Vitruvius Pollio, I dieci libri dell?architettura, 1567

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Author: Vitruvius Pollio
Title: I dieci libri dell?architettura
Date: 1567

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ALLO ILLVSTRISSIMO,ET REVERENDISSIMO
CARDINAL
DI FERRARA
D
. HIPPOLITO DA ESTE,<lb/>DANIEL BARBARO ELETTO
D
'AQVILEGGIA S.
TVTTE le belle opere, Illustrißimo, & Re­
uerendißimo
Signore, piu che ſono guarda­
te
, et contemplate da gli huomini, piu ſcuo­
preno
la bellezza loro, et l'artificio del mae­
stro
; & bene ſpeſſo dal primo aſpetto non ſi
proua
quel guſto di eſſe, che ben mirate, &
conſiderate
ſi ſente dapoi: Ilche come ſiauero, non mi affatiche­
di prouare, perche, & le pitture, & le ſcolture, & le fabri­
che
de i grand' huomini, & altre coſe che ſi uedeno ogni giorno,
chiar
amente lo dimostrano, perche piu che ſi guardano, mag­
giormente
di ſe inamorano i riguardanti.
ilche è ſegno manife­
ſto
, che in quelle ſempre ſi ſcuopra maggior bellezza.
Queſto,
o
ſimigliante effetto fanno le uere, & precioſe pietre di natura,
comparate
alle falſe, et uili fatte da gli huomini.
imperoche le fal
ſe
al primo guardo fanno diſe moſtra allegrißima, & ſplendidiſ­
ſima
, et quaſi adulatrici allettano la uiſta con un falſo ſplendo­
re
; et poi uanno mancando.
Male uere naturali, & fine, perche
ſono
fatte dalla uerità della natura, non per ingannare alcuno,
ma
per drizzare gli animi a piu alto uiaggio, piu preſtano di
quello
, che prometteno.
la doue i poſſeditori di quelle, ſcoprendoci
1ogni giorno piu uaghezza, & piu uerità, piu le apprezza­
no
, &' piu le ammirano.
Il ſimile adiuiene a i lettori delle
coſe
de gli huomini eccellenti, i quali beendo con diſiderio i
precetti
delle arti, et continuando con lo studio, & eſſerci­
tio
nella intelligenza di quelli, ritrouano nel progreſſo, che
fanno
, la uirtù dell' autore piu chiara, & piu ammiranda.

Come
è auuenuto a me nella fatica fatta ſopra Uitru­
uio
gia dedicata a Uoſtra Signoria Illuſtrißima, & Reueren­
dißima
: imperoche, per quello amore, che ha ognuno di fare le
ſue
fatture ogni giorno migliori, riuedendo, & rileggendo il
detto
autore, & ſentendoui piu guſto della eccellenZa ſua,
& uedendo ancho, che ſotto la protettione della gratia uo­
ſtra
egli era ſtato abbracciato dal mondo: ſpinto dalla ſolleci­
tudine
de i librari, ho uoluto rimandarlo in luce tenendo tut­
tauia
raccolto lo ſtudio, & l'oſſeruanZa mia nella dignità, &
chiarezza
della perſona uostra, con quel deſiderio, che ſem­
pre
ho hauuto di giouare, quanto portaſſero le forZe mie ad
ognuno
.
& per dare uno illuſtre teſtimonio delle magnifiche,
& eccellenti fabriche, che ella ha fatto, & fa tuttauia in
diuerſe
parti del mondo con merauiglia de gli huomini: del­
lequali
opere io ne haueua uedute alcune prima, che io le de­
dicaſſe
il Vitruuio, alcune ho ueduto dapoi, & ſono quelle, che
con
tanta ſplendideZZa ella ha fatto in Roma, & a Tioli, nel­
lequali
la natura conuiene confeſſare di eſſere ſtata ſuperata
dall
' arte, & dalla ſplendidezza dell' animo ſuo.
come che in
uno
inſtante ſiano nati i giardini, & creſciute le ſelue, & gli
alberi
pieni di ſoauißimi frutti, in u na notte ritrouati, anzi
delle
ualli uſciti i monti, & ne i monti di durißime rocche
fatto
i letti a i fiumi, & aperta la pietra per dar luogo alle ac­
que
, & allagato ilſecco terreno, & irrigato di fonti, et diri-
1ui correnti, et di peſchiere rariſsime; dellequali coſe hanno
fatto
honorato giudicio huomini piu intelligenti di me.
però
non
anderò piu oltre, laſciando in ognuno un deſiderio arden­
tiſsimo
di uederle.
et contentandomi della ſua buona gratia,
allaquale
humilmente mi riccomando.
Di Uinetia del
M
D LXVII.
1
FRANCESCO DE FRANCESCHI SANESE
A I LETTORI.
VOLENDO io riſtampare il Vitruuio con il
commento
del Reuerendiſsimo Monſignor
Daniel
Barbaro Eletto d'Aquileggia, ſpeſſe
fiate
ſono ſtato in penſiero di non offendere
l
'animo ſuo ſapendo, che ſua Signoria Reue­
rendiſsima
era occupata in altri ſtudi, conue­
nienti
al grado, che tiene; però io ſono ſtato
molto
tempo a dar principio a quello, che io diſideraua grande­
mente
.
Hora che fidandomi nella humanità ſua, & imaginandomi,
che
gli huomini ſtudioſi ſempre riuedeno le coſe loro, & cercano
di
ampliarle, & ornarle, ho preſo ardire di ſcuoprirle il mio diſide­
rio
: mi ſono ingannato della bontà ſua, perche hauendoſi corte­
ſemente
contentato che io lo riſtampaſsi, mi diſſe, che haueua anco
apparecchiato
il latino, che egli fece gia inſieme col uolgare: & che
gli
haueua aggiunto molte coſe, & molte figure che non ſono nel
primo
: & che mi donarebbe anche il Latino: la doue hauendo io
hauuto
piu di quello, che hauerei ſaputo dimandare, ho uoluto Be­
nigni
Lettori ad utilità commune, mandar in luce l'uno & l'altro
Vitruuio
, & uſare ogni diligenza, per rifarli in forma commoda, &
& con figure accuratamente & diligentemente intagliate dal mio
honorato
compare & compagno in queſta impreſa, M.
Giouanni
Chrieger
Alemano, & accommodate a queſta nuoua forma, accio­
che
ognuno poſſa godere il frutto delle dotte fatiche del ſopradet­
to
mio Signore.
Ilquale uolto col penſiero a tutte le belle arti,
ſempre
ritrouando modi di giouare al mondo, & ſi affatica di inten­
dere
da ognuno le belle coſe, che ſono nelle arti piu nobili, facendo
ingenua
profeſsione di eſſere obligato a chi gli ſcuopre qualche
bella
inuentione.
& però hauendo ueduto, che nello Analemma di
Vitruuio
lo eccellente meſſer Federico Commandino ſi ha porta­
to
egregiamente interpretando lo Analemma di Tolomeo, che è
lo
iſteſſo con lo Analemma di Vitruuio, & che il punto è poſto in
1quello, & che gli altri, che hanno ſcritto de gli horologi, non hanno
dato
nel fondamento loro, giudicando quella eſſer uera, ſola, & iſpe­
dita
uia, che inſegna, dimoſtra, & pratica una delle parti principali
dell
' Architettura, ha uoluto leuare dal nono libro i diſcorſi gia fatti
ſopra
gli horologi, & in loro uece riponere queſti di Tolomeo, &
del
Commandino, aggiugnendoui la facilità, che è propria ſua.
però
i
lettori del rinouato Vitruuio gli haueranno queſto obligo di piu,
come
anco deono hauerlo per molte figure aggiunte; & ſpecial­
mente
quelle de i Cauedi, che ſono difficili, & quelle de i bagni, &
della
paleſtra belliſsime, che portano gran lume alle coſe di Vitru.

Ha
ſimilmente aggiunti molti diſcorſi, & molte belle pratiche, ecci­
tando
gli ſtudioſi della uerità a fare qualche bella coſa, & a ponere
le
ſpalle ſotto a queſta honorata impreſa, nellaquale molti ſi ſono
inutilmente
affaticati, per eſſere impreſa di perſone letterate, & pra­
tiche
, lequali due conditioni di raro ſi ritrouano in un ſogetto, &
ſono
piu che neceſſarie, ſe l'huomo uuole hauere, & la coſa, & il no­
me
di Architetto.
& io ho ueduto gli ſcritti di molti, che fanno pro­
feſsione
di Architetti, & non ſanno fare diſtintione tra la Theorica,
& la pratica: & inſegnando a tirare le linee ſemplicemente, ſenza le
dimoſtrationi
mathematiche, penſano, che quella ſia la Theorica,
& a queſto modo non hanno Theorica, pratica; perche la
Theorica
ſi riferiſce alla pratica, & la pratica dipende dalla Theori­
ca
: & in ſomma chi non ha le mathematiche, non ha la Theorica.

però
io deſidererei per utilità di queſti tali, che ſi gloriano d'hauere
l
'Architettura, che ſi reſtrigneſſero in ſe ſteſsi, & che ſi eſſaminaſſe­
ro
bene, & faceſſero a ſe ſteſsi le interrogationi ſecondo Vitruuio,
& diceſſero.
Vitruuio dice, che lo Architetto deue eſſer ornato del­
la
cognitione di molte arti, & di molte ſcienze.
ben ho io tali orna­
menti
?
Vitruuio dice, che lo Architetto deue hauere ſecondo il bi­
ſogno
, & con una certa ſobrietà, Lettere, Diſegno, Arihmetica,
Geometria
, ragion naturale, & ciuile, Aſtrologia, Muſica, Proſpet­
tiua
, & altre arti.
bene. le conoſco io o tutte, o molte, o niuna di
quelle
?
Vitruuio dice, che lo Architetto, è Architetto, per l'Ordi­
ne
, per la Diſpoſitione, per la Simmetria, per lo Decoro, per la Di-
1ſtributione, per la gratio ſa maniera. bene. ho io l'habito di queſte
coſe
nella mente?
& coſi facendo a ſe ſteſsi queſte interrogationi, ſe
non
ſi uorranno ingannare, ſaperanno fare giudicio di ſe medeſimi,
& trouando di hauere quelli ornamenti, che dice Vitruuio, ringra­
tieranno
Iddio, che gli ha donati inſieme con lo ingegno, & altri be­
ni
, per queſto ſi anderanno gloriando di eſſere Architetti, ma ſi
sforzeranno
ogni giorno con le opere auanzare ſe ſteſsi: & ſe non
troueranno
in ſe le coſe, che ſi richiedeno all' Architetto, ouero s'af­
faticheranno
per hauerle, ouero ſtaranno queti, & non ſi attribui­
ranno
quello, che ueramente non hanno.
però benigni lettori, & uoi
ſtudioſi
del nome, & della gloria affaticateui di gettare il fondamen
to
ſodo di quella con l'acquiſto delle uirtu, & delle arti, & uſando
quella
modeſtia, che ſi conuiene, non ui attribuite le coſe d'altri,
non
ui arrogate quello, che non hauete, ſiate obligati a chi ui inſe­
gna
, uſate diligenza per imparare, oſſeruate i buoni & pigliate in
bene
, quello che per lo mio poco ſapere & buon uolere mi pare di
ricordarui
, eſſendo io ſempre apparecchiato a uoſtri commodi ſen­
za
alcuno riſparmio di ſpeſa, & di fatica.
1
IL PRIMO LIBRO
DELL
' ARCHITETTVRA<lb/>DI M. VITRVVIO.
AL NOME DI DIO GLORIOSO, io Da­
niel
Barbaro nobile Vinitiano mi ſono poſto
ad
eſponere, & interpretare i dieci Libri del­
l
'architettura di M. Vitruuio.
Mia intentione
è
ſtata con qualche honeſta fatica di giouare
a
gli ſtudioſi delle artificioſe inuentioni, & di
dare
occaſione ad altri diſcriuere piu chiara­
mente
di quelle coſe (come che molte humanamente auuengono)
mi
ſaranno dalle mani fuggite.
Ecco benigno Lettore, che io non
diſidero
premio ſenza fatica, con ripoſo cerco arricchirmi de be
ni
altrui: giuſtamente richiedo la tua gratitudine: Huomini nati
ſiamo
, & ciò che procede dalla humanità è atto di noi proprio, &
naturale
, che uerſo altrui ſi eſſercita: imperoche ad altri uiuemo,
& l'un l'altro aiutamo.
Solo Iddio nella ſua eſſenza raccolto, biſo­
gno
non ha di coſa, che non ſia eſſo: ma il tutto è di ſua gratia biſo­
gneuole
.
Godiamci adunque di quella, & ſenza inuidia porgen­
doci
mano di pari paſſo tentiamo di peruenire a quella bella uerità,
che
nelle degne Arti ſi troua: accioche con lo ſplendore della uirtù,
& della gloria, ſcacciamo le tenebre dello errore, & della morte.
VITA DI M. VITRVVIO.
MARCO VITRVVIO fu al tempo di Giulio Ceſare, uiſſe anche ſotto il
buono
Auguſto ne gli anni di Roma ſettecento & uenti ſette.
Fu di ſtatura me
diocre
, & de beni di fortuna non molto accommodato.
Hebbe felice ſorte, ri
ſpetto
al padre, & alla madre: imperoche con diligentia da quelli nodrito, &
bene
ammaeſtrato ſi diede alla cognitione di molte Arti, per lequali peruen­
ne
all' acquiſto dell' Architettura: uiſſe molti anni, operò, & ſcriſſe, & uir­
tuoſamente
ſi conduſſe a i termini della uita: altra memoria di lui ſi truoua, che le proprie
compoſitioni
: dalle quali ſi ha, quanto fin' hora s'è detto.
& prima nella dedicatione dell' opera
dice
.
Ma hauendo il concilio de i Dei, quello conſecrato a i troni della immortalità, &
transferito
nel poter tuo lo imperio del padre: lo iſteſſo mio ſtudio nella memoria di lui
1reſtando fermo, in te ogni fauore tenne raccolto. Adunque con M.Aurelio, P.Mini­
dio
, & Gn.Cornelio fui ſopra l'apparecchio delle Baliſte, & de gli Scorpioni, & alla pro­
uiſione
de gli altri tormenti.
i quali, ſubito che mi concedeſti, molto bene per la rac­
commandatione
di tua ſorella ne ſeruaſti lo riconoſcimento.
Et però eſſendo io per
quel
beneficio tenuto, & obligato, di modo, che io non haueua a temere ne gli ultimi an
ni
della uita mia la poucrtà, io ho cominciato a ſcriuere queſte coſe. Nel proemio del ſeſto
libro
coſi dice.
Et però io grandiſsime, & infinite gratie rendo a i miei progenitori, i quali approuan
do
la legge de gli A thenieſi, mi hanno nelle Arti ammaeſtrato, & in quelle ſpecialmen­
te
, che ſenza lettere, & ſenza quella raccommunanza di tutte le dottrine, che in giro ſi uol
ge
, non puo per alcun modo eſſere commendata.} Nel proemio del ſecondo libro an­
chora
dice.
Ma a me, o Imperatore, la natura non ha dato la grandezza del corpo: & la ctà mi
ha
deformata la faccia, & la infirmita leuate le forze: la doue eſſendo io da coſi fatti
preſidij
abbandonato, io ſpero per mezzo della ſcientia, & de gli ſcritti in qualche gra­
do
ſalire.
Et altroue dimoſtra non eſſere ſtato ambitioſo, arrogante, auaro, & di ſe modeſtamen­
te
parlando, difende i letterati, riprende i temerarij, ammaeſtra gli imperiti, & ammoniſce con
amore
, & con fede quelli, che uogliono fabricare: ſegni certißimi della bontà dell' animo, &
dell
' innocenza della uita.
Scriſſe dieci libri d'Architettura (come egli afferma nella fine del­
l
'opera,) & ſotto uno aſpetto, & in un corpo la riduſſe, raunando le parti di eſſa a beneficio di tut
te
le genti, come egli dice nel proemio del quarto libro.
Il modo, che uſa Vitruuio nello ſcriuere
è
(come ſi conuiene) prima ordinato, dapoi con ſimplicità di uocaboli, & proprietà di parole.

del
che egline rende la ragione nel proemio del quinto libro: ilquale io diſidero, che letto ſia,
prima
che ad altro ſi uegna.
Ma noi hauemo altre difficultà: lequali ouero ſpauentano i Letto­
ri
di Vitruuio, ouero ritardano gli ſtudioſi dell' Architettura: & quelle grandi ſono & potenti.

Et
la prima è il poco ſapere di molti, i quali ſi uogliono dare a Vitruuio ſenza cognitione di let­
tere
.
Altri non conoſcono il biſogno di ſapere, & ſono come Sofiſti, e V antatori: i difetti de i
quali
dallo Auttore ſono in piu luoghi ſcoperti.
L'altra difficultà è poſta nel mancamento de gli
eſſempi
, delle opere antiche citate da Vitruuio, delle figure, che egli ci promette nel fine
di
ciaſcuno de i ſuoi dieci Libri.
Quelle ci inſegnarebbeno molto, & non ci laſciarebbeno il ca­
rico
di piu preſto indouinare, che approuare la uerità delle coſe.
Ma io non uorrei, che per queſte
cagioni
alcuno sbigottito ſi rimoueſſe da ſi bella, & lodata impreſa, nella quale molti di generoſo
animo
affaticati ſi ſono, & tutt' hora s'affaticano, & s'affaticheranno, ſperando, che la fati­
ca
, & la diligentia dell' huomo ſin per ſuperare ogni humana difficultà.
Io per queſta ragione
aiutato
dal diletto, & dallo ſtudio, che riuiue in molti, poſto mi ſono a queſta impreſa, alla
quale
èhomai tempo di entrare.
Per diſponere adunque gli intelletti, accioche meglio ſia loro
dimoſtrato
il ſentiero, & il fine, al quale deono peruenire, dirò, che coſa è Arte: onde naſce:
come
creſce: a che peruenga.
Diſtinguerò le Arti; Ritrouerò l'Architettura, & le parti di eſſa:
dichiarando
l'ufficio, & il fine dello Architetto.
PROEMIO.
Diuerſe ſono le qualità delle coſe, tra lequali una è, che Habito ſi dimanda ſecondo che
ſi
dice.
Far buon' habito: eſſer ben habituato: & ſimiglianti modi, che dinotano o
prendere
, o poſſedere una qualità, che di , doue è, diſſicilmente ſi poſſa leuare.
Sot­
to
il predetto nome, ogni ſcientia, ogni arte, ogni uirtu, & ogni uitio ſi comprende.
Da que­
ſta
cognitione lo intelletto trahe due coſe.
L'una è, che egli conoſce la importanza di apprende-
1re piu uno habito, che un' altro. L'altra è, che non coſi agecuolmente s'acquiſtano i belli habiti,
di leggieri alcuno merita eſſer con i chiari nomi di quelli chiamato.
Il che coſi eſſendo, l'huomo
auueduto
s'affatica, & pratica con le perſone eccellenti, & non ſeduce ſe medeſmo, credendo ue
ramente
di ſapere, quello che egli ueramente non ſa.
Diuidonſi gli habiti in queſto modo, che al­
tri
ſono dello intelletto, altri della uolontà noſtra.
Gli habiti dello intelletto ſono ditre manie­
re
.
Alcuni non laſciano lo intelletto piu al uero, che al falſo piegare, come è la opinione, il ſo­
ſpetto
, la credulità: Altri uolgeno la mente humana dal uero, & di fermo al falſo la torcono.
co
me
ſe alcuno da falſi principij diſpoſto, al uero per modo alcuno conſentire non poteſſe: & que­
ſto
mal habito ſi chiama Ignoranza praua.
La terza maniera di habiti è quella, che auuezza
lo
intelletto al uero, di modo, che egli non ſi può alla falſità, & all' errore per alcuna uia riuol­
gere
; Degna ucramente & precioſa qualità, & conditione di habito, come quella, che lieui la
inſtabilità
dell' oppinione, chiariſca il ſoſpetto, & induca la certezza, & la fermezza della ue­
rità
.
Ma perche il uero nelle coſe diuerſamente ſi truora: però d'intorno al uero nelle coſe mol­
ti
ſono gli habiti dello intelletto.
Dico adunque nello intelletto humano eſſer un' habito del ue­
ro
, che di neceſſità adiuiene, & un' altro habito di quel uero, che non è neceſſario, detto da
Filoſofi
Vero contingente.
Il Vero neceſſario è quello, che per uera, & certa ragione ſi con
chiude
.
& oltra di queſto uero neceſſario è quello, che per proua de alcuna coſa ſi piglia. & fi­
nalmente
uero neceſſario è quello, che della proua, & della coſa prouata è compoſto.
La onde
dalla
predetta diuiſione tre maniere di habiti d'intorno al uero neceſſario ci ſono manifeſte.
La
prima
è nominata Scienza, che habito è di concluſione per uera & neceſſaria proua acquiſtato.

La
ſeconda è detta Intelletto, che è habito de i principij, & delle proue, & ritiene il nome della
potenza
dell' anima, nella quale egli ſi truoua: la onde è nominato, Intelletto.
imperoche allo
acquiſto
di quello non ui concorre altro habito precedente: ma conoſciuti i termini, cioè ſapen­
doſi
la ſignificatione de i nomi: di ſubito lo intelletto ſenza altra proua, ſolo da diuini raggi il­
luſtrato
del lume naturale conoſce, & conſente eſſer uero quello, che gli è propoſto.
Però Dan
te
chiama il conoſcimento di queſto uero, prima notitia.
& quel uero, primo uero. i Filoſofi,
primi
concetti, o Dignità, o Maſſime ſogliono chiamare.
Da queſto habito detto intelletto, han­
no
hauuto uigore, & forza ſpecialmente le Mathematice.
perche in quelle ſono queſte notitie
manifeſtiſſime
, & benche picciole ſiano di quantità, ſono però di ualore ineſtimabile.
Per ſape
re
adunque conchiudere molte coſe da i proprij principij, (che altro non è, che hauere ſcienza)
biſogna
prima acquiſtarſi lo Intelletto: cioè l'habito, che conoſce i principij.
che io in queſto luo
go
chiamerei, Intendimento, per non confondere i uocaboli delle coſe: perche intelletto è nome
di
potenza & di uirtu dell' anima, che intende: & intendimento è operatione, ouero habito di
quella
potenza.
La terza maniera è detta Sapienza, che è pronta & iſpedita cognitione delle
proue
alle conchiuſioni applicate.
Et come lo acume della diuina intelligenza penetra per entro
al
mezo di ogni coſa, coſi ad uno riſuegliamento dello intelletto habituato in molte ſcienze, &
nella
cognitione di molti principij ſi ritroua il uero: & queſti ſono gli habiti dello intelletto d'in­
torno
al uero neceſſario: cioè d'intorno al uero, che non puo eſſere, che non ſia, ne i quali non
ſi
è ritrouato quello habito, che noi Arte chiamamo: propriamente dico, perche hora ſiragio
na
con i proprij, & ueri uocaboli delle coſe.
Hora uediamo ſe tra gli habiti, che ſono d'intorno
al
uero Contingente ſi troua l'Arte.
Dico che nelle coſe fatte da gli huomini, perche dipende­
no
dalla loro uolontà, che non piu a queſto, che a quello è terminata, non ſitroua quella neceſ­
ſità
, di che ſopra dicemmo.
& altre di quelle ſono pertinenti alla unione, & conuerſatione, al­
tre
conuengono all utilità, & commodo uniuerſale.
La regola di quelle è nominata Pruden­
za
, che è habito moderatore delle attioni humane, & ciuili.
La regola delle ſeconde è detta Ar
te
, che è habito regolatore delle opere, che ricercano alcuna materia eſteriore.
& ſi come dallo
habito
della prima regola gli huomini ſono chiamati Prudenti, Giudici, Legislatori, e Rettori:
Coſi
dal ſecondo ſono detti Architetti, Soldati, Agricoltori, Fabri, & Artefici.
Dalle gia
1dette coſe ritrouato hauemo, che Arte è habito nella mente, come in uero ſoggetto ripoſto, che
la
diſpone a fare, & operare con regola, & ragione fuori di ſe coſe utili alla uita: Come Pru
denza
è habito, che diſpone lo intelletto a regolare la uolontà in quelle coſe, che alla unione, &
bene
della republica, & della famiglia, & di ſe ſteſſo, conuengono.
La onde giuſti, modeſti,
forti
, liberali, amici, ueraci, & in ſomma buoni, & uirtuoſi diuentiamo: & di piu quaſi ſemi­
dei
per la uirtu heroica ſiamo giudicati.
Ma laſciamo a dietro le coſe, che non fanno per no, &
ritrouiamo
il naſcimento delle Arti, ſecondo, che promeſſo hauemo di ſopra.
Naſce ogni arte
da
iſperienza.
Il che come ſia, dirò breuemente, dimoſtrando che coſa è Iſperienza: Da che na­
ſce
: Come ſia fonte delle Arti.
Iſperienza non è altro che una cognitione nata da molte ricor­
danze
di coſe ſimiglianti a i ſenſi humani ſottopoſte, per lequali ricordanze l'huomo giudica di
tutte
ad uno iſteſſo modo.
Eccoti l'eſſempio. Nel conoſcere una coſa, ui concorre prima il ſen
ſo
, dapoi la memoria: oltra di queſto la comparatione delle coſe ricordate.
Hauendo l'huo­
mo
per uia de i ſenſi compreſo, che lo Aſſenzo, per eſſempio, ha conferito a queſto, & a quel­
lo
nella debolezza dello ſtomaco, ricordandoſi di tale effetto, ne caua una ſomma uniuerſa­
le
, & dice: Adunque doue è debolezza di ſtomaco lo aſſenzo è gioueuole, & buono.
Il ſimile
puo
fare delle altre piante, & da molte particolari, et diſtinte iſperienze col mezo della memo­
ria
puo trarre le propoſitioni uniuerſali, lequali ſono principij dell' arti.
La iſperienza adunque
è
ſimile all' orma, che ci dimoſtra le fiere.
perche ſi come l'orma è principio di ritrouare il Cer­
uo
, però è parte del Ceruo, (percioche il Ceruo non è compoſto di orme,) coſi la iſperienza è
principio
di ritrouar le arti, & non è parte di alcuna arte; perche le coſe a i ſenſi ſottopoſte non
ſono
principij dell' Arti; ma occaſione, come chiaramente ſi uede, per che il principio dell' Arte
è
uniuerſale, & non ſottopoſto a i ſenſi humani, benche per uia de' ſenſi ſtato ſia ritrouato.

ma
che differenza ſia tra la iſperienza, & l'Arte, ſi uede in queſto modo.
Certo è, che quan
to
all' operare non è dall' Arte la iſperienza differente: percioche tanto in queſta, quanto in quel­
la
uenendoſi all' effetto, ſi diſcende allo indiuiduo; perche le attioni ſono cerca le coſe particola­
ri
: Ma quanto alla forza, & alla efficacia dell' operare, gli eſperti fanno effetto maggiore, che
quelli
, i quali hanno ſolamente la ragione uniuerſale delle coſe: & però ſpeſſo adiuiene che lo Ar
tefice
ineſperto, auuenga Dio, che egli habbia nella mente la ragione de gli Artificij, erra però,
& pecca bene ſpeſſo, non per non ſapere, perche la ragione ſia men uera: ma perche non è
eſſercitato
, conoſce i difel ti della materia, laquale molte fiate non riſponde alla intentione
dell
' Arte.
Con tutto queſto l'Arte è piu eccellente, & piu degna della iſperienza, perche è piu
uicina
al ſapere, intendendo le cauſe, & le ragioni delle coſe, doue la iſperienza opera ſenza
ragione
.
Appreſſo lo intelligente Artefice è piu pronto a riſoluere, & dar conto delle coſe, che
il
ſemplice, et puro eſperto.
La onde l'Arte è alla ſapienza, che è habito nobiliſſimo, piu uici­
na
.
Segno manifeſto del ſapere è il potere inſegnare, & ammaeſtrare altrui, percioche la
perfettione
conſiſte in potere far altri a ſe medeſimi ſimiglianti.
Et però l'Artifice, che è quello
che
intende la ragione, può inſegnare & fare un' altro ſe ſteſſo, quanto all' Arte ſua: Ma lo
Eſperto
non coſi.
& ſe bene lo Eſperto moſtra ad altri come egli fa, non però è atto a darne con
to
, non hauendo l'Arte: & la ſua dimoſtratione oltra il ſenſo non ſi eſtende, & è ſolamente in
modo
di uedere congiunto con alcuna oppinione, o credenza di colui, che uede: ilquale in ſimi­
le
atto fa ufficio ſeruile imperfetto, & lontano dall' ufficio dell' Arte: & però Vitrunio uuole,
che
la iſperienza ſia con la cognitione accompagnata.
Come adunque naſce la iſperienza; che
coſa
è; & in che modo l'Arte da quella procede, chiaramente s'è dimoſtrato.
Dal che ſi com­
prende
eſſer due maniere di iſperienza.
l'una, che all' Arte è prepoſta, cioè che ſi fa prima, che
s
'acquiſti l'Arte: come quando ſi dice.
Io faccio iſperienza, & uoglio prouare, ſemi rieſce al­
cuna
coſa: & queſto ècome fonte a fiume quanto all' Arte.
L'altra maniera è quella, che è ec
citata
, & deſta dall' Arte, che ſi truoua in noi, & ſecondo le ragioni dell' Arte la eſſercitiamo.

Egli
ſi puo anche dalle predette coſe uedere, che la iſperienza molto piu ſerue alle Arti, che
1s'acquiſtano per inuentione, che a quelle, che s'imparano per ammaeſtramento. Il naſcimento
delle
arti da principio è debole, ma col tempo acquiſta for za et uigore: imperochei primi inuen
tori
hanno poco lume delle coſe, & non poſſono ageuolmente raccogliere molte uniuerſali pro­
poſitioni
, per lequali l'Arte s'ingagliardiſca, perche per la breuità della uita non hanno tem­
po
di farne la ifperienza: ma laſciando a poſteri le coſe trouate da loro ſcemano la fatica di quel
li
, & aggiugneno loro occaſione di aumentare le Arti, per la molta uirtù, che ne i pochi prin
cipij
ſi truoua.
perche ſi come nella mente ſi concepe la moltitudine de ſudditi ſotto un Principe,
coſi
molti concetti dell' arte al ſuo principio ſi riferiſceno.
& per queſto di gran laude ſono de­
gni
gli inuentori delle coſe, iquali banno trouato i principij ſenza riſparmio di fatica, da i quali
deriua
il compimento, & la perfettione dell' Arti: doue egli ſi può dire che la metà del fatto, è
il
cominciar bene.
Et qui ſia detto a baſtanza d'intorno alla origine, diffinitione, accreſcimen­
to
, et perfettione dell' Arte.
Reſta che io diſtingua l'Arti ſecondo, che di ſopra promiſi di fa­
re
.
Certo io non uoglio in queſto luogo fare una ſcielta di tutte l'Arti partitamente, perche
troppo
ritardarei lo intendimento di chi legge, & poco giouerei.
Laſcierò a dietro quella ſi­
gnificatione
uniuerſale di queſto uocabolo, che abbraccia l'Arti liberali, delle quali tre ſo­
no
d'intorno al parlare, & quattro cerca la quantità, d'intorno al parlare è la Grammatica,
la
Rhetorica, la Logica: Cerca la quantità è la Geometria, l'Aſtrologia, l'Arithmetica, la
Muſica
.
Laſcierò l'Arti uili, & baſſe, che degne non ſono della preſente conſideratione,
del
nome dell' Arte.
Non ragionerò di quelle Arti, et dottrine, che ci ſono inſpirate da Dio,
come
è la noſtra chriſtiana Theologia; perche hora non ſitende a queſto fine, che ritruouia­
mo
tutto quello, che ſotto nome di Arte ſi contiene: imperoche non è al propoſito noſtro: ſi
che
io laſcierò le diuinationi, che meſcolate ſono di diuina inſpiratione, & humana inuentio­
ne
.
Sono adunque al preſente biſogno quelle Arti neceſſarie, che ſerueno con dignità, & gran
dezza
alla commodità, & uſo de' mortali: come è l'Arte di andar per mare detta Nauigatio­
ne
, l'Arte Militare, l'Arte del fabricare, la Medicina, l'Agricoltura, la Venaggione, la
Pittura
, & Scoltura, il Lanificio, & altre ſimiglianti, lequali in due modi ſi poſſono con­
ſiderare
.
prima come diſcorreno, & con uie ragioneuoli trouando uanno le ragioni, & le
regole
dell' operare.
dapoi come con prontezza di mano s'affaticano di ponere in alcuna materia
eſteriore
, quello che era ripoſto nella mente.
Donde naſce che alcune Arti hanno piu della ſcien­
za
, & altre meno.
& a conoſcere l'Arti piu degne, queſta è la uia. Quelle, nelle quali fa biſogno
l
'Arte del numerare, la Geometria, & l'altre Mathematice, tutte hanno del grande: il rimanen
te
ſenza le dette Arti (come dice Platone) è uile, & abietto, come coſa nata da ſemplice ima
ginatione
, fallace coniettura, & dal uero abbandonata iſperienza.
Et quiui apparirà la di­
gnità
dell' Architettura, laquale approua è giudica le opere, che dalle altre Arti ſi fanno.
Ma
perche
prima non ſi deue lodare alcuna coſa, ſe prima non ſi ſa, che coſa ella ſia: giuſto, & ra
gioneuole
è, che dimoſtriamo l'origine, & la forza, & le parti dell' Architettura, & qual
ſia
l'ufficio, & il fine dello Architetto.
& perche il medeſimo ſi fa dallo Auttore, come
da
erudito, & ammaeſtrato ne i precetti dell' Arte, darò principio alla dichiaratione de i ſuoi
detti
, sbrigandomi prima dalla dedicatione dell' opera.
Dedicando adunque ad Ottauio Au­
ſto
dice in queſto modo.
MENTRE, che la tua diuina mente, & Deità, ò Ceſare Imperatore, acquiſtaua
l
'Imperio del mondo, & i cittadini ſi gloriauano del trionfo & della uittoria
tua
, eſſendo tutti i nimici dalla tua inuitta uirtu à terra battuti: & mentre, che
tutte
le nationi domite, & ſoggiogate il tuo cenno attendeuano, & il popolo Romano in­
ſieme
col ſenato fuori d'ogni timore, da i tuoi altiſsimi prouedimenti & conſigli era go­
uernato
; io non ardiua mandare in luce le coſe dell' Architettura da me ſcritte, tra tante
occupationi
, & con grandi penſieri eſplicate: dubitando non fuor di tempo tramettendo-
1mi, incorrefsi nell' offeſa dell' animo tuo. Ma poi, che io m'accorſi, che egual cura tene­
ui
& della ſalute d'ognuno con il publico maneggio, & della opportunità de i publici edi­
ficij
; accioche non ſolamente fuſſe col fauor tuo la Città di ſtato fatta maggiore, ma an­
chora
la maeſtà dello imperio grandezza haueſſe, & riputatione delle publiche fabricatio­
ni
: io penſato non eſſer piu tempo di tardare; & non ho uoluto pretermettere, che di
ſubito
à nome tuo non mandaſsi in luce le già dette coſe.
Imperoche per queſta ragione
io
era da tuo padre conoſciuto, & della ſua uirtu molto ſtudioſo.
Ma hauendo il conci­
lio
de i celeſti Dei quello conſecrato ne i ſeggi della immortalità, & trasferito nel poter
tuo
lo imperio del padre: lo iſteſſo mio ſtudio nella memoria di quello reſtando fermo, in
te
ripoſe il fauore.
Adunque con M. Aurelio, Pub. Minidio, & Gn. Cornelio fui ſopra
l
'apparecchio delle Baliſte, & de gli Scorpioni.
& alla rifattione de gli altri tormenti; &
inſieme
con eſſo loro ne riportai delle commodità, lequali ſubito che tu mi concedeſti,
molto
bene per la raccommandatione di tua ſorella il riconoſcimento ſeruaſti; & però eſ­
ſendo
io per quel beneficio tenuto & obbligato, di modo che inſino allo eſtremo della ui­
ta
non haueſsi a temere alcun diſagio: Io diedi principio à ſcriuere queſte coſe: perche io
haueua
auuertito, che tu haueui fabricato molte coſe, & tutta uia ne uai edificando; &
anche
per lo auuenire ſei per hauer cura, & penſiero delle publiche, & priuate opere ſecon­
do
la grandezza delle coſe fatte, accioche ſiano alla memoria de' poſteri commendate.
Io
ho
ſcritto con diligenza determinati precetti in modo, che da te ſteſſo ponendoui penſie­
ro
poteſti conoſcere quali fuſſero le coſe già fabricate, & come haueſſero a riuſcir quelle,
che
ſi doueſſero fabricare: percioche in queſti uolumi, io ho aperto tutte le ragioni di que
ſto
ammaeſtramento.
Il ſauio & prudente lettore potrà per le parole di Vitr. conſiderare la prudenza, & bontà ſua,
come
di perſona, che eſſendo per beneficij riceuuti obligato & tenuto, dimoſtra gratitudine, &
nella
gratitudine giudicio, offerendo quelle coſe, che poſſono eſſer grate à chi le riceue.
& in ue­
ro
eſſendo tutto il mondo ſotto un principe, l'armi erano ceſſate, & le porte di Giano rinchiuſe.

Il
principe raccolto nella gloria delle belle impreſe da lui ſatte, godeua del ſuo ſplendore, & ſom­
mamente
ſi dilettaua di ſabricare gloriandoſi di laſciar la città (che prima era di pietre cotte) la­
ſtricata
di Marmo.
Fu adottiuo figliuolo di Giulio Ceſare: nacque di Accia, & di Ottauio. Al
coſtui
tempo nacque noſtro Signore.
Fu ueramente buono, & grande appoggio de' uirtuoſi, per
ilche
non tanto per hauere accreſciuto lo Imperio eſſer deue nominato Auguſto, quanto per haue­
re
fauorito gli huomini da bene, & aumentato con lode, & premio ogni uirtù, & dottrina.
A lui
dunque
meriteuolmente conſacra Vitruuio le fatiche ſue, & con ingegno di quelle coſe, & con
quelle
parole lo eſſalta, che ueramente, & ſenza adulatione ſe gli conueniuano.
Et tanto ſia det­
to
, d'intorno la dedicatione dell' opera.
Egli ſi legge in alcuni teſti non Minidio, ma Numidio, &
in
alcuni Numidico.
Io non truouo altra fede, che piu ad uno, che altro modo ſi debbia legge­
re
.
Benche in alcune Medaglie ſi legga eſſere ſtato ſopra la Cecca un L. Muſidio. ma queſto po­
co
c'importa.
io ſono curioſo di dichiarare che coſa è Baliſta, & Scorpione, percioche ſe ne
dirà
nel decimo libro al proprio luogo.
ſi deue (per quanto ſtimo io) confondere l'ordine delle
coſe
.
Venirò adunque a Vitr. ilquale ſecondo il precetto' dell' Arte diffiniſce, e determina, che
coſa
è Architettura, dicendo.
Architettura è ſeienza, di molte diſcipline, & di diuerſi am­
maeſtramenti
ornata, dal cui giudicio s'approuano tutte le opere, che dalle altre Arti com
piutamente
ſi fanno.
Prima, che ſi eſponga, & dimoſtri che coſa è Architettura, dirò la forza di queſto nome, per­
cioche
molto gioua allo intendimento delle coſe, che ſi diranno.
Architettura è nome, che dal
greco
derriua; & è di due uoci compoſto.
La prima ſignifica principale, & capo; La ſeconda
fabbro
, ò artefice.
Et chi uoleſſe bene eſprimere uolgarmente la forza del detto nome, direbbe
capo
maeſtra.
Et però dice Platone, che lo Arch tetto non ſa meſtieri alcuno, ma è ſopraſtan-
1te à quelli, che gli fanno. La doue potremo dire l'Architetto non eſſer Fabro, non maeſtro di
legname
, non muratore, non ſeparatamente certo, & determinato artefice, ma capo, ſopraſtante,
& regolatore di tutt i gli arteficij: come quello, che non ſia prima, a tanto grado ſalito, che egli
non
ſi habbia prima in molte, & diuerſe dottrine, & opere eſſercitato.
Sopraſtando adunque di­
moſtra
, diſegna, diſtribuiſce, ordina, & comanda.
& in queſti uffici appare la dignità dell'Ar­
chitettura
eſſer alla ſapienza uicina, & come uirtù heroica nel mezo di tutte le arti dimorare.

perche
ſola intende le cagioni; ſola abbraccia le belle, & alte coſe: ſola, dico, tra tutte l'Arti
partecipa
delle piu certe ſcienze, come è l'Arithmetica, & la Geometria, & le altre, ſenza le­
quali
(come s'è detto) ogni arte è uile, & ſenza riputatione.
Vedendo adunque Vitr. l'Archi­
tettura
eſſer tale, dice prima ella eſſer {Scienza.} & per Scienza intende cognitione, & rau­
nanza
di molti precetti, & ammaeſtramenti, che unitamente riguardano alla conoſcenza d'un fi­
ne
propoſto.
poi perche in queſto la Architettura conuiene conmolte altre ſcienze, delle quali par
titamente
ſi puo dire, che ciaſcuna ſia cognitione: però Vitr. le attribuiſce alcune differenze,
che
riſtringono quello intendimento uniuerſale, & commune del predetto nome.
& queſto è ufficio
della
uera diffinitione, cioè dichiarire la natura, & la forza della coſa diffinita, inmodo che ella
da
tutte altre coſe diſtinta, & ſeparata ſi conoſca.
& però foggiugne Vitr. {Di molte diſcipline, &
di
diuerſi ammaeſtramenti ornata.} Et diſtingue per le dette parole l'Architettura, da molte par
ticolari
notitie, che uengono da i ſenſi, ſtanno nella iſperienza, & ſi eſſercitano per pratica.

per
queſto anchora è bene diffinita l'Architettura: percioche ſe quiui reſtaſſe la diffinitione, ella
ſarebbe
commune, & piu ampia di quello, che ſi conuiene.
Imperoche l'Arte del dire, la Me­
dicina
, & molte altre Arti, & ſcienze ornate ſono dimolte dottrine, & di diuerſi ammaeſtra­
menti
, come chiaramente per gli ſcritti di Cicerone, di Galeno, & d'altri autori ſi uede.
Riſtri­
gnendo
adunque Vitr. con maggiori proprietà la ſua diffinitione, dice {Dal cui giudicio s'appro­
uano
tutte le opere, che dalle altre arti ſi fanno.} Ecco l'ultima differenza, che ne i ueri, & giu­
ſti
termini, & quaſi confini rinchiude l'Architettura.
percioche il giudicare le opere compiute dal
le
Arti, è proprio di lei, & non d'altre.
L'oratore s'adorna di molte Arti, & diſcipline, &
quelle
grandiſſime, ſono, & belliſſime.
Il ſimigliante fa il Medico; ma l'uno, & l'altro hanno
diuerſi
intendimenti.
l'Oratore s'adorna per potere perſuadere, cioè indurre opinione in ogni ma­
teria
propoſta.
Il Medico per indurre, ò conſeruare la ſanità. Malo Architetto ſolo per giu­
dicare
, & approuare le opere perfette dalle altre Arti: perfette, dico, ouer compiute, come di­
ce
Vitr. però che non ſi può giudicare ſe non le cofe finite, accio niuna ſcuſa ſia dello Artefice.

