnitudinis EZTH, eſt
æqualis
grauitati bumidi RSCr.
_Matem._ Ma l’acqua RSCY, non è poſta entro I’acqua? E pure ſe-
condo
Archimede peſa.
ſont. Manife ſtum igitur, quod tanta moles bumidi, quanta est
4034_DIALOGO_ pars ſolidę magnitudinis, babet grauitatem æqualem toti magnitu-
dini
.
_Matem._ Ecco adunque; che il galleggiante ET, poſto nell’acqua
equilibrato
, e quieto, non perde, ſecondo Archimede, la
ſua
grauità.
Di più notino, che queſto peſare egualmente
le
grandezze, non viene conſiderato d’ Archimede fuori
del
luogo, oue ſono, cioè ò in aria, ò altroue;
ma ſolamen-
te
in quel preciſo luogo, che ſono, &
in quanto ſono parti
delle
piramidi LKM, MKN.
Di più notino, che non nomi-
na
ne grauità aſſoluta, ne altro.
_Conte._ Se le parti ſuperiori dell’ acqua non grauitaſſero ſopra
l’inferiori
, parmi che molto meno douerebbe grauitare ſo-
pra
la medem’acqua vna coſa più leggiera d’eſſa.
Ma queſta
grauita
;
adunque anco la medem’acqua. Mi dichiarò me-
glio
.
Sia il ſettore FCL d’acqua, ſopra il quale ſia l’oglio
EFLH
;
queſto certo grauitarà ſopra l’acqua. Hora chi ſarà
quelio
, che credà, che ſe in vece d’oglio ſi poneſſe acqua,
che
queſta non grauitaſſe?
_Ofred._ Il punto ſtà a dimoſtrare, che l’oglio EFLH, grauiti ſopra
l’acqua
.
_Conte._ Io credo che venga ciò dimoſtrato da vn’effetto natu-
rale
, ch è queſto.
Nell’acqua ſia poſto il galleggiãte HMPN;
queſto s’immergerà in eſſa con la ſua parte LMPO, e nell’al-
tro
ſettore s’alzerà l’acqua FGML.
Ma ſe ſopra infõderemo
oglio
, di modo che AFLB, e BHND, ſiano ripieni d’oglio,
all’hora
il galleggiante non ſtarà così, ma aſcenderà, di mo-
do
che la parte immerſa nell acqua ſia minore della prima.

LMPO
el’HLON, maggiore.
E ſe in vece d’oglio infondeſ-
ſimo
coſa più graue dell’oglio, ma più leggiera dell’ acqua,
ancora
il ſolido HMPN, più galleggiarebbe nell’acqua;
e ſe
meno
graue più s’immergerebbe, In ſomma ſe ſopra il gal-
leggiante
, e l’acqua vi foſſe vacuo, la parte immerſa LMPO,
ſarebbe
la maſſima.
Se aria, vn poco meno. Se ſpirto di vi-
no
aſſai meno.
Se oglio, ancora meno. E così a proportio-
ne
, ſecondo che più creſcono in grauità le materie ſopra po-
ſte
.
Sino però che non foſſero, ò egualmente graui, ò più
graui
in ſpecie del galleggiante;
perche nel primo caſo, que-
ſto
vſcirebbe totalmente dall’ acqua, e nel confine d’eſſa,
4135_PRIMO_. del corpo ſoprapoſto ſi fermarebbe con la ſua inferior ſu-
perficie
, e tutto immerſo ſtarebbe nel corpo ſoprapoſto;
e
nel
ſecondo caſo ſallirebbe anco a galleggiar in eſſo.
_Ofred_. Queſt’è vn conſiderabile Fenomeno di natura; ma come
V
.
S. vuole inferire che l’oglio, ò coſa più leggiera dell’acqua
grauiti
ſopra eſſa?
9[Figure 9]
_Conte_. Io di queſt’ effetto non ſaprei aſſegnar altra cagione, ſe
non
che quando ſopra il gallegiante, e l’acqua vi foſse va-
cuo
, tanto grauitaſſe il galleggiante HMPN, quanto l’acqua
FGML
eguale alla parte immerſa.
Ma quando ſopra vi foſ-
ſe
, ò oglio, ò altro fluido, tanto doueſſe grauitare il galleg-
giante
, quanto l’acqua FGML, eguale alla parte immerſa,
inſieme
con il fluido EFLH, eguale alla parte fuori dell’ac-
qua
:
onde ſecondo la grauità dell’oglio, ò d’altro fluido ſo-
prapoſto
, doueſse ſcemarſi, ò creſcer l’FGML.
Ilche non ſi
fa
, che ſcendendo l’acqua, e ſalendo il galleggiante.
E parmi
che
la natura inſegni, che così, e non altrimenti poſſi eſse-
re
.
Sia ſopra l’acqua, & il galleggiante vacuo; tanto grauita-
l’acqua FGML, quanto il galleggiante HMPN.
Sopra
4236_DIALOGO_ acqua s’infondi l’oglio EFLH; pare ragioneuole, che que
ſtocon
l’acqua FGML, debba più grauitare, che la ſola ac-
qua
FGML;
& in conſeguenza, più che il galleggiante HM-
PN
.
Onde lo farà ſalire fino che li momenti s’equilibrino. In
ſomma
l’effetto è certiſſimo.
Ne io d’eſso ſaprei aſsegnar
altra
cauſa;
che queſta.
_Ofred_. Se così è, V. S. ſarà dell’opinione del dottiſſimo Sig. Dona-
to
Roſsetti, il quale _nelle ſue dimoſtrationi Fiſicomat.
cart. 3_.
dice. _Il concetto d’ Archimede, che il galleggiante ſi ſommerga ſot_-
_to
il liuello dell’ acqua, fin tanto che vna mole d’acqua eguale alla_
_parte
ſommerſa, peſi aſſolutamente quanto tutto il galleggiante, è_
_falſiſſimo_
.
E ſegue a dire, che la ſua propoſitione è vera, quan-
do
ſopra l’a cqua, e galleggiante vi è vacuo, ma non quando
viè
aria;
perche all’hora quanto peſa il galleggiante, tanto
peſa
vna mole d’acqua eguale alla parte immerſa, inſieme
con
vna mole d’aria eguale alla parte eſtante.
_Conte_. Io non voglio ricercare, che coſa intendeſſe Archime-
de
.
bene che quanto dice il Signor Roſſetti, mi par vero;
e facilmente m’induco a credere, che Archimede alla groſ-
ſa
caminaſſe con I’opinione di quelli, che ſtimauano la no-
ſtra
aria poſitinamente leggiera.
Che per altro io ſtimo, che
la
grauita aſſoluta d’vn graue non ſia quella, che ſentiamo
nell’aria
, ò in altro mezzo pieno, ma quella che ſentireſſi-
mo
nel vuoto.
_Matem_. In gratia Sig. Conte non corra così precipitoſo in con-
dannar
Archimede.
Chisà, che di quel Fenomeno di natu-
ra
non ſia più toſto cauſa vna certa, per coſi dire, leggie-
rezza
, ò grauità minore eſsercitata nell’ acqua?
Primiera-
mente
vorrei, che conſideraſſimo, che Archimede non no-
mina
mai grauità aſſoluta, ò altro, ma ſolo, come ſi vede
manifeſtamente
dalla ſua propoſitione ſoprapoſta, conſide-
ra
la grauità, ch’eſsercita il galleggiante, come immerſo nel-
l’acqua
, e nel modo che ſta.
Secondariamente vorrei Signot
Ofredi
, che eſſa mi diceſse, ſe eſsẽdo il galleggiante HMPN,
immerſo
con la parte LMPO, e ſopra eſſo vi foſſe vacuo, ſe
alcuno
l’alzaſſe dall’acqua, ma non totalmente, ſi che la
parte
immerſa foſse minore del LMPO, ſe queſti ſentiſſe la
grauità
aſsoluta del galleggiante, ò parte?
4337_PRIMO_.
_Ofred_. Io credo che ne ſentiſse parte, e che l’altra ſoſse con-
trapeſata
dalla parte dell’ acqua FGML, eguale alla parte
ſommerſa
.
10[Figure 10]
_Matem_. In queſto caſo non potreſſimo dire, che tanto grauitaſ-
ſe
quella parte dell’acqua FGML, quanto nell’ acqua il gal-
leggiante
HMPN?
_Ofred_. Non voglio dire che ciò non ſia.
_Matem_. s’imagini V. S. che il medemo, in certo modo, in-
trauenga
al galleggiante, quando ſopra eſso ſi pone, ò aria,
ò
oglio, ò altro fluido più leggiero d’eſſo, e dell’acqua.
E per
intelligenza
di queſto, ſupponga V.
S. che il galleggiante ſia
di
materia egualmente graue in ſpecie con l’oglio, che ſup-
poniamo
ſoprapoſto.
Queſto grauitarà ſopra l’acqua, in
niun
conto s’immergerà in eſſa, benche ſia di materla ſoda
(come s’immergerebbe altro galleggiante anco aſsai più
leggiero
in ſpecie di quello, quando ſopra eſſo non vi foſſe
oglio
.)
Hora io vorrei che V. S. mi diceſſe, perche non s’ini-
merge
il galleggiante punto nell’ acqua?
Forſe non gra-
uita
?
4438_DIALOGO_
_Ofred_. Grauita; ma eſſendo della medema grauità con I’oglio,
queſto
l’equilibra, &
in vn certo modo, quaſi direi li leua la
grauità
:
onde e ſsendo li loro momenti eguali, ne l’vno, ne
I’altro
può ſcendere, &
eſsercitare l’effetto della grauità.
_Matem_. Bene, bene. Non ſi può adunque dire con giuſta verità,
che
il galleggiante è trattenuto dall’oglio, acciò non diſcen-
da
in conto alcuno nell’acqua?
Non ſi può dire veridicamẽ-
te
, che il galleggiante nulla grauiti entro l’acqua, quantun-
que
grauiti ſopra eſsa?
_Ofred_. E bene coſa vuole inferire?
_Matem_. Hor hora lo ſentirà. Conſideriamo il galleggiante di-
uenuto
vn poco più graue in ſpecie dell’oglio, e meno dell’-
acqua
, ma che vno lo teneſse, che grauità ſentiria egli?
_Ofred_. Queſti ſecondo la più volte citata _propoſit. 7. d’ Archime-_
_de_
ſentirà il ſolo ecceſſo della grauità ſua, ſopra quella della
mole
dell’oglio EGMH, ad eſso eguale, mentre nell’oglio è
più
leggiero di quanto peſa queſta mole d’oglio.
_Matem_. E ſe lo laſciarà, che ſarà?
_Ofred_. S’immergerà v. g. con la parte LMPO.
_Mat_. la parte HLON, non è immerſa nell’oglio, & in con-
ſeguenza
non è reſa più leggiera?
_Ofred_. Non dire di ,
_Matem_. Tanto adunque che in parte il galleggiante, accioche
non
diſcenda, e trattenuto dall’oglio, che lo fa più leggiero.
che altro lo trattiene?
_Ofred_. Direi che foſse l’acqua FGML.
_Matem_. Ecco adunque Sig. Ofredi, che il momento del galleg-
giante
è pareggiato da due cauſe;
dall’oglio che lo fa in par-
te
più leggiero, e dall’acqua FGML, che eſsendo eguale alla
parte
immerſa, pareggia il momento, che eſercita il galleg-
giante
nell’acqua.
Si che ſempre è vero il concetto d’Archi-
mede
, che la mole d’acqua eguale alla parte immerſa, pa-
reggia
il momento, che eſercita il gallegiante entro l’acqua.
E perche quanto è più graue il fluido ſoprapoſto, tanto più
queſto
rende leggiera la parte eſtante;
quindi è, che il gal-
leggiante
ſempre meno s’immerge, quanto più quel fluido
è
graue.
_Conte_. Non però la parte d’acqua eguale alla parte
4539_PRIMO_. grauita aſſolutamente ſempre quanto tutto il galleggiante;
ben queſta con vna mole di fluido ſoprapoſta eguale
alla
parte eſtante.
_Matem_. Q@eſt’è ben vero: ma non dobbiamo precipitoſamente
dire
, che Archimede habbia inteſo così, mentre come hab-
biamo
veduto, mai nomina grauità aſsoluta, ò altro.
Si vol-
tino
queſte ragioni contro chi diceſse que llo, che non dice
Archimede
, cioè che peſaſſero egualmente anco aſſoluta-
mente
.
_Ofred_. Orsù ſia come eſſer ſi voglia, io tengo certiſſimamente,
che
le parti ſuperiori dell’acqua premino ſopra l’inferiori, è
che
tutte le coſe graui ſempre grauitino in tutti li luoghi, è
mezzi
.
Onde credo che infiniti equilibrij, che vediamo non
na
ſchino, che da queſte preſſioni, è che di molti effetti, que-
ſte
ſiano le vere cagioni.
Sig. Profeſſore fa tardi; e l’aria
della
notte in Padoua non è troppo buona per queſti male-
detti
chi .
_Conte_. Non dubiti Sig. Ofredi, ch’è ancora à buon’hora. E poi
non
biſognaua principiare queſti diſcorſi, chi non voleua
finirli
.
Io certa mente non intendo che partino da me, ſe
prima
non ſi sbrighiamo dal Dottiſſimo P.
Paolo Caſati
Geſuita
.
_Ofred_. In verità che V. S. ragione. Io me l’ero ſcordato. Toc-
ca
a lei Sig.
Profeſſore che n’è informata, parteciparne le
ſue
dottrine.
_Matem_. Ne è bene informato anco il Sig. Conte che vedo hauer
il
ſuo libro, che farà gratia di porgermelo.
Deue adunque ſa-
pere
Sig.
Ofredi, che il P. Caſati in queſto ſuo ammirabile li-
bro
intitolato _Terra Machinis mota, nel principio della 5.
Diſſer_-
_tatione_
intro duce l interl ocutore Guldino a narrare tutta la
ſerie
dell’eſperienza del recipiente del Sig.
Gerickio appun-
to
come è deſcritta dal P.
Scotti; qual recitata, che l’altro
interlocutore
Merſenno interroghi il Guldino così.
_Et du_-
_bitabis
adhuc, an aeri vas implenti tribuendũ eſſet pondus, quod aere_
_extracto
defuit?
Tibi certe non idſtipularentur quicunque liquorem_,
_puta
oleum, aut mel, ad libram vendunt;
quæ enim inter vas plenum_,
_ac
vacuum differentia ponderum intercedit, eam liquori tribuendam_
_nemo
negat_.
4640DIALOGO
Dopòle quali parole che il Guldino interroghi pure il Mer-
ſenno
.
_Sed quid ſi vas in aquam expenderent nunc quidem melle_
_nunc
vero aere plenum?
an grauitatum differentiam ita melli tri-_
_bueres
, vt velles pro ea pretium ſoluere?_
Alla quale interogatio-
ne
troppodubioſo d’eſſer gabbato, convn _Minimè omnium_,
riſponde
il Merſenno poco bene, per mio credere.
Poiche
facendoſi
queſti peſi, e nell’aria, e nell’acqua, ſempre ſi tro-
uarà
la medema differenza;
& in conſeguenza che l’oglio
peſi
il medemo.
E per conoſcer queſto, ricorriamo al no-
ſtro
eſempio del vaſo d’oro poſto a carte 23.
, il quale peſa-
to
in aria in pezzo, ò formato in vaſo peſaua libre 100.
In.
acqua peſaua libre 95. e pieno d’aria, & otturato, libre 93.
Supponiamo
che queſto riempito di mielle in aria peſi libre
101
.
ſi che il mielle ſia in grauità ſubdupla dell’acqua. Già il
Merſenno
non hauerà ſcrupolo, che peſato in aria il vaſo
pieno
di mielle, e vuoto, e ritrouata la differenza d’vna li-
bra
, che ſia il peſo del mielle;
& in queſto modo ſi conten-
tarà
di pagaril prezzo.
Ma ſe queſta medema differenza d’v-
na
libra ſe ritrouarà peſando nell’acqua, perche non la vorrà
pagare
?
_Ofred_. ſe ſarà la medema. Ma dubito che non ſia molto
maggiore
.
_Matem_. Non certo. Perche il vaſo pieno d’aria nell’acqua peſa-
ua
libre 93.
mentre la mole dell’ acqua eguale all’aggregato
peſaua
libre 7.
Ma pur queſte 7. libre leuarà dall’aggregato
del
vaſo, e del mielle;
ſi che eſſendo queſte libre 101. reſta.
ranno libre 94. onde vna libra pure ſara il mielle; e la diffe-
renza
trouata nell’aria, e nell’acqua ſarà la medema.
_Conte_. Ma V. S. legga la ragione, che aſſegna del _minimè ominum_.
Matem. _Eccola_. Quia prater mellis pondus ſublatum, etiam de vaſis
grauitate
non parum demeret incluſi aeris leuitas.
_Ofred_. Da queſte parole ſi vede manifeſtamente, che egli pen-
ſa
, che l aria aggiunga leggierezza al vaſo;
che perciò mag-
gior
differenza ſi douerebbe ritrouare peſando in acqua,
che
peſando in aria;
il che ſopra è ſtato prouato eſſer falſo.
_Matem_. ſentino quello anco, che loggiunge il Guldino.
_Quid ni igitur vaſis grauitati detractum pariter aſſeras ab incluſo_
_aere
maximè raro, ac proindè longè leuiore, quam aer iſte
4741PRIMO. _nis?_ Ecco adunque che il Guldino dubita, ò per meglio dire
penſa
, che la maggior leggierezza nel recipiente euacuato,
che
pieno, naſca, non dall’aſſenza dell’aria eſtratta, ma dalla
maggior
leggierezza poſitiua dell’aria rachiuſa nel vaſo, aſ-
ſai
più leggiera della comune.
Non poi vedere come con verità inferiſca quanto ſoggiun-
ge
.
_Ex quo illud vnum conficitur, quod vltro , aerem ſcilicet no-_
_ſtrum
futurum grauem, ſi phialæ incluſus trasfereretur in aerem ra-_
_riſſimum
&
in eodem medio eſſet æquipodium, quo aeris communis_
_grauitas
exploraretur_.
_Ofred_. Tutta queſta dottrina mi par veriſſima, ma non già ſola;
poiche anco è vero, che la noſtra aria grauita, ein vna ſimi-
le
ad eſſa, e in vna più graue.
Nella più leggiera, qual foſſe
quella
del recipiente, ſarebbe anco tanto graue, che diſcen-
derebbe
.
_Matem_. Non credo adunque che habbia ragione di dire con tan-
ta
certezza, &
aſſeueranza a carte 171. _Hoc itaque experimento_
_non
ſatis probari noſtri aeris grauitatem abſolutè, mibi certiſſimũ eſt_.
_Ofred_. fatto bene a poner quel _mihi_, perche a noi certo non
è
così.
_Matem_. Ne meno parmi, che habbia ragione di replicare. _Sed_
_illud
vnum ex inæquali Recipientis pondere ante, ac poſt aeris extra-_
_ctionem
vi anthliæ, confici poteſt, quod non inficior, ſcilicet cõmunem_
_hunc
nostrum aerem in aere alio magis raro grauitare poſſe_.
Perche
grauita
, e nel più raro, e nel raro egualmente, e nel più den-
ſo
;
ſe bene poi non pregrauita, e diſcende che nel primo. Ma
tardi da douero.
Andiamo adunque, con laſciar la buona
notte
al Sig.
Conte, a ca ſa. Dimani voglio che ritorniamo
quà
, ſe però così li piace, perche non fornito di dire
quanto
haueuo in animo ſopra le preſſioni de liquidi.
_Ofred_. Non parta di caſa ſenza me, che ſarò a leuarla.
Fine del Primo Dialogo.
4842
DIALOGO
SECONDO
.
11[Figure 11]
M _Atem_. Che bel Libro Sig. Ofredi è quello,
che
tiene ſotto il braccio?
Biſogna certo
che
contenga dottrine molto da lei ſti-
mate
, mentre vedo che lo cuſtodiſſe con
tanta
diligenza.
La curioſità de diman-
darle
del Libro, mi fatto ſcordare del-
la
ciuiltà de riuerirla.
_Ofred_. Io pure riueriſco V. S. e la prego
che
andiamo quanto prima a ritrouare il
Sig
.
Conte, perche il deſiderio, che d’auertire V. S. di
certo
ſuo errore, che mi ha fatto conoſcere queſto Libro,
mi
fa parere ogni momento di tempo, vn ſecolo.
Il Libro è
del
Sig.
_Andrea Van Berlicom;_ & è diſtinto in 12. Libretti, & il
ſuo
titolo è _Elementorum de rerum natur alium granitate, &
c_.
_Matem_. Il Sig. Conte mi ha fatto ſapere per vn ſuo ſeruitore.
che ſarà quà a caſa mia. Eccolo appunto che viene molto
in
freta.
Sig. Conte la riueriamo; e ſi contenti di queſti bre-
ui
complimenti, perche io viuo molto ſollecito d’eſſer leua-
to
dal Sig.
Ofredi, mediante il Libro, che tiene in mano, che
è
del Sig.
Van Berlicom, d’vn mio errore. Preſto in gratia
Sig
.
Ofredi me lo facia vedere.
_Ofred_. Accomodia moci prima. Hieri V. S. in materia di peſa-
reha
eſemplificato e carte 23.
& à car ts_ 40. ſopra d’vn pezzo
d’oro
prima raccolto in sfera, ò altro corpo, che non haueſſe
cauità
, e poi formato in vn vaſo, qual’oro peſaſſe fuori d’ac-
qua
Libre 100.
& in eſſa 95. e tanto ha ſuppoſto peſare in
ambidue
le forme.
Hora V. S. non oſſeruato, che ſe l’oro
ridotto
in sfera peſarà in aria Libre 100.
& in acqua 95. ri.
4943SECONDO. dotto in qual ſi ſia altra figura, mentre che di neceffità que-
ſta
ſarà maggiore, peſarà ſempre meno?
Di queſto ſuo in-
auertimento
m’ha fatto accorgere queſto autore, il quale.
_nel Lib._ 1. camina con queſti auertimenti. _Nel 5. Theorema_
auertiſce
che, _Omni corpori natur ali eſt aliquod pondus ſui pro-_
_prium
&
iuſtum ſine reſpectu alterius_.
Per peſo giuſto del graue intende quello, che queſto peſareb.
be nel vacuo, che però ſoggiunge _il 6. Theorema: Reſpectu li_
_quidi
in quo corpus libratur pondus eius non eſt proprium, nec iu-_
_stum
.
E nel Theorema 10. Cuiuscunque corporis pondus, quocumque_
_medio
libretur propter medium illud à iuſto ſuo pondere deficit.
E nel_
_Theorema
13.
Medium tenuius, & liquidius minus imminuit corporis_
_pondus
iuſtuns, &
proprium, & medium denſius, & compactius_
_magis
imminuit_.
queſta mancanza di peſo proptio nel graue non ſolo di-
pende
dal mezzo, che lo diminuiſce, come ha detto, ma anco
dalla
figura.
Che perciò hauendo detto _nel 7. Theorema_, che
_Reſpectu
figuræ, qua corporis cuiuſcunq;
moles circunſcribitur pon-_
_dus
eius eſt aut iustum, aut iniuſtum_, ſoggiunge nell’s.
_Iustum pon-_
_dus
nullis corpori eſſe poteſt extra figuram exactè sfericam_.
E chia-
riſſimamente
_nel 13.
Omne corpus in figuram sfericam conforma-_
_tum
, eſt ſeipſo in quamcunque aliam figuram conformato ponde-_
_roſius
.
E nel 17. Corpus quod eſt figura latiore, & ſecundum partem_
_laxiorem
applicatum, plus à grauitate medij ſuppoſiti, vel obiecti_
_ſuſtinetur
, quam ſi ſit figura contractiore, &
ſecundum partem ar-_
_ctiorem
applicetur_.
_Matem_. Da tutti queſti ſuoi nudi Theoremi, ne veſtiti con al-
cuna
ragione, non mi ſento punto moſſo a ſcoſtarmi da
quanto
hieri detto;
mentre certo tutte le ragioni, & eſ-
perienze
ſono in contrario;
ne quanto al peſo del corpo ha
punto
che fare la figura.
Onde ſe la sfera ſolida d’oro peſa-
in aria Libre 100.
e in acqua 95. ridotto queſto in qual ſi
ſia
figura (pure che le parti ſue non ſi conſtipaſſero, o rarefa-
ceſſero
, &
in conſeguenza non ſe reduceſſero a maggior, ò
minor
mole) ſempre ſi ritrouarà il medemo peſo.
E ſe ſi ri-
trouarà
varietà, come quando ſi poneua nell’acqua il vaſo
d’oro
pieno d’aria, che peſaua Libre 93.
la varietà naſcerà
dall’oro
ridotto in figura più grande, ma dall’aria,
5044DIALOGO che il locato entro l’acqua è vn compoſto d’oro, e d’aria; &
in
conſeguenza maggiore del puro oro, il quale in tutte le
forme
è ſempre il medemo ſolido à puntino.
_Ofred_. Come è il medemo ſolido à puntino? Non prouano co.
munemente li Geometri, che la figura sferica è la più capa-
ce
di tutte l’iſo perimetre, ò eguali?
Onde mentre che ridot-
to
queſto oro in qual ſi ſia altra figura, queſta deue circon-
ſcriuere
il medemo oro;
biſogna che queſta ſia maggio-
re
.
_Matem_. Certo che lo dicono. E così queſt’ oro ridotto in sfera
è
circonſcritto dalla minima delle figure, la quale certo ſem-
pre
è fatta maggiore, ogni qual volta diuerſificata dalla sfe-
rica
, debba terminare la medema materia.
Ma non eſſendo
la
ſu perficie, ma il ſolido quello, che peſa;
mentre queſto è
ſempre
il medemo, benche hora ambito da maggiore, ho-
ra
da minor ſuperficie, peſarà anco ſempre, ambito da
qual
ſi ſia ſuperficie, il medemo peſo in tutti li mezzi.
_Ofred_. Ma chi non vede che le 100. Libre d’oro ridotte in figu-
ra
sferica, ò cubica deſcenderanno per l’acqua per molto
ſpacio
in tempo molto breue, nel quale ridotte in priſma, ò
parallelepipedo
molto largo, con queſta parte larga collo-
cate
entro all’acqua, non deſcenderanno che per pochiſſi-
mo
ſpacio?
Ecco adunque che la figura larga, & ampla leua
molto
dalla grauità delli ſolidi, cioè li rende aſſai meno va-
lidi
, e pronti a penetrar il mezzo.
_Mat._ Io non voglio determinare aſſolutamente ſe l’ampiezza
della
figura a mbiente arrechi qualche impedimento a ſupe
rar
il mezzo nelli graui, che ſi muouono ni turalmente all’
ingiù
, o ;
ma dico bene, che queſto, ſe vi è, non è quanto
forſe
alcuno penſa;
e che il ſpacio paſſato da due graui egua-
li
, vno di figura raccolta, l’altro di quanto ſi vuole dilatata,
non
è tanto differente, quanto forſe alcuno penſa (quando
però
per ſpacio s’intenda quello, che veramente biſogna in
tendere
, cioè non vna ſemplice lunghezza, ma vna trina di-
menſione
, o corpo.)
E per dichiararmi dico, che poſto il cu-
bo
, il cui profilo A D, più graue in ſpecie dell’acqua, in
eſſa
, queſto diſcende ſino al fondo, come in E H, con vna tal
velocità
, che corriſponde all’ecceſſo della ſua grauità
5145SECONDO. ſica ſopra quella dell’acqua; & in queſto tempo ha paſſato
tutto
ſpacio CH, che è il profilo d’vn corpo, &
alzato
ſucceſſiuamente
vna mole d’acqua eguale all’ AF.
Intendia-
mo
hora il Parallelepipedo IM, eguale al cubo AD, del qua-
le
la baſe rappreſentata per LM, ſarà tanto maggiore della
baſe
del cubo, quanto l’altezza AC, di queſto ſarà maggio-
te
dell’LI, altezza di quello.
Queſtinel medemo tempo ſi
12[Figure 12] ſarà moſso più lentamente, e ſarà arriuato in N Q.
per lo
ſpacio
L Q lq@ale quanto alla lunghezza LO, ſarà aſsai mi-
nore
della lunghezza C G, ma però quanto alla ſolidità
L
Q, che è la vera e ſsenza del ſpacio, hauerà fatto vn ſpacio
ſe
non eguale, non tanto minore dello ſpacio CH;
& hauerà
alzato
vna mole d’acqua IB, ò eguale, ò poco minore della
molc
AF;
perche, come dice il prouerbio, quello che non
nel
buſto, nelle maniche;
poiche il ſuo ſpacio paſſato è
molto
largo, in comparatione di quello paſſato dal cubo,
5246DIALOGO il paſſato da queſto, è di quello più lungo.
_Conte._ Queſta dottrina non mi diſpiace; e parmi che aſſai ragio-
neuolmente
ſe facia ponderatione ſopra la differenza dello
ſpatio
paſſato dal graue più raccolto, e più dilatato;
cioè che
quello
ſia ben più lungo di queſto, ma non forſe maggiore;
e ſe maggiore, non tanto quanto altri penſa. E da quanto
V
.
S. ha detto, parmi che ſe poſſa aſſegnare, ſe non la totale,
almeno
vna delle vere cagioni, perla quale il medemo cor-
po
ridotto in figura più ampla, debba deſcender più lenta-
mente
, che in figura raccolta.
In gratia me dica Sig. Ofredi.
Se
V.
S. vna determinata forza alzaſſe in vn determinato
tempo
vn graue ad eſsa adequato, potrebbe con la medema
forza
nel medemo tempo, alzarne vn maggiore?
_Ofred._ Supponga pure che io riſponda di .
_Conte._ E queſta è almeno vna delle cauſe perche il medemo gra.
ue ridotto in figura ampla, diſcende più lentamente, che
quando
era in figura raccolta.
La ſua grauità è ſempre la
medema
e queſta, è quella, che cagiona, che deſcendendo
alzi
il mezzo, per il quale diſcende, e lo cacci dal proprio luo-
go
.
Onde operando ſempre con la medema forza, non può
nel
medemo tempo alzare, che la medema quãtità del mez-
zo
.
Ma quando ſi moueſſe con la medema velocità, con la
quale
ſi muoue ridotto in figura raccolta, alzarebbe vna par.

te
del mezzo molto maggiore, come ſarebbe per eſempio
l’acqua
IP, ſe la ſua altezza IN, foſse eguale all’ altezza A E.

Adunque
biſogna di neceſſità, che deſcenda tanto più lenta-
mente
, quanto più è ridotto in figura ampla.
_Mat._ Sia quello che eſser ſi voglia di queſta dottrina, io torno
a
replicare quanto detto hieri;
cioè che il medemo gra-
ue
collocato entro all’acqua, ò aria, ambito da qual ſi ſia fi-
gura
, ſempre ſe ritrouarà del medemo peſo.
_Ofre._ Se così è, tutte le concluſioni, che il Sig. V an Berlicom de-
duce
da queſti principij, ſaranno poco bene dedotte.
_Matem._ Così l’eſperienza, e la ragione m’inſegna. Ne io dubito
punto
di ciò.
_Ofred._ Ne meno io ne dubito più. Si che parmi bene, per hora,
chiuder
il Libro del Sig.
Van Berlicom; contentandomi d’-
hauer
imparato delli graui quanto ſia bene fuggir la fatica.
5347SECONDO.
_Conte._ Io che ſono poltrone per natura, pagarei non poco, im-
parare
queſta dottrina, &
hauer occaſione de ſcuſarmi con
I’eſempio
di queſti.
_Ofred._ Io gle l’inſegnarò ſenza premio oſſeruato, che quan-
do
ſe colloca nell’acqua, o altro fluido vn corpo più largo,
che
poſto, con la ſua larghezza, per il più egli non ſeguita a
muouerſi
parallelo a ſe ſteſso ſino al fine, cioè con la parte
larga
auanti, ma ſe riuolta con la parte più ſottile.
V. G.
vna tauola poſta nell’acqua con la ſua parte larga, non ſegui-
ta
a muouerſi così, ma ſe riuolta in taglio, e coſi ſegue a mo-
uerſi
ſino al fine.
Hora dalle precedente dottrine io raccol-
go
, che queſto ſia per fuggir la fatica d’alzare vna maggior
mole
, che de neceſſità biſognarebbe, che alzaſse, ſeguitan-
do
a muouerſi ſino al fine con la parte larga, alzandone mo-
le
molto minore mouendoſi in taglio.
_Matem._ Quando queſto folse, vi ſarebbe l’aſſioma Filoſofico,
che
_Fruſtra fit per plura, quod poteſt fieri per pauciora_;
e ſi potreb-
be
dire, che appetẽdo il graue accoſtarſi al centro, ſcieglieſ-
ſe
la via d’arriuarui nel tempo più breue.
Ma io penſo, che
ciò
non habbia punto che fare in ſimil accidente, quando
intrauenga
, e che d’eſso ne ſia altra ragione proueniente pe-
dal mezzo, che s’alza;
e che non meno ſe poſſi tramutare
la
diſceſa del graue dalla parte più larga, nella più ſottile,
ma
anco da queſta in quella.
_Ofred._ Sentirò volontieri il ſuo penſiero.
_Matem._ Tengo di certo che V. S. ſapia, che ogni corpo ha il ſuo
centro
di grauità, mediante il quale ſe regola la diſceſa di
eſſo
corpo, di modo che chi imaginaſse vna linea retta, che
congiongeſse
queſto centro con quello della terra, il det-
to
centro nel diſcendere ſempre ſi trouarebbe in detta li-
nea
.
Credo anco che ſa pia, che queſto centro ſia in tal modo col-
locato
nel graue, che diuiſo queſto con vn piano, che paſſi
per
detto centro, lo diuida in due parti, che hauerebbero
momenti
eguali.
Queſte però ſono anco eguali in mole,
quando
il centro di grauità è il medemo che il centro della
figura
, ma quando queſti centri ſono diuerſi, all’hora ſono
ineguali
.
5448DIALOGO
_Ofred._ In gratia eſemplifi chi queſta dottrina.
_Matem._ L’eſemplificarò in vna pezza di formaggio Piacenti-
no
,
_Ofred._ Eſempio non ſpiaceuole,
_Matem._ La quale è terminata da due piani paralleli, che ſono
due
circoli, quali ſupponga che ſiano perſetti.
Chi s’imagi-
narà
vna linea, che congiunga li centri di queſti piani, il ſuo
punto
di mezzo ſarà il cẽtro della figura del corpo;
e queſto
farà
anco il centro di grauità, ogni qual volta il corpo del
formaggio
ſia eguale da per tutto, &
vniforme. Ma ſe foſ-
ſe
, ò ineguale, ò diforme;
cioè v. g. in vna parte più denſo,
che
nell’altra, all’hora non ſarebbe il centro della grauità;
perche chi lo conſideraſſe diuiſo con vn piano perpendico-
lare
alli due circoli oppoſti, che paſſaſſe per li loro centri, c
per
quello dellafigura, lo diuiderebbe bene in due parti egua-
li
, ma non di momenti eguali, ma ineguali;
perche hauereb-
be
maggior momento Ia parte più denſa.
Il centro adunque
di
grauità ſarebbe collocato in tal ſito, che diuiſo queſto
corpo
con il piano perpendicolare alle baſi oppoſte, che paſ-
ſaſse
per eſſo, lo diuideſse in due parti ineguali di mole, &

eguali
in momento.
_Ofred._ Ho inteſo à ſufficienza.
_Matem._ Supponiamo queſto formaggio collocato nell’acqua
con
vno delli ſuoi circoli orizontalmente, e ſupponiamo
che
l’acqua ſia corpo homogeneiſſimo, e reſiſtente egual-
mente
, ſecondo tutte le ſue parti.
Già V. S. , che deſcen-
dendo
il formaggio preme ſopra l’acqua, e la ſalire, al
qual
ſalimento contraſta queſta con la ſua grauità.
E perche
la
ſupponiamo corpo homogeneo, à parti di formaggio di
mole
eguali, corriſpondono eguali contraſtamenti di moli
d’acqua
pur eguali.
_Ofred._ Così certo biſogna che ſia.
_Matem._ Hora ſupponiamo che il formaggio ſia anch’ eſso cor-
po
homogeneo, ſiche il centro della figura ſia il medemo
con
quello della grauità;
all’hora ſe mantenirà parallelo a
ſe
ſteſso ſino al fine della diſceſa;
perche regolando la diſce-
ſa
il centro della grauità, &
in tal caſo, della figura inſieme;
con parti eguali di mole, e di momenti eguali di eſso,
5549SECONDO. traſtano parti pure eguali dell’acqua: Onde eſſendo tutte
le
coſe eguali, non vi è cagione di variatione.
Ma ſe diuerſo
è
il centro di grauità da quello della figura, di modo che le
ſue
parti ſiino bene di momenti eguali, ma ineguali in gran-
dezza
, all’hora premendo parti eguali di momento, &
ine-
guali
di mole, parti ineguali del mezzo, cioè la maggiore,
maggiore
, e la minore, minore;
incontrano anco ineguali
reſiſtenze
, perche più reſiſte ad eſser alzata la parte maggio-
re
, che la minore, mentre ſono premute con forze eguali;
e
così
ſono non vinte egualmente le loro reſiſtenze, ma prima
la
minore, che la maggiore.
E da quì ne naſce il deturba men-
to
del ſito parallelo, ò orizontale;
& il riuoltarſi del formag-
gio
in taglio.
_Ofred._ Se io capito bene, non ſolo queſta variatione potreb-
be
naſcere quando il formaggio foſse diforme, &
il mezzo
vniforme
, ma anco quando il formaggio foſſe vniforme, e
il
mezzo diforme.
_Matem._ Certiſſimo che così è; e V. S. intende molto bene Et
inteſo
queſto non hauerà difficoltà d’intendere, che ſe ridot-
to
il formaggio in taglio, e diuiſo pure in due parti da vn
piano
parallelo alla baſi, che diuida pure per il centro di
grauità
, che parimente può eſsere, che queſte parti non ſii-
no
eguali di mole, benche di momento, e che perciò, per la
medema
ragione, ſia turbato da quel ſito, e di nuouo ridot-
to
al ſito parallelo, ò orizontale.
Benche però queſto ſia
per
ſuccedere più difficilmente, &
in diſceſa più lunga, men-
tre
minore è l’acqua, che viene alzata, n’alza vna mole
ad
eſſo eguale, ſe non quando è diſceſo per il diametro della
baſe
, cioè per tutta la ſua lunghazza, ò larghezza;
hauendo
alzato
vna mole eguale, quando diſcende con la parte larga,
e
orizontalmente, quando è ſolamente diſceſo per tutta la
ſua
altezza, ò groſſezza, che nella forma dell’ordina@io for-
maggio
piacentino è molto minore di quella.
_Ofred._ io inteſo tanto, che parmi anco di poter dimoſtrare
douer
ſucceder queſtoeffetto anco quando il ſolido.
che di-
ſcende
foſſe vniformiſſimo, per ſola cagione della figura.
E benche poteſſi io dimoſtrar ciò in infiniti ſolidi, ſcieglierò
il
Priſma retto, del quale le baſi oppoſte ſiino li
5650DIALOGO DFE, ABC. Dico adunque, che collocato nell’ acqua per-
pendicolarmente
, cioè la baſe ABC, orizontale, queſto non
ſeguirà
a muouerſi così, ma de neceſſità ſi voltarà nel taglio
DA
.
Perche ſe intenderemo’la LM, che congiunga li centri
di
grauità delli due triangoli oppoſti, nel mezzo di eſſa ſarà
il
centro di grauità del Priſma.
Il quale ſe s’intenderà diuiſo
con
il piano HI, parallelo all’ EB, lo diuiderà in due par-
ti
di momenti eguali, ma non eguali di mole;
perche il Priſ-
ma
del quale è baſe il Trapezio BIKC, al priſma del quale è
baſe
il triangolo A K I, ha la medema proportione, che
13[Figure 13] il trapezio al triangolo.
Ma quello a queſto ha la proportio-
ne
, che ha 5.
à 4. perche M, centro de grauità del triangolo
ABC
, diuide l’aſſe PA, di modo, che PA, ſia ſeſquialtera di
AM
;
& il trapezio al triangolo la proportione, che ha
l’ecceſſo
del quadrato P A, ſopra il quadrato AM, al mede-
mo
;
che è poi quella, che ha 5. a 4.
5751SECONDO.
_Conte_. Cancaro Signor Ofredi, V. S. è vn Geometra del trenta
para
.
_Ofred_. che crede V. S? Se me ce metto, le dirò altre coſe, che
queſte
.
Poiche non ſolo è vero quanto s’è detto del Priſma
ſopra
il triangolo, ma anco ſopra qual ſi ſia dell’ inſinite Pa-
rabole
;
Trilinei; e per dirla in poche parole, ſopra qual ſi ſia
di
quelle figure, che noi altri Geometri chiamiamo _in alte-_
_ram
partem deficientes_.
Poiche tutti queſti Priſmi collocati
perpendicolari
nell’acqua con vna delle ſue baſi, ſe riuolta-
ranno
, a lungo andare, in taglio.
_Conte_. Non più, non più Sig Ofredi, che ſe troppo dietro,
mi
fara vſcir di me, per il ſtupore cagionatomi dalla ſua grã
peritia
.
Io andauo ruminando vn’altra coſa, che non s’ha-
uerà
che fare con le ſue ſottigliezze.
Se non ſi è ſtabilito di ſopra aſſolutamente, che ſolidi eguali,
nel
medemo tempo alzino moli del mezzo eguali, poco me.
no; poiche ſi è quaſi ſtabilito, che l’acque v. g. alzate nel
medemo
tempo dal cubo, e dal parallelepido largo ad eſſo
eguale
, ſiano, ſe non eguali, poco meno;
& in conſeguenza
ſi
è quaſi ſtabilito, che l’ampiezza della figura non cagioni il
tranſito
di minor ſpacio, inteſo per ſpacio il ſolido, e non la
ſua
lunghezza.
Hora io andauo penſando, che ſe poſſi di-
moſtrare
in pratica, che l’ampiezza della figura cagioni mol-
to
minor alzamento del mezzo;
poiche il medeſimo ſolido
moſso
per vn verſo, e për l’altro, in tempi molto differen-
ti
alzerà moli eguali del mezzo.
Prendaſi vn Cono, ò qual ſi ſia Piramide, e ſe poſi nell’ acqua
con
la baíe all’ingiù, poi con la punta;
in tutti doi li modi
quando
farà diſceſo per tutta la ſua lunghezza, hauerà alza-
to
vna mole d’acqua ad eſſo eguale.
Hora chi non vede, che
diſcenderà
la ſua altezza in tempo aſſai minore mouendoſi
con
la punta all’ingiù, che con la baſe?
Adunque la larghez-
za
della baſe è cagione d’alzamento di minor mole del mez
zo
in tempo eguale.
_Matem_. V. S. ſe bene parla con il quaſi nulladimeno troppo s’ac-
coſta
al preciſo.
Auerta adunque bene, che in niun modo
s
è ſtabilito, che il mede no ſolido ridotto in mole piu larga,
alzi
nel medemo tempo, tanta mole del mezzo,
5852DIALOGO nella più riſtretta; ma ſolo ſi è detto, che non è tanta la dif-
ferenza
, quanto vno ſi penſa.
Non poi mai eſperimen-
tato
ſe il medemo cono di materia, che deſcenda nell’acqua,
paſſi
il medemo ſpacio più velocemente, e quanto, mouen-
doſi
con la punta all’ingiù, che con la baſe.
Parmi però bene
(ſe vi è queſta differenza, che hora dirò non ſapere ſe vi ſia,
ne
quanta) andar inueſtigando doue poteſſe naſcere;
il che
ne
ſuccederà, ſe conſideraremo quanto occora nell’ vna, e
nell’altra
maniera.
Imaginiamoſi adunque il vaſo A D, ripieno d’acqua, ò d’altro
liquido
, &
in eſſo il cono EFG, immerſo che ſia diſceſo ſino
in
HKI.
Queſto hauerà alzato l’acqua OHKIPF, che ſarà ſa-
lita
a riẽpire ſpacio del fruſto conico EOPG, la quale HI,
ſe
ſarà viciniſſima all’EG, di modo che paſſi per il punto fi-
ſico
immediato, ne diſti da eſſa, che per vn ſol punto fiſico,
all’hora
l’acqua cacciata OHKIPF, ſe bene ſarà geometrica-
mente
vn corpo, ſe potrà pigliare come vna ſuperficie fiſica,
eguale
alla ſuperficie conica EFG;
& il fruſto conico EOPG,
che
hauerà riẽpito, ſarà eguale fiſicamẽte al circolo EG, baſe
del
cono.
Queſt’acqua poi viene alzata dalla preſſione, che
14[Figure 14] il cono con tutta la ſua ſuperficie EFG, ſopra l’acqua, ſi che
ogni
portione min ma della ſuperſicie preme vna minima
portione
dell’acqua;
e tutta queſta ſaliſse a formare vn cir-
colo
eguale alla baſe.
E perche la diſceſa ſi
5953SECONDO. mente, ſe intenderemo l’aſſe del cono diuiſo in punti fiſici,
per
li quali diſcenda il cono, potremo dire, che queſta alza-
ta
dell’acqua ſi facia di modo, che vna continua ſalita d’ac-
qua
ſucceſſiua, eguale fiſicamente alla ſuperficie, ſi riduca
in
vna continua ſerie de circoli eguali alla baſe.
E perche la
ſuperficie
è maggiore della baſe, come appare, demoſtrando
li
Geometri che habbia la proportione alla baſe, che ha l’FE,
lato
del cono (parlando nelli coni retti) alla metà dell’ EG,
diametro
dalla baſe, potremo dire, che in queſta alzata, con-
tinue
portioni d’acqua eguali fiſica mente alla ſuperficie co-
nica
, ſe reſtringano nelli circoli eguali alla baſe.
In queſta
diſceſa
adunque di cono, e ſalita d’acqua ſi fa come vna cõ-
tinua
condenſatione, mentre coſa eguale alla ſuperficie co-
nica
, ſe reſtringe in circolo, che è minore d’eſſa.
Conſideriamo hora quello che ſucceda quando diſcende il co-
no
con la baſe.
In queſto caſo, diſceſo che ſarà in HI, haue-
ſpinto insù l’acqua HOPI, che hauerà riempito lo ſpacio
OEFGPK
.
Se adunque conſideraremo come ſopra, che HI,
diſti
dall’ EG, per vn ſolo punto fiſico, potremo dire, che vna
mole
d’acqua eguale alla baſe, ſia ſalita a riempire vno ſpa-
cio
eguale alla ſuperſicie;
e che in tutta la diſceſa moli d’ac-
qua
eguali alla baſe, ſaliſchino a riempire ſpacii eguali alla
ſuperſicie
;
e che in conſeguenza ſe facia vna certa rarefat-
tione
;
mentre moli eguali al minore, cioè alla baſe, ſe dila-
tano
in moli maggiori, cioè in ſuperficie.
Se noti anco che la
preſſione
ſi dal cono con la ſola baſe.
Adunque ſe conſideraremo le differenze, che interuengono in
queſti
due modi, trouaremo che nel primo preme il cono
con
tutta la ſuperſicie conica, che è maggiore della baſe, e
nel
ſecondo preme con queſta ſola.
Parimente nel primo
ſi
come vna certa condenſatione, e nel ſecondo come vna
rarefattione
.
Se adunque vi è differenza nella diſceſa, e di-
ſcende
più velocemente il cono con la punta all’ ingiù, che
con
la baſe, biſogna dire che ſia più facile alla natura far al-
zar
l’acqua premendola con la ſuperficie conica, e facendo-
la
quaſi condenſare, che premendola con la ſola baſe, efa-
cendola
come rarefare.
Quanto habbiamo detto ſeguir nel-
li
coni, ſeguirà anco in tutti li conoidi, conici, &
in tutti
6054DIALOGO ſolidi rotondi _in alter am partem deficientibus_.
_Ofred_ Così d’improuiſo mi paſſano per la mente molticaſi, nel-
li
quali parmi che più facilmente ſe facia la condenſatione,
che
la rarefattione, mentre in molti di queſt la rarefattione
non
ſi fa, che con certa forza eſtrinſeca, e la condenſazione
per
reduttion delle parti al loro connatural ſtato primiero.
In altri però parmi all’oppoſto, ne per hora voglio penſar a
queſto
.
Già però che ſtiamo trattando delle preſſioni, ſarà
bene
ſeguitare la noſtra materia doue hieri laſciaſſimo, e
per
la quale hoggi ſe ſiamo congregati.
Queſta appunto è
la
preſſione, che fanno li liquidi ſuperiori ſopra li inferiori
ſottopoſtoli
, tanto della medema ſorte, come di diuerſa.
_Matem_. Che li fluidi, e la medema aria grauitino ſopra li corpi
ſottopoſtoli
, è coſa tanto trita hora nelle ſcuole, e confer-
mata
da tante eſperienze, ch’è vna marciſſima vergogna a
dubitarne
.
altro che queſta certamente cagiona l’equili-
brio
dell’argento viuo nel tubo Torricelliano, ò dall’acqua,
&
infiniti altri Fenomeni in natura, li quali per eſſer abbon-
dantemente
ſpiegati da tanti grand’huomeni, io ſtimo bene
tralaſciarli
a bella poſta.
_Ofred_. Io però deſidero, che me n’accenni alcuno così breue-
mente
.
_Matem_. Cauarò queſta narratiua dal dottiſſimo Signor Giorgio
Si
nclaro Scozzeſe, che è quello, che compoſto poco fa
certi
curioſiſſimi dialogi, intitola ti _Ars magna grauitatis, &_