Vero
è anche queſto, che lo Architetto ſopraſtando mentre che ſi fanno le opere, giudica ſe el­
le
ſi fanno bene, ò male, & approua queſta, et biaſma quella, ſecondo il giudicio, & la cognitio­
ne
, che eglì ha; & forſe queſta è migliore eſpoſitione che la di ſopra.
Dalla diffinitione dell'Ar­
chitettura
, ſi comprende che coſa è Architetto, & ſi conoſce, Architetto eſser colui, che
per
certa, & merauiglioſa ragione, & uia con la mente, & con l'animo ſa determinare, co­
me
con lo inſegnare, & con l'opera condurre à fine quelle coſe, che dal mouimento de i peſidal
compartimento
de i corpi, & dalla compoſitione delle opere à beneficio de gli huomini ſaranno
commendate
. {Architettura è ſcienza ornata di molte diſcipline, & di diuerſi ammaeſtramen­
ti
.} Et per diſciplina intende quello, che i diſcepoli imparano. Et per ammaeftramenti, quello
che
i maeſtri inſegnano.
il parlare è inſtrumento dello inſegnare, & l'udire dello imparare. La dot­
trina
comincia nel concetto di colui, che inſegna, & ſi eſtende ſino alle parole.
la diſciplina co­
mincia
nell'udito di colui, che impara, & termina nel concetto.
Ma bella coſa èil ſupponere'
per
ragione, & dimoſtrare per pratica; in quello è la Dottrina, in queſto è la Eruditione, cioè lo
ſgroſſamento
. {Per lo cui giuditio s'approuano.} Il giudicare è coſa eccellentißima, & non
ad
altri conceſſa, che à i ſaui, & prudenti: percioche il giuditio ſi fa ſopra le coſe conoſciute,
& per quello, {S'approua,} cioè ſi la ſentenza, & ſi dimoſtra, che con ragione ſiè ope­
rato
.
Approua adunque l'Architettura, l'opere fatte dalle altre arti. Opera è quello artificio,
1o lauoro, che reſta ceſſando l'operatione dello Artefice, o finita, o non finita, che ella ſia: come
Operatione
è quel mouimento che egli fa mentre lauora.
Ma Attione s'intende negotio, o ma­
reggio
ciuile, & uirtuoſo, ceſſato che egli ſia, niente reſta di fuori, {Arti.} Qui s'intende
l
'arti in quanto ſi opera, le ragioni delle quali ad eſſa patrona ſi riferiſcono.
Et qui ſia fine alla
diffinitione
dell'Architettura.
nella quale uirtualmente compreſe ſono le belle ucrità dell'Ar­
chitettura
, & de i precetti ſuoi; coſa degna di molta conſideratione.
& perche egli s'intenda
queſto
mirabile ſecreto: Dico, che in ciaſcuna ſcienza la diffinitione del ſoggetto, del qual ſi trat­
ta
, che è quello à cui ſi riferiſce tutto quello che nella ſcienza è trattato, contiene uirtualnunte
le
ſolutioni de i dubij, le inuentioni de i ſecreti, & la uerità delle coſe in quella ſcienza contenu­
te
.
Virtualmente contenere intendo poter produrre una coſa, come il ſeme contiene in uirtu il
frutto
.
La diffinitione adunque del ſoggetto quando è fatta con le ragioni dichiarate di ſopra,
cioè
quando dimoſtra la natura della coſa diffinita, la raccommunanzà, che ha con molte altre
coſe
, & la differenza & propietà che tiene, ha uirtu di far manifeſte le oſcure dimande, che ſo­
no
fatte in quella ſcienza.
& la ragione è, perche la diffinitione del ſoggetto è principio della di­
moſtratione
.
ilquale come precetto dell'Arte eſſer deue uero, utile, & conforme; (come dice
Galeno
) Vero, perche niente ſi comprende, che uero non ſia, come ſe egli ſi diceſſe, il Fele della
chimera
eſſer utile à gli infermi.
queſto non ſi potrebbe comprendere, perche uero non è, che la
chimera
tra le coſe che ſono ſi troui.
Vtile, perche è neceſſario, che egli tenda à qualche fine;
& Vtilità non è altro che riferire le coſe al debito fine, & inuero degna non è del nome di Arte
quella
cognitione, la cui operatione non è utile alla humana uita.
La conformità è poſta nella
uirtu
predetta di produrre.
perche molte coſe hanno in ſe la forza della uerità, che non hanno la
forza
della conformità, & la uirtu conſiſte nell'applicatione, & quelle non hanno ualore d'influi­
re
il lume loro nelle coſe.
Ilche ſi conoſce, che uolendo noi applicare i principij alle coſe, non ſi
raccoglie
alcuna ragione, percioche non ſono conformi, concludenti.
Quando adunque il
ſoggetto
, & le propriet à naſceno da i principij, & cauſe, allhora ui è la conformità.
Vero è
da
tutti giudicato (conoſciuti i termini, come io diceua) che ſe dalle coſe eguali ſi leueranno l'
guali
, ò dalle pari le pari, il rimanente ſarà pari ò eguale.
ſolamente è uero queſto principio,
ma
di ualore grandiſſimo.
percioche egli ſi applica dal Filoſofo naturale a i mouimenti, al tem­
po
, a gli ſpatij: dal Geometra alle miſure, & grandezze; dallo Arithmetico a i Numeri; dal Mu
ſico
a i ſuoni; dal Medico alle uirtu & qualità delle coſe.
Stando adunque cio, che s'è detto, ne
ſeguita
quello, che dirà Vitr. dell'Architettura.
& prima del ſuo naſcimento, & poi delle ſue
conditioni
.
dice adunque. {Eſſa naſce da fabrica, & da diſcorſo.} Queſta conſequenza non
ſi
può conoſcere, ſe prima non ſi fa manifeſto, che coſa è Fabrica, & che coſa è Diſcorſo, però
dice
Vitr. {Fabrica è continuo, & eſſercitato penſiero dell'uſo, che di qualunque materia, che
per
dar forma all'opera propoſta ſi richiede, con le mani ſi compie.
Diſcorſo è quello, che le coſe
fabricate
prontamente, & con ragioneuole proportione puo dimoſtrando manifeſtare.} Diuino
è
ueramente il deſiderio di quelli, che leuando la mente alla conſideratione delle coſe belle, cerca­
no
le cagioni di quelle, & riguardando come dal di ſopra s'accendeno alle fatiche per lo contra­
rio
molti ſono, che con grandiſſime lodi inalzando al cielo i dotti, & letterati huomini, & con
merauiglia
riguardando le ſcienze fanno ogni altra coſa piu preſto che affaticarſi per acquiſtarle.

Sono
anche molti, i quali auenga, che ſappiano eſſer biſogno per l'acquiſto d'una ſcienza partici­
pare
di molte altre, poco però di quelle ſi curano, anzi danno à biaſimo ſe alcuno ſi allo ſtudio
di
quelle.
Queſti come gente trauiata & folle, ſi denno laſciare da parte. Bella coſa è il potere
giudicare
, & approuare le opere de' mortali, come atto di uirtu ſuperiore, uerſo l'inferiore:
niente
di meno pochi ſi danno alla fatica, pochi uogliono adoperarſi, & uſcire delle pelli dell'otio:
& percio non fanno giudicio, & per conſeguente non peruengono al fine dell'Architettura; Ma
ſolo
ſi uanno gloriando di eſſer chiamati Architetti di queſto principe & di quello.
& allegano
non
le ragioni, ma le opere loro, dicendo coſi feci io, coſi ordinai nel tal pallazzo, & nella tal
1chieſa. & non uogliono conſiderare, che non hanno, Geometria, Arithmetica, intende
no
la for za delle proportioni, & la natura delle coſe.
Egli biſogna adunque hauere eſſercitio, &
fabrica
; biſogna diſcorſo.
Il diſcorſo come padre; la Fabrica è come madre dell'Architettu­
ra
. {La fabrica è continuato penſiero dell'uſo.} Ogni artificioſo componimento ha lo eſſer
ſuo
dalla notitia del fine come dice Galeno.
Volendo adunque fabricare, fa di meſtieri hauerc co
noſcimento
del fine.
Fine intendo io quello, a cui s'indrizza la operatione: Et in queſto lo intel­
letto
conſidera, che coſa è principio, & che coſa è mezo.
& truoua che il principio ſi conſide­
ra
in modo di preſidenza, & nel principiare il fine è prima dello agente, perche il fine è quello,
che
muoue all'opera: lo agente è prima che la forma, perche lo agente induce la forma; & la
forma
è prima, che la materia: imperoche la materia non è moſſa, ſe la forma non è prima nel­
la
mente di colui che opera.
Il mezo ueramente è il ſoggetto nel quale il fine manda la ſua ſimi­
glianza
al principio, & il principio la rimanda al fine: però non è concordanza maggiore di
quella
, che è tra'l principio, e'l fine.
oltra di queſto egli ſi comprende che chiunque impediſce il
mezo
, leua il principio dal fine: & che il mezo per cagione del principio s'affatica, & riſpetto
al
fine ſiripoſa.
Volendo adunque fabricare, biſogna conoſcere il fine, come quello, ch'al me­
zo
impone forza, & neceſſità.
Ma per la cognitione del fine è neceſſario lo ſtudio, & il penſa­
mento
: Et ſi come il ſaettatore non indrizzarebbe la ſaetta alla brocca, ſe egli non teneſſe fer­
ma
la mira, coſi l'Artefice non toccarebbe il fine, ſe con la mente altroue egli ſi riuolgeſſe.

L
'uſo adunque è (come s' è detto) drizzare le coſe al debito fine: come abuſo è torcerle da quel­
lo
.
Ma per hauere queſto indrizzamento delle coſe al fine, fa biſogno d'hauere un'altro uſo, ilqua
le
uuol dire Aſſuefattione, laquale non è altro, che ſpeſſa, & frequentata operatione d'alcuna
uirtù
, & potenza dell'anima, o del corpo.
onde egli ſi dice eſſer uſato alle fatiche, eſſer uſato, po­
ſto
in uſo, uſanza, & conſuetudine.
Biſogna adunque eſſer uſo di continuamente penſare al fi­
ne
.
Et però dice Vitr. Fabrica eſſer continuo, & eſſercitato, & come uia trita, & battu­
ta
da paſſaggieri frequentato penſiero d'indrizzare le coſe a fine conueniente.
Et da queſte parole ſi dimoſtra la utilità che era conditione dell'Arte. Ma perche con tanta
ſollecitudine
di penſiero affaticarſi, a che ſenza intermiſſione penſare?
certo non per altro, che
per
manifeſtare in qualche materia eſteriore la forma, che prima era nel penſiero, & nella men­
te
; & però dice Vitr. dando fine alla diffinitione della Fabrica, quella eſſere operatione manife­
ſta
in qualche materia fuori di noi, ſecondo il penſiero, che era in noi.
Vero è, che Fabrica è
nome
commune a tutte le parti dell'Architettura, & molto piu abbraccia, di quèllo che commu
nemente
ſi ſtima, come ſi dirà poi.
Diſcorſo è quello che le coſe fabricate prontamente,
& con ragione di proportione puo dimoſtrando manifeſtare.
Il diſcorſo è proprio dell'huomo, & la uirtu, che diſcorre, è quella che conſidera quanto ſi puo
fare
con tutte le ragioni all'opere pertinenti; & però erra il diſcorſo, quando lo intelletto non
concorda
le proprietà delle coſe atte a fare, con quelle che ſono atte a riceuere.
Diſcorre adun­
que
l'huomo, cioè applica il principio al fine per uia del mezo: ilche, come s'è detto, è proprio
della
humana ſpecie.
Auenga che gli antichi habbiano à gli altri animali conceſſo una parte di
ragione
, & chiamati gli habbiano maeſtri dell'huomo, dicendo, che l'Arte del teſſere è ſtata
preſa
dalla Ragna, la diſpoſitione della caſa, dalla Formica, il gouerno ciuile dalle Api; ma noi
trouamo
, che quelli ſono inſtinti di natura, & non diſcorſi dell'Arte: & ſe Arte ſi deue chia­
mare
la loro naturale, & non auueduta prudenza, perche non ſi potrebbe ſimilmente Arte chia­
mare
la uirtù che nelle piante, & nelle pietre ſi truoua?
Come l'Arte dello Elleboro purgar il fu­
rore
, l'Arte della pietra ne i nidi dell'Aquile, detta Aetite, rilaſciare i parti?
Perche anche
non
ſi potrebbe dire eſſere un'Arte diuina che regge, & conſerua il mondo?
una Celeſte che re­
gola
i mouimenti de i cieli?
una Mondana, che tramuta gli elementi? Ma laſciamo la tralatione
de
i nomi, fatta per la ſimiglianza, & pigliamo la uerità, & la proprietà delle coſe.
Diſcorſo
adunque
è come padre, ſecondo che detto hauemo di ſopra, dell'Architettura: nel quale ui biſo-
1gna ſolertia. Solertia non è altro, che ſubita, & pronta inuentione del mezo. Et quello è me­
zo
, che hauendo conuenienza con gli eſtremi, lega quelli ad uno effetto, & però, nella ſolertia
ſi
puo dire, che ſia la uirtu del ſeme.
La onde Vitr. uſa quella parola. {Prontamente.} Che
nel
latino dice ſolertia.
Ma non è a baſtanza lo eſſer pronto a ritrouare il ucro, però che potreb
be
eſſer quel uero poco atto à concludere, per queſto ſoggiugne. {Con ragione di proportione.}
Che coſa ſia Proportione, egli ſi dirà nel ſeguente capo. Vitr. ha parlato in modo, che quelle
parole
che dicono. {Prontamente, & con ragione di proportione,} ſi poſſono riferire a quella
parola
{Fabricate.} Et il ſentimento ſarebbe che il Diſcorſo poteſſe dimoſtrare, cioè rendere
la
ragione delle coſe fabricate con ſolertia, & proportione, eſſendo l'ufficio dello Architetto
approuare
le coſe ragioneuoli.
Ma ſia quale ſi uoglia il ſenſo, tutto è conforme al uero. piu ſe­
creta
intelligenza ſi tragge anchora dalle coſe dichiarate: & prima che lo Artefice riſpetto al­
l
'opera tiene doppia conſideratione: poi tiene doppia affettione a quelle conſiderationi riſponden­
te
.
La prima conſideratione è una ſemplice notitia uniuerſale, per la quale ſi dice, che l'huomo
ſa
, quanto ſi richiede affine che l'opera rieſca, & niente piu ui aggiugne.
L'altra è una notitia
particolare
, & proſſima all'operare che conſidera il tempo, il modo, il luogo, la materia.
Da
queſta
particolare cognitione naſce una affettione, che muoue l'huomo a comandare, & ad ope­
rare
, come ſecondo la prima conſideratione l'huomo ſi compiaceua, & in uniuerſale abbraccia­
ua
non l'opera, ma la cognitione, & però non è ſufficiente queſta ſola conſideratione: ſola del di­
ſcorſo
, ſola dell'uniuerſale: ma ſi richiede, quella ſeconda notitia, & quella ſeconda affettione
laquale
è ripoſta nella fabrica.
Dichiarita la diffinitione dell'Architettura, & dichiarito il na
ſcimento
di quella, hora uiene Vitr. a formare lo Architetto, coſa molto ragioneuole, & con
ueniente
, come ſi uedrà dal ſeguente.
dice adunque. Dalle dette coſe ne ſegue, che quelli Ar­
chitettori
i quali ſenza lettere tentato hanno di affaticarſi, & eſſercitarſi con le mani, non han
no
potuto fare, che s'habbiano per le fatiche loro acquiſtato riputatione, & quelli, che ne
i
diſcorſi, & nella cognitione delle lettere ſolamente fidati ſi ſono, l'ombra, non la coſa,
pare
che habbiano ſeguitato.
Ma chi l'una, & l'altra di queſte coſe hanno bene appreſo, co­
me
huomini di tutte armi coperti, & ornati, con credito, & riputatione, hanno illoro inten
to
facilmente conſeguito.
Si come alla natural generatione ſi richiede l'uno & l'altro ſeſſo, & ſenza uno di loro niente
ſi
concepe: coſi allo eſſer Architetto che è una artificiale generatione unitamente il diſcorſo,
& la Fabrica ſi richiede.
Et ſe alcuno ſi perſuadeſſe eſſer Architetto con la fabrica ſola, oue­
ro
col diſcorſo ſolo, egli s'ingannerebbe, & ſarebbe ſtimato coſa imperfetta.
Et di gratia ſe uno
haueſſe
il ſapere ſolamente, & uſurpare ſi uoleſſe il nome di Architetto, non ſarebbe egli ſotto­
poſto
alle offeſe de gli eſperti?
non potrebbe ogni manoale (dirò coſi) rimprouerargli, & dirgli
che
fai tu?
dall'altra parte ſe per hauere un lieue eſſercitio, & alquanto di pratica, di ſi gran no
me
degno eſſer ſi credeſſe, non potrebbe uno intelligente, & letterato chiudergli la bocca, di­
mandandogli
conto, & ragione delle coſe ſatte?
& però biſogna eſſer ornati, & armati di tut­
te
arme per acquiſtare la uittoria, & il uanto d'Architetto.
Biſogna eſſer coperto per difeſa,
armato
per offeſa, ornato per gloria, maneggiando la iſperienza con l'Artificio.
perche adun­
que
i puri pratichi non hanno acquiſtato credito?
perche l'Architettura naſce da diſcorſo. per­
che
ſolo i letterati?
percioche l'Architettura naſce da Fabrica. Et però dice Vitr. {Dalle det­
te
coſe.} Cioè dal naſcimento dell'Architettura, che uiene da Fabrica, & da diſcorſo, cioè ope­
ra
, & ragione ne ſegue quello, che egli dice.
Ma in queſto luogo potrebbe alcuno dubitare, &
dire
, ſeu ramente l'Arte è nello intelletto, & nella mente, perche cagione ha detto Vitr. che
quelli
, i quali nel ſapere ſi ſono fidati, l'ombra non la coſa, pare, che habbiano ſeguitato?
Ri­
ſpondo
, che le coſe dello intelletto alla piu parte ombre paiono, & il uolgo ſtima le coſe, in quan­
to
, che a i ſenſi, & a gli occhiſottopoſte ſono.
& non in quanto non appareno. & queſto auuie­
ne
per la conſuetudine, perche le genti non ſono auezze a diſcorrere.
& però l'accorto Vitr. non
1afferma, che i letterati habbiano ſeguitato le ombre: ma dice {Pare} dinotando che il g'udi­
cio
de gli imperiti è fatto ſopra le coſe apparenti.
Et però mi pare, che molti uaneggiano nel de­
cidere
qual ſia piu nobile, o la Scultura, o la Pittura; improche uanno alla materia, al tem­
po
, & a molti altri accidenti, che non ſono dell'. Arte.
perche l'Arte è nello intelletto, la doue
tanto
è pittore, & ſcultore il diuino Michiel Angelo, dormendo, & mangiando, quanto ope­
rando
il pennello, o lo ſcarpello: però egli ſi doueria conſiderare, quale è piu degno habito nello in
telletto
, la Pittura, o la Scultura.
& coſi laſciati i marmi, gli azurri, i rilieui, & le
proſpettiue
, la facilità, ò la difficultà delle dette Arti; & allhora egli ſi potrebbe dire qualche
coſa
, che haueſſe del buono ma hora non è tempo di decidere queſta quiſtione.
Dice adunque
Vitr
. che l'Arte non deue eſſer ocioſa, ma con eſſa lei eſſer neceſſarie le mani; & queſto approua
con
altre parole dicendo.
Perche ſe in ogni altra coſa, come ſpecialmente nell'Architettu
ra
, queſte due parti ſi truouano cioè la coſa ſignificata, & quella, che ſigniſica, la coſa ſi­
gnificata
, è l'opera propoſta, dellaquale ſi parla.
Quella, che ſigniſica è la proua, & il
perche
di quella, con maeſtreuole ragione di dottrina eſpreſſo, & dichiarito.
Trale Arti ne ſono alcune, il fine delle quali non paſſa oltra la conſideratione delle coſe a quel
le
ſoggette, come ſono le Mathematiche.
Alcune ſono che oltre la conſideratione uengono alla
operatione
, ma ceſſando l'operatione niente reſta di fatto.
Come è l'arte del ſuonare, & del ſal­
tare
, & altre ſimiglianti.
Sonoui alcune che dietro a ſe laſciano alcuna opera, o lauoro, come è
l
'Arte Fabrile, & l'Arte del fabricare.
Appreſſo ue n'ha che a prendere, & acquiſtare ſi ,
come
la caccia delle fiere, l'uccellare, & la peſcagione, in fine altre non a conſiderare, non a fi­
nire
, non a pigliare intente ſono.
Ma correggono, & emendano gli errori, & i danni delle coſe
fatte
, & quelle racconciano; come forſe è la medicina, ſecondo Galeno.
Con tutte le predette
Artianzi
ſopra tutte è l'Architettura, come giudice, ch'ella è di ciaſcuna.
La onde è neceſſa­
rio
, che in eſſa ſi conſideri alcuna coſa fatta, o da eſſer fatta, & la ragione: Et però due coſe ſo­
no
, l'una è la ſignificata, & propoſta opera, l'altra è la ſignificante cioè dimoſtratiua ragione.

Tutti
gli effetti adunque, tutte le opere, o lauori delle Arti, tutte le concluſioni di tutte le ſcien
ze
ſono le coſe ſignificate; ma le ragioni, le proue, le cauſe di quelle ſono le coſe ſignificanti.
Et
queſto
è, perche il ſegno ſi riferiſce alla coſa ſignificata: lo effetto alla cauſa: La concluſione alla
proua
.
Ma per dichiaratione dico, che ſignificare è per ſegni dimoſtrare, & ſegnare è imprime
re
il ſegno.
La doue in ogni opera da ragione drizzata, & con diſegno finita, è impreſſo il ſe­
gno
dello Artefice, cioè la qualità, & la forma, che era nella mente di quello.
percioche lo
Artefice
opera prima nello intelletto, & concepe nella mente, & ſegna poi la materia eſteriore,
dello
habito interiore {Specialmente nell'Architettura.} Percioche ella ſopra ogni arte ſigni­
fica
cioè rappreſenta le coſe alla uirtu, che conoſce, & concorre principalmente a formare il con
cetto
ſecondo la ſua intentione: & queſto è proprio ſignificare.
Ma l'eſſer ſignificato è proprio
eſſer
rappreſentato al ſopra detto modo.
De i ſegni alcuni ſono coſi adentro, che ueramente ſono
come
cagioni delle coſe.
Altri fanno una ſoperſiciale, & debile iſtimatione di quelle. Lo Ar­
chitetto
laſcia queſti ultimi ſegni all'oratore, & al poeta, & inſieme con la Dialettica, che è
modo
dello artificioſo diſcorſo abbraccia quelli, perche ſono neceſſarij, intimi, & concludenti.
Donde adiuiene, che chi fa profeſsione di Architetto pare, che nell'una, & ne l'altra
parte
eſſer debbia eſſercitato.
Ogni agente nel grado, che egli tiene deue eſſer perfetto, accioche l'opera compita, & per­
fetta
ſia.
Tre ſono gli agenti, Diuino, Naturale, Artificiale: cioè Iddio, la natura, l'huo­
mo
.
Noi parleremo dell'huomo. Se adunque l'Architettura è coſi eccellente, che ella giudica
l
'opere delle Arti, biſogno fa, che lo Architetto ſia in talmodo formato, che egli poſſa far
l
'ufficio del giudicare: Et però direi, che le infraſcritte coſe gli ſono neceſſarie.
Prima, che egli
ſia
di natura docile, & perſpicace, cioè, che dimoſtratagli una coſa molto ageuolmente & pre­
ſto
l'apprenda.
Et benche di natura diuina è colui, che da ſe troua, & impara, non è però di
1poca lode, chi preſto s'ammaeſtra: come è d' infima conditione, chi da ſe ſteſſo per opera
de
'maeſtri apprende.
Queſte buone conditioni ſono da Vitr. nelle dette parole compreſe.
Donde adiuiene, che chi fa profeſsione d'Architetto pare che nell'una & l'altra parte eſ­
ſer
debbia effercitato cioè nella coſa ſigniſicata, & nella ſigniſicante. Poi ſegue.
Doue & ingenioſo, & docile biſogna che egli ſia, percioche lo ingegno ſenza lo am
maeſtramento
, lo ammaeſtramento ſenza lo ingegno puo fare l'huomo eccellente.
Lo ingegno ſerue & alla inuentione, che fa l'huomo da ſe ſteſſo, & alla dottrina, che egli
impara
da altri.
Rare fiate adiuiene, che uno ſia inuentore, & compito fattore d'un'arte, cioè, che
ritroiti
, & riduca a perfettione tutto un corpo d'un'arte.
però ben dice Vitr. che ſenza lo ingegno lo
ammaeſtramento
, & ſenza lo ammaeſtramento lo ingegno non fa l'huomo eccellente.
La ſeconda
conditione
dello Architetto, èla educatione, & lo eſſercitio da primi anni fatto, nelle prime
ſcienze
.
prime chiamo l'Arithmetica, la Geometria, & l'altre diſcipline. Queſte hebbe Vitr.
per
opera de i ſuoi progenitori, come egli confeſſa nel proemio del ſeſto libro.
La terza condi­
tione
è l'hauere udito, & letto i piu eccellenti, & rari huomini, & ſcrittori, come fece
Vitr
. il quale atteſta nel proemio del ſecondo libro, quello, che io dico, dicendo.
Io eſponerò ſeguitando gli ingreſsi della prima natura, & di quelli, che i principij del
conſortio
humano, & le belle, & fondate inuentioni, con gli ſcritti, & regole dedicaro­
no
, & però come io ſono da quelli ammaeſtrato, dimoſtrerò.
Et queſto è quanto appartiene a gli ſcrittori, & alla lettione de i buoni; ma quanto al­
la
preſenza, & all'udita dice nel proemio del ſeſto libro hauere hauuto ottimi precettori.

La
quarta conditione è la toleranza delle fatiche, & il continuo penſiero, & ragiona­
mento
delle coſe pertinenti all'arte.
Difficilmente ſi truoua ingegno eleuato, & manſue­
to
.
Vitruuio hebbe acuto ingegno, & ſofferente: però dice. Et dilettandomi delle co­
fe
pertinenti al parlare, & alle arti, & delle ſcritture de'commentarij.
Io ho acquiſtato
con
l'animo quelle poſſeſsioni, dalle quali ne uiene queſta ſomma di tutti i frutti, che
io
non ho piu alcuna neceſsità, & che io ſtimo, quella eſſer la proprietà delle ricchezze
di
diſiderare niente piu.
La quinta conditione è di non deſiderare altro, che la uerità, altro hauere dinanzi a gii
occhi
, & per meglio conſeguirla, euui la ſeſta conditione, che conſiſte nello hauere una uia ragio
neuole
di ritrouare il uero, & quella uia poco ci giouerebbe ſenza la ſettima conditione, che è
poſta
nell'uſo della detta uia, & nell'applicatione di eſſa.
Che Vitr. fuſſe ſtudioſo del uero; che
egli
haueſſe la regola di trouarlo; & che finalmente ſapeſſe uſare la detta regola, molto bene ap­
pare
nel ſuo procedere ordinatamente, nel ſignificar le coſe, nel dar forma, & perfettione a tut­
to
il corpo dell'Architettura.
Le dette conditioni ſi deduceno da i principij detti di ſopra, cioè dalla
diffinitione
dell'Architettura, & dal ſuo naſcimento, come ſi puo conſiderando uedere.
Ma noi a
Vitr
. il quale narra quante coſe fanno biſogno all'Architetto, & quali, & perche cagione, & in
che
modo.
Appreſſo biſogna che egli habbia lettere, perito ſia nel diſegno, erudito nella
Geometria
, non ignorante della proſpettiua, ſappia l'Arithmetica, conoſca molte hiſtorie,
udito
habbia con diligenza i filoſofi, di Muſica, di Medicina, delle leggi, delle riſpoſte de
Iure
conſulti ſta intelligente, & finalmente rozo non ſia nel conoſcere la ragione del cie­
lo
, & deile ſtelle.
Poi che Vitruuio ha detto quante, & quali coſe ſono neceßarie per formare un'eccellente Ar­
chitetto
dice perche ragione coſi biſogno ſia & partitamente di ciaſcuna ne rende conto dicendo.
Ma perche coſi biſogno ſia, queſta è la ragione. E neceſſario che lo Architetto hab­
bia
lettere, accioche leggendo gli ſcritti libri, commentari nominati, la memoria ſi fac­
cia
piu ferma.
Il giudicare è coſa da prudente; la prudenza compara le coſe ſeguite con le inſtanti, & fa ſti­
ma
delle ſeguenti.
Le coſe ſeguite per memoria ſi hanno, però è neceßario a quell' ufficio di giudi-
1care che apartiene allo Architetto hauere memoria ferma delle coſe, & la memoria ferma ſi fa
per
la lettione, perche le coſe ſtanno fermamente ne gli ſcritti: però biſogna, che lo Architetto
habbia
la prima arte, detta cognitione di lettere, cioè del parlare, & dello ſcriuere drittamente.

Egli
ſi ferma adunque la memoria con la lettione de'commentarij.
il nome iſteßo lo dimoſtra, per­
cioche
Commentario è detto, come quello, che alla mente commetta le coſe, & è breue, & ſuc­
cinta
narratione di coſe; la doue con la breuita ſouuiene alla memoria.
Biſogna adunque leggere,
& le coſe lette, per la mente riuolgere; altrimenti male ne auuerrebbe dalla inuentione delle let­
tere
(come dice Platone) percioche fidandoſi gli huomini ne gli ſcritti, ſi fanno pigri, & negli­
genti
.
Vitr. hebbe cognitione di lettere Greche, & latine; usò i uocaboli Greci, & confeſſa
hauere
da Greci molte belle coſe ne i ſuoi commentarij traportate.
In queſto modo io dichiaro ha
uere
cognitione di lettere: perche piu ſotto pare, che Vitr. coſi uoglia: eſponendo cognitione di
lettere
eſſer la Grammatica.
Altri intendono l'arti ſcritte: ma io uedo, che l'arti ſcritle ſenza
Grammatica
, & letteratura non ſi hanno.
Et forſe dal non intendere le lettere è nata la difficul­
di intendere Vitr. & la ſcorrettione de i teſti.
Appreſſo habbia diſegno, accioche con di­
pinti
eſſempi, ogni maniera d'opera, che egli faccia formi, & dipinga.
Tutte le Matematiche hanno ſottopoſte alcune arti, le quali, nate da quelle, ſi danno alla pra
tica
, & all'operare.
Sotto l'Aſtronomia è la nauigatione. Sotto la Muſica è quella pratica di
cantare
, & di ſuonare diuerſi inſtrumenti, ſotto l'Arithmetica, è l'abaco, & l'algebra.
Sotto
la
Geometria è la perticatione, & l'arte di miſurarei terreni.
Sono anche altre arti nate da piu
di
una delle predette, come è la pratica della proſpettiua.
Vitr. uuole che non ſolamente habbia­
mo
quelle prime, & communi, che rendeno le ragioni delle coſe; ma anche le pratiche, & gli eſ­
ſercitij
naſciuti da quelle.
& però quanto al diſegno uuole che habbiamo facilità, & pratica, &
la
mano pronta a tirar dritte linee.
& uuole, che habbiamo la ragione di quelle: che altro non è
che
certa, & ferma determinatione concetta nella mente eſpreſſa con linee, & anguli, approua­
ta
dal uero.
il cui ufficio è di preſcriuere a gli edificij luogo atto, numero certo, modo degno, & or
dine
grato.
Queſta ragione non ua dietro alla materia, ma è la iſteſſa in ogni materia. perche
la
ragione del circolo, è la medeſima nel ferro, nel piombo, in cielo, m terra, & nell'Abiſſo.
Fa
dunque
biſogno hauere la peritia de i lineamenti, che Vitr. chiama {Peritiam graphidos} che
è
peritia de i lineamenti, che ſerue a pittori, ſcultori, intagliatori, & ſimiglianti.
La quale in
quel
modo ſerue alle arti predette, che le Mathematiche ſerueno alla Filoſofia.
Queſta peritia
contiene
la dimenſione, & la terminatione delle coſe, cioè la grandezza, & i contorni.
la gran­
dezza
s'ha per le ſquadre, & per le regole, che in piedi, & once diſtinte ſono.
Il contorno ſi pi­
glia
con uno inſtrumento del Raggio, & del finitore compoſto, del quale ne tratta Leon Battiſta:
& da quello ſi piglia de comparationi di tutte le membra alla grandezza di tutto il corpo; le diffe­
renze
, & le conuenienze di tutte le parti tra ſe ſteſſe, alle quali la pittura aggiugne i colori, &
le
ombre.
Biſogna adunque, che lo Architetto habbia diſegno. Ilche ſi uede per le coſe dette
nel
quinto libro al ſeſto capo, della conformatione del Theatro.
Similmente all'ottauo del detto li­
bro
, doue ſitratta della diſcrittione delle ſcene.
Et al quarto del ſeſto, & in molti luoghi, doue
ſi
puo uedere quanto neceſſaria ſia la pratica del diſegno, la qual pratica è preſa dalla Geometria,
come
quando biſogno è di pigliare una linea a piombo ſopra un'altra, formare gli angoli dritti,
partirgli
, & miſurargli, & fare le figure di piu lati, trouar il centro di tre punti, parti­
re
un piano, & ſimili altre coſe, che giouano à far le piante, & i rilieui, & miſurare i
corpi
regolari, & irregolari, le quali tutte coſe alla data apritura della ſeſta con ragione, &
con
opera ſi poſſono dimoſtrare, & fare.
Et però dice Vitruuio che, La Geometria gioua
molto
allo Architetto, perche ella inſegna l'uſo della linea dritta & circolare, dal che poi
ageuolmente
ne i piani ſi fanno i diſegni de gli edificij, & le dritture delle ſquadre, dei
liuelli
, & de i lineamenti.
L'Arte del miſurare è detta Geometria; & benche il ſoggetto delle Mathematiche ſia la
1quantità intelligibile, il che ſe non fuſſe, biſognarebbe per ogni quantità naturale fare una ſcien
tia
di nuouo; non dimeno la Geometria gioua al diſegno, & alla pratica per la ſua uirtu & for
za
.
come ſi uede nella uoluta del capitello Ionico, nel compartimento delle Metrope, & Tri­
gliphi
nell' opera Dorica, & in molte proportionate miſure.
Oltra di queſto perche egli adiuie­
ne
, che è neceſſario liuellare i piani, quadrare, & drizzare i terreni, però biſogna hauere la
Geometria
; come ſi uede nel liuellar delle acque nell' ottauo, nella diuiſione delle opere nel
primo
; nel miſurar i terreni nel nono; & finalmente in ogni parte: doue egli ſi puo dire, che la
Geometria
è madre del diſegno, & è la ragione di quello, laquale è poſta in ſapere la cagio­
ne
de gli effetti fatti con la regola, & col compaſſo, che ſono le linee dritte, le piegate, gli
archi
, i uolti, le corde, & le dritture, per uſare i nomi della prattica.
la Geometria adun
que
dal punto procede, le linee diſteſe, le torte, le pendenti, le trauerſe, l'equidſtanti, gli
inguli
giuſti, larghi, & ſtretti, le punte, i circoli intieri, imperfetti, & compoſti.
le figure
di
piu lati, le ſoperficie, i corpi regolari, & irregolari, le piramidi, le sfere, l'aguglie, li ta­
gli
, & altre coſe che alle colonne, a gli architraui, alle cube, tribune, lanterne, & a mol­
te
altre parti appartengono.
& a queſto modo la Geometria è neceſſaria allo Architetto. &
queſta
hebbe Vittr. come appare in molti luoghi, & ſpecialmente nel vi.
& viij. libro. Per la
Proſpettiua
anche nelle fabriche ſi pigliano i lumi da certe & determinate parti del Cielo.
Proſpettiua è nome del tutto, & nome della parte. Proſpettiua in generale è quella che di­
moſtra
tre ragioni del uedere, la dritta, la rifleſſa, la rifranta.
nella dritta ſi comprende la ca­
gione
de gli effetti che fanno le coſe uiſibili medianti i lumi poſti per dritto.
la rifleſſa è la ra
gione
del riſalimento, & rinuerbero de i raggi, che ſi fa come da gli ſpecchi piani, caui, ri­
torti
, riuerſci, & altre figure.
La rifranta è la ragione delle coſe che appareno per mezo di
alcuna
coſa lucida & trapparente, come ſotto l'acqua, per lo uetro: oltra le nubi, & queſta
proſpettiua
ſi chiama proſpettiua de i lumi naturali, ſpeculatina, & di grande conditione tra
le
parti della Filoſofia: perche il ſuo ſoggetto è la luce giocondiſſima alle uiſte & a gli animi
de
mortali.
La doue eſſendo noi nelle ſtanze rinchiuſi per difeſa del freddo, & del caldo, ne­
ceſſario
è, che habbiamo la diletteuoliſſima preſenza della luce, & del lume, ſia egli o dritto,
o
rifleſſo: & però è neceſſario, che lo Architetto habbia la proſpettiua.
Ma quando queſto
nome
è nome di parte, egli riguarda alla pratica, & ſuol fare coſe merauiglioſe, dimoſtran­
do
ne i piani politi i rilieui, le diſtanze, il fuggire, & lo ſcorcio delle coſe corporali: però
nel
terzo libro al ſecondo capo uuole Vitruuio, che le colonne de i portici, che ſtanno ſu le can
tonate
ſieno piu groſſe, che quelle, che nel mezo trapoſte ſono: percioche lo aere circonſtante
diminuiſce
, & leua della uiſta, & mangia dirò coſi della groſſezza delle colonne angolari.
&
nel
fine del detto libro comanda, che tutte le membra ſopra i capitelli, come ſono Architraui,
Fregi
, Gocciolatoi, Frontiſpicij ſiano inclinati per la duodecima parte ciaſcuno della fronte
ſua
: & queſto ſolo per la ueduta, come ſi dirà.
Vuole altroue che le colonne canellate appa­
rino
piu groſſe, che le ſchiette.
& in ſomma la pittura delle Scene tutta è poſta in queſta parte
di
proſpettiua, dal che ella ne prende il nome, & ſi chiama Scenografia, come ſi dirà nel quinto
libro
.
Per queſte coſe ſi comprende, & che la proſpettiua è neceſſaria allo Architetto, & che
Vitruuio
di quella non è ſtato imperito.
Col mezo della Arithmetica ſi fa la ſomma delle
ſpeſe
, ſi dimoſtra la ragione delle miſure, & con modi, & uie ragioneuoli ſi trouano le
difficili
queſtioni delle proportionate miſure.
Il uulgo ſtima quelle pratiche naſciute dalle Mathematiche che noi ſopra dicemmo, eſſer ue­
re
Arti, & eccellentiſſime uirtuti; ilche non è: percioche non rendeno le ragioni delle coſe, ben­
che
dimoſtrino effetti diletteuoli, & belli.
Vitru. (come ho detto) abbraccia, & la principa­
le
, & la meno principale, come ſi uede nella Arithmetica, & nella predetta ragione della
Geometria
, & del diſegno.
l'Abaco prima è uennto dalla uera Arithmetica, & queſto è ne­
ceſſario
per far conto delle ſpeſe, imperoche uano ſarebbe il diſegno, uana la fatica del princi-
1piare, ſe l'opera per alcuno impedimento non poteſſe andar inanzi, & tra gli impedimenti la ſpe
ſa
è il maggiore: però nel proemio del decimo libro loda Vitr. la legge de gli Efeſii, della pena de
gli
Architetti, che faceuano ſpendere a i conduttori molto piu di quello che haueuano affer­
mato
, & promeſſo.
Ma benche ageuolmente ſi faccia il conto, non però ageuolmente ſi cono­
ſce
, ſopra che egli ſi debbia fare: & però Vittr. nel predetto proemio dice che ſolamente quel­
li
farebbono profeſſione di Architetto, i quali con ſottigliezza di dottrine fuſſero prudenti.

Ma
piu adentro penetrando, oltra la pratica del numerare, che conſiſte nella rappreſentatione
de
i numeri, nel raccogliere, nell'abbattere, nel moltiplicare, nel partire, nello raddoppiare,
nello
ſmezare, nel cauare le radici ſi de gli intieri, come de i rotti, & anche in una certa,
& ordinata ſalita di raccogliere, che ſi chiama Progreſſione.
utile è l'Arithmetica a dimo­
ſtrare
le ragioni delle miſure, & a ſciorre le dubitationi, che per Geometria ſono inſolubili, co­
me
nel nono libro ci dimoſtra hauere & Platone, & Pithagora, & Archimede ritrouato
molte
coſe mirabili.
Et in uero uero è quello, che dice Platone, che gli huomini di natura
Arithmetici
ſono atti ad ogni diſciplina, come quelli, che in ſe habbiano prontezza, & al­
tezza
di ſpirito.
Ma perche cagione Vitr. tocca di queſte cognitioni & le ſpeculatine, & le
pratiche
?
certo non per altro, che per dimoſtrare eſſer uero, quanto egli ha detto di ſopra,
cioè
che ſi ricerca diſcorſo, et fabrica.
et che in ogni arte è la coſa ſignificata, et la ſignificante.
La cognitione della iſtoria fa, che ſi ſa la ragione di molti ornamenti che ſogliono fa
re
gli Architetti nelle opere loro. Vitr. è chiaro per gli eſſempi, che egli , dicendo.
Come ſe alcuno poſto haueſſe in luogo di colonne le ſtatue feminili di marmo, quel­
le
che Cariati ſono chiamate, ueſtite di habito lungo, & matronale.
& ſopra quelle poſto
haueſſe
i modiglioni, & i goccialatoi, coſi di tal'opra, a chi ne dimandaſſe, ne ren­
derebbe
ragione.
Caria Città della Morea ſi congiunſe con Perſiani contra la Grecia.
i
Greci con la uittoria glorioſamente dalla guerra liberati di commune conſiglio ſi moſ­
fero
contra i Cariati, & preſa la loro fortezza, ucciſi gli huomini, & ſpianata la terra,
per
iſchiaue leuorno le matrone loro, non ſopportando, che quelle deponeſſero gli ha­
biti
, & gli ornamenti di matrone, accioche non in uno ſolo trionfo condotte fuſſero,
ma
con eterno eſſempio di ſeruitu da grande ſcorno oppreſſe, per tutte le Città loro pa­
reſſero
portare la pena, gli Architetti de que tempi ne i publici edificij poſero le imagini
di
quelle matrone per ſoſtenimento de i peſi, accioche alla memoria de i poſteri la cono­
ſciuta
pena de gli errori de' Cariati commendata fuſſe.
Noi adunque dalle parole di Vitr. prenderemo argomento di ornare gli edificij con la memo
ria
di que fatti, che grati ſaranno a que Principi ouero a quelle republiche, le quali noi uorre­
mo
honorare, & honorandole a noi grate rendere, & fauoreuoli.
come ſteſſero ſotto i peſi quel
le
matrone Vitr. non dichiara.
prendeſi argomento da Atheneo dotto, & diletteuole ſcrittore,
che
ſteſſero col capo ſottopoſto, & con la ſiniſtra mano leuata al ſoſtenimento de i peſi.
Ma
non
ci douemo obligare a credere che ſolamente le Cariati ſteſſero in quella maniera.
ben loda­
remo
lo ingegno di Vitr. che dimoſtrando la iſtoria eſſer neceſſaria allo Architetto, egli habbia uo
luto
narrare con forma, et idea iſtorica, queſto fatto de Greci et il ſeguente de' prigioni Perſiani.
Similmente i Lacedemonij ſotto Pauſania figliuolo di Egeſipolide dopo il fatto d'arme
di
Platea, hauendo con poca gente ſuperato il numeroſo eſſercito de' Perſiani, & con gran
gloria
trionfato: de i dinari tratti delle ſpoglie, & della preda, fabricorono in luogo di
trofeo
della uittoria il portico Perſiano dimoſtratore della lode, & della uirtu de i cit­
tadini
.
& in quel portico poſero i Simulachri de i prigioni con l'ornamento barbaro del
ueſtire
, che ſoſteneuano il tetto, hauendo con meritato diſpregio la loro ſuperbia ca­
ſtigato
: afſine che i nimici cagione haueſſero di temere impauriti della fortezza loro, &
i
cittadini guardando in quello eſſempio di uirtu, dalla gloria ſolleuati alla difeſa della li
bertà
pronti fuſſero, & preparati: la doue ne gli anni ſeguenti molti cominciorno a por-
1re le ſtatue Perſiane, che ſoſteneuano gli Architraui, & i loro ornamenti: & d'indi traſſero
argomento
di accreſcere nelle opere marauiglioſa uarietà di maniere.
Di ſimiglianti altre
ne
ſono, delle quali biſogna che lo Architetto ne ſia bene informato.
Come ſi legge della inuentione del capitello Corinthio nel quarto, & d'altri effetti, che ſi ue
dranno
leggendo.
egli ſi ha nel primo libro di Tucidide Pauſania Spartano figliuolo di Cleom-
2[Figure 2]
broto capitano de Greci. Plutarco citando Chiſiferno nelle comparationi de Romani, & de i
Greci
, narra, che diſcorrendo i Greci per la Perſia, & facendo di molte prede Pauſania duce de
Lacedemonij
riceuè quaranta talenti d'oro da Xerſe, accioche gli tradiſſe la Grecia.
la qual co
ſa
poi, che ſi riſeppe, hauendo Ageſilao padre perſeguitato il figliuolo fin' al tempio di Pallade
& edicalcha otturò con mattoni le porte del tempio, & iui per fame lo fece conſumare: & la
1madre lo laſciò inſepolto. Queſto dice Plutarco diuerſamente da Tucidide. Soleuano i Greci
nel
luogo oue haueuano poſto in fuga, & ſuperati i nemici tagliare i rami de gli alberi, & orna­
re
i tronchi di ſpoglie hoſtili, per ſegno, & raccordanza della uittoria; quel tronco coſi adorno
ſi
chiamaua trofeo, come in Tucidide ſi legge in molti luoghi.
I Lacedemonij hauendo uinto i Per­
ſiani
, in uece di trofeo, fecero coſa piu illuſtre, & memorabile, percioche de i dinari tratti del­
le
uendute ſpoglie, che ſi chiamano Manubie, & della preda, che è tutto il corpo del butino,
fecero
il portico detto Perſiano, del quale Pauſania ne i Laconici ne fa mentione.
Ragiona
anche
nell'Attica della ſtirpe di Pauſania, & nell'Arcadia dice, che Pauſania figliuolo di
Cleombroto
duce de Plateſi, hebbe impedimento di eſſer chiamato benemerito della Grecia per
le
ribalderie, che egli fece dapoi.
Dalle iſtorie adunque lo Architetto prende occaſione, di ador
nare
le opere ſue, come anche Vitr. in molti luoghi adorna i uolumi ſuoi, come nel ſeſto capo del
primo
, nel nono del ſecondo, nel primo del ſeſto, & ne i proemi de i ſuoi libri, & altroue è pie­
no
di belliſſimi ammaeſtramenti tratti dall'iſtorie.
3[Figure 3]
La Filoſofia fa lo Architetto d'animo grande, ſenza arroganza, piaceuole, giuſto, &
fedele
, non auaro; il che è coſa grandiſsima: la doue ſenza fede, & caſtità niuna coſa
1ueramente ſi può fare. La Filoſofia oltra di queſto non laſcia entrare la cupidita, ne per­
mette
che l'animo ſia occupato in riceuer doni, ma fa che con grauità ſi difenda la pro­
pria
dignità, & ſe ne riporti buon nome.
La Filoſofia dimoſtra allo Architetto il modo di uiuere accoſtumatamente; perche nella Filoſo
fia
, che è amore & ſtudio di ſapienza, cioè del bene, & del uero, & la ſpeculatione delle coſe,
& la Regola delle attioni: l'una & l'altra è neceſſaria allo Architetto.
Quanto alla regola
delle
attioni dice Vitr. che la Filoſofia è neceſſaria allo Architetto, perche la Filoſofia ua facen­
do
l'Architetto d'animo grande, per abbracciare le grandi impreſe, come per non temere le
graui
offeſe.
Ma perche pare che la grandezza dello animo apporti il diſprezzo altrui, & una
certa
ſeuerità, & arroganza: però ſia lo Architetto di grande animo ſenza arroganza, che è
uitio
oppoſto alla uerità, che oltra il debito attribuiſce a ſe.
ſia piaceuole nell'udire, & ſatisfa­
re
alle dimande de gli imperiti, nel ſopportare i loro difetti.
Ma perche la facilità di natura,
& la piaceuolezza puo piegare alla ingiuſtitia: però come maeſtro di proportione ſia egli giu­
ſto
, & eguale ad ognuno, & nella egualità ſia fedele nel conſigliare, non ſia auaro nel pigliar
doni
, cupido nel deſiderargli.
Con queſte conditioni lo Architetto, conſeruerà il grado,
reſterà
honorato, & con ſua fatica uiuendo accomodato, dopo ſe laſcierà fama immortale.
Et però
Vitr
. hauendo conoſciuto in ſe ſteſſo quanto ſia l'ornamento delle predette uirtù, & brutta la
macchia
de gli oppoſti errori, dimoſtra in molti luoghi dell'opera ſua ſtimare piu la uerità che
le
ricchezze, piu la gloria che l'utile, & biaſima gli adulatori, arroganti, & auari Ar­
chitetti
, come da i proemi de i libri ſuoi ſi puo uedere, i quali ueramente ſe fuſſero uno
proemio
ſolo a tutti i uolumi ſi deono leggere inanti, & molto bene conſiderare.
La Filo­
ſofia
adunque ci gioua alla uirtu de i coſtumi, ſimilmente ci gioua quanto alla parte poſta
nella
cognitione del uero, come dice Vitruuio.
Appreſſo la Filoſofia ci eſplica la ſcienza delle coſe naturali, che da Greci è detta phy­
ſiologia
, laquale è neceſſario che lo Architetto con ſtudio maggiore habbia conoſciuto;
come
quella che in ſe contenga molte & diuerſe dimande naturali; come anche ſi uede nel
condurre
le acque.
percioche ne i corſi, nelle uolte, & nelle sboccature, & uſcite nei
piani
liuellati, gli ſpiriti naturali a molti modi ſi fanno, a i danni, & difetti delle quali
coſe
niuno potrà rimediare ſe non chi dalla Filoſofia haurà preſo i principij dalla natura
delle
coſe.
Oltra di queſto chi leggerà i uolumi di Cteſibio, o di Archimede, & de gli
altri
, che hanno laſciato ne gli ſcritti precetti di queſta maniera, non anderà nella loro
opnione
, ſe prima di coſe tali non ſarà da Filoſofi ammaeſtrato.
Vna parte della Filoſofia natur ale è chiamata iſtoria naturale, & l'altra ſcienza natura­
le
.
l'iſtoria è ſimplice narratione de gli effetti di natura. Lo eſſempio ſi puo da gli ſcritti di
Plmio
commodatamente pigliare, percioche egli narra ſemplicemente tutto quello che ſi tro­
ua
delle coſe fatte dalla natura, cominciando dal mondo, & dalle ſue parti principali, come
ſono
i cieli, & gli elementi.
uiene poi al particolare delle parti della terra, delle pietre, de
i
metalli, delle piante, de gli Animali, & del huomo, che è fine di tutte le coſe.
La ſcien
za
naturale è cognitione delle cauſe; & de i principij di tutte le predette coſe, della quale
con
ordine, & con dottrina mirabile il buon, Ariſtotile ne tratta.
tanto l'iſtoria, quanto la ſcienza
naturale
, è utile allo Architetto.
Vitr. hebbe l'una, & l'altra quanto faceua al biſogno, come
ſi
uede nel quarto capo del primo libro, doue ſi tratta de i principij delle coſe; & nell'ottauo
libro
, & nel ſecondo prima, & finalmente per tutta l'opera, doue egli parla de gli alberi,
delle
pietre, delle minere, de gli animali, della uoce, dell'udito, & del uedere, & di mol
te
opere di natura, le cagioni delle quali ſono a molti propoſiti ricercate, & ſpecialmente nella
materia
delle acque, come ſi uederà nell'ottauo libro.
Della Muſica eſſer deue intelligente lo
Architetto
, accioche egli conoſca la regolata ragione, & la Mathematica, & accioche
dirittamente
caricare & temprare ſappia gli inſtrumenti da pietre o ſaette dette baliſte,
catapulte
, & ſcorpioni.
1
Dimoſtra Vitr. che & quanto alla pratica, & quanto alla ragione la Muſica è utile allo
Architetto
, per quelle parole {Regolata} che nel latino ſi dice {Canonica,} & Mathema­
tica
.
La Canonica appartiene alle orecchie, come la proſpettiua a gli occhi. & è preſa da Mu
ſici
pratichi, come fondamento della loro arte uſitata.
& è quella, che miſura le altezze, &
le
lunghezze delle uoci.
L'altezza delle uoci da' Greci è detta Melos, cioè canto, & la mi
ſura
del durare, & del tenere la uoce, è chiamata rithmus, cioè numero, che è miſura del
tempo
.
Tiene la canonica un'altra parte, che è detta Metrica, che è Arte del miſurato com­
ponimento
, & legato alla quantità delle ſillahe; onde a differenza del parlar ſciolto è detta Ar
te
di far ucrſi.
Canonica uuol dire regolata, o regolatrice, come afferma Boetio; percioche egli
non
ſi deue dare tutto il giudicio a i ſenſi humani, fallaci, & alterabili per ogni minima offe­
ſa
, benche ſiano principij, cioè occaſioni delle Arti, & ci facciano auuertiti di molte coſe: pe­
la perfettione, & la forza del conoſcere è poſta nella ragione, la quale con certe regole re­
giſtra
dirò coſi, gli inſtrumenti Muſicali.
La Mathematica ueramente laſcia affatto il ſenſo, &
s
'inalza alla ſpeculatione de i numeri ſonori, & de i modi, & delle idee & maniere delle can­
zoni
, & de i meſcolamenti poſſibili de i tempi delle ſillabe, & forſe piu alto ſalendo la hu­
mana
, & mondana conuenienza de i cieli, & l'harmonia delle anime, & de i corpi ua conſi
derando
.
Nel quinto libro ne ragionaremo alquanto, dichiarando quanto ſi dirà de i uaſi detti
Echei
, & delle machine, che egli chiama hydrauliche dicendo poco di ſotto.
Que uaſi di rame
che
ne i Theatri ſotto i gradi nelle celle con mathematica ragione ſi fanno, & il reſto. Ma
proua
prima quanto egli intende delle tempre & carcature de gli inſtrumenti predetti & dice.
Imperoche ne i capitelli dalla deſtra, & dalla ſiniſtra ſono i buchi de gli homotoni, per
liquali
con naſpi, o molinelli, ſono tratte le torte fune di neruo, i quali non ſi ſerrano, o
legano
ſe prima non mandano fuori certi, & eguali ſuoni alle orecchie de gli artefici.

percioche
le braccia, lequali nel tirare, & in quelle carcature ſi ſerrano, quando poi ſi ri­
laſciano
& ſi ſtendeno, egualmente deono, & parimente mandar fuori la percoſſa.
La do­
ue
ſe non ſaranno di pari tuoni impediranno il tirare drittamente.
Certo è nella Muſica, che la egualità del ſuono moſtra egualità di ſpatio, & quella propor­
tione
che è tra ſpatio, & ſpatio, ſi truoua anche tra ſuono & ſuono, & però eſſendo il ſuono
eguale
dall'uno & l'altro braccio, ſeguita, che'l neruo, il quale tirato rende il ſuono, dentro
le
braccia ſia eguale.
dal che naſce la bontà dello inſtrumento, la giuſtezza della carcatura, &
il
dritto & certo tiro di quello, come prouano gli arcieri, & i baleſtrieri tutto il giorno, & a
noi
ſarà manifeſto nel decimo libro, a i diciotto capi.
Que uaſi anche di rame che ne i Thea­
tri
ſotto i gradi nelle celle con ragione mathematica, & le differenze de i tuoni, che da
Greci
, Echea, dette ſono, ſi compongono a i dolci, & ſoaui riſuegliamenti Muſicali, a
cella
per cella in que giri con quelle conſonanze, che da muſici Diateſſeron, Diapente, &
Diapaſon
nominate ſono: accioche la uoce de i ſuoni ſcenici nelle diſpoſitioni conuenien
ti
, quando toccherà l'udito, piu chiara, & piu ſoaue peruenga all'orecchie de i ſpettatori.
Oſcuro è Vitr. per la breuità ſua, perche in poche parole uuole eſprimere la forza delle co­
ſe
.
ma noi nel quinto libro faremo, quanto per noi ſi potrà, chiara ogni parola di Vitruuio.
Le machine hydrauliche, & altre che ſimili a queſti organi ſi fanno, ſenza ragione di
muſica
non ſi potranno fare giamai. Hydraulica è una machina, che con acqua moue
gli
ſpiriti a far ſonare un'organo.
della quale ingenioſamente ne tratta Vitr. nel decimo libro.
Deue anche lo Architetto hauere notitia della diſciplina del Medico, per conoſcere
le
inclinationi del Cielo, climata, da Greci nominate.
& gli aeri de i luoghi ſalubri, o
mal
ſani, & per l'uſo delle acque: peroche ſenza tali ragioni non ſi puo fare habitatione
che
ſia ſalubre.
Le inclinationi, & climi del Cielo ſono ſpacij poſti tra due circoli egualmente diſtanti detti
paralleli
, come ſi dirà poi parlando de gli horologij nel nono libro.
Vitruuio ueramente hebbe
1qualche notitia della Medicina, come ſi uede nel primo libro, doue egli dimoſtra quali infer­
mità
da quali uenti ſiano generate: & in altri luoghi dello iſteſſo libro, & de gli altri dichia­
ra
le qualità de i paeſi quanto all'acqne, alle herbe, a gli animali celeſti, terreſtri, & acquati­
ci
, coſe tutte alla cognitione del Medico ſottopoſte.
Dapoi biſogna, che egli habbia
notitia
della ragion ciuile, inquanto è neceſſario a i communi pareti ne gli edificij, al­
lo
ſpatio delle grondi, & de i tetti, & delle chiauiche, & de i lumi, & ſimilmente
delle
condotte delle acque, & d'altre coſe ſimiglianti biſogna che lo Architetto habbia
conoſcimento
: accioche prima, che ſi mettino a fabricare ſieno cauti, & accioche non
ſi
laſcino finite l'opere litigi & controuerſie a i padri di famiglia, & che nel fare gli ſcrit­
ti
, & gli accordi, con prudentia prouedino, & a chi , & a chi conduce l'opere.
per­
che
ſe il patto ſerà ben fatto, & con auertimento, auerrà, che quello da queſto, & que­
ſto
da quello ſenza fraude, & inganno ſi potrà liberare.
Qui Vitr. dichiara quello, che egli ha detto di ſopra appartenere alla fedeltà & giuſtitia dello
Architetto
.
Dico adunque, che quella parte di Filoſofia, che ci la regola del ben uiuere,
tratta
di diuerſe maniere di beni, tra quali è la uirtu de coſtumi poſta nella parte ragioneuole,
ouero
in quella, che ubidiſce alla ragione.
In queſta parte di Filoſofia ſi tratta de gli affetti hu
mani
, delle potenze dell'anima, nelle quali ſono gli affetti, de gli habiti di quelle potenze, ſia­
no
quegli o ecceſſi, o mancamenti, o mediocrità.
trattaſſi anche dello arbitrio, della elet­
tione
, del conſiglio, dello appetito, in cui è la cupidigia, l'ira, & la uoglia.
trattaſi delle
coſe
, che uogliono ſimigliarſi alla uirtù, ouero che di quella ſono principij.
Per le quali tutte co
ſe
l'huomo è baſteuole a ſe ſteſſo.
dapoi riguarda il proſſimo ſuo congiunto di ſaugue, o parte di ſua
famiglia
, o come parte di uniuerſal gouerno.
& nella famiglia ritruoua l'ufficio del patrone, &
del
ſeruo, della moglie, & del marito, del padre, & del figliuolo, acquiſta, diſpenſa, uſa, gouer­
na
, & adorna il tutto.
Ma nella ciuile, & publica amminiſtratione contenuta da un ſolo, o
da
grandi, o da molti con legittimo reggimento, uede i ſaui eſſer in uece di ragione, i ſoldati
in
luogo della iracondia, & gli artefici per la concupiſcentia, che ſi troua in noi.
De i ſaui ſi
fanno
i capi, imagiſtrati, i ſacerdoti, i ſenatori, i giudici, ne i quali ha fondamento la ragion ci­
uile
, che è quella, che è fatta da ciaſcuna città ſecondo il fine del proprio gouerno.
La ſomma
di
queſta ragione è raccolta ne i libri delle pandette; che coſi chiamate ſono, perche raccoglieno
tutte
le parti della ragion ciuile.
La doue ſotto il primo titolo ſi ragunano i Principi, ſotto il ſe­
condo
i Giudici, ſotto il terzo le coſe, ſotto il quarto le hypothecationi, ſotto'l quinto i teſtamenti
con
le coſe a quelli pertinenti.
ſotto'l ſeſto uarij titoli delle poſſeſſioni, de i beni cogniti, i danni,
le
fabriche rouinate, le inſidie di quelle, la legge delle gronde, & dell'acqua piouana parte
allo
Architetto neceſſaria.
& finalmente ſotto altri capi, che lungo ſarebbe a nominarli. Nel­
l
'ultimo titolo ſono le ſtipulationi, i contratti, i maleuadori, le opere publiche, i mercati, i cenſi
& altre coſe, ne i gran uolumi de legiſti compreſe.
delle quali ſecondo il biſogno ne deue lo
Architetto
eſſer informato, come di coſe al uiuer pacifico, & ſenza litigij pertinenti.
Ma pin
alto
ſalire biſogna per beneficio de gli huomini, & però dice Vitruuio.
Dall'A ſtrologia ueramente ſi conoſce il Leuante, il Ponente, il Meriggie, & il Setten­
trione
, & la ragione del cielo lo Equinottio, il Solſtitio, i corſi delle Stelle, la notitia del­
le
quali coſe, chi non poſsiede, non puo ſapere la ragione de gli Horologi.
Vna delle parti principali dell'Architettura è (come ſi ucde al terzo capo del primo libro')
cerca
l'ombre cauſate dal ſole, & da gli ſtili neceßarie a fare gli horologij da ſole, & queſta par­
te
è detta Gnomonica, benche puo importare maggiore intelligenza, & piu ampia, che la deſcrit
tione
de gli horologi come da Euclide ſi puo hauere, della cognitione de quali è ripieno con mer aui­
glioſa
dottrina il nono libro di Vitruuio, nel quale anche ſi uede l'altra parte dell'aſtrologia, che
conſidera
le eleuationi, & le diſtanze de i pianeti, & delle ſtelle, alle quali aſpetta la inuentio­
ne
dello Aſtrolabio.
Quanto ueramente appartiene à quella parte, che da gli aſcendenti nel na-
1ſcer noſtro comprende i ſucceſſi delle future coſe; niuno uſo ſi troua nell'Architettura, ſe forſe noi
non
uogliamo cercare alcune qualità ſecrete de luoghi, le cognitioni delle quali non ſi poſſono
riferire
ad altro che à gli ordini, & influſſi de i pianeti, dal che molti ſi mettono a fare le natiuità,
& le riuolutioni delli principij della edificatione delle città.
ma non è lecito per l'amore, che ſi por
ta
all' Architettura eſſer curioſi di tante cognitioni, che non meno dubie, che inutili, ſalua la pace
di
chi altrimenti crede, eßer ueggiamo.
però quiui ſia fine alla indottione fatta da Vitr. per di­
moſtrare
che tanta diuerſità di cognitioni ſia neceſsaria allo Architetto.
& però conchiude in que
ſto
modo, dicendo.
Eſſendo adunque coſi degna diſciplina ornata, & copioſa di tante, & coſi uarie dottri­
ne
, io non penſo, che alcuno di ſubito poſſa ragioneuolmente far profeſsione, & chia­
marſi
Architetto, ſe con queſti gradi di ſcienze a poco a poco ſalendo ſin da i teneri anni no
drito
della cognitione di uarie ſorti di lettere non peruenirà al colmo dell'Architettura.
Quanto uero ſia, che lodar non ſi deue coſa alcuna prima, che egli non ſi ha dimoſtrato quello
che
è, chiaramente ſi uede per le coſe dichiarate fin hora: percioche niuno haurebbe potuto de­
gnamente
lodare l'Architettura ſenza la cognitione della forza, & natura ſua, & delle proprie­
che le conuengono; & ſe ſcioccamente egli poſto s'haueße à lodarla; prima non l'haurebbe ſa­
puto
fare, poi non gli ſarebbe ſtato creduto; & finalmente conſtretto a renderne ragione, fuggito
ſarebbe
, ouero a ſe ſteßo haueria contradetto; & in queſto caſo di pari con gli ignoranti reſtato
ſarebbe
.
Ma prouamo noi ſe con ragione potemo lodare l'Architettura: Si ueramente, & prima
quanto
alla cognitione, poi quanto alle operationi; perche nel conoſcimento, & nel giudicio ella
puo
eßere con la ſapienza, & con la prudenza paragonata, & per le operationi tra le arti come
Heroica
uirtu & regina chiaramente riluce.
Mirabil coſa è il potere a commun beneficio rau­
nare
gli huomini rozi, & quelli ridurre al culto, & alla diſciplina ſicuri, & tranquilli nelle cit­
, & nelle fortezze; & poi con maggior uiolenza fatta alla natura, tagliar le rupi, for are i monti,
empir
le ualli, aſciugar le paludi, fabricar le naui, drizzare i fiumi, munire i porti, gettar i ponti, &
ſuperar
la natura in quelle coſe, nelle quali noi ſiamo dalla natura ſuperati: leuando peſi im­
menſi
, & ſatisfacendo in parte al diſiderio della eternità, dilettando chi non fabrica, & molto
piu
chi fabrica; ornando i Regni, le prouincie, e'l mondo.
Ma perche alcuno piu oltre non ſa­
pendo
puo l'infinito, & lo impoſſibile proporſi dinanzi, argomentando che non cape in animo
humano
tanta cognitione, & uarietà di ſcienze: però Vitruuio ci dimoſtra in che modo, &
in
ſino à qual termine, hauer biſogna le predette ſcienze, & dice.
Ma forſe a gli imperiti puo impoſsibil coſa parere, che la natura apprenda, & tenga a
memoria
tanto numero di dottrine.
Queſta è la dubitatione fondata nel potere della natura humana, come impotente a riceuere,
& ritenere tanta uarietà di dottrine.
Scioglie Vitr. la predetta dubitatione in queſto modo.
Ma quando auuertiranno, che tutte le diſcipline tra ſe tengono una certa raccommu=
nanza
, & congiuntione, crederanno quello, che io dico, facilmente poter auuenire, per­
che
quello, che s'impara a guiſa di corpo di tai membri compoſto in ſe ſteſſo ſi raggira, & pe
chi da primi anni ſi eſſercita in uarie ſorti di ammaeſtramenti riconoſce in tutte manie­
re
di lettere i ſegni medeſimi, & uede la raccommunanza delle diſcipline, & per quella fa­
cilmente
hanno cognitione di tutte le coſe.
Il dubbio ſi puo formare in queſto modo. Quello effetto è impoſſibile, la cauſa del quale non
puo
eſſere, però l'huomo non puo apprendere tante arti, & diſcipline, peroche la cagione di ap­
prenderle
, eſſer non puo.
la uirtù dell'anima inſufficiente & incapace è la cagione, la quale impe­
dita
non puo eſſer cagione dello apprendere tante arti.
Riſponde Vitruuio, & dice argomentan­
do
; che poſſibile è quello effetto, il modo del quale è poſſibile, però puo eſſere che l'huomo ſia ador
nato
di molte, & diuerſe diſcipline: percioche il modo è poſſibile.
Il modo ueramente è, che ha­
uendo
le ſcienze una certa raccommunanza tra ſe, & quaſi in giro l'una nell'altra mouendoſi, per
1alcune ſimiglianze di coſe, non è impoſſibile, a chi per tempo comincia, & s' affatica riconoſcere
la
detta communanza, & fare di piu coſe ſimiglianti lo iſteſſo giudicio.
& però puo eſſer'un ter­
mine
, & una ſobrietà (dirò coſi) di ſapere, che hauendo noi tanto poſſiamo commodamente ſer
uirci
.
Vedremo di ſotto per eſempio quello, che hora s'è detto. Fin tanto Vitr. riprende Pythio
Architetto
, ilquale haueua opinione, che lo Architetto poteſſe meglio in opinione partitamente, che
i
proprij profeſſori ciaſcuno nella ſua.
dice adunque.
Et però Pythio uno de gli antichi Architetti, quello che in Priene fece coſi nobilmente
il
tempio di Minerua, dice ne i ſuoi commentari, che lo Architetto piu deue operare in
tutte
l'Arti, & dottrine, che quelli, i quali ciaſcuna coſa con la loro induſtria, & eſſerci­
tio
hanno a ſomma chiarezza condotto.
Ma queſto con effetto non ſi uede chiaro, percio
che
non deue puo l'Architetto eſſer Grammatico come Ariſtarcho, ma bene non ſenza
letteratura
.
come Ariſtoxeno Muſico, ma non lontano dalla Muſica. pittore co-
me
Apelle, pure habbia diſegno.
qual Mirone ſtatuario, o Policleto lauoratore di ſtuc
chi
, ma non ignorante di tale Arte.
di nuouo Medico come Hippocrate, ma non ſenza
ragione
di Medicina.
nelle altre dottrine ſingularmente eccellente, ma in queſte non
ſia
nuouo, & imperito.
percioche non puo alcuno in tanta uarietà di coſe conſeguire ſin­
gular
ſcieltezza, perche apena cade nel potere noſtro il conoſcere, & perfettamente capi­
re
le lor ragioni.
però non tanto gli Architetti non poſſono hauere in tutte le coſe gli
ultimi
effetti, ma anche quelli, che ad una ſola ſcientia ſi danno, & priuatamente tengono
le
proprietà delle Arti, non poſſono fare, che tutti riportino il ſommo principato della
lode
.
Se adunque non tutti in ciaſcuna dottrina, ma pochi in molti anni apena ottenuto
hanno
la nobiltà, come l'Architetto, che eſſer deue in tante arti perito, non farà coſa
grande
, & merauiglioſa accioche egli non habbia biſogno di alcuna delle predette coſe?
& di piu ſe egli anderà inanzi à tutti gli Artefici, i quali con ſomma induſtria hanno preſta
to
grande ſollicitudine in ciaſcuna dottrina.
Le parole ſecondo la interpretatione ſono chiare. proua con argomenti, non eſſer uero il detto
di
Pythio.
Molto piu ragioneuole pare, ch'un'huomo conſeguiſca la perfettione d'una ſola ſcien­
za
, che di molte; & pure di raro ſi truoua, che queſto auegna, cioè, che uno ſia in un'arte ſola
perfetto
: però ſe non è quello che pare piu ragioneuole, che ſia meno ſarà quello, che manco ci pa­
re
, cioè, che un'huomo ſolo ottenga il ſommo grado in molte, & diuerſe cognitioni.
La onde ſi
conchiude
da Vitruuio. {Per il che pare, che in queſto Pythio errato habbia} cioè ſe Pythio
è
ſtato eccellente Architetto, ſe ha detto molte belle coſe, in queſto però pare, che errato hab­
bia
, in queſto non gli do fede, eſſendoci il ſenſo, & la ragione contraria.
Et per piu ſtabilire i
detti
ſuoinon ſi ſcorda Vitr. delle coſe ſopra poſte da lui, quando, ci diße, che nell'Architettura,
come
in ogni altra peritia erano due coſe da eßer conſiderate, cioè la coſa ſignificante, & la ſi­
gnificata
, però dice il medeſimo con altre parole.
Pare adunque, che in queſto Pythio habbia errato, non hauendo auuertito, che ogni
arte
partitamente è di due coſe compoſta, cioè dell'opera, & della ragione di quella.
&
di
queſte due una è propria di coloro, che in ciaſcuna coſa particolare ſi ſono eſſercitati:
& queſto è lo effetto dell'opera.
l'altra è commune con tutti i dotti, cioè la ragione.
Non è alcuno, che ricordandoſi delle coſe dette di ſopra non intenda quello, che dice Vitru. in
queſto
luogo, & ſe egli non haueſſe anchora appreſo bene che coſa è Fabrica, & diſcorſo, la
coſa
ſignificante, & la ſignificata, l'opera, & la ragione dell'opera: legga et conſideri lo infraſcrit­
to
eſſempio dell'autore, che intenderà il tutto, & conoſcerà il giro, & la raccommunanza delle
ſcienze
.
dice adunque. Come adiuiene a i Medici, & a i Muſici, & ſopra il numeroſo bat­
tere
de polſi, & del mouimento de i piedi.
Ma ſe egli accaderà medicare una ferita, ò bi­
ſognerà
trarre di pericolo un'ammalato, non uerrà il Muſico, ma ſarà opera del Medico
propria
, così nell'organo non il Medico, ma il Muſico canterà, accioche dal ſuono le orec-
1chie prendino la dolcezza, & dilettation ſua.
Molti eſſempi ci adduce Vitr. per li quali ſi comprende, come ſi ſtia la communanza delle ſcien­
ze
; & prima dimoſtra quella tra due ſcienze, & poi tra molte.
La Muſica, & La Medicina ſo­
no
ſcienze, o Arti che uogliamo.
l'officio del Medico in quanto Medico, è di indurre, & di con­
ſeruare
la ſanità; l'opera del Muſico in quanto Muſico è dilettare col ſuono, & col canto le orec­
chie
de gli aſcoltanti.
in queſti ufficij, & effetti ſono differenti, ma nelle ragioni poſſono eſſer
conformi
.
la conformità naſce da una regola commune, che all'uno, & all'altro puo facilmente
ſeruire
, perche conſiderando il Medico la eleuatione, & la depreſſione de i polſi, la uelocità, &
tardezza
, la egualità ouero la diſaguaglianza, conuiene col Muſico, ilquale nelle uoci conſi­
dera
le iſteſſe coſe riguardando a i piedi delle parole che ſono ne i uerſi, o al mouimento de i piedi,
che
ſi fa al ſuono di qualche inſtrumento.
percioche lo eſſer tardo o ueloce, che riſponde al tem­
po
, alto o baſſo, che riſponde al tenore, & a i gradi della noce eguale o diſeguale, che riſponde
all
'uno, & all'altro ſono termini communi, che a molte coſe di natura diuerſe, ſi poſſono appli­
care
: però non è incommodo alcuno che nella ragione conuenghino molti artefici, i quali ſiano
nelle
opere differenti; & queſto naſce dal ualore de i principij, i quali eſſendo uniuerſali, & in­
differenti
abbracciano piu coſe, & non dipendeno da ſoggetto alcuno.
Eguale adunque ſi puo di­
re
, de i tempi, de gli ſpatij, de i mouimenti, de i corpi, de i numeri, delle uirtù, & di molte altre
coſe
che a diuerſi Artefici con ragione diuerſamente conferme aſpettano.
dico diuerſamente con­
forme
; percioche il principio è uno; come ſe io diceßi.
Lo eguale giunto allo eguale fa il tutto
eguale
, ma l'applicatione ſi fa in materie, & ſoggetti diuerſi: perche il Medico applicherà il det­
to
principio alle qualità, & uirtù dell'herbe, il Muſico a i tempi delle ſillabe, il filoſofo naturale
a
i moti, il Geometra alle grandezze, & altri ad altre coſe; come anche il Medico pigliando dal
Geometra
, che gli angoli facilmente ſi uniſceno, & la circonferenza non coſi.
dice per queſto le
ferite
circolari eſſer difficili da ſaldare, & unire, & i tagli migliori; & in queſto il Medico s'ac­
compagnerà
col Geometra, però il Geometra oſera metter le mani addoſſo d'un ferito, il
Medico
come Medico ardirà opporſi al Geometra.
Simigliantemente tra Muſici, & Aſtro­
logi
è commune il diſputare del conſenſo delle ſtelle, de i concenti & conſonanze Dia­
teſſaron
, & Diapente nominate, che ſono ne gli aſpetti quadrati, o triangolari.
Io deſidero laſciarmi intendere, percioche il Philandro benche ſidelmente eſponga le parole
dello
interprete di Tolomeo; ci laſcia però di ſiderio di maggior intelligenza.
Dico adunque, che
uolendo
gli Aſtrologi dimoſtrare come i corpi celeſti concordano a mandar qua giu nel centro i
diuini
loro influßi, hanno pigliato alcune figure di Geometria tra ſe proportionate, & riſponden­
ti
.
La prima è quella, che ha tre anguli, & tre lati eguali, la ſeconda che ne ha quattro, la ter­
za
, che ne ha ſgi.
hanno poi miſurato gli angoli di quelle figure, & ritrouato tra quelli eſſere pro­
portione
, & corriſpondenza mirabile; & per quelle hanno giudicato la conformità, & conſo­
nanza
, che hanno le ſtelle nel mandar qua giu le loro diuine uirt uti, & per maggior chiarezza,
io
dico, che gli angoli ſi miſurano dalla circonferenza compreſa, che tengono le linee, che gli
fanno
.
Dico dapoi, che gli antichi chiamauano Aße ogni coſa intiera atta ad eßer miſurata, o
partita
, & la diuideuano in dodici parti.
L'una era detta onza; le due, ſeſtante: perche entra­
uano
ſei fiate nel tutto, che era dodici.
Le tre, quadrante, perche entrauano quattro fiate nel­
l
'Aße.
Le quattro triente, perche u'intrauano tre fiate. & non denominauano altrimenti le cin­
que
, che Quincunce, perche non entrauano egualmente a far il tutto come le due, le tre, & le
quattro
.
Ma le ſei erano dette ſemißes, quaſi la metà dell'Aße. le ſette, ſettunce, per la iſteßa
ragione
delle cinque.
le otto, beßem, perche alli ſei ne aggiugneno duc. Le noue dodrante, le dieci
Deſtante
, & le undeci deunce, perche in quelle non era moltiplicatione, aggiunta, che egual­
mente
entraße a finire le dodici.
Stando le coſe nel ſopradetto modo, io dico che lo angolo dritto
del
quadrato giuſto, & intiero occuperà dodici parti, l'angolo del triangulo, che èmaggiore, &
piu
largo ne abbraccera ſedici, l'angolo della figura di ſei, come piu ſtretto, ne tenirà otto.
lo an-
1gulo del quadrato per eſſer giuſto, & intiero ſarà detto Aſſe. quello del triangulo per eſſer mag­
giore
un terzo, contenerà il dritto intiero, & ſarà di piu uno quadrante, che è un terzo, & qui
ſarà
la proportione detta ſeſquiterza.
L'angulo della figura eſſangulare è minor la metà dell'an­
gulo
della triangulare, & occupa otto parti della circonferenza, che è di miſura beſſule, cioè
d
'otto parti; & però tra queſti anguli è la proportione Doppia nominata.
come tra lo angulo del
quadrato
, & l'angulo dell'eſſangulo è proportione ſeſquialtera, cioè che nel continente è una
4[Figure 4]
uolta è meza il contenuto, come otto, cioè il beſ­
ſale
è nel dodici, cioè nell'Aſſe una fiata, & uno
triente
, che è la metà di otto.
& queſto ſia detto
per
quello, che apartiene all'Aſtrologia.
Quello
ueramente
, che è della Muſica, è che il Muſico
ſimilmente
conſidera la conſonanza, & quella
non
ne gli aſpetti, ma nelle uoci, & ne i ſuoni, &
non
hanno uoluto uſare i nomi de gli Arithmeti­
ci
, ma in uece di ſeſquiterza hanno detto quarta,
in
uece di ſeſquialtera hanno detto quinta, & per
doppia
hanno pigliato ottaua, che dette con no­
mi
Greci ſuonano Diateſſaron, Diapente, Diapa­
ſon
; come ſi farà manifeſto nel quinto libro.
Egli
biſogna
adunque ſe le uoci deono eſſer conſonan­
ti
, cioè uenire alle orecchie in modo diletteuole
unite
& meſcolate; biſogna dico, che egli ci ſia
tra
le uoci graui, & acute proportionata diſtan­
za
.
Il medeſimo è biſogno, che ſia nel conſen­
timento
delle ſtelle (che Vitr. chiama Sympathia)
accioche
mandino qua giù, unitamente con for­
za
, & uirtu gl'influſſi loro.
le regole adunque
dell
'Arithmetica ſono quelle, che fanno la Mu­
ſica
unita con l'Aſtrologia.
perche la proportio­
ne
è commune, & uniuerſale in tutte le coſe atte
ad
eſſer miſurate, peſate, & numerate.
Et con il Geometra della proſpettiua, &
del
uedere, & coſi in tutte le altre dottrine
molte
coſe, ò tutte ſono communi da eſſer
diſputate
ſolamente.
Ma gli incominciamen­
ti
delle opere, che con le mani, & col trat­
tamento
& eſſercitio alla ſcieltezza, & bellez­
za
ſi conduceno, à quelli ſolamente aſpetta­
no
, i quali in una Arte propriamente all'ope­
rare
ſono ordinati.
Oltra il commertio (dirò coſi) che tiene l'
ſtrologia
con la Muſica per le ſopradette ragioni,
ſi
uede anche la raccommunanza che ella ha con la Geometria per la proſpettiua, che da Greci
opticos
logos, cioè ragione del uedere, è nominata.
& qui Vitru. dimoſtra la communanza tra
piu
di due ſcienze, & uuole dire, che oltra quello che ha da fare l'Aſtrologia con la Muſica, el­
la
anche tiene compagnia con la Geometria, perche dal Geometra ella piglia le ragioni della
proſpettiua
riſpetto a gli aſpetti, & alle diſtanze, d'onde naſce il ritorno, lo ſtato, & il pro­
greſſo
de pianeti ne i loro mouimenti.
prende il ſuo ſoggetto la proſpettiua da due ſcienze, dalla
1Geometria la linea: dalla naturale la ueduta: & ne fa una ſola, che io chiamerei Raggio. ma
queſte
coſe altroue ci ſaranno manifeſte.
Stando adunque quanto ſi è detto, & la raccommu­
nanza
delle ſcienze, Vitr. conchiudendo ci preſcriue il modo, & il termine del ſapere, & dice.
Et però aſſai parerà hauer fatto colui, che di ciaſcuna dottrina hauerà mediocremente
conoſciute
le parti, & le ragioni di quelle, & quelle che neceſſarie ſono all'Architettura:
accioche
egli non ſia laſciato, & ſi perda & manchi, quando di coſe tali, & di tal'Arti bi­
ſognerà
far giudicio, & proua.
Perche non deue, ne puo lo Architetto eſſere perito nella Grammatica come Ariſtarcho, &
il
reſto, che Vitr. ſi ricorda d'hauer detto di ſopra, doue diſſe {non deue.} percioche ſe bene
lo
Architetto poteſſe eſſer perfetto in tante arti, non però per quella perfettione ſi douerrebbe
propriamente
chiamare Architetto, perche uſcirebbe ſuori de i termini dell'Architettura; &
per
queſto molto piu forte ſi fa l'argomento di Vitr. contra Pythio, perche prima s'è dimoſtrato,
che
la ſua oppinione per la iſperienza non è uera, poi per ragione non è poſſibile, & in fine ſe be­
ne
fuße poſſibile non è conueniente.
Simili argomenti uſa Platone, Ariſtotele & Galeno, ragio­
nando
quelli dell'Oratore, & queſto del Medico, ſecondo il propoſito loro: & però quiui dirò
coſa
, che a me pare degna di conſideratione, per fare auuertiti quelli, che ſi danno ad alcuna ſcien
za
; che chi ſapeſſe bene quali fuſſero i termini di ciaſcuna ſcienza, & conoſcer poteſſe quando
altri
ne uſciſſero, ſenza dubbio egli conoſcerebbe, & ritrouerebbe tante, & coſi belle coſe in
ciaſcuna
, che egli ci darebbe da merauigliare; percioche chi ha bene le proprietà, & le diſtin­
tioni
delle coſe, puote anche & le raccommunanze, & le ſimiglianze conoſcere.
Ma quelli, a i quali la natura benigna tanta di ſolertia, & uiuezza d'ingegno, & di me­
moria
hauerà conceduto, che poſsino inſieme, & la Geometria, & l'Aſtrologia, & la Mu=
ſica
, & le altre diſcipline perfettamente conoſcere, certamente paſſano i termini, & gli of­
ficij
dello Architetto, & ſi fanno Mathematici, doue facilmente poſſono diſputare contra
quelle
diſcipline, perche di piu arme di ſcienze armati ſono.
Egli ſi ſuole diſputare de i principij d'una ſcienza, & ſi ſuole anche diſputare delle coſe con­
tenute
ſotto que' principij contra chiunque le negaſſe.
ſe egli ſi diſputa de i principij, biſogna uſci­
re
de i termini di quella ſcienza, & uſare una ſcienza commune, & uniuerſale: perche ſe le
proue
naſceno da i principij, come ſi puo contra chi gli niega diſputare ſtando ne i termini di quel­
la
ſcienza, non eſſendo coſa inanzi i principij?
& però dice Vitr. che chi è armato di piu armi di
ſcienze
puo diſputare contra le ſcienze, cioè contra coloro che di quelle ne faceſſero profeſſione.
& per queſto Ariſtotele non come Filoſofo naturale diſputa contra Parmenide, & Melißo, i
quali
negauano i principij della Filoſofia naturale: ma come Dialettico, & ſopra naturale.
Ma
ſe
egli ſi diſputa delle coſe contenute ſotto i principij di alcuna ſcienza, puo bene alcuno non uſcen­
do
de i termini di quella ſcienza diſputare contra chi ragionaße male delle coſe à quella pertinen­
ti
, perche egli ſi ſeruirebbe de i principij di quella ſcienza; & però quelli che ſono in molte ſcien­
ze
periti, ſempre armati ſono, & all'offeſa, & alla difeſa, percioche uſcendo o ſtando nella
propoſta
quiſtione, ſi poßono ſaluare con auantagio.
Ma rare uolte ſi truouano ſimili huomini, come fu Ariſtarcho Samio, Philolao, & Ar­
chita
Tarentini, Apollonio Pergeo, Eratoſthene Cireneo, Archimede, & Scopinas Sira­
cuſani
, i quali per uia di numeri, & di ragioni naturali molte coſe ritrouate circa gli in­
ſtrumenti
, & le regole & gli ſtili, a i poſteri degnamente laſciorno.
Quando adunque
ſia
, che dalla ſolertia naturale non a tutte le genti per tutto, ma a pochi huomini conce­
duto
ſia l'hauere coſi buoni ingegni, & l'ufficio dello Architetto ſia eſſere in tutti gli am­
maeſtramenti
eſſercitato, & la ragione della coſa permetta, che non ſecondo la neceſsità
le
ſomme, ma le mediocri cognitioni delle diſcipline egli habbia: io ò Ceſare, & a te, & a
quelli
, che leggeranno i miei uolumi, dimando, che ſe alcuna coſa poco ſecondo le re­
gole
di Grammatica ſarà da me eſplicata, egli mi ſia perdonato.
perche non come ſom­
1mo Filoſofo, eloquente Oratore, Grammatico nelle piu eccellenti ragioni del­
l
'Arte eſſercitato, ma come Architetto di queſta maniera di lettere ammaeſtrato mi ſono
sforzato
di ſcriuere queſte coſe.
Conchiude Vitr. con mirabile circondottione, & abbracciamento le dette coſe, tenendo lun­
gamente
ſoſpeſo lo intendimento prima, che uenghi al fine, ilche èidea, & forma della grandez­
za
del parlare, che ſi ſostenta con alcune particelle la ſententia, come ſono, benche, non ſola­
mente
, quantunqae, auegna Dio, & altre ſimiglianti, che richiedeno altre riſpondenze.
Ecco
quanto
è ripieno queſto parlare di ſentimenti, & d'Argomenti, & prima dalla natura delle co­
fe
, quando dice {ma a pochi huomini conceduto ſia.} Da poi dall'Arte, quando dice {&
l
'ufficio dello Architetto.} Indi dalle coſe iſteße quando dice. {Et la ragione della coſa per­
metta
.} & finalmente chiude il ſentimento. {10 che o Ceſare.} Propone poi di che egli
habbia
a trattare dicendo.
Quanto ueramente ricerca il potere di queſt'Arte, & le ra­
gioni
, che in quello poſte ſono, prometto (come io ſpero) in queſti libri non ſolo à
gli
edificatori, ma à tutti i ſaui ſenza dubio con grandiſsima autorità poter preſtare.
Pareua la promeßa di Vitr. grande, & gonfia, però con prudenza egli ui poſe quelle paro­
le
{come io ſpero} per dimoſtrare modeſtia. dice adunque che egli promette preſtare quanto por
ta
la facoltà dell'Architettura, non ſolamente a gli edificanti; ricordandoſi di hauer detto, che
l
'Architettura naſce da Fabrica, ma a tutti i periti le ragioni dell'Arte promette, lequali nel
diſcorſo
, nella coſa ſignificante, & nella proua della Fabrica ſono ripoſte.
& però ſenza dub­
bio
con grandiſſima autorità oßerua le promeße, percioche come ſauio Architetto fonderà l'Ar­
te
ſua ſopra ueri, efficaci, utili, & conformi precetti.
Et tanto detto ſia ſopra il primo capo.
Di quali coſe è composta l'Architettura.
Cap
. II.
L'ARCHITETTVRA conſiſte in Ordine, in Diſpoſitione, in bel Numero, in
Compartimento
, in Decoro, & in Diſtributione.
Chiunque inten derà bene il preſente capo, con uerità potrà dire ſapere, & in­
tendere
in che conſiſta la forza dell'Architettura.
percioche le ſei coſe, nelle quali
afferma
Vitr. che conſiſte l'Architettura, ſono quelle, che appartengono alla forza, & natura di
eßa
; quelle delle quali è l'habito nella mente dello Architetto; & quelle finalmente, ſenza le
quali
niuna opera puo hauer forma, o perfettione.
Difficil coſa è dimoſtrare la diuerſità che è
tra
le predette coſe: & bella coſa è laſciarſi intendere, & non fuggire.
Percioche a molti può pa­
rere
, che Vitru. nel diffinire le dette ſei coſe, dica il medeſimo in piu modi: Il che non è, com'io
mi
sforzerò di dimoſtrare chiaramente.
Dico adunque per intelligentia di quello, che ſi deue
eſponere
, che alcune coſe inquanto all'eſſer loro non ſi riferiſcono ad altre, ma libere, & aſſolute
ſono
.
Altre hanno rilatione, & riſpetto, & ſenza non ſtarebbeno. l'huomo, la pietra, la pianta,
& finalmente ogni ſoſtanza non hanno riguardo, & comparatione ad altra coſa, perche da ſe
ſtanno
: ma l'eſſer padre, patrone, maeſtro, amico, fratello, non puo ſtare da ſe, ma di neceſſità ad
altro
ſi riferiſce.
perche'l padre ha rilatione al figliuolo, il patrone al ſeruo, il maeſtro al diſci­
pulo
, l'amico all'amico, il fratello, al fratello.
ſimilmente il doppio, il maggiore, il minore &
l
'eguale ſono coſe, che ſole non poſſono eſſer inteſe.
Oltra la predetta diſtintione egli
è
degno di auuertimento, che delle coſe, le quali di loro natura ſi riferiſcono ad altre, ſono alcu­
ni
termini: & queſti ſono il fondamento & principio dal quale s'incomincia la relatione, & il fine
nel
quale ella termina: come la ragione di eßer padre comincia da chi genera, & termina in chi
è
generato.
Lo eſſer maeſtro ſi fonda in colui, che inſegna, & ha il ſuo termine in colui, che
impara
.
lo eſſer maggiore comincia in quella coſa, che eccede, & finiſce nella coſa ecceſſa. In
1queſte comparationi di coſe ſpeßo adiuiene egualità, & parità, cioè che tanto nel fondamento,
quanto
nel termine ſi troua ragione eguale, come dicendo, amico, o fratello: percioche l'ami­
co
è pari all'amico, il fratello al fratello, ſi troua ragione maggiore nell'uno che nell'al­
tro
termine.
ſpeſſo anche ſi uede nelle coſe riferite diſparità, & diſaguaglianza, come dire pa­
trone
& ſeruo, padre & figliuolo, maeſtro & diſcipulo, perche egli importa che ſi cominci
piu
da uno, che dall'altro; & altra ragione è nell'uno termine, & altra nell'altro.
Queſte di­
ſtintioni
hanno gran forza a fare, che bene s'intendino le ſei predette coſe.
percioche tutte ſono
comparationi
, & relationi, come ſi uederà qui ſotto.
Hauendo adunque Vitru. formato lo Ar­
chitetto
, cioè fattolo degno agente di tanti artificij; tratta della forma; percioche eſſendo la ma­
teria
imperfetta niuna coſa da eſſa ſi trarrebbe ſenza la perfettione, & la forma; la quale con­
ſiſte
nelle ſei predette coſe.
Due fini ſi truouano delle opere, uno è il compimento, & finimento
del
lauoro, come, quando ſi dice, l'opera è finita, & compita: l'altro è il fine della intentione;
che
è, quando fornita l'opera ſi dice, io ho l'intento mio; come fornita la caſa io ſono difeſo da i
uenti
, & dal ſole, & ſicuro de i contrarij.
Per uenire adunque al fine dell'opera, egli è neceſ­
ſario
(ſe con arte ci uogliamo gouernare) procedere ordinatamente; & queſto in due modi; pri­
ma
quanto alla quantità, & grandezza delle parti, poi quanto alla ſoſtanza con qualità di eſſe
parti
.
nel primo è l'ordine, nel ſecondo è la diſpoſitione. & perche la qualità ſi può conſiderare
in
ſe ſteſſa, & comparandola alla forma, che all'aſpetto, & à gli occhi ſi riferiſce; però biſogna
che
nell'opera ſia una certa qualità, che contenti, & diletti gli occhi de' riguardanti; & que­
ſta
è detta da Vitr.
Eurithmia, della quale ſi dirà poi. Et perche non ſi propone l'opera infinita,
ma
terminata in grandezza del tutto, come delle parti; però biſogna, che oltra l'ordine ci ſia
una
corriſpondenza delle miſure tra ſe, & al tutto comparate.
che propoſto che ci ſia la miſura
d
'una ſola parte, ſappiamo le miſure delle altre; & propoſtaci la grandezza del tutto ſappiamo
la
grandezza di ciaſcuna parte.
& queſta corriſpondenza è nominata Simmetria, quaſi concor­
ſo
, & corriſpondenza di miſure.
Noi la chiamamo compartimento, i latini ſi ſerueno del nome
Greco
.
Ma perche l'opere che ſi fanno hauer deono autorità, & riputatione, & eſſer anche
all
'uſo de' mortali accommodate, & con prudenza diſpenſate; però uolendo noi ottennere le
predette
coſe, fa biſogno ſeruar quello, che ſi conuiene, che Decoro ſi chiama, & diſpenſare il
tutto
, il che è poſto nella diſtributione, dellequali coſe ſi dirà poi partitamente, ponendo prima
ſotto
un'aſpetto la ſopra detta ſufficienza delle ſei coſe.
5[Figure 5]
Noi diſtintamente ragioneremo di ciaſcuna parte, & prima dell'ordine.
Ordine è moderata attitudine de i membri dell'opera, partitamente, & riſpetto a tut
ta
la proportione al compartimento, ilquale ſi compone di quantità,
Perche in molte coſe ritrouamo ordine, diſpoſitione, decoro, diſtributione, & le altre par
ti
ſopradette, però diremo che queſti termini ſono generali & communi: & come generali, &
communi
hanno le loro diffinitioni nella ſcienza generale, & commune, che è la prima detta
Metaphyſica
.
Ma quando alcuno artefice uuole applicare alcuna di quelle parti alla propria co
gnitione
, reſtrigne quella uniuerſalità al particolare, & proprio dell'arte ſua.
come ſi uede al
1preſente, nelle dette diffinitioni, & prima nella diffinitione dell'ordine. Certo è che l'ordine in
ſe
, & ſecondo la natura ſua nel generale, è quando una coſa di ſua ragione pone un'eſſer dopo
l
'altro: & però ne ſegue, che doue è ordine ſia prima, & poi, & queſti ſono termini communi,
& che abbracciano molto.
Ma lo Architetto gli riſtrigne a ſe, benche con piu larghezza, che
ogni
altro Artefice: percioche la ſcientia & cognitione dello Architetto è piu ampia che quella
d
'un altro.
Dice adunque che l'ordine è quando in una opera di ſua ragione l'eſſer d'una quantità
è
poſto prima, & l'altro poi: & in queſto modo la diffinitione dell'ordine è fatta propria per
l
'applicatione de i termini communi & uniuerſali, ne i quali ſi può dire, che poſta ſia la racco­
munanza
delle ſcienze.
Perche adunque ſi ſtia ne i noſtri primi fondamenti, io dico che l'ordi­
ne
è tra quelle coſe, che ſi riferiſcono ad altre, & che poſte ſono in comparatione, & riſpetto.