_leuitatis_
.
Tanto più, che hauendo egli ſdegnato render ra-
gione
di certo Fenomeno, ſtimandolo forſe coſa troppo lie-
ue
, e perciò indegna della ſua fatica, non recuſarò io eſerci-
tarmi
in queſta minutia.
Queſti adunque _nel Lib. 1. Dial. 5. ſett_. 7. ſuppone che G A ſia vn
vaſo
, nel fondo del quale ſia l’argento viuo F A, nel quale ſia
poſta
la canna di vetro PV, aperta da tutte doi le parti, di
modo
che il forame V, ſia vn poco ſolleuato dal fondo del
vaſo
, poi ſuppone, che il vaſo G A, ſia riempito d’acqua.
Di-
ce
che queſta premendo ſopra l’argento viuo F A, lo farà ſa.
lire per la canna P V, ſino in L, di modo che L K, ſia quaſi la
quartadecima
parte di tutta l’altezza dell’acqua PK, ſi come
l’argento
viuo è più graue dell’ acqua quaſi ſecondo la
6155SECONDO portione de 14. ad 1. Da queſta ſenſibiliſſima eſperienza ne
caua
quello, ch’è tenuto quaſi comunemente, cioè che ſe
PV
, ſarà il tubo Torricelliano, ò Baroſcopio, come dice e-
gli
, otturato di ſopra, nel quale l’argento viuo s’equilibri ſi-
no
all’altezza L, che queſto naſca dalla preſſione, che vn
cilindro
d’aria la di cui baſe ſia FC, &
altezza quella dell’ato-
mosſera
, dimodo che qual proportione ha la grauità in ſpe-
cie
dell’argento viuo alla grauità in ſpecie dell’aria, tal l’hab-
bia
l’altezza dell’atomosfera, all’altezza del Mercurio,
LK
,
15[Figure 15]
_Ofred._ In queſte coſe non vi ſono affatto nouitio, che perciò
inteſo
a ſufficienza.
Vorrei hora intender il reſto, cioè la
cauſa
di quel Fenomeno, che ſopra detto hauer egli tra-
laſciata
.
_Matem._ V. S. habbi vn poco di patienza. Già ſiè viſto che l’ac-
qua
G C, fa ſalire l’argento viuo KL.
Hora queſt’ acqua
6256DIALOGO richiede alcuna determinatione di mole per far ſalire nella ſi
ſtola
PV, il Mercurio ſino all’altezza KL, ma bene richiede
determinatione
d’altezza.
Onde ſe il vaſo, ò ſarà più largo,
che
conteneſſe maggior, e maggior quantità d’acqua, ò più
ftretto
, che ne conteneſſe minore, e tanto più ſtretto, che
eccedeſſe
di poco poco la fiſtola, ſiche ne conteneſſe pochiſ-
ſima
, mentre però ſia la medema altezza PK, ſempre farà
ſalire
l’argento viuo alla medema altezza KL.
_Ofred._ Corpo di me, che queſta coſa mi pare incredibile.
_Matem._ E pure Sig Ofredi il negotio è certiſſimo, ne rimetto
V
.
S. ad altro, che all’eſperienza. Hora diſcorrendo in con-
formità
di quanto s’è detto, ſarà anco verò nel Baroſcopio
PV
, ch’eſſendo queſto, ò più groſſo, ò più ſottile, &
il cilin-
dro
d’aria dell’altezza dell’atomosſera di qual ſi ſia groſsez-
za
F C, anco piccioliſſima, nulladimeno ſempre alzarà l’ar-
gento
viuo alla medema altezza KL.
Chi richiede la cagio-
ne
di queſto Fenomeno al Sig.
Sinclaro, riſponde diſpoſtica-
mente
con la ſua _Prop.
4. dial. 1. Lib. 1. Corpora fluida in Libra na-_
_turali
ſibi mutuò æquiponderant ſecundum altitudinem ſolum._
La
qual
propoſitione cosi nuda ſempre porta, quando ha biſo-
gno
di confermare coſe ſimili.
_Ofred._ Forſe li deuono mancare le ragioni, perche eſſendo la
coſa
in ſe ſteſſa falſiſſima, non ſi potranno per confermarla
arrecare
che ſoli ſofismi.
E chi ſarà quello, che ſi laſci per-
ſuadere
, che tanto la poca quantità d’acqua, che riempie il
ſtrettiſſimo
vaſo G C, quanto la maggiore, e maggiore, che
riempiſse
vn vaſo maggiore habbia con la ſua preſſione ad
alzar
ſempre la medema grauità di Mercurio KL?
_Matem._ E pure Sig. Ofredi l’effetto è certiſſimo, e di eſſo il Sig.
Sinclaro n’hauerebbe potuto aſſegnare vna ragione, per mio
credere
, aſſai euidente, e congrua, quando haueſſe conſide-
rata
la cagione perche nel tubo ritorto, il liquido s’equili-
bra
alla medema altezza, non oſtante che la gamba più groſ-
ſa
ne contenga maggior quantità, che la più ſottile.
_Ofred._ La cagione di queſto effetto la molto bene, perche
viene
aſſegnata dal famoſiſſimo noſtro Galileo nelli galleg-
gianti
_alla pagina_ 15.
oue potrà vederſi da chi hauerà cu-
rioſità
.
6357SECONDO
_Conte._ Caro Sig. Ofredi l’aſſegni V. S. perche per hora io non
volontà d’andar à vedere, coſa dica il Galileo.
_Ofred._ V. S. ha piacere ch’io ricucini li Cauoli: biſogna ſeruirla.
Io credo che V. S. s’arricordi beniſſimo di quella propoſitio-
ne
fondamentale della mecanica, viſta anco dalli ciechi nati,
cioè
che nella leua A B, nella quale ſia il ſoſtentacolo C, vna
pochiſſima
forza, ò peſo poſto in A, è ſufficiente à ſoſtenere
vn
grandiſſimo peſo poſto in B, ogni qual volta che la pro-
portione
, che il peſo poſto in B, à quello poſto in A, l’hab-
bia
reciprocamente la diſtanza A C, alla diſtanza C B.
_Conte._ Non vuole ch’io la vedi, mentre per gratia di Dio, ſono
nato
con tutti due li occhi, che fanno anco beniſſimo il lo-
ro
vfficio?
Me l’arricordo adunque, e ch’è il fondamento
della
no tra ſtadera, nella quale il picciol Marco, ò Romano
poſto
in A, equilibra il gran peſo poſto in B.
_Ofred._ Il punto ſtà in ſapere la cagione di queſto equilibrio. Vna
aſſai
probabile, e congrua n’aſſegna il medemo Galileo nel-
la
ſua mecanica, cioè che hauendo momẽti eguali, la natura
non
intraprẽde à far le coſe irragioneuoli;
quale ſarebbe ſe ſi
moueſſero
;
poiche ſe il graue B, maggiore diſcẽdeſſe in E, &
alzaſſe
il minor peſo A, in D, il B, ſi ſarebbe moſſo per l’arco
BE
, e l’A, ſi ſarebbe moſſo per l’arco D A, maggiore di BE, nel
medemo
tẽpo, &
in cõſeguẽza maggior velocità. E pche
16[Figure 16] il graue B, al graue A, la proportione, che ha la’diſtanza
A
C, alla diſtanza C B;
e queſta è la medema che quella dell’-
arco
D A, all’ arco BE;
cioè che quella della velocità, con
6458DIALOGO quale è ſalito il graue A, in D, à quella, con la quale è diſceſo
il
graue B, in E.
Adunque come il graue B, al graue A, coſi
reciprocamente
la velocità della ſalita dell’A, alla ſceſa del
graue
B.
Adunque il compoſto del B, è della velocità della
ſua
diſceſa, ſaria eguale al compoſto del graue A, e della ve-
locità
della ſua aſceſa.
Ma queſti compoſti ſariano li mo-
menti
, che eſercitariano li predetti graui A, B:
adunque que-
ſti
con momenti eguali, ſi moueriano.
Il che non è ragio-
neuole
.
_Conte._ Anco queſta cagione mi è nottiſſima; ſe bene V. S. l’hà di-
moſtrata
molto ſoſſeguatamente, quaſi parlando dal Tripie
de
.
Parmi però che queſta cagione ſia diffettoſa, mentre di
vn
effetto poſitiuo, che è il ſtar quieta la leua, ſi adduce per
cauſa
le velocità, con le quali li peſi ſi mouerrebbero;
le qua-
li
mai ſono ſtate in natura.
Parmi che d’effetto poſitiuo, po-
ſitiua
anco debba eſſer la cauſa.
_Ofred._ Non mi pare nuouo nelle coſe, che ſe dimoſtrano,
il
procedere _per deductionem ad impoſſibile,_ demoſtran-
do
che quando foſſe vero il contrario, ne ſeguiſſe vn’aſſur.
dità in natura, e coſa irragioneuole. Onde eſſendo vero
che
la natura intraprende à fare la coſe irragioneuoli, ſa-
anco vero, che quella coſa non potrà eſſere.
Congrua-
mente
adunque ſi dimoſtra, che nella leua non ſegua moto
alcuno
, perche il peſo minore ſi mouerebbe con tanta mag-
gior
velocità del peſo maggiore, quanto più queſto foſſe
maggiore
di quello.
E già è notiſſimo al ſenſo, che la veloci.
compenſarà molto bene la forza, &
il peſo. Di modo che
picciol
forza, e picciol peſo moſſi con velocità grande, poſ-
ſono
fare il medemo effetto, che gran forza, e gran peſo
mo
ſſi con pochiſſima velocità.
_Conte._ Horsù ſupponga V. S. che io habbia inteſo, e m’arricor-
di
ogni coſa.
_Ofred_ Quando V. S. inteſo, e s’arricorda tutte queſte coſe, in-
tenderà
anco ſubito come paſſi il negotio nel tubo ritorto.
Nel quale è veriſſimo, che l’acqua della gamba G D, eſsendo
molto
maggiore di quella della gamba L I, è anco d’eſsa
molto
più graue;
nulladimeno s’equilibrano, e non ne ſegue
moto
, perche alla piccioliſſima, e tarda diſceſa della
6559SECONDO giore v. g. per G Q, nel medemo tempo s’accompagnarebbe
la
velociſſima ſalita per A L;
la quale è tanto maggiore del-
la
G Q, di quanto l’ampiezza del vaſo G D, è maggiore della
17[Figure 17] larghezza della canna LI.
La velocità adunque L A, com-
penſaria
la tardità L I.
Io detto quanto doueuo; ma non
già vedere come queſte dottrine militino anco nelli Fe-
nomeni
del Sig.
Sinclaro.
_Matem._ Ho paura che V. S. dica ciò per burlarmi. Che, che pe-
ſia, ſupponga ch’il vaſo G C, ſia il doppio della fiſtola PV.
All’hora chi peſaſse in vna bilancia, e l’acqua del vaſo G C, e
il
Mercurio L K, peſarebbero egualmente, perche la propor-
tione
, che la grauità ſpecifica del Mercurio, alla grauità
ſpecifica
dell’acqua, l’ha l’altezza dell’acqua, a quella del
Mercurio
reciprocamente.
Onde peſando egualmente, ſi fa-
l’equilibrio.
Queſto è dimoſtrato comunemente da tutti
li
Mecanici.
_Oſred._ Biſogna certo che ſe V. S. vuol eſser inteſo, dimoſtri
6660DIALOGO ſto ſuo aſſerto, altrimente può far di meno di dir altro.
_Matem_. inteſo. V. S. non vuol eſser ſolo a ricucinare Cauoli.
E qual coſa è dimoſtrata da più Mecanici della ſeguente
PROPOSITIONE?
18[Figure 18]
Se la proportione, che la granità ſpecifica del graue A, alla gr auità
ſpecifica
del graue B, l’hauerà reciprocamente la magnitudine B, al-
la
magnitudine A:
li peſi aſſoluti di A, e B, ſaranno eguali.
Intendaſi la magnitudine C, eguale alla B, e della medema gra-
uità
in ſpecie dell’A.
La grauità aſſoluta di A, alla grauità
aſſoluta
di B, hauerà la proportione compoſta della grauità
aſſoluta
di A, alla grauità aſſoluta di C, e di quella di que-
ſta
, alla grauità aſſoluta di B.
Ma la grauità aſſoluta di A, all’
aſſoluta
di C, è come la mole A, alla C, (perche ſono della
medema
ſpecie;)
e ia grauità aſſoluta di C, all’aſsoluta di B, e
come
la ſpecifica di C, alla ſpecifica di B;
cioè come la ſpe-
cifica
di A, alla ſpecifica di B;
cioè (per il ſuppoſto) come
la
magnitudine B, alla magnitudine A.
Adunque la grauità
aſsoluta
di A, all’aſsoluta di B, hauerà la proportione com-
poſta
della magnitudine A, alla C;
cioè alla B; e di quella del-
la
magnitudine B, all’A.
Ma queſte due ragioni fanno quel-
la
d’egualità.
Adunque A, e B, peſaranno egualmente.
6761SECONDO.
COROLLARIO.
Da ciò è manifeſto, che ſe A, e B, ſaranno cilindri di baſi egua-
li
, e che la proportione, che ha la grauità ſpecifica di A, alla
ſpecifica
di B, l’habbia l’altezza di B, all’ altezza di A, che
queſti
cilindri peſaranno egualmente.
Perche all’hora la ma-
gnitudine
B, alla A, hauerà la medema proportione, che ha
l’atezza
del B, all’altezza dell’A.
Adũque è vero quanto hab-
biamo
detto, cioè che ſi farà l’equilibrio del Mercurio, e del-
l’Acqua
.
E da queſta digreſſione ritornando al noſtro propoſito, dicia-
mo
che in virtù delle dottrine del Signor Ofredi ſopra aſſe-
gnate
, ne ſegue, che s’ha uerà il medemo equilibrio ſe il vaſo
GC
, ſarà maggiore quanto ſi voglia della Fiſtola PV;
perche
ſe
bene peſarà l’ acqua molto più, non può però l’ acqua di-
ſcendere
ſe non fa aſcendere il Mercurio;
ma la ſalita di que-
ſto
per la canna ſarebbe tanto più veloce della diſceſa dell’-
acqua
, quanto queſta peſaſſe più di quello;
onde di queſta
grauità
, e velocità ne reſultarebbero momenti eguali.
Per-
ciò
adunque non vi è ragione perche ne habbia da ſeguir
moto
, bensì equilibrio, mentre la natura non intra prende a
fare
coſe irragioneuoli.
Nel medemo modo ſe il vaſo con-
tenente
l’acqua ſi reſtringeſſe in guiſa, che foſſe meno largo
della
canna, all’hora l’acqua deſcenderebbe con tanta mag-
gior
velocità ſopra quella, che ſaliſce il Mercurio LK, quã-
to
queſto foſſe più graue dell’acqua.
Onde per la medema
cagione
ne ſeguirebbe l’equilibrio.
Le medeme ragioni mi-
litano
per il Baroſcopio, e Cilindri dell’aria, ch’equilibrano
il
Mercurio.
_Conte_. V. S. ha ſuppoſto, che nel tubo ritorto ACDF, il liqui-
do
s’equilibri alle medeme altezze L, G, il che repugna all’-
eſperienza
;
perche il Dottiſſimo Sig. Geminiano Montanari
noſtro
grand’amico, auertiſce _nelli ſuoi penſieri Fiſico-Matema-_
_tici
all’Eſperienza_ 13.
e parimente il Dottiſſimo P. Fabri _nel_
_Dial
._
4. che riempito il Tubo d’acqua, queſta s’alza più nella
gãba
più ſtretta, quanto più queſta è ſottile.
Il medemo dice
il
Montanari ſuccedere dell’argento viuo _nell’ Eſperienza_ 23.
6862DIALOGO poiche ſe il cannellino ſottile ſarà d’oro, e che s’infonda nel
tubo
argento viuo, queſto ſalirà più nel cannellino, che nel-
la
gamba più larga.
_Matem_, Credo, che queſt’eſperienze ſiino ben vere, ma però la
differenza
è molto poca, ne che fare con la differenza
grande
del peſo, che ſi ritrouatrà le parti del fluido cõtenuto
entro
le doi gãbe;
quale naſce da cauſa molto diuerſa, che da
queſto
peſo;
la quale biſogna, che ſia la medema, che quella
che
fa ſalire l’acqua nelli cannellini di vetro aperti d’ ambe
le
parti, li quali auuicinati all’acqua così leggermẽte, che ap-
pena
la tocchino, ſubito queſta ſaliſce ſopra il liuello dell’al-
tra
ad vna tal altezza, conforme che li cannelli ſono più, e
meno
ſottili.
_Ofred_. Queſt’ effetto viene attribuito dalli Inſigni Filoſoſi Boile,
Sinclaro
, e Fabri alla diuerſa preſſione dell’ aria, che
premendo
più ſopra l’acqua circonſtante al cannellino, che
ſopra
quella ſottopoſta alla ſua cauità, facia ſalire queſta,
come
meno premuta.
Pure alla preſſione dell’aria viene at-
tribuito
, dal Sig.
Montanari, ma in modo differente dalli ſo-
pradetti
.
_Matem_. Pure alla diuerſa preſſione l’attribuirei io, fondandolo
in
ragioni, parmi vn poco plauſibili, e toccate dalli ſopra
citati
Auttori;
quando non vi foſſero eſperienze, vien detto,
in
contrario.
_Conte_. Io ſentirei però volontieri queſte ſue ragioni.
_Ofred_. Et io vorrei vedere l’eſperienze in contrario.
_Matem_. Io diſcorrerò in queſta guiſa. Non vi è forſe trà tutti li
corpi
il più Eterogeneo dell’aria, contenendo in ſe ſteſſa vn
infinita
varietà d’effluuii, che eſcono da tutta la diuerſità del-
li
corpi, li quali ſono quelli, che la conſtituiſcono principal-
mente
, e forſe totalmẽte, nel genere de graui.
Queſti effluuii
poi
ſono di differentiſſime figure, e perciò in eſſa differentiſ-
ſimamente
collocati;
lunghi, ſtorti, à ſpira, e diuerſamente
trà
ſe intrigati;
& hauendo diuerſi ſiti, molti di eſſi ſono ori-
zontalmente
conſtituiti.
Queſta loro conſtitutione, ſe non
la
totale, almeno vna delle principali cagioni ſaria da me
ſtimata
di queſto Fenomeno.
E per intender il come, pigli-
no
vn cannone competentemente groſſo, e lo
6963SECONDO. perpendicolare ſopra il pauimento, poi li ſparghino ſopra,
&
all’intorno quàntità cõſiderabile di Paglia, Fieno, Lana, ò
ſimil
materia.
Vedranno che il cannone non ſarà rie mpito
di
quella materia, con quella conſtipatione, con la quale è
conſtipata
la parte di fuori;
perche molti di quelli fili,
maſſime
quelli, che benche ſtorti, ſono però diſteſiaſſai ori-
zontalmente
, incontrando li orli del vaſo, non li poſſono en.
trare, ma cadono di fuori. Di più molti di quelli, che entrano,
e
che ſe non foſſe il cannone, ſarebbono collocati orizon-
talmente
nel modo detto, ſtriſciādo per li lati di eſſo, appog-
giano
ad eſſo, ò vna, ò con ambedue l’eſtremità.
Di quelli
poi
, che fuori del cannone ſopraſtano ad eſſo, s’appoggiano
ſopra
li lati, ne aggrauano ſopra quelli contenuti nel canno-
ne
, non ſarà premuto proportionalmente, come il pauimẽ-
to
all’intorno.
Vn ſimil accidente mi parerebbe che doueſse
accadere
alli effluuii, che compongono l’aria, ò atomosfera.

Molti
di queſti, che con vna delle ſue parti occuparebbero il
ſpacio
vuoto del cannoncino, non lo poſſono occupare, per-
che
vrtando nelli orli d’eſso, ſtanno di fuori.
A ltri, che ben-
che
ſtorti, ſono però diſteſi aſſai orizontalmente, entrando
nel
cannoncino, s’appoggiano con vna, ò tuttel’ eſtremità
alla
ſuperficie interiore, ſi vanno ſtriſciando ſopra eſsa.
Vna
differenza
però viè trà il cannone, e il cannellino, che que-
lo
viene riempito di Fieno, &
c. da vna bocca ſola, e non
vi
è difficoltà, che ſe ſi poteſse far queſto ſpargimento di ſo-
pra
, e di ſotto, che maggior quantità n’entrarebbe, e dentro
ſarebbe
più conſtipato.
Ma il cannellino è riempito dall’a-
ria
, che li entra da tutte due le parti, premendo queſta, e ſo-
pra
, e ſotto con la medema energia.
E però ben vero, che
non
ſi può leuare l’impedimento, che arrecca l’interior ſu-
perficie
del cannellino, mentre molte eſtremità delli com-
ponenti
l’aria s’appoggiano ad’eſſa, e dal contatto ſono im-
pediti
dall’eſercitar tutto il loro momento ſopra l’acqua ſo@
topoſtoli
;
il quale eſercitarebbero, quando liberi non foſſe-
ro
rachiuſi nel cannellino.
Il quale impedimento è tanto
maggiore
, quanto più ſottile è il cannellino, poiche la ſu-
perficie
decreſce meno, di quello decreſca il corpo.
_Ofred_. Hor quà , che biſogna romper il ſilentio, poiche
7064DIALOGO alla prima non capiſco queſta dottrina.
_Conte_. V. S. pur di ſopra mi ha ſpauentato con la ſua gran Geo-
metria
, &
hora non intende queſta coſciutia? Io gle la di-
chiarerò
ſuccintamente anco ſenza ſchema.
S’imagini due
cannellini
della medema altezza, di modo che il diametro
della
baſe del vano dell’vno, ſia doppia del diametro del va-
no
della baſe dell’altro.
Il corpo del vano del maggiore, ſarà
quadruplo
del vano del minore;
perche li cilindri della me-
dema
altezza hanno la proportione delle baſi;
e di queſte la
maggiore
è quadrupla della minore, eſſendo il diametro
doppio
del diametro.
la ſuperficie del maggiore è ſolo
doppia
di quella del minore, perche queſte hanno la pro-
portione
, che hanno le baſi, che ſono le circonferenze;
che
hanno
poi la medema proportione delli diametri.
Ecco
adunque
che la ſuperficie del minore meno decreſce da
quella
del maggiore, di quello decreſca la corpulenza.
_Ofred_. inteſo. Ritorno al mio ſilentio. Non ſi ſtupiſchi ſe
ſono
ſtato così pigro nell’intendere, perche
_Quandoque
bonus dormitat Homerus_.
_Mat_. Io per mc la compatiſco. Hauendo adunque inteſo, in-
tenderà
anco come l’impedimento arreccato dal contatto
con
la ſuperficie, non decreſca a proportione con il decre-
ſcimento
del corpo.
Queſte cauſe però non poſsono baſtare. Perche ſe ciò proce-
deſſe
dalla ſola aria contenuta entro il cannellino, come pa-
re
, che dica principalmente il Sig.
Sinclaro _Lib. 2. Dial. 2. n. 7_.
ne ſeguirebbe, che quanto più lungo foſse il cannellino, più
l’acqua
doueſse ſalire, il che non s’eſperimenta, poiche ò il
cannellino
ſia lunghiſſimo, ò curtiſſimo, purche ſia ſempre
della
medema ſottigliezza, ſempre l’acqua ſalirà al mede-
mo
ſegno, come dice hauer eſperimentato il Signor Mon-
tanari
_all’eſperienza_ 10.
& io pure eſperimentato più vol-
te
aſſieme con il Signor Rinaldini, &
il Sig. D. Gio. Antonio
Baglioni
, Canonico del Saluatore.
Biſogna adunque anco
conſiderare
altra aria eſteriore ſino al fine dell’ atomosfera,
la
quale preme a perpendicolo ſopra l’inferiore.
Hora infi-
niti
di quelli eftluuii, che ſono diſteſi orizontalmente, pre-
mono
ſopra li orli del cannellino, &
in conſeguenza
7165SECONDO. impediti dal premere ſopra l’aria, cheriempieil cannellino;
almeno noncon tutto quel momento, con cui premerebbe,
ro
, ſe non s’appoggiaſſero ſopra eſſo.
E perciò l’acqua ſot-
topoſta
al vacuo del cannellino premuta meno di quello,
che
ſia premuta l’eſteriore,è neceſſitata a ſalire.
E perche
queſti
impedimenti ſono tanto maggiori, quanto il cannel-
lino
è più ſtretto, perciò l’acqua aſcende più per queſto, che
peril
più largo.
Ne ſe midica, che ſaliſca anco l’acqua (ben-
che
non tanto quanto dentro) aldifuori del cannellino, per-
che
milita la medema ragione;
appoggiando molti delli
componenti
l’aria alla ſuperficie eſteriore con vno delli ſuoi
capi
, &
impediti di premere totalmente dall’appoggiarſi
ſopra
l’orlo del cannellino;
il che non auuiene in poca di-
ſtanza
da eſſo.
Corre adunque l’impedimento medemo, ben-
che
non tanto, che dalla parte caua;
e perciò aſcende anco
qualche
poco dalla parte eſteriore.
Queſti ſariano li miei
diſcorſi
, li quali però reſtariano atterrati dalle eſperienze in
contrario
.
_Ofred_. Non tardi adunque più a narrarcele.
_Mate_. Le veda pure V. S. _nelli Saggi di nuoue eſperienze_ fatte dalli
famoſiſſimi
Accademici del cimento, alla preſenza del Sere-
niſſimo
Prencipe Cardinale Leopoldo, Mecenate de lette-
rati
, in Firenze.
Ritroui _la pagina_ 100. e vedrà con quanta.
induſtria habbino tentato il predetto Fenomeno, ò nel vuo.
to
, ò in aria eſtenuata;
e perciò deboliſſima a premere; e co-
me
ſempre ſia ſalita l’acqua nel cannellino ſino al medemo
ſegno
, oue aſcendeua nell’aria libera.
_Conte_. An , . Queſte forſe ſaranno quell’ eſperienze, delle
quali
il noſtro Sig.
Rinaldiniintende _nel Lib. de Reſol. & Comp_.
_Mathem. pag_. 160. oue narrando l’opinione di quelli, che ſti-
mano
queſto Fenomeno naſcer dalla diuerſa preſſione dell’-
aria
, dice, _Res autem non ſic ſe habet, nam idem contingit in loco_,
_vbinullus
aer, vel ſaltem adeo exiguæ quantitatis, vt vix credas ei_
_quidquam
deferendum, quod nos Florentiæ ſumus experti_.
_Ofred_. Ne aſſegna egli alcuna cagione?
Conte. _Certo, ſoggiungendo queſte parole:_ Sed potius aliundè
id
prouenit, quia ſcilicet dùm exilis ille tubulus immergitur non nibil
in
fluidum, huius pars incluſa in anguſtia ipſius tubuli multum
7266DIALOGO tit momenti: vndè nequit æque ponderare patribus circumiacentibus,
ſed
his vrgentibus prementibusquè cylindrus ex humido intra tubuli
anguſtiam
cedit, eousque aſcendens, vt eius altitudo poſsit in equili-
brio
eſſe cum cylindris ex humido circumiacente.
Nihil enim refert
ſiuè
deſuper premat, vel non premat aer.
Ofre. _Io intenderei volontieri come_ dum exilis ille tubulus immer-
gitur
non nihil in fluidum, huius pars incluſa in anguſtia ipſius tubu-
li
multum ammittit momenti.
_Matem_. Dice _alla pagina_ 175 perderſi per cagione del contatto
del
Mercurio con la cauità della fiſtola, della qual coſa m@
ha
detto che per ſaluar tutti li Fenomeni, ne vuol diſcorre-
re
più difuſamente.
Ma già ch’io deuo far certe conſidera-
tioni
ſopra altrieffetti della preſſione ſpiegati dal Sig.
Sin-
claro
, circa li quali parmi che ſi poſſa dire alcuna coſa di
queſto
minor momento, non mancarò di rappreſentarla
hora
.
Dice il Sig. Sinclaro _Lib_. 1. _Dial_. 5._ n_. 4. che hauendo pre-
fovn
Baroſcopio minoredi 29.
diti (che è quell’ altezza al-
la
quale s’equilibra il Mercurio con l’aria) &
riempitolo di
Mercurio
, e poſtolo nel Mercurio del vaſo, non ne vſciua
parte
alcuna;
ma che anco alzata la canna fuori del Mercu-
rio
nell’aria libera, non perciò ne vſciua.
Auertiſce pe-
che _hoc Phęnomenon ſolummodo contingit, cum tubi orificium_,
_ciusque
cauitas anguſta admodum fuerit_.
quando ſi ſeruì d’-
vn
tubo largo, dice;
_Non priùs eundem extra ſtagnantem Mercu-_
_rium
in apertum aerem extraxi quam confeſtim Hydrargirum delabi_,
_externumque
aerem tubi cauitatem ſubintrare conſpexi_.
Dice però
eſſer
gran differenza, quando il Mercurio eſce dal tubo lar-
go
;
che ſia minore di 29. diti, ò maggiore; perche dal mag.
giore _Perfacile, plenoque defluit, aonec ad uſitatam altitudinem_
_peruenerit
;
idque absque ingreſſu, vel minimæ alicuius aeris par-_
_ticulæ
.
Ex illo autem non abſque difficultate contingit efflu-_
_xus
.
Quoniamaer non minus ingredi, quam Hydrargirus egredi cona-_
_tur
;
imò defluente hoc, ſubintrat ille_, al modo che _Idem cernere eſt_
_dum
aquam vel vinum ex vaſe anguſti orificij effundis:
effluente enim_
_aqua
vitinus in eius locum ſuccedit aer_.
Vuole che tutti queſti
effetti
prouenghino dalla preſſione dell’aria, che facendo
forza
da per tutto, volendo entrare combatte con il Mercu.

rio
, che vuole vſcire, nel tubo anguſto impedendo total.
7367SECONDO. mente l’vſcita, non nel più largo. Anzi, che quando il fo-
rame
del tubo è anguſtiſſimo, anco quando è alto li 29.
diti,
non
n’eſce più in conto alcuno.
Che perciò nel _Dial_. 3. _nu_. 7.
_del medemo Lib_. dice, che hauendo preſo vn tubo più lungo
delli
diti 29.
& empitolo di Mercurio, & otturata la ſua aper.
tura
con cera, &
fattolinel mezzo vn bucchetto grande co-
me
quello delli Horologi arenari, e voltatolo all’ingiù nell’
aria
libera, dice _Hydrargirum è paruulo foramineeffluere videbis_,
_perinde
atque arena ex clepſydra.
Tum tamdiù motum perſeuera-_
_re
videbis, quoad cylindri vertex, vn de trigeſimum digitum exactè_
_attigerit
, quo instante ceſſabit Mercurij effluxus_.
_Conte_. Io ſaprei volontierile cagioni di queſte differenze.
_Matem_. Che quando il Mercurio del tubo eccede li diti 29. deb-
ba
vſcire in tuttili tubi ſtretti, ò larghi, ſino chearriui a quel
la
miſura, emanifeſto douer ſuccedere, perche con il ſuo
momento
ſupera quello dell’aria, che li contraſta, che non
può
equilibrare, che li diti 29.
Ma che eſchi quando è mi-
nore
delli diti 29.
ò eguale nelli tubilarghi, e non nelli ſtret-
ti
, credo che prouenga dall’inegual momento, con il quale
aggrauano
le parti del Mercurio, aggrauando più quelle di
mezzo
, che quelli alli lati.
_Ofred_. Se mi para innazi a gl’occhi vna gran confuſione di me-
canica
.
_Matem_. Certo che queſta è mecanica, che io procurarò poner
in
chiaro.
Caro Signor Ofredi leghi al mezzo di queſto ci-
lindro
di ferro vn poco di ſpago, e lo tenghi con la mano
equilibrato
orizontalmente, enotiilſuo peſo così conil
ſenſo
.
_Ofred_. L’hò ſeruita, e l’hò bene in mente.
_Matem_. Alzi perpendicolare in taglio ſopra queſto tauolino
quelli
due gran Libri, tanto diſtanti trà ſe, che diſcendendo
il
ferro, li vadiradendo, e proui ſe ſente tanto peſo quanto
ſentiua
prima.
_Ofred_. Certo che , perche il peſo del ferro è in parte ſoſtenta-
to
dal contatto delli libri.
_Matem_. Si che il contatto del ferro con li ſuoi capi alli libri, e ca-
gione
, che il ferro non eſerciti tanto momento ſentito dal-
la
ſua mano, come eſercitarebbe ſe non toccaſſe.
Ma di
7468DIALOGO to quel momento che lei ſente, e che eſercita il ferro ſopra
la
ſua mano, crede che le parti del ferro lo partecipino e-
gualmente
?
_Ofred_. Sig. perche beniſſimo, che prouano li Mecanici,
che
s’io ficcaſi nel muro vno delli ſuoi eſtremi queſto ci-
lindro
, che le ſue parti hauerebbero maggior momento cõ-
forme
che foſſero diſtanti dal muro;
di modo che le parti vi-
cine
hauerebbero pochiſſimo momento, e le più lontane.
ſempre più; di modo che l’eſtreme hauerebbero il maggio-
re
di tutti.
E così quando il ferro foſſe fitto con li ſuoi eſtre-
mi
in due muri, le parti vicine alli muri hauerebbero minor
momento
, e quella di mezzo più di tutte le altre.
Quello, che
accade
al ferro fitto con l’eſtremi, accade anco quando toc.

ca
, con queſta differenza, che il contatto non ſcema tanto
il
momento, che il ferro eſercita, quanto lo ſcema la ſicca-
tura
, ò l’appoggio.
_Conte_. Con queſti diſcorſi hanno eccitato la mia imaginatione
a
penetrar la cauſa, perche quelli, che peſano qualche coſa
con
la ſtadera, procurino che il peſo non tocchi, ò le ſue ve-
ſtimenta
, ò coſa alcuna;
ciò fanno, perche con quel contat-
to
perde parte il peſo del ſuo momento.
_Matem_. Tutto bene. Hora Sig. Ofredilei ha toccato la vera
cauſa
, per la quale l’aequa contenuta nel cannellino perde
parte
del ſuo momento.
Queſta tocca la ſuperficie interiore
del
cannellino, e perciò il contatto ſcema in parte il ſuo mo-
mento
totale, che eſercitarebbe ſe non toccaſſe.
di più, il
momento
, ch’eſercita premendo quella, che li è ſottopoſta,
non
è eſercitato egualmente da tutte le parti, il maſſi-
mo
da quelle di mezzo, e va ſcemando più che ſono vicine
alla
ſuperficie.
Il medemo m’ andauo imaginando che ſuc-
cedeſse
all’aria, che riempie il cannellino, che perciò perda
parte
del ſuo momento, ne grauiti come l’eſteriore.
Hora
queſt’inegual
preſſione parmi eſſer cagione ch’il Mercurio
minore
in altezza delli diti 29.
diſcenda nella canna aſsai lar-
ga
, e non nella più ſtretta.
_Ofred_. O queſto che non lo capiſco.
_Mat_. O che oſcurita, che V. S. non vi vede. Senta. Non vi è diffi-
coltà
che fa forza il Mercurio per diſcendere, e fa forza
7569SECONDO. qua per aſcendere; e quando queſte forze foſsero eſercita-
te
egualmente da tutte le parti di queſti fluidi, crede lei che
ſi
farebbe moto alcuno?
_Ofred_ certo. E riſplende tanto di lume, che io vedo beniſſi-
mo
, cheſe le parti del Mercurio premeſsero col medemo
momento
, che non vi ſaria ne aſceſa, ne diſceſa;
ma pre-
mendo
meno quelle alli lati, che quelle del mezzo, l’aria che
dal
ſuo elaterio è ſpinta all’insù vniformemente, ſuperando
la
reſiſtenza di quelle, aſcende, oue troua maggior debolez.
za, cioè circa li lati, & il Mercurio diſcende nel mezzo. E
vero
però che ſi fa aſcendendo l’acqua, e deſcendendo il
Mercurio
, vn bollimento, eſconuoglimento, ma però il
moto
principia così.
Ma ne meno ſin’hora vedere, per-
che
ſucceda queſto nelli tubi larghi, e non nelli ſtretti,
mentre
, e in queſti, e in quelli milita la medema cauſa.
_Matem_. E verò Sig. Ofredi, che parlando per coſi dire, in rigor
Geometrico
, le parti di mezzo nelli cilindri ſtretti eſercita-
no
maggior momento, che le parti attaccate alli lati;
ma
però
per la loro vicinità non vi è differenza ſenſibile di mo-
mento
;
& in conſeguenza premono egualmente, e perciò
non
ne ſegue moto alcuno.
_Ofred_. Queſte dottrine aſſai mi piaciono, e non poſſono eſſer
che
ſingolari, mentre credo che ſiano del Sig.
Sinclaro.
_Mat_. Non ſono del Signor Sinclaro, che _nel luogo citato num_. 5.
nominando, non il Mercurio, ma l’acqua che diſcende dal-
la
canna, ò vaſo, nelli quali però milita la medema ragione,
ha
queſte parole.
_Quoniam aquei cylindri baſis, ob nimiam ſuam_
_amplitudinem
, facilè &
expeditè, ſe in modum quaſi cunei confor-_
_mat
, cuius ope, &
auxilio expeditiùs aerem obſidentem penetrat:_
_quibus
modis euenit, vt delabente aqua, per idem orificium aer ſub-_
_intret
.
Vel quod veriùs dici potest, existimo circumfuſum aerem po-_
_tius
formam cunei ſubire;
atq; ità penetrando aquam, per eius mediis_
_recta
aſcendere, eum extrudendo;
non ſecùs ac, dum quis manu in_
_vaſculum
aqua plenum intruſa, eam extrudit_.
Io non credo che
queſta
operatione ſucceda, nell’vno, nell’altro modo.

Non
credo che l’acqua in modo di cuneo penetri nell’ aria,
e
così caccia queſta nel vaſo, mentre l’aria vniformemente
reſiſte
ad eſser diuiſa dall’acqua;
ma che più toſto
7670DIALOGO ſuperando le parti meno reſiſtenti dell’acqua, ſpinga @uo@
per
così dire, le parti di mezzo, ò per meglio dire faciliti la
loro
diſceſa.
Molto meno credo, che l’aria ſi conformi in
cuneo
per penetrare nelle parti di mezzo l’acqua, perche
non
tengo per coſi balorda la natura, come ſarebbe ſe cos@
operaſse
.
_Ofred_. Come balorda? La figura del cuneo non è penetratiua?
Non l’adoprano ſino li taglia legne?
_Matem_. Bene, bene. Non ſarebbe vn balordo, chi potendo otte-
nere
il ſuo intento per vna via più facile, andaſſe a cercare la
più
difficile?
_Ofred_. Vi è l’aſſioma vecchio, fracido, che _fruſtra fit per plura, quo@_
_potest
fi eri per pauciora_.
_Matem_. contro queſt’aſſioma appunto farebbe la natura in
queſto
caſo.
Già l’acqua ha maggior momento nel mezzo
per
diſcendere, e minore alli lati;
e vuole V. S. che l’aria ab-
bandonando
queſti, oue ritroua minor reſiſtenza, vada a dar
di
petto in forma di cuneo alle parti di mezzo?
_Conte_. Così anco ſi vede che aſcende l’acqua nelli ſopradetti
cannellini
aperti, principiando la ſalita alle parti, e non nel
mezzo
.
_Ofred_. E come lo V S?
_Conte_. Perche l’acqua non aſcende ſe il cannellino non è ben
terſo
, e pulito, ò bagnato, e non s’è ſuccido.
Il che non ſegui-
rebbe
quando aſcendeſſe nel mezzo in forma di cuneo.
_Ofred_. Io ancora non penetro la ragione di queſto.
_Conte_. Il ſuccidume non è altro che vn’infinità di corpuſcoli at-
taccati
alli lati a guiſa di monticelli, ò ſcoglietti, nelli quali
vrtando
l’acqua viene impedita dall’aſcendere.
Ma quando
la
ſuperficie è bagnata, le particelle dell’acqua riempiono
quelle
infinite cauità, che ſono trà ſcoglietto, e ſcoglietto, e
così
ſpianano la ſtrada allla ſalita.
_Ofred_. Se queſti monticelli foſſero cagione di queſto impedi.
mento, impedirebbero tanto nelli cannelli ſtretti, quanto
nelli
più larghi.
Ma in queſti non impediſcono, come dice
hauer
oſſeruato il P.
Fabri _nel citato Dial_. 4. _pag_. 159. Adunque
l’impedimento
naſce da altro, cioè dalla maggior, ò minor
quantità
d’acqua, come dice egli.
7771SECONDO.
_Matem_. Li medemi monticelli, ò ſcoglietti di ſuccidume non
arrecaranno
il medemo impedimento alli cannelli larghi,
che
arrecaranno alli più ſtretti.
V. S. prenda vna circonferen-
za
aſſai grande, e riempita la parte caua di conetti, ò pira-
midi
, attaccando le ſue baſi ad eſſa, di modo che vna pira-
mide
tocchi l’altra.
Vederà che le cime delle piramidi ſaran.
no più lontane, vna dall’altra, e trà le ſuperficie d’vna, e dell’-
altra
vi ſarà più ſpacio, quanto più la circonferenza ſarà
di
maggior diametro.
Di modo che ſe il circolo ſarà piccio-
liſſimo
, li lati delle piramidiſaranno viciniſſimi, e le cime, ò
vertici
quaſi concorreranno in vn punto.
_Ofred_. inteſo. Nelli cannelli più larghi, perche li lati delle
piramidi
, e li ſuoi vertici ſono più diſtanti, più facilmente l’-
acqua
può ſuperare l’impedimento delli ſcoglietti del ſucci-
dume
, aſcendendo per li ſpacii, che ſono trà ſcoglio, e ſco-
glio
.
Il che più difficilmente ſuccede nelli più piccioli, per li
anguſti
ſpacii, che ſono trà l’vno, e l’altro ſcoglietto.
_Mà_ miei Signori molto habbiamo digredito. E già tempo che
ritorniamo
alla cagione dell’aſcender dell’ acqua nelli can-
nellini
.
Realmente la diuerſa preſſione mi pare che tanto ag-
giuſtatamẽte
accomodaſſe queſta facenda che nulla più.
Ne
l’eſpèrienze
fatte a Firenze mi paiono tali, che habbino to-
talmante
a rimuouermida queſto penſamento Io noncredo
che
in queſte loro eſperienze habbino totalmente rimoſſa l’
aria
, ma bene debilitatala &
eſtenuatala. Nel qual caſo pro-
portionatamente
debilitata, e l’ambiente il cannellino, e
quella
, che li preme ſopra, non vedere, perche l’acqua
non
doueſſe eſſer premuta a ſalire, mentre tanto, e tanto re-
ſta
minore il momento di quella, che riempie, e ſouraſta al
cannellino
.
_Matem_. Ma Signor Ofredi il negotio ſtà, che dicono, che ſaliua
alla
medema altezza.
Il che certo non douerebbe ſuccedere,
quando
ſaliſce per la preſſione, come io breuemente li mo-
ſtrarò
dal ſeguente
7872DIALOGO
LEMMA.
Siano AB, CD, magnitudini egua-
19[Figure 19] li, e da C D, ſia leuata D E, e
come
A B, alla C E, coſi ſia
A
F, alla C G, ſarà D G, maggio-
re
della B F:
_Ofred_. Capiſco queſta verità in vn’iſtante. Perche eſſendo co-
me
A B, a C E, coſi A F, a C G, &
eſſendo A B, maggiore della
C
E, ſarà anco A F, maggiore della C G;
& in conſeguenza
eſſendo
A B, C D, eguali, ſarà G D, maggior della B F.
Il punto
ſtà
a moſtrar il reſto.
_Mat._ Già _Fama volat_ della ſua peritia, nella Geometria; e ſe ap-
plicarà
queſta verità aſtratta al concreto, vederà anco il re-
ſto
.
A B, rapreſenta il momento, che ha l’aria a mbiente il
cannellino
innanzi la ſua eſtenuatione;
C E rappreſenta il
momento
dell’aria ſopraſtante, e del cãnellino;
& E D, quello
della
ſua acqua;
li quali momenti di A B, C D, ſono eguali, per
farſi
l’quilibrio.
Eſtenuata l’aria, e ſcemato il momento, ſia
il
ſcemamento del momento A B, l’A F e del momento C E,
la
C G, li quali già hanno la proportione delli momenti A B,
C
E, è reftaranno dell’aria eſtenuata li momenti F B, G E.
E co-
rimarà il momento G D, dell’aria ſopra il cannellino, e
acqua
ſalita, maggiore del momento F B.
Onde, ò l’acqua
douerebbe
diſcendere, ſe foſſe aſceſa, ò non aſcendere ſino
a
quell’ altezza.
_Ofred_. Che ſe adunque a dire?
_Mat_. Io ſono pieno di confuſioni, ne ſaprei che dirmi per hora.
Tanto più che in altra belliſſima eſperienza pure del Sig. Ri-
naldini
, non s’eſperimenta ſalita, ſe non vi è l’aria pre-
mente
.
_Conte_. Intendo; anco queſta è regiſtrata dal Giornaliere di Ve-
netia
ſotto il 1.
Maggio 1671.
_Matem_. E anco poſta _nel ſuo Lib. de Comp. & Reſol. Mathem. pag_. 158.
Preſe egli due cilindretti di ſtagno groſſi quanto vna pen-
na
da ſcriuere, e lunghi vn quarto di braccio Fiorentino, ad
vna
delle baſi delli quali fece incaſtrare laminette, ò
7973SECONDO. ſottili d’oro fino de diametro e-
20[Figure 20] guale a quello delle baſi.
Immer-
ſe
il capo ſenza oro d’vno di que
ſti
nell’argento viuo d’vn vaſo,
e
notò la parte immerſa, come
anco
l’eſtãte.
A queſta notata la
parte
eguale nell’altro dalla par-
te
dell’oro, la inuolſe totalmente
con
vn naſtro di veſica ligato
ſtrettamente
con filo.
Fatto ciò
preſe
il cannello di vetro F A, a-
perto
d’ambi le parti, e ſerata la
parte
A, con veſica, lo riempì
per
la parte F, d’argento viuo,
dentro
à queſto cacciò per forza
il
cilindretto veſtito, con la parte
nuda
auanti, come ſi vede nella
figura
, e ligò la bocca F, con ve-
ſica
ſtrettamente.
Poi immerſe la
parte
A, nel vaſo contenente
il
Mercurio ſtagnante, e così im-
merſa
forò la veſica A, con vn
ago
.
Il che fatto, calò il Mercu-
rio
della canna alla ſolita altez-
za
C B, entro al quale era immer-
fa
la C K, parte nuda del cilin-
dretto
veſtito.
In queſta guiſa
laſciò
ogni coſa per lo ſpacio de
24
.
hore. In capo alle quali, ri-
trouò
il cilindretto eſpoſto all’-
aria
nel primo vaſo, con la parte
immerſa
entro l’argento viuo
corroſa
in gran parte, e quella
non
corroſa era totalmente fria-
bile
.
La parte poi eſtante ſopra
il
Mercurio era tutta pregna d’argento viuo, e totalmente
friabile
;
e I’oro incaſtrato di ſopra haueua grandemente mu-
tato
colore.
Del cilindretto poi contenuto entro la
8074DIALOGO trouò la parte nuda immerſa nell’ argento aſſai corroſa, con
il
rimanente molto friabile;
ma la parte eſtante (già veſtita à
ſolo
oggetto, che ſommerſa totalmente nell’argento della
canna
prima di procurar il vuoto, non riceueſse da eſſo alte-
ratione
) la ritrouò di ſtagno puro ſenza alcuna permiſtio-
ne
di Mercurio, e l’oro non punto mutato di colore.
_Ofred_. Certo chel’eſperienza è belliſſima. Ma coſa ſe ne caua da
eſſa
?
_Mat_. Se ne caua, che eſſendo il Mercurio del primo vaſo eſpo-
ſto
all’aria con il cilindretto, ’l’aria premete ſopra il Mercu-
rio
, e lo ſpinſe per li pori del ſtagno ad infettarlo.
Al con-
trario
, non premendo aria ſopra il Mercurio contenuto en-
tro
la canna, per non vi eſſer, per cagione del vuoto, ò alme-
no
eſſendo deboliſſima, non potè il Mercurio eſſer ſpinto
all’in
a penetrare per li Pori.
Come vede adunque Signor
Ofredi
, nel vuoto il contatto non cagiona la ſalita del Mer-
curio
ſenza aria premente, ma bene cagiona la ſalita dell’-
acqua
per li cannellini.
Horsù rimettiamo queſto negotio
ad
altro tempo, e per hora diciamo, che la preſſione dell’aria
cagiona
bene molti, e molti effetti, ma non già tutti quelli,
che
gli ſono attribuiti.
Vno di queſti è quello, che regiſtra il
Sig
.
Sinclaro _Lib._ 1 _Dial_. 6. _n_. 2. oue dice, che eſſendoli ſtato ri-
ferto
, ch’eſſendo nel tubo predetto l’argento viuo equili-
brato
alla natural’altezza (la quale ſecondo lui è 29.
diti del-
la
ſua miſura) ſe ſi alzaſſe perpendicolarmente con preſtez-
za
, e ſi ſeparaſſe dall’argento viuo contenuto nel vaſo, che
l’argento
viuo ch’è nella fiſtola, ò tubo ſalirebbe con tanta
veemenza
per il vacuo della canna, che romperebbe la
parte
ſuperiore ſigillata, &
otturata alla lucerna, ò
hermeticamente
;
volſe farne l’eſperienza, e che ritrouò, che
alzandoſi
così con preſtezza, era vero che ſaliua vrtando
nella
cima;
ma poi mai non occorſe, che ſpezzaſſe la canna;
e che alzandola pian piano, non ſaliua in conto alcuno.
_Ofred_. Fenomeno veramente conſiderabile: e che cauſa ne aſ-
ſegna
egli?
_Matem_. Sig. Conte legga in gratia _il n._ 3. ch’egli chiama ſettione
di
queſto Libro.
Conte. _La ſeruo._ Primi Phænomeni cauſam & rationem,
8175SECONDO. eſſe vim, & elaterium aeris, qui apertum tubi orificium ſubintrans,
Hydrargirum
impendentem, ſurſum uerſus pellit.
Nam quo @inſtan-
te
, celeriuſculè tubi orificium ex stagnante Hydrargiro educitur, ex-
tans
Mercurius vna cum tubo alleuatur, non totus;
nam porciunculæ
quædam
in inferius vaſculum delabuntur:
vnde tubi orificio plenè ex-
tra
ſuperficiem alleuato, incumbens aer, quaſi perſentiſcens impen-
dentem
Mercurium, aliquid de ſua grauitate deperdidiſſe, &
iam
ſolito
leuiorem, ſtatim orificium irrumpit, Mercuriumq;
non abſque
impetu
ad tubi verticem propellit.
Secundi Phænomeni cauſa, & ra-
tio
videtur bæc:
quoniam dum leniter, lentoque gradu tubi orificium,
è
refuſo Mercurio in apertum aerem ſuſtollo, nihil omnino impẽdentis
Hydrargiri
, in inferius vaſculum delabitur;
_Matem._ Si fermi caro Sig. Conte, che poi ſeguitarà. Io dubito
grandemente
di queſte ſuppoſitioni, che in pratica non ſe-
gua
tutto il contrario, cioè che non ſolo nell’alzamento ve-
loce
nulla dell’argento viuo della fiſtola cada nel vaſo, ma
che
più toſto di quello dal vaſo ſegua quello della fiſtola.
Al
contrario
nell’alzamento fatto pian piano, che almeno ſe
non
cade di quello della fiſtola nel vaſo, certo di quello del
vaſo
non ſegua quello della fiſtola.
E la ragione è, perche
nella
preſta trattione, nella quale ſi debba farela ſeparatione
di
due corpi, vno ſegue l’altro;
ilche ſi nella trattione
lenta
.
Sc vn quadrello ſarà ſopra vn’altro, ſe con preſtezza
alzerò
il ſuperiore, l’inferiore lo ſeguirà per qualche poco;
il che non ſuccede ſe alzarò pian piano. Così ſe vn galleg-
giante
ſi vorrà cauar dall’acqua con preſtezza, ſi vedrà non
poco
alzamento di queſta, il quale non riuſcirà così grande
nella
cauata piaceuole.
queſti miei dubii ſiano come
non
detti.
Concediamo pur anco al Signor Sinclaro, che ſia
vero
quanto dice;
vediamo pure il rimanente della cauſa
della
diſparità, ch’aſſegna.
Conte. Sed integer cylindrus, iuſtum renitentis aeris æquipodivm ſimul
cum
tubo alleuatur:
vndè quaſi perſentiſcens ille, impendentem Hy-
drargirum
nihil de ſua grauitate amiſiſſe, &
ſibi etiam viribus pa-
rem
permanere, illum ſuo loco pellere nequit.
_Matem._ Io non mi poſſo perſuadere in conto a lcuno, che queſt’-
effetto
prouenga dalla ſola grauità, &
elaterio dell’aria; per-
che
già la grauità dell’aria eſercita tutto il ſuo momento,
8276DIALOGO quale viene contrapeſato, e ridotto all’equilibrio dal momẽ.
to dell’argento viuo contenuto nella canna. Quando queſta
s’alza
, ſe bene cadeſsero da eſsa quelle portioncelle, che di-
ce
, onde ſi leuaſfe quell’equilibrio, la differenza però trà
queſti
due momenti ſarebbe pochiſſima.
Onde non caccian-
do
in l’aria l’argento viuo ſe non l’ecceſſo del ſuo mo-
mento
ſopra quello, non ſpingerebbe in con la violenza
narrata
da eſſo, ma lentamente.
Così vediamo che il galleg-
giante
poco differente in peſo dall’acqua, e cacciato in da
queſta
aſſai lentamente.
Coſi nella Bilancia,
Conte. _Si fermi in gratia. Segue à dire._ Quemadmodum corpus gra-
ue
huic lanci impoſitum, aliud graue eiusdem ponderis alteri lanci
impoſitum
, finitis vibrationibus, à iuſto æquipodio nequit dimouere.
Sin, ijs in æquilibrio ſic conſtitutis, huic lanci vnum duntaxat gra-
num
, plus quam alteri imponas, fit mutatio;
vnà alterum in contra-
rium
renitentem degrauante.
Vel ſi alteri, vnum ſolummodo granum
ſubducas
, hoc idem euenire conſpicaberis.
_Mat._ Appunto io voleuo portare il caſo della biìancia, e dire, che
ſe
nelli peſi poſti di quà, e di vi ſarà poca differenza, è vero
che
quello più graue deſcenderà, &
alzerà il meno graue,
ſino
ad vn certo ſegno, e aſſai lentamente.
Onde tanto do-
uerebbe
far l’aria nel noſtro caſo, e non con l’empito da eſſo
eſperimentato
.
_Conte._ Non è tanto poca la quantità dell’argento, che ſuppone,
che
cada.
V. S. aſcolti. _Eodem prorſus modo res hic ſe habet; nam_
_tubi
orificio extra ſtagnantem hydrargirum de repente ſublato;
deci-_
_dunt
forte ex eo, tres quatuorue impendentis Mercurij digitis._
_Matem._ Ha fatto bene a dir _forte,_ perche Dio ſe ne cade.
Conte. Ratione cuius, ex altera, quaſilance, æquipodij non nihil aufer-
tur
;
& hinc exiſtit ille aeris motus, quo impendentis Hydrargiri reſi-
duum
ad tubi verticem ſurſum propellitur;
non ſecùs atq; hæc lanx,
cui
ſex imponuntur vnciæ, ſurſum pellit illam, eamque degrauat, cui
quinque
ſolummodo inſunt.
_Matem._ Certo, che quando anco cadeſſero queſti 3. ouero 4. di-
ti
, ne ſeguirebbe qualche moto, non ſe tanto veloce.
Hauerà il Sig. Sinclaro eſperimentato (come certo anco di-
ce
) che mentre la fiſtola piena di Mercurio diſcende, queſto
arriuato
all’altezza delli 29.
ſuoi diti, non ſi ferma, ma
8377SECONDO. ſcende più, e poi riſaliſce più, e più volte ſino che ſi riduce
all’equilibrio
.
Hora quando diſcende ſotto li 29 diti, certo
che
diſcende aſſai notabilmente;
all’hora è riſpinto in dal
maggior
peſo dell’aria;
e pur non vediamo queſte meraui-
glie
di aſcendere ſino ad vrtare nella cima della canna, &
c.
Ma che, che ſi ſia, io ſono ſicuriſſimo, che anco quãdo ſiano
vere
tutte le ſuppoſitioni del Sig.
Sinclaro, non però queſta
preſſione
dell’aria può eſser la total cagione di queſt’ effet-
to
, mentre certiſſimo v’interuengono dell’ altre cauſe.
_Ofred._ In gratia V. S. l’aſſegni.
_Matem._ Le dirò Sig. Ofredi. Quando io leſſi queſte coſe del Sig.
Sinclaro, preſi vn cannoncino otturato da vna parte, e dall’-
altra
aperto, e li poſi dentro vna balletta, e chiudendo l’altra
parte
con il dito, alzauo ogni coſa con impeto.
Sentiuo ma-
nifeſtamente
, che ceſſato l’alzamento la balla ſeguiua a ſali-
re
per la canna per qualche ſpacio:
e ſe io nel ſine dell’al za-
mento
abbaſſauo vn poco la mano (come quaſi de neceſſi-
biſogna che ſi facia) ſaliua tanto, che vrtaua nel dito.

Poſi
nel cãnone dell’acqua ſino ad vn certo ſegno, &
alzan-
do
il cannone con empito, ceſſato pure queſto moto l’acqua
ſeguiua
a ſalire, e mi bagnaua il dito.
Hora qui non v’è preſ-
ſione
dell’aria, e pure per il ſolo alzamento veloce del can-
none
ſeguiuano queſti alzamenti delli corpi in eſſo conte-
nuti
;
li quali alzamenti non ſeguiuano quando il cannone
s’alzaua
lentamente.
_Ofred._ Ma qual’è la cagione di queſte ſalite?
_Matem._ Nel mio cannone la cagione credo che ſia, che mentre
alziamo
queſto, quel moto lo conferiamo ad eſſo, ed’alli
corpi
in eſſo contenuti.
Quando lo fermiamo, li corpi con-
tenuti
, cioè balla, &
acqua, che non ſono continui ad eſſo,
non
perdono così ſubito l’empito concepito, ma lo tratten-
gono
per qualche tempo, e ſeguono il loro viaggio verſo
quella
parte, verſo la quale ſe li ha già conferito il moto.
Che ſe per fortuna auuiene, che non ſolo fermiamo la ma-
no
, ma anco queſta cali in parte co’lcannone, all’hora il
corpo
contenuto già in moto verſo la parte ſuperiore, per-
cuote
nel dito, come quello che diſcende ad’incontrarlo.
8478DIALOGO
_Ofred._ Crede V. S. che anco queſte ragioni ſi poſſino aſſegna re
al
moto dell’argento viuo nella fiſtola?
_Matem._ Aſſai più efficacemente. E primieramente, ha mai oſſer-
uato
Sig.
Ofredi, quando uno con tirare rompe vna fune, ò
coſa
ſimile, l’effetto che la parte che li reſta in mano?
_Ofred._ L’hò oſſeruato hieri con mio danno, che volendo accor-
dar
vn Liuto, e tirando troppo, fi ſpezzò la corda, e la parte
che
reſtò auolta al pirone mi colſe nel volto vicino ad vn
occhio
, che quaſi m’hebbe ad acciecare.
_Matem._ Pouero Sig. Ofredi, ſe oltre alla curta viſta, che , de-
uentaua
anco ciecolino.
Noti adunque, che nel ſepararſi vna
parte
dall’altra, quella che reſta in mano sbalza verſo quel-
lo
, che tira.
Tanto nell alzar con violenza la canna, non ſi fa
queſto
ſtrapamento dell’argento viuo, che reſta nella can-
na
, da quello, che reſta nel vaſo?
Ecco adunque, che vi è
qualche
cagione di principio di moto verſo la ſtrada, che
la
mano alzante.
Per ſecondo, come nel mio cannone, coſi
in
queſta canna ſi conferiſce in queſto veloce alzamento al-
l’argento
viuo quell’empito;
& eſsendo queſti corpo conti-
guo
alla canna, per il fermar di queſta non languiſce
ſubito
quell’empito, ma continuando per qualche tem-
po
, continuerà anco il moto all’insù verſo la cima della
canna
.
S’aggiunga per terzo, che ſicome il mezzo è d’impedimento
alle
coſe, che per eſſo ſi muouono, e ſempre più, quāto è più
craſſo
, e denſo;
coſi alla ſalita dell’argento viuo ſpiana la
ſtrada
mirabilmente il vano, che reſta nella ſommità della fi-
ſtola
per cui deue ſalire.
Il quale eſſendo ò vacuo, ò almeno
materia
ſottiliſſima, laſcia che con tanto maggior empito
ſaliſca
l’argento viuo.
Che s’aggiongeremo per vltimo, che chi alza la canna con
preſtezza
, nel fine l’abbaſſi anco qualche poco, tanto più ve
locemente
ſalirà l’argento viuo.
_Ofred._ Realmente parmi, che queſte cagioni debbano interue-
nire
nella ſalita di queſto argento viuo;
onde io reſto perſua-
ſo
a confeſsare, che la preſſione dell’aria in queſto caſo, ò
non
vi concorra, ò almeno ſolamente come cauſa partia-
le
, Ma prouo bene, che la preſſione dell’ aria fa vn’
8579SECONDO. effetto in me, che non ſe facia in loro Signori. Parmi
di
hauer ripieno il ventre ſolo d’aria, che mi ſpinge ad an-
dar
a pranſo;
perciò rimettiamo queſti noſtri diſcorſi ad vn-
altra
volta.
_Matem._ V. S. ha ragione; credo che ſia tardo da douero. A riue-
derſi
frà qualche giorno, ritornato che ſia di Villa, oue deuo
portarmi
doppo diſinare per alcuni miei intereſſi.
IL FINE!
86
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89
DELLA GRAVITA
DELL

ARIA
E FLVIDI
ESER
CITATA
Principalmente nelli Ioro homogenei.
Dialogi Terzo, Quarto, e Quinto
Fiſico-matematici
.
DI
STEFANO DEGL ANGELI
LETTOR
MATEMATICO
Nello Studio diPadoua.
21[Figure 21]
IN PADOVA, MDCLXXII.
Per Mattio Cadorin, Con licenza de Superiori.
90
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91
ALL’ILLVSTRISSIMO
ET ECCELLENTISS. SIGNOR
FRANCESCO MARIA
RIARIO
Marcheſe di Caſtiglione d’Orcia, Nobile Veneto,
e
Senatore di Bologna, Felicità.
ILLVSTRISS. ET ECCELLENTIS. SIG.
SIno dalla mia giouentù,
mentre
mi ritrouauo in Bo.
logna per attendere alle ma
tematiche
ſotto la diret tio-
ne
del P.
Caualieri, hebbi
fortuna
di far acquiſto della protettio-
ne
della nobiliſſima caſa Riaria, con-
ceſſami
benign dal Marcheſe
Ferdinando
glorioſo Padre dell’Ecc.
V.
Nel
qual poſseſſo hauendomi poi lei
ſucceſſiuamente
con pari liberalità cõ-
ſeruato
, ſempre ſoſpirato l’occaſio-
ni
di poterle dimoſtrare qualche ſe-
gno
della mia gratitudine.
Ma
92 ſcendo eſſer tali la ſua, e mia conditio-
ne
, che non mi ſia da queſte permeſſo
il
poter far altro che confeſſarmi pu-
blicamente
debitore, e di groſiſſima
ſomma
, riſoluo farlo con la preſente oc-
caſione
della ſtãpa di queſti mier Dia-
logi
Fiſicomatematici.
ll che eſequiſco
con
tanta maggior confidenza, quanto
eſſendo
vniuerſalmente nota la gran
peritia
dell’E.
V. in ſimili, & altre ma-
terie
, ſpero che la mia confeſſione ſia
per
eſſe più ben viſta, mentre li com-
pariſca
auanti introdotta da coſe tan-
to
a lei familiari.
Gradiſca adunque
l’E
.
V. con quella grandezza d animo
che
heredita@@ dac@ſi lunga ſerie
dinobiliſſimi
antenati queſta-
to
d@@ſe mie obligationi, mentre non
vaglio
in altro, che nel poter rephcar
ſempre
d’eſſere
Di V. Ecc.
Padoua li 10. Luglio 1672.
Humiliſs: e Obligatiſs. Seruitore
Stefano
Angeli.
93 22[Figure 22]
AL LETTORE.
ECcoti, Benigno Lettore, tre delli miei Dialogi in
ſeguimento
delli due primi già qualche Meſe pu-
blicati
.
A queſti ne ſeguiranno delli altri, ſe
Dio
ſi compiacerà di concedermi pita, ſanità,
e
miglior fortuna di quella, che prouo.
Le
cauſe
di publicarli ſono le medeſime, le qua-
li
nelli altri due ti bo eſpreſſe;
perciò non le re-
plico
.
Solo di nuouo torno ad inculcare, che io
in
eſſinon pretendo alcun primato, e panto d’inuentor primiero;
la-
ſciando
queſte lodi à chi, ò le merita, ò pretende di meritarle.
Viui felice.
23[Figure 23]
94
NOI REFORMATORI
Dello Studio di Padoua.
HAuendo veduto per fede del Padre Inquiſitore di Pado-
ua
nell’opera intitolata Dialogo terzo, quarto, e quin-
to
ſopra la grauità dell’aria di D.
Stefano Angeli Matemati-
co
Publico in Padoua, non eſſerui coſa alcuna contro la San-
ta
Fede Catolica, e parimente per atteſtato del Segretario
noſtro
, niente contro Prencipi, e buoni coſtumi, concede,
mo
licenza à Matteo Cadorini di poterla ſtampare oſſer-
uando
gli ordini, &
c.
Dat. à 6. Luglio 1672.
(
(Nicolò Sagredo K. Proc. Ref.
(Pietro Baſadonna K. Proc. Ref.
Angelo Nicoloſi Segr.
951 24[Figure 24]
DIALOGO TERZO
Della grauità dell’ Aria, &c.
INTERLOCVTORI
CONTE
LESZCYNSKY,
OFREDI
, E MATEMATICO DI PADOVA.
O_Fredi._ Ben ritornato dalla Villa Sig. Profeſ-
ſore
.
In verità che il Signor Conte, & io
l’habbiamo
deſiderato al più alto ſegno.
_Mat._ Non minor deſiderio hauuto io
della
non meno gioconda, che vtile con-
uerſatione
delle Signorie loro in quella
ſolitudine
.
E mi rallegro ſommamente
d’hauerle
ritrouate con buona ſalute.

perche
hanno tanto deſiderato il mio ritorno?
La coſcien-
za
non mi rimorde che io li ſia debitore di coſa alcuna.
_fred._ A è debitore certamente; poiche con li ſuoi antece-
denti
diſcorſi hauendomi riempito il capo con certe dottri-
ne
, non trouo poi l’eſperienze per l’appunto corriſponder
ad
eſſe.
Queſt’è la cagione che io in particolare anſioſa-
mente
deſiderauo il ſuo ritorno;
quale da ſa puto, ſubito
ſono
venuto col Sig.
Conte à riuerirla.
_at._ Se ſarò debitore, vedrò di ſodisfarla, ſe potrò. Reſta ſolo
che
V.
S. me notifichi la qualità, e quantità del debito, ſen-
za
riccorrere à Magiſtrati;
poiche non intendo che in
962DIALOGO ſta noſtra cauſa, Auuocati, ne altri ſimili habbino da ſta-
re
allegramente pure con vno delli miei dinari.
_Cont_. Le pretenſioni del Sig. Ofredi gle le rappreſentarò io; ac-
ciò
egli parlando in cauſa propria, &
eſſendo toſſicoſo co-
me
vna Rapa, e bilioſo, e colerico quant’vn’ A gnello,
_Ofre_. V. S. principia à buon’hora con li ſcherzi,
_Cont_. Non ſi riſcaldaſſe di ſouerchio; eſſendomi beniſſimo note
per
li diſcorſi, che habbiamo hauuto inſieme in queſti gior-
ni
della ſua aſſenza;
nelli quali vnita mente ſiamo andati ſtu-
diando
, e illibro del Sig.
Sinclaro, del quale più volte hab-
biamo
parlato nelli noſtri paſſati colloqui, &
altri; & hab-
biamo
trouato _nel Lib_.
2. del detto Signore, che racconta
molt’eſperienze
da eſſo fatte in diuerſi luoghi di piano, e di
monte
più, e meno alti, per vedere, che differenza vi era
nella
ſaIita, e diſceſa dell’argentouiuo.
_Mat_. Intendo beniſſimo. Anch egli, e in luoghi piani, e in luo-
ghi
montuoſi fatto l’eſperienza del Tubo Torricelliano
così
chiamato volgarmente, per cagione del gran Torri-
celli
, che l’inuentò (da eſſo detto con nome ſpeciale Baro
ſcopio
, quaſi iſtrumento da miſurare, e ſpeculare la grauità
e
preſſione dell’aria,) come hanno fatto infiniti altri;
& ha-
uerà
trouato, che nelli luoghi piani ſaliſce il mercurio ſino
alli
diti 29.
ſecondo la ſua miſura di ſcotia, e nelli mont
meno
, e meno, conforme che queſti ſono più, e più alti.
_Cont_. Così appunto. quello, che fa difficoltà, e che no
potiamo
intender à pieno, è, che _nel nu_.
3. dice, che volend
far
queſte diuerſe eſperienze, non riempì il Baroſcopio al
le
radici del monte, e con eſſo così pieno ſalì ad alto, pe
notare
le differenze delle ſue altezze ſucceſſiuamente con
forme
che più, e più aſcendeua, come ſi legge appreſſo Pe
queto
_nel lib.
delle nuoue eſperienze Anatomiche_, hauer fatt
Paſchalio
ſopra li monti dell’ A luernia, e credo hauer vſat
tutti
li altri;
in tutti li luoghi riempiua di nuouo l’iſtru
mento
;
dicendo il modo delli altri non eſſer à propoſito
non
in caſo che l’iſtrumento ſi poteſſe portare ſenz’ agita
tione
.
Ma _cum ob montis prærupta aſperitatemque nemo tacito pe_
_de
, ſuſpenſoque gradu aſcendere queat, vnde multa corporis, Baro_
_ſcopijq
;
agitatio, fieri non poteſt, quin humilius, ac depreſſius debit
973TERZO _agitatus concuſſuſque mercurius, iſque perpetim deorſum nitens,_
_defluat
, &
ſubſidat, vt certa comperi experientia._
Di più, _nel n._ 7. narrando come faceſſe queſt’ eſperienza alzan-
do
il Baroſcopio con’vna fune ſopra la Torre della Cat-
tedrale
di Glaſquo, dice, che alzato in alto, calò dalla prima
altezza
5.
delle 32. parti d’vn dito; e di nuouo calato al baſ-
ſo
, ritornò quaſi alla medema altezza.
E ſoggiunge, _Di-_
_xi
ferè, quoniam procul omni dubio, Hydrargyrus ob ſuam puram_
_grauitatem
inter aſcendendum plus ſubſedit, quam inter deſcenden-_
_dum
, in tubo aſcendere potest_.
Queſta coſa non la potiamo in-
tendere
;
cioè perche ſempre il mercurio non ſaliſca, ò di-
ſcenda
alla medema altezza nel medemo luogo, ceſſata che
ſia
l’agitatione;
perche ſalendo ad vna tal altezza per il mo-
mento
, che li l’atmosfera, come hora è tenuto comu-
nemente
, e V.
S. confeſſato _Dial. 2. pag_. 54. eſſendo che
queſto
momento alle radici del monte, ò al piano della tor-
re
è ſempre il medemo, pare anco che ceſſata l’agitatione,
debba
reſtituirlo alla priſtin’altezza, e non ad vna minore.
_Ofr_. Così parmi che di neceſſità biſogna che ſegua Ne parmi
che
queſto effetto poſſa attribuirſi alla grauità del mercu-
rio
, come il Sig.
Sinclaro, perche douendoſi far l’equili-
brio
trà la medema aria, e il medemo mercurio, non co-
fa
habbia quì da fare la grauita;
e come poſſa farſi queſt’e-
quilibrio
, ſe il mercurio non è il medemo, ma meno alto,
e
minore.
_Mat_. Loro Signori fanno vna ſuppoſitione molto impropria,
e
falſa.
Suppongono che ſempre il mercurio nel medemo
luogo
ſaliſca alla medema altezza;
il che è falſiſſimo, e per
ragione
, e per iſperienza.
Per ragione, perche ſalendo ad
vna
tal altezza per la preſſione dell’atmosfera;
eſſendo che
queſta
è ſempre varia, ed inconſtante;
varia anco, ed’incon-
ſtante
biſogna che ſia l’altezza del mercurio.
L’eſperienza
poi
è così manifeſta, che non vi è alcuno, che nari queſto
Fenomeno
, il quale non auuertiſca queſto accidente.
Frà
li
altri li nobiliſſimi Accademici del Cimento _nelli ſaggi di_
_varie
eſperienze_ fatte alla preſenza di quel gran Mecenate
delle
lettere dico del Sereniſſimo Prencipe Cardinal Leo-
poldo
Medici, in più luoghi, ma principalmente _alla pag 26._
984DIALOGO dopò hauer detto, che il mercurio ſaliſca ſin’all’altezza d’-
vn
braccio Fiorentino, &
vn quarto, dicono le ſeguenti pa-
role
.
_Queſt’ altezza quantunque pochiſſimo per esterni accidenti di_
_calore
, e di freddo, e alquanto più, per le staggioni varie, e ſtati di-_
_uerſi
dell’ aria ſi ſia oſſeruata variare, come da vna lunghiſſima ſerie_
_di
noſtre oſſeruationi manifeſtamente appare;
tuttauia per eſſer tali_
_variationi
aſſai piccole, ſarà da quì auanti denominata ſempre_
_della
ſteßa miſura d’vn braccio, e vn quarto, come la più proſſima di_
_qualunque
altra_.
Stando adunque ciò, potria eſſere che di
queſte
diuerſità di ſalite del mercurio nel medemo luogo,
cioè
alle radici del monte, ò al piano della torre dopò rica-
lato
il Baroſcopio, ne foſſe cagione il diuerſo calore intro-
dotto
nell’aria, ò altra uarietà in eſſa proueniente da
maggior
, ò minor imgombramento di nuole, ò altri ac-
cidenti
diuerſiſſimi.
_Cont_. Benche queſte dottrine, & eſperienze ſiano veriſſime;
nulladimeno noi non vogliamo che habbino luogo in que-
ſto
caſo.
Perche ſe da eſſe haueſſe hauuto origine queſto
Fenomeno
, crediamo che il Sig.
Sinclaro ciò hauerebbe co-
noſciuto
;
e non ſarebbe ricorſo alla grauità del mercurio.
Più
recondita adunque, &
aſtruſa è la ſua cauſa; e biſogna
procurar
d’indagarla.
_Mat_. Faciaſi quello che comandano. Tanto più che ſe bene
forſe
non caueremo dal pozzo la vera cagione, peſchare-
mo
nulladimeno per auentura qualche coſa in altri propo-
ſiti
, che non s’hauremo da pentire d’hauer ſparſo le fatiche
al
vento.
E per caminare ordinatamente, potiamo conſi-
derare
, che dicendo il Sig.
Sinclaro ſucceder queſt’ effetto
quando
il mercurio viene agitato, potiamo confeſſare ra-
gioneuolmente
che di queſto Fenomeno ne ſia cagione la
pura
agitatione.
Reſta che conſideriamo come ciò poſſa
fuccedere
.
Io à queſto propoſito noto vn’altra oſſeruatio-
ne
del Sig Sinclaro _nel lib_.
1. _Dial. 3. n. 2_. oue dice, che ſe riem-
pito
il Baroſcopio d’argentouiuo, ſe le caccierà dentro più
volte
vn ſottiliſſimo fil di ferro, queſto farà vſcir fuori dall’-
detto
argentouiuo le particole dell’aria, che ſtanno naſco-
ſte
entro eſfo.
Nel qual caſo purgato che ſia il mercurio
dall’aria
, ſalirà vn poco più, che quando non s’vſa
995TERZO. diligenza. Il che ſtando, e fatto il voto con l’argento non
purgato
dall’aria, ſalendo queſta ſopra eſſo, la cagione di
queſta
minor ſalita dell’argento pare che debba attribuirſi
à
queſt’aria.
_Ofred_. Se così è, parmi che ragioneuolmente ſi debba dire, che
in
tanto il mercurio agitato reſtituito al medemo luogo
non
ritorni alla medema altezza, minore, perche con
l’agitatione
ſi facia ſalir l’aria nella ſommità di lui, la qua-
le
prima foſſe con eſſo meſcolata.
_Mat_. V. S. è più miracoloſo nel dedur conſeguenze, che non
era
Archimede nell’ alzar le Gallere de Romani con la ma-
no
di ferro.
Queſta conſeguenza è molto faticoſa da dedu-
re
;
credo però che à caſo in parte habbi tocco il punto.
_Cont_. Il Sig. Sinclaro leua queſto ſutterfugio, mentre dice _nel_
_lib
2.
Dial. 1. n. 3. cit._ che nel fare queſt’ eſperienza, _Baroſcopij_
_tubum
, ſumma cura ac diligentia, ad ſummam vſque oram, Hydrar-_
_gyro
impleuit, omnibus extruſis ope fili ferrei, aeris particulis in-_
_ter
Hydargyri particulas latitantibus._
_Mat_. Parmi che con quell’ _Omnibus particulis_, il Sig. Sinclaro ſi
reſtringa
troppo;
poiche io dubito, che quãto più s’agiterà,
ſempre
ſi far à ſalire dell’aria.
_Ofre_. Che vuole V S. che l’aria meſcolata con l’argentouiuo ſia
infinita
?
_Mat_. Non dico che ſia infinita, ma tanta, che ſempre ve ne
farà
, ſino che vi ſarà mercurio.
Queſt’aria poi credo che
almeno
in buona parte, non ſia altro che li efluui, à quali
con
l’agitatione ſi facilita l’vſcita dall argentouiuo;
liberan-
doli
dall’implicatione, neſſo, e ſtrengimento, che li viene fat-
to
dalle altre particelle;
agiutando con queſto moto eſterno
quell’
interno nel quale forſe ſono perpetuamẽte.
Così s’a-
gitaremo
con vna mano l’acqua cõtenuta entro vn vaſo, ve
dremo
vna moltitudine di bolle, le quali in buona parte
ſono
altro che aria;
cioè efluui, a quali con l’agitatione ſe fa-
cilita
la via ad vſcir dall’acqua.
Et à queſto propoſito oſ-
ſeruato
à Venetia, che quando li noſtri Barcaroli per li ca,
nali
cacciano il Remo nel fango, ò che altri caccia vn palo
in
eſſo, ò fitto che egli ſia, procura agitandolo quà, e , ca-
uarlo
da eſſo, che ſaliſcono molte bolle d’aria;
le quali
1006DIALOGO ſono altro che efluui, cioè particolle più leggieri, e pronte
al
moto, che con quelle ſpinte, ò agitationi ſono liberate
dalla
priggionia, che li cauſaua la tenacità, e viſcoſità del
fango
, &
altro. E coſa famoſa appreſſo li Chimici, che tut ti li
corpi
habbino particelle volatili, alle quali è facilitato il vo-
lo
dall’ agitationi.
_Cont_. V. Sig. pennerà molto poco in perſuadere queſto alli
Epicurei
.
Li quali empiamente dicendo il mondo eſſer ſta-
to
prodotto dal fortuito concorſo delli atomi;
e percio tut-
ti
queſti trattenere innata vna mobilità inſeparabile, e mo-
to
attuale, ò irrequieta propenſione ad eſſo, con la quale
ſempre
procurino liberarſi da quel neſſo, il che cauſi final-
mente
il ſcioglimento di tutti li corpi;
facilmente s’accor-
deranno
in concedere che il moto eſtrinſeco dell’agitatione
faciliti
queſto ſcioglimento.
Ne forſe hauerà biſogno di
maggior
fatica per perſuadere ciò anco alli Carteſiani.
Li
quali
volendo che quella ſua materia ſottile, che à guiſa di
fiume
rapido ſcorre da per tutto, penetri per li pori delli
corpi
;
& in conſequenza concuti le loro minime particelle
non
recuſeranno queſt’agiuto dell’agitatione.
_Ofr_. Ne meno V. S. pennerà molto in perſuaderlo anco à me
Hauendo
io oſſeruato più volte, che agitandoſi, ò acqua, ò
altro
liquido, che sfumi (il qual fumo non credo ſia altro
che
li efluui, che eſcono dal liquido,) ò con la mano, ò cor
qualche
inſtrumento;
ſi vede vſcir il fumo in maggior co
pia
;
credo non per altro, fe non per la facilità, che arreca l’
agitatione
all’eua poratione.
E queſta credo io che ſia vna
delle
cagioni, per le quali ſogliamo agitar il brodo, ò mine
ſtra
con il cucchiaro quando vogliamo che preſto raffredi
po
iche quell’agitatione facilita l’vſcita alle particelle più
calide
, e più pronte al moto;
le quali partite, laſciano nella
mineſtra
vn caldo da noi tolerabile.
Stando le qualicoſe, non
mi
reſta dubio, che anco dal mercurio agitato non debbanco
vſcir
efluui, mentre eſſo contiene quantità d’acqua ele-
mentare
, la quale facilmente potrà da eſſo euaporare.
_Cont_. Acqua elementare?
_Ofr_. Signore. E ſe vuoie imparar ciò, veda I’opuſculo, il ti
tolo
del quale è, _Noua, &
Amenior Philoſophia de Fontibus:_
1017TERZO. _Iacobi Dobrzenſki de Nigroponte, Boemi Pragenſis par._ I. _pag. 27._
e trouerà vna belliſſima eſperiẽza di ciò. Dice adunque che
ſe
ſi ponerà in vn lambico proportionato libbre 6.
di mer-
curio
in circa, e ſe diſtillerà, che ne vſciranno 3.
ouero 4 on-
cie
d’acqua puriſſima, &
elementare.
_Cont._ Io non dico, che mediante la diſtillatione, non ſi poſſino
cauar
ſpiriti dal mercurio, che raccolti, conſtituiſcono vn
fluido
come acqua;
che queſto poi ſia acqua elemen-
tare
, io non ſono coſi pronto à crederlo:
poiche più toſto
li
reputarei vn eſtratto efficace di mercurio, che riteneſſe
le
ſue virtù efficacemente, appunto come quando dal
vino
ſe ne caua l’acquauita;
e da altre materie altri
eſtratti
.
_Ofr._ Quello, che ſi caua dal mercurio non eſſer altro che ac-
qua
elementare, è prouaro dal medemo autore con queſt’-
eſperienza
.
Eſtratta l’acqua dal mercurio, s’eſponga que-
ſto
all’aria per tempo conueniente, e poi ſi lambichi di
nuouo
;
ſe ne cauerà altretanta acqua. Si replichi que ſt’-
operatione
ſei, otto, e quante volte ſi vuole, ſempre ſe ne
cauerà
la medema acqua.
Sicche peſata tutta queſt’acqua
raccolta
, ſi trouerà peſare più che non peſaua l’argentoui-
uo
.
Ragioneuolmente adunque interroga l’autore. _Vide an_
_Hic
ſpiritus mercurij eſſe poſsit?_
Poi ſoggiunge. _Ergò liberè di-_
_cere
poſſum aquam illam nil aliud eſſe, quam atomos aqueas in aere_
_circumuolitantes
, tempore bumido ab argentouiuo eidem expoſito_
_attractas
, &
frigiditate naturæ argentiuiui intrò conſeruatas, po-_
_ſteaque
ope diſtillationis in aquam formalem conuerſas_.
_Mat._ Pare à me che più congruamente aſſegni la cauſa de ſi-
mili
effetti il dottiſſimo Padre Emanuel Magnano _in Phi-_
_loſ
.
naturæ cap_. 16. _prop_. 2. oue dice, che ſe eſtratto il ſpirito
dal
vitriolo, s’eſponga all’aria per alcuni giorni quella ma-
teria
, che reſta, la quale dalli artefici è chiamata Colcotar,
e
ſe torni à diſtillare con la retorta, che ſe ne cauerà nuo-
uo
, e più efficace ſpirito.
E il medemo ſuccederà ſe più
volte
ſe replicherà l’operatione.
Così ſe quella terra, dal-
la
quale con vari lauamenti ſe ne cauato il nitro, ſi eſpo-
nerà
in luogo conueniente per alquanto tempo, lauata di
nuouo
, ſe ne cauerà altro nitro.
La cauſa è, dice egli,
1028DIALOGO che li ſpiriti del vitriolo, e del nitro vaganti per l’aria, v-
ſciti
da corpi nitroſi, e vitriolati, di nuouo entrano, e s’at-
taccano
al ſuo fiſſo, cioè al colcotare, e alla terra.
Così io
direi
, che vſcẽdo dall’argentouiuo, e da gl’altri corpi efluui,
e
ſpiriti d’argentouiuo, queſti s’vniſſero al ſuo fiſſo, e l’im-
pregnaſſero
di nuouo detto, _e da altri corpi_, perche bi-
ſogna
che pur queſti, ò per meglio dire alcuni d’eſſi con-
tenghino
in ſe corpuſcoli ſimili à quelli, che compongo-
no
l’argentouiuo, ſe è vero quanto vna volta mi diſſe vn
Chimico
.
Mi moſtrò queſti vn’ampollinetta, ò bottonci-
no
di vetro con certo mercurio, che mi diceua hauerlo eſ-
tratto
dal ſterco d’huomo.
Io laſcio la verità di queſto al
ſuo
luogo.
_Cont_. La cauſa di queſto Fenomeno da V. S. aſſegnata mi piace
più
, che quella, che n’aſſegna il Sig.
Dobrzenski. Nulladi-
meno
l’eſperienza ne potrà render più fondati nel deter-
minare
che materia ſia queſta, dalla qualità, &
effetti, che
cagionerà
quell’acqua ſtillata.
_Mat._ , che per altro non tengo ne meno io per verità infal-
libile
, e ſempre vero, che li corpuſcoli, che entrano in vn
miſto
, ſiano quelli da eſſo vſciti, e della medema natura.
con eſſo.
_Ofr._ Io vorrei ſapere il modo, con il quale queſti corpuſco-
letti
entrino nell’argentouiuo, e nelli altri corpi;
perche
quel
dire, che ſiano attratti delli predetti autori non mi
piace
.
_Mat._ Ne meno piace à . Io credo che queſto effetto non ſia
altro
, che vno di quelli, che cagiona la preſſione, Elaterio,
e
grauità dell’aria, che è il principal ſoggetto, che hauemo
per
le mani in queſti noſtri diſcorſi.
E per dichiarar queſto
li
darò vna ſimilitudine aſſai roza.
V. S. riem pia vn criuello
(che habbia li ſuoi bucchi coſi formati, che ſiano della me-
dema
figura, e grandezza delli grani del ſorgo roſſo) di
molte
ſorti di biade;
premendo queſte con la loro graui-
ſopra il criuello, caccieranno per li ſuoi bucchi e grani
di
ſorgo roſſo, e grani di miglio, e di tutte quelle ſorti di
biade
, che haueranno li grani più piccoli di quelli del ſor-
go
roſſo, ma non delli maggiori.
Così ſe foſſero
1039TERZO per vn capo, ma maggiori per l’altro, non vi potrebbero
diſcendere
quando non principiaſſero ad entrarui per il
verſo
che ſono minori.
Che ſe occupato qualche bucco
da
grano maggiore come ſarebbe il Cece, Faua, ò altro che
impediſse
l’ingreſſo alli minori, con la mano, ò altro agi-
taſſimo
queſti grani, potreſſimo rimuouer quel maggiore,
di
modo che capitaſſero delli minori al bucco, e così di-
ſcendeſſero
.
Tanto credo io che in certo modo ſucceda.
nel noſtro caſo. Preme l’aria noſtra ſopra la ſuperficie dell’
argentouiuo
, e delli corpi predetti con la ſua grauità, &

elatere
;
& eſſendo queſta vn’aggregato delli efluui, che
ſono
vſciti da tutti li corpi;
e perciò formati in diuerſiſſime
maniere
;
e trà l’infinite particelle componenti il mercurio,
e
detti corpi, eſſendoui infiniti ſpatietti, e pori ſe non vacui,
almeno
pieni di materia ſottiliſſima, figurati conforme ri-
chiede
la diuerſa diſpoſitione delle minime particelle com-
ponenti
;
con quella preſſione, & elatere caccia in quelli
pori
, ò ſpatietti quelli ſuoi corpuſcoli, li quali ſono per la
ſua
figura, e piccolezza capaci ad entrarui.
Al che mira-
bilmente
ſerue il continuo moto, nel quale è l’aria noſtra,
ò
agitata da venti, ò da altro, per rimuouer li più groſſi im-
pedienti
l’ ingreſſo alli altri, e portarui li proportionati.