Dico
di piu che la comparatione è di quelle, che ſono nella diſaguaglianza.
chiaro è che nell'or
dine
ſia riſpetto, perche nell'ordine s'intende, che alcuna coſa preceda, & altra ſucceda.
euui
anche
diſaguaglianza perche ſe tutte le coſe fuſſero eguali, già non ſarebbeno tutte, come dice
ſanto
Agoſtino, perche non ui ſarebbono quelli che haueſſero a precedere; & però l'ordine è
diſpenſatione
delle coſe pari, & diſpari, eguali, & diſeguali.
L'ordine dello Architetto è d'in­
torno
la quantità, & nella quantità ſi troua l'ordine, che riguarda al tutto, & l'ordine, che
riguarda
alle parti, non che l'un ordine in effetto ſi ritruoui ſenza l'altro: ma in modo, che lo
intelletto
puo fare la diſtintione, & intendere ciaſcuno ſeparatamente: & però dice Vitruuio
quanto
all'ordine, che è tra le parti, che l'ordine è moderata attitudine de i membri dell'ope
ra
partitamente, & queſta attitudine, che egli chiama commodità, conſiſte nel regolare, &
temprare
una parte cerca la ſua grandezza in modo, che ſia miſura delle altre, & con
quelle
conuegna, & riſponda; & in queſta regolatione la parte, che come miſura ſi piglia,
deue
precedere alle altre.
nell'ordine adunque applicato all'Architettura, ſi truoua il prima,
& il poi.
& queſte ſono differenze oppoſte, & diſeguali, & però ſi deono ridurre ſotto un
termine
commune; & queſta è la regola.
ma piu chiaramente per lo eſſempio; & queſto
quando
io hauerò dichiarito l'ordine delle parti comparate al tutto.
Dice inquanto a queſto
ordine
.
Vitr. {Et un riſpetto di tutta la Proportione al compartimento.} Proportione è
comparatione
di coſe tra ſe, che ſono d'una iſteſſa natura.
Queſta ſi fa nell'Architettura,
pigliando
una certa, & determinata quantità, la quale ſia regolatrice di tutte le altre gran
dezze
, & miſure delle parti, & membri dell'opere.
Lo eſſempio è queſto. Vitr. nel terzo
libro
al ſecondo Capo uolendo render conto della bella maniera de i tempij, nella quale è lo
ſpatio
conueniente, & bello tra una colonna, & l'altra, dice che egli biſogna, che lo ſpatio
& il uano o lume ſia della groſſezza di due colonne, & un quarto piu.
& con queſto dice.
ſe la facciata del luogo, doue ſi ha da fabricare ſarà di quattro colonne, biſognerà compartirla
in
undici parti & meza, laſciando le ſpire: & di quelle undici, una deue eſſer il modulo; che coſi
egli
chiama quella miſura, che regola tutte le grandezze dell'opere.
Dona alle groſſezze delle co
lonne
un modulo, a i uani due moduli, & un quarto, al uano di mezo tre moduli.
& in queſto modo
ordina
tutta la facciata; come chiaramente ſi uede che quattro moduli ſi danno a quattro colon­
ne
, tre allo ſpatio di mezo, che ſono ſette, quattro et mezo a gli ſpatij, & uani da i lati, che ſono
undici
& mezo.
Et la ragione iſteſſa è lodata ſe la fronte ſarà di ſei colonne, perche quella ſarà
partita
in parti diciotto, una di quelle ſarà il modulo, la groſſezza delle colonne ſarà d'un modulo,
eſſendo
adunque ſei colonne, anderanno ſeimoduli nelle loro groſſezze, nel uano di mezo tre mo
duli
, che con i predetti ſei fanno noue.
ma ne i uani dall'una & l'altra parte, che ſono in tut­
to
quattro, andandoui due moduli, & un quarto per uano, u' anderanno altri noue moduli, i qua
li
raccolti con i noue di prima faranno la ſomma di diciotto.
& coſi ua nella facciata di
otto
colonne che in uentiquattro parti, & meza partita, fa il modulo d'una di quelle, col
quale
ſi miſiura come di ſopra.
Nelle machine anchora, & nelle altre opere ſi uede oſſeruato
quanto
s'è detto.
Ordine adunque è comparatione di diſaguaglianza, che comincia in una pri-
1ma preſa quantità, come regola di tutte le parti, & a quelle, & al tutto riferita: ſacendo
una
conuenienza di miſure nominata ſimmetria.
Queſta ſi compone di quantità, laquale è
conueniente
effetto de i moduli dalla preſa dell'opera, & di tutte le parti de i membri.
La ſimmetria, & compartimento ſi compone di molte quantità ad uno iſteſſo effetto: la qual
quantità
è diffinita da Vitr. & di noi con l'eſſempio dichiarata.
nel qual eſſempio prima ſi pi­
glia
il piano intiero della fronte, & quello in parte ſi diuide, & d'una di quelle parti ſe ne ſa
la
regoletta, & il modulo, ilquale tempera, & modera i membri, & le parti dell'opera fa­
cendo
nel tutto un conueniente effetto.
La diſpoſitione è atta collocatione delle coſe, &
nel
componimento ſcielto effetto con qualità. La diſpoſitione compara le parti dell'ope­
re
non come grandezze, & quantità, ma come parti da eſſer collocate nel proprio luogo.

percioche
non è a baſtanza ritrouare una commune miſura, che ſia regola della grandezza
delle
parti, ma biſogna anche ritrouare un'ordine di quella coſa, che ha parti, non compa­
rando
le parti come grandezze, & quantità, ma comparandole come coſe da eſſer poſte al ſuo
luogo
.
Due maniere ci fa la diſpoſitione, l'una dal caſo procede, o dalla neceßità, & l'altra
dall
'artificio, o dal ſapere.
Vitr. ragiona di preſente di queſta ultima, ma nel ſeſto libro ra­
giona
della prima, & molto bene ſi laſcia intendere al ſecondo Capo del detto libro, cerca le
predette
coſe dicendo in quel luogo.
Niuna cura maggiore hauer deue lo Architetto, che
fare
, che gli edificij habbiano per le proportioni della rata parte i componimenti delle lo
ro
ragioni.
quando adunque ſarà fornita la ragione delle miſure, & con diſcorſo eſpli­
cate
le proportioni. (Come ricerca l'ordine, & la ſimmetria,) all'hora è proprio an­
che
dell'acutezza dello ingegno prouedere alla natura del luogo, all'uſo, alla bellezza,
& aggiugnendo, o ſcemando far conueneuoli temperamenti, accioche quando ſarà leua
to
, o aggiunto alcuna coſa alla miſura, cio paia eſſer ſtato drittamente formato.
Come fa Vitruuio nella diſpoſitione delle Baſiliche, nel quinto libro.
In modo che niente piu ſi diſideri nell'aſpetto (Ecco la Eurithmia,) perche altra
forma
pare, che ſia d'appreſſo, & al baſſo; altra di lontano, & in altezza, quella
pare
in luogo rinchiuſo, che pare in luogo aperto.
nelle quali coſe è opera di grande inge
gno
ſapere prendere partito.
Et in fine del detto capo dice piu chiarmente, toccando la diſpoſitione, che dal caſo, o dalla ne
ceſſità
procede.
Io non penſo, che biſogni dubitare, che alle nature, & neceſsità de i
luoghi
, non ſi debbiano fare gli accreſcimenti, & le diminutioni, ma in modo, che in ſi­
mil
opera niente ſia diſiderato.
& queſto non ſolo per dottrina, ma per acutezza d'inge­
gno
ſi puo fare; & però prima egli ſi deue ordinare la ragione delle miſure, dalla quale ſi
poſſa
pigliare ſenza dubitatione, il mutamento delle coſe.
Da poi ſia eſplicato lo ſpatio
dal
baſſo dell'opera, che ſi deue fare, di largezza, & di lungezza.
della qual opera, quan­
do
una fiata ſarà determinata la grandezza, ne ſegua l'apparat o della proportione alla
bellezza
, accioche dubbio non ſia lo aſpetto della conſonanza, a chi ui uorrà ſopra con­
ſiderare
.
Dalle parole ſopra dette chiaramente ſi conoſce il numero, l'ordine, & la natura delle ſei co­
ſe
predette.
io ho uoluto allegare i luoghi di Vitr. per eſſere lo intento mio di eſponere Vitr. con
Vitr
. iſteſſo.
dice adunque, ſeguitando la ſua diffinitione, che la diſpoſitione è atta collocatione del
le
coſe.
Et per coſe intende le ſtanze, & le parti di eſſe nella fabrica, ouero le parti dell'opere fat
te
dall'Architetto, ſieno quali ſi uoglia.
da queſta ben diſpoſta collocatione delle parti, naſce il ue­
dere
in tutta la compoſitione una bella qualità, che è ſito conueniente di ciaſcuna coſa.
& però
dice
, ſcielto effetto, cioè sbrigato, netto, diſtinto.
Alla diſpoſitione s'oppone il ſuperfluo come
all
'ordine s'oppone la confuſione.
Et ſi puo dire, che l'ordine è diſpoſitione delle miſure alla ſim­
metria
, & la diſpoſitione è ordine delle parti al luogo, come ſi uederà al ſeſto capo del primo, &
in
molti altri luoghi.
Le idee della diſpoſitione ſono queſte la pianta, lo in piè, il profilo.
1La pianta è un moderato uſo della ſeſta, & della regola, dal quale ſi piglia il diſegno delle
forme
nel piano.
Lo in piè, è la imagine dritta della fronte, & figura con modo dipinta,
con
le ragioni dell'opera, che ſi deue fare.
il proſilo è adombratione della fronte, & dei
lati
che ſi ſcoſtano, & una riſpondenza di tutte le linee al centro della ſeſta.
Nel diſponere, & collocare le parti lo Architetto forma nel ſuo penſiero, & poi diſegna tre
maniere
, ouero idee delle opere: Vna è detta da Greci, ichnografia, cioè deſcrittione, & diſegno
della
pianta, per dare ad intendere la collocatione delle parti, & la largbezza, & lungezza
dell
'opera.
alche fare ci uuole un moderato uſo della ſeſta, & della regola. L'altra è detta, ortho
graphia
, cioè deſcrittione, & diſegno del leuato, & dritto, per dimoſtrare l'altezza delle ope­
re
, come la maniera.
deue eſſer lo in piè conforme alla pianta, altrimenti non ſarebbe un'iſteſſa
coſa
quella, che naſce, & quella, che creſce: ilche è grande errore, & contra la natuna delle co
ſe
, percioche nelle piante, & ne gli animali ſi uede quello, che naſce, & quello, che creſce eſ­
ſer
lo iſteſſo, & niuna parte aggiugnerſi da poi.
La terza idea è il profilo, detto ſciografia, dal
quale
grande utilità ſi prende, perche per la deſcrittione del profilo ſi rende conto delle groſſezze
de
i muri, de gli ſporti, delle ritrattioni d'ogni membro, & in queſto l'Architetto come Medico
dimoſtra
tutte le parti interiori, & eſteriori delle opere, & però in queſto ufficio ha biſogno di
grandiſſimo
penſamento, & giudicio, & pratica, come à chi, conſidera gli effetti del profilo
è
manifeſto: perche la eleuatione della fronte, & la maeſtà non dimoſtra gli ſporti, le ritrationi,
le
groſſezze delle cornici, de i capitelli, de i baſamenti, delle ſcale, & d'altre coſe, però è neceſ­
ſario
il profilo; & con queſte tre maniere di diſpoſitione l'Architetto s'aſſicura della riuſcita del­
l
'opera, & fa piu certa la ſua intentione, & l'altrui diſiderio di far opera lodata, & degna.
Et
appreſſo
puo fare il conto della ſpeſa, & di molte coſe all'opere pertinenti.
Dalle dette idee, che
ſono
forme concette nella mente, & eſpreſſe nelle tauole, o carte, ne uiene quello effetto ſcielto, &
elegante
, che egli ha detto.
Si deue anche auuertire, che Vitr. eſponendo le nature delle ſei pre­
dette
coſe, uiene a confermare quelle, che ſono neceſſarie allo Architetto, percioche ſi uede nella
diſpoſitione
, & nelle ſue ſpecie, quanto utile ſia il diſegno, & la Geometria.
ſi uede nell'ordine,
quanto
commoda ſia l'Arithmetica.
& uederaſſi nelle altre parti quanto ci ſarà a propoſito la
Proſpettiua
, la Muſica, & quelle coſe, che all'iſtoria, & alle altre qualità dello Architetto ſo­
no
conuenienti.
L'in piè è imagine della fronte. doue rappreſenta ſopra il piano d'una carta,
tela
, o tauola quello, che naſce dalla pianta riferendo il tutto alle ragioni dell'opera, che ſi deue
ſare
ſia ella Dorica, Ionica, o qual ſi uoglia.
Vitruuio ha chiamato fronte ogni coſa, che dritta
ſi
uede.
Molti ſono, da i quali ſi potrà hauere una pianta, & anche non uſcendo fuori de i termi
ni
di quella, faranno lo in piè ſecondo la ragione dell'opera futura, ma non ſapranno in ogni ordi­
ne
della fabrica dimoſtrare in diſegno la groſſezza de i pareti, quello, che poſa ſul uiuo, quello,
che
eſce, & quello, che entra; & però mancheranno di queſta terza ſpecie, & Idea della diſpoſi­
tione
, per la ſua difficultà.
Queſta utilità del profilo mi muoue ad interpretare ſciografia, &
non
ſcenografia.
perche ſe bene la ſcenografia che è deſcrittione delle ſcene, & proſpettiua, è
neceſſaria
nelle coſe de i Theatri, come ſi uederà nel quinto libro; non però pare, che ſia ſecondo
le
idee della diſpoſitione, delle quali ſi parla.
Altri uogliono, che s'intenda il modello. ma que­
ſto
non corre con il propoſito noſtro, ſe bene egli fa piu chiara, & certa la intentione dello Archi­
tetto
: oltra che non conuiene la diffinitione data da Vitr. al modello.
Potrebbe dire alcuno
che
la detta diffinitione non quadra al profilo; io riſpondo, che eſſendo tanto neceſſario il profilo,
& molto piu, che la proſpettiua, biſogna conſiderar bene la detta diffinitione.
Io per me, quan­
do
haueſſi ad intendere in queſto luogo la proſpettiua, uorrei che fuſſero quattro le idee della di­
ſpoſitione
, per ponerui il profilo; tanto egli mi pare neceſſario.
Ma pare anche di nuouo, che
conuenendo
la diffinitione della diſpoſitione a due delle ſue idee, cioè alla pianta, & allo in piè, per­
che
di ciaſcuna ſi può dire, che è atta collocatione delle coſe, & nel componimento ſcielto effetto
con
qualità: mi pare dico, di nuouo, che ella non conuenghi alla ſciografia, ſe per ſciografia s'in-
1tende proſpettiua, perche nella proſpettiua non ſi puo uedere atta collocatione delle coſe, meno
nel
componimento ſcielto effetto con qualità.
La cagione è, che è neceſſario, che il genere ſi di­
ca
delle ſue ſpecie, & che la diffinitione del genere conuegna alle ſpetie ſotto quel genere compreſe.

Molto
bene adunque al profilo conuiene la diffinitione della diſpoſitione, perche ſi uede nel profi-
6[Figure 6]
lo ſcielto è sbrigato effetto nel componimento, & ſi uede una atta collocatione delle coſe. come
a
chi ben conſidera, è manifeſto, perche tutte le linee uengono all'occhio ſenza impedimento,
& ſi conoſcono gli ſporti, & le ritrattioni, & le groſſezze come ſono, & non come appareno
con
linee, & anguli proportionati, come ſi fa nella proſpettiua: ſe bene pare, che la diffinitio-
1ne della ſciografia addotta da Vitr. accenni la diffinitione della proſpettiua. Et quando pure egli,
& altri intender uogliono, che ſi ragioni della proſpettiua, & io con loro m'accorderò, & dirò
di
piu, che egli è neceſſario conceder qualche luogo al profilo nella diſpoſitione, per le ragioni,
che
io ho detto, rimettendomi ſempre à miglior giudicio.
Ma ſarebbe gran coſa, che trattando
Vitr
. in queſto luogo di coſe uniuerſali a tutta l'arte egli uoleſſe intendere delle particolari, & la­
ſciaſſe
le coſe importanti mancando al ſuo ordine.
7[Figure 7]
Queſte naſceno da penſamento, & da Inuentione. Penſamento è cura piena di ſtudie
& effetto d'induſtria, & uigilanza d'intorno all'opera propoſta con dilettatione.
Vitruuio in queſto luogo dimoſtra da che naſceno le predette maniere, & idee della diſpoſitio­
ne
: & come huomo, che bene habbia prouato, & ſentito in ſe ſteſſo quello, che egli dice, uſa a
cuni
termini efficaci per iſprimere la ſua intentione.
Se adunque la natura ci apportaſſe le prede.
te
forme & idee, ſenza dubio poco ci biſognerebbe uſare dello artificio.
Ma perche la natura
non
ci moſtra le dette coſe: neceſſario è ricorrere all'Arte.
& perche con l'arte ſi cerca di
rappreſentare
gli effetti alla natura ſimiglianti, però ci uuole penſamento: & per eſſer difficile,
con
arte conſeguire lo intento noſtro, però grande ſtudio, & induſtria ſi richiede: ma poi che
dalla
diligenza & induſtria naſceno belle & leggiadre coſe, di ſubito s'accompagna il diletto
& il piacere, il quale non è altro, che riceuere impreſſione di qualità che ſia conforme allo appeti­
to
, & deſiderio, & però il piacere dello intelletto è di apprendere il uero, perche niuna coſa è piu
conueniente
allo intelletto, che la uerità, onde ſi dice: Altro diletto ch'imparar non trouo.
Il dilet
to
del ſenſo èriceuere qualità di qualche oggetto, che conuenga, & corriſponda al ſenſo: co­
me
ſi pruoua nelle delicate uiuande, nella ſuauità de gli odori, nella dolcezza de ſuoni, nella ua-
1ghezza delle pitture, & ne i giocondi oggetti de i noſtri ſentimenti. & però dice Vitr. & bene,
che
penſamento è cura piena di ſtudio: percioche è cerca le coſe difficili, & non dimoſtrate
dalla
natura, & per meglio iſprimere il ſuo concetto dice. {Eſfetto d'induſtria & uigilanza
cerca
l'opera propoſta con dilettatione} Percioche non penſa bene chi non è induſtrioſo, &
uigilante
, come era Archimede, il quale comparando gli effetti naturali, & cercandone le
cagioni
, hebbe cauſa di trouare il uero della propoſta dimanda, come dice Vitr. nel nono libro
al
terzo Capo. & hauendolo trouato da mirabile letitia ſoprapreſo, uſcito del bagno ignudo
correndo
gridaua, io l'ho trouato, io l'ho trouato.
nel che apparue la pronta, & nobile uiua­
cità
dell'ingegno ſuo, hauendo in poco ſpatio applicato il mezo al debito fine, reſtandone ſom­
mamente
ſatisfatto per la inuentione la quale ſecondo Vitr. E dimoſtramento delle oſcure
dimande
, & ragione della coſa ritrouata di nuouo con preſta, & mobile uiuacità.
& queſti ſono i termini della diſpoſitione; Dimanda è propoſta dubbioſa, dubbio è poſto tra
mezo
l'affirmare, & il negare.
quando adunque lo intelletto è tra'l ſi, & il , egli forma
una
dubbioſa propoſta, che ſi chiama dimanda, ouero quiſtione.
& uſa alcune particelle, che
dimoſtrano
il modo dello interrogare, & di richiederne la riſpoſta.
come è. ſei tu buono o no?
che
coſa è bontà?
d'onde uiene? a chi peruiene? & altre coſe & modi ſimiglianti, i quali non
piegando
piu all' affirmatione, che alla negatione, richieggono certa, & indubitata riſpoſta,
la
quale non puo eſſer ben fatta, ſe non da quelli, che haueranno la inuentione per lo pen­
ſamento
, & per la induſtria, & uiuacità dello ingegno, & queſti ſono i termini della diſpo­
ſitione
: cioè la diſpoſitione è rinchiuſa nelle tre ſopradette maniere, che ſono la pianta, lo
in
piè, il profilo.
Il bel numero detto Eurithmia, è aſpetto gratioſo, & commoda
forma
nelle compoſitioni de i membri.
queſta ſi fa quando i membri dell'opera ſono
conuenienti
, come dell'altezza alla larghezza, della larghezza alla lunghezza, & in fine
ogni
coſa riſponda al ſuo compartimento proprio.
Suo proprio dico, peroche ſe riſpondeſſe a i compartimenti, & alle ſimmetrie conuenienti ad
altre
parti, non ſarebbe conoſciuta la gratioſa maniera.
& qui ſi deue riferire la Eurithmia
allo
aſpetto, come Vitruuio dichiara in molti luoghi, nel terzo libro al ſecondo Cap. & all'ul
timo
, & nel ſeſto al ſecondo.
Et perche ogni proportione è nata da i numeri, però egli ſi
ha
ſeruato il nome predetto in ogni coſa, doue ſia proportione.
& perche la larghezza, al­
tezza
, & lunghezza delle opere, deue eſſer grata allo aſpetto, & queſto non ſi fa ſenza
proportione
, & doue è proportione, è neceſſario che ſi truoui numero; però il nome di Eu­
rithmia
è ſtato pigliato.
Deue eſſer adunque ogni artificioſo lauoro a guiſa d'un belliſſimo
uerſo
, il quale ſe ne corra ſecondo le ottime conſonanze ſuccedendo le parti l'una all'altra,
ſin
che peruenghino all'ordinato fine.
Et benche alcuna coſa ottima non ſia, niente di me­
no
puo eſſere ottimamente ordinata, come egli è manifeſto nelle parti, & membra del corpo
humano
, & nelle coſe artificiali, doue è la conſonanza, & l'armonia.
Imperoche ſe bene l'oc
chio
è piu nobil coſa del piede, pure ſe riguardamo l'ufficio di ciaſcuno, tanto l'occhio, quan
to
il piede, ſaranno nel corpo ottimamente ſituati: in modo che l'occhio ſarà miglior del pie­
de
, il piede miglior dell'occhio.
Similmente è nella citara: percioche tutte le corde poſ­
ſono
eſſer proportionate in modo, che ſe alcuna ſarà tirata, accioche ſe le dia ſuono migliore,
non
reſterà però la conſonanza.
Il ſimile ſi richiede nelle opere, nelle quali è neceſſario, che
ci
ſia queſto riſpetto di formare con perfetta ragione tutte le parti, che ſono di lor natura
diſtinte
, di modo che tutte concorrino alla bellezza, & dilettino la uiſta de riguardanti.
Co
me
nel cantare ſi richiede il conſerto delle uoci, nel quale oltra che le uoci ſono giuſte: oltre
che
conuengono nelle conſonanze, biſogna anche un certo temperamento, che faccia dolce,
& ſoaue tutta la armonia, come adiuiene a que muſici, che cantano con la ſolita compa­
gnia
, perche ſi ſono accommodati l'uno all'altro con diſcretione.
Queſta bella maniera
nella
Muſica, come nell'Architettura è detta Eurithmia, madre della gratia, & del dilet-
1to, ſi nelle coſe immobili, come in quelle, che ſi moueno.
Il compartimento, & riſpondenza delle miſure detto ſimmetria, è conueneuole con
ſentimento
da i membri dell'opera, & dalle parti ſeparate alla forma di tutta la figura, ſe
condo
la rata portione come ſi uede nel corpo humano, il quale con il cubito, co'l pie­
de
, col palmo, col dito, & con le altre parti è commiſurato, coſi adiuiene nelle per­
fettioni
dell'opere.
Et prima ne i ſacri tempij dalle groſſezze delle colonne, ouero
dal
Triglifo. poi nel forame della baliſta quella coſa, che ui entra, detta Peritriton.

Simigliantemente
nelle naui dallo ſpacio, che è tra un ſchelmo all'altro, che per eſſer di
miſura
di due cubiti, ſi chiama, dipichaichi, & coſi nelle altre opere da i membri lo
ro
ſi troua la ragione delle ſimmetrie, & de i compartimenti.
La ſimmetria è la bellezza dell'ordine, come è la Eurithmia la bellezza della diſpoſi­
tione
.
Non è a baſtanza ordinare le miſure una dopo l'altra, ma neceſſario è, che quelle miſu­
re
habbiano conuenienza tra ſe, cioè ſiano in qualche proportione; & però doue ſarà propor
tione
, iui non puo eſſere coſa ſuperflua.
& ſi come il maeſtro della natural proportione, è lo inſtin
to
della natura, coſi il maeſtro dell'Artificiale è l'habito dell'Arte: d'onde ne naſce, che la pro­
portione
è propria della forma, & non della materia: & doue non ſono parti, non può eſſere pro­
portione
: perche eſſa naſce dalle parti compoſte, & dalla relatione di eſſe, & in ogni rela­
tione
è neceßario almeno, che ſiano due termini, come s'è detto: ne ſi può lodare a ba­
ſtanza
lo effetto della proportione, nella quale è poſta la gloria dello Architetto, la bellez­
za
dell'opera, la merauiglia dello artificio.
come ſi uederà chiaramente quando noi ragio­
naremo
delle proportioni, & apriremo i ſecreti di queſt'Arte, dimoſtrando qual riſpetto è
nella
proportione, quali termini, qual uſo, & quanti effetti, & di che forza ella faccia parere
le
coſe: però mi riporto al ſuo luogo.
Vitruuio fin tanto lo eſſempio di quello, che egli ha det­
to
{Secondo la rata portione,} dicendo. {Come ſi uede nel corpo humano.} Hauendo
Hercole
miſurato il corſo, & lo ſpacio di Piſa, & trouatolo di piedi ſeicento de i ſuoi, & eſſen­
doſi
poi nelle altre parti della Grecia fatti quegli ſpacij da correre di piedi ſeicento, ma piu breui.

il
buon Pithagora comparando quelli corſi l'uno con l'altro, ritrouò il piede di Hercole eſſere
ſtato
maggiore de i piedi, con i quali i Greci haueuano miſurato gli altri ſpacij.
& ſapendo qua­
le
doueua eſſer la proportione del piede alla giuſta grandezza dell'huomo, compreſe la ſtatura di
Hercole
eſſere ſtata tanto maggiore della ſtatura de gli altri huomini, quanto il corſo miſurato da
Hercole
eccedeua gli altri corſi della Grecia.
Quando adunque le miſure ſeranno accommoda­
te
alle maniere, non ha dubbio, che dalla grandezza d'una parte non ſi conoſca la miſura del­
l
'altra, & conſeguentemente la grandezza del tutto. {Et prima ne i ſacri tempij.} Queſto
ho
dichiarito di ſopra, che dalla groſſezza delle colonne, che ci daua il modulo, ſi pigliauano gli
ſpacij
tra le colonne, & le altezze di quelle. {Ouero dal Triglipho.} queſto è un membrello,
che
ha tre canellature come canali, donde prende il nome, & ſi mette ſopra l'Architraue nelle
opere
Doriche, dal quale ſi miſura l'opera Dorica, ſi come al terzo capo del quarto libro ci ſa­
dichiarito. {Poi nel foro della Baliſta.} Nella Baliſta, che è inſtrumento da trarre, egli
ſi
fa i fori dalle teſte, ne i quali entra il capo della corda.
i fori ſi cauano dal peſo della pietra: &
da
i fori ſi caua la miſura di quello, che Vitr. chiama ſcutula.
nel decimo al cap. XVII. & qui
Peritriton
.
come dalla palla ſi piglia la miſura del pezzo dell'artigliaria, {ſimigliantemente
nelle
naui, da gli ſchelmi, cioè dallo ſpacio, che è tra il ligamento d'un remo & l'altro, ſi piglia
quella
miſura, che regola tutto il corpo della galera,} coſi trouo che ſi oſſerua nel fabricar le
galere
, & per queſto io ho eſpoſto Vitruuio in queſto modo.
ma ſeguitiamo.
Decoro è aſpetto ſenza menda dell'opera prouato per le coſe compoſte con autorità.
Io eſponerò decoro per le coſe che ſegueno, ma in uero Vitr. lo abbraccia ſotto nome di orna­
mento
, quando egli dice, {aſpetto ſenza menda,} benche nella ſeconda parte ſi tegna al
decoro
, quando dice, {prouato per le coſe compoſte con autorità.} & lo eſſempio di Vitru.
1molto bene ce lo dimoſtra. Queſto è conſumato o per ſtanza, o per conſuetudine, o per
natura
: per ſtanza, quando a Gioue folgoratore, al Cielo, al Sole, & alla Luna ſi fanno
gli
edifici ſcoperti, & all'aere.
Percioche noi uedemo le forme, & gli effetti preſenti
nello
aperto, & lucente mondo.
A Minerua, & a Marte, & ad Hercole ſi fanno i tem­
pij
di maniera Dorica: percioche a queſti Dei per la uirtu loro ſi conuiene fare le fabri­
che
ſenza delicatezze, & tenerezze.
Ma a Venere a Flora, & alle Ninfe delle fonti ſe ſa­
ranno
fatte l'opere Corinthie, pareranno hauere conueniente proprietà; perche a que­
ſti
Dei per la loro tenerezza l'opere ſottili, & floride, ornate di foglie, & di uolute pa­
reranno
accreſcere il debito ornamento.
Ma a Giunone, a Diana, al Padre Baccho, &
a
gli altri Dei che ſono di quella ſimiglianza facendoſi i lauori Ionichi, egli ſi hauerà ri
guardo
alla uia di mezo: percioche & dalla ſeuerità della maniera Dorica, & dalla delica­
tezza
della Ionica ſarà la loro proprietà moderata.
Dalle parole di Vitr. il prudente Architetto puo trarre molti belli documenti cerca il Decoro,
& gli adornamenti, che conuengono alle fabriche de i noſtri tempi.
Imperoche ſe bene noi non
hauemo
i Dei falſi, & buggiardi, non manca però l'occaſione di ſeruare il Decoro nelle chieſe
conſecrate
a i ueri amici del uero Dio, & anche alla Maieſtà di quello; & come che molti ſono,
& differenti nello ſplendore di diuerſe uirtuti, come le ſtelle del cielo differenti ſono in chiarez
za
; egli ſi può bene uſare ogni maniera conueniente, & propria a gli effetti di ciaſcuno.
L'Au
ſterità
de i ſanti, che nella uita ſolitaria ſi ſono macerati in digiuni, uigilie, & orationi ricer
ca
ſodi, & inculti lauori.
La ſemplicità, & purità Virginale i piu gentili, & delicati: & ſimil­
mente
la moderata uita ricerca la temperatura dell'una, & dell'altra parte.
Ma non ſi deue cre­
dere
, che ſolamente habbiano ad eſſere tre maniere di opere, perche Vitru. ne habbia tre ſole
numerate
.
percioche egli ſteſſo nel quarto libro al ſettimo cap. ui aggiugne la Toſcana, & dice
anche
che ui ſono altre maniere, & i moderni ne fanno, & la ragione lo richiede, per fare differen­
za
da i nostri ſanti alli Dei falſi de gli antichi, & è in potere d'uno circonſpetto & prudente Ar­
chitetto
di componere con ragione di miſure molte altre maniere, ſeruando il Decoro, & non ſer­
uendo
a ſuoi capricci.
Ma le tre ſopradette maniere ſono le piu nominate.
Ma alla conſuetudine in queſto modo ſi exprime il decoro. quando alle parti di dentro
de
gli edificij magnifiche ſi daranno l'entrate, & i neſtibuli conuenienti, & belli, percio­
che
non ſarà di decoro, & ornamento, ſe le parte interiori ſaranno fatte con eleganza, &
le
intrate baſſe, & uergognoſe.
Simigliantemente ſe ne gli Architraui Dorici ſi ſcolpi=
ranno
nelle cornici i dentelli, ouero ſe ne i capitelli puluinati, o ne gli architraui Ionichi
ſaranno
cauati gli Triglifi. traportandoſi da un'altra ragione le proprietà in altro lauoro, ſi
offenderà
il uedere, per eſſer prima la uſanza altrimenti.
Proprio è nel gocciolatoio Ionico ſcolpire i dentelli; queſti ſe nella opera Dorica ſaranno trapor­
tati
, come fece colui il quale fabricò il Theatro, che Auguſto fece fare in nome di Marcello ſuo ni
pote
, offenderà gli occhi aſſuefatti ad altra ueduta: ſimilmente farà colui, il quale ne gli architra
ui
Ionichi farà i membretti canelati, che ſi chiamano Triglifi. percioche queſti ſono proprij della
maniera
Dorica, come Vitr. ci dimoſtra nel quarto libro.
Io laſcio al luogo ſuo la dichiaratio­
ne
di molti uocabuli, per non ritardare la intentione di chi deſidera ſapere ordinatamente.
Il decoro naturale ſarà, ſe prima per fabricare tutti i Tempij ſi farà elettione di luo­
ghi
ſommamente ſani, & delle fonti delle acque idonee, in quelle parti, doue ſi hanno a
fare
le ſacre caſe ſaranno eletti; Et ſpecialmente dopo ad Eſculapio, alla Salute, & a que­
gli
dei, per le medicine de i quali molti infermi pare, che ſiano riſanati; perche quando i
corpi
ammalati ſaranno traportati di peſtilente in luogo ſano, & dalle fonti ſalubri ſaran=
no
loro le buone acque recate, molto piu preſto ricouereranno la ſanità, & coſi auenirà che
dalla
natura del luogo, l'opinione della diuinità con grandezza, & credito ſi faccia maggio
re
.
Appreſſo le dette coſe, il decoro naturale ſarà, ſe per le ſtanze, oue ſi dorme, & per
1le librarie ſi piglierà i lumi dal leuante; per li bagni, & per li luoghi del uerno
dalla
parte, doue il ſol tramonta la inuernata: per le cancellarie, o ſcrittoi, & per quel­
li
, che richiedeno certa egualità di lumi, dal ſettentrione: perche quella parte del cielo,
non
ſi fa piu chiara, piu oſcura per lo corſo del ſole, ma è certa, & non ſi muta in tut­
to
'l giorno.
Perche Vitr. nel quinto libro al decimo, & nel ſeſto al ſettimo capo ragiona delle dette coſe,
& ſimilmente nel quinto al duodecimo, & in altri luoghi ragiona del decoro, & della bellezza,
io
non uoglio preuertire con dichiaratione di parole la intelligenza riſeruata al luogo ſuo.
Baſti­
mi
dire che la bellezza, & decoro è relatione di tutta l'opera allo aſpetto, & à quello, che ſta be
ne
, a che è l'opera indrizzata, ſeruan do l'uſanza, & la commodità della natura.
La diſtributione è commoda, & utile diſpenſatione delle coſe, che biſognano, & del
luogo
, et moderato temperamento della ſpeſa fatta con ragione.
Queſta ſi oſſeruerà
ſe
prima lo Architetto non cercherà quelle coſe, che non ſi poſſono trouare, o preparare
ſenza
grandiſsima ſpeſa.
percioche non in ogni luogo ſi caua la rena, per tutto è copia
di
cementi, di abeti, di ſappine, di marmi.
Ma una coſa in un luogo, & altra in altra
parte
ſi truoua, & le condotte di tali coſe ſono difficili, & di molta ſpeſa, & però doue non
ſi
puo cauare ſabbione di foſſe, uſiſi quello di fiume, ouero l'arena del mare ben lauata.

Fuggirannoſi
i biſogni de gli abeti, & delle ſappine, uſandoſi il cipreſſo, il poppio l'ol­
mo
, ouero il pino.
Et in tal maniera ſi eſpedirà le altre coſe. Euui un'altro grado di di­
ſtributione
; quando ſi fabrica all'uſo de i padri di famiglia, ouero ſecondo la commodità
del
dinaro, ouero ſecondo la dignità della bellezza.
percioche egli pare che altrimenti s'hab
biano
a fare le caſe nella città, da quelle, nelle quali s'hanno à riponere i frutti delle uille;
& non ſarà quello iſteſſo il fabricare per li mercanti gabellieri, & per li dilicati & quieti.

Ma
le habitationi de i grandi, che con i loro graui penſieri gouernano la republica ſi deono
fabricare
all'uſo loro, & in ſomma le diſtributioni de gli edificij conuiene eſſer fatte ſecon­
do
le perſone.
Come le maniere del parlare, che ſi chiamano idee, ſono qualità dell'oratione conueniente alle
coſe
, & alle perſone, coſi le maniere de gli edificij ſono qualità dell'arte conueniente alle coſe, &
alle
perſone.
& ſi come à formare una idea dell'or atione otto coſe ſono neceſſarie, cioè la ſenten­
za
, che è lo intendimento dell'huomo; lo artificio, col quale come con certo inſtrumento ſi leua il
concetto
; le parole che eſprimono i concetti; la compoſitione di quelle, con i colori, & figure; il
mouimento
delle parti, che numero ſi chiama; & la chiuſa & il fine della compoſitione: coſi per
iſpedire
una maniera delle arti, ſei coſe ſono neceſſarie, & queſte già quaſi tutti hauemo eſpedite.

Reſta
ſolamente la diſtributione, la quale & nell'arte del dire, & nella cura publica, & priua­
ta
è ſommamente neceſſaria, & molto ſi apprezza.
Queſta pare, che con il decoro conuegna ri­
ferendoſi
alle coſe, & alle perſone.
ma è differente. perche il decoro ſi riferiſce alle coſe, & alle
perſone
in quella parte che è conueneuole, & d'ornamento, & honeſtà, ma la diſtributione in
quella
parte che è utile, & commoda, come ſi uederà nel ſeſto libro all'ottauo cap. nel quale Vitr.
pare
che habbia uoluto dichiarare la preſente parte.
Hora egli è da auuertire che ſe bene Vitr.
ha
applicato le predette ſei coſe alla fabrica de i tempij, & delle caſe, per eſſer coſe principali, pe­
egli ſi deue applicarle a tutte le altre coſe, & opere, che ſi fanno come machine, inſtrumenti,
horologi
, & altre coſe ſottopoſte alla Architettura, & tanto ſia detto dell'habito, & della for­
ma
che deue eſſere nell'animo, & nel penſiero dello Architetto, accioche egli meriti, coſi de­
gno
, & celebrato nome.
1
Delle parti dell' Architettura. Cap. III.
LE parti dell' Architettura ſono tre Edificatione, Gnomonica, Machinatione.
Tempo è che io ſatisfaccia hormai alla promeſſa di eſponere le parti della Architet­
tura
: però con quella breuità, che mi ſarà conceſſa iſprimere intendo tutta la forma
intiera
, & unita dell' Architettura, & dimoſtrare ordinatamente le parti ſue, ac­
cioche
ſi rinchiuda ne i termini ſuoi tutto il corpo di quella.
Il ſapere non è altro che conoſcere
gli
effetti per le proprie cauſe.
ogni effetto è fatto da alcuna coſa, di qualche coſa, ad alcun fine,
con
alcun modo, & forma.
Quello, che fa è detto agente; la coſa di che ſi fa, è chiamata Mate­
ria
: quella à cui s'indrizza, è detta Fine; quella, che compie, & rende perfetta in eſſere è nomi­
nata
forma.
Le cauſe principali adunque ſono quattro. Noi dello agente artificioſo, quale egli
ſi
ſia, & di che conditione eſſer debbia gia detto hauemo quando & l'ufficio, & le uirtù dello
Architetto
narrammo.
La forma ſimilmente in uniuarſale è ſtata eſpoſta. Reſtaci a dire della
materia
, & del fine.
Et per piu chiara intelligenza in ſomma dicemo, che ad imitatione delle co­
ſe
naturali, conſideramo nelle artificiali due coſe.
L'una è lo eſſere, l'altra il bene eſſere. cerca
lo
eſſere conſideramo la materia, la forma, & il compoſto dell' una & dell' altra.
circa il bene eſ­
ſere
conſideramo gli adornamenti, & gli acconciamenti delle coſe.
Et perche molti ſtrumenti ci
biſognano
per componere la materia con la forma, però è neceſſario trattare de gli inſtrumenti, &
delle
machine.
& la ragione delle ſopradette coſe in tal modo ſi eſpone. L'arte quanto puo imita
la
natura: Et queſto adiuiene per che il principio dell' arte, che è lo intelletto humano, ha gran ſi­
miglianza
col principio, che muoue la natura, che è una intelligenza.
dalla ſimiglianza delle
uirtù
, & de i principij naſce la ſimiglianza dell' operare, che per hora chiameremo imitatione.

Queſta
imitatione ſi uede in tutte le Arti, ma molto maggiormente in quella che è giudice di tutte.

imitaremo
adunque la natura nel trattamento dell' Arte.
La doue l'Architettura cioè la ſcienza di
chiara
la materia, la forma, & la compoſitione delle opere, & imitando la natura per l'occulta
uirtù
del ſuo principio, procede dalle coſe meno perfette alle piu perfette: & prima pone le coſe in
eſſere
, & poi le adorna; percioche non ſi puo adornare quello, che non è.
Ma perche il princi­
pio
, che regge la natura, è d'infinita ſapienza, ottimo, & potentiſſimo, però fa le coſe ſue belle,
utili
, & durabili: conueneuolmente lo Architetto imitando il fattor della natura deue riguarda­
re
alta bellezza, utilità, & fermezza delle opere.
Trattando adunque della forma biſogna,
che
egli ſappia ordinare, diſponere, miſurare, diſtribuire, ornare, & ſatisfare al diletto de gli
occhi
con bella, & gratioſa maniera.
& per cio fare ſia egli inſtituito con quelle conditioni, che
ſono
contenute nel primo capo, & con quelle, che nel ſecondo ſi leggeno.
Sotto nome di forma
compreſi
ſono i lineamenti, & i ſiti delle coſe, la doue ſi conſidera la ragione con tutte le ſue quali­
, occulte, & manifeſte, buone, & ree; il piano, il compartimento di quello, la eleuatione del
la
fronte, & de i lati, le apriture, i coperti, con ogni lor conditione, ammaeſtramento, & re­
gola
, come ſi dirà poi.
Seguita quella conſideratione, che appartiene alla materia. ma prima, che
la
materia ſia diſpoſta, & apparecchiata, biſogna conſiderare, che lo ingegno dell' huomo è im­
perfetto
, & di gran lunga inferiore allo intelletto diuino.
& la materia (come ſi dice) è ſorda,
& non riſponde alla intentione dell' arte; Et però prima, che lo Architetto ſi dia à cominciar le
opere
deue imitare lo agente naturale, il quale non opera ſe non ſecondo il ſuo potere; coſi farà
lo
Architetto conſiderando l'opera, & la ſpeſa.
Et perche la natura nelle coſe piu perfette, &
piu
tempo, & piu diligenza ui mette però lo Architetto ha da penſar molto bene; & per fare piu
certa
la riuſcita delle opere, col diſegno, & col modello ſi mouerà, prima udendo anche i meno eſper
ti
, & laſciando raffreddare lo affetto, per dar luogo al giuditio, imiterà la natura, che contra il
ſuo
fattore non opera coſa alcuna; però egli non cercherà coſe impoſſibili, & quanto alla mate-
1ria, & quanto alla forma, che egli, altri le poſſa finire, conſiderando, che il fattor del mon
do
uolendo quello formare, fece di niente la materia delle coſe.
& la natura come primo ſuo par­
to
, mancando di tanto potere, & pur uolendo aſſimigliarſi al ſuo fattore, nella generatione delle
coſe
piglia quella materia, che ha uno eſſer, ma ſenza forma con potenza, & habilità a riceuere
ogni
forma.
Et di quella fa cio, che ſi troua di ſenſibile, & corporale. Onde l'arte oſſeruatrice
della
natura, come nipote (dirò coſi) del primo fattore, uolendo anche ella fare alcuna coſa pren
de
la materia, che le la natura in eſſer di forma ſenſibile, & naturale; come è il legno, il
ferro
, & la pietra; & forma quella materia di quella idea, & di quel ſegno, che nella mente del­
lo
artefice è ripoſto.
Apparecchiato adunque il dinaro, accio niente ſia, che lo impediſca, pro­
uederaſſi
della materia, della quale ſi tralta nel ſecondo libro.
La principal materia, che uſa lo
Architetto
è la pietra, il legno, & quelle coſe, che componeno, & metteno inſieme il legno, &
la
pietra, però nel predetto libro conſidera le pietre, & gli alberi, l'arena, & la calce, & par­
titamente
la natura, la qualità, l'uſo, & il modo di tutte le coſe, ragionando di quella materia,
che
la natura, & l'uſo ne apporta.
perche di quella a che la neceſſità ci aſtrigne, non accade ra­
gionarne
: eßendo in diuerſi luoghi diuerſa, come bitume, cocciole, & altre coſe, che in luogo
di
pietre, o d'arena ſi uſano, doue non ſi troua arena, pietre.
in alcuni luoghi ſi cuopreno
le
caſe con teſtugini; alcuni con cannuccie, & palme, altri uſano il cuoio: del ferro, & de gli
altri
metalli non ſi ragiona, perche le loro nature, & qualità ſono piu conformi, & hanno
meno
differenze, che le coſe dette di ſopra.
preparata dunque la materia, & conſiderata la for­
ma
in uniuerſale, ci reſta a dire della compoſitione.
Ma prima egli ſi deue auuertire, che lo agen
te
, che regge la natura, è d'infinite idee ripieno, & ordinatamente procedendo muoue le cauſe ad
un
'ad una, infondendo le uirtù ſecondo la libertà del ſuo uolere: quelle cauſe coſi moſſe, portano
qua
giu quel diuino influſſo con ordine merauiglioſo.
La doue dal primo eſſere, dalla prima uita,
& dal primo intelletto, ogni eſſere, ogni uita, ogni intelletto dipende.
Il che eſſendo in queſto
modo
: biſogna che lo Architetto ſia ſaggio, & buono: ſaggio in conoſcere per le regole della non
fucata
aſtrologia, i tempi atti a dar principio alle opere, tralaſciando gli ardentiſſimi, ſoli, & gli
acutiſſimi
giacci.
buono, in fatti non eſſendo auaro, dato a uitij, in parole, pregando il da
tore
di tutte le forme, che lo ſpogli d'ignoranza, & lo ſuegli a partorire le belle inuentioni con pro­
ſpero
, & felice ſucceſſo dell' arte ſua, a beneficio delle genti.
Hora per ritornare a propoſito,
io
dico, che non ſolamente imitar ſi deue la natura, nel modo piu uniuerſale, & commune, ma
ſempre
al meno, & piu riſtretto diſcendere.
per il che gli Architetti ſi deono sforzare, di fare
l
'opere loro, a qualche effetto di natura ſimiglianti.
Et non eſſendo qua giu coſa, che in perfet­
tione
all' huomo s'aguaglie; belliſſimo eſſempio ci darà in ogni artificio il conſiderare la proportio­
ne
del corpo humano.
Certo è, che la natura nella generatione dell' huomo dimoſtra ueramente
a
quello douerſi riferire tutte le coſe, la doue lo rende perfetto; & perciò di molte parti, come di
molti
inſtrumenti dotato in ſeruigio dell' anima, & della uita ſi uede.
Delle dette parti alcune
ſono
di nome, & di natura ſimiglianti, come il ſangue, l'oſſa, i nerui; imperoche ogni parte di
ſangue
, è ſangue, ogni parte di oſſo è oſſo, & ogni parte di neruo è neruo, & coſi uien chiama­
to
.
Altre ſono di nature, & uocaboli diuerſi, come è la mano, il piede, il capo: imperoche
non
ogni parte della mano è mano, o uien detta mano; & coſi del piede, & del capo ſi dirà.