La
ragione perſuade che quelli ve rientrino per lo più, li
quali
ò per agitatione, ò per altra cauſa vi ſono vſciti, eſſen-
do
proportionati à quelli ſpatietti;
e parimente che vi en-
trino
quelli, che ſono vguali, e ſimili à queſti.
Che ſe ve
ne
ſono anco de minori;
e queſti pure poſſino eſſer cacciati
dentro
.
Agiuta anco queſt’ingreſſo la teſſitura del corpo,
nel
quale queſti deuono entrare:
perche eſſendo eſſo flui-
do
, come è il mercurio, &
in conſequenza conſtante di
particelle
minime, e prontiſſime al moto, &
alla ſe paratio-
ne
;
le particelle dell’ aria ſe pono far più largo all’ entrarui
con
la preſſione, grauità, &
elatere.
_fre_. In queſto modo li corpuſcoli dell’a ria entrarebbero ſola-
mente
nelle prime parti del mercurio, e delli corpi à ſe con-
tigue
, e non per tutta la corpulenza.
Per eſempio, ſe il
mercurio
foſſe alto nel vaſo vn cubito, entrarebbero ſola-
mente
nelle ſue parti ſuperficiali, e non per tutta la ſua
10410DIALOGO tezza. Perche occupati quelli primi ſpatietti, ò pori dalli
corpuſcoli
dell’aria, impedirebbono l’ingreſſo alli altri;
ne
eſſi
ſe cacciarebbero più oltre.
_Mat._ Biſogna Sig. Ofredi che V. S. ſia ſcordata di quel volgar
prouerbio
, che vn Chiodo caccia l’altro.
Quando li noſtri
Marangoni
vogliono cacciare vn chiodo ben bene dentro
il
legno, percuotono con il martello vn’ altro chiodo, che
s’appoggia
ſopra l’immerſo nel legno.
Così l’aria, caccia-
to
che vn corpuſcolo in qualche ſpatietto vicino alla.
ſuperficie, preme con’ vn altro ſopra quello, e lo caccia più
in
dentro;
e poi con’vn altro; e così ſucceſſiuamente ſin@
che
li caccia quanto puole.
_Ofr._ Queſte ragioni non mi paiono affatto priue d’apparenza
Se
in vn vaſo di legno poneremo dell’ acqua, le particelle
di
queſta cacciate dalla preſſione, e grauità, che l’acqu@
con
la ſopraſtãte aria ſopra il vaſo, penetreranno nelli ſuc@
pori
, ſe queſti ne ſaranno capaci.
ſe il legno foſſe me
no
poroſo, cioè di pori più anguſti, li minimi dell’ acqua
non
v’entraranno;
ma bene chi vi poneſſe altro liquido,
cui
minime particelle foſſero, e minori, e ſimili in figura
alli
pori del legno, queſte v’entrariano.
Cont. _Queſt’effetto, ò eſperienza ne deue render cauti co@_
_quanta
circonſpettione biſogni caminare nel creder all’e@_
_perienze
arrecate da gl’autori.
Poiche in ſimil propoſit_
_hieri
appunto mi detto hauer il Ruelio_ De Plantis capi.
Hedera _queſte parole._ Nobis Caio documentum libello de re ru
ca
dedit.
Si voles, inquit, ſcire in vinum aqua addita ſit vel : v
ſculum
facito de materia Hederacea, vinum quod putabis aqu
habere
eodem mittito, ſi dilutum aqua fuerit, vinum efluet, aqu
manebit
nam non continet vinum vas Hederaceum.
_Per cont_
_rio
, il dottiſſimo P.
Franceſco Maria Grimaldi Gieſuita _
ſuo
trattato de Lumine prop.
6. n. 2. dice, _E_xperimentum, quo ce
ſcimus
ſeparari vinum ab aqua, ſi utrumque ſimul poſitum fue
in
vaſe ex lig@o Hederaceo, quia ſcilicet aqua peruadit craſsiti
talis
vaſis, &
per illud ſtillatim defluit, vinum autem remane
vaſe
, &
c.
_Mat._ Pur troppo ſi leggono di ſimili ſtrauaganze, e contra
tioni
nelli autori.
Prima del P. Grimaldi diſſe ciò anc
10511TERZO. dottiſſimo Gio. Battiſta Porta _Magiæ nat. lib. 18. cap._ 4. oue
porta
anco la ragione perche debba vſcir l’acqua, e non il
vino
.
_Nam aqua humorum omnium ſubtiliſsima est, quia ſimplex_
_est
, vinum autem quum color atum ſit, &
color ex mixtione elemen-_
_torum
, corpulentum magis eſt._
Dice che queſta eſperienza ſi
può
fare molti legni, &
in queſto hauer fallato li antichi,
che
penſorno con l’hedera ſola.
Narra le medeme parole
che
riferiſce anco il Ruelio, ma dice dirle _Gæto_, che io non
chi ſia, e può eſſer error di ſtampa;
il medemo dice hauer
detto
Plinio, e dice hauer errato ambidue, e tutti li antichi,
e
moderni.
Inſegna anco altri artificij ſimili de Democri-
to
&
Africano. Sia però come ſi vuole; baſta al noſtro
propoſito
che li minimi dell’vno, e non dell’altro eſchino.
E quando anco ciò non ſuccedeſſe in queſto caſo, come io
ne
dubito, poco importarebbe, e nulla derrogarebbe à quã.

to
habbiamo detto.
Già molti anni, ritrouandomi à Tiuo-
li
, feci far da vn Tornitore vna ſcudella d’Hedera.
Nel farl’
eſperienza
non reſtai ſodisfatto.
Eben vero, che poco mi
potei
ſeruir di detta ſcudella per certi accidenti Mi pare, ſe
bene
m’arrecordo, che vſciſſero, e particelle di vi@o, e d’a@-
qua
;
e che quello, che rimaſe nella ſcudella foſſe coſa mol-
to
inſipida.
Coſi può eſſere che ſucceda. Li mimimi del
vino
, &
acqua ſe vniſcono, e meſcolano facilmente; ilche
indica
che ſiano aſſai ſimili in figura.
Può eſſer adunque
che
eſchino le parti più ſottili di ambidue, queſti liquidi, è
reſtino
le più craſſe.
doue ſe ſiamo laſciati guidare dal
diſcorſo
?
Ritorniamo adunque al noſtro principal inten-
to
, e d’onde ſopra ſi ſiamo partiti, e diciamo pure non eſſer
merauiglia
, ſe contenendo il mercurio tanta copia di ma-
teria
euaporabile, che con l’agitatione ſe gli faciliti l’vſci-
ta
;
e che in conſeguenza l’agitatione del Baroſcopio foſſe
cagione
del Fenomeno del Sig Sinclaro, del quale ſopra
parlauamo
.
_Ofr_ Prima però m’appello della ſentenza del Porta, che l’ac-
qua
_humorum omnium ſubtiliſsima ſit_.
L’acquauita, e quinte
eſſenze
de fiori, &
altro appena poſſono conſeruarſi in vaſi
di
vetro.
Chi richiudeſſe queſti in vn vaſo d’Hedera, ò d’vno
di
queſti ſuoi legni, ne far ebbe vna buona mercantia;
10612DIALOGO che in poco tempo non trouarebbe che vendere. Ritornan-
do
poi al noſtro propoſito, dico così.
_Cont_. In gratia mi laſci digredire ancora vn poco. Mentre non
è
proprietà dell’ hedera ſola di eſſer accomodata à queſt a
eſperienza
, ma di molti altri legni, come dice il Porta;
e
poi
vi è deſſidio trà li autori ſe eſchi il ſolo vino, ò acqua,
ò
pure le parti più ſottili d’ambidue, come dubito io, re-
ſtando
le più fezzoſe, e craſſe;
giudico bene ſuggerir vn
modo
, che mi par più ſicuro per venir in cognitione di que-
ſto
.
Li Signori Accademici Fiorentini, _nelli ſaggi citati pag._
204. dicono che fecero gettare vna gran palla d’argento aſ-
ſai
ſottile, e la riempirono d’acqua raffreddata con il ghiac-
cio
, e la ſerrorono ſaldiſſimamente con vite;
e martellan-
dola
, &
ammaccandola gentilmente, ad ogni martellata, ò
ammaccatura
videro traſudare gocciole d’ acqua per li
pori
dell’argento.
Hora queſti pori ſono aſſai più anguſti
che
quelli dell’hedera, &
altri legni; mentre per li pori dell’
argento
non traſuderia ne vino, ne acqua, quando la palla
non
foſſe martellata, e per quelli delli legni eſcono libera-
mente
;
adunque tanto più ſottili biſogna che ſiino le parti
di
quel liquido, che douerà vſcire per queſti pori.
Vna ſimil
palla
ſi riempia di vino acquato, e ſi martelli, &
ammacchi,
e
s’oſſerui quello n’vſcirà.
Io tengo di certo che non vſci-
ranno
, ne acqua, ne vino puro, ma le parti più ſottili del
medemo
miſto.
Ritorni Signor Ofredi nella noſtra car-
riera
.
_Ofr_. Se l’agitatione del mercurio cagionaſfe l’vſcità di queſti
efluui
, tanto ſempre douerebbe ſucceder _toties &
quoties_ l’-
argentouiuo
s’equilibra.
Mi dichiaro. Riempita la fiſto-
la
eccedente li diti 29.
di mercurio, & immerſa la bocca a-
perta
nel mercurio ſtagnante del vaſo, diſcende il mercurio
notabilmente
più delli diti 29.
e di nuouo è riſpinto all’insù
ſopra
di eſſi;
e fatti diuerſi ſaliſcendere, finalmente s’equi-
libra
alli diti 29.
che ſe di nuouo, ò inclinando la canna, ò
in
altra forma ſi faceſſe aſcender più, e di nuouo ſi riduceſ-
ſe
al ſito perpendicolare;
di nuouo ſi farebbero queſti di-
uerſi
ſaliſcendere;
e finalmente ſempre ſi ridurebbe alli di-
ti
29.
Hora quì ſi fanno agitationi molto conſiderabili
10713TERZO. mercurio; e pure non eſcono queſti efluui, e non cagiona-
no
queſte differenze
_Mat_. Se l’eſperienze del Signor Sinclaro ſono vere; e d’eſſe n’è
cagione
la ſalita dell’aria;
& in queſto ſecondo caſo il mer-
curio
ſaliſce ſempre alla medema altezza, biſogneria dire,
che
vi foſſe differenza trà quelle agitationi, e queſte.
Ne
io
ſaprei altra trouarne, ſe non che in queſta ſeconda agita-
tione
non ſi ſcoſſa alcuna al mercurio, nella prima .
Nel diſcender dal monte non è poſſibile che non ſcuotia-
mo
il noſtro corpo;
& in conſeguenza il mercurio; con le
quali
ſcoſſe molto queſto ſi concute;
& in conſeguenza
molto
ſi facilita l’vſcita alli efluui.
_Ofr_. Parmi che per ſaluare il Fenomeno del Signor Sinclaro,
habbia
V.
S. trouato vn debole ſutterfugio; poiche che gra-
uità
può hauere quel pochino d’aria, che ſi ſuppone volare
ſopra
il mercurio della canna, che l’habbia da deprimere
tanto
, che con gli occhi conoſciamo euidentemente que-
ſta
depreſſione?
_Cont_. In gratia Sig. Profeſſore prima che V. S. riſponda al Sig.
Ofredi, laſci che arrechi vn’eſperienza del medemo Signor
Sinclaro
regiſtra ta _nel lib.
6. dial. 1. n. 4._ Nella sferetta di vetro
piccola
quanto ſi vuole, ſi paſſare il cannello di vetro
B
A, a perto da ambi le parti, il quale ſia più lungo delli diti
29
.
altezza, alla quale s’equilibra ordinariamente il mercu-
rio
, e fi ſtuca in C, beniſſimo;
al diſotto ſe gli ſalda pure al-
tro
tubo LK, a perto d’ambi le parti, che entri in eſſa, e che
habbia
il ſito come nella figura;
il quale però ſia coſi lun-
go
, che MN, ſia diti 29.
Otturata la bocca K eſquiſita men-
te
, per l’altra bocca B, s’infonda argentouiuo ſino che ſia
pieno
ogni coſa, cioè il tubo BA, la sfera, e il tubo LK.
Ot-
turato
poi eſquiſitamente come, e con quella materia, che
ſi
ſuole la bocca B, s’immerga la K, nel mercurio del vaſo
ſtagnante
, come appare nella figura, e s’apra la detta bocca
K
.
Vedraſſi diſcender il mercurio come ne la figura, di mo-
do
che ſe MN, ſarà diti 29.
ſia ſolamente pieno il tubo LK,
&
O A R, parte della sferetta.
_Ofr_. Io intendo beniſſimo che coſi debba eſſere, correndo quà
la
medema ragione, che corre nel Baroſcopio.
10814DIAZOGO l’aria dell’atmosfera premendo ſopra l’H I, mercurio del
vaſo
, tiene ſoſpeſo tutto quel mercurio, che è alto 29.
diti
ſopra
il liuello NHI.
_Cont_. Fatto queſto ſi fori la sferetta ſopra vicino al C, con’ vn
buccolino
piccolo quanto ſi vuole.
Secondo che l’aria
entrerà
nella sferetta, premerà ſopra il mercurio OR, elo
farà
ſalire per il tubo AB, à poco à poco, ſino che ſia arriua
to
v.
g. all’F, di modo che FR, ſia diti 29.
_Ofr_. Vna ſimil’eſperienza, benche fatta con’ altri vaſi, & in-
uentata
dall’inſigniſſimo geometra Roberual Franceſe, re-
giſtrano
li Accademici Fiorentini _nelli ſaggi, &
c. cap_. 31. co.
me eſperimentata da eſſi. Queſta del Sig. Sinclaro par più
25[Figure 25] ammirabile;
ma però che deue eſſer coſi. Perche l’aria
della
sferetta comunica con quella dell’atmosfera;
e
10915TERZO. preme con la mèdema forza, che preme eſſa: & al ſcemarſi
del
mercurio O A R, che ſaliſce per la canna AB, ſupplen-
do
la medema atmosfera, la qual premendo ſopra l’HI,
mercurio
del vaſo ſtagnante, lo ſalire per KL, conſer-
uando
ſempre il medemo liuello MR.
_Cont_. E coſi certamente, perche le cauſe aſſegnate da V. Sig.
ſono le vere, e l’eſperienza vedere queſta verità. Hora in
queſt’eſperienza
biſogna notare due coſe regiſtrate dal Si-
gnor
Sinclaro _nel medemo luogo, al num_.
5. La prima è, _Hydrar-_
_gyrum
inter aſcendendum, non recto motu per tubulum erepere, ſed_
_nor
nullis potius volutationibus, quas oculo facilè percipere poteris_
_ſupra
cylindri verticem vbi globulus quidam ex ipſa Hydrargyri_
_ſpuma
non orizontaliter, ſed verticaliter tardè, aſcendente mercu-_
_rio
, circumuoluitur_.
_Mat_. inteſo. V. S. addotto queſt’ eſperienza, acciò che fi
conoſca
, che quando aſcende il mercurio anco quietamen-
te
, &
a poco a poco, ſaliſcono anco delli efluui, poiche al-
tro
che efluui non è quella ſpuma.
Cont. _L’altra è, che_ Licet arctiſsime cœmento, vel quouis alio modo
occludas
foraminulum C, vt aer externus nullum habeat influxum
in
aerem internum, nihilominus ſuſtentatur cylindrus mercurialis,
idque
ſolumodo virtute interni aeris ſuperficiem OR prœmentis.
_Mat_. Non eſtenui adunque tanto Sig. Ofredi la forza dell’aria;
poiche queſta in poca quantità può fare effetti molto con-
ſiderabili
;
come ſi vede nel ſopradetto, premendo non ſo-
lo
con la grauità propria, ma anco con l’elatere, che è po-
tente
molto più, come dicono li elateriſti.
_Ofr_. Mi riduca V. S à memoria coſa ſia queſt’elaterè.
_Mat_. E vna virtù agitatiua, ò riſpingitiua, che vna coſa
compreſſa
per forza, con la quale procura de reſtituirſi al-
la
ſua premiera, e natural eſpanſione, contrapremendo
chi
la preme.
Per eſempio, ſe V. S. piegherà vna bacch et-
ta
in forma d’arco, ſentirà la forza, che farà per ritornare
al
ſuo natural ſito, &
eſpanſione. Queſta forza, ò reſpinger
la
ſua mano s’addimanda ela tere.
_Ofr_. Non più, che miſouuiene à ſufficienza. M’arricordo, che
per
eſemplificare queſta viitù elaſtica dell’ aria ſi ſeruono
dell’eſempio
d’vn gran cumulo di Lana, nel quale li
11016DIALOGO che ſono più fondi ſono molto compreſſi da quelii, che li
ſouraſtano
, di modo che rimoſſi queſti, quelli s, eſtendono
moltó
più.
Così dicono, che conſtando l’aria noſtra, ò at-
mosfera
delli efluui, che eſcono da tutti li corpi, queſti co-
me
graui tendendo al centro comprimono l’inferiori no-
tabilmente
, &
eſſi fanno forza di liberarſi da quella com-
preſſione
.
Altri chiamano queſta virtù elaſtica dell’ aria
Molla
, perche l’elatere viene eſercitato anco dalla ſuſta, e
molla
delli Horologi, come anco che s’adopra in al-
tri
artificii.
_Mat_. Quando li ſouuengono queſte coſe, intenderà anco facil-
mente
quanto ſia potente queſta virtù elaſtica dell’aria;
la
quale
compenſa beniſſimo alla grauità, di modo che po-
chiſſima
aria con grand’elatere, cioè molto compreſſa, può
fare
il medemo effetto che vna mole altiſſima d’aria con la
ſua
grauità.
_Cont_. Quanta forza habbia l’aria compreſſa con il ſuo elate-
rio
, lo vediamo in infinite machine Hidrauliche, e con no-
ftra
molt’ammiratione nell’ archibugio caricato à vento.
Poiche non tanta paſſata, ne il ferro è ſpinto fuori con
tanto
empito, ſe non da queſto elaterio dell’ aria che
compreſſa
molto più di quello, che in queſta noſtra
baſſa
regione, nel dilatarſi imprime nel ferro quel grand’-
empito
.
_Mat_. V. S. diſcorre beniſſimo. E ſe vuole hauere maggior cer-
tezza
di ciò, con l’Archibuggio caricato in queſta noſtra
baſſa
regione ſaliſca ſopra qualche monte, che vederà che
quanto
più alto ſalirà, farà tanto maggior paſſata Così ſe
caricherà
quà giù vna fontana hidraulica, e ſalirà ſopra il
monte
, l’acqua vſcirà fuori con tanto maggior empito, e
durerà
più ad vſcire.
Il contrario ſuccederebbe ſe con li det-
ti
inſtrumenti caricati ſopra il monte diſcendeſſe à ſcari-
carli
al baſſo, &
al piano. La cauſa è, perche la ſcarica ſi
con
quell’empito, che corriſponde all’ ecceſſo dell’ elaterio
dell’aria
caricata per forza nella machina, ſopra l’elaterio
della
medema, che in quel luogo oue è.
Hora l aria di
queſte
noſtre regioni ha maggior elaterio che quella del-
li
monti.
11117TERZO.
_Ofred_. Tutto caminarebbe bene quando da queſte ſue eſpe-
rienze
conſtaſſe queſt’elaterio dell’aria.
Ma queſto non
hauer
luogo tẽtorno alcuni di dimoſtrare appreſſo li Acca-
demici
Fiorentini con’vna eſperienza ſimile à quella, che
hor
hora proponerò da tentare nel noſtro inſtrumento ſo-
pra
dichiarato.
Auanti che con eſſo ſi procuri il voto, ſe
facia
paſſare la canna LK, per vn bucco fatto nel fondo di
qualche
maſtello, ſotto il quale ſia il vaſo del mercurio ſta-
gnante
.
Fatto il voto, e diſceſo il mercurio come nella
ſigura
, ò come habbiamo detto, ſi riempia il maſtello d’ac-
qua
, e ſi facia il buccolino vicino al C.
L’acqua entrando
per
il bucco C, e riempendo la palla, farà il medemo effet-
to
di far ſalir il mercurio per la canna B A, che prima face-
ua
l’ aria;
ma con queſta differenza, che non ſolo ſalirà
v
.
g. in F, di modo che R F, ſia diti 29. come quando ſe riem-
piua
d’aria, ma ſino all’E, di modo che F E, ſia la quartade-
cima
parte dell’altezza dell’acqua, che nel maſtello preme
ſopra
il mercurio MOR.
_Cont_. Non dubio che coſi non debba ſuccedere, perche in
queſto
caſo ſopra il mercurio MOR, preme tutta l’acqua
contenuta
entro il maſtello dalla ſuperficie M O R, ſino al
ſommo
dell’acqua, e ſopra queſta l atmosfera.
Hora queſta
deue
alzar il mercurio nella canna BR, li ſoliti diti 29.
e l’-
acqua
vn quartodecimo della ſua altezza;
eſſendo il mer-
curio
quaſi 14.
volte più graue dell’acqua.
_Ofr_. Hora V. S. otturi beniſſimo il bucco fatto vicino al C, e
facia
vſcir tutta l’acqua dal maſtello.
Vederà che il mer-
curio
non diſcenderà nella Canna.
Queſto non quuiene
per
elaterio, che habbia l’acqua;
adunque anco quando
la
palla è piena d’aria, queſto effetto naſce dall’ elaterio, ò
molla
, che ella habbia.
_Mat_. Non mi pare che la ſimilitudine corri. Poiche l’acqua
patiſse
, in comparatione dell’ aria, pochiſſima compreſſio-
ne
.
Mentre adunque che queſta può pochiſſimo eſſer ri-
ſtretta
in minor luogo (come diremo forſe frà poco) queſta
ſua
repugnanza alla compreſſione è ſufficiente a render ra-
gione
di queſto Fenomeno.
Al contrario l’aria è ſott opo-
ſta
à gran compreſſione, di modo che con forza
11218DIALOGO mo nel ſpatio della palla MCR, cacciar 6. 8. e 10. volte più
aria
di quella, che conteneſſe ſenza queſta forza.
Mentre
adũque
che ella può eſſer tanto compreſſa;
e tutto il mer-
curio
RF, della canna non è ſuſſiciente à diſcender, enon
la
comprime;
biſogna dir che reſiſta con l’elaterio.
_Oſre_. In gratia arrechi qualche altra eſperienza, dalla quale ſi
conoſca
queſt’elaterio dell’aria, &
eſſer vero che pochiſſi-
ma
aria con grand’elatere poſſi fare il medemo effetto, che
vna
mole altiſſima d’eſſa con la ſua grauità.
_Mat_. Già Sig. Ofredi che V. S. e molto bene informata, che
riempito
il tubo Torricelliano, ò Baroſcopio d’argentoui-
uo
, &
immerſo _more ſolito_ nel mercurio ſtagnante del vaſo,
che
queſto diſcende, &
occupa ſolo, ò vn braccio, & VIL
quarto
Fiorentino in circa, ò li diti 29.
della miſura del Sig.
Sinclaro. Parimẽte che V. S. sa che ſe il tubo foſſe lungo
per
eſempio ſoli diti 20.
che riempito, & immerſo al mede-
mo
modo non n’vſcirebbe in conto alcuno;
perche il con-
trapeſo
, che li l’aria premente ſopra il mercurio ſtagnã-
te
è ſufficiente à ſoſtenerne non diti 20.
ma 29. Hora deue
ſapere
che chi in queſto tubo poneſſe, per eſempio, diti 19.

di
mercurio, &
vno d’acqua, che tanto, e tanto non vſci-
rebbe
cos’alcuna;
ma chi con li diti 19. laſciaſſe vn dito d’a-
ria
, allora il mercurio diſcenderebbe per qualche ſpa-
tio
.
_Ofred_. Corpo di me che queſta coſa mi pare impoſſibile. Non
peſa
più vn dito d’acqua che più di 1000.
d’aria? Come dun-
que
può eſſer queſto che vn dito d aria habbia più da pre-
mere
, che vn dito d’acqua?
_Mat_ Molto anco più peſa vn dito di mercurio, e pure ne anco
queſto
premeua come l’aria, quando la canna conteneua
tutti
li diti 20.
di mercurio: ma poi ne queſfo, ne quella hã-
no
, che _ad ſummum_, pochiſſimo elatere, e forſi niente.
L a-
ria
poi ſe bene pochiſſima grauità, ha grandiſsimo ela-
tere
.
Perche deue ſapere Sig. Ofredi, che eſſendo l’aria
incarcerata
nel tubo della medema natura dell eſferiore,
cioè
ſottopoſta alla medema compreſsione, che hauerebbe
ſe
nell’aria libera li ſopra ſtaſſe l’aria alta quant’è l’atmosfe-
la
, queſta l’equilibrio con la preſsione, che ſopra
11319TERZO. mercurio ſtagnante tutta l’altezza dell’atmosfera con la
ſua
grauità.
Aggiunto adunque à queſt elaterio il peſo delli
19
diti di mercurio, tutto queſto compoſto eccede il peſo
dell’aria
eſteriore premente ſecondo il peſo di queſti 19.
di-
ti
.
Deue adunque diſcender il mercurio ſino che il dito d’
aria
con la ſua maggior eſpanſione habbia tanto debilitato
il
proprio elatere, che queſto, inſieme con li rimanenti diti
di
mercurio, s’equilibrino con l’aria eſteriore premente.
_Ofred_. Se ſono vere queſte dottrine, parmi che ſi potrebbono
fare
proue maggiori di queſt’elatere del dito d’aria, ſe con
queſt
in ſtrumento ſi ſaliſce ad alto;
poiche quanto più ſi
ſaliſce
, tanto più ſcenderebbe il mercurio della canna;
& in
conſequẽza
il dito d’aria più aummentarebbe la ſua eſpan-
ſione
.
_Cont_ Con queſta conſideratione il Signor Profeſſore mi
penetrare
la cagione d’vn effetto, che più volte ammi-
rato
.
oſſeruato più volte, che forandoſi vna Botte pie-
na
di vino, che foſſe beniſſimo chiuſa con il ſuo Cocone,
n’vſciua
vn poco, e poi ſi fermaua, e non n’vſciua più.
Io
guardauo
d’onde accadeſſe queſto accidente.
Hora cono-
ſco
, che ciò può prouenire dall’elaterio dell’aria.
Non eſce
il
vino dalla Botte totalmente piena forata in qualche luo-
go
peril contrapeſo, che li l’aria eſteriore, ſufficiente à
ſoſtenerlo
anco quando foſſe alto 18.
braccia Fiorentini in
circa
, come è beniſſimo noto.
Onde potendo l’aria eſterio-
re
ſoſtenerne braccia 18.
molto più potrà ſoſtenere quello
delle
noſtre Botte alto due, o tre braccia, più, e meno.
ſe
nel
ſerrarſi il Cocone ſi ſerraſſe dell’aria nella Botte, queſta
eſſendo
del medemo vigore con l’eſteriore, allora premen-
do
più queſt’aria con il vino di quello che faceſſe l’aria eſte-
riore
, n’vſcirà il vino ſino à tanto, chel’aria interiore hab-
bia
tanto debilitato il proprio elàterio, che queſti con il vi-
no
ſi pareggi all a preſſione dell aria eſteriore.
Il vino poi,
che
eſce dalla Botte è in poca quantità, perche eſſendo or-
dinariamente
poco il vino nelle noſtre Botte ordinarie, che
ſouraſta
al foro, poco aggiuto può dare all’aria interiore;
onde ogni poco che ſe debiliti il ſuo elaterio, ſi l’equili-
brio
con l’eſteriore.
11420DIALOGO
_Mat_. V. S. potrà comprobare il ſuo diſcorſo con queſta eſperi-
enza
.
Fori vna Botte coſi chiuſa nel mezzo d’vno delli ſuoi
circoli
, &
vſcitone quel poco di vino, che dice vſcirne alle
volte
, la fori poi piu ingiù vicino al fondo.
Poiche ſe ſarà
vero
il ſuo diſcorſo, biſognerà che anco da queſto foro n’-
eſchi
di nuouo qualche quantità.
E la ragione è manifeſta.
Perche fatto il foro nel mezzo, n’eſce ſino a tanto che l’a-
ria
interiore habbia tanto debilitato il proprio elaterio,
che
queſti con il vino ſopraſtante al bucco s’equilibri con
l’aria
eſteriore.
Hora il vino ſopraſtante al bucco inferiore,
come
più alto, preme più che il ſopraſtante al bucco di
mezzo
;
e in conſeguenza con l’aria debilitata per la prima
vſcita
preme più che non premeua il primo vino meno al-
to
con queſta.
Onde ſuperando il contrapeſo dell’aria eſte-
riore
, deue vſcir il vino ſino che debilitandoſi l’elaterio
dell’aria
, li momenti ſi pareggino.
Ne vale il dire, che an-
che
la contropreſſione dell’ aria eſteriore ſia maggiore nel
fondo
, che nel mezzo, correndo quà la medema ragione
del
Baroſcopio nel piano, e nell’alto;
perche ſe bene queſto
è
vero à tutto rigore, nulladimeno per la poca diſtanza trà
li
due fori, queſta differenza di contrapreſſione deue eſſer
fiſicamente
inſenſibile.
Tale non è la differenza delle due
altezze
del vino della Botte.
_Ofr_. Queſta eſperienza, quando ſucceda, mi chiuder la boc-
ca
, e ſtimar di niun va lore vna riſpoſta, che m’apparecchia-
uo
di dare al Signor Conte.
Voleuo dire, che non vſciua il
vino
_ne detur vacuum_.
Perche fatto il primo foro, eſce il vino
ſino
à tanto, che l’aria ſe ſia rarefatta quanto puole ad oc-
cupar
quel ſpatio.
Ma poi rarefatta al poſſibile, non può
più
il vino diſcendere, perche allora ſi daria vacuo.
per-
che
vſcirà poi dal bucco inferiore?
Anco allora ſi darebbe
il
vacuo.
Onde non douerebbe vſcire Se adunque eſce, e
ſegno
che il vacuo non ha che fare.
_Cont_. In queſto mentre la mia fantaſia s’è andata ragirando
circa
vn’altro accidente.
Ho oſſeruato più volte, che riem-
pita
, e chiuſa vna Botte, queſta non ſpandeua in conto al-
cuno
.
Poi improuiſamente gocciaua da qualche ſpiraglio.
Si fermaua da ſua poſta, e di nuouo doppo qualche
11521TERZO. tornaua à gocciare. Miveniua detto, che vn Tarlo haue-
ua
fornito di roder, e far vn buccolino, dal quale vſciua il
vino
, &
altri accidenti; quali non dirò che alle volte non
poſſino
hauer luogo.
Ma anco può eſſere che ò per il Sole,
ò
per altro accidente riſcaldata l’aria, &
il vino della Botte,
l’aria
principalmẽte aummẽti il ſuo elaterio;
onde ſuperan-
do
queſto compoſto il contrapremere dell’aria eſteriore,
caccia
fuori quelle goccie ſino à tanto, che ſi faccia di nuo-
uo
l’equilibrio.
Poi torni _toties, & quoties_ ſi facia q ueſt’al-
teratione
.
_Mat_. Non dico che così non poſſi eſſere qualche volta,
molte
varietà poſſono ſuccedere.
Veda Signor Conte; al-
tra
preſſione cagiona la coſa graue con la propria grauità
aſſolutamente
, altra con queſta aggiutata con il moto.
Ciò
è
tanto manifeſto, che nulla più.
Onde la coſa graue ag-
giutata
dal moto ſi caccierà, e paſſerà per di quelli bucchi,
nelli
quali mai entrarebbe con la ſola grauita.
Riſcaldato
adunque
il vino per qual ſi ſia accidente, ò fatto d’eſſo qual
ſi
ſia fermentatione, le ſue particelle ſono collocate in vn
moto
molto conſiderabile.
Onde aggiutate dalla grauità,
poſſono
vſcire per quelli buccolini, per li quali altrimente
non
vſcirebbero.
Ceſſato queſto calore, & ebollitione
eſtraordinaria
, ceſſa l’vſcita.
Ritornato il calore, ritorna
l’vſcita
.
E coſi diſcorrendo. Aggiungaſi à queſto, che ri-
ſcaldato
il vino ſi rarefà, cioè le ſue particelle ſi diſciolgo-
no
, e ſeparano più di quello, che erano;
Onde ciaſcuna, ò al-
cune
di queſte poſſono più prontamente penetrare per
quelli
bucchi, per li quali non poteuano entrare congion-
te
con altre in maggior quantità.
_ont_. anch’io, che le particelle delli liquidi graui pene-
trano
più collocate in moto per riſcaldatione, che ſenza;
e
tanto
piu, quanto ſaranno per la rarefattione più libere,
e
ſottili.
E q ieſta è la cagione che li Signori Medici vor-
ranno
, per eſempio, che ſe pigli il ſiroppo caldo, e non fred-
do
;
perche operando queſto per l’inſinuatione delle ſue
minime
partrcelle, più ſi puole inſinuare aggiutato già dal
calore
eſterno, che douendoſi riſcaldare nel ventricolo.
Se
V
.
S. hauera vna Botte ſcachita, e molte rimule, ò
11622DIALOGO per eſſer vn pezzo ſtata ſenza vino, e vorrà ſerrar queſte,
ottenirà
ciò tenendola per lungo tempo riempita d’acqua
fredda
, infondendone ſempre quanta n’vſciſſe;
perche li
minimi
dell’acqua penetreranno à poco à poco nelli pori
del
legno, &
ingroſſando, e dilatando le Doghe, che la
compongono
, &
in conſeguenza accoſtando più l’vna all’-
altra
, alla fine chiuderanno tutte quelle fiſſure, e buccolini.
Ma ſe li farà vn brombo, cioè li caccierà dentro dell’acqua
ben
bene calda, anco non in molta quantità, e l’otturerà
ben
bene, ottenirà il ſuo intento in tempo aſſai minore, e
con
molto minor fatica.
Perche li minimi dell’acqua dal
fuoco
coſtituiti in moto, e fatti più tenui la ſeparatione,
più
prontamente ſe cacciano in quelli pori, e fanno l’ef-
fetto
, che ſi pretende.
_Ofr_. Io l’inuerno mi lauo le mani con l’acqua calda. Chi non
è
filoſofo, come ſon’io, dice queſto eſſer effetto di poltrone-
ria
, e miſeria.
Ma queſti non l’intende. L’acqua calda è
più
atta à nettare dal ſuccidume, che la fredda.
Perche li mi
nimi
di quella ſono per le cauſe ſopradette più pronti a
cacciarſi
nelli pori della carne, &
inſinuarſi nel ſuccidume;
e coſi renderlo più trattabile, e maneggeuole, che li mini-
mi
di queſta;
onde poi con la confricatione delle mani ſi le-
ua
via faciliſſimamente.
_Mat_. V. S. dice beniſsimo. Ma troppo habbiamo digredito,
però
ſin’ad hora habbiamo totalmente eſpoſta la noſtra
mente
circa le cauſe delli Fenomeni ſopra narrati del Sig
Sinclaro
;
cioè perche purgato il mercurio per mezzo d’vn
filo
di ferro cacciato ben bene entro la fiſtola, dall’ aria in
eſſo
rachiu ſa, queſti ſaliſca più alto, che quando non ſi vſa
queſta
diligenza;
e perche quando ſi ſcuote il mercurio
della
canna diſcendendo dal monte, ò calandolo da alto
ò
in altro modo, diſcenda più che non ordinariamente
Di
ambidue queſti effetti credo che ſia cagione in parte l’
vſcita
delli efluui, però diuerſamente.
Queſto è certiſ
ſimo
, che quando riempita la fiſtola di mercurio ſi procura
il
voto, cioè ſi fa diſcendere ſino alli diti 29.
altezza con
ſueta
, ſaliſce ſopra l’eſtremità del mercurio l’aria della qua
le
per auuentura egli è pregno, &
altri aliti inuiſibili.
11723TERZO. che li Accademici Fiorentini _nelli ſaggi, & c. à carte_ 28. inſe-
gnano
vn modo di vedere la loro ſalita, dicendo à queſto
propoſito
.
_Queſto ſi vede manifeſtamente ogni volta, che nella_
_canna
s’introduce vn po d’acqua, la quale nel farſi il voto ſalendo_
_ſopra
l’argento, diſcopre nel paſſaggio che fanno per lo ſuo mezzo,_
_quei
finiſſimirebullimenti, che da eſſo verſo il voto s’inalzano._
_Cont._ Belliſsimo modo di vedere queſta falica quando lacqua
ſia
purgatiſsima dall’aria, e dalli eflui, che eſcono da eſſa
ſenza
comparatione in maggior quantità, che dal mercu-
rio
.
Onde quando non ſia purgatiſsima, ſarà difficile di-
ſcerner
ſe ſiano efluui della medema acqua, ò pure del
mercurio
.
_Mat._ Hora queſti eflui ſaliti ſopra il mercurio eſercitano ſo-
pra
eſſo, e con eſso quella medema grauità, che eſercita-
uano
entro eſso Onde, e del mercurio, e d’eſſi faſſi pure
vn
compoſto, che ſi paragona con il cilindro d’aria, che
preme
ſopra il mercurio ſtagnante, il qual cõpoſto è mag-
giore
, e preme più che il ſolo mercurio.
Ma quando nella
fiſtola
ſi pone il mercurio purgato dall’aria, non ſalendo
ſopra
eſso, o nulla, ò almeno pochiſſi no, ſeil mercurio s’-
da equilibrare con l’aria p@emente, bi ogna che ſaliſca
quel
più, che premeuano quelli efluui, che erano in eſso, c
che
ſariano ſaliti ſopra eſso.
_Ofr_. V. S. dica anco la ſua opinione circa la cauſa della diſceſa
del
mercurio più del conſueto quando queſto ſia ſcofso,
&
agitato.
_Mat_. E queſta pure credo che naſca dalla ſalita delli efluui, e
purgamento
del mercurio fatto ò auanti il procurarſi il vo-
to
, ò anco in virtù dell’agitatione, e concuſſione.
Ma per
intender
il come, mi dica Signor Ofredi;
ha mai oſseruato
quelli
, che vendono il formento, ò altre biade?
C@oè quan-
to
ſiano geloſi, che non ſe diano ſcoſse a ſtaio, ò altra mi-
ſura
con la quale miſurano?
_Ofr_. L’ho oſseruato certo. Et hanno molto ben ragione d’eui-
tare
queſte ſcoſse;
perche ſe alcuno daise del piede nello
ſtaio
gia pieno, farebbe non poco diſcender la biada;
per-
che
li grani, che ſi toccano con gran la ſſitudine, elibertà,
contenendo
frà ſe infinite cauita aſsai conſiderabili;
11824DIALOGO quelle ſcoſse ſi ſtiuariano più, e ſi toccheriano, & vniriano
più
frà ſe ſteſſi.
_Mat_. Tãto biſogna immaginarſi che ſucceda alle minime par-
ticelle
dell argentouiuo.
Vſciti da eſso li eflui, quelle parti-
celle
reſtano più libere, e ſciolte con quelle iufinite cauità,
dalle
quali ſono vſciti li efluui;
ſono più fluide, e ſi tocca-
no
in minor parte delle loro ſuperficie.
Quando ſi dano
ſcoſse
alla canna, e ſi concute il mercurio, le ſue minime
particelle
s’vniſcono, conſtipano, e ſtiuano più frà ſe ſteſ-
ſe
;
& in conſeguenza occupano minor luogo, e diſcen-
dono
.
_Ofr_. Queſta ragione non mi diſpiace affatto; anzi che l’hò ſen-
tita
con qualche piacere.
Come ſentito con mio total
contento
dir di ſopra, che nel procurarſi il voto con l’ar-
gentouiuo
, &
anco con il laſciar ſopra eſso vn poco d’ac-
qua
, eſca, e da eſso, e molto più dall’acqua, copia conſide-
rabile
d’efluui.
O come che queſta eſperienza confonde
quelli
, li quali dicono darſi il vacuo nella ſommità di quel-
le
canne! E perche faſſi la ſalità di queſti eflum, ſe non, _nè_
_detur
vacuum_ ſommamente abborito dalla natura?
_Mat_. Io non voglio ricercare ſe iui ſia vacuo, e ; ma dico be-
ne
, che non ſaliſcono li efluui dalli predetti liquidi _nè detur_
_v
acuum,_ per altra cauſa;
cioè perche le parti di quelli li-
quidi
non ſono premute dall aria, ò da altro, come prima
_nè detur vacuũ_, perche non aſcendono li eflui ſe non già
diſceſo
il mercurio, e fatto il voto;
onde già ſe darebbe il
vacuo
, ſe eſſi ſaliſsero a riempirlo.
E poi, ſe beniſſimo pur-
gato
il mercurio, con eſso ſi procurerà il voto, deſcenderà
queſti
alla conſueta altezza d’vn braccio, &
vn quarto in
circa
.
E pure non ſaliſc ono eſluui, ò almeno pochiſſimi
Chi
riempie allora il vacuo?
Adunque, ò queſti ſi ſem-
pre
, ò viene proibito da altre cauſe.
_Ofr_. Ma come dice V. S. che la ſalita di queſt’ efluui venga ca-
gionata
dalla ceſsatione della preſſione?
_Mat_. Già è notiſſimo appreſso il Boile in più luoghi, e princi-
palmente
in quel trattatello il cui titolo _Mira aeris (etiam_
_citra
calorem) rarefactio detecta_, come anco appreſso d’altri
autori
, che poſto nella ſua machina (con la quale ſi
11925TERZO. cura il voto leuandone l’aria) vn vaſetto d’acqua, ſecondo
che
la machina ſe euacuando d’aria, che l’acqua prin-
cipia
bollire furioſamente, &
euaporare tanto più, quanto
più
s’euacua la machina;
sìche continuandoſi l’euacuatio-
ne
, l’acqua ſi diminuiſce notabilmente.
Se poi liberata
che
ſia l’acqua dall’aria, e dalle parti più ſottili (il che co-
me
dice il medemo Boile _alla pagina 11.
del cit. trat_ non ſe
così
facilmente) ſe torna à rimettere nella machina già
tornata
à riempirſi d’aria il medemo vaſetto, e queſta di
nuouo
s’cuacua dall’aria;
l’acqua del vaſetto ò non bolle
più
, ò pochiſſimo.
Queſto dimoſtra che non bolle, & eua-
pora
per impedir il vacuo, ma che di queſto bollimento ne
ſia
cagione il leuar l’aria dalla machina.
Quando ſi pone
in
eſſa il vaſetto con l’acqua, queſta viene compreſſa dall’-
aria
della machina con quella preſſione, &
elaterio, con la
quale
preme l’aria eſteriore, eſſendo della medema natura.
Onde le parti dell’acqua ſono ſtrette inſieme; può eua-
porare
così facilmente.
Quando poi ſi leua l’aria dalla
machina
, ſi ſminuiſse il ſuo elaterio, e compreſſione;
& in
conſeguenza
le particelle dell’ acqua reſtano più libere, e
ſciolte
;
onde eſcono le più ſottili, leggieri, e pronte al mo-
to
;
e queſto ſempre più continua, quanto maggiormente
s’eſtrae
l’aria, ſino che dall’acqua ſiano vſcite queſte parti-
celle
pronte al moto.
L’altre non così pronte rimangono,
più ſciolte, che quando erano premute dall’aria.
Che
poi
ripoſto il vaſetto nella machina non euapori più, naſce
perche
già ſono volate le parti ſottili;
onde non vi è più
coſa
habbia ad vſcire, ò almeno in poca quantità.
_Ofr_. V S. & hora, & in molti altri luoghi di queſto noſtro di-
ſcorſo
ſuppoſto vna coſa, che io tengo per impoſſibile;
cioè che l’acqua patiſca compreſſione.
_Mat_. Io Sig. Ofredi non ſolo tengo che l’acqua, e li altri liqui-
di
patiſchino qualche compreſſione, cioè che le ſue mini-
me
particelle poſſino eſſer più ſtrette, vnite, e conſtipate
inſieme
da forza eſtrinſeca premente di quello che ſono,
ma
anco tutti li altri corpi per duri, e ſodi che ſiano.
E pe-
ben vero, che in alcuni queſta compreſſione, e conſtipa-
tione
difficilmente può eſſer conoſciuta dalli noſtri ſenſi;
12026DIALOGO e tanto ſuccede all’acqua. A queſta compreſſione li corpi
reſiſtono
quanto poſſono, inſinuandoſi, principalmente
li
liquidi, con le loro minime particelle per tutto oue poſ-
ſono
.
quando non pono far di meno, biſogna che ſe
c’accomodino
.
_Ofr_. A queſta compreſſione repugnano manifeſtamente al-
cune
eſperienze fatte dalli Signori Accademici Fioren-
tini
.
_Mat_. Queſti Signori principiando _alla pag._ 197. adducono tre
eſperienze
in queſta materia, con le quali pretendono
non
de dimoſtrare aſſolutamente che l’acqua non patiſca
alcuna
compreſſione, ma che ad eſſi con dette eſperienze
non
ſia riuſcito di notarla, e vederla con li occhi.
Il che è
neceſſario
crederli in tutti li modi.
E certo che con la
prima
non mi par poſſibile che la poteſſero vedere in con
to
alcuno.
La legga Sig. Ofredi.
Ofr. sieno all’eſtremità de’ due cannelli
26[Figure 26] di criſtallo AB, AC, due palle parimen.
te di cristallo, l’vna maggiore dell’al-
tra
.
Empianſi ambidue questi vaſi d’-
acqua
comune ſino in D,E, ed anneſtan-
dogli
inſieme alla lucerna, s’auuerta à
laſciar
libero nella ſaldatura il paſſag-
gio
all’aria, e à tirar più lungo che ſia
poſſibile
il beccuccio AF, il quale ſi la-
ſci
aperto.
Dipoi s’applichino à tutt’a
due
le palle due biccbieri pieni di
ghiaccio
ſminuzzato in cui rimanga-
no
ſepolte, perche ristrignendoſi l’ae
qua
, entri nel vano del cannello quella
più
aria che ſia poſſibile.
Anziper me-
glio
caricarnelo ſi vada per vn pezzo
stroſinãdo
eſteriormẽte con pezzuoli di
ghiaccio
tutto il ſifone DE, acciocche
ristrignendo
ſi di man in mano per ope-
ra
del freddo l’aria, che v’entra dall’o-
rifizio
F, ne venga ſucoeſſiuamente del-
lanuoua
, ſi che ſigillandolo poi alla fiamma, virimanga
12127TERZO. ta; e stretta. Sigillato ch ei ſarà, ſi caui di ſotto ’l ghiaccio la pal-
la
B, e temper at ala prima nell’ acqua tiepida, ſi tuffi nella calda, e
da
vltimo nella bollente, ſeguitando pero a tener ſempre immerfa
la
palla C, nelghiaccio, per trattener l’acqua di eſſa in iſtato di
maſsimo
ristrignimento.
Sia queſto nel punto E, oltre il quale cer-
cherà
di comprimerla il cilindro d’aria GE ridotto all eftrema den-
ſita
dalla forza dell’acqua ſormontata in G, per la rarefattione o-
perata
in lei da lcalor dell’ acqua, che ſi ſuppone bollire attualme-
mente
intorno allapalla B.
Ora ſe l’acqua patiſce compreſsione
dourà
cedere di qualcbe grado al cilindro d’aria premente, abbaſ-
ſandoſi
ſotto il punto E;
Ma a noi è ſucceduto al@rimenti, perche
quand@
l’acqua in E, è stala veramente ridotta allo ſtato del ſu@
maſsimo
riſtrignimento, la forza dell aria GE, premente non à gua-
dagnato
nulla, e innanzi à fatto crepar’il fondo della palla C, che’
ritirare
vn pelo il liuello E.
E quando, per a@@reſcer maggior fer-
mezza
allo ſtrumento, abbiamo fatte le due palle di rame, nondime-
no
l’acqua della palla C, à retto trà la ſaldezza del metallo, e l mo-
mento
della forza premente con inſuperabile reſ@tenza in E, fa-
cendo
più to ſto ſcoppiare il ſifone, &
c.
_Mat_. Deue ſapere Sig. Ofredi, che quelli corpi, li quali mani-
feſtamehte
ſoggiacciono alla compreſſione, quale è l’aria
noſtra
, non ci laſciano veder creſcer queſta con quell’in-
cremento
, che creſce la forza premente.
Pei eſempio,
premendoſi
l’aria, che riempie vn vaſo con 4.
gradi di for-
za
, ſiriſiringa in ſpazio vn decimo minore del primo, fe
premeraſſi
con gradi 8.
di forza, non ſi riſtringerà già in
ſpatio
minore del primo due decirni, ma meno;
e cio ſem-
pre
tanto meno, quanto più ſarà condenſata.
che
ſe
con 100.
gradi di forza foſſe già riſtretta quattro deci-
mi
, può eſſere che con 400.
non ſiriſtringa vn altro de-
cimo
.
_Ofr_. Queſta dottrina l per certiſſima; hauendo oſſeruato
quando
ſi gioca al pallone, che riempito, e gonfio che ſia
competentemente
, ſe bene queſto ſi dilata ſempre più
per
ogni ſchizzetatta, nulladimeno a farcene entrare vna
di
nuouo vi vuole vna grādiſſima forza, &
a pena ſe può ot-
tener
l’in tento.
Onde ſe l’acqua (al noſtro propoſito) foſſe
per
altro accidente riſtrettiſſima, vi vorrebbono altro
12228DIALOCO Neſpole à riſtringerla di nuouo tanto che ſi poteſſe ve-
dere
.
_Mat_. Hora di queſta ſorte è l’acqua contenuta nella palla C,
dicend
o eſſi _nella pag.
200. ſeguitando però à tene’ ſempre im-_
_merſa
la palla C, nel ghiaccio, per trattener l’acqua d eſſa in inſta-_
_to
di maſsimo ristrengimento_.
Se è riſtretta maſſimamente,
conſideri
Signor Ofredi qual forza ſaria neceſſario ado-
prare
per riſtringerla tanto che ſi vedeſſe.
In oltre, è certiſſimo che la natura procura d’ottenere ſem-
pre
il ſuo fine con li mezzi più facili.
Se vna veſcica gon-
fia
d’aria ſi ponerà ſopra queſto pauimento, e ſopra ſe li
ponerà
qualche notabil peſo, queſto la riſtringerà qual-
che
poco;
ma ſe prima foſſe veſtita, e circondata con ſpun-
ga
, bambace, e ſimili corpi riſtrettibili, il peſo riſtringereb-
be
prima queſti, e l’aria della veſcica ò nulla, ò aſſai meno
di
prima.
_Ofr_. In ciò non dubio alcuno.
_Mat_. Nel noſtro caſo adunque, quello che deue comprimer @-
acqua
della palla C, è l’aria del ſifone DAE, ſpinta dalla
rarefattione
dell’acqua della palla B;
la quale aria ſe bene
per
lo ſtrofinamento del ghiaccio è più condenſata di
quello
che ſarebbe naturalmente, nulladimeno non è ri-
ftretta
quanto puole.
Prima adunque di premere ſopra
l’acqua
C, ſi riſtringerà eſſa di molto.
Onde non premerà
ſopra
l’acqua C, con tutta quella forza, con la quale pre-
merebbe
quando non patiſce ſimil condenſatione.
_Ofr_. Preme però molto, mentre eſſi auuertiſcono, che eſſen-
do
la palla C, di Criſtallo, l’hà fatta crepare, &
eſſendo di
rame
, fatto crepare il ſifone.
_Mat_. Tanto credo. La ſeconda eſperienza è molto bella; e mi
rimetto
al giuditio, che eſſi ne formano.
Sopra la terza ſi
può
fare qualche conſideratione.
Fecero gettare vna
gran
palla d’argento, ma aſſaiſottile, della quale habbia-
mo
parlato di ſopra à carte 12.
e riempitola d’acqua
molto
raffreddata con il ghiaccio, la ſerrorno ſaldiſſima-
mente
con vite;
poi principiorno à martellarla in più luo-
ghi
, &
ammaccarla. Dicono che _ad ogni colpo ſi vedeua tra-_
_ſudare
per li pori del metallo_.
Il che, dicono, non ſarebbe
12329TERZO. ceſſo, quando l’acqua haueſſe patito qualche compreſsio-
ne
.
_Cont_. Certo, che mentre la sfera è dimoſtrata dalli Geometri
più
capace di tutti li corpi iſoperimetri, cioè del medemo
ambito
, quando per l’am maccatura l’argento non ſi eſten-
deſſe
, &
aſſottigliaſſe, biſognerà confeſſare che la palla
ammaccata
facendoſi meno capace, l’acqua ſi riſtringeſſe,
quando
che non vſciſſe.
_Mat_. Hanno fatto la palla d’argento, perche, dicono eſsi, che
_queſto
per la ſua crudezza non cõporta d’aſſottigliarſi, e diſtenderſi_
_come
farebbe l’oro raffinato, òil piombo ò altro metallo più dolce._
_@ont_. Deuono intender che l’argento non s’aſſottigli coſi
prontamente
quanto li predetti metalli, e non aſſoluta-
mente
, perche pur eſſo ſi rende alle martellate.
_Mat_. Intorno a queſt’eſperienza ſi può conſiderare, che ſe be-
ne
è vero, che l’acqua patiſca qualche compreſsione, nul-
ladimeno
che tutti li sforzi per sfuggirla;
e perciò ritro-
uando
la ſtrada più facile, cioè li pori del metallo, traſuda
per
eſsi.
Se prenderemo paſta, creta, e ſimile materie, e le
comprimeremo
con le mani, e procureremo ſtringerle trà
eſſe
, più toſto che riſtringerſi vſciranno per le ſiſſure delli
diti
, ma ſe non potranno vſcire, biſognerà che cedino alla
compreſsione
.
Aggiuta anco la traſudatione per li pori, e
la
ſottigliezza dell’argento, e la ſomma conſtipatione del-
l’acqua
cagionata dal freddo del ghiaccio;
la quale renden-
dola
tanto più contumace al maggiore riſtrengimento, è
cauſa
che facia maggior forza per entrar nelli pori.
@@i più, mi ſarei volentieri ritrouato preſente à queſt’eſpe-
rienza
, per notare ſe ad ogni ammaccatura l’ acqua traſu-
daua
tutta in vna volta, &
in vn inſtante ò pure ſucceſsiua-
mente
, &
in tempo. Perche in queſto ſecondo caſo non ſi
può
negare qualche condenſatione per quel tempo, ma
che
procurando l’acqua liberarſi da eſſa, traſudaſse poi.
_@nt_. Parmi che il Gaſsendo riferiſca vna ſimile eſperienza, e
dica
che ammaccata la palla, e fatto in eſſa vn piccolo fo-
rame
, da eſſo, come da vn ſpinello vſcì fuori dell’acqua;
in-
ditio
manifeſtiſſimo della compreſsione, e conſtipatione,
che
patiua.
12430DIALOGO
_Ofr_. Et à me pare d’hauer letto, che diſceſo vn tale molto
ſotto
acqua, &
iui riempita vn ampollina, che haueua vn
bucco
aſſai auguſto, di quell’acqua, &
otturatala ben bene@
che
venuto ſopra acqua, hauendola aperta, n’vſcì viſibil-
mente
dell’acqua, rimanendo piena l’ampollina.
Dal che
certo
ſi raccoglierebbe che l’acqua più fonda foſse più ri-
ſtretta
.
_Cont_. Anco con il peſo hauerebbe queſti potuto conoſcere
queſta
verità;
perche quella ampollina riempita con
quell’acqua
del fondo, haurebbe più peſato, che riempita
d’acqua
nella cima di eſ@a.
_Mat_. Si quando foſsimo ſicuri che tutta l’acqua fo ſse homo-
genea
in grauità il che difficilmente ſarà, mentre la più
fonda
è più contaminata per lo più da cor puſcoli graui iu
diſceſi
.
Che che ſia di queſte eſperienze, à me certo non
baſta
l’animo di negare all’acqua, &
altri liquidi qualche
riſtrengimento
, e compre lsione;
la quale pero ſara ſempre
tanto
minore, e meno oſseruabile, quanto più gia laranno
compreſsi
, e riſtretti per freddo, o altro accidente eſtrinſe
co
.
Poiche anco l’aria noſtra, la quale patiſce tanta com
preſsione
che ſe riduce à ſpatio ſino 15.
volte minore de
ſuo
naturale, chi tentaſse com preſsa che così foſse, com
primerla
di più s’affaticarebbe forſe in vano.
Non però
potrebbe
queſti dire che l aria non ſoggiaceſse al riſtrin
gimento
.
_Ofr_. Molte parole habbia mo fatte queſta mane; ne però V. S
ſin’ad hora pagato pur vno delli luoi debiti, pe riſcuote
li
quali ſono quà venuto con il Signor Conte E perche gi@
è
hora di pagarne al ſtomaco vno di maggior im portan
za
, à riuederſi hoggi.
_Mat_, L’attenderò con impacienza.
Fine del Terzo Dialogo.
12531
DIALOGO
QVARTO
.
_M_. SE bene dice il prouerbio, al pagar
non
eſſer corrente, perche potria venir
qualche
accidente, che non pagaſſ@
niente
, nulladimeno atteſo miei Si-
gnori
la loro venuta con vna inquietez-
za
grandiſſima, per ſodisfare à miei de-
biti
dal Signor Ofredi preteſi.
In gratia
non
mi diano più la corda, ma principi-
no
à sfo drare le loro pretenſioni.
_Ofr_ Il primo ſuo debito è vn’eſperienza da V. S. arreccata nel
_p
.
Dial. pag. 15_. in materia d’vn bicchiere, ò vaſo pieno d’aria,
ſommerſo
nell’acqua con la bocca all’ingiù.
_Mat_. Se V. S. m’aſcriue à debito l’hauer detto, che quanto più
s’immerge
il bicchiere, ò vaſo, tanto ſi minor fatica, con-
tro
quello, che pare che affermi il Dottiſſimo P.
Fabris nel
luogo
iui citato, ſe non haueſſi altri debiti ſarei felice, men-
tre
queſta è coſa notiſſima
_Ofre_. Non in queſto conſiſte il ſuo debito. Hauerò però piace-
re
di ſentire come queſta ſia coſa tanto triuiale.
_Mat_. Io credo che loro Signori haueranno veduto più volte li
Ciarlatani
tener in mano vn’ampolla, ò carafa piena d’ac-
qua
, e dentro alcune palline vuote di vetro lauorate alla
lucerna
, con vn bucchetto, &
vn poco di collo, che eſſen-
do
iui più groſſo, &
in conſeguenza più graue che altroue,
le
laſcia bene galleggiar nell’acqua, ma con queſto collo
immerſo
, &
all’ingiù: attaccandogli pure alle volte figuri-
ne
di vetro lauorate alla lucerna, che rapreſentano Sirene,
Diauoli
, Angeli, &
altre coſe per render maggior ſtupore
alli
merlotti.
Hora galleggiando queſte palline, come
quelle
, che con l’aria, che contengono fanno vn compo-
ſto
più leggiero in ſpecie dell’acqua, premono queſti con
il
popiſtrello del dito pollice ſopra l’acqua della carafa;
12632DIALOGO ſecondo la maggior, ò minor preſſione ſi vedono diſcende-
re
, ò alcune, ò tutte queſte palline, chi più, chi meno, chi
ſino
al fondo;
dal quale anco, rallentandoſi la preſſione
del
dito, ſi vedono riſalire, chi più, chi meno, chi ſino à gal-
leggiare
, ſecondo che più, e più ſi rallenta la preſſione.
_Ofr._ Et fatto io più volte queſto giochetto, e anco la
cauſa
, che ne viene aſſegnata comunemente.
Premendoſi
l’acqua
della carafa con il dito (che però otturi la bocca
ben
bene) queſta ò non patendo compreſſione alcuna, ò
patendone
qualche poco, non però quando habbia doue
cacciarſi
, entra per quelli buccolini nelle palliue a propor-
tione
della preſſione;
e con il ſuo ingreſſo comprimendo
l’aria
contenuta entro alle palline, fa vn compoſto, ò vgual-
mente
graue in ſpecie con l’acqua, ò più:
e perciò ſi vedo-
no
tutte quelle varietà.
Anzi che ben ſpeſſo quando la
preſſione
è molto gagliarda, e le palline ſono aſſai graui
per
ſe ſteſſe, ſi che poco differiſchino dall’acqua, entra in
eſſe
tanta quantità di queſta, che anco ralentata la preſſio-
ne
, non perciò vſcendo l’acqua da eſſe, perſiſtono nel
fondo
;
ne ſono più atte al gioco ſino che non ſi caui da
eſſe
detta aqua.
_Mat._ Queſta eſperienza dimoſtra manifeſtamente che nel bic-
chiere
, ò vaſo quanto più fondo ſi ſommerge, tanto ſi pro-
ua
minor fatica nel tenerlo fermo acciò non riſaliſca.
Per-
che
pure in eſſo può entrare tant’acqua, che l’aggregato
d’eſſa
, vaſo, &
aria riſtretta, poſto entro l’acqua, ſia, ò
vgualmente
graue in ſpecie con eſſa, ò più, nel qual caſo è
manifeſto
, che non ſi farebbe fatica alcuna.
Immergendo
adunque
più, e più il bicchiere, caminaſi ſempre più à ren-
derlo
, e graue come l’acqua, e più.
Adunque ſempre ſi
rende
più graue, e ſempre ſi minor fatica.
Cont. _Vn eſperienza ſimile porta il dottiſſimo Claudio Beri-_
_gardo
, gia Filoſofo primario di queſto Studio_, nel ſuo Circo-
lo
Piſano par.
3. circ. 6. pag. 294. ſit columna vitrea, _dice egli_ caua,
altitudine
vnius pedis, diametro trium digitorum, aquæ plena.
Fiat vaſculum vitreum rotundum magnitudine nucis maiuſculæ,
ſed
ita compreſſum, vt minor diameter altitudinem referens ſit
vnius
digiti, maior verò latitudinem referens ſit duorum,
12733QVARTO. craſſius in illa parte, quæ deorſum ſpectare debet, in qua ſit oſculum
magnitudine
lentis per quod tantum aquæ demittatur intra vaſcu-
lum
, vt illud demerſum ad mediam columnam ibi conſiſtat immobi-
le
.
Tunc ſi paulò ſupra medium attollitur, ſpontè aſcendit ad ſu-
perficiem
aquæ ſi verò paulò infra medium deprimatur ſpontè ad
fundum
columnæ delabitur;
vnde ſi rursùs ad medium columnæ re-
uocatur
ibi conſiſtit.
_Mat._ Vedo che la cauſa è la medema, che ſopra habbiamo det-
to
militare e nell’altra carafa e nel bicchiere, o vaſo.
Cont. _Sì ma il Berigardo l’aſſegna diuerſa dall’addotta da V. S._
_Dice adunque_. Ratio cur bæret in medio eſſe videtur, quod to-
tum
compoſitum ex aere &
vitro in medio conſiſtens eſt eiuſdem
ponderis
atque aqua eiuſdem molis.
Si paulùm deprimitur, aer ma-
gis
compreſſus ob violentum deſcenſum minorem locum occupat, &

intra
vaſc lum plus aquæ admittit vnde totum compoſitum ex aere
&
vitro fit grauiùs aqua eiuſdem molis. Atque ob contrariam ra-
tionem
, quando vaſculum paulò ſupra medium columnæ attollitur,
aere
dilatato compoſitum ex aere &
vitro leuiùs eſt aqua eiuſdem
molis
&
propterea ad ſuperficiem reuocatur.
La medema cauſa aſfegna il noſtro grand’amico, & inſigne
Filoſofo
, e Matematico, dico il Signor Rinaldini nel caſo
del
bicchiere che pur’egli conſidera _nel lib.
primo de Reſ &_
_Compoſ
.
Mat pag._ 179. dicendo _Quod ex eo planè cuique conſtabit_
_aduertenti
longè difficiliùs impelli deorſum cyatum inuerſum in bu-_
_midum
initio quàm poſtea immerſionis decurſu;
eam ob cauſam,_
_quia
aer intra cy@tum incipit conſtipari ab humido ſubtus occur-_
_rente
cyato deorſum pulſo;
tunc autem cum factum ſit totum corpus_
_grauius
in ſpecie non reſiſtit prementis manui, vnde nulla in immer-_
_ſionis
progreſſu reſiſtentia percipitur._
Vogliono adunque que-
ſti
Signori che tutto ciò prouenga dall’aria, e vetro, e non
in
conto alcuno dall’acqua, che ſia entrata nel vaſo, che
aggiunga
grauita, come diceua V.
S. la quale non vogliono
che
ſi conſideri in conto alcuno.
_Mat._ lo dubito Signor Conte che V. S. non aggraui queſti Si-
gnori
di molto, volendo che dicono vna coſa, la quale non
dicono
eſpreſſamente.
Per intender meglio il negotio v’è
neceſſario
qualche ſchema, però eſemplifichi ſopra
queſto
.
12834DIALOCO
_Cont._ Sia il vaſo A B C, il quale dopò la total immerſione
preciſa
non contenga altro che aria (perche ſino a queſto
ſegno
ſe v entrerà acqua ſarà in ſenſibile.)
Queſti ſr para-
gona
con tant’acqua quanta è tuttala ſua mole;
e nor nel
tenerlo
dobbiamo ſentire tutto l’ecceſſo di queſta ſopra il
peſo
del vetro, &
aria. S’immerga di più di quello che era
prima
ſecondo tutta la ſua altezza, &
in queſta immerſio-
ne
maggiore ſia entrata dentro l’acqua A D E C, e tutta
laria
ſi ſia riſfretta in D B E.
Dico che il vetro, e l’aria
D
B E, ſara più graue in ſpecie, che il medemo vetro, &

aria
A B C.
Et auuerta V. S. che dico più graue in ſpecie, e
non
aſſolutamente, cioè di grauita aſſoluta;
perche
anch
io, che traſportato nel vacuo il vetro con l’aria con-
denſata
D B E, &
il medemo vetro con l’aria naturale
A
B C, che peſeriano il medemo.
Anzi che il peſare il
medemo
aſſolutamenre è cagione che ſiano di differente
grauità
ſpecifica, che è quella grauità, che eſercitano nel-
l’acqua
.
E la ragione è queſta. Nel primo caſo il vaſo, e
l’aria
A B C, ſi paragonano con tant’acqua quanta e tutta
la
loro mole, onde ſe l’acqua peſa, per eſempio, libbre 4.
&
il
vetro, &
aria libbre 1. noinel tenerlo ſentiremo @@mpul-
ſo
de libbre trè Ma ſe l’acqua entrata A D E C, peſaſſe lib-
bre
2;
l’acqua, che ſi paragoneria con il vetro, & aria con-
denſata
D B E, non ſaria piuranta quanta è tutta la mole
A
B C, ma tanta ſolamente, quanto ſarebbe il vetro, &

aria
D B E;
la quale peſando libbre 2. & il vetro, & aria lib
bre
noi non ſentire ſſimo che l’impulſo d’vna libbra.
Ec
co
adunque che il vetro, &
aria D B E, ſono più graun in
ſpecie
del medemo vetro, &
aria A B C. Non è adunque
vero
quello che diceua V.
S. cioè che la cagione ſia perche
l’acqua
A D E C, peſi, e che ſi ponga vn’aggregato di ve-
tro
, aria, &
acqua, mentre nel primo caſo ſi collocaua nel-
l’acqua
vn aggregato di vetro, &
aria.
_Ofr._ In queſto mio patrone conſiſte vno delli ſuoi debiti.
_Mat._ Se bene è vero che il vetro l’aria D B E, ſia più graue
in
ſpecie del vetro, &
aria A B C. & anco conceſſo che
l’aria
D B E, poſſa eſſer tanto condenſata, che con il vetro
facia
vna mole, e della medema grauita lpecifica
12935QVARTO. l’acqua, & anco di maggiore, e che queſto accada al vaſetto
del
Sig.
Berigardo; nulladimeno hauendo cōſideratione all’
operatione
della natura, &
a quāto accade, dico aſſolutamẽ
te
che biſogna parlare come parlato io;
e che in queſto
caſo
quello, che ſi pone nell’acqua è il vetro ABC, l’aria
D
B E, e l’acqua A D E C;
e che in turti doi li caſi biſogna
fare
la comparatione con la medema mole d’acqua vguale
27[Figure 27] alla mole medema poſta nell’acqua;
la quale nel primo ca-
ſo
conteueua vetro, &
aria, e nel ſecondo vetro, aria, &
aqua
;
ma ſempre moli vguali ABC. Ne li autori ſopradetti
dicono
eſpreſſamente il contrario come ſi pretende.
_Ofr._ Il punto ſtà in far ciò vedere.
_Mat._ Già Signor Ofredi che V. S. al vedere non reſta perſuaſa
che
l’acqua nell’acqua grauiti, come habbiamo tanto di-
ſcorſo
nelli noſtri antecedenti Dialogi, ſpero di farle con-
feſſare
il tutto, e con’acquiſto de nuoue cognitioni forſe
non
ſprezzabili.
_Ofr._ Attenderò l adempimento di queſte promeſſe; prima
me
dica V.
S. ſupponiamo che A B C, ſia vn
13036DIALOG ſolido, il quale già ſia immetſo nell’acqua; perche in te-
nerlo
acciò non aſcenda farà tanta fatica quant’è l’ecceſ-
ſo
della grauità d’vna mole d’acqua vguale ad eſſo, ſopra la
ſua
propria?
Non è la cagione perche il galleggiante tiene
ſolleuata
quella mole d’acqua ad eſſo vguale, che leuato
eſſo
, diſcenderebbe ad occupar quel luogo?
_Mat._ Supponga che io riſpondi affirmatiuamente, giache è
certo
tenerla ſolleuata.
_Cont._ Veda V. S. quello, che concede, perche è negato ſolen-
nemente
dal noſtro gran Galileo _nelli galleggianti nella pag._
8.
oue proua, che _la mole dell’acqua che s’al za nell’immerger vn_
_priſma
, ò cilindro ſolido, ò che s’abbaſſa nell’eſtrarlo, è minore dellæ_
_mole
di eſſo ſolido demerſa, ò estratta:
e ad eſſa la medema pro-_
_portione
, che la ſuperficie dell’acqua circunfuſa al ſolido, alla me-_
_deſima
ſuperficie circunfuſa inſieme con la baſe del ſolido._
Per
eſempio
ſia il vaſo A C D, con l’acqua E C N (il qual vaſo
ſe
bene la figura dimoſtra come ſettore, poco importa, po-
tendolo
noi immaginare anco come parallelepipedo ò
priſma
) e ſia il galleggiante B L O D, che pure ſia vn priſ-
ma
, la di cui baſe L O (che ſuppongo vguale alla B D,) ſia
la
metà di tutta l’A D.
Immaginiamoci queſto priſma fuori
totalmente
dell’acqua, e poniamolo con la baſe L O, ſopra
l’H
N, ſuperficie dell’acqua, premendolo in giù nell’acqua
ſino
che ſia arriuato nel ſito B L O D.
L’acqua, che ſe ſarà
ſolleuata
ſopra il liuello E H N, ſarà A E H B, non vguale
à
tutto il ſolido, ma alla ſola parte H L O N, che è l’acqua
ſcacciata
, e ſolleuata nel ſito A E H B.
Chi adunque cre-
de
, che in tanto chi tiene il galleggiante nel ſito B L O D,
facia
fatica ſecondo l’ecceſſo della grauità di tant’ acqua
vguale
al gallegiante ſopra la grauità del medemo, perche
nell’immergerſi
habbia alzato, e tenga alzata mole d’ac-
qua
ad eſſo vguale, erra di gran lunga, dice il medemo Ga-
lileo
_alla pag_.
7. perche non ſe n’alza che vna mole A E H B,
vguale
alla parte H L O N, immerſa ſotto il primo liuello
H
N.
_Mat._ Si come è vero che l’acqua alzata ſopra il primo liuello
E
H N, è la ſola A E H B, così è anco vero che il galleggian-
te
non è totalmente demerſo ſotto il medemo liuello,
13137QVARTO. Ia ſola parte H L O N. Onde ſe s’immaginaremo che il gal-
leggiante
ſia tanto diſceſo, che ſia totalmente ſotto il det-
to
liuello nel ſito H M P N, ſarà anco vero che allora ha-
uera
alzato ſopra il liuello E H N, l’acqua A E N D, ad eſſo
vguale
.
mai diſcenderà totalmente ſotto d’vn liuello
per
tutta la ſua altezza, che non habbia ſolleuato, e ſcaccia-
to
acqua à ſe vguale;
e che non combatta con acqua pure
à
ſe vguale;
e in conſeguenza che chilo tiene acciò non ri-
ſaliſca
, non debba adoperar forza vguale all’ecceſſo della
grauità
dell’acqua ad eſſo vguale ſopra la ſua propria.
Nel
ſito
BLOD, realmente è ſolleuata ſopra il primo liuello
EHN
, che la ſola acqua AEHB, vguale alla parte demerſa
HLON
;
nulladimeno chi ben conſiderera le ſcambieuoli
operationi
del gallegiante, &
acqua, biſognerà che con-
feſſi
, che chilo tiene immerſo biſogna che facia la mede-
28[Figure 28] ma fatica.
Perche non la ſola aequa AEHB, combatte
con
il galleggiante, e procura diſcendere, ma tutta l’acqua
AFLB
, ad eſſo vguale, La quale ſe bene è tutta ſtata fat-
ta
ſalire ſopra il primo liuello, nulladimeno è pur tutta
13238DIALOGO fatta ſalire. E ſe bene non tutta, ſcacciando il galleggian-
te
, diſcende ſotto il detto primo liuello, nulladimeno però
tutta
diſcende.
Per intender la qual coſa, immaginiamo l’AFOD, vaſo ri-
dotto
in priſma con l’acqua EFON auanti l’immerſione
del
galleggiante, il quale immerſo ſia pure BLOD, e
l’acqua
alzata ſino all’ AB.
Intendiamo & acqua,
e
galleggiante diuiſi con piani paralleli all’ FO, in
tanti
priſmi minimi fiſici, cioè d’altezza minima, che
ſiano
F1O, 1.
2. 2. 3. come nella figura; immaginiamo pari-
mente
il galleggiante alzato, e traſportata la LO, in 1.
Al-
lera
l’acqua F1L, diſcendendo occuperà il minimo ſpa-
29[Figure 29] tio L1O;
& 1. 2. ſarà diſceſa in F1L; & A12B, in 12. 11; e
l’acqua
, che vorrà diſcendere, ſarà la ſegnata nella figura
1
.
12 per non multiplicare tante note, ma però il ſito del-
la
ſuperficie 1 ſara occupato dalla ſuperficie 2.
e quello del-
la
ſuperficie 12.
dalla ſupetficie A B, che ſaranno iui diſce-
fe
.
Immaginiamo il galleggiante alzato nel ſito 2. l’acqua
ſegnata
1.
2. che però ſarà 2. 3. deſcendendo occuperà pure
il
ſito 1.
2. la ſciato dal galleggiante, e nel ſito 1. 2.
13339QVARTO. qua ſarà diſceſa la 2. 3. ſegnata che però ſarà 3. 4. e tutta
l’acqua
, che hauerà da diſcendere ſarà 2.
11. ma nel ſito del-
la
1.
ſarà la 3 & nel ſito della 11. ſarà F AB Così ſe ſeguire-
mo
ad immaginarſi alzato il galleggiante nelli ſiti 3.
4. 5. 6.
& c. l’acqua diſcenderà ſempre nel medemo modo, in guitz
che
traiportata la LO, fopra la HN, ſi fermi la diſcela.
E
adunque
manifeſto che tutta l’acqua AFLB, diſcende nel
principio
, ma nel progreſſo ſolo l’eſtante ſopra la baſe in-
feriore
del galleggiante.
Quando poi l’immergiamo perche queſto moto è contrario
à
quello dell’alza nento, biſogna anco che ſucceda il con-
trar
o.
Cioè poſta la baſe L O ſopra l’HN, e principian-
doſi
ad immergere.
l’acqua H6N, entra ſotto l’E6H, occu-
pando
tutto quel ſpatio minimo in altezza, &
alzãdo quel
la
in E7H Così ſeguitando ad immergeieil galleggiante,
l’acqua
6.
5 en@ra ſotto la 5. 6. alzando tutta la ſoprapoſtoli
ſino
all 8 e così ſucceſſiuamente.
Onde e manifeſto che
quanto
p ù s immerge, tanta maggior quantita d’acqua ſi
alza
;
dimodo che nel fine ſi alza, e ſi tien ſolleuata tutt
l’acqua
AFLB Ecco adunque che nell’immerger il galleg-
giante
, benche non@opra il primo liuelio, ſi ſolleua però
tant’acqua
quant’e eſſo, e nell eſtrarlo diſcende acqua ad
eſſo
vguale, benche non ſotto il detto liuello.
Sempre adũ-
que
;
immerſo che ſia il galleggiante totalinente, combat-
te
con tant acqua vguale ad eſſo.
Onde chi lo tiene, deue
ſentire
l’ecceſſo della grauità dell’acqua ad eſſo vguale lo.
pra la lua grauità, menrre il conato di queſto pareggia
tanta
grauità dell’acqua quanta è la ſua.
_Cont_. Gia che V. S. ha notato, e dichiarato queſta dottrina, pri-
ma
de dir altro;
voglio auuertire loro Signori d’vn modo,
che
non mi par proprio, di parlare del dottiſſimo P.
Nico-
lo
Cabei Geſuita.
Que ſti _nel lib 1 methæor. quæſt 5. pag. 27. nel_
_fine
della prima colon_.
dice. _Sieni n corpus aere plenum tentes_
_infra
aquam demergere, videbis tanta vi ſurſum repellere depri-_
_mentem
, quanta eſt grauitas aquæ;
quæ ſit æqualis illi mole, vt v. g_.
_ſi ſit globus vitreus plenus aere, magnitud ne palmari, & tentes_
_quis
deprimere infra aquam;
ſurſum pellet globus ille tanta vi,_
_quanta
eſt vis, quæ deorſum premit ſphæra aquea vnius palmi_.
13440DIALOGO _demoſtratur hoe geometricè à mathematicis; ſed omitto_.
_Mat_. Queſte parole mi paiono aſſai confuſe; ne so vedere di-
ſtintamente
il loro ſignificato.
In tutti li caſi, Archimede,
che
è quello, che ha demoſtrato queſta materia _nel ſuo am-_
_mirabile
libretto de inſi hum.
prop_. 6. parla come l’habbiamo
immitato
noi.
Cioe, _ſolida leuiora humido vipreſſa in humidum_
_ſurſum
feruntur tanta vi, quanta humidum habens molem æqualem_
_cum
magnitudine eſt grauius ipſa_.
Conforme adunque à que-
ſt
a fraſe _repellet deprimentem_ conlecceſſo.
_Ofr_. Se ſono vere le ſue dottrine dichiarate di ſopra, parmi
che
ne meno il Galileo parli eſquiſitamente _in quella ſuæ_
_prima
prop.
de galleg. e nella pag 7_. perche in realta l’acqua,
che
s’alza, e che s’abbaſſa nell’immerger, o eſtrare il galleg
giante
non è vguale alla parte ſommerſa ſotto, ò eſtratta
ſopra
il primo liuello, ma di eſſa ſempre maggiore.
_Mat_. La propoſitione del Galileo può eſſer e vera, e falſa Ve-
ra
ſe s’intende di quella, che s’alza ſopra, e che s’abbaſſa
ſotto
il primo liuello;
falſa ſe s intende di quella, che s’al-
za
, &
abbaſſa aſſolutamente; poiche queſta ſempre, ſem-
pre
è maggiore della detta parte del galleggiante.
Ma ill
Galileo
, per ottener il ſuo intento, non ha biſogno dell’in-
vgualità
nel primo ſenſo, ma nel ſecondo.
_Cont_. Io oſſeruo vn’altra cola; cioè che la dottrina di V. S. mi
par
vera quando l’acqua AFLB, è vguale al galleggiante
BLOD
, ma quando è minore, per eſſer più anguſto il vaſo,
allora
non combatte con acqua vguale ad eſſo, ma con
minore
.
_Mat_. Sempre però con l’acqua AFLB, alta quant’è eſſa. V. S.
ha ragione. Deue però ſapere che la pietra lidia di parago
nare
li momẽti delle coſe graui è l’vgualita.
Il fondamento
di
tutta la Mecanica ſuppoſto da Archimede nel principio
_del
lib.
1. æ quipond. è. Grauia ęqualia, æquali diſtantia poſita, in-_
_ter
ſe æqualiter ponderare_.
Da queſto le ne cauano le ſue _prop_
7
.
& 8. cioe che le moli appefe da diſtanze reciproche alle
loro
grauita habbiano momenti vguali.
Da queſto pari-
mente
ne ſegue quello, che comunemente aſſeriſcono tut-
ti
li mecanici;
cioè che tutti li inſtrumenti nominati me-
canici
ſi riduchino alla Libra, ò ſtadera di braccia vguali.
13541QVARTO. Nelnoſtro caſo adunque quando l’acqua AFLB è vguale
al
ſolido BLOD, queſti combatte con eſſa;
e quando è
minore
, combatte anco con minore.
Ma queſta però
ſempre
il momento medemo, che ha quella ad eſſo vguale.
_Ofr_. Io non intendo queſta coſa.
_Mat_. Quando l’acqua AFLB, è vguale al ſolìdo BLOD ſe lo
ſcaccia
fuori con la medema velocità, che ſale il ſolido, di-
ſcēde
anco l’acqua.
Ma quando l’acqua è minore, diſcende
con
tanto maggior velocità.
E perche li momenti con
quali
diſcende l’acqua ſi compongono delle grauità dell’-
acqua
, che diſcende, e delle velocita;
ſempre credo che
componghino
momenti vguali;
perche tanto credo cre-
ſcere
;
ò calare la velocità, quanto cala, e creſce la gran-
dezza
dell’acqua, &
in conſeguenza la ſua grauità. Eſſen-
do
coſa fondamentale nella Mecanica, che volocità di
moto
, e grauità di mole ſi tramutano tra ſe a puntino, e
che
vna ſuppl ſce mirabilmente per l’altra.
Sempre poi il
galleggiante
BLOD, ſommerſo ſino al ſommo, combat-
te
con l’acqua AFLB, alta quant’è eſſo, e non ſolamente
con
quella, che diſcende ſotto il liuello ABD, mentre lo
ſcaccia
.
Il che anco beniſſimo conoſciuto dal medemo
Galileo
_nella prop.
5 pag_. 10. doue volendo dimoſtrare che
il
gallegiante totalmente ſommerſo viene ſcacciato dall’-
acqua
, lo paragona con queſta alta quant’è eſſo, della
quale
proua il momento maggiore del momento del gal-
leggiante
, e non con quella, che diſcende al ſuo ſalire ſot-
to
il primo liuello.
_Ofr_. Io non ſe l’acqua nell’immerger il galleggiante ſaliſca
nel
modo, che dichiarato V.
S. cioè che l’HN, entri ſot-
to
l’EH, e le parti ſotto l’HN, entrino ſotto l’EH, e ſotto-
poſtoli
.
_Mat_. Quando il galleggiante è la metà del vaſo, ò minore io
lo
tengo di certo per ragione, e per eſperienza.
La ragio-
ne
è fondata ſopra quel detto comune, che è la medema
ſtrada
quella, che conduce da Tebe ad Atene, e da Atene
a
Tebe.
Voglio dire in buon linguaggio, che parmi che
la
ſalita dell’acqua ſi facìa in conformità della diſceſa.

non
vi diffìcolta che nelli predetti caſi la diſceſa ſi
13642_DIALOG_ modo dichiarato; adunque anco l’aſceſa. L’eſperienza poi
è
ſtata, che hauendo ſpinto galleggianti in diuerſi vaſi, &

hauendo
oſſeruato la ſuperficie dell’acqua, l’hò ſempre
veduta
la medema, che s andaua alzando con tutti quelli
corpuſcoli
, e lanugini, che le ſopraſtauano, &
in ſporcaua-
no
.
quando il vaſo è più che doppio del galleggiante,
notato qualche varietà tanto maggiore, e più ſenſibile
quanto
è maggiore.
Al qual propoſito, credo che V. S. ha-
uerà
oſſeruato infinite volte che, ò ſputando nell’ acqua
ſtagnante
, ò laſciandoui cadere qualche ſaſſetto, che nel
luogo
, oue cade ſi cẽtro, dal quale principiano vno, ò più
circoli
, che eſtendono le loro circonferenze ſino ad vn
certo
ſegno, che ſuaniſcono.
Queſti non ſono altro che l’-
acqua
ſolleuata ſopra il primo liuello per l’ingreſſo, ò to-
tale
, ò partiale in eſſa del corpicciolo caduto, la quale ſi
ſpande
per di ſopra per ridurſi alla perfetta liuellatione.
Quì certo le parti dell’acqua fatte aſcendere, ſe ſubintrano
ſotto
l’altre, e ſe le pigliano il capo, come ha bbiamo det-
to
, ciò non ſuccede che in poca diſtanza.
Tanto credo che
ſucceda
nell’immerſione del galleggiantein vaſi larghi più
del
doppiò d’eſſo;
credo che l’acqua, che ſubintra ſia vgua-
le
alla baſe del ſolido, che ſi ſommerge;
e che leuandoſi in
capo
la ſuperiore, la vadi alzando ſopra il primo liuello di
modo
che queſta ſi vada diffondendo come più alta ſopra
l’altra
.
immerſo vn galleggiante in vn maſtello aſſai
largo
, &
oſſeruato che la lanugine, che ſopraſtaua all’-
acqua
, ſecondo che il galleggiante più s’immergeua, più
s’allontanaua
da eſſo, e s’accoſtaua alli lati del maſtello.