Delle
prime parti ſimiglianti ſi fanno le ſeconde, & queſte nel corpo hanno ufficij, & fini diuerſi.

Volendo
adunque lo Architetto far l'opera ſua in modo, che ella ſia una intiera, & unita, biſo­
gna
, che egli conſideri le parti principali, accioche ſi dia loro materia che conuenga, & buona
ſia
per le opere ad imitatione di natura, che luogo conueniente, & ben preparato, nel quale
per
tanto ſpacio di tempo s'habbiano à formare compiutamente le membra humane, gettando pri
ma
per fondamento della uita, del ſenſo, & del mouimento, i ſegni del cuore, del fegato, &
del
ceruello.
Lo Architetto hauerà la conſideratione, del luogo, del modo, delle parti, & uſo
di
eſſe: & però ſegue che la materia ſia eſpedita ſecondo l'uſo delle parti.
Quanto adunque al
1luogo ſi uede per certi ſegni, & inditij le qualità del terreno, oſſeruanſi alcune regole, & ſi dan­
no
alcuni ammaeſtramenti.
D'indi alla dichiaratione delle altre coſe ſi ragiona delle pietre ſecon
do
la quantità, è figura loro, affine che ci ſeruiamo ſecondo l'uſo.
il ſimigliante ſi dirà della calce,
con
quelle oſſeruationi, che ſeruiranno al biſogno.
& paſſando piu oltre ſi dirà il modo di ponere
inſieme
le pietre con la calce.
& con belli auuertimenti preſi dalla natura delle coſe, ſi farà con­
ſideratione
delle fondamenta, & poi delle parti della fabrica, che ſono ſopra il fondamento.
le
quali
ſono i panimenti, i pareti, i muri, & i tetti con tutte le maniere di murature abbracciate
da
Vitr. nel ſecondo libro.
& coſi l'oſſa, i ſoſtegni, l'apriture, i legamenti, i corſi, i riempimen­
ti
chiaramente ſi daranno ad intendere & queſta è particolare, & diſtinta ragione della Archi­
tettura
, ma ancora non iſpedita.
imperoche fin hora non ſi ha hauuto alcuna conſideratione del
fine
, che è quello che pone forza, & neceſſità a i mezi, & conſtituiſce ogni arte, (come dice Ga­
leno
) operando adunque lo Architetto affine, che gli huomini ſotto l'unione, alla quale per natu­
ra
ſono inclinati, commodi & ſicuri uiuino, & ſiano l'un l'altro di giouamento: neceſſerio è con
ſiderare
la diuerſità de gli huomini, accioche ſi proueda al biſogno.
Vedendo adunque noi un gran
numero
d'huomini ad un fine inſieme raunati, potemo conſider are tutto quel numero in ſe ſteßo,
potemo
anche diſcorrere tra quella moltitudine, & trouarui per entro qualche differenza delle
perſone
.
Se noi conſideramo tutta la raunanza inſieme neceßario diremo, che ſe le faccia
una
città con tutte quelle parti, che per tutta quella raunanza utili, & ſicure ſaranno.

Et
però prima ſi hauerà riſpetto all' ampiezza, & giro, nel quale ſi hauerà a rinchiudere
quella
moltitudine, & però ſi tratterà della ſua capacità, & grandezza, & poi delle mura, nel­
le
quali ſi farà conſider atione della difeſa, onde egli ſi ordinerà la fabrica delle torri, & di quel­
le
parti, che.
ſi chiamano baloardi, caualieri piateforme, porte, riuellini, & ſaracineſ­
che
, poi ſi compartirà il piano rinchiuſo dalle mura per commodo d'ognuno, percioche tutto
non
deue eßer fabricato tutto uoto.
però ſi tratterà delle piazze & uie publiche, delle
ſtrade
, & androne, & calli, hauendo ſempre riſpetto, che non ſiano battute da i uenti.

come
ſi dirà poi.
Oltra di queſto, perche ne i luoghi delle città ſogliono paſſare fiumi, ouero
altre
acque condotte, per lequali ſi conduceno le merci, & le uettouaglie, però è neceſſaria
la
fabrica de i ponti, & de i porti per la commodità d'ognuno.
Ma uolgendoci noi alle diſtin­
tioni
delle perſone troueremo altri eſſer piu degni, altri meno, & tra i degni, ouero uno ca­
po
ſolo, ouero molti.
& quel capo o per elettione di molti, & permiſſione di leggi, o per uio­
lenza
, & for za.
nel primo caſo ci apparirà il Principe, nel ſecondo il Tiranno. dal fine di
ciaſcuno
prenderà lo Architetto la diſpoſitione delle fabriche, & delle habitationi facendo
al
Principe il pallazzo, & al Tiranno la rocca.
Tra i molti degni ritrouerà, che alcuni ſono
dedicati
alla religione, altri fuori dell' oſſeruanze della religione.
di queſti altri ſaranno at­
ti
ad uſcir fuori per la republica, altri per regger quella di dentro la citta.
di quelli, che ſono
atti
ad uſcire, altri al mare, altri alla terra ſi daranno, & chi prenderà il mare hauerà bi­
ſogno
di nauali, cioè Arzane di naui, di munitione & porti; & però l'Architetto deue an­
che
hauere conſideratione di quelle fabriche, che conuengono al mare.
Ma chi prenderà la
terra
come capitano, & condottore di eſſerciti hauerà biſogno di alloggiamenti, ſteccati, for­
ti
, d'artigliarie, machine, & inſtrumenti diuerſi per difeſa, & offeſa.
alle quai tutte coſe l'Ar
chitetto
deue dare ordine.
Ma perche quelli, che ſtanno dentro al gouerno, ouero ſono preſi­
denti
alle controuerſie ciuili, & criminali, ouero ſono conſultori delle coſe di ſtato: però è
neceſſario
per li giudici il foro, & per li ſenatori il ſenato & la curia, & coſi le perſone
degne
, che non ſono dedicate al culto diuino della religione haueranno conuenienti habita­
tioni
.
Ma a gli oſſeruatori della religione ſi faranno i monaſteri, i chioſtri, gli hoſpitali,
per
gli huomini, & per le donne, come ricerca l'uſo, & il decoro d'ogni perſona, et ſpecial­
mente
ſi metterà ogni induſtria nella fabrica delle chieſe, & de i ſacri tempij.
Ma perche
ſono
alcune opere, che in tutto publiche, in tutto prinate ſi deono chiamare: però di
1quelle anche ſi deue hauer cura, alcune delle quali ſono per conſerua delle coſe da uiuere, o
da
mercantare, alcune per difenſione, & aiuto, come ſono i fondachi, le dogane, i magaze­
ni
, la Cecca, gli armamenti, i luoghi delle munitioni.
alcune all' uſo come bagni, acquedotti,
& ſimil coſe.
Altre al diletto ſeruono, & alle feſte, come ſono i theatri, gli amphiteatri, le
loggie
, i luoghi diputati al corſo, & a giuochi diuerſi.
altre all' honore, & alla memoria, co
me
gli archi, i trofei, le ſepolture, le mete, gli obeliſchi, & le piramidi.
Altre in fine a i
rei
huomini ſi fanno, come il carcere, che è conſeruatore della giuſtitia.
& tutte le predet
te
fabriche hanno del publico, & del priuato in un certo modo, come ſi puo ben conſider an­
do
uedere.
Ma le perſone ſenza grado ſono gli huomini cittadineſchi, gli artefici, gli agri­
coltori
.
& però conſiderando lo Architetto la commodità, & la conditione d'ognuno, non la­
ſcierà
a dietro maniera alcuna di priuato edificio nella città, come nella uilla.
& con que
ſto
ſi darà fine a quella parte, che tratta dello eſſer delle coſe: riuolgendoſi poi al ben eſſer trat
terà
de gli ornamenti, adornando la città, le fortezze, i tempij, i palazzi, le caſe, le ſtrade,
i
ponti, gli archi, le ſepolture, & in ſomma ogni opera publica, & priuata.
Di queſta ſi trat
ta
nel ſettimo libro.
Finalmente perche a fare ſi grandi, & belle opere ci biſognano molti in­
ſtrumenti
, ne i quali oltra la natura delle coſe, l'arte dimoſtra la forza ſua, & la materia
& ſoggetto d'ogni opera, & la potenza dello agente la fa eſſere quello, che ella non era; &
queſto
con diuerſi inſtrumenti, per eſſere lo inſtrumento mezano tra lo operante, & la coſa ope
rata
: però il ſaggio Architetto tratta de gli inſtrumenti, & delle machine, da leuare, tirare,
& mouere i peſi, & di tutte altre ſorti d'artigliarie: & perche il tempo è miſura delle opera­
tioni
de gli huomini, & della natura, & il mouimento de i corpi celeſti, & ſpecialmente del pri
mo
ua inſieme col tempo, & ci apporta il Sole, & la Luna, come quelli che diſtingueno i giorni
& le notti: però, accioche gli huomini compartiſchino le hore, & i tempi delle loro operatio­
ni
, lo Architetto ſi uolgerà con gli occhi al cielo, & ſeruendoſi di que bei lumi, con arti­
ficioſi
lineamenti deſcriuerà gli horologi da Sole quaſi mettendoci il cielo nelle mani: & queſta
è
la ſomma dell' Architettura, laquale (ſe ben ſi conſidera) abbraccia ogni commodo, & dilet
to
dell' humana generatione.
& con lo ſopradetto diſcorſo potemo andare ſicuramente alla di­
chiaratione
del preſente Capo.
dice adunqne Vitruuio diuidendo l'Architettura.
Le parti dell' Architettura ſono tre, Edificatione, Gnomonica, & Machinatione. La
edificatione
è diuiſa in due parti.
una è la collocatione delle mura, & delle opere com­
muni
, ne i luoghi publici, l'altra è la eſplicatione de i priuati edificij.
Dapoi che Vitruuio ci ha dimoſtrato che coſa eſſer deue nella mente dello Architetto prima,
che
egli uenghi all' opera, hora egli ci moſtra in quante coſe egli ha da porre le ſei predette
forme
: & dice, che l'ordine, la ſimmetria, la diſpoſitione, la diſtributione, il decoro, & la
eurithmia
ſi hanno ad eſſercitare in tre coſe principalmente, che egli chiama parti dell' Ar­
chitettura
, & ſono parti materiali: & la prima è la Edificatione, & fabrica; la ſeconda Gno
monica
, la terza Machinatione.
Fabrica è nome generale, & particolare; in generale fa­
brica
è arte, & componimento d'alcuna coſa, come latinamente Fabbro è detto ogni ope­
rario
.
Similmente machinatione è quello iſteſſo, che è fabrica in generale; ma quando l'uno,
& l'altro nome è preſo in particolare', fabrica s'intende edificatione, & machinatione s'inten­
de
arte di fare le machine: della quale ſi tratta nel decimo libro.
la edificatione ha due parti,
l
'una è la collocatione delle mura, & delle opere communi ne i publici luoghi.
di queſta ſi trat­
ta
ne i primi cinque uolumi.
L'altra è la eſplicatione de i priuati edificij, delli quali ſi trat­
ta
nel ſeſto.
Le Diſtributioni delle opere publiche ſono tre, delle quali una ſi alla di
feſa
, l'altra alla religione, l'altra al commodo.
Alla difeſa appartiene la ragione di fare
le
mura della città, & delle torri, & delle porte, lequali coſe ſono ſtate ritrouate per ſcac
ciare
gl'impeti de i nimici continuamente. Et queſta ſi ha ne i ſeguenti capi del preſente libro.
Della religione è la collocatione de i tempij, & delle ſacre caſe, de gli immortal Dei.
1come ſi tratta nel terzo, & nel quarto libro. Della opportunità è la diſpoſitione de i luo
ghi
communi all' uſo publico, come ſono i porti, i fori, i portichi, i bagni, i Theatri, i
luoghi
da paſſeggiare, & le altre coſe, le quali con le iſteſſe ragioni, ſono ne i publici luo­
ghi
diſegnate.
Di quefte coſe ſi tratta nel quinto libro diſtintamente. Queſte coſe di tal maniera deono eſ
ſer
diſpoſte, che egli ſi habbia riguardo alla fermezza, all' utilità, alla uenuſtà.
Alla fermez­
za
ſi riguarderà, quando le fabriche ſaranno ben fondate ſin ſul ſodo.
& ſe ſenza auaritia ſi
farà
elettione, & ſcielta della materia d'ogni ſorte.
All' utilità ſi prouederà, quando ſenza
impedimento
al commodo, & uſo de i luoghi, & ſenza menda ſaranno le coſe diſpoſte,
& bene accompagnate, & partite ad ogni maniera.
Alla bellezza ſi ſatisferà, quando con
bella
, & gioconda maniera dello aſpetto, la compartita de i membri, ſarà giuſta, eguale,
& proportianata.
Delle elettione de i luoghi ſani, & quali coſe nuocono alla
ſanità
.
Cap. IIII.
NEL fabricare le mura della città queſti ſono i principij. Primamente è la elettio
ne
di luogo ſaniſsimo: Quello ſia lo eleuato, non coperto di nebbie, cari­
co
di freddi uapori: Ma che riguardi quelle parti del cielo, che troppo cal
de
ſono, troppo fredde, ma temperate.
Dapoi ſe egli ſi ſchiferà la uici­
nanza
delle paludi; perche uenendo alla città col naſcente ſole l'aure mattutine, ſe con
quelle
ſe congiugneranno le naſciute nebbie, & i fiati delle beſtie paluſtri ſpargeranno
nei
corpi de gli habitanti i uenenoſi uapori meſchiati con le nebbie, & faranno il luogo
mal
ſano.
Anchora ſe le mura ſaranno a canto'l mare, & riguarderanno al meriggie, o al
ponente
, non ſaranno i luoghi ſalubri.
Hauendo Vitr. fondata la trattatione dell' Architettura ſopra i principij dichiarati, comincia
hora
a fabricarui ſopra; & ſecondo la ſua diuiſione comincia dalle opere publiche, & delle ſei co­
ſe
, che apartengono alla forma, tocca prima la diſtributione, & il decoro naturale: & delle tre,
che
deue hauer ogni fabrica ragiona prima della utilità, & dirà poi della fermezza, & uenuſtà
delle
opere.
Quanto alle opere publiche ci uiene inanzi la città, che per difeſa della uita, della
religione
, & delle publiche commodità, ſi ſuol fare.
Sei coſe ſono (come dice il dotto Leon Bat­
tiſta
) da eſſer conſider ate da chi uuol fabricare una città.
La prima è l'ampiezza di tutta la ter
ra
poſta d'intorno, & la faccia, doue ſi debbe fabricare, detta regione.
La ſeconda è il campo,
& la piazza, o ſpatio determinato della regione da eſſer cinto, & rinchiuſo di mura.
La terza,
è
il compartimento del detto ſpacio.
La quarta è tutto quello, che ſi lieua dal piano, parete, o
muro
nominato.
La quinta è tutto quello, che ci ſtà ſopra il capo, o ci cuopre in qualunque mo­
do
.
La ſeſta è l'apritura, doue & le perſone, & le coſe entrano, & eſceno. Vitr. comincia
a
dire della regione, cioè della elettione de i luoghi ſani, percioche gran forza, & uirtù è poſta
nella
natura de i luoghi, & dello aere, come quello, che da noi non ſi puote ſeparare; & il luogo
è
come padre della generatione, in quanto egli è affetto dalle qualità celeſti.
& però le coſe na­
turalmente
ſi conſeruano piu doue naſceno che altroue.
Egli ſi ragiona adunque della elettione
de
i luoghi ſani per fabricare la città: & queſta è la prima conſideratione, che ſi deue hauere.

La
regione adunque contiene alcune qualità, delle quali altre ſono paleſi, altre aſcoſe.
& di que
ſte
, & di quelle alcune ſono ree, alcune buone.
Le ree ſi conoſceno dalle buone per lo contrario.
Delle
buone altre ci ſerueno al commodo, come il paeſe abondante di acque, di frutti, di paſcoli,
che
ha buoni uicini, porti, entrate, per commodità del contrattare, & condurre le merci.
Al­
tre
ſono buone all a ſanità.
perche hanno l'acque mobili, lucide, non uiſcoſe, non metalliche,
1ſenza qualit à di odore, colore, & ſapore, anche, perche i uenti non uengorio troppo freddi a
troppo
caldi, o da luoghi infetti.
Similmente ſe la temperatur a ſarà alquanto humida, & dolce,
croè
temperata.
dopo la quale è piu ſana la fredda: & ſe lo aere ſarà puro, purgato, peruio alla ui
ſta
, mobile, & uniforme; & il ſole non cuocerà molto, o non ſarà troppo lontano, ma potrà col
ſuo
calore confirmare le fredde aure mattutine.
Le aſcoſe qualità, che ree ſono, come ho detto,
ſi
conoſceno dalle buone.
Et le buone ſi attendeno da gli animali grandi, gagliardi, ſaporiti di
carne
, & fegato buono, & da gli huomini, quando ſono copioſi dell'uno, & l'altro ſeſſo, &
quando
ſono belli, ſani, & di lunga uita: & che ſono coloriti, gagliardi, & di temperata com­
pleſſione
.
Et dalle piante, quando ſono belle, ben nodrite, non offeſe da i uenti, & non ſono
di
quelle ſpecie, che naſceno in luoghi paludoſi, o ſtrani.
Et dalle coſe diuine, come dal Genio, &
buona
fortuna del luogo: & dalle naturali, quando le coſe ſi conſeruano, come ſono le merci, i
frutti
: & dalle artificioſe, quando gli edificij non ſono corroſi da i uenti, o dalla ſalſugine.
Que­
ſte
coſe diſcorre Vitr. accioche faccia l'huomo cauto et auuertito: & conferma con eſſempi, quan
to
dice, & con ragioni naturali, & dimoſtra non eſſere ineſperto della Filoſofia.

Leggi
Leon Battiſta a i capi, terzo, quarto, quinto, & ſeſto del primo libro, & hauerai la
preſente
materia, copioſa, ornata, & dotta: nel reſtante Vitr. ſi laſcia intendere in conformità
di
molti antichi ſcrittori, & proua quanto nociui ſiano i luoghi ſottopoſti al calore del ſole,
dicendo
.
Perche nella ſtate l'aere, che è uerſo il meriggie naſcendo il ſole ſi riſcalda, nel merig­
gie
arde: & quello, che è uerſo il ponente, naſcendo il ſole intepidiſce, ſalendo al mezo
riſcalda, cadendo abbrucia: la doue per le mutationi del caldo, & del freddo i corpi
che
ſono in que luoghi s'infermano.
& queſto ſi puo conoſcere dalle coſe inanimate, im­
peroche
nelle cantine coperte niuno prende il lume dal meriggie, dal ponente, ma dal
ſettentrione
: perche quella parte non ſi uede in alcun tempo mutata, ma è ferma ſempre,
& immutabile; & però i Granai, che riguardano al corſo del ſole preſto mutano la bontà
loro
; & le coſe del mangiare, & i frutti, che non ſono alla parte oppoſta al corſo del ſo­
le
, non ſi conſeruano lungamente, perche ſempre il calore cocendo leua la fermezza delle
coſe
, & con i ſuoi caldi uapori ſuggendo le uirtù naturali le diſcioglie, & quelle per lo
caldo
ammollite, rende debili, & inferme.
come ſi uede nel ferro, il quale benche ſia du­
ro
di natura, nondimeno dal fuoco riſcaldato nelle fornacì, s'ammolliſce in modo, che in
ogni
forma ſi puo ageuolmente piegare, & fabricare: & lo iſteſſo eſſendo molle, & rouen
te
poſto nell' acqua fredda ſi rindura, & ritorna nella proprietà di prima.
Egli ſi può an­
chora
conſiderare, che coſi ſia, da che nel tempo della ſtate tutti i corpi per lo caldo s'inde­
boliſceno
, non tanto ne i luoghi peſtilenti, quanto ne i ſani: & per lo contrario nel uer­
no
, quantunque le regioni ſieno molto mal ſane, diuentano però ſane, percioche i fred­
di
le fortificano grandemente.
Similmente ſi uede, che i corpi da luoghi freddi in parti
calde
traportati poco durano, & ſi diſcioglieno, ma quelli, che ſono di paeſi caldi, ſe ſta­
ranno
nelle fredde regioni del ſettentrione, non ſolamente per la mutatione del luogo
non
ſaranno ſottopoſti a malatie, ma ſi confermeranno.
Et però nel fare le mura delle
città
biſogna guardarſi da quelle regioni, i quali con i calori loro poſſono ſpargere i cal­
di
uapori ne i corpi humani.
perche di que principij, che chiamano elementi, tutti i corpi
ſono
compoſti, cioè di calore, di humore, di terra, & di aere, & dalla meſcolanza di que
ſti
con naturale meſcolamento in ſomma formate ſono le qualità di tutti gli animali nel
mondo
.
in que corpi adunque, ne i quali di que principij abonda il calore, ſi uede, che il
caldo
gli uccide, & diſcioglie tutte le altre coſe, & queſti difetti ſuol fare il feruore del cie
lo
, che uiene d'alcune parti, quando egli entrato ſiede nelle aperte uene, piu di quello,
che
puo portare il corpo per le meſcolanze della ſua natural temperatura.
parimente
ſe
l'humore hauerà occupato le uene de i corpi, & quelle hauerà fatto diſeguali,
1e gonfie, tutti gli altri principij, come guaſti, & corrotti dal liquore ſi liquefaranno.
& le uirtù della compoſitione ſi diſciglieranno. Similmente dai raffreddamenti dell hu­
more
de i uenti, & dell' aure, s'infondeno i difetti ne i corpi.
meno la natural compo
ſitione
dello aere, & del terreno creſcendo, o ſcemando fa debili gli altri principij, ijter
reſtri
con la pienezza del cibo, gli aeri con la grauezza dello aere.
Ma ſe alcuno uorrà
con
piu diligenza uedere ſenſibilmente, auuertiſca, & attenda alle nature de gli uccelli,
de
i peſci, & de i terreſtri animali.
& a queſto modo potrà conſiderare le differenze delle
tempre
de i corpi.
imperoche altra meſcolanza hanno gli uccelli, altra i peſci, & molto
anche
piu è diuerſa la natura de i terreſtri animali.
gli uccelli hanno manco del terreno,
& meno dell' humore, ſono di temperato calore, abondano di aere, da che naſce, che eſ­
ſendo
di piu lieui elementi compoſti, ageuolmente ſi leuano contra lo impeto dello ae­
re
.
Ma le nature aquatili de i peſci, perche ſono dal calor temperate, & piu d'aere & di
terreno
, & poco dell' humore ritengono, quanto meno hanno di que principij dell' humo
re
, tanto piu facilmente nell' humore ſi conſeruano.
& però tratti a terra ad un iſteſſo tem
po
, & la uita, & l'acqua mandano fuori: coſi i terreſtri animali, perche tra i principij lo
ro
ſono dallo aere, & dal calore temperati, & meno ritengono del terreno, & piu del­
l
'humore, abondando in quelli le parti humide, non poſſono ſtando nell' acqua lunga­
mente
conſeruare la uita.
Se adunque coſi pare, come propoſto hauemo, & ſe col ſenſo
uedemo
i corpi de gli animali eſſer di tali principij compoſti, & dimoſtrato hauemo per
lo
mancamento, & per lo ſoperchio di tal coſe, il tutto ceſſare, o patire, non dubitamo,
che
neceſſario non ſia con ogni diligenza sforzarſi di eleggere le parti del Cielo tempe­
peratiſsime
, quando nel fare le mura ſi richiede la ſanità; & però io giudico fermamen­
te
douerſi a queſto propoſito riuocare la ragione de gli antichi: imperoche i maggiori
diligentemente
riguardauano i fegati delle pecore ſacrificate, che paſceuano in que luo
ghi
, doue ſi faceuano le caſtella, ouero le guarnigioni: & ſe le prime erano liuide, &
uitioſe
ne ſacrificauano delle altre, dubitando ſe per infirmità, o per li paſcoli fuſſero
uitiate
: ma poi hauendo fatto la iſperienza in molte di eſſe, & prouata la intiera, & ſo­
da
natura de i fegati, dalle acque, & da gli paſcoli, s'accampauano in que luoghi: ma ſe
trouauano
difetto in quelli, per certo indicio argomentando, il medeſimo ne i corpi hu
mani
traportando, che in que luoghi eſſer doueſſe peſtilente la copia dell' acqua, & del ci
bo
: & coſi per altre parti ſi moueuano, & mutauano paeſe, in ogni luogo cercando la
ſanità
: ma che per li paſcoli, & per li cibi ſi apparino eſſer ſalubri le proprietà della terra,
argomento
manifeſto ci danno i campi di Candia, i quali ſono d'intorno il ſiume Po­
thereo
, tra Gnoſo & Cortina, perche dalla deſtra, & dalla ſiniſtra di quel fiume paſce­
no
le pecore, ma quelle, che ſi uanno paſcolando cerca Gnoſo, hanno la milza grande,
& quelle che ſono appreſſo Cortina non l'hanno apparente.
perche dimandandone i medi­
ci
la cagione, ritrouarono in que luoghi un'herba, che pigliata dalle pecore, ſcemaua loro
la
milza.
& coſi cogliendone, ne dauano a quelli, che patiuano di milza. & per queſto i Cre
tenſi
, chiamano quell' herba Aſplenon.
Da queſto egli ſi puo ſapere, che dal cibo, & dal
le
acque i luoghi ſono o peſtilenti, o ſalubri.
Oltra di queſto ſe nelle paludi ſarà fabricata la
città
, & che le paludi uicine al mare riguarderanno al ſettentrione, ouero tra'l ſettentrio­
ne
& leuante, pure che ſiano piu alte che il lito del mare, con ragione parerà eſſer fabricata.

perche
tratte le foſſe, le ac que ſe ne correno al lito, & dal mare gonfio per le fortune ri­
battute
nelle paludi per uarij mouimenti ſono commoſſe, doue per le amare meſcolanze
nei
luoghi paluſtri non naſceranno animali uenenoſi.
& quelli, che da piu alti luoghi nuo
tando
uerſo i liti ſe ne anderanno, per la non conſueta ſalſugine ſe ne moriranno.
Lo eſ­
ſempio
di queſte coſe, ſi puo hauere dalle paludi Galliche, che ſono d'intorno Altino, Ra­
uenna
, & Aquilegia, & altre terre uicine alle palludi, le quali per queſte ragioni hanno
1una incredibile ſalubrità. Ma quelli luoghi, che hanno le paludi baſſe, & non hanno uſci­
te
correnti per fiumi, per foſſe, come ſono le paludi Pontine, ſtando ferme ſi putre
fanno
, & mandano fuori in que' luoghi humori graui, & peſtilenti.
Nella Puglia l'antica
Salapia
, che da Diomede nel ritorno da Troia fu fabricata, ouero (come altri dice) da
Elfia
Rodiotto, era ſituata in luoghi tali, doue gli habitatori infermandoſi ogni anno,
andorono
finalmente da M. Hoſtilio, & da quello per publico nome chiedendo impetro­
rono
, che egli trouaſſe loro luogo idoneo, & eleggeſſe per fabricar la città.
Non ritardò
M
. Hoſtilio, ma ſubito inueſtigate le ragioni dottiſsimamente comprò una poſſeſsione ap
preſſo
il mare in luogo ſano, & chieſe dal ſenato, & populo Romano, che lecito foſſe tra­
portare
la terra, & coſi la cinſe di mura, compartì le piazze, & fatte le parti uendette a ciaſ
cuno
habitante la ſua per due libre & meza d'Argento.
& fatte queſte coſe, egli aperſe il la
go
nel mare, & dallago fece il porto con i doni conceſsi, la doue hora i Salapini per quat
tro
miglia lontani dalla loro antica città habitano in luogo ſano.
Vna gran parte del ſettimo della Republica d'Ariſtotele tratta di quello, che ſi contiene in
queſto
Capo, & ne gli altri ſeguenti del preſente libro.
Ma noi non uolemo a pompa empire i
fogli
, diſputare ſottilmente delle coſe dette da Vitruuio: nelle quali egli ha uoluto & Medi
co
, & Filoſofo dimoſtrarſi.
Io deſcriuerei l'herba Aſplenon, i luogi di Candia, Rhetimo, &
Cortina
, doue ella naſce, & dimoſtrarei in pittura il ſito, & la regione, nella quale deue eſſer
collo
cata una Città, (ſe però la pittura puo far queſto) ma perche io intendo, che altri ſi
pigliano
queſto carico, uolentieri lo laſciarò a loro.
Cerca l'iſtorie uoglio credere a Vitruuio:
perche
non pare conueniente confermare i detti di Vitr. con autorità di Plinio, o d'altro, che
forſe
ha pigliato da Vitr. quello che egli ha ſcritto.
E aſſai, che Leon Battiſta con ogni dili­
genza
raccolto habbia molte, & diuerſe coſe ad un propoſito, che poſſono ſatisfare i curioſi
di
ſaper piu oltra.
leggi al ſecondo Capo del quarto libro del ſopra detto. Quella parola che
dice
Vitr.
Municipium, gli Spagnuoli dicono Villa con giuriditione, & Caſtrum, Villa cercada.
Delle fondamenta delle muraglie, et delle
torri
.
Cap. V.
QVANDO adunque con queſte ragioni eſpoſta ſarà la ſalubrità de i luoghi,
ne
i quali ſi hanno a fare le cinte delle mura della Città, & che per ſouue­
gno
, & nutrimento di quella elette ſaranno le regioni copioſe di frutti,
& per gli acconciamenti delle ſtrade, de i fiumi, ouero de i porti del ma
re
ſi potrà con le condotte delle coſe commodamente uenire, Allhora in
queſto
modo ſi hanno a fare le fondamenta.
Hauendo Vitruuio trattato della regione, & delle ſue qualit à, & buone & ree; accioche la
ſciando
queſte abbracciamo quelle, hora uuole trattare di quella parte, che noi dicemmo di ſo
pra
eſſer certa, & terminata, coſi ampia, come è la Regione.
comincia adunque a rinchiu­
derla
con le muraglie, & tratta delle fondamenta di quelle, & delle torri, riguardando al­
l
'utile, alla fermezza, & alla bellezza dell' opera, & conſider a il fine, come far ſi deue in ogni
operatione
.
Nella diuiſione dell' Architettura detto hauemo la neceſſità di far le muraglie, hora
ſi
tratta del modo di fondarle, delle parti della forma, della groſſezza, delle Torri, & figure
loro
.
Ma per applicare i principij alle coſe, che ſi hanno da fare: dico che egli biſogna haue­
re
le idee della diſpoſitione, & i termini loro, accioche il tutto ſia preuiſto, & conſidera­
to
.
Veniremo adunque alla pianta, che ichnografia ſi chiama. I termini, & contorni della
quale
ſi fanno con linee, & anguli.
Angulo è quella parte del piano ſottopoſto, che ſi con­
tiene
tra due linee, che ſi toccano.
& però quattro anguli ſi fanno da due linee, che ſi tagliano
1inſieme, de i quali ſe uno ſarà a ciaſcuno de i tre eguale, giuſto, & dritto ſarà detto. & quel
li
, che del dritto ſaranno minori, ſtretti, & acuti ſaranno chiamati, & i maggiori larghi, ot­
tuſi
, & rintuzzati.
Delle linee alcune ſon dritte, & ſono quelle il mezo delle quali non adona
bra
gli eſtremi, & che tra due punti nel piu breue ſpacio ſi contengono: altre ſono piegate,
& torte, & ſono quelle, che col mezo loro eſcono de gli eſtremi.
Delle piegate alcune ſono
parti
del circolo.
Circolo è figura piana, & ſoperficiale rinchiuſa da una linea, dal cui centro
che
& punto immobile nel mezo, tutte le linee tirate alla circonferenza ſono eguali.
La linea
piegata
da gli Architetti è chiamata Arco, intendo della ſimplice.
Corda poi ſi dice quel­
la
linea, che paſſa da un capo dell' Arco all' altro.
Saetta ſi chiama quella, che dal mezo del
la
corda con anguli eguali aſcende alla circonferenza dell' arco.
Raggio è quella, che dall' immo
bil
punto peruiene alla circonferenza.
Diametro quella, che paſſa per lo centro, & diuide il
circolo
in due parti eguali.
Intiero arco è il ſemicircolo. Diminuito, & ſcemo quello, che è
minore
, cioè che ha la corda ſua minore del diametro.
Il compoſto è di due archi diminuti: &
però
fa nella ſommità uno angulo di due archi.
gli eſſempi delle predette coſe ſono qui ſotto
8[Figure 8]
Hora la natura de i luogi porta ſanità è fortezza: hora l'Arte: hara l'una, & l'altra. Nel
primo
caſo egli ſi deue conoſcere quello, che di natura ſuo è buono.
come ſi ha dal prece­
dente
Capo.
nel ſecondo biſogna por mano al Diſcorſo, come ſi dirà nel ſeguente. uoglio
hora
commendare la conſuetudine delle genti ſtraniere, che hora nelle amplißime ſolitudini, &
diſerti
habitando, hora ne gli aſprißimi monti, & tra le oſcurißime ſelue riducendoſi, & alcu
na
fiata in mezo di larghiſſime paludi, quaſi attuffandoſi, & habitando luoghi ſteriliſſimi ſicu­
ri
ſi chiamauano da ogni uiolenza.
comè ſi legge ne i commentarij de' Germani: & altroue
de
gli Irlandi, & Scoceſi: non lodo io queſti auantaggi: percioche non mi pare, che egli ſi deb
bia
eleggere la pouertà, perche niuno ci porti inuidia: anche ſognarei un poetico mondo, o
terreſtre
paradiſo: doue i fiumi di latte correno, mele ſudano le quercie, manna e nettare pioue­
no
i cieli: peroche all' humana neceſſità ſi puo con mediocre & conueneuole habitatione proue­
dere
, & quelle copie piu preſto deſiderare, che hauere ſi poſſono.
Quanto adunque richiede la
uita
de gli huomini, eleggaſi la Città in tal ſito, che ella ſi notriſca del ſuo tenitorio, che non
poſſa
di leggieri eſſere aſſalita, che ſia libera alle ſortite, & che habbia le ſopradette conditio­
ni
: dapoi habbiaſi cura di fondare la muraglia.
Gli inditij di buono, & ſodo terreno ſono;
che
ne i luoghi, ne i quali s'ha da fondare, non ui ſiano herbe ſolite di naſcere in luoghi humi
di
, che nel paeſe d'intorno ſiano ſaſſi acuti & ſodi, & alberi ſolo naſcenti in luoghi aſciutti:
che
non ui ſiano acque ſortiue ſotto: ſe il terreno per li peſi in terra gettati, non riſuonerà
l'acqua ripoſta ne' uaſi per li cadimenti ſi muouerà.
Le cauationi de i pozzi oltra l'utilità
dell
' acqua, & della materia, ne daranno ſegno della ſodezza del terreno.
Il fondamento non
è
parte della fabrica: imperoche la natura ſenza l'aiuto dell' Arte, ſuol darci il luogo fon
dato
, facendoſi il piano ſodiſſimo con alti, & duri ſaſſi: doue non fa biſogno d'alcuna bu-
1mana fatica: ma cerca il fondamento, che ſi fa da gli huomini, ſi deue conſiderare la forma
del
terreno, la qualità, il compartimento, & le regole.
La forma del terreno, è fatta ſecondo
la
quantilà de i luoghi, i quali ſono o alti, o baſſi, o pendenti: la qualità è perche la terra ba
di
molte ſcorze, onde altre ſono coperte di groſſa, altre di minuta ſabbia, & altre di creta.