Segno
che nell’immerſione ſaliua certamente dell’ acqua
ſopra
la ſuprema ſuperficie, e ſi ſpandeua verſo li lati.
Nel-
la
ſolleuatione poi del medemo galleggiante queſta lanu-
gine
di nuouo s’accoſtaua ad eſſo, per la diſceſa certamen-
te
che faceua l’acqua vicina al galleggiante, che lo circon-
daua
;
nel luogo laſciato della quale diſcendeua la più lon-
tana
per liuellarſi.
Il che ſuccedēdo in queſta guiſa quãdo il
vaſo
è più che doppio del galleggiante, in realtà non aſ-
cende
, e diſcende tutta l’acqua AFLB, ma certamente non
minore
del medemo galleggiante.
Il che a noibaſta
13743_QVARTO_. dantemente. E dopò vna ſi lunga digreſſione, ritornando
doue
è ſtata principiata, parmi di poter ragioneuolmente
concedere
al Signor Ofredi, che ſi fa tanta fatica nel tener
immerſo
il galleggiante, quant’è l’ecceſſo della grauità
d’vna
mole d’acqua vguale ad eſſo ſopra la ſua propria, per
cheil
galleggiante tenga ſolleuato quella mole d’acqua ad
eſſo
vguale, che leuato eſſo diſcenderebbe, eſſendo il fatto
certiſſimo
, anco quando quella non foſſe la vera cagione
_Ofr_. Adunque tenendo il vaſo ABC, V. S. non ſente ſe non
l’ecceſſo
della grauità di tant’acqua in mole quant’è il ve-
tro
con l’aria DBE, ſopra la grauità di queſti, perche alza-
to
il vaſo ABC, ſolo quell’acqua diſcende, e non altr’acqua
vguale
all’acqua ADEC, che reſta in quel medemo luogo.
Adunque male paragona vetro, aria, & acqua con tant’ac-
qua
quanta è queſta mole.
_Mat_. Dato, e non conceſſo, che non diſcendeſſe l’acqua vgua-
30[Figure 30] le all’ ADEC, mentre alzando il vaſo, queſta reſti nel me-
demo
luogo, io dico che ciò ſarebbe per accidente, cioè per
cagione
dell’aria, che condenſata per l’acqua entrata nel
va
ſo, mentre alziamo il vaſo non ſentendo tanta
13844_DIALOG_ ne, con il proprio elaterio riſpingendo per ritornareal
ſuo
poſto naturale, ſcaccia fuori l’acqua.
queſta mede-
ma
eſperienza, ò poco diuerſa, anco Signor Ofredi con-
tro
di lei E per redarguirla;
adunque, dico io, quando al-
zando
il vaſo ABC immerſo nell’acqua diſcende tant’ ac-
qua
quant’è tutta la ſua mole con l’acqua, che contiene ſa-
rebbe
vero che queſt’acqua grauitaſſe, e che ſi doueſse far
la
cõparatione di tutta queſta mole con tant’acqua ad eſsa
vguale
.
Hora Signor Ofredi riempia tuttoil vato d’acqua,
e
l’alzi, e vedrà che non ſolo l’acqua, che contiene non di-
ſcenderà
mẽtre che il vaſo è ancora ſommerſo.
ma che le-
uato
in buona parte fuori dell’acqua, tanto e tanto aſcen-
derà
l’acqua, che cõtiene moltoſopra il liuello dell altra;
ne
diſcenderà
, ſe il vaſo ſarà totalmẽte eſtratto dall’acqua.
Di più; quando il vaſo ABC, con l’acqua ADEC, s’alza, cre-
de
V.
S. che ie foſse poſſibile diſtruggere l’aria DBE, ò vera-
mente
eſtenuarla in modo che ſi riduceſse al ſuo primiero
ſtato
crede dico che vſc ſſe l’acqua ADEC?
Non certo;
anzi n’entrarebbe dell’altra, ſpinta dalla maggior preſſione
dell’atmosfera
.
Bene adunque in queſto caſo ſi farebbe la
predetta
comparatione, e conſtarebbe che l’acqua ADEC,
grauitaſse
.
Hopoidetto di ſopra, dato, enon conceſso, che non diſcen-
deſse
l’acqua vguale all ADEC, perche non è vero che
diſcenda
, ſe non in tutto almeno in parte.
E per inrender
queſto
, ſupponiamo che immergendoſi il vaſo aſcenda l’-
acqua
AFGC, e che continuandoſi ad immergere di nuo-
uo
per lo ſpatio della ſua altezza aſcenda l’acqua ſino in
DE
;
ſe l’alzaremo per tutta la ſua altezza l’acqua di nuouo
ritornera
in FG ln queſto caſo per l’alzamento del ſolido
ſara
diſceſal acqua ad eſso vguale;
e pure à ſuo modo par-
lando
, non ſarà rimaſta nel medemo luogo che l’acqua
vguale
al FDEG.
_Ofr_ Sia come eſsex ſi voglia, torna tutto vno, ò in vn modo, ò
nell’altro
che parliamo;
perche noi nel tener il vaſo non
ſentiremo
che il medemo ſpingere, cioe il corriſpondente
all
ecceſso lella grauita di tant’acqua quant’è il vetro, &

aria
condenſata.
Tuttal’ acqua vguale alle mole
13945_QVARTO_. peſi 4. libbre, & il vetro, aria condenſata, & acqua ADEC
ne
peſi 3 ſentiremo il ſpingere d’vna libbra.
Supponiamo
che
l’acqua del mezzo vguale all’ ADEC ſtia otioſa per eſ-
ſer
contrapeſata da eſsa, e che qual ſi ſia di queſte peſi 2.
libbre; tanto, e tanto la rimanente ſupererà il vetro, & aria
d’vna
libbra.
Onde in tutti li modi il noſtro ſenſo prouerà
la
medema fatica.
_Mat_. Se bene queſta differenza pare la medema in tutti doi li
modi
, e pare che il tatto la proui la medema, nulladimeno
non
è così, &
è molto diuerſa; & il tatto, & vn altro ſenſo
la
conoſcerà molto bene.
Queſto ſarà il vedere che ſe il
vetro
ABC, &
aria CBE, ſiano più graui in ſpecie dell’ ac-
qua
, diſcenderebbero più velo cemente (quando ſoli con-
tinuaſsero
à deſcendere) che vetro aria, &
acqua ADEC.
Per dimoſtrare queſta coſa, la quale ſe tirerà dietro altre
cognitioni
non ſprezzabili, mi dica Sig Ofredi;
ſe poneſſi-
mo
nell’acqua due corpi vguali, vno d’oro, e i’altro di piõ-
bo
qual crede che deſcendeſſe più velocemente?
_Ofr_. E notiſſima la dottrina ſpiegata mirabilmente dal noſtro
gran
Galileo _nel Dial.
1. deile due nuoue ſcientie_, cioè che dalla
velocità
aſſoluta, con la quale il mobile ſi mouerebbe
nel
vacuo, il mezzo ne leua tanta, quanta è la ſua grauità.
Per eſempio; ſe l’oro foſſe 20. volte più graue dell acqua, &
il
piombo 16.
eisendo le loro velocità nel vacuo vguali,
l’acqua
leuerebbe alla velocità dell’oro vn vigeſimo, &
a
quella
del piombo vn ſeſtodecimo:
on le la velocità dell’-
oro
nell’acqua à quella del piombo ſarebbe come 19 à 18.

e
tre quaiti.
_Mat_. Tanto che l’oro diſcenderebbe con la velocità corriſpõ-
dente
à 19.
D modo che ſe peſaſse lib 20. & tant’acqua ad
eſso
vguale lib.
1. diſcenderebbe con velocità corriſpon-
dente
a lib.
19. Il che anco quando non ſuccedeſse così per
che
non ſono ſicuro di queſta dottrina del Galileo, mi ba-
ſta
che l’oro diſcenderebbe più velocemente del piombo, e
nel
diſcendere ſolleuarebbe acqua, che peſaria vna libbra.
Hora intenda V. S. che con l’oro ſia vnita tanta materia,
che
peſi libre 20 e ſia dalla medema grauità in ſpeciecon
l’acqua
, come ſarebbe ſettole di cauallo;
queſt aggre gato,
che
ſarà lib.
40. deſcendendo alzarà vna mole d’acqua,
14046_DIALOGO_ peſerà lib. 21. Crede V. S. che deſcenderà con la medema
velocità
dell’oro?
_Ofr_. Signore. Diſcenderà con aſsai minor velocità. Per-
che
ſe bene tutti doi li ecceſſi ſono aſsolutamente de lib.
19. nulladimeno paragonati con il mezzo, che s’alza, ſono
molto
diuerſi;
mentre il primo ad eſso hauea la propor-
tione
de 19.
ad 1. & il ſecondo de 19. a 21; quella tanto mag
giore
.
e queſta minore.
_Mat_. E ſe all’oro haueſſimo aggiunte lib. 20. di materia più
leggiera
in ſpecie del mezzo?
_Ofr_. Diſcenderebbe queſto compoſto tanto più lentamente;
e potria eſsere che foſse tanto più leggiero in ſpecie del
ſolo
oro, che queſto aggregato foſse, ò della medema gra-
uità
ſpecifica dell’acqua, ò di minore.
Nelli quali caſi
queſt’aggregato
, nel primo non diſcenderebbe, enelſe-
condo
galleggierebbe.
_Mat_. V. S. ha riſpoſto mirabilmente. Hora nel noſtro caſo, già
che
ſupponiamo che il vetro ABC, &
aria cõſtipata DBE,
ſiano
più graui in ſpecie dell’acqua, determiniamo l’ecceſ-
ſo
della loro grauità;
e ſupponiamo per eſempio che ſia vn
quinto
, dimodo che peſando vetro, &
aria condenſata
lib
.
5. l’acqua ad eſſi vguale ne peſi 4. E manifeſto che di-
ſcenderanno
conla velocità corriſpõdente ad vna libbra.
_Ofr_. Certiſſimo.
_Mat_. Intendiamo che al vetro, & aria ſia aggiunta l’acqua
ADEC
, che pur peſi lib.
5. che tutto queſto compoſto
debba
diſcendere, &
alzare vna mole d’acqua vguale à tut-
tala
mole ABC;
è manifeſto che quello, che diſcenderà
peſerà
lib.
10. el’acqua, che s’alzerà lib. 9. Onde la grauità
del
corpo diſcendente eccederà l’acqua alzata pure d’vna
libbra
, ma che ſarà vn decimo.
E perche li corpi più gra-
ui
del mezzo diſcendono in eſſo con la velocità corriſpon-
dente
all’ecceſſo della lor grauità ſopra quella del mezzo;
& il compoſto del vetro, & aria eccedeua il mezzo d’vn
quinto
;
& il compoſto di vetro, aria, & acqua @ccede d’vn
decimo
, ſi moueranno, e diſcenderanno conforme à que-
ſti
ecceſſi.
Ma quel quinto ſe bene aſſolutamente è vna lib-
bra
, come è anco il decimo, nulladimeno
14147_QVARTO._ mente al mezzo è maggiore d’vn decimo. Adunque di-
ſcenderà
più velocemente il vetro, &
aria, che il vetro, aria,
&
acqua.
_Ofr_. Con queſte dottrine mi fatto conoſcer manifeſtamẽ-
te
, che ſe bene pare, che eſſendo aſſolutamente il medemo
ecceſſo
della grauità dell’acqua vguale al vetro, &
aria
condenſata
D B E, ſopra la grauità di queſti, e dell’acqua
vguale
à tutta la mole ABC, ſopra la grauità de primi, e
dell’acqua
ADEC, che anco debba cagionare nel tatto la
medema
ſenſatione, nulladimeno non eſſer così;
perche
il
primo ecceſſo opererà più velocemente che il ſecondo;
& in conſeguenza queſte diuerſe velocità deuono eſſer
fenſibili
;
perche ſe bene quell’acceſo è il medemo aſſolu-
tamente
, come già è ſtato detto, non però riſpettiuamẽ-
te
, eſſendo diuerſe le proportioni trà li peſi.
E parmi di-
pender
tutto il preſente negotio da vna g eometrica pro-
poſitione
, che io non voglio dire.
_Cont_. Caro Sig. Ofredi non ne defraudi, ma ne conſoli con
queſta
ſua Geometria, che quanto ne vada à genio.
_Ofr_. La ſeruo.
PROPOSITIONE.
Sia BE, l’ecceſſo di B A, ſopra C D, & ad eſſe ſiano aggiunte
AF
, DG, vguali.
Sarà maggiore la Proportione di B A, à C D, di
quella
di B F, à CG.
@ciaſi come BA, alla C D, coſi AH, à
31[Figure 31] GD.
Perche come BA, alla C D, coſi
AH
, a GD;
ſarà anco come BA, alla
CD
, così BH, à C G.
Ma B H, a C G,
ha
maggior proportione che BF, à
CG
, Adunque anco BA, alla CD, ha-
uerà
maggior proportione che BF, a
CG
.
Ecco adunque che ſe bene BE,
aſſolutamente
è il medemo ecceſſo
tanto
della BF, ſopra la C G, quanto
della
B A, ſopra la CD, nulladimeno
non
ſono le medeme proportioni.
Le quali anco tanto più ſi ſminuiſ-
cono
, quanto più le magnitudini vguali aggiunte
14248_DIALOGO_maggiori.
_Cont._ Queſto non l’intendo.
_Ofr._ Siano aggiunte alle prime altre due grandezze vguali
FH
, GK.
Già s’è prouato che B A, alla C D, maggior pro-
portione
che BF, a CG;
ma per la ſteſſa propoſitione BF, a
CG
, ha maggior proportione che BH, a CK.
Adunque _ex_
_æquali_
B A, alla C D, ha molto maggior proportione che
BH
, a C K Ecco adunque che quanto maggiori ſaranno
le
magnitudini vguali aggiunte, ſempre tanto più ſi dimi-
nuirà
la proportione.
_Cont._ Tutto è veriſſimo.
_Ofre._ Non meno anco è vero, che ſe alla maggiore B A, foſſe
aggiunta
AF minore di K D;
aggiunta alla minore
che
tanto maggiore ſarebbe la proportione di B A, alla
C
D, di quella di BF, a CK.
Perche eſsendoſi prouata la pro
portione
di BA, alla CD magg ore di quella di BH, alla
C
K, &
eſſendo quella di BH alla CK, maggiore di quella
di
BF, alla CK, ſarà queila di B A, alla CD, molto maggio
re
di quella di BF alla C K.
_Cont._ Tutto bene. io non vedo come queſte verità a
ſtratte
, &
vmuerſali, ſi poſſino applicar al concreto parti
colare
del qual tr@ttiamo.
_Ofred._ Oggi V S è molto difficile da contentare. Sia BA, la
grauità
dell’aria condenſata, e del vetro;
e CD, ſia la gra
uità
dell’acqua, che deue alzare L’alzera con la velocita
co
rriſpondente all’ecceſſo della ſua propo rtione, la qua
velocità
creſcendo ſecondo che creſce la proportione
E
perche aggiunti li peſi vguali AF DG, &
AH, DK, ſem
pre
le proportioni del vetro, aria.
& acqua mancano; e
tanto
più, quanto maggiori ſono le grauita dell’acque
uguali
aggiunte;
adunque alzerà ſempre con minor velo
cita
Che ſe alla BA, grauita del vetro, &
aria aggiungeſ
ſimo
il peſo AF, minor del Dk, aggiunto al CD;
tanto più
s’impiccolirebbe
queſta proportione;
& in conſeguenza
alzerebbe
con minor velocità.
_Cont._ Dio me liberi dal ſuſſeguo del Sig. Ofredi quando ha da
parlare
geometricamente.
_Ofr._ Horsù mi abbaſſerò tanto che deuenirò fanciullo,
14349_QVARTO._ fermando con vn’eſperienza fanciulleſca quanto è ſtato
ſin’hora
detto.
Liquefanno li fanciulli del ſapone con l’ac-
qua
, e prendendo vna cannucia a perta d’ambi le parti, im-
mergono
vno delli ſuoi capi in quella ſaponata, poi ſoffi-
ando
gentilmente dall’altra, formano certe sfere più, e
meno
grandi, che hanno vna ſottiliſſima guſcia d’acqua,
e
ſono ripiene di fiato.
Staccandole poi con deſtrezza
dalla
canna con l’aggitatle vn poco poco, queſte diſcen-
dono
.
Ma benche queſte habbino attaccato alla parte
inferiore
vna goccia d’acqua, nulladimeno anco per l’aria
quieta
diſcendono con grandiſſima lentezza in compara-
tione
della velocità con la quale diſcenderebbe la ſola ac-
qua
ſe foſſe vnita.
Queſto certo non ſuccede per altro, ſe
non
perche quelle sfere conſtituiſcono vn compoſto d’ac-
qua
, &
aria, ò fiato, il quale riſpettiuamente al mezzo
vguale
alla loro mole, che deuono alzare, e ſcacciare, è
piu
leggiero, che non è il ſolo graue paragonato al mezzo
vguale
al ſuo corpo, che douerebbe alzare ſolo.
_Mat._ Da tutte a dunque queſte dottrine parmi molto euiden-
temente
ſtabilito che l’acqua, che entra nel bicchiere, ò
vaſo
debba grauitare, &
aggiungere peſo al vetro, & aria;
parendomi veriſſimo, che allora il mezzo non aggiunga
peſo
al corpo in eſſo collocato, quando non diſcende con
eſſo
, e non cagioni ſalita di parte del medemo mezzo ad
eſſo
vguale;
ma quando diſcende con il corpo, e con la ſua
diſceſa
cagiona ſalita del medemo mezzo a ſe vguale, pur
troppo
aggiunge peſo.
A queſto propoſito voglio ſuggerire vna maniera aſſai ga-
lante
di peſare l’acqua nell’acqua, &
anco l’aria nella me-
dema
acqua.
Prendaſi vn gran vaſo di vetro, ò d’altro (co-
me
vna gran boccia) che habbia vn piccolo bucco, che ſi
chiuda
beniſſimo con vn bocchino di ſtagno ſimile a quel-
li
, che hanno le noſtre boccie quadre, che chiamiamo da
caneuetta
, il quale bocchino ſi fori nella ſua ſommità con
vn
piccolo bucchetto;
s’attacchi al fondo del vaſo tanto
peſo
, che comodamente lo poſſi far diſcendere nell’acqua;
e legando queſto vaſo con fune di ſettolle di cauallo ſi la-
ſci
diſcendere;
ſecondo che più, e più diſcendera,
14450_DIALOGO_ entrando nel vaſo per quel piccolo buccolino ſempre
maggior
, e maggior quantità d’acqua ſenza che n’eſca vna
minima
particella d’aria, la quale ſempre s’anderà più, e
più
condenſando.
_Ofred._ E poſſibile queſta coſa?
_Cont._ Queſt’eſperienza è ſtata fatta dal Sig. Sinclaro, e la regi-
ſtra
_nel lib.
2. Dial. 4. principiando dal num._ 9. onde non occorre
dubitare
d’eſſa.
_Mat._ All eſperienza ſi può aggiungere la ragione. L’aria della
boccia
è ſottopoſta alla medema preſſione dell’altra.
Quã-
do
ſe immergendo preme ſopra quel buccolino non ſo-
lo
tutta l’altezza dell’atmosfera della medema forza con
eſſa
, ma anco tutta l’acqua, che li ſouraſta;
onde premen-
do
queſto compoſto con maggior momento, caccia dell’-
acqua
nella boccia per quel piccolo pertugio;
e non po-
tendo
vſcir l’aria per eſſo otturato per la ſua piccolez-
za
da coſa, che più preme, è neceſſitata a riſtringerſi ſin’à
tanto
, che acquiſti con queſto riſtringimento forza tale,
che
pareggi il momento dell’acqua ſopraſtante, &
atmos-
fera
.
_Ofred._ Reſto perſuaſo dalla ragione.
_Mat._ Hora Sig Ofredi, chi applicherà queſto vaſo ad vna bi-
lancia
, ò ſtadera, trouerà che quanto più diſcenderà, tanto
più
peſerà ſecondo la quantità dell’acqua in eſſo entrata.
Chi ſarà quel pazzo, che creda, che queſto maggior peſo
ſia
cauſato non dall acqua entrata, ma dall’aria, che con-
denſata
più di quello, che era prima, ſia fatta più graue in
ſpecie
di quello ch’era?
_Ofr._ Mo patron mio, inqueſto caſo l’acqua è totalmente ſepa-
rata
dall’acqua del mezzo.
_Mat._ Intendo. In vece di far diſcender il vaſo con il fondo all’-
ingiù
, lo facia diſcender con il bocchino:
tanto è tanto di-
fceſo
che ſia tanto quanto nell’altra guiſa, entreràin eſſo la
mede
ma quantità d’acqua;
& applicato alla ſtadera peſerà
come
prima.
In queſto caſo l’acqua del vaſo ſarà median-
te
il piccolo pertuggio vnita con l’eſterna.
Dirà forſe Sig.
Ofredi che queſto peſo ſia cauſato dall’aria condenſata?
Lo
vadi a dire alle marmote.
14551_QVARTO._
Per peſare poi l’aria nell’acqua, diſceſo che ſia il vaſo nel pri-
mo
modo aſlai in fondo, che molta ſia l’acqua in eſſo
entrata
, ſe vadi ſolleuando a poco a poco, ſecondo che più,
e
più aſcenderà, ſe vedrà aſcendere quantità di bolle, cioè
l’aria
contenuta nel vaſo.
_Ofr._ Cerramente n’vſcira queſt’aria?
_Cont._ V’e l’eſperienza del medemo Sig. Sinclaro.
_Mat._ E non manca la ragione Perche alzato in parte il vaſo,
l’acqua
, &
atmosfera non preme iui come premeua più
fondo
.
che contropremen@o più l’aria del vaſo, eſce fuo-
ri
in parte ſino che habbia tanto debilitato l’elaterio che
paregg
la p@eſſione dell’acqua, &
atmosfera. E queſta è la
cauſa
che biſogna alzar pian piano;
perche chi alzaſſe per
molto
ſpatio repentinamente, mentre vi ſaria gran diffe-
renza
tra queſte preſſioni, farebbe l’aria tanta furia per v-
ſcire
, che non potendo per l’anguſtezza del buccolino far-
lo
così preſto, potrebbe ſpezzar il vaſo, come accadè al
medemo
Sig.
Sinclaro.
Hora tirato il vaſo in pello d’acqua, che ne ſia vſcita l’aria
condenſata
, e che la rimanente ſia dilatata quanto l’eſte-
riore
, immergendo ſotto acqua tutta quella quantità di
fune
, che era diſceſa, s’applichi pure alla bilancia;
che ſe
queſta
ſarà eſquiſita, farà conoſcere qualche differenza trà
il
vaſo in queſto ſito, e quando peſato nel fondo (ilche
ſe
ſuppone eſſer ſtato fatto) Queſta differen za di peſo non
ſarà
altro che quello che peſa tanta quantità d’aria, quãt’è
l’acqua
, che ſarà entrata nel vaſo.
_Ofr._ A fare queſt’eſperienza vi vorranno’le gran diligenze.
_Mat._ Certiſſimo. Nulladimeno, _omnia vincit labor improbus_. Di-
chiarate
, &
inteſe bene le dottrine ſoprapoſte, credo che
facilmente
s’intenderà più adequatamente la cagione d’al-
tro
natural Fenomeno di quello che l’abbia inteſa il no-
ſtro
gran Galileo.
Queſti doppo hauer mirabilmente di-
chiarato
_nel Dial.
ſopracitato_, che li corpi ſimili della mede-
ma
grauità ſpecifica diſcendono per il medemo mezzo
con
la medema velocità, per eccederlo con il medemo ec-
ceſſo
proportionale, ricerca da che auuenga poi che ſi ve-
da
tanta diuerſità nelle velocità mentre per eſempio,
14652_DIALOGO_ draſi che vn quadrello diſcenderà per tant’ acqua in due,
battute
di polſo, che ſpezzato in particelle piccoliſſime,
tall’
vna di quelle a diſcendere la medema acqua conſu-
merà
più hore, e giorni.
Ricorre egli _nella pag_. 88. _alla ſca-_
_broſità
, ò poroſità, che communemẽte, e per lo più neceſſariamente_
_ſi
ritroua nella ſuperficie de i corpi ſolidi, le quali ſcabroſità nel_
_moto
d’eſſi vanno vrtando nell’aria, ò altro mezzo ambiente, &_

_apportano
ritardamento alla velocità, e tanto maggiore, quanto_
_la
ſuperficie ſarà più grande, quale è quella de i ſolidi minori para-_
_gonati
à i maggiori_.
Il che viene da eſſo dimoſtrato. Ma io
oltre
a queſta, n’aſſegnarei due altre cauſe prouenienti dal-
le
dottrine ſopra dichiarate.
Mi dica Sig. Ofredi. Ha mai
hauuto
curioſità di vedere li piccoli granelli d’arena, &
al-
tri
corpiccioli poluerizatti con il microſcopio, o lente col-
ma
, che notabilmente ingrandiſca l’ogetto?
_Ofr_. Si Signore. Et oſſeruato con gran mia ammiratione,
che
ſe bene li loro corpiccioli paiono all’occhio libero co-
me
tante sferette;
veduti però con il microſcopio ſono ri-
pieni
di certe cauità, e montuoſità, e ſono corpi irrego,
lariſſimi
.
_Cont_. Quanto più irregolari, ſaranno anco le loro ſuperficie
tanto
maggiori;
& in conſeguenza prenderà maggior vi-
gore
la cauſa aſſegnata dal Galileo.
_Mat_. Ma di più ſarà anco vero, che ripoſti queſti nel mezzo
fluido
, come nell acqua, ò quelle cauitàſaranno riempi-
te
da eſſa, ò per la loro piccolezza, ò altro accidente reſte-
ranno
pure piene d’aria.
In ambidue li caſi quello, che di-
ſcenderà
non ſaràil corpicciolo ſolo, ma queſto congion-
to
con dell’acqua, ò con dell’aria;
& in conſeguenza doue-
nella ſua diſceſa alzare mole d’acqua non vguale al ſolo
proprio
corpicciolo, ma ad eſſo, &
acqua, ò aria. Nelli
qua
li caſi diſcenderà, ma certo più lentamente che ſe di-
ſcendeſſe
ſolo.
Può eſſer adunque che quel corpicciolo ſia
congionto
con tant’aria, che il locato entro l’acqua, ò non
ecceda
, ò molto di poco in grauitàaltre tant’acqua.
Nelli
quali
caſi ò non diſcendera, ò con lentezza grande, e gran-
diſſima
.
Con queſt’occaſione non voglio mancare di narrarle
14753_QVARTO_. tro Fenomeno a queſto propoſito non ſprezzabíle. L’al-
tro
giorno per certa eſperienza il Sig.
Rinaldini. D. Gio.
Antonio Baglioni, & io haueuimo riempito vn tubo di ve-
tro
competentemẽte lungo d’acqua, laſciandoli luogo per
vn
poco d’aria, &
oglio, che doueuano ſeruire con la loro
ſalita
al noſtro propoſito.
Otturato il tubo con veſcica d’-
ambi
le parti, lo voltauimo, &
riuoltauimo perpendicola,
re
all’orizonte, oſſeruando per l’acqua la ſalita dell’aria, &

oglio
.
Queſto non aſcendeua tutto vnito, ma ſi diuideua in
varii
come globetti di diuerſe grandezze;
alcuni delli qua-
li
alle volte conteneuano nella parte inferiore nella loro
corpulenza
quantità di bolle molto bianche, che certa-
mente
erano acqua imprigionata, credo io, dalla viſco-
ſità
dell oglio.
_Ofr_. E perche non aria?
_Mat_. L’effetto dimoſtraua che non foſſero aria; perche que-
ſti
globetti a ſcendeuano con vna tardita tanto maggiore
ſopra
quella delli altri, che erano oglio puro, quanto mag-
gior
quantità di queſte bolle conteneuano.
Il che non ſa-
rebbe
ſucceſſo ſe foſſero ſtati aria, la quale hauerebbe ve-
locitato
il loro moto, e non ritardatolo, come s’oſſeruaua
in
altri, che congiunti con eſſa, ſaliuano più velocemente.
Di più; l’aria congiunta con eſſi li precedeua, e non ſegui-
ua
.
In oltre, ſe alcuno di queſti gl obetti arriuato ad alto ri-
trouaua
altro globetto, che prima d’eſſo foſſe ſalito che
però
nella parte inferiore conteneſſe ſimil bolle, ſi vedeua-
no
manifeſtamente queſte diſcendere per la corpulenza,
dell’oglio
, che arriuaua doppo il primo, &
andarſi ad vni-
re
con altri inferiori, e l oglio puro con l’oglio puro.
ora queſto fenomeno dimoſtra che anco nell’eſpulſione eſ-
perimentiamo
quant’ habbiamo eſperimentato nelle di-
ſceſe
;
cioè che più tardamente l’acqua cacci l’oglio con-
giunto
con l’acqua, che l’oglio puro;
ſe bene è il medemo
aſſolutamente
l’ecceſſo della grauità di tant’acqua quant’è
l’oglio
, con l’ecceſſo della grauità di tant’acqua, quant’è
l’acqua
, &
oglio, ſopra queſti; & è vero che anch in queſto
caſo
l’acqua aggiunge grauità all’ oglio in eſſa collocato
mentre
con eſſo debba ſalire.
14854_DIALOGO_
_Cont._ Io tengo di certo che queſte cauſe habbino luogo in ſi-
mil
caſi.
Et hora meglio intendo, e penetro la cauſa di cer-
to
Fenomeno, che rammemora il Berigardo _nel predetto_
_luogo
alla pag_.
304. con queſte parole _Vas vitreum aquæ plenum_
_deprehenderam
in aqua ponderatum plus ponderare, quam omniz,_
_eius
fragmenta, rem accuratè ſæpius ex aminando_.
E dice che
credeua
che il medemo doueſſe ſuccedere peſandolo in
aria
, ma che conobbe che non era vero;
e che tanto in ac-
qua
, quanto in aria peſaua vgualmente;
ma che la cauſa per
la
quale in acqua pareua che peſaſse inegualmẽte era.
_Quod_
_intra
aquã illa minuta fragmenta coniunctas habẽt multas aeris ve_
_ſciculas
, quæ aliquo modo ſubleuantlancẽ vbi ſunt fragmenta, quaſu_
_inflatio
bullentis aquæ, ijs vero amotis eſt idem pondus_.
Io in virtù
delle
ſopradette dottrine dico, che ſe bene in queſto Feno
meno
può in qualche modo interuenire anco l’aria, non
però
nel modo che dice il Signor Berigardo;
cioè che ſol-
leui
la lance come fa l’acqua, che bolle;
poiche l’aria non
cagiona
queſta maggior leggierezza, ma perche il vaſo
ſpezzato
ſi paragona con maggior mole d’acqua, che in
tiero
.
_Ofr_. Ciò parmi molto difficile da capire.
_Cont_. Procurerò dichiararlo in modo che V. S. l’intenda. Spez
zato
il vaſo, le ſue particelle, &
anco le più grandinell
ſuperficie
con le quali erano vnite, hanno infinite cauità
e
montuoſità.
Queſte ſono cagione del Fenomeno. Pe
intender
il che, ſupponga V.
S.
32[Figure 32] che A B C D, rapreſenti vn graue
più
dell’acqua intiero.
Queſto
poſto
nell’acqua peſerà tanto
meno
, quanto peſa vna mole d’
acqua
ad eſso vguale _per la tanto_
_decantata
prop.
7. del I. d’Archim de_
_inſid
.
humid_. Lo ſupponghi ſpez
zato
in due parti, di modo che
BEFGC
, contenghi la cauità
EFG
, e AEFGD, la montuoſità
EFG
.
Se nella cauità EFG, può
entrare
l’acqua a riẽpirla, allora
tanto
peſerà B D, ſpezzato
14955_QVARTO_. me intiero. Ma ſe la cauita EFG, foſse nell’acqua, ò ripie-
na
d’aria, ò coſi minima, che non foſse capace ne d’acqua,
ne
d’aria, ma rimaneſse vacua, allora peſerebbe meno
ſpezzato
che intiero.
Perche la parte BEFGC, ſi parago-
nerebbe
con l’acqua vguale a tutta la mole BEGC, che ſa-
rebbe
quella collocata nell’acqua;
e l a parte AEFGD, con
lacqua
vguale a tutta queſta mole.
Onde l’acqua parago-
nata
con ambidue queſte parti eccederebbe la paragonata
con
tutta la BD, intiera di tant’acqua quanta foſse la mon-
tuoſità
EFG.
E perche l’acqua leua dal peſo del graue po-
ſto
in eſsa quanta è la grauità dell’acqua, che con eſso ſi
paragona
;
più leuerà l’acqua paragonata con le parti, di
quello
che leui la paragonata il tutto.
Adunque le par-
ti
rimaneranno più leggieri del tutto.
Quello che habbia-
mo
detto d’vna intendaſi di tutte.
E perche nel vaſo ſpez-
zato
ſi contengono infinite cauità, e montuoſità, le quali
benche
minime, nulladimeno perche _multa pauca faciunt_
_vnum
ſatis_, e
Adde parum paruo, paruo ſuperadde puſillum,
Tandem de paruis magnus aceruus erit;
quindi è che formano vn tal che, il quale anco ſi conoſce
con
la ſtadera, ò bilance, peſando meno il vaſo ſpezzato
che
intiero.
_Mat_. Queſti diſcorſi mi hanno ſuegliato la mente a procurare
d’inueſtigare
le cagioni d’altri effetti, che eſperimentia-
mo
.
Mi hanno ſempre dato gran faſtidio certi corpuſcoli
conſtanti
di materia più graue in ſpecie di liquidi, nelli qua
li
ſi fermano da per tutto.
Come per eſempio, dice il nobi-
liſsimo
Boile Ingleſe _in Hiſt.
fluid. & firmit. ſect. 5. Atqui pa-_
_lam
est plumbum, argentum viuum, quin &
aurum ipſum, licet in_
_mole
ſenſibili reperta, ad fundum aquæ regis, vel ſimilis eiuſmodi_
_liquoris
citiſſimè demergentur;
attamen a menſtruo corroſa, inque_
_partes
valde minutas exeſa, adeo eſſe agitationis, quam ante, ca-_
_paciora
, vt relicto liquoris fundo libere quaqua uerſum, ad ipſam_
_quoque
ſummitatem vna cum ſociatis liquoris partibus feruntur_
_nec
ad fundum relab antur_.
Mai potuto ſodisfarmi nell’in-
ueſtigar
la cagione perche queſti corpuſcoletti ſi fermino
da
per tutto, e non diſcendino al fondo, eſſendo più
15056_DIALOGO_ in ſpecie d’eſſa acqua, e liquido.
_Ofr_. Certo che ſe ſono più graui in ſpecie, douerebbero, ben-
che
anco con grandiſſima lentezza come eſperimentia-
mo
in tanti altri, finalmente diſcendere.
_Mat_. Si quando non diueniſſero per qualche accidente della,
medema
grauità ſpecifica con il liquido.
Io prego loro Si-
gnori
a reflettere ſe quà poſſi hauer luogo il dire, che quel-
li
corpuſcoli habbino il loro ambito coſi ſcabroſo, e ripie-
no
di cauità coſi minime, che non ſiano capaci delli mini-
mi
di quelli fluidi.
Onde ſe bene il puro corpuſcolo dell’-
oro
, per eſempio, è aſsai più graue in ſpecie del liquido,
nulladimeno
cõgiunto, ò con tutte quelle minime cauità
vacue
, ò ripiene di materia ſottiliſſima, facia vn’aggregato
della
medema grauità ſpecifica con quel liquido;
che per-
ciò
ſi fermi da per tutto.
E perche vna notitia corre dietro all’altra, da quanto s’è det
to
, forſe ſi potrebbe penetrare la vera cagione delle preci
pitationi
di queſti corpuſcoli.
Per eſempio, ſoggiunge i
medemo
Boile.
_Quinimò videre est pondero ſa, & mineralia cor_
_pora
, ſi in corpuſculu ſatis exilia diuidantur, ad eam leuitatem &_

_volubilitatem
redigi poſſe, ut partes ingredientes stillatiorum eti_
_liquorum
fiant, uti diſcere poſſumus ex illo, quem Chymiſtarum_
_alij
Butyrum, alij ſimpliciter oleum, alij oleum glaciale Antimo_
_nij
appellant;
qui, licet poſt retific ationem liquor fit admodum lim_
_pidus
, magna tamen ſui parte ex ipſo Antimonij corpore conſtat_
_vt
patet (prætermiſſa iam eius grauitate) ex eo quod magna pon_
_deroſæ
calcis albæ, per artem in vitrum antimoniale reducibilis_
_quantitas
beneficio aquæ limpidæ ex ipſo facilime præcipita_
_poſſit
._
_Ofr_. Io direi che quell’acqua limpida infuſa facia con quel l@
quore
vn cõpoſto aſsai più leggiero in ſpecie del puro l@
quore
.
Che perciò quelli corpuſcoli diuenuti più graui in
ſpecie
del mezzo, diſcendino.
La cera è poco meno gr
ue
in ſpecie dell’acqua comune;
onde ſe vn poco di lim
tura
di ferro la farà diſcendere apena, ſe in quell’ acqua s
infonderà
vn poco d’acqua ſalſa, ò vn poco di ſale, ſi vede
ritornar a galla.
Così ſe fatta graue con la predetta l
matura
quanto è l’acqua ſalſa, s’infonderà in queſta
15157QVARTO. dolce, ſi vedrà la cera diſcendere.
_Cont_. Tutto queſto lo anch’io; & è ſtato ſaputo prima di
noi
dal Galileo, e da altri.
Queſta ſua riſpoſta però Signor
Ofredi
forſe non può quadrare a cert’ eſperienza del Sig-
Berigardo
.
_Mat_. Et io proporo a loro Signori da conſiderare, ſe in molti
caſi
la vera cauſa poſsa eſsere (almeno vna delle cauſe) che
li
minimi dell’acqua limpida infuſa eſsendo più ſottili del-
Ii
minimi del primo liquido, poſſino penetrare, e cacciarſi
in
quelli ſpatietti delli corpuſcoli, e coſi renderli più graui
in
ſpecie, e capaci di diſcendere.
_Cont_. Queſta certo mi pare più confacente al Fenomeno del
Signor
Berigardo, che dice _nel luogo ſopra cit.
pag_. 299. darſi
certi
metalli, _Quorum ſolutione tingitur aqua, &
quæ mox ad fun-_
_dum
iniecto ſale præcipitantur_.
Non ſe il ſale con quell’ac-
qua
facia vn compoſto più leggiero in ſpecie della ſola ac-
qua
, ò più graue.
Onde per queſto capo quelli corpuſcoli
meno
doueſsero diſcendere.
_Mat_. Più graue certo, ſe quella è acqua ordinaria. Anco di
queſto
Fenomeno forſe la cauſa ſa@à che li minimi del ſa-
le
poſſino più prontamente cacciarſi in quelli ſpatietti de
minimi
metallici, di quello che poſſino fare li minimi di
quell’acqua
, e così rendendoli più graui farli diſcendere.
Se
potrebbe
anco cõſiderare ſecõ queſte infuſioni di ſale, ac-
qua
, e meſcolanze di diuerſe materie ſi faceſse, &
eccitaſse
vna
tal fermentatione, mediante la quale le particelle di
quelli
liquidi riceueſsero vn moto più efficace dell’ordina-
rio
conſeruante la loro fluidità, nel quale ſempre ſono,
mediante
il quale poteſſero più prontamente cacciarſi in
quelli
ſpatietti.
Già è maniſeſto, come habbiamo tocco
anco
di ſopra, che vn corpo in moto maggiore entrerà in
quelli
luoghi, nelli quali non entrerà con moto minore.
Io
tocche queſte cauſe, acciò loro Signori l’eſaminino;
che per altro io non le ſpoſo.
_Vont_. Io non ſe li minimi del ſale ſe poſſino cacciare più
prontamente
in quelli ſpatietti che li minimi dell’acqua;
bene che queſti prontamente ſi cacciano nel medemo
ſale
, liquefacendolo, e riceuendone vna certa quantità.
15258DIALOG par coſa molto conſiderabile, e non aliena dal noſtro pro-
poſito
, che ſe ſi ponerà del ſal comune pur nell’ acqua co-
mune
, queſta lo liquefarà ſino ad vn certo ſegno, che ſia
fatta
vna perfetta ſalamora;
la quale conoſcono queſti no-
ſtri
ſalumieri che ſia fatta, quando ponendo in eſſa vn ouo
freſco
, queſto galleggi.
Riceuuto che l’acqua il ſale,
che
richiede, non è più poſſibile che liquefaccia altro ſale
comune
, e che ne riceua più, ma lo laſcia intatto.
_Ofr_. Queſto Fenomeno lo dalli miei primianni, ma ne vor-
rei
ſapere la cagione.
_Cont_. Credo che queſt’effetto ſia vno delli ſoliti cauſati dalla
preſſione
dell’aria, e liquidi.
Preme l’atmosfera l’acqua, e
queſta
la ſottopoſtoli;
ma queſta per liberarſi dalla preſſio-
ne
penetra in tutti quelli ſpati, che puole:
onde incontran-
do
li grani del ſale, è cacciata, e ſpinta da queſta preſſione
nelli
infiniti ſpatietti, e pori, che ſono diſperſi trà li mini-
mi
, che compongono il ſale.
In queſta guiſa ſeparanno
quelli
minimi, e li rendono fluidi in guiſa, che con li mini-
mi
dell’acqua compongono vn fluido, li di cui minimi ſo-
no
maggiori, ò più craſſi delli puri minimi dell’acqua.
Queſti minimi adunque ſeguono à cacciarſi nelli ſpatiet ti
e
pori del ſale ſino che queſti ne ſono capaci, e li permet-
tono
l’ingreſſo;
ma quando poi dalli minimi del ſale ſono
coſi
ingroſſati, che non poſſino più cacciarſi, ne quelli li
poſſino
più riceuere;
allora ceſſa la liquefattione, per mol-
to
che s’infonda ſale.
_Mat_. Realmente chi voleſſe negare che li minimi della ſala-
mora
non foſſero più craſſi delli minimi dell’acqua comu-
ne
, meritarebbe delle ſaſſatte;
mentre manifeſtamente ſi
vede
che l’acqua comune è più leggiera, più fluida, e più
ſottile
della ſalamora Nulladimeno io proponerò due eſ-
perienze
da fare per vedere ſe il negotio camina come di-
ce
il Signor Conte.
Nella machina del Signor Boile, con la quale ſi procura il
voto
, ſe ponghi vn vaſetto pieno d’a cqua comune con ſa-
le
à ſufficienza per far la ſalamora, e fatto il voto, ſi noti la
qualità
della ſala mora che ſi farà, e tempo.
Se è vera la dot
trina
del Sig.
Co: ſarà certo qualche differenza trà queſta.
15359QVARTO. quella, che ſi farà nell’aria libera. Perche ſe queſto è effetto
della
preſſione dell’aria, &
acqua, doue vi ſarà maggior
preſſione
, come nell’aria libera, li minimi dell’acqua, e più
preſto
, &
in maggior copia ſaranno cacciati nelli ſpatietti
del
ſale.
L’altra eſperienza è queſta. Con il medemo vaſo ſi faciano
tre
, quattro, e più vaſi di perfettiſſima ſalamora;
poi pon-
gaſſi
tutta queſta ſalamora in vn vaſo aſſai più alto, ſi che
le
parti inferiori ſiano molto più premute da queſto peſo,
che
non erano premute le parti inferiori in qual ſi ſia vaſo.
lo credo che chi infonderà del nuouo ſale, liquefarà par-
te
.
Perche ſe bene la preſſione di qual ſi ſia vaſo non era
ſufficiente
à cacciare li minimi della ſalamora nelli mini-
mi
del ſale per la loro groſſezza, &
anguſtezza di queſti,
vna
preſſione maggiore ne potrà pur far pe netrar in
parte
.
_Of_. V. S. ben narrato il mirabile Fenomeno della ſalomora
ordinaria
, ma poi, per quanto vedo, non coſa molto più
ammirabile
.
Cioè altr’eſperienza fatta a Firenze dal no-
ſtro
Sig.
Rinaldini, che me l’ha comunicata. Se nella ſala-
mora
ordinaria V.
S. infonderà del ſal Gemma, queſta ne
ſoleuerà
parte, e riceuerà ſino ad vn certo ſeguo.
Et impre-
gnata
che ſia d’eſſo non ne riceuerà più, come s’è detto del
ſal
comune, &
acqua. Se in queſta ſeconda ſalamora infō-
derà
dell’alume di Rocca, ſuccederà il medemo.
Se di nuo-
uo
infonderà del ſal Armoniaco, e poi ſal Nitro, e per fine
Zuccaro
, ſempre ſuccederà il medemo, che ſaranno li-
quefatti
ſino ad vn certo ſegno.
In conformità delle ſue
dottrine
biſogneria dire, che li minimi della ſala mora non
baſtanti
ad eſſer cacciati nelli ſpatietti del ſal comune, po-
teſſero
eſſer cacciati nelli ſpatietti del ſal Gemma;
e così
diſcorrendo
.
Ma già che ſopra ſiamo ſtati con il Signor Be-
rigardo
, ritorniamoci in gratia, eſaminãdo alcuni ſuoi det-
ti
non alieni dalle materie ſoprapoſte, regiſtrati da eſſo
_nella
medema pag_.
294. auanti quell’eſperienza, che c’ha dato
materie
di diſcorrer tanto.
Dopò hauer detto che il fumo,
e
il legno aſcendono per l’acqua tanto velocemente, che
eſcono
anco da eſſa, dice.
_Aſcend it tamen remiſſius quò
15460DIALOGO _priùs accedit ad ſuperficiem aquæ ſicut ampulla aere plena, & be-_
_ne
obturata tanto deprimitur violentiùs, quantò profundiùs aquæ_
_immergitur
.
Proinde celeriùs moueri debet ex profundiori loco._
_vndè plus aquæ partes eam ſurſum impellunt_.
_Mat_. Manco male che V. S. non aſcriue anco queſte partite al
mio
debito;
almeno le due vltime, e pure lo potria fare
con
qualche fondamento, poiche ho determinato il con-
trario
ad eſſe _nel noſtro pr.
Dial_. detto iui _alla pag_. 13. che
quando
s’immerge il galleggiante, ſino alla total immer-
ſione
ſi ſempre maggior fatica quanto più s’immerge;
ma paſſata queſta total immerſione, ſi ſempre la mede-
ma
fatica.
L’ampolla del Signor Berigardo è vn galleggiã-
te
come li altri;
ne perciò deue ſoggiacere ad altre leggi-
Se
adunque egli intende dopò la total immerſione, e tiene
che
l’acqua non patiſca alcuno riſtringimento, credo che
dica
manifeſtamente il falſo;
perche per tutto l’acqua
la
medema forza per ſcacciar insù il galleggiante, ò altro
corpo
in eſſa immerſo.
Almeno certo la ſua ragione ni-
ente
vale, cioè la maggior altezza dell’ acqua quanto più
fondo
ſi .
Se poi è vero che l’acqua quanto più fonda
ſia
vn poco più riſtretta, certamente che quanto più fon-
da
dourèbbe ſcacciar più il galleggiante, cioè con mag-
gior
forza.
Perche riſpingendo qual ſi ſia corpo con la
propria
grauità;
& eſſendo tanto più graue quanto più
fonda
, come quella che è più condenſata;
quanto più fon-
da
riſpingerà con maggior forza E douendo noi ſentire l’-
ecceſſo
della ſua grauità ſopra quella del galleggiante;
ſen-
tiremo
maggior riſpingimenio quanto più fonda.
_Cont_. Se l’acqua patiſca compreſſione, ò , lo potremo co-
noſcere
peſando in eſſa qualche corpo più graue dell’ac-
qua
.
Per eſempio peſiamo in eſſa vn pezzo d’oro, che ſia
bene
tutto immerſo, ma poco lontano dalla cima dell’ac-
qua
;
poicaliamolo molto al fondo, e torniamo a ripeſar-
lo
;
peſera certo meno, ſe l’acqua patiſce compreſſione.
Perche leuando il mezzo all’oro tanta grauità quanto è
quella
d’vna ſua mole vguale alla mole del corpo, che ſi
peſa
, conforme le tanto decantate dottrine d’Archimede;

e
di moli vguali dell’acqua peſando più la più fonda,
15561QVARTO. meno, ſe è iui più conſtipata; quella leuerà dalla grauità
dell’oro
più di queſta.
_Mat_. Se bene queſti diſcorſi aſtratti paiono molto ragioneuo-
li
, nulladimeno non come la coſa ſuccedeſſe in pratica.
Perche ſe bene anco l’acqua patiſca riſtringimento, nulla-
dimeno
queſto è pochiſſimo.
Onde per queſto capo due
moli
vguali d eſſa, cioè vna più fonda notabilmente, &

vna
più alta differiranno in grauità molto poco.
Di più, chi
n’aſſicurcrà
che anco ritrouando queſta differẽza di mag-
gior
, e minor peſo, non naſca eſſa da altro?
Cioè certamẽ-
te
dall’acqua più denſa, e graue;
ma non già per la maggior
preſſione
, ma bene per eſſer tale di ſua natura.
Non è cre-
dibile
che l’acqua ſia corpo homogeneo, ma bene etero-
geneo
, &
impuro; e tanto più, quanto più fonda. Onde
certo
di due moli vguali d’eſſa, peſerà più la più baſſa, che
la
più alta.
_Ofre_. A queſto propoſito mi ſouuiene d’hauer letto _nel Dial_. I.
_cit del Gal. pag_. 70. che per ingannare gentilmẽte alcuni ſuoi
amici
, nel fondo d’vn vaſo poſe dell’acqua ſalata, e ſopra
della
dolce;
e con limatura di ferro hauendo fatto vna bal-
la
di cera tanto graue, che a pena diſcendeſſe, queſta di-
ſcendeua
ſino che incontraua l’acqua ſalſa, &
iui ſi ferma-
ua
.
E ſe la ſpingeua più fondo, ritornaua trà le due ac-
que
.
_Mat_. Inganno veramente gentile, e degno della filoſofica ſa-
gacità
del Galileo.
Nell’eſperimentare biſogna hauer mol-
to
bene li occhiaperti e conſiderare attentamente tutte
le
circonſtanze.
Lidarò vn’eſempio. Il dottiſſimo P.
Riccioli Geſuita _nell’ Almag. lib. 2. cap. 5. n. 10_. inueſtiga que
ſto
Problema.
_Quantũ plumbi appendendũ ſit dato funi; vtcertus,_
_recta
&
perpendiculariter tractum ab eo iri funem deorsũ_. Sup-
pone
la lũghezza della fune eſſer 1000.
piedi; e preſi piedi
10
.
della medema, & hauendola beniſſimo bagnata ſuppo-
ne
che peſi in aria lib.
3. e fatto altro peſo nell’acqua, troua
che
tant’acqua quanto è eſſa peſi lib.
4. Da queſto ne caua
che
vn cilindro d acqua lungo, &
vguale alla fune peſerà
lib
400 Queſto ſaria vero quando tutta l’acqua foſſe della
medema
natura, &
homogenea; ma può eſſer diuerſa
15662_DIALOGO_ due capi; primieramente perche quanto più fonda può eſ-
ſer
tanto più impura;
ſecondariamente può eſſer tanto
più
conſtipata.
Tutti queſti capi poſſono molto vitiar l’o-
peratione
.
e cauſare che quel bolide, ò ſcandaglio, che ſi
crederà
affondarſi rettamente, anderà trauerſo;
perche
quell’acqua
vguale al piombo, e corda con la ſua grauità
leuerà
molto più di quello che eſſo ſuppone.
_Ofr_. Anch’io m’arricordo d’hauer vna volta viſto queſto ſuo
modo
di ſcioglier detto problema, &
hauer notato non
che
degno di eſſer auuertito da chi vorrà intendere queſta
ſua
operatione.
Il peſo del piombo, che ritroua da aggiun-
ger
alla fune è lib.
100. qual peſo biſogna intenderlo in ac-
qua
, e non in aria.
E perche ſuppone che lib. 2. e mezza di
piombo
in aria peſino in acqua lib.
2. acciò che il piombo
peſi
in acqua lib.
100. biſogna che in aria ne peſi 125. Che
poi
biſogni intender che il piompo d’aggiunger alla fune
peſi
lib.
100. in acqua, e non in aria è manifeſto, perche tãt’
acqua
quanto è la fune peſa lib.
400. e la fune 300. il piõbo
lib
.
100 e l’acqua vguale ad eſſo lib. 20 Onde l’acqua vguale
a
100.
lib. di piõbo in aria, e 1000. piedi di fune peſerà lib. 420
è
il predetto aggregato lib.
400. Onde peſando più l’acqua
del
corpo in eſſa collocato queſto galleggierà.
Biſogna
adunque
che il piombo peſi in aria lib.
125. perche così con
la
fune peſerà lib.
425. e l’acqua vguale a queſt’ aggregato
peſerà
il m@demo.
_Cont_. Vn’accidente, che occorre à queſto bolide, ſcandaglio,
ò
altro corpo graue, che appeſo ad vna fune ſi laſcia diſcẽ-
dere
nell’acqua, parmi che dia molto bene a vedere che l’-
acqua
quanto più è profonda, tanto più iui grauiti;
accada
poi
queſto per qual ſi ſia cauſa Se ſi laſcia diſcendere que-
ſto
graue quanto ſi voglia, finalmente s’arriua in luogo,
che
non più diſcende, ma la fune, &
il peſo ſtanno bene im-
merſi
, ma però obliquamente;
e ſe ſi laſcia diſcender più
fune
, più tutto queſto peſo s’obliqua.
Non ſi può dire
che
queſto aggregato di fune, e di peſo attaccato ſia più
leggiero
in ſpecie dell’acqua da per tutto, perche queſto æ-
ſcenderebbe
à galla.
Fermandoſi adunque in vn luogo, bi-
gna
dire che iui ſi pareggino li momenti dell’acqua, e
15763_QVARTO_. detto aggregato; e non può ſtare in ſito perpendicolare.
perche quell’acqua più profonda peſerebbe più. Per que-
ſto
capo adunque della maggior grauità, che può hauere
l’acqua
più fonda della meno può eſſere, che nel deprimer
l’ampolla
del Signor Berigardo ſe facia tanto maggior fa-
tica
quanto più ſi profonda.
Il Sig. Profeſſore dice ciò non
ſeguire
per la maggior altezza dall’ acqua, ſentiremo co-
me
ciò ſia vero;
tanto più che il medemo giuditio biſogne-
fare d’altra aſperienza dal Dottiſſimo Pietro Gaſſendo,
il
quale pure conformandoſi al Sig.
Berigardo dice _nel lib. 2_.
_Philoſ
ſect.
1 cap. 3_. che nel tener vna veſcica gonfia ſotto
acqua
ſi fa tanto maggior fatica quanto più ſi profonda.
_Mat_ Queſto Fenomeno, che lei Sig. Ofredi ſtima ſimile all’-
ampolla
piena d’aria del Signor Berigardo, è molto diſſi-
mile
E ſe il Gaſſendo intende della fatica, che ſi nel pro-
fondar
la veſcica doppo la total immerſione, credo che
non
habbia vna ragione al mondo;
perche non oſtante an-
co
la maggior grauità dell’acqua fonda, che della meno,
el
può eſſere che per altro accidente, che più ſenſibilmen.
te accada alla veſcica di quello poſſi accadere all’ampolla,
quanto
più ſi profonda tanto minor fatica ſi facia.
Ma
auanti
che ciò eſplichi, giudico bene apportar certa eſpe-
rienza
regiſtrata dal Sig.
Sinclaro _lib. 2. Dial. 4. n. 7_ Se vna
botte
piena d’aria beniſſimo chiuſa con peſi attaccati ſi
renderà
coſi graue che diſcenda nell’ acqua, quando in
eſſa
ſia diſceſa 7.
ouero 8. paſſi principierà ad andar in fa-
ſcio
, e romperſi.
Coſi ſe ſi profonderà nell’acqua vna boc-
cia
fatta di ſtagno, vn vaſo di pietra, di ferro, e di qual ſi
ſia
materia più dura, come è ſtato detto della botte, final-
mente
profondandoſi ſempre più, ſi rompera, tanto più
preſto
, e meno profondo quanto ſarà di materia meno
dura
, e forte.
La ragione è, che l’acqua circondante il
vaſo
premendolo più quanto più ſi profonda, per conco@
rere
à queſta preſſione tutta l’altezza dell’acqua premuta
pure
dall’atmosfera, &
al contrario contrapremendo li
lati
interni del vaſo la ſola aria rachiuſa, che pareggia la ſo
la
preſſione dell’at mosfera, biſogna che queſta cedi alla
maggior
preſſione fatta alle parti eſterne del vaſo, e ſi
15864_DIALOG_ ſtipi; e che in conſeguenza il vaſo ſi renda, ſe puole; e quan-
do
non può più che ſi ſpezzi.
_Ofr_. Queſt’eſ perienza non è bruta. Tanto che l’ampolla del
Sig
.
Berigardo potrà tanto dimergerſi, che finalmente ſe
ſpezzi
.
_Mat_. Chi ne dubio E ciò tanto più preſto, quanto ſarà me-
no
sferica, e rotonda;
perche queſta figura arrecca mag-
gior
reſiſtenza alli vaſi.
Hora Sig. Oſredi V. S. hauerà oſ-
ſeruato
, che premendo vna veſcica gonfia con le mani, ò
in
altro modo, l’aria rachiuſa ſe conſtipa maggiormente, e
tanto
più, quanto più ſi comprime, e con maggior forza;
e
che
ceſſata la compreſſione, ſi torna con il proprio elate-
rio
ad eſtendere come prima.
Spingẽdo adunque la veſcica
ſotto
acqua incõtra queſta in acqua, che ſempre maggior-
mente
ſtrige li ſuoi lati eſtrinſeci:
onde l’aria interna è ne-
ceſſitata
a riſtringerſi;
& in conſeguenza la veſcica diuē-
ta
ſempre di mole minore, benche conſerui ſempre il me-
demo
peſo.
E perche ſempre la veſcica è ſpinta insù dalla
mole
d’acqua ad eſſa vguale, e noi nel tenerla ſentimo l’-
ecceſſo
della grauità di queſt’acqua ſopra la grauità della
veſcica
;
e la mole d’acqua, che riſpinge la veſcica ſi fa
ſempre
minore;
quindi è che la ſupera ſempre di minor ec-
ceſſo
.
Onde per queſto capo dobbiamo ſempre fare minor
fatica
quanto più ſi profonda.
E può eſſere, che quello,
che
ſcema per queſto capo ſia tanto notabile, che ecceda
queilo
, che poteſſe creſcer per altro;
cioè per il peſar
l’acqua
più profonda per qual ſi ſia cauſa, che la
più
alta.
Se bene da quanto s’è detto ſi poſſi formar qualche giuditio
di
quelle parole del Berigardo.
_Proinde celerius moueri debet_
_ex
profundiori loco, vndè plures aquæ partes eam ſurſum impel-_
_lunt_
;
e che leuato il patir l’acqua compreſſione, & eſſendo
per
tutto della medema grauità, queſte non poſſino veri-
ficarſi
ſe non nel modo dichiarato _nel primo Dial pag_.
31.
cioè perche eſſendo più alto il cilindro d’acqua, che ſuc-
ceſſiuamente
ſegue a ſpingerla, li da più ſpinte;
nulladime-
no
a queſto propoſito ſi potrebbe fare queſt’eſperienza.
Si
prendino
doi canne di diuerſe lunghezze, vna per
15965_QVARTO_. di 6. braccia, & vna d’vno, e ſe li ponghi vna pallina, come
nell’e
ſperienza del Sig.
Rinaldini regiſtrata, _nel pr. Dial. no-_
_ſtro
pag.
27_. e notiſi il tempo che aſcenderà il primo brac-
cio
in quella di 6.
& il braccio in quella di vno; poiche que-
ſti
tempi credo che ſarãno ritrouati vguali.
E la ragione lo
perſuade
.
Perche nelli moti all’ingiù il medemo ſpatio è
paſſato
dal principio del moto più alto, e più baſſo che ſia
il
mobile, nel medemo tempo.
Adunque pare che coſi
anco
doueſſe ſuccedere nell’eſtruſione.
Principij a muo-
uerſi
la pietra dalla cima della torre, ò dal mezzo, ſcorrerà
il
primo braccio nel medemo tempo.
E ſi potrebbe fare
queſt’eſperienza
.
Nella canna di 6. braccia ſi ſommerga
vna
pallina di piombo tenuta con qualche inſtrumento vn
poco
ſotto acqua, ſi che con dilatare ſolo, ò aprire quell’-
inſtrumento
la pallina ſubito diſcendeſſe, e ſi noti il tempo,
che
conſumerà a paſſar vn braccio;
poi tenuta come ſopra
ſe
ponghi ſotto acqua per 5.
braccia, e ſe la ſci diſcender pu-
re
per vn braccio, e ſi noti il tempo medemamente.
Io cre-
do
certo che queſti due tempi ſaranno vguali.
Coſi adun-
que
nell’eſtruſione io credo che li medemi ſpatii ſijno paſ-
ſati
in tempi vguali da qual ſi voglia luogo principii l’ eſ-
truſione
.
_Ofr_. Ma io direi in contrario. Quanto più l’acqua è alta, tanto
più
preme.
L’eſperienza la vediamo nella botte piena, che
quanto
più fondo ſi fora, con tanto maggior empito eſce
il
vino, perche ne ha ſopra maggior quantità premente.
Così nel noſtro caſo, quanto più alto è il cilindro d’ac-
qua
ſopra il galleggiante, tanto più preme per cac-
ciarlo
.
_Mat_. L’eſempio non mi par a propoſito; perche nella botte,
dalla
parte dalla quale eſce il vino non vi è coſa, che pre-
mi
contro eſſo atta ad impedire l’vſcita;
perche ſe bene
contraſta
l’aria, &
impediſce l’empito del vino in
qualche
parte, il quale vſcirebbe con maggior velocìtà, ſe
ò
non foſſe l’aria, ò foſſe più leggiera, e meno premente,
nulladimeno
non può impedire totalmente l’vſcita.
Ma
ſopra
il galleggiante preme altr’acqua, come habbiamo
detto
_nel cit.
Dial. pag_. 14. E perciò queſta equilibrando
16066_DIALOGO_ tra ad eſſa vguale nell’altro ſettore, la quale pure pretende
diſcendere
, rende nullo riſpetto il galleggiante il ſuo co-
nato
Vedaſi _il cit.
luogo nel Dial_. e ſi roccara con mano que-
ſta
verità.
In confirmatione di queſto, & in ſimil propoſi-
to
potremo hauere vn’eſempio, &
eſperienza in vn tubo
ritorto
, nel quale con qualche otturamento ſia impedito
il
bucco, o piegatura oue comunicano le ſue gābe.
Riẽpita
vna
gamba leueſi l’otturamento;
ſi vedrà che l’acqua ſalirà
con
grand’empito per l’altra per la preſſione, che fanno
le
parti ſuperiori ſopra l’inferiori e ſeguir à ad aſcen-
dere
ſino che s’equilibrino.
Ma ſe nell’ altra gamba ſoſſe
pure
infuſa acqua, ma non così alta come nella prima, per
eſempio
ſino al mezzo, cioè più baſſa della prima;
l’acqua
pur
ſalirà, ma con minor empito, per la contropreſſione,
che
fa l’acqua ſuperiore.
_Ofr_. Reſto perſuaſo. Non facio poi molta ſalſa ſopra le pa-
role
prime del Berigardo, cioè (parlando del fumo, e le-
gno
) che _aſcendit remiſſiùs quò proprius accedit ad ſuperfi-_
_ciem
aquæ_, perche m’arricordo beniſſimo che hauendo
V
.
S. _nel 1. Dial. pag. 31_. riſpoſto a certo mio dubio, che ha-
ueuo
circa _la prop.
6. d’ Arch. de inſid. bumid_. e che haueuo pro-
poſto
_nella pag_ 29.
e dalla ſua riſpoſta concludendoſi che
queſto
moto non ſolo non ſi ritardaua nel fine, ma che
più
to ſto s’acceleraua, io confeſſai _ne lla pag_.
32. d’eſſer ſta-
to
perſuaſo dal momento delle ſue ragioni.
_Mat_. Io reſto molto ammirato come che il Berigardo ſi ſia in-
gannato
in ſimil Fenomeno tanto manifeſto, e patente ad
ogn’vno
.
Se bene però credo penetrarne la cagione. Que.
ſta credo eſſer ſtata vn troppo hauerſi cura di non eſſer in-
gannato
Ariſtotile.
Haueua detto queſti _nel 4. de celo_.
_Eodem
modo feri leuia ſurſum, quo grauia deorſum_.
Ma queſti di-
ſcendono
più velocemente per l’aria che per l’acqua, e con
maggior
velocità nel fine che nel principio adunque anco
il
ſumo, e legno aſcendono più velocemente per l’aria che
per
l’acqua, e più velocemente nel fine che nel principio.

Volendo
adunque aſſerire la falſità di queſto detto in tut-
to
, e per tutto, non è ſtato contento di dire veridicamente,
che
al contrario di quello, che ſuonano le parole
16167QVARTO. tile, il fumo, elegno aſcendono più velocemente per l’ac-
qua
, che per l’aria;
ma anco poi falſamente, che il motoè
più
tardo in fine che in principio.
_Cont_. Io non voglio dire che il Berigardo ſi ſia ingannato, ſe
prima
V.
S. non ſodisfa ad vna mia inſtanza. Dice il Gali-
leo
_nel ſiſt Coſmico Dial.
1. pag. latina_ 18 & è dottrina comu-
nemente
riceuuta, che _acceleratio motus fit in mobili, quando_
_id
fertur ad terminum inclinatione naturali deſideratum:
retarda-_
_tio
autem oritur per repugnantiam, qua illud ipſum egrè diſcedit_
_ac
remouetur ab eodem termino_.
Hora mentre il legno v. g. è
ſpinto
insù dall’acqua, queſto moto non li è naturale, ma
violento
, mentre è ſpinto dal centro al quale ha inclina-
tione
naturale.
Adunque queſto moto deue ritardarſi, e
non
accelerarſi;
altrimente biſognerebbe dire che ſi mo-
ueſſe
all’insù per leggierezza poſitiua;
coſa negata da
V
.
S.
_Mat_. Io non credo chela ritardatione, & accelerationenel
moto
delli graui all’insù, &
all’ingiù ſia tanto di loro eſsen-
za
, che ſenza queſte non poſſino ſuſſiſtere;
mentre ſtimo
che
ſi ritrouino in eſſi per accidente;
e che tutto dipenda
dal
modo di principiar queſti moti, e dal come li ſiano cō-
feriti
, e li eſercitino.
Quando l’Aquila homicidiale del po-
uero
Eſchilo, tenendo la Teſtudine trà li artigli, preſeil
volo
all’insù, queſto moto (parlando al modo di V.
S.) era
alla
Teſtudine violento, mētre era rimoſſa dal centro delle
coſe
graui.
E pure è manifeſto che l’Aquila poteua aſcen-
dere
con moto, &
equabile, e ritardato, & acceletato. Co-
ſe foſſe ritornata verſo laterra, ilmoto all’ingiù ſarebbe
ſtato
naturale alla Teſtudine, mentre s’accoſtaua al cen-
tro
;
e pure poteua diſcendere in tutti trè li predetti modi.
Ecco adunque che ambidue queſti moti poſſono eſſer mo-
dificati
in tutte trè le predette guiſe;
e che habbino più vn
modo
che l’altro, naſce altronde, cioè dal modo d’eſſerli
conferito
queſto moto.
Ma perche comunemente li graui
non
ſi ſcoſtano dal centro che per proiettione, e non s’ac-
coſtano
ſe non per diſceſa principiata dopò la remotione
di
cauſa impediente, nelliquali caſi riceuono le modifica-
tioni
di ritardamento in quello all’insù, e
16268DIALOGO in queſto all’ingiù, quindi è che così ſi parla comunemẽte.
Anzi che anco in queſto modo di prencipiar il graue il mo
to
all’ingiù io non credo che eſſo ſempre ſeguiſſe ad acce-
lerare
il ſuo moto, il quale di propria natura ſi ridurebbe
all’equabile
.
Queſta dottrina l’hò ſpiegata abbondante-
mente
_nelle quarte Conſid contro l’Apologia del P.
Riccioli. Dial._
_7
.
principiando alla pag_. 54. ſi veda iui, perche la conſideratio-
ne
non mi pare ſprezzabile.
_Ofr_. Anch’io voglio entrare in queſta diſputa. Mi diea in gra-
tia
Sig.
Conte; perche quando il braccio ſcaglia in alto vn
graue
, quel moto languiſce?
_Cont_. Perche la virtù impreſſa (così nominiamola) languiſce
anch’eſſa
.
_Ofr_. E ſe il braccio conferente l’empito ſi ſtaccaſſe dalla ſpalla,
e
ſeguitando il mobile li conferiſce il medemo empito;
ò
pure
ſempre ſuccedeſſero nuoui bracci, che con vna conti-
nua
ſucceſſione lo ſcagliaſsero con la medem a forza, cre-
de
lei, che il moto del graue ſcemaſſe, e languiſce?
_Cont_. Anzi al contrario, più toſto ſempre più ſe velocitareb-
be
, mentre li ſucceſſiui ſcagliamenti ritrouandolo in
moto
, opererebbero più efficacemente.
Almeno certo non
languirebbe
.
_Ofr_. Ecco adunque che in queſto modo non ſi ritarderebbe il
moto
.
perche ne li bracci continuamente ſuccedono,
ne
il braccio ſcagliante ſtaccato dalla ſua ſpalla ſegue con-
tinuamente
il mobile, perciò il moto languiſce.
Non coſi
ſuccede
al galleggiante, ſpinto insù dall’acqua;
poiche co-
me
ha detto il Sig.
Profeſſore _nel Dial. 1. pag. 31_. principian-
do
l’acqua a ſpingerlo insù, altre acque ad eſſa vguali con-
nuamente
ſuccedono.
Onde eſſendo accompagnato ſempre da ſucceſſiue cauſe
ſpingenti
vguali, biſogna anco che il ſuo moto ſempre più
s’acceleri
;
e tanto più, quanto più lunga è la ſalita. Alme-
no
non ſi ritardi.
Leuata però ſempre la maggior conſti-
patione
dell’acqua più fonda;
che eſſendo pochiſſima in
tutti
li caſi, non può fare gran differenza.
_Mat_. Già che V. S. ha toccato queſte dottrine ſtabilite _nel pri-_
_mo
Dial_.
anch’io repeterò quello, ch’hò detto _nel medemo
16369QVARTO. _pag. 13_. e ciò per più piena’cõfuttatione delle parole delSig.
Berigardo ſopradette; cioè _Proinde celerius moueri debet ex_
_profundiori
loco, vnde plures aquæ partes eam ſurſumimpellunt_.
Se
egli
intẽde che le parti dell’acqua AGMB (vedaſſi la figura
a
carte 37.)
tutte in vna volta ſpingano insù il galleggiante
LMPO
, come altri hanno penſato, e non ſolo ſucceſſiua-
mente
, come habbiamo detto, credo che s’inganni:
perche
è
vero che tutta l’acqua AGMB, per eſempio, forza per
diſcendere
, ma è anco vero che tutto il compoſto BMPD,
pur forza per diſcendere, E perche AFLB, e BLOD,
ſono
vguali, e fãno vguali conati;
ſe pareggiano, ne LMPO
in
queſto ſito ſente punto la forza di AFLB, ma ſolo quel-
la
di FGML;
e così ſucceſſiuamente in tutti li luoghi. A-
dunque
poco importa che l’acqua ſia più alta, ò più baſſa,
ſe
non ſucceſſiuamente, in quanto la più alta continua più
à
ſpingere;
e perciò introduce forſe maggior celerità; e
tanto
la più alta quanto la più baſſa maggior in fine che in
principio
.
Ma che occorre à multiplicar tante parole, mẽ-
tre
vi ſono l’eſperienze, che fanno per noi?
Il famoſiſſi-
mo
P.
Riccioli _nellib. dell’Almag. cap_. 16. _pag_. 391. ha tentato
queſt’
eſperienza in vna canna di vetro ſimile a quella del
Sig
.
Rinaldini, della quale habbiamo parlato _nel Dial_. 1.
_pag_
.
27. e diuiſa la ſua altezza, che era di 3. piedi in due par-
ti
vguali, e riempitela d’acqua;
laſciando vn piccolo ſpatio
capace
d’vn poco d’aria vna volta, e d’vn poco d’aria, &
o-
glio
vn’altra, oſſeruò l’aſceſa per eſſa, e dell’aria, e dell’o-
glio
.
L’aria ſalìla prima metà in 30. vibrationi d’vn pendo-
lo
, e la ſeconda in 24.
cioè più velocemente. L’oglio la pri-
ma
in 14.
la ſeconda 12. Coſi fece diuerſe oſſeruationi in
altre
canne con altri galleggianti, e nel pozzo, che potran-
no
dal curioſo eſſer in eſſo vedute, dalle quali conclude, _Le-_
_uia
corpora in aſcenſu naturli per aquam ita inæqualiter moueri,_
_vt
velocius moueantur;
& priorem medietatem ſpatij longori_
_tempore
pertranſeant, quam poſteriorem_.
_Cont_. Quanto alle ſalite diuerſe dell’aria per l’acqua, belliſſi-
mo
modo d’eſperimentarle ſe ne può raccogliore dal vaſo
del
Sig.
Sinclaro, del quale habbiamo ſopra parlato a car-
te
49.
Poiche ſe notato quanto queſto ſia ſommerſo; &
16470DIALOGO zandolo vn pochino notaremo con eſatti pendoli li tem-
pi
, che conſumaral aria in diuerſe ſommerſioni a ſalire;
haueremo con che proportione di tempi paſſi diuerſi
ſpatij
.
_Mat_. Anch’io fatto l’eſperienze, che dice il P. Riccioli con
il
tubo di vetro pieno d’acqua con aria, oglio, &
vna pallina
di
cera, &
oſſeruato diuerſe ſtrauaganze; ma in partico-
lare
miè ſem pre riuſcito di non eſperimentare il moto più
tardo
in fine, che in principio;
anzi più toſto ſempre qual-
che
acceleratione.
Ma però queſte coſe richiedono mag-
gior
diſtintione.
Baſti che la ragione, & eſperienza dimo-
ſtra
non eſſer queſto moto più tardo in fine che in prin-
cipio
.
_Ofr_. Se vi ſono dell’eſperienze, che prouano velocitarſi que.
ſto moto, ve ne ſono anco, che prouano ritardarſi. Così
ſuccede
al fumo eſtruſo per l’aria;
che perciò il Berigardo
_nel
medemo luogo pag_.
25. dopò hauer detto, che il fumo aſ-
cende
più velocemẽte per l’acqua che per l’aria, ſoggion-
ge
, _Hoc quiuis obſeruare poteſt, vt ego Pariſiijs in deflagatione_
_pontium
, qui obſorti aquis longo poſt tempore craſſum fumum &_

_ignis
vortices emittebant, erumpebat fumus ex aquis velociſſime_,
_ſed
in aere lentè aſcendebat, &
quò altiùs, lentius, & c_.
_Mat_. ſaria meglio caro Sig. Ofredi che V. S. faceſse dire al Sig.
Berigardo come eſperienza in contrario, che il legno fi-
nalmente
vſcito dall’acqua ſi ferma affatto.
E ſpinto il gal-
leggiante
insù dal mezzo ſempre con maggior velocità
(almeno non con minore,) ſino che queſto è della mede-
ma
natura, &
eccede il galleggiante con il medemo ecceſ-
ſo
di grauità, non quando queſto ecceſſo ſcema.
Io credo
che
V.
S. non hauerà difficoltà in concedere, che ſe il mez-
zo
conteneſſe prima acqua comune;
ſopra oglio; e ſopra
ſpirito
di vino, che vn galleggiante più leggiero di tutti a-
ſcenderebbe
più velocemente per l’acqua;
meno per l’o-
glio
;
e moito meno per il ſpirito di uino; e ſempre tanto
più
tardo, quanto queſto mezzo meno eccedeſſe;
di modo
che
ſe più toſto foſſe ecceduto che eccedeſſe;
il galleggian-
te
non ſolo non aſcenderebbe, ma ſe foſſe portato da em
pito
concepito a ſalir in eſſo, di nuouo diſcenderebbe.
16571QVARTO. vediamo che il legno, che ſaglie per l’acqua, port a to dall
empito
fuori d’eſſa nell’aria, torna ad immergerſi nell’ac-
qua
;
ma arriuato all’aria che aſſai aſſai meno l’eccede in
grauità
languiſce queſto moto ſin’a tanto che ſi muoua
con
moto proportionato all’ecceſſo della grauità dell’aria
ſopra
la propria E perche l’aria non eſſendo da per tutto
vniformemente
graue, non preme, e ſcaccia vgualmen-
te
, ma meno quanto più ſi in alto, quindi è che final-
mente
il fumo nelluogo, oue è graue quanto eſſa ſi fer-
ma
.
_Ofr_. Il moto delli graui all’ingiù ſi velocita di modo che li
ſpatii
paſſati ſiino come li quadrati delli tempi, come è già
coſa
famoſa, oſſeruata prima dal Galileo, e poi da tanti al-
tri
;
mentre adunque il moto d’eſtruſione delli galleggian-
ti
ſi anco eſſo velocitando deſidero ſapere ſe ſi velocita
con
la proportion medema delli quadrati delli tempi.
Mat. _Sodisfa il medemo P. Riccioli al ſuo deſiderio_ nel luogo
citato
pagina 362.
numero 21. così. Ex octauæ claſſis experimen-
tis
ſatis conſtat leuia corpora à nobis adhibita, non ita, in aſcen-
ſum
per aquam creſcere, vt ſpatia confecta ſe habeant inter ſe
ut
quadrata temporum;
ſed quadratum totius temporis, quo per-
tranſiti
ſunt pedes 14.
multo plus duplo eſſe ad quadratum tem-
poris
, quo pertranſiti ſunt pedes 7.
_E poco doppo ſoggiun-_
_ge_
.
Itaque proportio, quam huiuſmodi corpora ſeruant, incon-
ſtans
eſt, nam in aliquibus videtur tempus primi ſpatij æqualis ad
tempus
ſecundi ſpatii æqualis eſſe vt 4.
a 3. In aliquibus ut 5. ad 4.
in aliquibus æqualitati proprius, ſeu vt 10. ad 9. & c.
_Ofr_. Ma mi naſce altra curioſità di ſapere perche non aſcen-
dono
, ò ſono eſtruſi dimodo che li ſpatii paſſati ſiino a
puntino
come li quadrati delli tempi, come diſcendono li
graui
, &
c.
_Mat_. Per quanto vedo Signor Ofredi li vengono più voglie
che
alle donne pregne.
Il medemo P. Ricciolo pure poco
doppo
dice, che la cauſa _vnica aut potiſſima eſt longe minor ex-_
_ceſſus
grauitatis aquæ ſupra grauitatem prædictorum corporum_,
_quam
ſit exceſſus grauitatis sphæræ metallicæ, aut lapideæ ſupra_
_grauitatem
aquæ aut grauitatem noſtriaeris.
At ſi inuenirentur_
_corpora
tantò leuiora aqua, quantò corpora metallica, vel
16672_DIALOGO_ _ſuntgrauiora quam aqua, nedum aere; tunc valdè probabiliter eſt_
_incrementum
velocitatis fore ſecundum quadrata temporum_
&
c.
_Ofr_. Se non vi è altra riſpoſta da ſatiar il mio appetito, al ſi-
curo
che ſe io foſſi vna donna pregna, come ſcherza V.
S.
farei il parto ſegnato. Perche certo con maggior ecceſſo
di
grauità eccede l’acqua l’aria pura, che li metalli, e pietre
l’acqua
.
E pure l’aria nell’eſſer eſtruſa non oſſerua ne lli ſpa
tii
paſſati li quadrati delli tempi.
Coſi eccede di maggior
ecceſſo
l’acqua in grauità li altri corpi con li quali eſſo
eſperimentato
, che tanti più graui dell’acqua non eccedo-
no
eſſa;
e pure quelli non aſcendono li ſpatii come li qua-
drati
delli tempi, e queſti li deſcenderanno.
L’ecceder il
corpo
graue il mezzo per il quale deue diſcendere di poco
in
grauità, non che ſi muti la proportione delli quadrati
delli
tẽpi nelli ſpatii paſſati, ma ſolo che queſti ſpatii ſiino
minori
paragonati li paſſati da corpi più graui nelli me
demi
tempi.
Tutti però queſti ſpatii ſono frà ſe proportio
nali
, mentre ſono proportionali alli quadrati delli tempi.

Tanto
douerebbe ſuccedere alli corpi leggieri, ſe queſti
aſcendeſſero
per leggierezza poſitiua;
che quanto più foſ-
ſero
leggieri del mezzo aſcendeſſero più velocemente;
ma
però
che li ſpatii paſſati da tutti foſſero come li quadrati
delli
tempi.
In ſomma queſta riſpoſta del P. Riccioli ha
ſuegliato
in me deſiderio maggiore di ſaperne qualche
cauſa
più veriſſimile.
_Mat_. Per vedere, che il parto de V. S non naſca deturpato com
qualche
machia, me cimenterò io d’incontrarne vna forſe
maggiore
.
Già parmi conſtare da quanto da noi è ſtato al-
tre
volte detto, che il legno v.
g. ſaliſce per l’acqua per la
ſola
eſtruſione che li l’acqua deſcendendo, e non per leg-
gerezza
poſitiua, la quale non darſi douerebbe pure il P
Riccioli
imparare da queſte ſue eſperienze;
mentre queſt
ſuoi
corpi non ſaliſcono con la proportione de quadrati
de
tempi, come douerebbe ſuccedere.
A dunque non puà
eſter
eſtruſo per ſpatii, che habbino la proportione delli
quadrati
delli tempi, ſe l’acqua non diſcende con queſta
velocità
.
Biſogna adunque indagare perche l’acqua
16773_QVARTO._ ſalire con l’immerſione di corpo, che da ſe poſſi ſcacciare,
non
diſcenda con quella proportione.
Et à queſto propo-
ſito
io oſſeruo che tutte l’eſperienze addotte ſin’hora dell’
acquiſto
di queſte velocità, cioè de ſpatii paſſati come li
quadrati
de tempi, ſono ſtate fatte con corpi, che eſſi, e
le
ſue parti ſeguitano a muouerſi dal principio del moto
ſino
al fine, non con corpi, che ſi muouino ſucceſſiua men-
te
a parte per parte, come l’acqua deſcendendo per eſ-
truder
il galleggiante.
_Ofr_. Di queſto ſuo diſcorſo non n’intendo parola.
_Mat_. Nella figura à carte 37. ſia il galleggianre L M P O,
ſommerſo
nell’acqua in modó che li ſouraſti l’acqua
B
L O D.
E manifeſto che rimoſſa la cauſa, che lo
tien
ſommerſo, l’acqua principierà attualmente a di-
ſcendere
, ma non tutta, poiche v.
g. AFLB, nulla
ſi
muoue, ma la prima è la ſola acqua FGLM, che prin-
cipia
a diſcendere, ſuccedendone altre portioni dell’AFLB,
conforme
che il galleggiante è più ſpinto insù E quando
è
arriuato per eſempio in HLON, l’acqua LMOP, non ſi
muoue
più in conto alcuno, ne meno l’FGML, ſucceduta
nelluogo
, che occupaua prima quella;
e l’acqua AEHB,
non
ancora principiato a diſcendere.
Sempre poi ſucce-
de
nuoua acqua, che partendo dalla quiete, principia a
muouerſi
.
Pare adunque ragioneuole, che non cſſendo il
medemo
mobile, che ſi muoua per tutto lo ſpatio, ma le
ſue
parti ſucceſſiuamente per ſpatio limitato, &
al più v-
guale
all’HL;
che non poſſi ne anco acquiſtarſi quella ve-
locità
corriſpondente alli quadrati delli tempi;
& in con-
ſequenza
che in vano poſſi ſperare il.
P. Riccioli ritrouar-
ſi
galleggianti, che poſſino aſcendere con queſta velocità.
Se queſta non è la vera cagione di queſto effetto, io non
ſaprei
aſſegnarne altra.
Il Signor Ofredi accetti il buon
animo
.
otiſi però da queſte dottrine quanto s’inganni il Sig Beri-
gardo
quando dice, _Proinde celerius moueri debet ex profun-_
_dioriloco
, vndè plures aquæpartes eam ſurſum impellunt_.
S’in-
ganna
dico di molto s’intende altrimente che ſucceſſiua-
mente
, come habbiamo detto.
E per più chiara
16874_DIALOGO_ za noteſi, che poco può importare al galleggiante
LMPO
, che l’acqua AGMB, ſia più alta, ò meno, perche
tutta
queſt’acqua non preme insù il gallegiante ſe non ſuc
ceſsiuamente
;
ne con la ſua ſalita diſcende tutta l’acqua
in
vna volta, ma a parte per parte.
Ne occore portarl’ eſempio del Baroſcopio, che in queſte
baſſe
regioni l’aria ſpinge più insù il mercurio, e meno
nelli
monti;
onde queſte preſſioni ſi fanno ſecondo le
maggiori
, e minori altezze delli cilindri d’aria premēte:
ne
meno
quello dell’argentouiuo che _nel nostro 2.
Dial. pag_.
55. ſaliſce più per la fiſtola P V, quanto l’acqua, G C, è
più
alta;
poiche in queſti caſi è vero, perche alla ſalita del
mercurio
nel Baroſcopio, e nella fiſtola P V, ne ſegue
la
diſceſa di tutte le parti inſieme del cilindro d’aria in
quello
, e dell’acqua in queſti;
non coſi dell’acqua, che
ſpinge
insù il galleggiante.
Onde accoſtandoſi al centro
li
cilindri d’aria in quello, e GC, in queſto, tutti inſieme,
poſſono
anco cagionar maggior preſſione quanto ſono
più
alti.
Coſi ſe faremo due bucchi nella borte vno più
alto
, &
vno più baſſo, vſcirà il vino con l’empito regolato
dall’altezza
del vino premente;
perche all’ vſcita d’eſſo
per
l’vno, ol’altro bucco, diſcende quello, che li ſoura ſta
nel
medemo momento di tempo tutto con tutte le ſue
parti
.
_Ofr_. V. S. non vede, che già è notte? Queſti diſcorſi n’hanno
fatto
paſſare molte hore ſenza accorgerſi.
La riueriamo,
&
a riuederſi ad vn altra più bella.
_Mat_. Deſcenderemo tutti inſieme le ſcalle, loro Signori per
partire
, &
10 per ſeruirle.
Fine del Quarto Dialogo.
16975
DIALOGO
QVINTO
.
_Of_ PArtii hieri ſera tanto ſatollo dalli noſtri
paſsati
colloquij che io mi credeuo che
mi doueſſe venit più voglia di diſcor-
rere
per vn gran tẽpo.
Nulladimeno que
ſta
notte non porendo dormire, &
an-
dando
penſando a quanto ſù detto, mi
ſono
nati dubij tali, che ſubito fatto
giorno
leuatomi dalletto, ſono anda-
to
à ſuegliare il Signor Conte;
conil quale ſono venuto
à
riuerirla, &
inſieme ad arreccarli le ſolite moleſtie.
_Mat_. Riueriſco pure anch io le Signorie loro; pronto a ſeruire
il
Sig.
Ofredi in tutti li modi; perciò diſponga di me à ſuo,
beneplacito
.
_Of_. Quello che hora deſidero da V. S. è che ſi compiaccia d’v-
dire
li miei dubij.
Hieri volendo lei ſtabilire che li gal-
leggianti
aſcendino per il mezzo più graue d’eſſi con mo-
to
, che nel fine non ſia più lento;
e tardo che nel principio,
ma
più toſto più veloce, arrecco eſperienze fatte dal Dot-
tiſſimo
P.
Riccioli con vn tubo, ò canna di vetro ripieno
d’acqua
, per la quale aſcendeuano in queſto modo &
aria,
&
oglio. Narrò anco li tempi oſſeruati da queſto profondo
filoſofo
della loro aſceſa per le due metà del detto tubo, e
diſſe
, che l’aria ſalì la prima metà in 30.
vibrationi d vn
pendolo
, e la ſeconda in 24;
L’oglio poi ſalì la prima metà
in
14.
vibrationi, e la ſeconda in 12. che l’oglio paſsò la
prima
metà più che il doppio più velocemente, e la ſecon-
da
preciſamente il doppio più velocemente.
Queſta certo
parmi
vna gran ſtrauaganza;
perche eſſendo l’aria ò tanto
più
leggiera, ò tanto meno graue dell’oglio;
ò aſcendino
queſti
per leggierezza poſitiua, ò vengano eſtruſi dall’ac-
qua
più graue, douerebbe certo di gran lunga aſcender più
velocemente
l’aria dell’oglio.
17076_DIALOGO_
_Cont_. Queſta ſtrauaganza è ſtata bene anco auuertita dall’oc-
culatiſſimo
Riccioli, il quale à queſte eſperienze ſubito
ſoggiunge
.
_Cauſa autem ob quam aer qui celerior eſſe debuit_,
_tardior
tamen fuit oleo, fuit quia aer ſolus raritatem ſuam reti-_
_nens
per anguſtum fiſtulæ canalem ſic aſcendebat, vt circa ſe_
_aquæ
in ipſius locum ſuccedenti, tenuiſſimam viam relinqueret:_
_quare cum aqua extenuari deberet morulas temporis requi-_
_rebat_
.
_Mat_. Laſcino queſte morule che ancor noi dimoriamo vn
poco
circa queſta materia.
Deuono adunque ſapere, che
le
predette eſperienze ſono ſtate tentate dal Riccioli in
occaſione
di voler perſuadere al modo litterario, che ſe dia
leggierezza
poſitiua, e che condottida queſta ſaliſcano
per
l’acqua l’aria, &
oglio, e non perche ſiano eſtruſi dall’-
acqua
più graue.
Della qual coſa tratta _ex profeſſo nel cit_.
_luogo pag_. 383. & 384 Ho nutrito lungo penſiero di eſami-
nare
queſte ſue ragioni;
ma hauendo comprato in queſti
giorni
il nuouo, &
eccellente libro del Dottiſſimo Signor
Gio
.
Alfonſo Borelli _De motionibus natur alibus à grauitate_
_pendentibus_
, &
hauendo veduto che _cap. 4 prop. 71. e per altre_
_ſeguenti_
, vengono da eſſo confutate, ho conoſciuto eſſer
ſuperflua
la mia fatica.
Non giudico però vgualmente ſu-
perfluo
narrare à loro Signori fedelmente l’eſperienze
tentate
anco da me in ſimil propoſito.
preſo vn tubo di vetro come SX, lungo vn braccio, e
mezzo
in circa delli noſtri, e largo in diametro più della
larghezza
de due vngie del pollice, &
otturatolo prima
con
veſcica legata in S V, ſtrettiſſimamente, e riempito-
lo
d’acqua, laſciandoli luogo per vn poco d’aria, l ſer-
rato
parimente nel medemo modo dalla parte R X;
&
hauendolo
riuoltato in ſito perpendicolare all’orizonte,
oſſeruato che l’aria hauendo formato, in compara-
tione
del primo, vn cilindro molto lungo, il quale termi-
naua
di ſopra in figura curua come A B C, e di ſotto in
circolo
poco meno largo del tubo, aſcendeua aſſai lenta.
mente, occupando quaſi tutta la larghezza del tubo; e
nel
fine aſcendeua vn poco più velocemente che nel prin-
cipio
;
e nel tempo, che egli a ſcendeua ſi vedeua manife.
17177QVINTO. ſtamente diſcender l’acqua all’intorno.
33[Figure 33]
Et hauendo tentato queſt’eſperienza più vol-
te
voltando, eriuoltando il tubo, accade-
ua
alle volte che non tutta l’aria aſcende-
ua
vnita, &
in vna ſol volta; ma ò ne ri-
maneſſe
qualche poca attaccata alla veſci-
ca
;
ò penetraſſe per la legatura; ò foſſero
efluuii
della medema acqua eccitati dal
calor
delle mani;
ò che che altro ne foſſe,
e
principiaſſe queſta a ſalire in tempo che
la
prima foſſe ſalita molto ad alto, anco
paſſata
la metà;
nulladimeno queſta ſe-
conda
occupando nel tubo ſpatio molt’-
anguſto
, aſcendeua con gran velocità;
non formando la predetta figura, ma co-
me
vna perletta, ò pallina lucida, la quale
arriuata
all’altra ò ſi confondeua con eſſa;

ò
le ſi attaccaua alla baſe A C, di modo che ſe diſtingueua,
ritenendo
dalla parte inferiore la ſua conueſſità.
Oſſeruino però che circa queſta figura faitigiata dell’ aria
A
B C, la refrattione cagionata dalla craſſitie del vetro, e
la
poſitura dell’occhio ne vna gran parte circa il più e
meno
.
Poiche collocato l’occhio di ſotto al detto cilindro
d’aria
, veduto la faſtigiatione B, molto eminente;
collo-
cato
al liuello con la cima B, l’ho veduta minore;
ma col-
locato
di ſopra non vedeuo alcuna conueſſità.
Ho poi preſo vn’altro tubo non in altro differente dall’ an-
tecedente
SX, ſe non che era più ſottile, e non era tutto
largo
vgualmente, ma di ſopra dell’S V, terminaua in vna
mazzocca
aſſai capace come vn sferoide, ouero Ouo;
e
fatte
tutte le coſe come nel precedente, oſſeruato che
ſino
che l’acqua aſcendeua per la parte S X, del tubo, ne ſe-
guiua
il medemo come nell’antecedente;
ma arriuata alla
parte
più larga, non riteneua quella figura curua, e conoi-
dale
, ma facendoſi in vna falda larga, e ſchizza come vna
fogatia
, con gran preſtezza aſcendeua il rimanente.
Eciò
tanto
ſuccedeua, ò ſaliſce dal più ſtretto nel più largo, ò da
queſto
in quello.
17278DIALOGO
_Cont._ Tanto che non ſempre nell’aſcendere l’aria per l’acque
ſi
faſtigia in figura conoidale, ò curua?
_Mat._ Non certo nel largo. Et à queſto propoſito l’altro gior-
no
in piazza accidentalmente veduto appreſſo vn bo-
tegaio
alcune di qúelle ampolline curue, eritonde, che
riempiono
d’acqua con trè, ouero quattro di quelli glo-
betti
di vetro, che hieri diſſi eſſer adoperati dalli ciarlatani,
le
quali ampolline ſerrate al lume, cioè ſigillate herme-
ticamente
, e poi voltate, e riuoltate ſempre moſtrano le
predette
sferette nella parte ſuperiore.
Hauendo adunque
oſſeruato
che conteneuano dette ampolline oltre all’ ac-
qua
, e sferette, anco vn poco d’aria, preſene vna in mano
prencipiai
a voltarla, e riuoltarla per oſſeruare li moti, e
figure
dell’aria nel ſalire alla parte ſuperiore;
e vidi che
que
ſta nel ſalire non formaua quella figura curua come
con
oide, ne aſcendaua per il mezzo, ma ò vnita, ò diuiſa
aſ
cendeua radendo ſempre qualche lato della ſuperficie
in
teriore della carafina con figura aſlai larga, &
irregola-
re
.
Anzi che quando dalla parte della cin a aſcendeua ver
ſo
il fondo, ò baſe (che come ſano loro Signori è largo, e
cauo
con la cauità entro l’ampolletta) afceſa l’aria, non
circondaua
tutto il fondo ma ſtaua, ò vnita tutta inſieme
in
vna parte d eſſo, ò diuiſa in più parti.
_ofred._ Il medemo oſſeruato io con vna di quelle ampolli-
nette
fatte à Murano, che chia miamo da vn bezzo, riem-
pendola
d’acqua con vn poco d’aria, &
otturando il bucco
del
ſuo collo con il dito.
_Cont._ Che quando l’aria aſcende per illargo non formi la fi-
gura
conoidale, è manifeſto quando ſi vedono ſalire per
l’acqua
quelli efluuii delli quali habbiamo parlato hieri
matina
ò altte bolle d’aria, che appunto ſono come tan-
te
bolle di figure più ò meno curue.
_Mat._ Di più, mi vene in penſiero d’oſſeruare ſe nelli cannelli-
nidritti
, &
anguſti l’aria aſcendeſſe ecome. Si che preſi
diuerſidi
queſti, le cauirà delli quali erano diuerſe, ma che
non
eccedeuano la capacità d’vn grano di ſorgo, e riempi-
teli
quaſi d’acqua con il ſucchiare, laſciatili però da vna
parte
più, e meno quantità d’aria, eriuoltatoli, queſta
17379QVINTO. aſcendeuain conto alcuno ſe non foſſe ſtata pòchiſſima;
anzi che quanto più era, ſtaua più immobile.
Da queſte oſſeruationi fatte da me parmi di poter ragione-
uolmente
dedurre non eſſer proprio dell’aria aſcender per
l’acqua
con quella figura curua, e nel modo che dice ilP-
Riccioli
, perche quando ciò foſſe ſuo proprio, aſcendereb-
be
, e nel largo, e nel ſtretto.
Ma nel largo ſaliſce velociſ-
ſima
con figura larga, compreſſa, ondegiante, &
irregola-
re
, allilati, e non ſempre per il mezzo.
Adunque non è
proprio
il ſalire così, ma ſolo ſaliſce in quel modo nel tu-
bo
predetto.
Di più, non così ſi figura quando aſcende in poca quantita,
perche
allora forma come globetti.
In oltre non ſaliſce
così
nellitubi molto ſtretti, nelli quali non ſaglie in conto
alcuno
quando ſia in notabile quantità, la quale quanto
maggiore
, tanto la rende più immobile.
Non mi pare a-
dunque
che dal ſalire così faſtigiata nel tubo del P.
Riccio-
li
ſi poſſa inferire leggierezza poſitiua mediante la quale
aſcenda
primiera _natura, &
cauſalitate,_ come dice egli, eſ-
ſendo
cagione con il ſuo aſcendere che deſcenda l’acqua;
credendo io più toſto, ammaeſtrato da tante eſperienze,
che
intanto aſcendi, perche ſia ſcacciata, &
eſtruſa dall’ac-
qua
, che diſcende;
di modo che quando queſta non può di-
ſcendete
, come ſi è veduto nelli cannellini, non aſcenda
in
conto aicuno.
Quella figura adunque faſtigiata, e co-
noidale
è parto del ſalire per quel tubo, e non del ſalire
preciſamente
.
Anzi che il Sig Borelli, il quale _nella prop-_
_72
._
propone vniuerſalmente. _Et primo ostendendum est, quod_
_quodlibet
fluidum intra aliud fluidum traslatum ſiue virtute pro-_
_pria
, ſiue aliena violentia impulſum, dummodo eius partes non_
_diſſipentur
in ipſo fluido in quo mouetur, ſed ſe mutuò conting ant,_
_
&
vniantur neceſſario tumorem, & rotundam figuram acquiret_
_in
parte anteriori motus eius,_ nella proua poi di queſta faſti-
glatione
ſi ſerue di diſcorſo eſemplificato, &
appropriato a
queſto
rubo;
dal quale ſi comprende, che non ſi faſtigia st
_facilius
peruadat aquam, &
quaſi perforet illam ea figura,_ come
dice
, e pretende il Riccioli.
_nt._ A propoſito dinon ſalire l’aria nelli cannelli anguſti,
17480DIALOGO dirò vn’altra eſperienza fatta da me, per tentar la quale
pero
n’hebbiil motiuo dal Boile _in Hiſto.
fluid. ſect._ 4. Preſi
vn
tubo di vetro d’vn palmo in circa, elargo più d’vn dito,
aperto
d’ambi le parti;
& hauendomi riempita la bocca di
fumo
di tabacco, lo ſoffiai dentro ad eſſo, ſinche lo riem-
pij
;
& otturatolo da vna parte con il dito, l’alzai in ſito per-
pendicolare
con la parte aperta verſo l’alto, &
oſſeruai
che
quel fumo in tempo proportiona to diſceſe, e conſti-
tuì
come vn liquore, il quale anco, inclinando il cannello,
ſcorreua
per eſſo con la ſua ſuperficie terminata come ha-
uerebbe
fatto l’acqua, ò altro liquore.
Ma quando s’incli-
naua
tanto, che poteua vſcir dalla canna, gocciaua;
& en-
trato
nell’aria libera, aſcendeua.
Hora quel ſuo ſalire per
l’aria
dimoſtraua che foſſe meno graue di eſſa.
Perche non
ſaliua
prima mẽtre era nella canna, più toſto diſceſe ſi-
no
a conſtituire come vn liquido viſibile?
Io direi ciò eſſer
ſtato
perche l’aria non poteua entrare, e diſcender nel can.
nello a pigliarſelo in capo, come ſaria ſtato neceſſario per
eſtruderlo
.
Ma poi entrato queſto nell’ aria libera, benche
foſſe
di già molto rafreddato, e condenſato, nulladimeno
eſſendo
però ancora più leggiero dell’aria ambiente, que-
ſta
faceua il ſuo offitio d’eſtruderlo.
_Mat_ L’hauer oſſeruato che nelli cannellini la quantità d’aria
non
la laſciaua aſcendere per l’acqua, perche queſta non
poteua
diſcendere ad eſtruderla, m@ſece penſare ſe anco
laſciandone
quantità grande nel tubo ſecondo ſopradet-
to
, il quale era aſſai più ſottile del primo, haueſſe potuto
proibire
queſta diſceſa.
Ne laſciai adunque dentro vn
buon
palmo;
ma però ſempre queſta aſceſe; non però vni-
ta
, ma diuiſa in più parti, e molto lentamente.
Mai però ne
ſaliua
, ſe prima ſotto d’eſſa non foſſe entrata dell’acqua.
Principalmente la più baſſa mai ſaliua, ſe non vedeuo, e
ſentiuo
l’acqua a colpirmi nella palma della mano con la
quale
haueuo otturato il bucco inferiore, e ſopra la quale
appoggiaua
l’aria.
E perche il predetto tubo terminaua
nella
mazzocca, ò sferoide ſopradetto, quando l’aria ar-
riuaua
nellargo, e ſaliua con grandiſſimo empito, con tan-
to
empito parimente diſcendeua l’acqua, che
17581QVINTO. cando queſto ſuo empito all’altra, che già diſceſa haueua
in
buona parte riempito il@tubo, faceua vn ſpingere la ma-
no
molto conſiderabile, e ſenſibile.
Invece poi de riuoltar la canna con celerità, & ergerla per-
pendicolare
, come haueuo fatto nell’ antidette eſpe-
rienze
, l’inclinai pian piano ſino al ſito orizontale;
nel
quale
non aſcendeua l’aria, ma occupaua tutto quel ſpa-
tio
, che occupaua prima;
ſecondo poi che s’inclinaua ſotto
l’orizonte
, l’acqua ſubintraua per qualche poco all’aria, la
quale
vnitalperò all’ altra principiaua ſalire radendo il la-
to
ſuperiore del tubo;
ne mai ſi ſtaccaua dal fondo, ſe pri-
ma
l’acqua non era diſceſa a ſcacciarla.
_Ofr._ Ha V. S. tentato altre eſperienze?
_Mat._ Nel medemo tubo laſciai poca aria, e l’inclinai nel me-
demo
modo.
L’aria ſaliua pure radendo il lato, e formaua
vna
figura curua ſotto, e ſopra con curuità coſi notabile,
che
pareua quaſi vn’elliſſe, ò vogliamo dire figura ouale.
Nelli predetti tubi in vece d’aria poſto vn poco d’olio, il
quale
alle volte non ſaliua in conto alcuno ſe non agitato
molto
il tubo;
perche eſſendo queſto aſſai viſcoſo non la-
ſciaua
coſi prontamente diſcender l’acqua a ſcacciarlo.
Mai però mi è riuſcito vederlo aſcender tutto vnito, ma
ſempre
diuiſo in più parti ſucceſſiua vna all’altra, anco con
interſtitij
molto notabili.
Ben ſpeſſo vna di queſte era a ſſai
maggiore
delle altre.
Queſte poi erano conueſſe tanto dal-
la
parte ſuperiore, quanto dall’inferiore;
ma molte più dal-
la
ſuperiore, che dall’inferiore;
altre più da queſta, che da
quella
.
Alcune formauano come vna lente; altre s’acco-
ſtauano
più alla sfera, ò sferoide.
Alcune aſcendeuano, &
inſieme
girauano circa il proprio centro verticalmente.