altre
di toſo, molte di giara meſcolata: & in fine altre ſono ſecche, & arenoſe, altre hu­
mide
, & molli.
Il compartimento richiede, che i piani ſiano diſegnati con linee, & con la
ſquadra
, riſpetto al drizzare le coſe, & a formare gli anguli.
Fa una croce di funi, ſecon­
do
che dice Leon Battiſta, & nel mezo ſia fitto un chiodo, col quale ti reggerai, & coſi fa­
rai
le tue ſacome.
tirando il filo per ogni uerſo, le Regole ueramente per le fondamenta di
ogni
fabrica ſono trouare il uiuo, & il ſodo, ne i luoghi pendenti cominciar dal baſſo, ne i
molli
, ouer arenoſi battere le palificate ſpeſſe & ſode: & quelle raſſodare piu preſto col con­
tinuo
battere, che col peſo, o gran percoſſa di quelli ſtrumenti, che noi chiamamo becchi,
latini
ſiſtucas.
Conſigliarſi con i periti del luogo cerca la natura del terreno. Non ſi ſi­
dare
di fondar ſopra ruine, cauar egualmente, & iſpianare il fondo delle foſſe, accioche il
peſo
prema egualmente.
Sia la parte di ſotto piu ampia, & pia groſſa della ſuperiore imitan
do
la natura delle coſe, & ſpecialmente gli alberi, che ſono da piedi piu groſſi, che da cima.
ſia
la
palificata piu groſſa del muro il doppio: i pali ſpeßiſſimi, & groſſi per la lunghezza loro la
duodecima
parte, ne corti meno dell' ottaua.
ne luoghi d'acqua ſortiua per piu ſicurtà ſi fonda
a
uolti ſopra pali.
Ne i grandi edificij ſi laſciano alcuni ſpiragli nel mezo delle fondamenta
per
l'opera fino alla cima: accioche i uenti poſſino uſcire riſpetto a i terremoti, l'ampiezza
della
Città, & giro quanto alla dignità, ſi richiede ampia & grande per la moltitudine, et fre
quenza
delle genti: quanto alla fortezza, la grande ben guardata, da poche genti non puo
eſſer
offeſa, la picciola da manco genti è difeſa: piu facilmente può eſſer rubbata, & piu ſi­
cura
al tempo di guerra.
Deue la Città eſſer capace di moltitudine, ma non hauere molto di
uoto
.
Egli biſogna però ſecondo i tempi far le Città forti, perche dalle offeſe, che ſecondo le
inuuentioni
de gli huomini, tutto'l giorno ſi fanno, ſi piglia forma alle difeſe.
Ma tempo e di ue­
nire
a Vitruuio.
All' hora in queſto modo ſi hanno a fare le fondamenta, cioè, che ſi ca
ui
tanto, che ſi truoui il ſodo, s'egli ſi puo ritrouare, & nel ſodo quanto ragioneuolmen
te
parerà per la grandezza dell' opera, con queſta conditione però, che la parte ſotterra
tenga
ſpacio maggiore, & piu groſſa ſia, che i pareti ſopra terra, & quelle fondamenta
ſiano
riempite di ſodiſsime pietre meſcolate con calce & arena.
Queſto riempimento di ſodiſſima ſtruttura (come dice Vitru.) da noi è detto lauorar a caſ­
ſa
.
& rincerca l'incarniſciata, come ſi uederà.
Le Torri deono ſportar fuori dell' ordine, & drittura della muraglia nella parte eſterio
re
, accioche uolendo il nimico dare l'aſſalto, ſia da ogni parte da gli aperti fianchi dalla
deſtra
, & dalla ſiniſtra dalle torri con pietre, & altre coſe da trarre, ferito.
Dalle offeſe, ſi cauano le difeſe, & dal fine ſi tragge ogni coſa. & perche alcune offeſe ſono
manifeſte
, alcune aſcoſe, altre lontane, altre d'appreſſo: però Vitru. cerca di prouedere quanto ſi
può
(come deue far ognuno che fortifica) a tutte ſorte di offeſe.
& perche l'ultima, & piu uici­
na
& gagliarda, è lo aſſalto, & l'impeto che fa il nimico per entrare nella città, però a questa
prima
prouede Vitr. per far stare lontano il nimico.
Le Torri adunque de gli antichi, (in luogo
delle
quali per altri riſpetti ſono a nostri, i baloardi, le piatte forme, i caualieri, le forfici)
erano
fatte per queſto effetto, che difendeßero la cortina, però è neceſſario, che le eſchino nella par­
te
esteriore uerſo il nimico.
La ſomma del fortificare da alcuni è ridotta a queſto, che i defenſori
ſieno
ſicuri, che ſia il nimico uietato, & anche ſcacciato.
Il nimico ſi uieta con l'acqua, col foſ­
ſo
, & col muro.
la foſſa uieta, & per la diſceſa, & molto piu per l'aſceſa, quando ella è profon­
da
, & precipite, & piu d'una.
L'acqua ſortiua m alcuni luoghi non ſi può leuare; ſe è alta, an­
niega
, ſe è baſſa fa ſdrucciolare.
impediſce i fuochi, & fa difficultà nell' adoperarſi. La muraglia
1deue eſſer großa, & fatta con le ragioni che ci ſono inſegnate da Vltru. che molto bene ſerueno a
noſtri
giorni.
il nimico ſi ſcaccia molto meglio dalle Torri, baloardi, argini, & altre coſe ſimili
rileuate
, & che eſceno in fuori, & ſpecialmente quelle che hanno maggior piazza; perche la ſi­
curtà
de i defenſori è posta nella piazza de i baloardi, oltra, che la muraglia uuole eſſer ben ſat­
ta
, & ordinata in modo che i fuochi, i colpi dell' artigliarie, quanto piu ſi puo, ſi rendino uani: &
ſe
bene la batteria è gagliarda, & l'artigliaria è uiolenta, però l'induſtria de gli huomini puo ri­
parare
con molte inuentioni alla for za terribile di quelle machine trouate da Lucifero.
Stando
adunque
le fortificationi come dice il Signor Conte Gian Giacopo Leonardi, nella Cortina, nel
fianco
, nel foſſo, nella strada, nella piazza, oue ſi poſſono adoperare le difeſe, & le machine: Vi­
tru
. molto bene conſidera il tutto.
& perche le porte ſono neceſſarie per l'uſo della città, biſogna
aſſicurarle
, ma non in modo, che preſe da alcuno di dentro aſſicurino il traditore, & offendino i
Cittadini
.
Deue adunque eſſer ſicura la porta dal nimico, & batter di fuori, & eſſere aſcoſa, &
che
ad eßa non mettino capo le ſtrade, accioche alla diſteſa correndo non poſſino entrarui i ni­
mici
.
& però dice Vitru
Egli pare anche che prouedere ſi debbia grandemente, che il nimico non habbia facile
l
'entrata ad oppugnare il muro, ma coſi di foſsi precipitoſi circondato ſia, & prouiſto,
che
le uie non ſiano alle porte drizzate, ma per torto camino uadino alla ſiniſtra, perche
quando
queſto fatto ſia, la deſtra parte di coloro che anderanno alla città, che non è dallo
ſcudo
coperta, ſarà uerſo la muraglia.
Cerca il ſito delle porte, (come in molte altre coſe) conuengono le uſanze moderne, con le
antiche
, nel reſtante pare, che ſia qualche differenza, perche Vitru. loda il Torrione tondo, co­
me
piu atto a reſiſtere alle machine oppugnatorie, che erano gli Arieti, & le Testuggini.
biaſ­
ma
gli anguli, perche ſono piu diſſipabili, & copreno gli inimici, che non poſſono eſſer battuti
da
due lati, come nel tondo.
Maſe auuertimo bene la iſteſſa dottrina ſerue a inoſtri tempi, per­
cioche
ſiamo tenuti a fuggire gli anguli ſiano piani, di linee dritte, curui, ſtrelti ò larghi: ſiamo
obligati
tirar le faccie de i fianchi de i noſtri baloardi con fuggir, piu che ſi puo gli anguli; per­
che
ſi faccia legatura migliore, che non fa l'angulo, il quale puo eſſer tagliato dall' artigliaria,
che
farebbe il luogo ſenza difeſa.
Fa lo angulo il medeſimo danno, che dice Vitru. percioche il
nimico
reſta coperto, ci moſtra il fianco, il che con la regola de gli antichi potemo eßequire con
le
noſtre artigliarie, perche Vitr. uuole che le Torri ſiano diſtanti uno tiro di ſaetta, che il nimi­
co
poßa eßer offeſo dalla deſtra, & dalla ſiniſtra: noi applicando queſta dottrina alla noſtra for­
tificatione
facemo la distanza di modo, che la noſtra artigliaria offenda da due lati, & che poſ­
ſa
caſtigare chi ardiße fabricar di terreno tra l'uno fianco, & l'altro.
le Torri, che egli ci mo­
ſtra
, è ragioneuole, che fußero ſicure, poi che uuole, che i defenſori poſſino ſtarui ſopra alle di­
feſe
.
i ſoldati, le machine ſariano ſtate con ſicurezza, ſe non haueßero hauuto le loro
ſpalle
gagliarde ſecondo l'offeſa delle machine deſcritte nel decimo libro.
Noi (ſe haueremo
queſta
conſideratione) ſecondo la mente dello autore uedremo, che egli ci moſtra, che le ſpalle de
noſtri
fianchi eßer deono ſicure, le piazze di quelle ſpacioſe.
Hauemo anche di qual modo ſi
deono
fare le ſtrade, ouero le porte.
Noi ſeguendo queſta auuertenza faremo ſempre le noſtre ſor­
tite
, che fuggiremo lo riſchio, che il nimico non poßa entrare inſieme con i noſtri nelle ritirate, co
me
è molte uolte auuenuto a quelli, che non hanno hauuto queſta conſideratione.
ma ſeguitiamo.
Le caſtella deonſi fare non quadrate, di anguli, che eſchino fuori, ma deono piu
preſto
girare; accioche da piu parti ſia ueduto il nimico.
percioche doue gli anguli uengo­
no
in fuori, quel luogo difficilmente ſi difende, eſſendo lo angulo piu in difeſa del nimi­
co
, che del Cittadino.
Ma la groſſezza del muro ſi deue fare in modo, che gli huomini
armati
, incontrandoſi l'uno con l'altro poſsino paſſare ſenza impedimento, pure che nel­
la
groſſezza del muro le taglie di oliuaſtro bruſtolate, & incaſtrate ſiano poſte ſpeſsiſsime,
accioche
amendue le fronti del muro tra ſe come Fibbie, & chiaui, con quelli pezzi ta-
1gliati, inſieme legati durino eternamente; imperoche a ſimil materia, pioggie impe
tuoſe
, tarli, uecchiezza poſſono fare nocumento alcuno, ma & in terra ſepolta, &
poſta
in acqua dura ſenza danno in ſempiterno; & però non ſolamente nel muro, ma nel­
le
fondamenta, & in que pareti, che haueranno groſſezza come di muro, ſe con queſta
ragione
ſaranno ben legati, non ſi potranno di leggieri intaccare ne uitiare.
Gli ſpacij da
Torre
a Torre non ſiano piu lontani, che un tiro di arco.
percioche ſe la Torre ſarà hat­
tuta
da una parte, ſaranno i nimici ſcacciati con baleſtre, & altri ſaettamenti dalle Tor­
ri
che ſaranno dall'una, & l'altra parte.
& anchora per lo contrario il muro uerſo la parte
interiore
delle Totri deue eſſere diuiſo con iſpacij tanto grandi, quanto ſaranno le Tor­
ri
, & ſiano le uie nelle parti di dentro delle Torri con traui congiunte, ſiano fitte con
ferro
.
Perche ſe'l nimico per ſorte hauerà occupato alcuna parte del muro, quelli, che
ſaranno
alle difeſe, potranno tagliare le dette uie, & ſe ſaranno preſti non laſciaranno,
che
il nimico paſsi all'altra parte delle Torri o del muro, ſe egli non uoleſſe andare in pre­
cipitio
.
Biſogna adunque fare le torri, ouero di forma ritonda, ouero di molti angu­
li
, perche le quadrate di leggieri ſi gettano a terra dalle machine, perche gli Arieti urtan­
do
rompeno le cantonate, ma nelle ritonde, ſpignendole uerſo il centro come cunci non
le
poſſono offendere.
Queſta parte s'è abaſtanza dichiarita di ſopra, ſolo aßai ci ſarà lo eßempio, della Torre
aperta
di dentro, benche ad altri modi ſi poſſino acconciar le traui, che ſi poßa con preſtezza
gettarle
a terra.
1
G. Sono alcuni peducci o gatelli, che ſpigneuano fuori del muro per due terzid un piede,
quattro
piedi lont ani uno dall' altro, ſopra i quali poneua tanti capi di traui, che tutti concorreſ­
ſero
al centro della torre: & queſti con una ferma catena raccomandata all'ultimo palco della
torre
, con uno molinello, o argano doue è la.
A. fermaua tuttii palchi con tauole ſenza chio­
di
, che leuate le tauole, & rauolgendo catena, tutte le traui rimarriano appeſe alla catena,
che
con grandiſſima preſtezza li potria leuare.
& queſti poſſono portare ogni gran carico, per­
che
ciaſcuno di loro affronta nel centro, poßono calare, ſe la torre non conſente.
B. è il
centro
.
Vuole poi che l'ultimo palco ſia fortiſſimo non ſolo per ſoſtentamento di queſti, ma anche
occorrendo
fabricarui ſopra per alzarla, ſtia forte.
C. tauolato. E. La muraglia. H. ſca
la
per aſcender alla muraglia.
F. piano della muraglia. D. muro di dentro, che ſerraua la
torre
.
K. I. Großezze.
9[Figure 9]
Appreſſo di queſto le difeſe delle muraglie, & delle Torri congiunte à gli argini, e terra
1pieni ſono piu ſicure. imperoche gli arieti, le mine, altre machine li poſſono fare
offeſa
.
Ma non in ogni luogo ſi ricerca lo argine, ma ſolamente la doue dal di fuori da luo
go
alto a piè piano, ſi puo uenire ad oppugnare la città.
Et però in tali luoghi biſogna
prima
cauare le foſſe di larghezza, & di altezza grandiſsima.
Dapoi deue il fondamento
della
muraglia eſſer depreſſo, & calcato tra lo alueo della foſſa, & fatto di quella groſſez­
za
, che egli poſſa ſoſtenere il carico dell' opera terrena.
& ancora dalla parte della ſabrica
di
dentro uerſo la terra, egli ſi deue fare il fondamento per ampio ſpatio diſtante da quel
di
fuori di modo, che le compagnie poſsino come in ordinanza, nelle difeſe formarſi ſo­
pra
la larghezza dello argine.
Quando adunque ſaranno fatte le fondamenta coſi diſtanti
l
'uno dall' altro, allhora ſarà biſogno di farne dell' altre per lo trauerſo, che congiunte ſia­
no
col fondamento di fuori, & col fondamento di dentro diſpoſte come pettini a guiſa de
i
denti di ſiega.
perche quando in queſta maniera ſarà fabricato, & fondato il muro, ſe
ne
hauerà queſto commodo, che la grandezza del peſo in picciole parti compartita, non
calcando
con tutto il carico ſuo, non potrà per modo alcuno ſcacciare, o ſpignere le fonda
menta
.
Ma della muraglia, di che materia fare ſi conuenga, non ſi deue in queſto luogo al
trimenti
determinare: perche non ſi puo per tutto hauere quella copia di coſe, che ſi diſi­
dera
: ma doue ſaranno i ſaſsi di lati, & anguli eguali, & di piana ſuperficie, che quadrati
ſi
chiamano, ouero il ſelice, ouero il cemento, ouero il mattone cotto, o crudo, queſte
coſe
ſi deono uſare: perche non ſi puo in tutte le parti del mondo, & in tutte le nature de i
luoghi
, accioche i muri durino eternamente ſenza difetto adoperar quello, che copioſa­
mente
uiene in Babilonia, doue in luogo di calce, & di arena, ſi uſa il bitume liquido, &
di
quello, & di cotto mattone è fatto il muro della città.
La città è ouero in terra, ouero in acqua. ſe in terra, o in piano, o in monte, o parte in piano
& parte in monte.
Del fabricare nell' acqua Vitr. ne parlerà nel quinto libro, doue ragiona de i
porti
.
Biſogna auuertire nel fabricare delle città nell' acque, che il creſcere delle acque non le fac
cia
danno; che ſi facciano belli pallazzi ſopra l'acque, & ponti, che habbiano del grande.
& ſe
non
ſono difeſe dal ſito, & dalla difficultà de i uadi, biſogna farui le fortezze, & le mura, & aſ­
ſicurare
anche il porto, con catene, come ſi dirà al ſuo luogo.
ſe la città ſarà in terra, & in altez
za
, & in luoghi di precipit ij, come pare, che Vitr. uoglia, nel primo modo di fortificare ſenza ar
gini
, ella ſarà piu ſicura, perche difficilmente il nimico la potrà aſſaltare, per la ſalita difficile,
& hauerà le ſcoperte commode, & chi la difenderà, ſarà ſopra l'auantaggio: & quelle città, che
haueranno
del piano, & del monte, haueranno de i commodi, che hanno le città del mon­
te
, & doueranno hauere delle prouiſioni, che hanno le città in piano.
Deue in
quelle
eſſer un luogo forte nella piu alta parte, per ſtare i caualieri della città, quan­
do
ci fuſſero cittadini di mala uolontà, o che i nimici haueſſero occupato la terra.
per­
che
queſti luogi ſpeſſo aſpettando il ſoccorſo ſicuramente intertengono il nimico, & ſo­
no
occa ſione della ricuperatione delle città.
Se adunque la città ſarà in piano, &
come
dice Vitruuio, ſe egli ſi potrà andare a piede piano, biſognerà fargli gli ar­
gini
, le foſſe, le contraſcarpe ſecondo le regole di ſopra, & quelli riſpetti, che ha poſti
Vitruuio
nel fondar le torri, & farle alte, & che ſportino in fuori, & che ſiano aperte
di
dentro, & che habbiano precipitij, & che tenghino i defenſori, & che ſi poſſino ſeparare le
entrate
, & impedire la preſa loro, applicarle al modo noſtro di fare i baloardi, & i caualieri,
& le altre difeſe, pigliando quello, che farà per noi.
Et però Vitru. nel dare i precetti della
fortificatione
ha cominciato dalle Torri, come quelle, che principalmente ci difendino, & ſia­
no
à noi come ſcuto, & a nimici come offeſa, & propugnaculo, dal quale, & il nimico ſia tenu­
to
lontano, & la muraglia ſia guardata, & anche la parte di dentro ſia ſicura.
Ma in queſta
materia
naſceno de i dubbij.
L'uno è che ſe le torri ſono tanto larghe, & groſſe di muraglia, che
poſſino
tenere corpo di gente alle difeſe, ſe bene quelle traui, che dice Vitr. ſaranno preſto getta-
1te a terra, potranno però i nimici per lo circoito delle torri andare da uno muro, all altro. A que
ſto
ſi riſponde, che le torri erano alte, & che i nimici non poteuano ſalire a quelle altezze, ſe
bene
haueuano occupato il muro.
Erano dico alte, & per diſeſa, & per contraſtare à quelle ma
chine
grandi fatte de legnami, che conduceuano i nimici nelle eſpugnationi delle città.
l'altro dubio
è
che Vitr. uuole, che le Torri dalla parte di dentro ſiano aperte, accioche leuate quelle traui,
& que ponti, lo inimico uedendo il grande precipitio non ſi metta a uoler paſſare da una mura­
glia
all' altra.
per queſto ſi uede, che meglio ſaria ſtato per lo inimico battere una torre, che la mu
raglia
.
perche tagliata o rotta la torre, baueuano il reſtante libero, & aperto per entrar den­
tro
.
A queſto ſi riſponde dallo eccellente M. Aleßandro Piccheroni huomo de pochi pari nelle for
tificationi
, & in altre belle arti, che le torri che erano, o doueuano eſſere ſerrate da piedi di mu
ro
alto almeno per la metà dell' altezza della cortina, haueuano quel muro che le ſerraua groſſo
da
piedi a baſtanza per impedimento delle zappe, ma poi uenendo uerſo la cima ſi faceua piu ſtret
to
.
la torre poi douena nel mezo eſſere profonda molto, & eguale al meno al fondo de i precipi­
tij
, & ſe per caſo lo inimico fuße, rompendo la torre, per entrarui dentro, egli era ſottopoſto
ad
una infinità di offeſe, da quelli, che ſtauano di ſopra nelle torri, come da quelli, che da ogni
lato
ſtauano ſopra le mura, come ſteſſero quelli palchi, o contignatione, che dice Vitr. per ſicur
di quelle, che difendeuano le torri, & che facilmente ſi poteßero leuare, altri uno, altri al­
tro
modo hanno trouato, ſopra queſto c'è da diſputare qual ſia piu uicino alla mente di Vitr. eſ
ſendo
libero ad ognuno di affermare qual modo gli piace.
però il ſopradetto ha ritrouato unmodo
ingenioſo
, il quale noi nella ſoprapoſta deſcrittione hauemo pigliato.
10[Figure 10]
A. Denti a guiſa di ſega.
B. Contra forti a guiſa di pettine.
C. La muraglia uerſo la città.
D. Lamuraglia eſteriore.
E. argine, o Terrapieno.
111[Figure 11]
1 12[Figure 12]
1
a. f. correnti per lo lungo de i contraſorti, ouero catena. b. paloni per lo dritto
del
parete.
c. incrocciamenti eſteriori. e. ripreſe & immorſature.
A
pareti eſteriori.
I Il piano doue finiſce i paloni.
Ordine nelle diſpoſitioni delle mura nelle fortificationi de gli antichi.
A il luogo del terrapieno. d. nerue per le fibule che ſe incrocciano. p. o. lun­
ghezza
da un contraforte all'altro.
o. r. & p que lunghezza de i contraforti che è
piedi
uenti due.
b & f. incrocciamenti delle nerue. q angoli a modo di ſeghe.
e
b ſ catena per il lungo de i contraforti lunga piedi trentaſei, & groſſa per larghez
zo
uno piede, & per altezza tre quarti.
G H nerua ocorrente di legno che riceue
in
ſe i capi delle catene.
K l parte interiore, cioè pomerio. i u groſſezza delle
mura
.
i r riſalto de gli angoli a modo di ſeghe piedi quattro. M N parte eſte
riore
delle mura.
Della diuiſione delle opere, che ſono dentro le mura, &
della
diſpoſitione di quelle per iſchifare i fiati no­
ciui
de i uenti.
Cap. VI.
CIRCONDATA la Città di mura, ſeguita il compartimento di dentro del­
le
piazze, & de gli ſpacij, & il drizzamento delle contrade, & de i capi del­
le
uie alle parti del Cielo.
Drizzerannoſi bene, ſe prudentemente ſaranno
eſcluſi
i uenti da i capi delle uie: perche i uenti, ſe ſono freddi, offendeno, ſe
caldi
, guaſtano, ſe humidi, nu oceno.
per il che pare, che egli ſi debbia ſchifare queſto
difetto
, & auertire, che non auuenga quello, che in molte Città ſuole auenire.
Come
nell
'Iſola di Lesbo il caſtello di Metelino, è fatto magnificamente, & con molti orna­
menti
, ma poſto ſenza conſideratione.
in quella Città ſoffiando l'Oſtro gli huomini ſi am­
malano
, ſoffiando Cauro toſsiſcono, ſoffiando Tramontana ſi riſanano, ma non poſſono
per
la forza del freddo fermarſi nelle piazze, o ne i capi delle ſtrade.
Dapoi che Vitruuio ha trattato della regione, & delle ſue qualità; che era la prima
conſideratione
, che ſi doueua hauere per ſituare la Città, & dapoi che ci ha dimoſtrato come
egli
ſi ha da pigliare una parte della regione, & circondarla di difeſe, & munitione di mu­
raglia
, con ragione egli uuole inſegnare a compartire il piano rinchiuſo da tutto il circoito
delle
mura.
& prima conſidera il compartimento quanto appartiene a ſchifare le coſe no­
ciue
, & queſto fa nel preſente Capo.
Dapoi quanto appartiene alla diſtributione, & diſpen
ſatione
de i luoghi, & queſto fa nel ſettimo, & ultimo capo del preſente libro.
Quanto al­
la
prima parte Vitruuio con eſſempi prima ci fa auuertiti, che per li noioſi fiati de uenti al­
cun
danno non ſi ſenta.
Dapoi diſcorrendo ſopra la natura, forza, nomi, numero, & ſito
de
i uenti per formarne poi certa, & terminata figura, ci moſtra come habbiamo con quel­
la
a reggerci nelle dritture delle ſtrade.
Lesbo è Iſola nel mar Egeo detto Arcipelago, uolge
cento
et ſeſſanta miglia, & ha la ſua metropoli detta Metilino, dalla quale hoggi tutta l'iſo
la
è nominata.
ben è uero, che hora è priua de gli antichi ornamenti, & è andata in ruina.
Giace
Metelino uerſo Tramontana, è uolto s. Theodoro a Ponente.
il colfo Caloni a Garbino,
il
colfo Ieremidia tra Sirocco, & Leuante.
Metelino adunque è mal ſituato, & compartito:
percioche
è ſottopoſta a i uenti, de i quali la maggior parte ſono mal ſani: però nel com­
partimento
delle piazze, & delle shoccature delle ſtrade, biſogna hauere conſideratione al-
1le qualità de i uenti. Da queſto precetto, Vitruuio ſi piglia una bella occaſione di filoſofa­
re
d'intorno la natura, & qualità de i uenti, & però dicendo prima, che coſa è uento, co
mincia
a queſto modo.
Il uento è onda del mare, che ſcorre con incerta abbondanza di mouimento: egli na
ſce
quando il caldo ritroua il ſreddo, & lo impeto del feruore eſprime la forza dello ſpi
rito
che ſoffia: & queſto ſi dimoſtra eſſer uero dalle palle dette Eolopile: & con gli ar­
tificioſi
ritrouamenti delle coſe ſi tragge dalle ſecrete ragioni del cielo quanto è uero
della
diuinità.
Fannoſi le dette palle cauate di rame con un punto ſtrettiſsimo per lo­
quale
ſi ui mette dentro l'acqua, & ſi poneno al fuoco.
& prima che ſiano calde non
mandano
fuori alcun ſiato, ma poi che cominciano a bollire, fanno al fuoco una gran
forza
di ſpignere, & di ſoffiare.
Diffiniſce Vitruuio il uento, & moſtra da che naſce, & proua il naſcimento con coſe ſen­
ſibili
.
Dice adunque il uento eſſer onda del mare: ſi come l'onda non è altro, che una parte
d
'acqua unita, & raccolta, che uerſo alcuna parte cacciata inſieme ſi muoue: coſi uuole
Vitruuio
, che il uento ſia parte dello aere in ſe riſtretta, che in alcuna parte pieghi, & però ha
detto
, che'l uento è onda del aere, che con incerto & sforzeuole mouimento ſi commoue.
Naſce
il
uento (come dice Vitr.) quando il calore s'incontra con l'humore, & per lo feruore ſi man­
da
fuori la forza dello ſpirito, che ſoffia.
ſe bene Vitruuio ci da lo eſſempio per prouare, che
il
uento naſce dal calore, che opera nella humidità: non però eſpone chiaramente lo effetto.

Diremo
adunque noi quello, che da noſtri precettori hauemo imparato.
Il uento, è uapore del
la
terra, che aſcende all'altezza dello aere, & ſcacciato dal freddo, che in quella parte ſi
truoua
, percuote lo aere con uiolenza.
il calore del Sole, & d'altri corpi celesti ha uirtù di
trarre
dalla terra alcuni fumi o uapori, & leuarli in alto, perche la proprietà del calore,
è
tirare a ſe: il che ſi fa ſcaldando, & facendo i corpi piu rari.
Queſti uapori ſono alcune
parti
ſottili dell'humore terreſire, che non hanno calore, figura determinata, hanno al
cuni
calore, & humidità: alcuni calore, & ſiccità.
de i primi ſi genera ogni humida impreſsio­
ſione
, come le nubi, la pioua, la rugiada, la neue, la grandine, la brina, le fonti, il mare.
de
i
ſecondi ſi fa ogni infiammato, & acceſo ardore, & tutto quello, che è di calda, & ſeccá
natura
, & però i fuochi, i lampi, i tizzoni, le comete, le caſe ardenti, le ſtelle cadenti, le
corone
luminoſe, i fulmini, le uoragini, & apriture dello aere eſtiuo, i uenti, i turbini, & al
tre
apparenze d'imperfette miſture da quelli hanno origine, come da materie loro proportio­
nate
.
Noi diremo de i uenti. Il Sole adunque ha uirtu di tirar al modo che detto hauemo quel
uapore
che è caldo, & ſecco, & ſi chiama eſaltatione, come il primo caldo, & humido, ſi
dice
uapore; Queſti adunque uſcito dalla terra, per eſſer di natura di fuoco s'inalza, & ſi
lieua
dritto all'in ſu, & aſcende fin che egli ritruoua la parte di mezo dello aere, & che è fred
da
per eſſer diſtante, & dal riſalimento de i raggi del Sole, che dalla terra ſi fa, & dal fer­
uore
dello elemento del fuoco.
ritrouando adunque il freddo, come nimico lo fugge, & hauen­
do
pure natura di fuoco cerca di aſcendere: ma eſſendo ribattuto dal freddo, è forza, che di­
ſcenda
, & per queſto contraſto è ſcacciato da i lati, & in giro ſi muoue per la uiolenza fat­
tagli
dal freddo, che lo ribatte in giu, & per la naturale inclinatione, che lo porta in ſu, pre
dominando
il fuoco in eſſo.
& però il uento non è altro che calda, & ſecca eſalatione moſſa
da
i lati, d'intorno la terra, per la ribattuta del freddo, che è nella mezana parte dello ae­
re
.
& ſe bene alcuna fiata chiamamo uento lo aere moſſo, come ſi uede dal ſoffiar de i folli, o
dal
farſi uento la ſtate, o dalle palle ſopradette, che Elopile ſi chiamano, quaſi palle uentoſe,
non
è però, che il uento ſia mouimento dello aere, perche bene puo ſtare, che lo aere ſi muo­
ua
con il uento, & il uento però non ſia onda dello aere.
La ragione del ſoffiar delle Eolopile,
è
perche il fuoco opera nell'acqua col ſuo calore, & cerca di conuertirla in aere, & perche le di
menſioni
dello aere ſono maggiori delle dimenſioni dell'acqua, per eſſere lo aere piu raro, però
1l'acqua conuertita in acre cerca d'uſcire, & ritrouar luogo capace, & paſſando per uno ſiretiſ­
ſimo
punto, ſa quello impeto, che ſi uede.
& ſe con piu forza il calore, poteſſe preſto conuer­
tire
l'acqua in fuoco, come ſa la poluere dell artigliaria; ſi uedercbbe gagliardiſſimo eſſetto, &
le
palle non durerebbono, ma ſpezzate fariano del male, come hanno fatto ad alcuni.
Maper­
che
l'eſalatione, che è uapore caldo, & ſecco, ſia principio de i uenti, egli ſi proua per tre ſegni.

Il
primo è, che per li molti uenti, che regnano, le regioni ſi fanno calde, & ſecche.
il ſecondo è, che
i
gran uenti fanno ceſſar le pioggie.
Il terzo è, che uengono piu uenti, cioè dal Settentrione,
meriggie
, & da Ponente, che da Leuante, perche in quelle parti ſi troua maggior copia di eſala­
tioni
.
Queſti ſegni pareno contrarij di primo aſpetto alla iſperienza. & prima, perche quando
ſono
gran uenti, pare che regni maggior freddo.
dapoi non ſi uede, che gli huomini riſcaldati cer­
cano
di farſi uento, per raffreddarſi?
Riſpondo, che il freddo, che ſi ſente al tempo, che ſoſſia­
no
i uenti, naſce per la meſcolanza che ſanno le eſalationi, con i uapori ſreddi, & humidi,
quando
s'incontrano, & anche dalla freddura dello aere, con il quale ſono meſcolati i uapori,
perche
puo anche eſſere, che la eſalatione ſia mutata per lo freddo, che ella troua nel mezo
dello
aere, ma ceſſando il uento il paeſe reſta aſciutto, & caldo.
Al ſecondo io dico, che per lo
farſi
uento egli ſi muoue lo aere, & ſi riſtrigne, il quale aere è piu freddo che il corpo humano
riſcaldato
, & però è diſiderato.
il uento adunque è eſalatione leuata da terra alla mezana par­
te
dello aere, & dal freddo ſcacciata.
& ſi come il fiume da principio preſſo la fonte è poco, &
allontanandoſi
dalla ſua origine per lo ingreſſo d'altre acque ſi fa maggiore, coſi il uento uicino al
luogo
, doue egli ſi lieua è poco, & partendoſi è molto, ritrouando ſempre altri uapori, con i quali
egli
s'accompagna, prima la eſalatione ſifa uento, che ella ſia ſcacciata dal freddo dello aere.

Muoueſi
in giro per la ſopra detta cagione, & forſe anche ſeguendo il mouimento delle stelle,
& de i pianeti, che lo muoueno.
Et in queſto modo da picciola, & breuiſsima ueduta, ſi puo ſapere, & far giudicio del­
le
grandi, & immenſe ragioni del Cielo, & della natura de i uenti; perche ſe i uenti ſaran­
no
iſcluſi, non ſolo a i corpi ſani faranno il luogo ſalubre, ma anchora ſe per altri difetti
ci
ſaranno delle infirmità, le quali in altri luoghi ſani ſi curano con medicine contrarie,
qui
per la temperata eſcluſione de i uenti piu facilmente ſaranno curate.
Conchiude Vitru. quanto ha ſopra detto. poi comincia a narrare le infermità, che naſce­
no
da i uenti, dicendo.
I mali, che difficilmente ſi curano ne i detti luoghi ſono, la grauezza, i dolori artetici,
la
puntura, il Tiſico, l'uſcire il ſangue, & le altre infermità, che con lo aggiugnere, & non
con
lo ſcemare ſi curano.
Queſte difficilmente ſi leuano, prima perche uengono da i fred­
di
, dapoi perche indebolite le forze per l'infermità, lo aere commoſſo da i uenti ſi aſſotti­
glia
, & unitamente leua il ſucco da i corpi offeſi, & gli rende piu uoti, & eſtenuati.
Ma per
lo
contrario l'aere dolce, quieto, & ripoſato, & non agitato da i uenti, è piu denſo, perche
non
ſoffia, ha ſpeſſe commotioni per la ſua ſtabilità, aggiugnendo alle membra de i
corpi
, notriſce, & riſtora coloro, che ſono da ſimili infermità oppreſsi.
Ogni infermità naſce ouero da ecceſſo, ouero da mancamento, curaſi dal contrario riem­
piendo
oue manca, & leuando doue abonda.
Vuole Vitru. che le ſopradette infermità, uenghino
da
difetto, & mancamento, dicendone la ragione, che lo aere aſſottigliato per l'agitatione de i
uenti
, aſciuga l'humore de i corpi, & gli indeboliſce, & il freddo gli offende: per queſto riuol­
gendoſi
al contrario, uuole che lo aere dolce, & tranquillo gli riempia, & notriſca, & ſia ot­
timo
rimedio alle ſopradette infirmità.
Grauezza è humore, che diſcende dal capo, ſerra le na­
rici
, ingroſſa la uoce, & muoue la ſecca toſſe.
Hippocrate chiama tutte le grauezze, & di­
ſtillationi
crizas.
I dolori artetici ſono paſſioni di quelle parti, che ſono appreßo le giunture,
& legamenti, & ſono nerui, oßa, & uene.
Dubita Galeno ſopra il ſestodecimo aphoriſmo
d
' Hippocrate nel terzo libro, che coſa ueramente s'intenda, per queſto nome Arthritis, & dice.
1Degni coſa è adunque cercare quali paſſioni de nerui, & di ligature detto habbia Hippocrate,
che
ſi fanno nelle ſiccità: percioche ſe li ſecchi immoderati haueranno conſumata la humidità de
ilegamenti
, faranno un certo mouimento difficile per la ſiccità, & forſe apporteranno dolore,
ma
non faranno però quella infermità, che è detta Arthritis, ſe per ſorte alcuno non uuole nomi­
nare
con queſto nome ogni dolore de nerui.
Ma il medcſimo Hipp. nel ſecondo libro delle Epidi­
mie
dice in queſto modo.
Quelli, che per fame nell'Iſola Aeno, che è nel golfo Arabico, man­
giauano
de legumi haueuano debolezza di gambe, & quelli, che uſauano per cibo la ueccia, pa­
tiuano
dolori nelle ginocchia.
questi Hippocrate non chiama arthretici, ma doglioſi delle ginoc­
chia
.
Ma forſe alcuno dirà, che Arthritis ſi chiama il dolore non di una giuntura, o d un neruo
ſolo
, ma di molti inſieme, & in latino è detto morbus articularis.
& nell'ultima parte è posta la
ſolutione
della dimanda.
La pleuritide è apoſtema dentro le coſte, chiamaſi la puntura. Pthiſis
ſono
le piaghe inſanabili del polmone, dalle quali con lenta febre uiene la estenuatione di tutto il
corpo
, & finalmente la morte, ceſſando lo ſputo.
l'uſcire il ſangue, cioe ſputare il ſangue, è det­
to
in Greco Aemopthiſis, & ſi cauſa da ſiccità, & le ſopradette infirmità ſi curano difficilmente
riſpetto
alli uenti, & però Hipp. al quinto Aphoriſmo del terzo libro dice in queſto modo.
i uenti
Auſtrali
aſſordano, ingroſſano la uiſta, fanno peſare il capo, rendeno gli huomini lenti, & pi­
gri
, & gli diſcioglieno, & quando anderanno queſti tempi, nelle malattie ſi deono aſpettare ſi­
mili
effetti.
da gli aquilonari, & ſettentrionali nengono le toſſi, la raucedine, durezza di uentre,
difficultà
d'urina, gli horrori, & i dolori delle coſte, & del uentre.
La ragione delle predette
coſa
, è (come dice Gal.) percioche i uenti Auſtrali riempieno, & otturano, perche ſeco appor­
tano
grande humidità, la quale riempie gli inſtrumenti de i ſenſi humani, donde pigri, ſonnac­
chioſi
, & aggrauati reſtano.
Ma per li uenti ſettentrionali per iſtemperatura de gli instrumenti
che
ſerueno alla reſpiratione, & per l'aſprezza delle canne nata dal ſecco, & dal freddo, uengono
le
predette infirmità: & queſto per hora ci può baſtare, il reſtante copioſamente da medici è traltato.
Piacque ad alcuno, che i uenti fuſſero quattro. Dall Oriente Equinottiale il Solano:
dal
Meriggie l'Oſtro: dal Ponente Equinottiale il Fauonio: dal Settentrionale il Setten­
trione
.
Ma chi con maggiore diligenza hanno inueſtigato, otto ne poſero. & ſpecialmen­
te
Andronico Cirreſte, ilquale ne fece lo eſſempio, fabricando in Athene una Torre di
marmo
fatta in otto faccie, & in ciaſcuna ſcolpì la imagine d'un uento, che riguardaua
contra
il ſoffio ciaſcuno del ſuo.
& ſopra la Torre ui poſe una Meta di marmo, nella cui
ſommità
ui fiſſe un Tritone di rame, che con la deſtra porgeua una uerghetta, & lo fece
in
modo, che moſſo dal uento facilmente ſi giraua, & ſi fermaua incontra'l uento.
tenendo
ſopra
la imagine del uento ſcolpito la uerghetta dimoſtratrice del uento, & coſi tra'l So­
lano
, & l'Oſtro dal uerno Oriente, Euro è collocato.
Tra l'Oſtro & Fauonio dal uerno
Occidente
, Affrico.
Tra'l Fauonio, & il Settentrione Cauro, detto Coro da molti.
Tra
il Settentrione e'l Solano, Aquilone. & coſi pare, che dichiarito ſia & eſpreſſo di che
maniera
egli prenda il numero, i nomi, & le parti de i uenti, d'onde ſpirino determinata­
mente
.
la qual coſa eſſendoſi in queſto modo inueſtigata, accioche egli ſi ſappia pigliare
le
regioni, & i naſcimenti loro, coſi biſogna ragionare.
Il numero de i uenti ci darebbe confuſione, ſe egli non ſi auuertiſce, che ſecondo diuerſe in­
tentioni
, & riſpetti ſi ua uariando.
però ſaper douemo, che in quattro modi ſi distingueno i uen­
ti
.
primieramente ſecondo tutti i punti, che ſono nella circonferenza dell'Orizonte. Orizonte
è
circolo che parte la metà del mondo, che ſi uede da quella, che non ſi uede.
& ſi puo chiama­
re
terminatore de gli hemiſperi.
ſecondo queſto modo, ſi darebbeno infiniti uenti, perche da tut­
ti
i punti dell'Orizonte ſpirano i uenti: & perche non cadeno ſotto regola, non facendo diſtintio­
ne
alcuna, però ſi laſciano.
I Filoſofi fanno quattro uenti riſpetto alle meſcolanze delle quattro
prime
qualità, che ſono caldo, freddo, humido, & ſecco; gli Astrologi ſimilmente, hauendo ri­
guardo
a quattro parti principali del mondo, che anguli ſi chiamano, o regioni, conuengono con
1i Filoſofi, & con i ſacri ſcrittori, & fanno gli iſteſſi quattro uenti. Leuante detto Solanus,
Ostro
dal mezo , Fauonio dal Ponente, & Tramontana dal Settentrione: & intendeno Lc­
uante
& Ponente doue il Solnaſce, o ſi pone al tempo dello Equinottio.
I medeſimi Aſtrologi
per
altri riſpetti ne ſanno otto traponendoui quattro altri tra gli primi: & coſi gli collocorno,
come
dice Vitr. hauer ſatto Andronico Cirreſte in una Torre in Athene.
& i piu diligen i inqui­
ſitori
diſtingueno i uent i dalle dodici parti del Zodiaco, che ſono i dodici ſegni celeſti, ſot o i qua­
li
il Sole ha uirtù di leuarela natura de i uenti.
Et queſta conſideratione è propria de gli Aſtro­
logi
.
Il quarto modo è de i Coſmografi, & nauiganti; però alcuni ne hanno fatto uentiquat­
tro
, alcuni trentadue.
I praticati uenti della nauigatione a i giorni noſtri ſono trentadue, per
commodità
di marinari, i quali conoſceno ſenſibile mutatione da trentadue punti dell'Orizonte
nel
nauigare per un dritto.
i coſmograſi ne hanno fatto uentiquattro, non eſſendo forſe coſi au­
nertiti
del biſogno de marinari.
come dirà Vitr. ilquale ſe bene ſapeua, che da ogni parte dell'
rizonte
ſoffiano i uenti, però ha posto quelli, che regnano per la maggior parte, & ha hauuto
riſpetto
piu presto alle qualità de i uenti, che a gli uenti, la compleſſione de i quali ſi ua mutan­
do
& nell'uniuerſale, & nel particolare.
per queſta cagione ſi potrà prendere il modo di rom­
pere
quelli uenti, che ſaranno di maggior nocumento a gli habitanti della città, habbinſi qual
nome
ſi uoglia, & uenghino da che parte poſſono uenire.
per altri riſpetti ſi poſſono accreſce­
re
i nomi, & il numero de i uenti, il che non ci deue perturbare.
ma uediamo, come Vitru.
compartiſca
i uenti.
perche de i loro temperar enti ne trattano i medici diffuſamente.
Poſto ſia nel mezo della città un piano quadro a huello, ouero ſia iſpianato il luogo,
& pareggiato in modo, che'l detto quadro non ſi diſideri.
pongaſi poi nel mezo centro
di
eſſo lo ſtile di rame, che indice, & dimoſtratore dell'ombra ſi chiama.
& ſopra il detto
quadro
, o piano ſegniſi l'ombra eſtrema fatta dallo ſtile quaſi l'hora quinta auanti il me­
riggie
: & facciaſi il ſegno con un punto, dapoi rallargata la ſeſta al punto, che è ſegno
della
lunghezza dell'ombra, & fermata nel centro facciaſi il giro finito.
dapoi ſia oſſer­
uato
dopo'l mezo l'ombra creſcente cagionata dallo ſtile: & quando quella hauerà toc­
cito
il giro gia fatto, & hauerà pareggiato all'ombra fatta dinanzi al mezo , l'ombra
fatta
dapoi, in quel toccamento biſogna fare un punto.
da queſti due punti con la ſeſta
farai
lo incrocciamento, & per tale incrocciamento, & per lo centro di mezo ſi deue ti­
rare
una linea, che tocchi le eſtremità del giro, accioche ſi habbia la regione meridiana,
& la Settentrionale.
Fatto queſto biſogna pigliare la ſeſtadecima parte di tutto il giro,
& poner il centro nella linea meridiana, la doue tocca la circonferenza, & ſi deue ſegna­
re
dalla deſtra, & dalla ſiniſtra nella detta circonferenza, & dalla parte del mezo , &
dalla
parte di Tramontana: dapoi da queſti quattro ſegni per mezo del centro ſi deue­
no
tirare in croce le linee, che con le loro eſtremità tocchino la circonferenza, & con
queſto
modo egli ſi hauerà il diſegno dell'ottaua parte dell'Oſtro, & del Settentrione.

Le
altre parti ueramente, che ſono tre dalla deſtra, & tre dalla ſiniſtra ſi deono in tutta la
circonferenza
tirare eguali a queſte: in modo che le eguali diuiſioni de gli otto uenti ſia­
no
nella deſcrittione, & compartimento diſegnate.
Allhora per gli anguli tra due regio­
ni
de i uenti pare che drizzar ſi debbiano le dritture delle piazze, & i capi delle uie, per­
che
con tali ragioni, & compartimenti dalle habitationi, da i borghi, & dalle contrade
ſarà
eſcluſa la moleſta, & dannoſa ſorza de i uenti.
Altrimenti quando le piazze ſaranno
a
dritto de i uenti diſegnate, uenendo lo impeto & il ſoffiare frequente dallo ampio, &
libero
ſpacio del Cielo, rin chiuſo nelle bocche, & nelle entrate delle uie, & delle ſtra­
de
, andrà con piu forzeuole mouimento uagando: perilche le dritture de i borghi, & del­
le
ui cinanze deono eſſer riuo'te dalle regioni de i uenti, accioche peruenendo quelli a gli
anguli
delle Iſole, & alle cantonate de i capi delle uie, ſiano rotti, & ribattuti ſiano
diſsipati
.
1
Le coſe dette da Vitr. con lo eſſempio di alcune figure ſono dimoſtrate. nelſ una ſegnata III.
è
il modo di ritrouare la meridiana.
A, è lo centro doue ſi pone lo ſtile, B, & C. ſono i punti
delle
ombre dello stile, C. la ombra della quinta hora inanzi, & b. della quinta dapoi il mezo
.
D. è lo incrocciamento della ſesta fermata ſopra i punti, B. & c. dell'ombra. E F è la li­
nea
meridiana.
La medeſima è nella figura IIII. douef K. è la ſeſta decima parte di tutto il
circolo
, & K i. la ottaua, come ſono la h g.
& la g m, & la L i. & la h n. & la no. & la
o
K. nel mezo delle quali ſono i uenti, come ſi uede nella piant a ſopra poſta della città, doue la
Croce
ſegna il leuante, P. Ponente, O Oſtro, T. Tramontana, S. Sirocco, M. Maeſtro, l'un
G
. Garbino, & l'altro Greco.
& ſi uede come i uenti ſi rompeno ne gli anguli delli capi del­
le
uie.
Euui la figura ſegnata. 1. con li trenta due uenti de nauiganti ſegnati a queſto modo.
<19>. Leuante, Solanus.
P. Ponente, Fauonius, uel Zephirus.
T. Tramontana. Septentrio. Aparectias.O. Oſtro, Auſter.M. Maeſtro. Caurus.L. Libecchio, o Garbino, Caurus, o Corus.
S. Sirocco, Eurus.
G. Grego, Aquilo,
1. Sirocco Leuante.
2. Oſtro Sirocco. Euro Auſter.3. Oſtro Garbino, Libanotus, uel Auſtro affricus.
4. Ponente Garbino.
5. Ponente Maeſtro.
6. Maeſtro Tramontana.
7. Greco Tramontana.
8. Greco Leuante.
9. Tra Sirocco, & Sirocco Leuante. & coſi ua ſeguendo come dimoſtra la figura.
1 13[Figure 13]
1
Ma ſorſe quelli, che hanno piu nomi di uenti conoſciuto, prenderanno merauiglia,
che
io habbia detto, che ſolo otto uenti ſi ritruouano.
Ma ſe auuertiranno tutto il cir­
cuito
della terra eſſere ſtato da Eratoſtene Cireneo con Mathematiche ragioni, & uie ri­
trouato
per lo corſo del ſole, & per le ombre dello ſtile equinottiali, dalla inclinatione del
cielo
eſſere di ſtadi ducento & cinquanta due mila, che ſono paſſa 31500000. trentauna
fiata
mille migliaia & cinque cento ſiate mille, & di queſte l'ottaua parte eſſer da un ucnto
occupata
, che è di paſsi 3937500. non ſi doueriano merauigliare, ſe in tanto grande iſpa­
cio
un uento uagando col ceſſare, & col ritorno farà uarie mutationi di ſoſſiare.
Et però
cerca
l'Oſtro dalla deſtra, & dalla ſiniſtra è il uento detto Leuconotus, & il uento nomina
to
Altanus. d'intorno allo Affrico ſoſſia il Libonoto, & quello, che ſi chiama Subueſpe­
rus
; D'intorno à Fauonio ſpira l'Argcſte, & a certi tempi le Eteſie.
Da i lati del Cauro,
ſta
il Circio, & il Coro. cerca il Settentrione, Thraſias, & Gallico.
Dalla deſtra, & dal­
la
ſiniſtra dello Aquilone ſofſia Borea, & Supernate.
D'intorno al Solano è Carbas, & a
certi
tempi le Ornithie, Ma dallo Euro, che tiene le parti di mezo da i lati ſtanno Cecias,
& Vulturno.
In queſto luogo Vitr. riſponde a quello, che ſe gli potrebbe opponere cerca il numero de i uen­
ti
.
potrebbe dire alcuno, o Vitr. tu hai numerati ſolamente otto uenti, ma dei ſapere, che ne ſono
molti
altri conoſciuti, però non doueui affermare quanto hai detto.
Riſponde Vitr. che motto be
ne
può ſtar quello, che egli ha detto del numero de i uenti, & che anche ſiano conoſciuti altri uen
ti
: Et la ragione è queſta.
Perche non è da marauigliarſi, ſe uno uento iſteſſo uagando grandiſſi­
mo
ſpacio, col ceſſare, & col ritorno faccia diuerſamente ſoffiando molte uarietà, dalle quali ſi
prendino
diuerſi nomi di uenti.
Ma direbbe alcuno, & che ſpacio è coſi grande, per lo quale il uen
to
ha da uagare?
Riſponde, quello eſſer l'ottaua parte di tutto il giro della terra, la quale è di mi­
glia
3937. Prendendo adunque per lo grande ſpatio qualche mutatione, ouero per la oppoſitio­
ne
de i monti, ouero per l'altezza della terra, ouero per qualche altra cagione, non ci douemo
marauigliare
ſe da i lati de gli otto uenti altri ne ſono ſtati collocati, come narra Vitr. fin'al nume
ro
di uentiquattro.
Et come appare per la figura ſegnata. I. doue.
14[Figure 14]
Dice Vitr. che Eratoſtene Cireneo che fu gran­
diſſimo
Mathematico, rilrouò con uie, & modi
ragioneuoli
tutto il giro, & circuito della terra,
eſſere
ſtadi ducento cinquanta due mila, che ſo­
no
miglia trentaun mila, & cinquecento, perche
otto
ſtadi fanno un miglio, et ſono paſſa 31500000.
perche
mille paſſi fanno un miglio, & il paſſo è di cinque piedi.
L'ottaua par
te
di tutto il circuito è di miglia 3937. che ſono paſſa 3937500. Et queſto
è
lo ſpatio grande, che Vitr. dice, nel quale per diuerſe cagioni ſi puo far ma
tatione
de i uenti.
Ma in che modo per lo corſo del ſole, & per l'ombre dello
ſtile
equinottiale Eratoſtene ritrouaſſe con ragioni mathematiche dalla inclina
tione
del cielo il circuito della terra, ſi dichiara dal Maurolico nella ſua coſ­
mografia
, in queſto modo.
Eratoſtene. preſe due luoghi in Egitto Aleſſan­
dria
, & Siene, i quali due luoghi ſono quaſi ſotto un'iſteſſo meridiano, & dallo
ſpatio
, che è tra un luogo & l'altro, egli traſſe tutta la circonferenza della ter­
ra
.
Drizzò adunque lo ſtile, che Gnomone ſi chiama, in Aleſſandria, & nel me
zo
appunto quando il ſole è nel principio di Cancro conſideraua due raggiſo
lari
uno, che cadeua ſopra Siene à piombo, perche Stene è ſotto il tropico del Can
cro
; l'altro, che cadeua ſopra la punta dello ſtile drizzato in Aleſſandria, & gettaua l'ombra uerſo
Settentrione
, percioche Aleſſandria è di qua dal Tropico detto: & per ragione dello ſtile all'om­
bra
trouò per uia Geometrica, che lo angulo compreſo ſotto lo ſtile, & ſotto'l raggio ſolare, era
1la cinquanteſima parte di quattro anguli dritti; & però eſſendo queſto angulo eguale à quello,
che
nel centro della terra fa il raggio, che diſcende per Siene, inſieme col gnomone, o ſtile d'Aleſ
ſandria
imaginato continuare fin'al centro della terra, imperoche eſſendo i raggi quaſi paralleli,
gli
anguli erano corriſpondenti & ſimili, era neceſſario, che quello ſpatio di circonferenza, che
era
da Siene ad Aleſſandria fuſſe la cinquanteſima parte del tutto: & però miſurando quella par
te
con gran diligenza, & ritrouandola eſſere di cinquemila ſtad, ſeguita, che tutta la circonferen
za
ſia di 250000 ſtadi, che ſono miglia trentaun mila ducento & cinquanta.
& coſi egli ſi po­
trebbe
acconciare & Vitruuio & Plinio.
& ſe è diuerſità tra gli autori, penſo, che que­
ſto
uegna dalla diuerſità delle miſure.
La figura della dimoſtratione di Eratoſtene è ſegnata. <19>
15[Figure 15]
Sono ancora piu nomi, & fiati di uenti preſi
da
i luoghi di doue ſpirano, ouero da i ſiumi, o
dalle
procelle, che fanno, uenendo da i monti.

oltra
di queſto ſono le aure mattutine, che ſpira­
no
quando il ſole ſi lieua da terra: perche il ſole
girando
percuote l'humore dello aere, & nello
alzarſi
con impeto ſcacciando tragge i fiati dello aere con lo ſpirito, che uiene auanti la lu­
ce
.
i quali fiati ſe leuato il ſole reſtano, ſi raunano con le parti del uento Euro; & percio Eu
ro
dalle aure, delle quali egli ſi genera, da Greci è nominato, & il Dimane ſimilmente per
le
aure mattutine Aurion da i medeſimi, è detto.
Aura è piu preſto ſpirito, che uento, & è detta dallo aere, perche lieue, & dolce è il moui­
mento
dello aere, la onde i poeti dicono, che le aure con lieui piume tracorreno lo aere.
Sono chi niegano Eratoſtene hauere potuto drittamente miſurare lo ſpatio del mondo:
ma
ſia la miſura ſua uera, o non uera, non puo la noſtra ſcrittura, non hauere la uera
determinatione
delle parti, dalle quali naſceno i uenti.
ilche ſe coſi è, poco mancherà,
che
ciaſcun uento non habbia la certa ragione della ſua miſura: ma poco piu, o poco me­
no
impeto.
Non uuole contendere Vitr. ſe Eratoſtene s'habbia portato bene, nel miſurare il mondo, per­
cioche
queſto gli importa poco, egli uuole uſcire de i termini dello Architetto.
puo uariare
la
ragione di trouare i uenti la dubietà delle miſure della terra: percioche ſe bene la miſura è in­
certa
, ſono però certi i uenti, & uengono da certe & determinate parti del cielo: però ſe altri
hanno
ſcemato, ouero accreſciuto il numero de gli ſtadi di Eratoſtene, queſto fa poco al preſente
negotio
.
meno deue curare Vitr. ſe uno uento ſia piu impetuoſo dell'altro. I noſtri per la eleua­
tione
del polo caminando per uno meridiano, col quadr ante hanno trouato, che ad uno grado di
360
. che diuideno il detto meridiano, riſpondeno in terra miglia ſeſſanta Italiani, dal che ſi puo far
conto
quanto la terra uadi girando.
Vitr piu chiaramente eſpone la figura detta di ſopra, & dice.
Ma perche queſte coſe da noi breuemente eſpoſte ſono, mi è parſo nell'ultimo del libro
porre
due figure dette da Greci ſchemata, una, che dimoſtri d'onde uengono certi gli im­
peti
de i uenti; l'altra con che maniera le loro forze con diuerſe dritture di borghi, & di
piazze
ſi poſſa ſchifare i noioſi fiati de i uenti.
Sia adunque in piano eguale il, centro doue
è
la lettera A. la eſtremità dell'ombra fatta dallo ſtile inanzi al mezo doue è la lettera b.
dal
centro A. all'ombra b. allargata la ſeſta ſi faccia la linea circolare, & ripoſto lo ſtile do
ue
era prima, aſpettiſi tanto, che l'ombra ſi ſminuiſca, & faccia di nuouo creſcendo l'om­
bre
dopo il mezo eguale all'ombra fatta inanzi, & tocchi la linea circolare doue ſi ſegne
con la lettera.
c. allhora dal ſegno B. al ſegno c. con la ſeſta ſi deſcriuerà in croce, doue
è
la lettera.
d. dapoi per quello incrocciamento, doue è la lettera d. & per lo centro. A. ſia
tirata
una linea alla eſtrema circonferenza, a i capi della quale ſaranno le lettere e. F.
Que­
ſta
linea ſarà dimoſtratrice della parte meridiana, & della parte Settentrionale.
dapoi egli
ſi
deue pigliare la ſeſtadecima parte della linea circolare, & porre il centro della ſeſta nella
1linea metidiana, che tocca la circonſerenza doue è la lettera. e. Et ſegnare dalla deſtra, &
dalla
ſiniſtra, doue ſono le lettere.
g. h. & poi nella parte Settentrionale, ſi deue ponere il
centro
doue è la lettera F. & ſegnare dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, doue ſono le lettere I. K.
& dal g. al K. & dal h. allo L. ſi deono tirare le linee per lo centro, & coſi quello ſpacio,
che
ſarà nel g. & K. ſarà lo ſpatio del uento Oſtro, & della parte meridiana: & quello ſpa
tio
, che ſarà tra'l I. & K. ſarà lo ſpatio del Settentrione.
Le altre parti, che ſono tre dalla
deſtra
, & tre dalla ſiniſtra, eſſer deono egualmente partite.
quelle dell'oriente ſaranno,
doue
ſono le lettere l. & m. & quelle del Ponente, doue ſono le lettere n. & o. dapoi dallo
m
. all'o.
& da l. al n. in croce ſi tireranno le linee: & in queſto modo partiti ſaranno gli
ſpatij
, de gli otto uenti, in tutto il giro diſegnato.
le quali coſe, quando ſaranno in que­
ſta
manicra deſcritte in ciaſcuno de gli anguli della figura d'otto faccie, ſe cominciaremo
dal
mezo : Tra lo Euro, & l'Oſtro, ſarà la lettera.
g. tra l'Oſtro, & l'Affrico la h.
trall
'Affrico, & Fauonio.
n. tra Fauonio, & Cauro. o. tra Cauro, & Settentrione K. tra
Settentrione
, & Aquilone I. tra A quilone, & Solano.
L. tra Solano, & Euro. m. Et diſpoſte
in
tal modo le predette coſe, pongaſi lo ſtile, o gnomone tra gli anguli della figura d'ot­
to
faccie, & in queſta maniera drizzate ſiano le piazze, & le otto diuiſioni de i capi delle uie.
Le figure III. & IIII. di ſopra, dimoſirano, quanto ha detto Vitruuio, benche le lettere ſiano
trappoſte
.
il reſtante è facile. Parerà forſe ad alcuno, che il trattare delle fortificationi ſia coſa
da
eſſer tenuta ſecreta, come che a principi, & a Republiche ſolamente debbia eſſer manifeſta:
Oltra
che io ho udito, che alcuni ſi dolgono che paleſandoſi il modo del fortificare, egli ſi uie­
ne
a giouare a molte genti fuori d'Italia, alle quali par loro, che ſi debbiano tenere le
mani
ſtrette nello inſegnare.
A queſti io non riſpondo, perche da ſe ſteſſi uanno a
baſſo
, come quelli, che eſſendo huomini, uogliono mancare dell'ufficio della humani­
, & poi ſono ingrati, perche hauendo imparato molte coſe belle, dalle genti di di­
uerſi
paeſi, non uogliono uſare queſta gratitudine di ricompenſarle ne i biſogni della ſalu­
te
loro: Oltra che non ſanno gli inuidioſi, che gli eſſempi delle fortezze d'Italia poſ­
ſono
ammaeſtrare ogni buono intelletto ſenza altra ſcrittura.
A quelli, che lodano la ſe­
cretezza
direi, che quello, che appartiene alla ſalute de gli huomini, non ſi deue te­
ner
ſecreto, & ſe pare a molti coſa grande la inuentione delle machine horribili, che
a
ſtrage del genere humano, ſono ſtate ritrouate, & che il truouarne di nuouo ſia meraui­
glioſo
, & la fatica, & industria di fare quelli tormenti, non ſia fuggita da molti: quanto
piu
ci douemo affaticare per la conſeruatione: & ſe le offeſe ſono coſi publiche, come potre­
mo
, o doueremo eſſer pigri a far paleſi, & manifeſte le difeſe?
Ma in ſomma io dirò a tutti i
riprenditori
delle coſe, queſte poche parole, le quali ſiano dette per una fiata; che il giudica­
re
è operatione di una eccellentiſſima uirtù, & come che difficil coſa, & pericoloſa ſia ad ognu­
no
, a coloro maſſimamente è dura, & pericoloſa, i quali o non intendeno, o uengono con pro
ponimento
di biaſimare piu preſto, che di giudicare: & guardando con gli occhi aperti al
poco
di male, ſono ciechi al molto di bene che nelle opere di altri ſi truoua.
Questa ſorte di
gente
(benche pare tra la moltitudine eſſer qualche coſa) perche il riprendere ha in ſe una mo­
ſtra
d'eccellenza, & d'auantaggio: mentedimeno la uerità col tempo ſcuopre il difetto dello ani
mo
, & le opere loro il mancamento della ſcienza, & della buona uolontà.
Alla peruerſità di
queſti
è ſottopoſto ognuno, che ſuol fare, o dare alcuna coſa in publico, quantunque l'hab­
biano
data, o fatta con buona intentione.
però io ſtimo che molti prenderanno maggiore
occaſione
di biaſimare quello, che io con ottimo penſamento ho propoſto di publicare: impe
roche
il trattamento d'un Arte ſola è ſottopoſta al peruerſo giudicio di quelli, che in quel­
l
'arte uogliono eſſer tenuti, o ſi ſtimano, ouero ſono periti, & intendenti: ma il trattare di quel
la
cognitione, che abbraccia molte, & diuerſe ſcienze, & Arti, non puo fuggire il biaſi­
mo
di molti, & diuerſi periti, & artefici inuidioſi.
de i quali ſe in alcun tempo ſe n'è trouate
1abondanza a i noſtri certamente ne ſono inſiniti, & forſe queſto adiuiene, perche quan­
to
manca loro la iſperienza, la induſtria, la dottrina, & lo eſſempio de i buoni, tanto ſo­
prabonda
, l'arroganza, l'auaritia, & li ignoranza loro.
Io di queſti poco mi curerei, quan
do
io conoſceſſi, che non gli fuſſe preſtato orecchia: percioche di danno, di uergogna
ſarebbono
a chi s'affatica.
Ma perche la coſa procede altrimenti, & uolentieri ſi aſcolta,
chi
dice male, & i guſti de gli huomini per lo piu ſono guaſti, io eſorto ognuno, che ſi piglia
qualche
bella impreſa per giouar altrui, che non perdonino a fatica, per farė tali opere, che
da
ſe ſi difendino: & che prendendo ſeco la difeſa dalla uerità con l'aiuto del tempo poſſino
conuincere
di maluagità, & perfidia chi ſi opponeſſe al uero.
Queſto conſiglio io mi ſono sfor
zato
di prendere nello interpretare, & eſponere i preſenti uolumi dell'Architettura.
& ſe be­
ne
le mie debili for ze non hanno potuto tanto, che l'opera ſia riuſcita a quella perfettione,
che
ella poſſi mantenerſi da ſc: nientedimeno io poſſo affermare con uerità, che maggior di­
ligenza
, piu induſtria, miglior uolontà ho potuto porui di quello, che ho poſto.
Io ho cer
cato
d'imparare da ognuno, ad ognuno, che mi ha giouato reſto debitore d'infinite gratie: &
come
diſpenſatore de i beni riceuuti da altri mi rendo.
Io ho giudicato maggior uergogna il non
uoler
imparare, che danno il non ſapere: ho fuggito la pompa di citare a nome gli auttori,
de
i quali mi ſono ſeruito in questa faticoſa impreſa, & ho cercato non l'ampiezza della lingua,
o
la copia delle parole, ma la elettione, & la chiarezza delle coſe.
piu uolte io ho di­
ſiderato
& cercato di communicare le fatiche mie con alcuni, prima che ueniſſero in lu­
ce
, & in commune inueſtigare la uerità.
accioche quello, che non puo fare un ſolo, fatto fuſſe
da
molti.
ma queſto, per alcuna cagione, che io bene non intendo, non mi è uenuto fatto.
ne
i diſegni delle figure importanti io ho uſato l'opere di M.
Andrea Palladio Vicentino
Architetto
, ilquale ha con incredibile profitto tra quanti io ho conoſciuto di uiſta, & per fama,
per
giudicio d'huomini eccellenti, acquiſtato gran nome ne i ſottiliſſimi, & uaghi diſegni
delle
piante, de gli alzati, & de i profili, come nello eſeguire, & fare molti & ſuperbi edifi­
cij
, nella patria ſua, come altroue & publici, & priuati, che contendono con gli antichi,
danno
lume a moderni, & daranno merauiglia a quelli che uerranno.
Et quanto appartiene
a
Vitr. l'artificio de i Theatri, de i Tempij, delle Baſiliche, & di quelle coſe, che hanno piu bel­
le
, & piu ſecrete ragioni di compartimenti, tutte ſono state da quello, con prontezza d'ani
mo
, & di mano eſplicate, & ſeco conſigliate, come quello che di tutta Italia ha ſcielto le
piu
belle maniere de gli antichi, & miſurate tutte l'opere, che ſi trouano.
Nel reſtante del
la
fatica mia il buon uolere puo coprire, o ſcuſare qualche difetto, & inuitare amoreuolmen­
te
alla correttione ciuile chiunque fuſſe diſideroſo di giouare, come ſon io: il che attendo con
quel
diſiderio, che io ho hauuto ſempre di far bene.
Ma aſſai habbiamo uagato: però è tem­
po
di ritornare a Vitruuio, & di credere che lo inſegnare il modo del fortifioare è coſa difficil­
lima
riſpetto alla nuoua inuentione delle offeſe, dalle quali come ſpeſſo detto hauemo, dipende la
difeſa
: & però è degna coſa trarne i precetti uniuerſali, in uirtu de i quali l'huomo può ſempre
ritrouare
nuoua forma di difeſa.
Della elettione de i luoghi all'uſo commune della Cit­
.
Cap. VII.
DIVISI i capi delle uie, & deſcritte le piazze, egli ſi deue far manifeſta la
elettione
de i piani al commodo, & all'uſo commune della Città per li ſacri
Tempi
, per lo Foro, & per gli altri luoghi communi.
Se le mura ſaranno
preſſo
il mare: elegger ſi deue il piano, doue ſi deue fare il Foro uicino al
porto
.
ſe la Città ſarà fra terra, nel mezo. Ma per li ſacri Tempij di q uelli Dei,
1nella tutela de i quali ſpecialmente è poſta la terra, & a Gioue, & a Giunone, &
a
Minerua ſi danno i piani in luoghi altiſsimi, di doue ſi poſſa unitamente uedere gran
diſsima
parte della città.
Ma a Mercurio nel Foro, ouero, come anche ad Iſide, & a
Serapi
, nel ſondaco, o mercato.
Ad Apolline & al padre Bacco, preſſo al Theatro.
Ad
Hercole uicino al Circo.
in que luoghi doue non ſaranno Gimnaſi, o Anfitheatri. A
Marte
fuori della Cíttà, & al campo.
& a Venere al porto. & queſto è ſtato ordinato da
gli
auriſpici Etruſchi, cioè, che a Venere, a Vulcano, & a Marte ſiano fatti i tempij
fuori
delle mura: accioche i piaceri di Venere non prendino piede nella città appreſſo la
giouentù
, & le madri di famiglia, & che dalla forza di Vulcano tratta fuori della città
con
religione, & ſacriſicij, gli ediſici parino eſſer dal timore de gli incendij liberati.
Ma
la
'diuinità di Marte eſſendo fuori della terra conſecrata, non ſarà la diſſenſione, che
uiene
all'arme tra li cittadini, ma con quella difeſa da i nimici conſeruerà quella da i
pericoli
delle battaglie.
Similmente a Cerere ſi faranno i tempij fuori della città, in
luoghi
, doue non ſi uada, ſe non per neceſsità, douendoſi con religione, & con ſanti
coſtumi
queſto luogo conſtantemente guardare.
Al reſtante de gli altri dei, biſogna
ritrouar
i luoghi da fabricare, che ſiano conuenienti guardando ſempre alle maniere
de
i ſacrificij.
Tratta Vitruuio in queſto capo, quanto appartiene alla uniuerſal diſpoſitione, diſtributione,
& decoro de i luoghi, conſiderando il compartimento de i piani all'uſo commune.
Compar­
timento
in queſto luogo io chiamo una ragioneuole diuiſione del piano accompagnata dal deco­
ro
, dalla ſufficienza delle parti, & dalla riſpondenza delle coſe: ſi che a grandi ſoggetti,
grandi
edificij ſi facciano, & de i grandi edificij grandi ſiano i membri; perche la Citta è
come
una grandiſſima caſa, come ſi puo dire, che la caſa ſia una picciola città.
Il ſauio Ar
chitetto
deue donare alcuna coſa alla uſanza de i paeſi, non però deue egli errare, ab­
bandonare
la ragione: ma non laſciare la uſanza, & tenerſi alla ſcienza; altrimem i la cat
tiua
uſanza non è altro, che la uecchiezza del uitio: dal quale animoſamente l'huomo ſi
deue
diſcoſtare, & dar buono eſempio a i ſucceſſori.
La ragione adunque del Foro è che ſia
poſto
preſſo al porto, ſe la città è uicina al mare: ouero nel mezo della città, ſe ella è fra
terra
: il Foro è luogo, doue ſi uendeno le coſe, & doue ſi tiene ragione, è commodo a foreſtie
ri
, & mercanti, che uengono di parti lontane eſſendo uicino al porto, quando la città è proſ­
ſima
al mare: ma nel mezo della città è commodo, perche il mezo è propinquo a tutte le par
ti
, & preſto prouede a i biſogni, & però Vitruuio ha detto.
In medio oppido. perche oppi­
dum
è detto dal dare aiuto, che in latino ſi dice dare opem; ouero perche iui ſi portano le
ricchezze
, che, opes, ſi chiamano.
Il reſto è facile.
Ma del modo del fabricare i tempij, & delle miſure, & ſimmetrie di quelle, nel ter
zo
, & nel quarto libro ne renderò le ragioni: percioche mi è piacciuto determinare
prima
della copia della materia, che ſi deue nelle fabriche preparare: & eſponere la
forza
& uſo di quella, & poi trattare delle miſure de gli ediſicij, & gli ordini, & le manie­
re
partitamente di tutte le ſimmetrie, & in ciaſcuno de i ſeguenti libri eſplicare.
Et ragioneuolmente prima tratta della materia, & poi della forma: perche prima poco è
da
dire della materia, come coſa che la natura ci porta, & molto della forma: & è giuſto
sbrigarſene
preſto.
Dapoi perche un'iſteſſa materia ſerue a diueſe forme, & maniere. & ſi­
mile
uſanza tiene Ariſtotile, per commodità della dotrina, ne i libri de i principij naturali.
Fine del Primo Libro.
1
IL SECONDO LIBRODELL'AR CHIT ETTVRA
DIM
. VITRVVIO.
Proemio.
DINOCRATE Architetto conſidatoſi ne i ſuoi penſieri, & nella ſua ſo=
lertia
, eſlendo Aleſſandro ſignore del mondo, ſi parti di Macedonia per
andare
allo eſſercito, diſideroſo d'eſſere dalla maeſta regia commendato.

Coſtui
partendoſi dalla patria, da i parenti, & da gli amici, ottenne lettere
di
fauore drizzate a i principali, & potenti della corte, accioche per me
zo
loro fuſſe piu facilmente introdotto.
Eſſendo adunque benigna­
mente
da quelli raccolto, chieſe loro, che quanto prima lo conduceſſero ad Aleſſandro.

Quegli
hauendoli promeſſo, erano alquanto tardi, aſpettando il tempo commodo.
Di­
nocrate
penſando eſſere sbeffato da quelli, a ſe ſteſſo per aiuto ricorſe.
Era egli di gran­
de
ſtatura, di gratioſo aſpetto, & di ſomma dignità, & bellezza.
fidatoſi adunque di
queſte
doti di natura, nell'albergo ſuo depoſe le ueſti, & di oglio tutto'l corpo ſi unſe, &
ſi
coprì la ſiniſtra ſpalla di pelle di Leone, coronato di fronde di poppio, & tenendo
nella
deſtra la claua, ſe ne andò uerſo il tribunale del Re, che teneua ragione.
Hauen
do
la nouità del fatto riuolto a dietro già tutto il popolo; Aleſſandro lo uidde, & mera
uigliandoſi
commandò, che gli fuſſe dato luogo, accioche egli ſi faceſſe innanzi, & di
mandollo
, chi fuſſe.
Egli diſſe. Io ſon Dinocrate Architetto di Macedonia, che a te
porto
penſieri, & forme degne della tua chiarezza: percioche io ho formato il monte
Atho
in figura d'una ſtatua uirile, nella cui ſiniſtra io ho diſegnato le mura d'una gran­
diſsima
città, & nella deſtra un uaſo, che habbia a raccogliere l'acqua di tutti i fiumi,
che
ſono in quel monte; accioche da quel uaſo ſi ſpandeſſero nel mare.
Dilettatoſi
Aleſſandro
della ragione della forma, ſubito dimandò ſe d'intorno ui fuſſero campi, che
poteſſero
prouedere di grano al biſogno di quella città.
Hauendo ritrouato, che non
u
'era altra uia, che quella d'oltra mare; Diſſe.
Io con attentione guardo al componi­
mento
di coſi bella forma, & di eſſa mi diletto: ma io conſidero, che ſe alcuno uorrà an
dare
in quel luogo ad habitare, non ſia biaſimato per poco giudicio.
perche ſi come
il
fanciullo già naſciuto, non ſi puo ſenza il latte della nutrice alleuare, creſcere; co
fi
la città ſenza poſſeſsioni, o frutti, che ui ſiano portati non puo ſoſtentarſi, mante­
nerſi
creſcendo ſenza copia di uettouaglia, eſſer frequentata, ſi puo il populo ſen=
za
abondanza di uiuere conſeruare.
per il che (ſi come io ſtimo) che ſi bel diſegno me
rita
lode, coſi giudico douere eſſere biaſimato il luogo.
Ma ben uoglio, che tu ſtia me
co
: percioche io intendo di uſar l'opera tua.
Dall hora in poi Dinocrate non ſi ſcoſtò
mai
dal Re: & in Egitto lo ſeguitò.
Hauendo iui ueduto Aleſſandro il porto per natura
ſicuro
: lo egregio mercato, i campi d'intorno all'Egitto abondanti di grano, & le mol
te
commodità del gran fiume del Nilo; commandò, che iui dal ſuo nome Aleſſandria ſi
fabricaſſe
.
Et per queſto Dinocrate dalla bellezza, & gratia del ſuo aſpetto, & gran
dezza
del corpo, a quella nobiltà, & chiarezza peruenne.
Ma a me o Imperatore la na
tura
non ha dato la grandezza della perſona, & la età mi ha deformata la faccia, la infer­
mità
leuato le forze; la doue eſſendo io di tali preſidij abbandonato, ſpero per mezo del
la
ſcienza, & de gli ſcritti a qualche grado di commendatione, & gloria peruenire.
Ha-
1uendo adunque io nel primo libro ſcritto dell'ufficio dello Architetto, & de i termini
della
Architettura, & appreſſo dellc mura, & delle diuiſioni de i piani, che ſono dentio
le
mura, & ſeguitando l'ordine de i ſacri Tempij, & de i publici edificij, & anche de i
priuati
, con quai miſure, & proportioni ſi deono fare: io non ho penſato di porre queſte
coſe
prima, che io ragionaſsi della copia della materia, della quale ſi fanno le fabriche, &
con
c he ragione, & che forza ella habbia nell'uſo, & con che principij la natura delle coſe
ſia
compoſta.
Ma prima che io dia principio ad cſplicare le coſe naturali, io ragionerò
delle
ragioni del fabricare doue hanno hauuto origine, & come per inuenti one creſciu­
te
ſono partitamente dirò, & ſeguitando eſponerò gli ingreſsi dell'antica natura, & di
quelli
, che con gli ſcritti, & regole dedicorono il principio del conſortio humano, &
le
belle, & fondate inuentioni, & però, come da quelli io ſon ammaeſtrato, dimoſtrerò.
Tratta Vitr. nel ſecondo libro della materia neceſſaria al fabricare, come ſi ſcielga, & co­
noſca
, & ci dimoſtra il modo di metterla inſieme.
propone artificioſamente il proemio. percio­
che
hauendo nel primo libro ragionato ne i quattro ultimi capi di molte coſe pertinenti alla elet­
tione
de i luoghi per fabricar la città; & hauendo trattato delle muraglie, & difeſe, del com­
partimento
de i piani, per iſchifare i uenti dannoſi, come per diſtribuire ogni luogo con gra­
tia
, & decoro: & uolendoci dare un ſegnalato precetto, o conſeruarlo nella noſtra memoria,
( benche pare, che lo dica ad altro fine ) ci dimoſtra con notabile eſſempio, che ſopra tutte le
coſe
douemo conſiderarc di fabricar in luogo, che ci dia da uiuere, & ſoppliſca alle neceſſità de
i
Cittadini.
perche niuno ſi mouerebbe per habitare in luogo, doue ſi moriſſe di fame. come ſi
uede
per lo contrario, che per l'abondanza delle coſe i luoghiſono frequentati.
Leggeſi nel li­
bro
delle coſe merauiglioſe del mondo aſcritto ad Ariſtotele, che imercanti Cartagineſi, naui­
gando
fuori dello ſtretto per molte giornate ritrouorono un'Iſola non piu per lo adietro ſcoperta,
che
era ſolo da fiere habitata, ma piena di alberi di merauiglioſa grandezza, & di grandiſſimi
fiumi
, fertile, & abondante di cio che puo naſcere, lontana molto dalla terra dell' Africa.

Quiui
trouandoſi aere temperatiſſimo, & per iſperienza copia di tutti i frutti della terra, comin­
ciauano
le gente di abbandonare la propria città, & andare ad habitar quei luoghi.
per laqual
coſa
i Cartagineſi furono conſtretti a fare uno editto, che ſotto pena capitale niuno piu naui­
gaſſe
per quelle parti, che forſe erano quelle, che a giorni noſtri ſono ſtate ſcoperte uerſo Po­
nente
.
Et però uedendo Vitr. la importanza del uiuere, ha uoluto di nuouo ſarci auuertiti, nel
proemio
, come in luogo notabile, & che prima uegni nella conſideratione de i lettori. { Dino­
crate
Architetto. } Leggeſi, Chirocrate, coſi appreſſo Strabone, come appreſſo Eliano. Ma
i
teſti di Vitr. hanno, Dinocrate, del quale ne fa mentione Xenofonte, s'io non m'inganno.
{ Penſamenti, & nella ſua ſolertia, } Ha detto Vitru. nel ſecondo Capo del primo libro. che
le
idee della diſpoſitione, naſceno da penſamento, & da inuentione: però qui dimoſtra Dinocra­
te
hauere hauuto Diſpoſitione, come anche di ſotto moſtra lo iſteſſo, quando dice ad Aleſſandro.
Io
ſono Dinocrate Architetto di Macedonia, ilquale a te porto penſieri, & forme degne
della
tua chiarezza. perche dicendo, { Penſieri, & forme } uuol dire Fabrica, & diſcorſo,
la
coſa ſignificata, & quella che ſignifica; l'opera, & la ragione: dalle quali coſe naſce la Ar­
chitettura
. { Io ho formato il Monte Atho in forma diſtatua uirile, } uoleua Dinocrate rap­
preſentare
la figura di Aleſſandro ( come ſi legge ) & dalla deſtra cauare uno capaciſſimo alueo
da
riceuer tutte le acque del monte Atho altiſſimo tra la Macedonia, & la Thracia: & nella
ſiniſtra
uoleua fabricare una città capace di dieci mila huomini.
Bella, & ſottile inuentione,
ſe
coſi egli haueſſe conſiderato di dar da uiuere alla ſua città, come egli le haueua prouiſto del
bere
delle acque. Però di nuouo dico, che biſogna fare le città in luoghi commodi, & oppor­
tuni
.
& di queſta lode meritamente deue eſſer commendata la città di Vinetia, alla quale riſpon­
deno
tanti fiumi, tante entrate, & tante commodità, che pare che tutto il mondo ſia obligato
a
notrirla, & adornarla: & ſi puo dire, che ſi come la notrice del fanciullo prende il cibo al-
1troue, della ſoſtanza del quale ella ne fa poi il latte da nodrirlo, coſi Vinetia riceua da ogni parte
il
ſuo nutrimento per ſoſtentare il reſto dello ſtato ſuo.
& in uero pare, che la natura s'habbia
riſeruati
alcuni luoghi, che per rariſſimi accidenti poſſono reſtare dishabitati; & queſto per la
conimodit
à del ſito.
come Roma, Conſtantinopoli, Pariggi, & molti altri luoghi, che ſempre ſono
stati
celebrati, & frequentati per le ſopra det te ragioni.
Della uita de gli antichihuomini, & de i principij
del
uiuer humano, & delle caſe, et accre­
ſcimenti
di quelle.
Cap. I.
GLI huomini per antica uſanza come ſiere nelle ſelue, & nelle ſpilonche, & tra
li
boſchi naſceuano, & di agreſte cibo paſcendoſi menauano la lor uita.
in
quel
tanto da i uenti, & dalle fortune furono gli ſpeſsi alberi agitati, & com­
moſsi
, & ſtropicciandoſi inſieme i rami, mandorono fuori il fuoco, perche
i
uicini dalla gran fiamma sbigottiti, ſi miſero in fuga.
ceſſata la fiamma, & hor queſto
hor
quello auuicinandoſi al fuoco, è ritrouandolo eſſer di molta commodità a i corpi, ag­
giugnendoli
legna mentre che mancaua, & conſeruandolo, gli conduceuano de gli altri,
& accennandoſi fra loro dimoſtrauano la utilità, che di ciò ne ueniua.
in quel concorſo
d
'huomini eſſendo le uoci diuerſamente dallo ſpirito fuori mandate, per la quottidiana
conuerſatione
fecero, come lor fatto ueniua, i uocaboli delle coſe.
Dapoi ſignificando­
le
piu ſpeſſo, & in uſo ponendole, per quello auuenimento cominciorono a parlare, & a
quel
modo tra loro fabricorono i ragionamenti.
Eſſendo adunque per la inuentione del
fuoco
da prima uenuto il conuerſare, & il uiuere inſieme, & conuenendo molti in uno
iſteſſo
luogo, hauendo anche dalla natura, che non chinati, come gli altri animali, ma
dritti
caminaſſero, & la magnificenza del mondo, & delle ſtelle riguardaſſero: & trattan­
do
( come piaceua loro ) con le dita facilmente ogni coſa, alcuni di quella moltitudine
cominciorono
a fare i coperti di fronde, altri a cauar le ſpilonche di ſotto a monti: & altri
imitando
i nidi delle rondini edificauano di loto, & di uirgulti per fare luoghi da ridurſi
al
coperto.
Allhora molti oſſeruando i coperti fatti da gli altri, & aggiugnendo a loro
penſieri
coſe nuoue, faceuano di giorno in giorno piu bella maniera di caſe.
Et eſſendo
gli
huomini di natura docile, & che facilmente imitar poteua, gloriandoſi ogni giorno
piu
delle proprie inuentioni, altri ad altri dimoſtrauano gli effetti de gli edificij, & coſi
per
le concorrenze eſſercitando gli ingegni, alla giornata ſi faceuano piu giudicioſi.
&
& prima alzate le forcelle, & trapoſti i uirgulti con loto teſſeuano i pareti, altri i ceſpu­
gli
poi, & le zoppe di loto aſciugando faceuano i pareti commettendogli con legnami, &
per
iſchifare le pioggie, le g randini, & i caldi le copriuano di canne, & di frondi.
Dapoi
perche
i tetti per le tempeſte del uerno non potcuano reggere alle pioggie, facendo i
colmi
, & ſopraponendoui il loto col fare i tetti pendenti conduceuano le grondi, & i
cadimenti
dell'acque.
Fin qui Vitr. ha narrato artificioſamente a poco a poco per ordine il principio del fabricare,
il
mezo, & il fine, quanto poteua baſtare alla humana neceſſità; dico artificioſamente, & per
ordine
, perche prima ha detto la cagione, che conſtrinſe gli huomini a ſtare inſieme, che fu il co­
noſcere
l'utilità, che dal fuoco procedeua, il caſo dimoſtrò l'utilità.
Queſta conſtrinſe gli huo­
mini
ad unirſi.
dalla unione nacque la fauella, nacque la cognitione del poterſi operare con le ma­
ni
, & l'operare, dal che nacque la concorrenza di auanzar l'un l'altro nella inuentione de gli
edificij
.
Onde a poco a poco uenne lo artificio, nato ( come dicemmo nel primo libro nel proe-
1mio ) dalla iſperienza, fondata nella natura delle coſe. Ma perche alcuno potrebbe negare; che
tale
ſia ſtato lo ingreſſo dell' antica natura; Riſponde Vitr. & dice.
Ma che queſte coſe da que principij, che detto hauemo, ſiano ſtate ordinate, in que­
ſto
modo ſi puo conoſcere.
percioche fin al di d'hoggi dalle nationi eſterne ſi fanno gli
edificij
, come in Francia, in Hiſpagna, in Luſitania, in Aquitania, di queſte coſe, come di
tauole
di rouere, ouero con paglic, & ſtrame.
Appreſſo la natione de Colchi nel Ponto
per
l'abondanza delle ſelue ſi fanno gli edificij con alberi perpetui iſpianati dalla deſtra, &
dalla
ſiniſtra poſti in terra laſciatoui tra quelli tanto ſpacio, quanto ricerca la lunghezza de
gli
alberi, ma di ſopra nelle eſtreme parti di quelli pongono altri trauerſi, i quali d'intor­
no
chiudeno lo ſpacio dell'habitatione, & allhora dapoi le ſoprapoſte traui dalle quat
tro
parti legando, & ſtrignendo gli anguli, & in queſta manicra facendo i pareti d'alberi,
a
piomho di quelle di ſotto, inalzano le Torri, & quelli ſpacij, che per la groſſezza della
materia
ſono tralaſciati, otturano con loto, & ſcheggie, & anche ritagliando i tetti dalle
cantonate
tramezano con legni trauerſati di grado in grado, raſtremandogli; & in queſto
modo
, al mezo delle quattro parti leuano le piramidi, lequali, & di frondi, & di loto co­
prendo
all'uſanza de barbari fanno i colmi teſtuginati.
Pare a Vitr. grande argomento a prouare l'origine delle fabriche la uſanza delle genti efter­
ne
.
& in uero è ragioneuole, che doue non è peruenuta la bellezza, & la grandezza dell'arte, ſi
ueda
il modo naturale, & ſiritegna quello, che è ſtato dalla natura, a i primi huomini dimo­
strato
, perche egli ſi puo dire, che ogni arte habbia la ſua pueritia, la ſua adoleſcentia, il fior
della
età, & la maturità; come l'Architettura, che ne i primi ſecoli hebbe i ſuoi ſgroſſamenti,
crebbe
in Aſia, ottenne in Grecia il ſuo uigore, & finalmente in Italia conſegui perfetta, & ma­
tura
dignità.
Da principio adunque è ragioneuole di credere, che ella haueſſe quella origine,
che
la neceſſità dimcſtrò primier amente all'humana generatione, come ſi ha a di noſtri eſſere nel­
l
'Iſola Spagnola, & nelle parti del mondo ſcoperte da i moderni, che le ſtanze, & le habita­
tioni
ſono fatte di alberi, teſſuti di canne, coperti di paglie, ma di modo, che egli ſi ha in conſide­
ratione
la dignità de gli habitanti, dandoſi piu grandi & piu belle, & piu commode habitationi­
a
quelli, che fra quelle genti ottengono grado maggiore.
Queſto ſi dice, che i noſtri banno ri­
trouato
nel ſopra detto modo.
Ma poi che piu perite genti, & piu ingenioſe banno cominciato
a
praticare in que luoghi, piu bella, & piu artificioſa maniera di fabricare è stata introdotta.

Lauorando
i legnami, & facendogli molti ornamenti, che non haueuano prima, & coſi di gior­
no
in giorno aumenteranno gli artificij, & le inuentioni delle coſe, domeſticando il paeſe per l'hu­
mana
conuerſatione.
Buono adunque è l'argomento di Vitruuio, ſe bene eglinon diceſſe a pun­
to
il uero di quel fuoco acceſo da gli alberi agitati da i uenti, non ſapendo egli la iſtoria della crea­
tione
, & della origine del mondo.
Ma chi pon mente alle parole di Vitru. ritruouerà nel preſen­
te
diſcorſo un'ordine merauiglioſo: perche prima ha ritruouato quanto puo la neceßità, & la
natura
, dicendo la cagione, che costrinſe gli huomini ad habitar inſieme, da poi ba dimostra­
to
quanto puo la iſperienza, & la conſuetudine, dicendo quello, che molte genti accoſtumano
di
fare, per accommodarſi, & diſenderſi da i contrarij, con diuerſe maniere di habitationi ſecon­
do
l'uſo de i luoghi, & delle coſe.
& finalmeute dirà, quanto ha potuto l'Arte cerca le regola­
te
inuentioni, & gli ornamenti, & pompa del fabricare.
come anche al primo Capo del decimo
libro
, Vitru. conferma dicendo, che quelle coſe, che gli huomini auuertirono eſſer buone all'uſo,
tentarono
anche con iſtudio di arte, & di ordinationi per uia di dottrina.
Et qui ſi uederà co­
me
la natura humana tutta uia auanzando ſe ſteſſa, digiorno in giorno dal neceſſario al commo­
do
, & dal commodo all'honoreuole peruiene.
Bella, & degna coſa è di conſiderare, come l'Ar­
te
ſi fonda ſopra la natura, non mutando quello, che è per natura, ma facendolo piu perfetto, &
adorno
.
come nel preſente capo Vitruuio chiaramente ci moſtra per diuerſi eſſempi non ſolamen­
te
la origine del fabricare, ma i modi, & le maniere naturali, che poiſono ſtate pigliate dal-
1l'Arte a perfetcione delle coſe, come ſono i tetti pendenti, i colmi, le uolte, le colonne, & ilo­
ro
ornamenti & altre coſe, che ſono ſtate dalla natural neceßità alla certezza dell'Arte, per
humana
ſolertia traportate.
Seguita adunque.
Ma i Frigij, i quali habitano le campagne per la inopia de boſchi hauendo biſogno di
ſegna
, eleggeno alcune parti piu eleuate del terreno, & cauandole nel mezo, & uotando­
le
, & facendo i ſentieri allargano gli ſpacij, quanto cape la quantità, & grandezza del
luogo
: ma poi diſopra legando inſieme molti fuſti fanno i colmi de i tetti piramidali, &
coprendo
quelli con canne & paglie inalzano ſopra le ſtanze grandiſsimi grumi di terra:
& a queſto modo fæono con la ragione de i tetti l'inuernate caldiſsime, & l'cſtati freſchiſ­
ſime
.
Altri di paluſtre alica ricuopreno i loro tuguri. Et anche appreſſo altre nationi, &
in
alcuni luoghi ſimilmente in queſta maniera ſi fanno le caſe.
Ne meno in Marſiglia ſi
puo
uedere, che i tetti ſono fatti ſenza tegole, ma ſolamente ui è ſoprapoſta la terra con le
paglie
.
In Athene anche per eſſempio di antichità nell' Arcopago fin'a noſtri giorni ſi
uede
il tetto di lottole.
& nel Campidoglio nella ſacra rocca la caſa di Romulo ci puo fa­
re
auuertiti de gli antichi coſtumi, per eſſer coperta di paglie, & di fieno.
& coſi per
tali
ſegni potemo diſcorrere ſopra la inuentione de gli antichi edificij, che tali fuſſero
come
detto hauemo.
Vitru. ha finito la proposta argomentatione, & con molti eſſempi ci ha confermati nella cre­
denza
dell'antico, & neceſſario modo del fabricare, & quaſi ci ha indotto a credere, che la in­
uentione
del conſortio humano ſiastata, ſecondo che egli ha detto.
hora ci uuole fare accorti di
quanto
l'uſo, & la iſperienza, dapoi l'Arte ci ha dimoſtrato, & dice.
Ma hauendo gli huomini con l'operare ogni giorno fatto le mani piu pronte, & piu de­
ſtre
al fabricare, & per la continua eſſercitatione de gli ingegni loro eſſendo con ſolertia
peruenuti
all'Arti, ne ſeguì, che aggiunta a gli animi loro la induſtria fece, che chi tra quel­
ſi
fuſſero piu ſtudioſi, & diligenti, faceuano profeſsione di eſſer fabbri.
Fabbro latinamente è nominato ogni artefice. diceſi in Greco Tecton, d'onde è deriuato il no­
me
di Architetto, come s'è detto nel primo libro.
Et qui ſi puo uedere come non ſolamente le
coſe
alla Architettura pertinenti habbiano hauuto principio, ma anche i uocaboli delle coſe.
pe­
non laſciando Vitru. alcuna coſa, prudentemente rende perfetto l'auditore.
Fabbri adunque
ſi
chiamauano i piu ſtudioſi, & diligenti operatori, perche alla natura, allo eſſercitio, alla ſo­
lertia
aggiugneuano la induſtria, la quale non è altro, che un diſiderio di affaticarſi ridotto al­
l
'opera con diligenza, & eſſercitio dello ingegno, & auantaggio dell'Arte per conſeguire la
perfettione
.
conchiude Vitru. & dice.
Quando adunque da principio queſte coſe ſtate ſiano in queſto modo ordinate, & la
natura
non pure di ſentimenti habbia gli huomini, come gli altri animali adornati, ma
ancora
di conſideratione, & di conſiglio armato lo intelletto, ſottomettendo al poter lo­
ro
gli altri animali, quelli di grado in grado alle altre Arti & diſcipline peruenendo, uſci­
ti
dal fabricare, dalla uita ferigna, & ſilueſtre, alla manſueta, & humana ſi conduſſero:
d
'indi animoſamente ammaeſtrandoſi, & piu oltre guardando con maggiori penſamenti
naſciuti
dalla uarietà delle Arti, non piu caſe humili, & baſſe, ma grandi habitationi fon­
date
, & di pareti fatti di mattoni, & di pietre, & di legnami compoſte, & di tegole co=
perte
cominciorno a fabricare.
Dapoi creſcendo in uarie oſſeruationi di ſtudi con giudi­
cioſo
diſcorſo da mcerte a certe ragioni di miſure conduſſero inanzi la coſa, & d'indi au=
uertendo
che la natura largamente produceua le legna, & porgeua loro abondante copia
di
fabricare cominciorno a nodrirla, & a coltiuarla, & creſciuta poi con artificij ornar­
la
all'uſo diletteuole, & eleganza della uita.
& però io ſon per dire di quelle, coſe le qua­
li
commode, & buone ſono ne gli edificij, dimoſtrando ( come io potrò ) le qualità, &
uirtù
di quelle.
1
Vitr. ci ha condotti a poco a poco a ritrouar la materia, & l'abondanza delle coſe, che uanno
nel
fabricare, & quaſi ci ha fatto naſcere dinanzi a gli occhi una coſa dall'altra con uno cui­
dente
ſucceſſo, & accreſcimento dell' Arte.
& ſi ha eletto non tutte le maniere del fabricare,
perche
le fabriche fatte dalle genti roze, o fatte per neceſſità ſono d'infinite ſorti, & lo infinito
non
cape ſotto la dottrina de i precetti: ma uuole trattar di quelle, che dalla ciuile uſanza, & per
commodo
, & per bellezza ſono degne di eſſer conſiderate, et inteſe.
Ma ſe alcuno uorrà diſputare dell'ordine di queſto libro penſando, che egli debbia eſ­
ſere
prepoſto a tutti gli altri: accioche egli non penſi, che io habbia errato, ne dirò la ra­
gione
.
Scriuendo io il corpo dell' Archittetura, io ho penſato di eſponere nel primo libro
di
che ammaeſtramenti, & diſcipline debbia eſſer ornata, & con certi termini preſinire
le
ſue maniere, & dire da che ella fuſſe naſciuta, & coſi quello, che fuſſe allo Architetto
neceſſario
iui io dimoſtrai.
& però nel primo libro io ho detto dell'officio dell' Arte; nel
preſente
io diſputerò delle coſe naturali della materia, che uſo elle habbiano nel fabricare,
perche
il preſente libro non dichiara onde naſce l'Architettura, ma d'onde ſono nate &
con
quali ragioni nodrite, & peruenute di grado in grado a queſta determinatione, & pe­
in queſto modo al luogo, & ordine ſuo poſta ſarà la compoſitione di queſto uolume.
Come chi fabrica è tenuto rendere la ragione dell' ordine, che egli tiene, coſi chi compone
un
' opera, & inſegna un'arte, è obligato a dire perche prima, & perche poi habbia poſto le co­
ſe
in quell' arte contenute, per acquetar glianimi di chi fa fare le fabriche.
però Vitr. con grande
humanità
rende conto dell' ordine del preſente libro.
Et la ragione ſua in uirtù è queſta. Non è
conueniente
trattare di alcuna coſa partitamente contenuta in un' Arte, prima, che egli ſi tratti
de
i principij di quell' Arte.
percioche niuno effetto è prima della cauſa ſua. Se io adunque ( puo
dir
Vitr. ) trattato haueſſi prima della materia, che è trattatione particólare di queſt' arte, & non
de
i principij di tutta l'arte, io non hauerei uſato l'ordine, che ſi conuiene.
Il fine dello Architet
to
non ci ſarebbe ſtato manifeſto, coſa ſommamente neceſſaria, perche la cognitione del fine prece
de
ogni operatione.
Dapoi l'ufficio dello Architetto ſarebbe ſtato aſcoſo; i precetti dell'arte la­
ſciate
; La confuſione ci hauerebbe impedito il uero intendimento.
Meritamente adunque le coſe
dette
nel primo libro doueuano precedere a tutte le altre.
Ma perche il ſecondo libro contener
debbia
il trattamento della materia, ſimilmente è manifeſto.
perche la materia, è principio non
dell
' Architettura, perche l'Architettura non è fatta di legno, di pietra, ma delle coſe, che ſo
no
dall' Arti formate, & fabricate.
& è principio, & ſoggetto, nel quale ſi eſprime quello, che
è
nella mente dello Artefice, cioè l'ordine, la diſpoſitione, la diſtributione, la ſimmetria, la gra
tia
, & il decoro, & in ſomma, il perche, la ragione, il diſcorſo, la coſa ſigniſicante, come nel primo
libro
ſi dimoſtra.
Edunque al luogo ſuo il trattamento della materia. Et ſi come nel primo li­
bro
s'è detto dell' origine dell' Arte, coſi nel ſecondo ſi tratta dell' origine del fabricare.
Hora io tornerò al propoſito, & dirò delle copie atte ad eſſer poſte in opera in che mo­
do
ſiano compoſte dalla natura, ( come ſono i legnami, le pietre & altre coſe ) & con
che
meſcolanze, & principij ſiano i loro componimenti temperati, accio non oſcu­
re
, ma chiare ſiano a chi legge eſponerò con ragione.
perche niuna ſorte di materia,
corpo
è, coſa alcuna, che ſenza la unione di que principij, poſſa uenire in luce, eſ­
ſer
allo intendimento ſottopoſta, altramente la natura delle coſe puo hauere le ſode, &
uere
dichiarationi da i precetti de Filoſofi naturali, ſe prima non ſono dimoſtrate le cauſe,
che
in quelle ſi trouano, & con ſottiliſsime ragioni inueſtigate in che modo, & perche co­
ſi
ſiano.
Il ſapere conſiſte nella cognitione delle cauſe, & de i principij, & perche niuna coſa ſi troua
al
ſenſo ſottopoſta, che compoſta non ſia per la meſcolanza de i ſuoi principij, & le coſe s'inten­
deno
, come ſono, però è neceſſario trattare de i principij.
perche queſta cognitione ci dar à d'in­
tendere
qual materia ſia buona per una coſa, & quale per un'altra.
perche altra natura il Roue-
1re, altra l'abete, altra il larice. & altro effetto ſa il marmo, altro il tofo, altro il ſaſſo, altro
imattoni
.
però Vitr. che diſcorreua, che da diuerſe cauſe uengono diuerſi effetti, filoſofando nar
ra
l'opinione de gli antichi cerca i principij materiali, cioè che entrano come parti a far le coſe di
natura
, & nel ſucceſſo applicher à poi le cauſe a gli effetti, come ci ſar à manifeſto.
De i principij delle coſe ſecondo i Filoſofi.
Cap. II.
THALES primieramente pensò, che l'acqua fuſſe principio di tutte le coſe:
Heraclito
Epheſio ( che per la oſcurità de ſuoi detti Scotinos era chiamato )
poſe
il fuoco.
Democrito, & lo Epicuro di Democrito fautore, gli Atomi,
che
da noſtri inſecabili ouero indiuidui corpi da alcuni chiamati ſono.
Ma
la
diſciplina de Pithagorici aggiunſe all'acqua, & al fuoco, l'aere, & la terra.
Democri­
to
adunque, auegna, che le coſe di proprio nome non chiamaſſe, ma ſolamente proponeſ­
ſe
i corpi indiuidui, pure per queſta ragione pare, che egli poneſſe quelli iſteſsi principij, per
che
eſſendo que corpi ſeparati, prima che concorrino inſieme alla generatione delle coſe,
ſi raccoglieno, mancano, ſi diuideno, ma ſempiternamente ritengono in ſe per­
petua
, & infinita ſodezza.
Quando adunque ſi ueda, che tutte le coſe naſcano da queſti
principij
conuenientemente compoſti, & eſſendo quelle in infinite ſortì per natura diſtin­
te
, io ho penſato, che neceſſario ſia di trattare delle uarietà, & differenze dell'uſo loro, &
dichiarire
, che qualità habbiano ne gli ediſicij, accioche eſſendo conoſciute, quelli, i qua
li
penſano di fabricare, non errino, ma apparecchino le coſe buone, & ſufficienti all'uſo
del
fabricare.
Vitruuio narra in queſta parte la diuerſità delle opinioni de gli antichi filoſofanti cerca i princi­
pij
delle coſe, & intende ( come ho detto ) i principij materiali, cioè quelli, che entrano nella
compoſitione
delle coſe, ne i quali finalmente ogni coſa ſi riſolue.
Dice che Tbales, fece l'acqua
principio
di tutte le coſe; Heraclito il fuoco; Democrito, & lo Epicuro gli Atomi; i Pithagori­
ci
l'acqua, il fuoco, l'aere, & la terra.
Vitr. non contende in queſto luogo quale ſia ſtata mi­
gliore
opinione, ma conſente a quella de' Pithagorici, che abbraccia tutti quattro gli elementi, co
me
piu chiaramente nel proemio dell'ottauo libro ſi uede: & ne dice la ragione copioſamente, &
con
dignità della materia.
Ma perche in quel luogo non ſi fa mentione di quello, che Democrito
intendeua
per Atomi: io dichiarerò la opinione di quello con breuità.
Vedendo adunque Demo­
crito
, che tutti i corpi, che hanno parti diuerſe di nome, & di ragione, erano compoſti di parti,
che
in nome, & in ragione erano ſimiglianti, uolle, che anche le parti, che conueniuano in nome
& in ragione, compoſte fuſſero di alcuni indiuiſibili, & minutiſſimi corpicelli, che egli Atomi
nominaua
.
Et ſe bene egli non ſi puo ritrouare ſi picciola parte corporea, che non ſi poſſa diui­
dere
in altre parti, & quelle ſimilmente in altre, & coſi in infinito, niente dimeno il buon De­
mocrito
, tanto da Ariſtotile commendato, uoleua che infiniti corpicelli ſi trouaſſero, che per mo
do
alcuno non riceueſſero diuiſione, ma fuſſero indiuiſibili, & impartibili.
Ma come egli inten­
deſſe
queſto, accioche un tant'huomo non ſia contra ragione biaſimato, io dirò, che la diuiſione
de
i corpi, come corpi, & delle parti, & delle particelle andaua in infinito, ſi poteuà queſta
diuiſione
poſſibile intendere altrimenti: ma dall' altro canto conſiderando egli molto bene, che i
corpi
natarali erano compoſti di materia, & di forma, & che poteuano eſſer diuiſi in coſi minu
te
parti, che niuna di quelle poteſſe piu preſtare l'ufficio ſuo, fare la ſua operatione naturale,
come
ſe egli ſi pigliaſſe una minima parte di carne, che non poteſſe fare la operatione di carne:
però
egli uolle, che i corpi naturali fuſſero compoſti di queſti corpicelli indiuiſibili, non in quanto
corpi
, & quantità intelligibile, & mathematica, ma in quanto corpi naturali compoſti di mate-
1ria, & forma naturale. & uolle, che queſti fuſſero inſiniti, cioè di numero grandiſſimo, & di
figure
diuerſe.
& però altri ritondi, altri piani, altri dritti, altri adunchi, altri aeuti, altri rin
tuzzati
, altri di quadrata, altri d'altra forma facendo, & nel uacuo del mondo diſpergendogli,
uoleua
, che per la unione, & per la ſeparatione di quelli ſatta diuerſamente, ſi produceſſero le
coſe
, & mancaſſero, come ci appare.
Et queſta era l'opinione di Democrito, per la quale ſi com
prende
, ch egli uoluto habbia, & creduto, che la natural figura, & apparenza de i corpi ſia la
forma
loro ſoſtantiale, & uera; il che in uero non è, perche la figura è accidente, & non ſoſtan­
za
delle coſe.
Pare che Vitr. uoglia, che Democrito habbia hauuto la opinione de i Pithagoriciſe
bene
egli non ha nominato aere, acqua, terra, fuoco: & forſe per queſta cagione egli nell'otta
uo
libro non ha fatto mentione di queſto.
Ma dichiamo anchora noi alcuna coſa. Quattro ſono i
<18>rincipij materiali di tutte le coſe ( come uogliono gli antichi, che gli chiamorono primi corpi )
& queſti ſono terra, acqua, aete, & fuoco.
Et ſe piu oltra paſſare ſi uoleſſe, egli ſi potrcbbe
dire
anche queſti eſſer compoſti d'altri principij; ma non ſi conuiene piu adentro penetrare in que­
ſto
luogo.
perche hora ſi tratta di que principij, le qualità de i quali fanno tutte le mutationi, &
gli
effetti, che nelle coſe ſi trouano, & quelle qualità deono eſſer manifeſte come ne i ſeguenti uer­
ſi
tratti dalle noſtre Meteore ſi dimoſtra.
Poi che da prima il mondo giouanetto
Moſtrò
ſua bella faccia, che confuſa,
Ogni
forma teneua in un' aſpetto:
Et la diuina mano aprio la chiuſa
A
gli elementi, & in gioconda uece
Fu
ſua uirtute nelle coſe infuſa.
Delle piaggie mondane ancora fece
L
'ordine bello, e'l uariato ſtile,
A
beneficio dell' humana ſpece.
Dalla terra l'humor, l'aura gentile
Dal
foco ſcielſe, & a que corpi diede
Loco
ſublime, a queſti baſſo, e humile.
Et ſe l'un per diſtanza l'altro eccede,
Pure
han tra lor uirtù conueniente,
Ond
'il tutto qua giu d'indi procede.
Etra lor ben ſi cangiano ſouente,
Et
la terra nell' acqua riſoluta
Rara
diuenta, liquida, & corrente.
L'Humor la ſua grauezza anche rifiuta,
E
s' aſſotigliain aer, & queſti ancora
In
ſottiliſſimo foco ſi tramuta.
In queſto uariar non ſi dimora,
Ch
'il fuoco ſcema la ſua leggierezza,
Et
per la nuoua forma ſi ſcolora.
L'aer lubrico, & graue a piu chiarezza
Si
moue del liquor, che a maggior pondo,
Giugne
la ſiccitade, & la ſodezza.
Coſi natura uariando il mondo,
Ripara
d'una in l'altra la ſemenza',
Delle
coſe, che'l fan bello, & giocondo.
Onde'l morir non è, ſe non ſtar ſenza
L
'eſſer di prima, e'l naſcer cominciare
Altr
'eſſer, altra forma, altra apparenza.
Queſto continuato uariare
Dello
ſtato mondano ordine tiene,
Soggetto
alle uirtù celeſti, & chiare
Ch'indi lo eterno corſo lo mantiene,
Lo
tempra, & lo diſcerne, & uariande
In
pro di noi uiuenti lo ritiene.