Altre
conteneuano nella parte inferiore, nella quale haue-
uano
vna gran curuità, quantità di perlette lucide, che era-
no
acqua, come habbiamo detto nel _Dial 5.
pagina 53._ Altre
haueuano
vnito al di ſopra vna, ò più perlette, che erano
certo
aria.
Tutte queſte aſcendeuano per il tubo ſtretto, &
vguale
con vn tal moto, il quale ſi velocitaua di gran lunga
quando
arriuauano al largo di quella mazzocca, &
allora
molto
diuerſificauano la figura, facendola aſſai più
17682_DIALOGO_ ſchizziata, & irregolare.
_Cont._ Mi marauiglio molto di queſte eſperienze; le quali mē-
tre
V.
S. èandato narrando, io letto li titoli d’alcune
propoſitioni
del Sig.
Borelli. Nella 73. dice. _Poſito quod flui_-
_dum
violenter ſurſum exprimatur a fluido ambiente grauiori, di_-
_uerſœque
conſiſtentiœ, infima aſcendentis ſuperficies explanata,_
_vel
concaua erit._
_Mat._ Io mai l’ho veduta ne nell’aria, ne nell’olio concaua; be-
ne
nell’aria, nelli cilindri d’eſſa molto notabili mi ha parſo
piana
, di modo però che più toſto appariua qualche con-
ueſſità
, che cauità.
La qual conueſſità era molto oſſerua-
bile
nelli globetti d’eſſa, e la conſeruaua anco in alcuni at-
taccati
alla baſe della maggiore, come già detto, ben-
che
aſcendeſſero con eſſa.
Queſta conueſſità pordalla par-
teinferiore
era molto notabile, come pure detto, in
quell’aria
, che in quantità non così poca aſcendeua raden-
do
il lato del tubo non perpendicolare, ma ſolo inclinato
all’orizonte
.
Nell’olio poi queſta conueſſità dalla parte in-
feriore
è frequentiſſima.
_Cont._ Se cosìè, haurà, in virtù delle propoſitioni di queſto Si-
gnore
, ragione il P.
Riccioli di credere, che I’olio in par-
ticolare
aſcendi per leggierezza poſitiua, ſoggiungendo
pur
egli _la prop.
74. Si fluidum ſpontè à virtute intrinſeca intra_
_aliud
fluidum diuerſœ conſiſtentiœ moueatur in parte poſteriori, ſeu_
_termino
à quo, ſui motus, non erit excauatum ſed tumidam;
& con_-
_uexam
figuram acquiret._
_Mat._ Coſa poſſi inferire il P. Riccioli dalle propoſitioni del
Signor
Borelli io non lo voglio ricercare.
bene che io
fatto quelle eſperienze, e che non per queſto tengo che
l’olio
, &
aria aſcendino per l’acqua per leggerezza poſiti-
ua
, ma ſolo per eſtruſione.
_Ofr._ In gratia V. Sig. habb vn poco di patienza, che io con
queſta
carafa cilindrica voglio fare queſt eſperienze in
qualche
modo.
Ecco che riempitela d’acqua, & otturan-
dola
con il pollice, ralentando vn poco l’otturamento ſi
vedono
aſcēdere velociſſimamēte alcune palline, ò sferet-
te
d’aria.
Anzi che alcune di queſte aſcene ſino al fondo del-
la
carafa conſeruano la cu@uità viſibile nella parte
17783_QVINRO._ re. V S. milaſci infondere vn poco d’olio. Ecco che que-
ſto
ſaliſce in diuerſe goccie formando diuerſe figure.
Ve-
dono
loro Signori quella gocciola, che aſcende aſſai len-
tamente
, la quale par quaſi vna sfera perfetta?
Vedono
quell’altra
, che ha maggior conueſſità nella parte inferio-
re
, che nella ſuperiore?
Con quella facilità, che noi hab-
biamo
oſſeruato queſti Fenomeni, con la medema potran-
no
oſſeruarſi da chi ſi ſia.
_Mat._ Non vi ha dubio. Ceſſi adunque Sig Ofredi in lei il ſtupo-
re
, che nel tubo, ecaſo del P.
Riccioli l’aria aſcenda piǹ
lentamente
che I’olio, perche queſto naſce dalla quanti-
notabile dell’aria, e dalla qualità del tubo del P.
Riccio-
li
.
Non riuoltiamo il tubo, e conſtituimo in ſito perpendi-
colare
all’orizonte che prima non ſe li facia parallelo, e
poi
s’inclini, e che in queſto moto l’acqua non diſcenda
ſotto
l’aria nel modo, che molto euidentemente dichiara
il
Sig.
Borelli _prop._ 78. Onde l’acqua ſe piglia in capo l’aria, e
principia
ad eſtruderla;
ma queſta eſſendo in notabile
quantità
, perciò laſciando anguſto cale all’ acqua per di-
ſcendere
, non può queſta ottener il ſuo intento che lenta-
mente
;
& in conſeguenza lentamente ſpinger insù I aria-
li
che poi diuerſamente ſuccede quando l’acqua ha campo
di
diſcendere a ſuo talento;
perche in queſto caſo ſpinge
insù
l’aria con tanto impeto che a pena l’occhio può ſe-
guire
queſto moto.
Ma quando ſi poteſſe riuoltaril tubo
ſenza
che l’acqua poteſſe principiar a diſcendere come in
fatti
ſuccede nelli cannellini, eſpeſſe volte nelli più grandi
quando
ſe vi pone dell’olio, allora l’aria, &
olio non aſcen-
dono
in conto alcuno, perche l’acqua non può ſubintra-
re
a ſcacciarli.
Quanto poi alla curuità, che nota il P. Riccioli formarſi nel-
la
parte anteriore, oltre a quanto habbiamo detto, s’oſſer-
ui
anco la dottrina regiſtrata pure del Signor Borelli _prop._
72. cioè, _Quodlibet fluidũ homogeneum naturali inſtintu videtur_
_ſpontè
coaleſcere, ac ſimul in ſuo toto partes ſuas conglutinare_-
Che
perciò per maggiormẽte vnirſi affetta la figura sferi-
ca
quanto puole.
Così vediamo che le parti dell acqua ſe-
parate
dall’altre ſi formano in goccie;
e didue, ò più
17884_DIALOGO_ proſſimandoſi vna all’altra ſi che ſi tocchino, ſe ne vna
ſola
.
Et è tanta la propenſione al conglobarſi (prouenga
queſta
da qual ſi ſia cauſa) che ſe qualche goccia d’acqua
penda
da qualche luogo, e ſe diſtratta da forza non valeuo-
le
à ſuperare la ſua continuità, queſta s’allunga, eſottiglia;
e ceſſata la forza diſtraibile, ritorna à conglobarſi come
prima
.
_Cont._ Quanta propenſione habbino liliquidi à conſeruarſi v-
niti
, e conglobati lo dimoſtra il conſeruarſi, e formarſita-
li
anco nel vacuo, ò quaſi vacuo.
Al qual propoſito vedaſi
l’eſperienza
regiſtrata dalli Accademici Fiorentini _nelli_
_ſaggi
, &
c. pag. 78._
_Mat._ Queſta propẽſione ritiene anco l’aria nell’acqua, che per
ciò
affetta il conglobarſi quanto puole, e doue puole.
Nel
tubo
del P.
Riccioli lo dimoſtra nella partc ſuperiore doue
può
formarla, non dalli lati impedita dalla ſtrettezza del
tubo
, e dalla propria quantità.
Non la forma cosìpronta
mente
nella parte inferiore, perche le ſpinte continue del-
l’acqua
, che iuiriceue, non lo permettono.
L’affetta però
quanto
puole, apparendone qualche veſtigio, &
euiden-
tiſſimamente
nella poca quantità;
& in quella, che aſcen-
de
radendo il lato del tubo inclinato, come ſopra habbia-
mo
detto.
_Ofr._ Adunque l’acqua non potrà mai eſtruder vn galleggian-
te
, ò per meglio dire queſto non aſcenderà in eſſa, ſe non
li
potrà entrar ſotto?
_Mat._ Non Signore.
_Cont._ Con l’acqua non è così facile far eſperienze di queſto
per
la ſua ſomma fluſſibilità, mediante la quale pronta-
mente
penetra tra corpo, e corpo, che ſi combacino, ma
bene
con il mercurio ſi può vedere ciò molto manifeſta-
mente
, eſſendo meno fluido.
Il dottiſſimo Signor Toma-
ſo
Cornelio Coſentino gran filoſofo, e mio antico amico
_Nelli
ſuoi Progimn.
fiſ. de circump. Platon. pag._ 124. narra vna
bella
eſperienza in ſimil propoſito.
Dice che ſopra il fondo
ottimamente
ſpianato d’vn vaſo ponendoſi vn circoletto
dicartone
, ò legno, che lo baci eſquiſitamente, al qual
circoletto
dal centro ſia attaccato vn ſpaghetto il
17985_QVINTO._ le ſi poſſi alzare perpendicolarmente, & infondendo nel
vaſo
del mercurio, il circoletto non aſcenderà in conto
alcuno
benche tanto più leggiero del mercurio.
Anzi che
chi
procurerà alzarlo, tirandolo con quel ſpaghetto;
ciò
non
potrà fare che adoperando forza, che poſſi ſuperare il
peſo
di quel mercurio, che ſopraſta al circoletto.
Ma ſe poi
s’alzerà
qualche poco, di modo che il mercurio poſſi prin-
cipiare
ad inſinuarſi ſotto d’eſſo;
ſubito ſarà ſpinto insù
con
moto velociſſimo.
_Ofre._ Queſta eſperienza non mi cagiona punto di merauiglia,
ne
punto miperſuade;
correndo quà la medema ragione,
che
corre nell’eſempio tritiſſimo delle due laſtre ottima-
mente
ſpianate, e congionte, che alzandone vna petpen-
dicolarmente
, ſegue l’altra il ſuo moto, ne ſi ſeparano _ne_
_detur
vacuum_ tanto abborrito dalla natura.
Non aſcende il
circoletto
, non potendoſi ſeparare dal fondo del vaſo ac-
ciò
non ſi dia il vacuo, che neceſſariamente biſogneria che
ſi
daſſe per quel tempo, che ſaria neceſſario al moto del
mercurio
à riempire il ſpatio contenuto trà il circoletto,
&
il fondo del vaſo.
_Mat._ Anco lei Sig. Ofredi è trà li fautori di queſto vacuo, al
quale
forſe la natura non ha vn abborrimento immagina-
bile
?
Perche ſarà ſtaccato il circoletto, ſenza che rouini il
mondo
, da chi ſarà alzato con forza, che ſupcri il peſo del
mercurio
, che li ſouraſta.
Horsù il Sig. Borelli _nella prop._
82. li leua queſto ſutterfugio con vna caſtigata eſperien-
za
, che dice d’hauer fatto nell’Accademia Fiorentina.
Nel
vaſo
ABCD, che il concauo
AEFD
, &
il forame E F, poſe la
34[Figure 34] palla di legno G, che bene l’ottur
raſſe
, ma poteſſe girarſeli intor-
no
;
edi ſotto li fece il forame
HEF
, poi riempì il vaſo di mer-
curio
ſin’all’ AD.
In queſto caſo
aſcendendo
la palla non vi era
pericolo
di vacuo, potendo ſuc-
ceder
l’aria, e pure non aſceſe in
conto
alcuno, perche il
18086_DIALOGO_ rio non poteua diſcender ad eſtruderla.
_Mat._ In gratia miei Signori mi aſpetino vn poco che horho
ra
ritorno.
Eccomi à riſeruirle.
_Ofr._ Coſa vuol fare di queſta boccia piena d’acqua?
_Mat._ Come vede Signor Ofredi queſta boccia da canneuetta
piena
d’acqua (poco importarebbe che foſſe altro vaſo)
è
otturata con queſto ſughero, che non la ſerra eſquiſita-
mẽte
, di modo che hora che è riuoltata conil bucco all’in-
giù
, ſtilla all’intorno del ſughero l’acqua;
e pure queſto
non
aſcende in conto alcuno.
V. S. la cauſa di ciò? Que-
ſta
è perche l’acqua, che diſcende non ſubintra, e ſi piglia
in
capo il ſughero.
Di più ecco che con queſto temperarino ſpingo lo ſughero
all’insù
vn poco, poco, che aggiuto la ſua leggierezza
(ſe ve ne ) all’aſcendere;
e pure _tantum abeſt_ che aſcendi,
che
V.
S. lo vede a ritornare ad otturar la boccia come
prima
.
Ciò certò d’altronde non procede ſe non perche
non
è eſtruſo, non potendoli ſubintrar l’acqua, e rifletten-
do
cacciarlo all’insù.
_Cont._ Già che il Sig. Ofredi diſopra portato l’eſempio delle
due
laſtre, le quali creduto non ſepararſi _ne detur va-_
_cuum
,_ giudico bene che ſi fermiamo vn poco circa queſto
Fenomeno
, intendendo di proponer alli curioſi alcune eſ-
perienze
, che deſidererai che foſſero fatte de quelli che
hannole
machine a propolito.
Si pigliano due laſtre di ve-
tro
, pietra, ò metallo, le quali ſiano ottimamente ſpianate,
che ponendone vna ſopral altra ſi combaccino total-
mente
ſenza che di mezzo vi ſia aria, (anzi che per eſclu-
derla
meglio ſi bagnano con acqua, acquauita, olio di mã-
dole
dolci, &
c. accioche queſti riempiano tutte quelle mi-
nime
cauità, che perfortuna vi foſſero) e ſe appendono
parallele
all’orizonte.
Queſte ſtanno così appeſe, ne l’infe-
riore
ſi ſtacca dalla ſuperiore, benche non li ſia attaccata
che
dal ſolo contatto.
L’vniuerſal opinione delle ſcuole è
ſtata
comunemente, e pur hora regna trà molti, che ciò
ſucceda
_ne detur vacuum_;
ma hora da chi ha giuditio, e filo-
ſofa
con l’eſperienze, ſi dice ciò ſuccedere per la preſſione
dell’aria
, che preme, &
ſpinge l’inferiore alla ſuperiore,
18187QVINTO. qual preſſione non può eſſer ſuperata che da ſorza ad eſſa
vguale
.
La proua efficaciſſima di queſto è, che ſe ciò ſuc-
cedeſſe
per l’abborrimento della natura al vacuo, non po-
trebbero
queſte laſtre eſſer ſeparate da forza alcuna;
anzi
che
prima di ſeparaſi, ſi ſpezzarebbero;
ma queſto non.
ſuccede; perche non ogni laſtra reſta attaccata alla ſupe-
riore
, ma di vn peſo limitato, che non ſuperi quello d vn,
priſma
di mercurio di baſe vguale alla laſtra, &
alto vn
braccio
, &
vn quarto Fiorentino in circa, ò diti 29. della,
miſura
di Scotia.
Per eſempio ſiano le laſtre due circoli
d’vn
palmo di diametro;
quando l’inferiore peſi meno di
quello
che peſi vn cilindro di mercurio alto vn braccio, &

vn
quarto, e di baſe d’vn palmo di diametro, reſterà attac
cata
:
ſe peſerà più, ò ſarà tirata con forza che ſuperi queſto
peſo
, ſarà ſeparata con grandiſsima facilità.
La ragione è
perche
la forza dell’aria, che la preme, e ſpinge verſo la ſu-
periore
, è vguale à queſto peſo, equilibrando queſto mer-
curio
nel tubo torricelliano, ò Baroſcopio, come hab-
biamo
detto tante volte.
Si potranno adunque fare le ſeguenti eſperienze. La laſtra,
inferiore
habbia attaccato qualche recettacolo d’aggiun-
ger
peſo, e queſto s’aggiũga ſino che il peſo della laſtra
ſia
vguale al predetto peſo del mercurio;
il che otteneraſſi
con
qualche diligenza, leuando, &
aggiumgendo, perche,
ogni
poco di più che s’aggiunga farà cader la la ſtra.
Nota-
to
tutto queſto peſo, con le laſtre s’aſcendi ſopra qualche
monte
, e ſi torni a fare l’eſperienza.
Se il peſo aggiunto
con
quello della laſtra ſarà, tanto minore del peſo predetto
ritrouato
nel piano ſecondo quella proportione con Ia,
quale
il mercurio nel Baroſcopio ſaglie meno al monte,
che
al piano, perche non doueremo dire che queſto Feno-
meno
ſia vn effetto della preſſione dell’aria?
_Ofr_. Tanto che nel vacuo, ò doue l’aria foſſe di forza deboliſ-
ſima
, ò poco, ò nulla ſtarebbero attaccate le laſtre.
_Cont_. Io lo tengo di certo. Che perciò deſidero, che due di
queſte
laſtre s’aggiuſtino, ò nella machina del Boile, o in
vna
di quelle machine, con le quali li Accademici Fioren
tini
hanno procurato il voto (riempendole di
18288DIALOGO capaci d’animali, veſciche, e coſe ſimili, che hanno ado-
prato
per fare tante nobili eſperienze.
Poiche io tengo di
certo
che fatto il voto, ò debilitato l’elatere dell’ aria con
l’euacuatione
, che quelle laſtre ſi ſepareriano.
Chi faceſſe
poi
l’eſperienze, potrebbe aggiuſtar le laſtre in modo, che
I’inferiore
cadendo non portaſſe nocumento al vaſo, e ciò
come
meglio li parerà.
Di più vorrei che la laſtra ſuperiore attaccata ad vn ſpago ſi
profondaſſe
molto ſott acqua pur parallela all’orizonte, e
che
qualche nuotatore li attaccaſſe l’altra aggrauata co-
me
ſopra l’acqua.
Perche certo eſperimentarebbe che a ſe-
pararla
queſto peſo, ò forza non baſterebbe, ma de più vi
vorrebbe
tanto che corriſpondeſſe alla preſſione anco, che
l’acqua;
cioè che vguagliaſſe il peſo d’vn cilindro di
mercurio
di diametro delle laſtre, e d’altezza, che foſſe vn
quartodecimo
dell’altezza dell’acqua, che ſouraſta alle la-
ſtre
, &
vn braccio, & vn quarto. Ma Sig. Ofredi che coſa
, che non altro che ridere?
_Ofr_. Non vuole V. Sig. che io rida nell’vdir proponere il fare,
tanti
caſtelli in aria?
L’è vna facil coſa il dire ſi facia que-
ſta
, e queſt’altra eſperienza.
Il punto ſtà nell’eſperimenta,
re
, poiche s’incontrano tante difficoltà, che fanno molto
bene
auuerrare quel comun detto macaronico, che
Multa dicuntur,
Quæ
non fiuntur.
E quel noſtro detto Italiano.
Dal detto al fatto,
El
vi è vn gran tratto.
Vidi propoſta l’eſperienza delle due laſtre, come da eſſo
fatta
, dal Sig Sinclaro _lib._
4. _Dial._ 1. n. 8. oue dice che queſte,
erano
circolari, di bronzo di tre diti in circa di diametro
dell
a ſua miſura di Scotia.
Vidi con che ſecurezza il ſuo
ſeruo
Dromone le attaccaua (vnite prima) ad vn chiodo
nel
tetto;
poi appendeua all’inferiore libbre 60. di peſo;
poi 30; poi 9, e poi 1; che con le altre ſommando libbre,
100
.
cagionaua lo ſtaccamento dell’ inferiore della ſupe-
riore
.
Io che haueuo vdito dire alli noſtri ſpecchieri, che
era
quaſi impoſſibile il formare vn ſpecchio
18389QVINTO. te piano (che perciò da queſto deuiamento dal piano ne
naſcono
quaſi tutti li vitii di render imperfette l’imagini;)
e che haueuo letto in Girolamo Sirturo _De Teleſcopio part_.
2
.
_cap. 2. Quæſiui diù Romæ, & Venetijs laminam planam, & mul-_
_tas
examinau er am,, quibus ſpecula adfricantur, ſed reuera ex ip-_
_ſa
lamina, atque ex ſpeculo in eadem elaborato vitrum_ (credo
vogli
dire _vitium) deprehendebam, &
c_. E poco doppo.
_Itaque
vix vnam ex multis reperi ſine vitio, &
quæ perfectè planæ_
_dici
poſſet, &
c_. me ne rideuo. Poiche ſe vi è tanta difficoltà
a
farne vna, che coſa vi vorrà a farne due?
_Mat_. Quanto il Sig. Ofredi hauerebbe torto ſe ſoſpettaſſe di
queſta
eſperienza del Sig.
Sinclaro, tanto ragione d’af-
fermare
che il formare queſte due laſtre ſia coſa laborio-
ſiſsima
.
Et ha dalla ſua il nobiliſsimo Boile, il quale _De_
_Firmi
.
ſect_. 14. dice di eſſe. _Experientia nos docuit admodum eſſe_
_difficile
, ſi vllatenùs poſſibile, à vulgaribus noſtris artificibus vi-_
_tra
vel marmora procurare, quæ ad eiuſmodi exactitudinem acce-_
_dant_
(cioè d’eſcluder perfettamente l’aria, e non laſciare,
che
tra eſſi n’entraſſe.)
_Quippe_ (ſoggiunge egli) _difficulter_
_admodum
nanciſci potuimus vel expertos lapicidas vel peritos vi-_
_trorum
politores, qui nobis marmorum rotundorum par conficerent_
_vnius
alteriùſue duntaxat pollicis diametri, quæ ſe inuicem per_
_contactum
ad duo triaue ſaltem minuta in aere ſuſtinerent, &
c_.
Hora ſe è tanto difficile à far queſto paro di laſtre di dia-
metro
coſi piccolo, quanto ſarà più difficile farle di dia-
metro
maggiore?
Creſcendo in eſſe la difficoltà con la,
grandezza
.
_A_uuertino però che quì conſidera queſte due,
laſtre
poſte in opera ſenza bagnarle con acqua, ò altro;

poiche
bagnandole ſe riem piono le minime cauità, che de
neceſſità
eſſendo nelle loro ſuperficie, dãno addito all’aria
da
inſinuarſi trà eſſe, e facilitare lo ſtaccamento.
Che poi l’eſperienza di queſte laſtre ſia difficiliſſima in tutte
le
forme, vien pure rappreſentato dal medemo Boile _ſect_.
17. con queſte parole. _Sed hic omnino mihi annotandum habi-_
_tum
ad hoc, tum ad ſequentia experimenta de marmoribus politis_
_commemoranda
reſpectum nos nullum hactenus experimentorũ ge-_
_nus
deprehendiſſe, in quibus adeò leues circumſtantiarum variatio-_
_nes
conatus noſtros tantum, vt hìc, eluderent.
Idque profecto
18490DIALOGO _rauimus, vt, ſi fortè huiuſmodi repetantur experimenta, minus mi-_
_rum
videatur ſi non valeant alii primo, &
ſecundo, vel etiam deci-_
_mo
aut viceſimo tentamine tantundem præſtare, ac nos præſtiti-_
_mus
, poſtquam creber vſus in percurioſo hoc experimento expertes_
_nos
feciſſet, &
c_.
Queſte difficoltà, l’eſperienze fatte, e li peſi alzati ſi vedano
nel
me demo Boile _nel detto trattat.
de Firm_. che a me pare,
che
ad eſſe ſe remedii aſſai bene con il modo propoſto dal
medemo
_ſect_.
23. e conſiderato dal Sig. Borelli _prop_. 89. Vna
di
queſte laſtre s’incaſtri bene nel pauimento, e ſi collochi
parallela
all’orizonte, l’aItra ſe gli ponghi ſopra, e per eſ
cluder
l’aria, che non poſſi entrare tra eſſe, ſe ſommerga-
no
nell’ acqua di modo che la comiſura trà eſſe ſia ſotto
acqua
, e ſe procuri d’alzare la ſuperiore perpendicolar-
mente
.
_Ofr_. Io credo che queſta non potrà eſſer alzata conforza alcu-
na
anco infinita.
_Mat_. V. S è in grande errore, perche non vi vorrà altra forza
ſe
non quella, che ſnperi di poco, e la grauità della laſtra,
ſuperiore
, e de ll’aria, che li ſouraſta, la quale è vguale al
predetto
cilindro d’argentoniuo.
Per eſenipio ſiano le la-
ſtre
di 4.
dita di diametro; la ſuperiore peſi 2. libbre, & vn,
cilindro
di mercurio della medema baſe, &
alto vn brac-
cio
, &
vn quarto peſi 30. libbre. Chitirera, ò adoprà forza,
ò
peſo, che eccedi 32.
libbre ſeparerà la laſtra ſuperiore,
dall’inferiore
;
con minore no. V. S. eſper imenti ciò in que-
ſta
guiſa come propone il Sig Borelli.
Sia la laſtra inferiore
D
E, &
il cilindro, o laſtra ſupe-
riore
C A B.
che la combacci eſ-
35[Figure 35] quiſiramente in A B, ſia queſta,
attaccata
in H, alla lance d’vna,
libra
di braccia vguali, &
all’al-
sra
eſtremità K, ſia attaccato il
peſo
N, vguale à quello della la-
ſtra
C A B, &
O, che ſuperi di po-
co
quello del prederto cilindro
di
mercurio.
Infallibilmente V. S.
alzerà la laſtra.
18591QVINTO.
_Ofr_. Baccio la mano di V. S. Anch’io lo ; poichè in queſta,
guiſa
non è poſſibile alzar la laſtra C A B, tanto rettamente
che
non s’inclini qualche poco, alla quale inclinatione de-
ueſſi
attrìbuire la ſeparatione;
altrimente chi tenterà alzar
la
laſtra perpendicolarmente, ne anco con forza di Belze-
potrà ciò ottenere.
_Mat_. Il Signor Borelli _nella predetta prop_. regiſtra queſta ſua,
obiettione
, e di eſſa dice.
_Huiuſmodi cauilloſa reſponſio con-_
_donari
potest ijs Philoſophis, qui mathematicis imperiti ſunt_.
V. S.
s’è moſtrata nelli noſtri paſſati colloqui molto intendente
di
geometria, e matematiche, onde certo non può fuggire
vna
buona mula.
Il Sig. Borelli per conuincere chi fa queſta
irragioneuole
obiettioue porta _la prop_.
90. molto bella. Io
in
altro modo (che è però ſimile al ſuo) e ſoggiungendo
qualche
altra coſa, voglio conuincer’il Signor Ofredi, fa-
cendogli
toccar con mano che in molti caſi ſarà aſſai più
difficile
alzar la laſtra ſuperiore inclinãdola, che alzandola
perpendicolarmente
:
onde ſe concede che ſe poſſi ſepara-
re
inclinandola, ſarà aſtai più ragioneuole che ſe poſſi al-
zare
perpendicolarmente.
Per moſtrarli queſto vorrei pri-
ma
imparar da eſſo la ragione della leua, ò Vette, che il
fulcimento
trà la forza, &
il peſo.
_Ofr_. La ſeruo in poche parole. Sia la leua A B, il cui ſoſtegno
ſia
in C;
in B, il peſo d’alzarſi; e la forzain A. Allora la for-
36[Figure 36] za ſoſtenirà il peſo, quando la medema proportione, che
B C, diſtanza del peſo dal ſuſtentacolo, all’A C, diſtanza
della
forza dal medemo, l’habbia reciprocamente la
18692DIALOGO A, al peſo B. Da ciò ne naſce il beneſitio, che ne cauiamo
dalla
leua;
cioè che con poca forza potemo ſoſtenere vn
gran
peſo, ogni qual volta applichiamo la forza alla parte
maggiore
.
Per eſempio ſia AC, centupla di CB; vna forza
in
A, valeuole, ſenza la leua, a ſoſtenere vn peſo d’vna lib-
bra
;
potrà mediāte la leua ſoſtenere vn peſo di libb. 100. col
locato
in B.
Onde queſta forza accreſciuta ogni pochino,
non
ſolo lo ſoſtenirà, ma anco l’alzerà.
_Mat_. Ma ſe le braccia AC, CB, della leua ſaranno vguali, che
beneſitio
ne caueremo da eſſa?
_Ofr_ Niuno certamente per queſto capo. Perche in queſto ca-
ſo
quanto ſarà il peſo, tanta forza vi vorrà a ſoſtenerlo, e
maggiore
ad alzarlo.
Onde tanto ſarà alzarlo con la leua,
come
ſenza eſſa.
_Mat_. E ſe la leua ſarà de braccia ineguali, e nel fine del mag-
giore
come in A, collocaremo il peſo, e la forza in B, che
vtile
n’haueremo?
_Ofr_. Non vtile, ma danno; perche ſe A C, ſarà centupla di C B,
a
ſoſtenere vna libbra dipeſo poſto in A, vi vorrà forza
equiualente
a libbre 100.
poſta in B, per ſoſtenerlo. E pure
ad
alzarlo ſenza leua vi vorra forza poco più d’vna libbra,
come
à ſoſtenerlo d’vna libbra ſolamente.
_Mat._ Tutte queſte dottrine V. S. l’hà cauate dalle viſcere delle
mecaniche
.
Hora in vece della leua A B, conſideriamo la.
D A B, ancinata, & angolara rettamente, & imaginiamo
che
D A, ſia linea retta collocata nell’orizonte, e A B, ſopra
eſſo
perpendicolare;
immaginiamo parimente che in D,
ſia
poſto il peſo, &
in B la forza. Allora il ſoſtentacolo del-
la
leua ſarà il punto A;
e parimente la forza in B, al peſo in
D
, hauerà la proportione, che ha reciprocamente D A, ad
AB
.
In queſto caſo quali benefitii ne sõminiſtrerà la leua?
_Ofred._ Li medemi che l’altra prima A B, orizontale. Se B A, ſa-
maggiore d’ A D, quanto più eccederà, con tanto minor
forza
B, potremo alzare il peſo D.
Se D A, A B, ſaranno
vguali
, vi vorrà tanta forza quanto peſo.
E ſe D A, ſarà
maggior
d’A B, vi vorrà più forza che non è il detto peſo.
_Cont._ Queſta ſorte di leua adoperiamo quando con il martel-
lo
vogliamo cauare vn chiodo fitto nel muro, ò in
18793QVINTO tauola. Poiche il manico corriſponde alla B A; il ferro è l’-
A
D;
il ſoſtentacolo è in A, oue s’appoggia ſopra il muro,
ò
tauola;
la forza s’applica in B; il peſo, cioè il chiodo da
cauare
s’applica in D, ouc dobbiamo conſiderare la fiſſura,
ò
corna del martello, trà li quali ſi piglia il capo del chio-
do
.
Quanto maggiore ſarà il manico B A, tanto maggior
aggiuto
ſomminiſtrerà ad eſtraere il chiodo.
_Mat._ Beniſſimo. Hora conſideriamo nel ſchema ſeguente il
piano
D E, e la colonna C A B, che lo bacci eſquiſitamente
in
A B;
in C, ſia applicata la forza, che tirandola per l’M C,
procuri
ſtaccarla.
Reſſiſte la colonna allo ſtaccamẽto con
la
ſua grauità, e con quella d’vn cilindro d’aria, che ſe l’ap-
poggia
ſopra alto quant’ è l’at-
37[Figure 37] mosfera, che pure biſogna ſpin-
gere
, &
alzare nell’alzar la colõ-
na
;
la quale grauità come tãte fi-
bre
perpendicolari premendo, e
grauitando
ſopra li infiniti punti
del
piano A B, ſi concepiſcono
grauitare
tutte raccolte, &
vnite
nel
centro I, quaſi ſiano vn gra-
ue
ſolo iui collocato, come be-
niſſimo
conſidera il Sig.
Borelli.
Lo ſtaccamẽto della baſe della colonna dal piano ſi tut-
to
in vna volta, che nell’atto di queſto la colonna non
appoggia
ſopra il piano D E, che con il ſolo B Dobbiamo
adunque
concepire vna leua IBC, angolata, nella quale
il
peſo ſia collocato nel centro I, e la forza in C.
Ogni vol-
ta
adunque che la forza in C, al peſo in I, hauera la mede-
ma
proportione che la diſtanza IB, alla diſtanza BC, la for-
za
ſarà equiualente al peſo;
che accreſciuta vn poco po-
co
la forza ne ſeguirà lo ſtaccamento.
_Ofr._ inteſo il reſto. Quando CB, ſarà maggiore di BI, ſarà
più
facile ſtaccar la colonna inclinandola che alzandola
perpendicolarmente
;
ma quando BC, foſſe, ò vguale a IB,
ò
d’eſſa minore, allora vi vorrebbe, ò vgual forza, ò mag-
giore
, che ad alzarla perpendicolarmente.
_Mat._ Vano adunque è il ſuo ſutterfugio. Se adunque
18894DIALOGO rienza moſtrerà che la laſtra ſuperiore s’alzi con la libra, ò
in
altro ſimil modo, ſarà manifeſto che la difficoltà nell’al-
zarla
non naſca dalla repugnanza al vacuo, ma bene dalla
preſſione
dell’aria ſopra la colonna, che biſogna ſuperare
con
il peſo della medema colonna.
_Cont._ Il nobiliſſimo Boile hauendo conſideratione a queſta v-
nione
delle due la ſtre, che naſca dalla preſſione dell’aria.
prende materia di dire, e proponer da conſiderare _ſect. 1. de_
_Firm
.
Illud quoque diſquiri poſſet dependeatne a principio iam ex-_
_plicato
vitri ſoliditas.
Etiamſi enim partes eius ramoſœ vel ſibi in_
_uicem
intertextœ non videantur &
politœ admodum ac lubricœ ap-_
_pareant
, attamen, cum ignis, qui ad fuſionem eas reduxit, proinde-_
_que
fluidas reddidit, iure eas ſubdiuiſiſſe, &
in minutas valdè par-_
_ticulas
red egiſſe ſupponi queat, eaſdemque adeò ad aerem a ſe-_
_metipſis
ſecludendum iuuiſſe non adeò mirum videri debet, ſiim-_
_mediatus
minutorum eiuſmodi &
politorum corpuſculorum conta-_
_ctus
ad eas in nexu retinendas dicatur ſufficere, &
c._ Propoſta
la
conſideratione, la laſcia indeciſa.
Vorrei adunque ſen-
tire
il parere diloro Signori.
_Ofr._ Io ſenza molto penſarui inclino alla parte negatiua. E la
ragione
è queſta.
La contiguità naſce dalla preſſione dell’-
aria
;
adunque rimoſſa queſta il vetro ſi diſſoluerebbe. Ma
ciò
non ſuccede.
Adunque, & c. L’eſperienza l’habbiamo
nel
Baroſcopio, &
altri vaſi di vetro con li qua li ſi il vo-
to
;
poiche fatto queſto le parti interiori di queſti non ſo-
no
premute;
adunque li vaſi douerebbero diſſoluerſi, e re-
ſoluerſi
nelli minimi corpuſcoli;
tanto più che le parti e-
ſteriori
del vaſo ſono premute dall’aria, la qual preſſione
ſola
alle volte (quando non ſono e groſſi, e di figura cur-
ua
) è ſufficiente a ſpezzarli.
Ma ciò non ſuccede, perche
quando
non ſi ſpezzano nel modo predetto, ſi conſerua-
no
totalmente.
Adunque & c.
Di più alla cima d’vno di queſti vaſi per di dentro s’attacchi
vnſpaghetto
, ò filo, dal quale penda vn pezzetto di vetro,
che
fatto voto, reſti pendente in queſto, che poſſi libe-
ramente
vibrare, e dondolare, e s’agiti il vaſo dimodo che
il
pezzetto di vetro percuota nelli lati pur di vetro del va-
ſo
.
Mentre che li minimi componenti il vetro non
18995QVINTO. tenuti vniti che dalla preſſione dell’aria, eſſendo nel va-
cuo
, e di più percotendo vn vetro con l’altro douerebbero
certo
diſſoluerſi.
Ma ſe ciò non ſuccederà, non doueremo
dire
non eſſer il contatto ſolo delli minimi, che conſtituiſ-
chi
la durezza del vetro?
Terzo è manifeſto a chi ha ò fatto da ſe, ò letto appreſſo chi
fatto l’eſperienze del Baroſcopio, che ſe ſopra il mercu-
rio
del vaſo ſtagnante infondendoſi acqua, ò altro liquido,
e
pian piano alzando il Baroſcopio, che diſcenda il mercu-
rio
in eſſo contenuto, che prima era pendulo ſin’ altezza
del
couſueto braccio, &
vn quarto, e che arriuata la boeca
del
Baroſcopio all’acqua;
queſta ſaliſce a riempirlo con
tanto
empito, che ſe non ſi teneſſe feimo con ambidue le
mani
, lo ſcagliarebbbe per aria ad alto con grandiſſima
velocità
:
anzi alle volte, quando la canna non è ſufficien-
temente
groſſa, la ſpezza.
Hora ſalendo l’acqua con tan-
to
empito, e trouato li minimi del vetro non premuti, e
ſolo
contigui, ſtriſciando ſopra eſſi, e radendo li lati del
vetro
farebbe vn gran raſpamento, diſſipamento, e ſpargi-
mento
d’eſſi.
Ma ciò non ſuccede. Adunque, & c.
_Mat_ Queſte ragioni del Sig. Ofredi mi paiono non poco cal-
zanti
.
Alcuno però forſe ricorrerebbe a negare che nel tu-
bo
, e valo vi foſſe vacuo, ma ò efluui di mercurio, ò altra
materia
, che pur premendo li minimi del vetro impediſce
il
loro diſcio glimento.
Altri poi trouerebbe forſe altre ri-
ſpoſte
più adequate.
Io per me inclino a credere che non
ſolo
il vetro.
ma tutti li altri corpi poſti nel vacuo non
conſeruino
quella duritie, che hanno nel pieno.
Ma di
queſto
con altr occaſione.
_Cont._ La prima ragione del Sig. Ofredi mi pare di niun valo-
re
Poiche ſe bene ceſſa la preſſione dell’aria, nulladimeno
non
cadono li minimi del vetro mercè la loro minima gra
uità
.
Che vna laſtra ſi ſepari dall’altra, leuata, ò debilitata
la
preſſione dell’aria, non è merauiglia, eſſendo conſide
rabilmente
graue.
Ma li minimi del vetro qual grauità
poſſono
hauere?
_Ofr._ Queſta riſpoſta Sig. Conte non vale vn fanfaro. Perche
la
medema propenſione al diſcendere, che la laſtra
19096DIALOGO de, l’hà qual ſi ſia minima particella, e qual ſi ſia minimo
conſtituente
corpo graue.
E ſe l’eſſetto del diſcendere nel-
li
minimi è impedito, e ritardato;
l’impedimento, ò ritarda-
mento
naſce dalla reſſiſtenza del mezzo.
Ma queſta nel
noſtro
caſo è leuata, leuato il mezzo, eſupponendoſi va-
cuo
, nel quale tutti li corpi grandi, piccoli, eminimi di-
ſcendere
bbero con pari velocità.
Adunque quelli minimi
ſi
ſcioglierebbero, e diſcenderebbero.
_Mat._ Queſta diſceſa vgualmente veloce di tutti li graui nel va-
cuo
, e con che proportione diſcendeſſero per il medemo,
ò
diſcendino per diuerſi mezzi, e coſa ſopra la quale, e
per
la quale mi paſſano molte coſe indigeſte per la men-
te
.
Ancor loro Signori ſi prouedino dell’eruditiſſimo libro
del
Sig.
Borelli vltimamente ſtampato _De Motionibus natu-_
_ralibus
a grauitate pendentibus,_ che con maggior comodità
voglio
che diſcorriamo ſopra queſta materia.
_Ofr._ Io venirò prouiſto di Mecanica.
_Mat._ Li farà biſogno.
Fine del Dialogo Quinto.
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