Et
la miſura d'ogni coſa è'l quando.
Quattro adunque ſono le prime qualità, inanzi le quali niun'altra ſi troua. Caldo, ſecco, hu­
mido
, & freddo.
da queſte per le loro meſcolanze uengono tutte le altre, duro, molle, aſpro, pia
no
, dolce, amaro, lieue, graue, tenace, raro, denſo, & ogni altra ſeconda qualità.
la doue è
neceſſario
, che lo Architetto, il quale ha da conſiderare la bontà, & gli effetti della materia,
che
egli deue adoperare, ſappia le forze delle prime qualità, come dice Vitr. quando nel fine del
preſente
Capo dice { Vedendoſi adunque, che dal corſo di que principij conuenientemente compo
ſti
} & il reſtante. Quattro anche ſono le poſſibili, & naturali concorrenze delle prime qualità
ne
gli elementi; imperoche ſtanno inſieme l'humore e'l calore, l'humore e'l freddo, il freddo e'l
ſecco
, il ſecco e'l caldo: & ciaſcuno de gli elementi ha due di quelle, ma una gli è propria, l'altra
appropriata
.
Il fuoco propriamente è caldo, l'aere humido, l'acqua fredda, la terra ſecca, &
appropriatamente
il fuoco è ſecco, l'aere caldo, l'acqua humida, la terra fredda.
Quelli elemen
1ti, che conuengono in una qualità, piu facilmente ſi tramut ano l uno, ncll'altro, come il fuoco,
& l'aere, l'aere & l'acqui, l'acqua & la terra: perche doue ſi troua conuenienza, & ſimiglian
za
piu facile è la tramutatione.
Il fuoco è caldo per lo ſuo propio calore, & ſecco per la ſiccità,
che
egli riceue dalla terra: l'aere per ſua natura è humido, & dal fuoco riceue il calore; l'acqua
per
ſe ſteſſa è fredda, & dallo aere preade la humidità: la terra per la ſua propria ſiccità è ſec­
ca
, ma per lo freddo dell' acqua è fredda.
Et quando ſi dice, che i ſegni celeſti ſono ignei, aerei,
acquei
, o terreſtri, egli s'intende, che le loro uirtù ſono atte ad influire qua giu gli effetti delle
qualità
de gli elementi.
& però l'Ariete, al quale è attribuito la natura & la compleſſione del
fuoco
, moltiplica con i ſuoi calori ne i corpi mondani gli ardori, ſcaccia la frigidit à conſuma le hu
midità
, ſecca, & aſciuga i corpi.
perche adunque la uirtù di queſto ſegno ha maggiore conue­
nienza
col fuoco, che con al cuno altro de gli elementi, però dicemo, che egli è caldo & ſecco.
il
ſimile
ſi puo dire de gli altri ſegni, ſecondo le uirtù, & le forze delle influenze loro.
Appreſſo
le
gia dette coſe è degna di conſideratione la forza delle predette qualità, peroche il fuoco riſolue,
tira
aſe, dilata, ſepara, diſtrugge, alleggieriſce, & fa mobili tutte le coſe.
il freddo condenſa,
reſtrigne
, uccide; l'humido riempie, gonfia, oppila, ritarda; Il ſecco rende aſpro, ranco, aſciut­
to
ogni ſoggetto.
però è neceſſario auuertire a i principij delle coſe, che alla compoſitione di quel­
le
concorreno, per bene intendere gli effetti di ciaſcuna.
Vitr. adunque comincia à trattare de i
mattoni
.
& dice.
Dei Mattoni. Cap. III.
ADVNQVE io dirò prima de i mattoni, di che terra ſi habbiano à formare;
perche
non di arenoſa, giaroſa, ſabbionegna lota ſi fanno; perche eſ­
fendo
di tal ſorte di terra compoſti primamente ſono peſanti, dapoi eſſendo
dalle
pioggie bagnati, cadeno da i muri, & le paglie, che in quelli ſi pongo­
no
, per la loro aſprezza non ſi attacano, ſi compongono inſieme.
Si deono adunque fa
re
di terra bianchegna, cretoſa, o roſſa, o di ſabbione maſchio, perche queſte ſorti di ter­
ra
per la liggierezza loro hanno ſolidità, non caricano nell'opera, & fanno buona preſa.
Tratta Vitr. de i mattoni, o quadrelli, che noi dichiamo, & propone queſta conſideratione a
tutte
le altre; percioche l'ultima riſolutione di tutta la fabrica è ridotta ne i mattoni.
prende da
gli
effetti, & uſo loro argomento della terra, di che ſi deono fare, dapoi tratta del tempo di farli.

Delle
pietre altre ſono natur ali, altre fatte dall' Arte.
Si tratta prima delle artificiali nel preſen­
te
Capo; & poi delle naturali nel ſeguente: le artificiali adunque ſono i mattoni.
& quiui ſi ha da
ſapere
di che terra, & in che modo ſi fanno, che qualitati, & che forma deono hauere, & in che
ſtagione
ſi deono formare.
Quanto adunque alla terra, ſi deue pigliare la terra cretoſa, bianche
gna
, domabile, & anche la creta roſſa, & il ſabbion maſchio, il quale è ſecondo la opinione
d
'alcuni, un ſabbione molto groſſo, & granito, che per eſſer tale è detto maſchio, ſi come ſi dice
incenſo
maſchio dalla forma.
Io non poſſo affer mare, che coſi ſia, ſe per ſorte non è un ſabbione
cretoſo
.
& che faccia paſta, o che ſi ponga in compagnia di altra ſorte di terra. Laſciaſi del
tutto
la terra giaroſa, & ſabionegna.
Batteſi bene la terra, cioè ſi ſpadazza con certe ſpatelle
di
ferro, & ſi doma bene cacciatone le ciotole, & le pietruzze, & piu, che è domata, & bat­
tuta
, è migliore.
Nc gli antichi s' è ueduto marmo peſto, & ſabbia roſſa. La terra Samia, l'Are
tina
, la Modeneſe, la Sagontina di ſpagna, & la Pergameſe d'Aſia lodate furono da gli antichi
nelle
opere di terra: ma biſogna, che noi ne pigliamo, di doue ſe ne puo hauerè.
Si caua l'autun­
no
, ſi macera il uerno, & ſi forma la primauera, ma'l uerno ſi copreno di ſecca arena & la ſta­
te
di paglia bagnata.
ſe la neceſſità ci ſtrigneſſe a formargli il uerno, ouero la ſtate, biſogna fatti
che
ſono ſeccargli all' ombra per molto tempo, il che non ſi fa bene in meno di due anni.
poi ſi deono
1cuocere. Cotti molto per lo gran fuoco diuent ano durißimi. De i mattoni alcuni ſi cuoceuano,
altri
ſi laſciauano crudi, & de i crudi altri uetriati erano, altri .
La Forma era tale. faceuanſt an
ticamente
lunghi un piede & mezo, larghi uno.
Ve ne erano anche di quattro, & di cinque pal
mi
per ogni uerſo per gli edifici maggiori, benche ſe ne uedino nelle fabriche antiche di Roma, di
lunghi
ſei dita, großi uno, larghi tre per ſelicare a ſpina.
ne gli archi, & ne i legamenti ſi uede­
no
quadrelli di due piedi per ogni uerſo.
Lodanſi anche, dice Leon Battiſta di forma triangolare
d
'un piede per ogni uerſo, großi un dito & mezo, & ſi fanno quattro di eſſi uniti, laſciandoui un po
co
di taglio lungo i loro diametri, accioche dapoi che ſaranno cotti piu facilmente ſi rompino.
queſta
forma
è commoda al maneggiare, di manco ſpeſa, & di piu bel uedere: perche poſta nelle fronti del
muro
riuolto lo angulo in dentro dimoſtra larghezza di due piedi, l'opera ſi ſa piu ſoda, et piu uaga,
perche
pare, che ogni mattone nel muro ſia intiero.
& le cantonate dentate fanno una fermezza
mirabile
come dimoſtrano le figure I. & II. ſimilmente i mattoni ſottili politi, et fregati ſono di dura
ta
, & ſi deono fregare ſubito tratti dalla fornace.
Deono eſſer di peſo leggieri, & deono reſiſtere alle
acque
, & non riempirſi d'humore, ma bene far buona preſa; leggieri per non caricare la fabrica;
reſiſtere
alle acque, accioche per l'humore non ſi ſtacchino; far buona preſa per fortificare il ma
ro
.
Nella creta, di che ſi faceuano i mattoni ſi poneuano le paglie tagliate, coſi dice Palladio
nel
ſefto al duodecimo Capo.
Et ſe ne legge la, doue il populo d'Iſrael era afflitto da Faraone nel­
l
'opera di far i mattoni. { Diterra bianchegna } Vitr. dice Albida. Plinio albicante.
Deonſi fare la primauera, ouero l'autunno, accioche ſi ſecchino egualmente con uno
iſteſſo
tenore.
perche quelli, che ſi fanno al tempo del ſoleſtitio ſono difettoſi, perche eſ
ſendo
cotta dal ſole la lor coperta ſoperficiale, gli ſa parere aridi, & ſecchi, ma di dentro
non
ſono aſciutti, & poi le parti aride crepano quando ſeccandoſi ſi riſtrigneno; & coſi
feſsi
, ſi fanno dcbili; & però ſommamente buoni ſaranno quelli, che due anni prima ſi for
meranno
, percioche non piu preſto ſi poſſono ſeccare quanto biſogna.
Et però quando freſ
chi
, & non ſecchi ſono poſti in lauoro indottaui la croſta, & ſtando quella rigidamente ſo
da
, dando in ſe non poſſono ritenere la iſteſſa altezza, che tiene la croſta, ma ſi ſtaccano: &
però
non potendo la intonicatura della fabrica ſeparata ſtare da ſe, ſi rompe per la ſua ſot
tigliezza
, & dando i pareti in ſe per ſorte, riceueno mancamento.
per queſta ragione gli
Vticenſi
nel far i pareti uſano, & metteno il mattone quando è bene aſciutto, & ſecco, &
fatto
cinque anni prima, & che poſcia queſto ſia dal magiſtrato preſidente approuato.
Dal preſente luogo ſi douerebbe moderare la ingoraigia di quelli, che non prima penſato han­
no
di fabricare, che in un ſubito uogliono hauere finita l'opera, ſenza conſideratione, o ſcielta del
la
materia.
Ma giuſtamente ſono poi caſtigati, quando per la loro tracuraggine, gli auuiene qual­
che
ſiniſtro.
Tre maniere di Mattoni ſi fanno, una, che da Greci didoron è detta, quella, che da
noſtri
ſi uſa lunga un piede, larga mezo.
L'altre ſono da Greci adoperate ne gli ediſicij lo­
ro
, delle quali una è detta pendadoron, l'altra tetradoron.
Doron chiamano il palmo:
& in Greco Doron ſi chiama il dare di doni, & quello, che ſi , ſi porta nella palma del­
la
mano: quello adunque, che per ogni uerſo è di palmi cinque, pentadoron, & quello di
quattro
, tetradoron ſi dimanda; & le opere publiche ſi fanno di quelli, che ſono di cin­
que
palmi, & le priuate di quelli, che ſono di quattro.
Palladio dice, che i mattoni ſi deono gettare di Maggio, in una forma lunga due piedi, larga
uno
, alta oncie quattro.
Plinio, che piglia tutto il preſente luogo da Vitr. dice, che'l mattone
detto
diodoro era longo un piede, & mezo, largo un piede, & coſi il Filandro dice, che ritroua
ſcritto
in un teſto di Vitr. ma gli piace piu, che Vitr. habbia hauulo riſpetto alla larghezza, &
che
egli habbia inteſo del palmo minore, doue due palmi fanno mezo piede.
De i maggiori edifi­
cij
, maggiori deono eſſer i membri, & de i membri maggiori le parti maggiori: & però i Greci fa­
ceuano
differenza nel porre in opera i mattoni.
1
Oltra di queſto ſi fanno mezi mattoni, i quali quando ſi metteno in opera, ne i corſi di
una
parte ſi inetteno gli intieri, dall'altra i mezi: & però quando dall'una, & l'altra parte
ſono
poſti à drittura i pareti cambieuolmente con gli ordini, & corſi ſono legati,
& i mezi mattoni ſopra quelle commiſſure collocati, & fermezza, & aſpetto non ingrato
fanno
da l'una, & l'altra parte.
Vitruuio dimoſtra una bella maniera di mettere i mattoni uno ſopra l'altro, & perche la uarie
porge diletto in qualunque opera, però trouando egli una forma di quadrelli differente in gran­
dezza
, c'mſegna di accompagnarli in modo, che habbiano del buono.
perche queſti mezi mat­
toni
accompagnati con quelli intieri, ne i corſi, & ne gli ordini, che egli dice, Coria, fanno un
bel
uedere, quando dalle commiſſure di due quadrelli maggiori, ſopra quelle uengono ad incon­
trare
il mezo de i quadrelli minori, come ſi uede nella figura ſegnata, aniſodomon.
& l'eſſempio
de
i mattoni triangulari nelle figure ſegnate.
I. & II. Similmente ci ſono le figure de i mattoni
detti
didoron, tetradoron, & pentadoron, con le maniere di murare, delle quali parla Vitru.
nell
' ottauo capo del preſente libro.
ſeguita poi Vitr. di filoſofare cerca la ragione, che in alcuni
luoghi
imattoni ſecchi ſopra nuotano all'acqua, & dice.
Sono nella Spagna di Calento, & Malsia, & nell'Aſia Pitane, doue i mattoni, quan
do
ſono ſpianati, & ſecchi, poſti poi nell'acqua ſopranuotano.
Ma perche poſsino coſi
nuotare
, queſta mi pare, che ſia la ragione: perche la terra di che ſi fanno, è come po=
mice
, & però eſſendo liggiera, & raſſodata dallo aere non riceue, aſſorbe il liquo
re
, & però eſſendo di lieue, & di rara proprietà, laſciando, che entri l'humor nella
ſua
corporatura, ſia di che peſo eſſer ſi uoglia, è forzata, come la pomice, da eſſa natu
ra
di eſſer dall'acqua ſoſtenuta, & di qucſto modo ne hanno grande utilità, perche
troppo
peſo hanno nelle opere, quando ſi formano ſono disfatti dalle pioggie.
Strabone nel terzo decimo libro della ſua Coſmografia coſi dice. Dicono che appreſſo Pita­
ne
i quadrelli nell'acqua ſopranuotano, il che adiuiene ſimilmente in Etruria in una certa Iſola:
imperoche
eſſendo quella terra piu lieue che l'acqua, accade che eſſa è portata.
Poſſidonio rife­
riſce
hauer ueduto, che i quadrelli fatti d'una certa creta, che netta le coſe inargentate, ſta di
opra
l'acqua.
puo eſſer anche la regione del ſopranuotare, la ontuoſità della pietrà, & le
ſcauernoſità
con la ecceſsiua ſiccità, che non admmetta l'huinore.
1 16[Figure 16]
1
Dell' Arena. Cap. IIII.
MA nelle opere di cementi biſogna hauer cura di truouar la arena, accioche
ella
ſia buona a meſcolar la materia, habbia ſeco terra meſcolata.
Le ſpe­
cie
dell'arena, che ſi caua ſono queſte.
La nera, la bianca, la roſſa, il car­
boncino
.
Di queſte è ottima quella, che ſtroppicciata con le dita, cigola:
ma
quella che ſarà meſchiata con terra, non hauerà aſprezza.
Similmente ſe l'Arena get­
tata
ſopra una ueſte bianca, & poi crollata non laſcierà macchia, iui reſterà terra di
ſotto
, quella ſarà buona.
Ma ſe non ſaranno luoghi di caua, allhora ſarà neceſſario cer
nirla
dai fiumi, & dalle giare, & anche dal lito del mare: ma quella nelle murature, &
ne
i lauori ha queſti difetti, che difficilmente ſi aſciuga, doue ella ſi truoua il pa­
rete
ſopporta di eſſer continuamente di molto peſo aggrauato, ſe con qualche tralaſcia­
mento
dell' opera non ripoſa, & oltra di queſto riceue i uolti: & l'arena del mare ha que
ſto
male di piu, che quando i muri ſaranno coperti, & intonicati ſputando la ſalſugine ſi
diſcioglieranno
.
Ma le arene, che ſi cauano di foſſe, poſte in opera, preſto ſi aſciuga­
no
, & nelle coperte de i muri durano, ſopportando i uolti: ma biſogna cauarle di freſco,
perche
ſtando troppo allo ſcoperto ſi riſolueno in terreno per lo Sole, per la Luna, & per
la
brina: doue poi poſte in opera non ritengo i cementi, ma ſi ſtaccano, & cadeno, & i
muri
fatti con quelle non ſoſtengono i peſi.
Ma le arene che di freſco ſi cauano, ſe bene
hanno
tanta bontà nel murare, non ſono però utili nelle incroſtature, & coperte de i
muri
, perche la calce con la paglia meſcolata con la graſſezza di quella per la fortezza,
che
tiene, non puo ſeccarſi ſenza fiſſure.
Ma quella de i fiumi per la magrezza ſua, come
l
'Aſtraco, bene battuta, & impaſtata, riceue nelle coperte ſolidità, & fermezza.
Vitruuio narra le ſorti dell'arena, i ſegni di conoſcerla, quello, che in caſo di neceſſità do­
uemo
fare, i difetti, & le utilità di quelle ſorti.
Plinio ſi ſerue di questo luogo al duodecimo
Capo
del trenteſimo quinto libro.
La ſoſianza della terra è in tre modi uariata; La groſſa è det
ta
arena.
La ſottile, argilla. La mediocre, commune. La arena è ſterile, & non è atta ad eſſer
formata
in modo alcuno.
L'argilla è buona, & per notrire le piante, & per eſſere adoper ata
in
molte forme.
Di queſta ſorte era quella terra bianca gia detta Taſconicem, della quale in
Iſpagna
ſopra gli alti monti ſi faceuano i luoghi alti dalle guardie, & a i noſtri ( come riferi­
ſce
l'Agricola ) è una torre di questa terra appreſſo Coruerco città di Saſſonia, piu ſicura dal
fuoco
, da i uenti, & dalle pioggie, che ſe fuſſe fatta di pietre, perche per la ſua grauità reſi­
ſte
all'impeto de i uenti, per lo fuoco s'indura; & non riceuendo l'humore, non ſi riempe d'acque;
& però deue eſſer graſſa, ſottile & ſpeſſa.
Ma torniamo all'arena. Trouaſi arena di caua.
queſta
tiene il primo grado di bontà.
trouaſi anche arena di fiume ſotto'l primo ſuolo, & di
torrente
ſotto la balza, doue l'acque ſoendono.
truouaſi anche la marina: queſta ſe deue eſ
ſere
buona, biſogna, che negreggi, & ſia lucida come uetro.
i colori dell' arena ſono il nero, il
bianco
, & il roſſo.
La néra è aſſai buona, la bianca tra quelle di caua è la peggiore: la roſſa ſi
uſaua
a Roma: ma hora ſi uſa la nera detta pozzolana, che è molto buona.
Il Carboncino è ter
ra
arſa dal fuoco rinchiuſo ne i monti piu ſoda di terra non cotta, piu molle del tofo, & piu
commendabile
.
L'arena con giara meſcolata è utile alle fondamenta, & piu commendata la
piu
minuta, anguloſa, & ſenza terra.
Tra le marine la piu groſſa, & la piu uicina alle riue
è
la migliore.
preſto ſi ſecca, & preſto ſi bagna, & ſi disfà per lo ſalſo, & non ſoſtenta
il
peſo.
L'arena di fiume è buona per intonicare i mari. l'arena di caua a i uolti continuati
ſerue
; ma è graſſa, tenace, & fa peli ne i pareti.
Delle ſpecie di caua, è migliore quella, che
eſſendo
ſtropicciata con le dita ſtride, che sdrucciolando giu de i panni bianchi, non laſcia ter
1ra, macchia. La pozzolana mirabile ſodezza alle opere fatte nell acque. di queſta ne par­
lerà
Vitruuio piu ſotto.
Dellacalce, & del modo d'impastarla. Cap. V.
Hauendoſi chiaro quello che appartiene alla copia della arena, biſogna anche
uſar
diligenza, che la calce cotta ſia di pietra bianca, ouero di Selice, & quella
che
ſarà di piu denſo, & duro Selice, ſarà piu utilmente adoperata nelle muta
ture
: ma quella che ſi farà di ſpugnoſa, ſarà buona nelle intonicature.
Quan
do
la calce ſarà eſtinta, allhora ſi deue impaſtare la materia in queſto modo, che piglian­
doſi
arena di caua tre parti di quelle con una di calce ſi tempra: ſe di ſiume, o di mare, due
parti
di arena, & una di calce, & coſi giuſta uerrà la ragione della malta, & della t em­
pra
ſua.
& anche ſe nell'arene o di fiume, o di mare piſte ſeranno le ſpezzature di teſtole, &
criuellate
, la terza parte farà la paſta migliore.
Ma perche la calce riceuendo l'acqua, &
l
'arena faccia piu ſoda la muratura, queſta pare, che ſia la ragione.
perche i ſaſsi, come
gli
altri corpi, ſono compoſti di elementi, & quelli, che nella loro miſtura hanno piu
dello
aere, ſono teneri, quelli, che abondano d'acqua ſono lenti, per l'humore, quelli,
che
hanno piu della terra ſono duri, & quelli doue predomina il fuoco, ſono fragili.
&
però
di queſti corpi, ſe i ſa ſsi, prima che ſiano cotti, piſtati minutamente, & con l'arena
impaſtati
, ſaranno poſti in opera, ſi faranno ſodi, potranno tenere unita la fabric
ca
.
Ma quando gettati nella fornace preſi dal gran feruore del fuoco, haueranno perduto
la
uirtu della loro ſodezza, allhora abbruciate, & conſumate le forze loro, reſtano con
buchi
, & fori aperti, & uoti.
Il liquore adunque, che è nel corpo di quella pietra, & lo
aere
eſſendo conſumato, o leuato, hauendo in ſe aſcoſo il reſtante del calore, poſto che
è
nell'acqua, prima che'l fuoco eſca fuori, ricouera la forza, & penetrando l'humore nel
la
rarità de i fori, bolle, & coſi raffreddato manda fuori del corpo della calce quel feruo
rc
: & però i ſaſsi tratti della fornace non riſpondeno al loro primo peſo: & benche hab­
biano
la iſteſſa grandezza, pure poſcia che è aſciutto il liquore, ſi trouano mancare della
terza
parte del peſo.
Eſſendo adunque i buchi loro aperti, & rari pigliano la meſcolan­
za
dell'arena, & ſi accompagnano, & ſeccandoſi con le pietre ſi raunano, & ferma fan­
no
la muratura.
Nel preſente luogo ſi tratta della calce, la natura, la materia, & la comparatione della ma
teria
, di che ſi fa la calce.
Ogni pietra purgata da humori, ſecca, frale, & che non habbia co
ſa
da eſſer conſumata dal fuoco, è buona per far la calce.
Gli Architetti antichi lodauano la
calce
fatta di pietra duriſſima, ſpeſſa, & candida.
Vitruuio loda la Selice: benche altri dica,
che
ogni pietra da calce cauata ſia migliore della raccolta; & di ombroſa, & humida ca­
ua
piu toſto, che di ſecca; & di bianca, meglio che di bruna.
Quella calce, che è fatta di
Macigni
è di natura graſſa, ſe non ha ſale, & è piu ammaßata, & limata getta polue.
La
calce
ſi cuoce in hore ſeſſanta: & la piu lodata deue reſtare il terzo piu liggiera della ſua pietra.

Ma
è coſa mirabile del boglimento, che ella fa, quando ſi le getta l'acqua di ſopra.
Egli ſi
legge
in ſanto.
Agoſtino al quarto Capo del uenteſimo primo libro della Città di Dio, queſto
bello
ſentimento.
La calce concepe il fuoco dal fuoco. & eſſendo la zolla fredda immerſa nel
l
'acqua, ſerua il fuoco naſcoſo, di modo, che egli a niun ſenſo è manifeſto.
ma però ſi ha per
iſperienza
, che ſe bene il fuoco non appare, ſi ſa però, che egli ui è dentro; per il che chia
mamo
quella calce uiua: come, che il fuoco naſcoſo ſia l'anima inuiſibile di quel corpo uiſibi
le
: ma quanto è mirabile, che mentre ella ſi eſtingue piu ſi accenda?
& per leuarle, il fuo
co
occulto ſe le infonda l'acqua?
& eſſendo prima fredda, poi bolle da quella coſa, di doue tut-
1te le coſe boglienti ſi raffreddano. Pare adunque che quella zolla eſpiri mentre appare il ſue­
co
, che ſi parte.
& finalmente reſta come morta, in modo che gettat aui di nuouo l'acqua, ella
piu
non arde, & quella calce, che prima era chiamata uiua, poi che è eſtinta, morta ſi
chiama
: & piu ſi ha, che la calce non boglie ſe ui ſarà infuſo l'oglio.
Dico io che il calore
che
acquiſta la calce nella fornace, rinchiuſo in eſſa ſi reſtrigne, fuggendo dal freddo dell'ac­
qua
, come da ſuo nimico, & per tale unione ſi rinforza, & diuenta ſuoco: & però l'acqua
aceende
la calce, che coſi non accende la cenere, perche nella cenere ſi conſuma il calore: pe­
la calce tratta di fornace purgata dal fuoco, è liggiera, & ſonora, è lodata: & maſsi­
mamente
ſe bagnata con grande ſtrepito euapora: ma con queſta ſi meſchia piu arena, che con
quella
, che tratta dalla fornace hauerà le ſcaglie in polue riſolte.
La calce ſi fa piu tenera
criuellandoſi
la ſabbia, piu ſpeſſa con la ſabbia angulare, piu tenace con la terza parte di teſto­
le
piſte, & bene incorporate, & ben battute.
Della polue pozzolana. Cap. VI.
Evui anche una ſpecie di polue, che di natura fa coſe merauiglioſe. Naſce a
Baie
, & ne i campi di coloro, che ſono appreſſo il monte Veſuuio.
Que­
ſta
temperata con la calce, & con cementi, non ſolo fermezza a gli altri edi­
ficij
, ma le grandi opere, che ſi fanno nel Mare per lei ſott'acqua ſi fanno
piu
forti.
La ragione di queſto è, perche ſotto que monti, & ſotterra ſono ardentiſsime,
& ſpeſſe fonti, lequali non ſarebbeno, ſe nel fondo loro non haueſſero zolfo, ouero allume,
ouero
bitume, che fanno grandiſsimi fuochi.
Penetrando adunque il fuoco, & il uapo­
re
della fiamma nel mezo delle uene, & ardendo rende quella terra lieue, & il tofo, che
naſce
in que luoghi aſſorbe, & è ſenza liquore.
Eſſendo adunque tre coſe di ſimigliante
natura
dalla uehemenza del fuoco formate in una miſtura concorrenti, ſubito che han­
no
riceuuto il liquore, ſi raunano, & preſo l'humore indurite ſi raunano, & raſſodano
di
modo, che 'l mare, la forza dell'acqua le puo diſciogliere: Ma che in que luoghi
ſiano
ardori, egli ſi dimoſtra per queſto; che ne i monti Cumani, & Baiani, ſi cauano i
luoghi
per li bagni, ne i quali naſcendo il feruente uapore dal fondo con la forza del fuo=
co
penetra per quella terra, & trapaſſandola in que luoghi riſorge, & d'indi per li ſudato­
ri
ſi cauano grandi utilità.
Similmente ſi narra anticamente eſſere creſciuti gli ardori, &
eſſer
abondati ſotto il Monte Veſuuio, & d'indi hauere per li campi ſparſa la fiamma d'in­
torno
: & però quella pietra, che ſpugna, ouero pomice Pompeiana ſi chiama, cotta per­
fettamente
, da un'altra ſpecie di pietra in queſta qualità pare, che ſia ridotta.
& quella
ſorte
di ſpugna, che iui ſi caua, non naſce in ogni luogo, ſe non d'intorno il monte Etna,
& i colli della Miſia, detti da i Greci, Catachiecaumeni, & altroue ſe iui ſono queſte pro­
prietà
di luoghi.
ſe adunque in quelle parti ſi trouano le fonti d'acque feruenti; & da gli
antichi
ſi narra, che nelle concauità de i monti ſi trouano caldi uapori, & le fiamme ſono
ite
per molti luoghi uagando, pare ueramente eſſere certa coſa, che per la uehemenza del
fuoco
dal tofo, & dalla terra, come nelle fornaci dalla calce, coſi da queſti ſaſsi eſſer trat­
to
il liquore.
& però da coſe diſpari, & diſsimili inſieme raunate, & in una uirtù riſtrette,
& il caldo digiuno d'humore dall'acqua ſubito ſatiato raccommunando i corpi, bolle per
lo
calore naſcoſo, & fa, che quelli fortemente s'uniſchino, & preſto riceuino la forza del­
la
ſodezza.
Ci reſta il diſiderio di ſapere, perche eſſendo in Etruria molte fonti d'acque
boglienti
, non ui ſia anche la polue, che naſce ne i detti luoghi, laquale per la iſteſſa ra­
gione
faccia ſode l'opere di ſott'acqua.
& però prima che cio ſia richieſto, mi pare, per­
che
coſi ſia, renderne conto.
In tutte le parti, & in tutti i luoghi non ſi truoua la iſteſſa
1ſorte di terra, di pietre, ma alcune ſono terregne, alcune fabbionegne, alcune giaro­
ſe
, & altre arenoſe, & coſi altroue diuerſe, & del tutto diſsimili, & diſpari maniere, co­
me
ſono le regioni ſi truouano le qualità della terra.
& queſto ſi puo molto bene conſide­
rare
, che la doue l'Apennino cigne le parti d'Italia, & di Toſcana quaſi in ogni luogo
non
manca l'arena di caua: ma oltra lo Apennino doue è il Mare Adriatico, niente ſi
troua
, in Achaia, in Aſia, & in breue oltra il mare appena ſe ne ſente il nome:
Adunque
non in tutti i luoghi, doue bolleno le fonti dell'acque calde, concorrer poſſono
le
medeſime commodità delle coſe, ma tutte ( come è da natura ordinato ) non ſecondo
le
uoglie humane, ma per ſorte diuiſe, & diſtribuite ſono.
In que luoghi adunque, ne i
quali
non ſono i monti terregni, ma che tengono le qualità della materia diſpoſta paſ­
ſando
per quelli la forza del fuoco gli abbrucia.
& quello, che è molle, & tenero aſciuga,
& laſcia quello, che è aſpro.
& però ſi come in campagna la terra abbruciata diuenta pol­
ue
, coſi la cotta in Etruria ſi fa Carboncino, & l'una, & l'altra materia è ottima nel fabri
care
: ma ritengono altra forza ne gli edificij, che ſi fanno in terra, altra nelle grandi ope=
re
, che ſi fanno in mare, perche la uirtu della materia iui è piu molle del tofo, & piu ſo­
da
, che la terra.
del qual tofo del tutto abbruſciato dal fondo per la forza del calore in al­
cuni
luoghi ſi fa quella ſorte di arena, che ſi chiama carboncolo.
Plinio piglia queſto luogo nel terzodecimo Capo del trenteſimo quinto libro, & non s'in­
tende
, che Vitru. parli qui di quella pozzolana, che hoggidì ſi uſa in Roma.
il reſto è facile
per
la interpretatione.
De i luoghi, doue ſi tagliano le pietre.
Cap. VII.
Fin qui chiaramente io ho ragionato della calce, & dell'arena di che diuerſità
ſiano
, & che forze s'habbiano: ſeguita che ſi dica per ordine delle petraie,
delle
quali gran copia di quadrati ſaſsi, & di cementi ſi cauano per gli edifi­
cij
.
Queſte ſi truouano di uarie, & molto diſsimiglianti maniere, perche
alcune
ſono molli, come d'intorno a Roma, le roſſe, le Paliane, le Fidenate, le Albane; al­
cune
temperate, come le Teuertine, le Amiternine, le Sorattine, & altre di queſta maniera;
Alcune
poi ſono dure, come ſono le ſelici.
Sonui anche altre ſpecie, come in Campagna
il
Tofo nero, & il roſſo.
Nell'Vmbria, nel Piceno, & nella Marca Triuiſana il bianco,
il
quale come legno con dentata ſega ſi taglia.
Ma tutte quelle, che ſono molli hanno
queſta
utilità, che quando i ſaſsi ſono cauati dalla petraia facilmente ſi maneggiano nelle
opere
: & ſe ſono al coperto ſoſtentano i peſi.
ma allo aere indurite, & gelate per le brine,
& per li cadimenti delle acque, ſi ſpezzano, & ſe ſono appreſſo le parti maritime ſono man
giate
dalla ſalſugine, reggeno a i gran caldi.
Le Teuertine, & quelle, che ſono della
iſteſſa
maniera ſopportano i carichi delle opere, & le ingiurie de i mali tempi, ma non ſo­
no
ſicure dal fuoco: & ſubito, che da quello ſono toccate ſi ſpezzano, percioche nella lo­
ro
naturale temperatura hanno poco humore, & non molto del terreno.
ma aſſai dello
aere
, & del fuoco.
Eſſendo adunque in quelle poco della terra, & del humore, & pene­
trando
anche il fuoco per la forza del uapore ſcacciatone lo aere da quelle, ſeguitandole
affatto
, & occupando gli ſpacij uoti delle uene, boglie, & le rende ſimili a i ſuoi corpi
ardenti
.
ſono anche altre petraie ne i confini de Tarquineſi dette Anitiane, del colore del­
le
Albane.
le officine delle quali ſpecialmente d'intorno il lago di Volſcena, & nella pre­
fettura
Stratonieſe ſi truouano, queſte hanno uirtù infinite, perche i grandi giacci,
la
forza del fuoco le nuoce, ma ferme ſono, & per queſto durabili alla uecchiezza.
percio­
che
nella loro miſtura hanno poco dello aere, & del fuoco, ma di temperato humore,
1& molto del terreno, & coſi con iſpeſſe compoſitioni aſſodate, dalle tempeſtate, dal­
le
forze del fuoco ſenteno nocumento.
& queſto ſi puo maſsimamente giudicare da i mo­
numenti
, che ſono d'intorno la terra di Ferento, fatti di queſte pietre.
perche hanno le
ſtatue
grandi fatte egregiamente, & le figurine, & i fiori, & gli acanti mirabilmente ſcol­
piti
, lequali benche ſiano uecchie, pareno però coſi nuoue, che ſe fuſſero hor hora fatte.
ſimilmente i fabbri del metallo adoperano per li getti le forme fatte di queſte pietre, & ne
hanno
di quelle per fondere il metallo grandiſsimi commodi.
le quali ſe fuſſero preſſo
Roma
, degna coſa ſarebbe, che da queſte officine fuſſero fatte tutte le coſe, ma forzan­
doci
la neceſsità per la uicinanza che delle roſſe, & delle Paliane, & di quelle, che ſono ui­
cine
a Roma ci ſeruiamo, ſe alcuno uorrà porle in opera ſenza difetto, biſognerà in que­
ſto
modo apparecchiarle.
Douendoſi fabricare, due anni prima non nel uerno, ma nel­
la
ſtate ſi caueranno quelle pietre, & ſi laſciaranno ſteſe allo ſcoperto.
& quelle, che dal­
le
pioggie & mali tempi per lo ſpacio di due anni ſaranno ſtate offeſe, ſiano poſte nelle fon
damenta
: le altre non guaſte, come approuate dalla natura, potranno ſopra terra nelle
fabriche
mantenerſi, ſolamente ſi deono queſte coſe oſſeruare nelle pietre quadrate, ma
anche
nelle opere di cemento.
Vitruuio tratta in queſto luogo delle pietre fatte dalla natura, & ne dimoſtra la diuerſità, l'
ſo
, & il commodo di eſſe molto facilmente.
& tutta queſta materia ſimilmente è stata pigliata,
& leuata di peſo dirò coſi, da Plinio nel trenteſimo quinto libro al uigeſimo ſecondo Capo.

Hora
anche noi in ſomma diremo.
Cinque generi di pietre naturali ſi trouano, la Gemma, il
marmo
, la cote, il ſelice, il ſaſſo.
Le Gemme ſi conoſceno dalla ſoſtanza, dal uedere, dal toc­
care
, & dalla lima.
ſono piu graui, & piu fredde del uetro, non patiſceno la lima, hanno lo
ſplendore
piu ſaldo, piu chiaro, & empieno, & dilettano la uista piu che ſi mirano, ſi ſmar­
riſcono
al lume della lucerna, & ſono di ſoſtanza uiuace, & piena.
Di queſte non ragiona l'Ar­
chitetto
, perche non uanno nelle ſabriche.
I marmi prouano la lima, ſono grandi, & riſplen­
deno
: le ſelici hanno come ſquame; le coti come grani; i ſaſſi non hanno ſplendore.
Ragionan­
do
delle pietre, conſideramo il tempo di cauarle, la quantità, la qualità, la comparatione, l'uſo.
& da gli edificij fatti ſi pigliano le lor qualità. però ſi ha, che la pietra bianca ubidiſce piu, che
la
foſca.
La trapparente meglio, che l'opaca. piu intrattabile quella, che piu s'aſſomiglia al ſa­
le
.
il ſaſſo aſperſo come di arena, è aſpro, ſe gli uſciranno come punte nere è indomabile. l'aſper­
ſo
di goccie cantonate, è piu ſodo, che lo aſperſo di ritonde.
Quanto meno è uenato, tanto piu
è
intiero.
piu dura quello, che è di colore purgato & limpido. migliore è quello, la cui uena è
ſimile
alla pietra.
La uena ſottile moſtra la pietra ſpiaceuole. la piu torta, & che piu gira, è
piu
auſtera.
La nodoſa è piu acerba. quella pietra piu ageuolmente ſi fende, che nel mezo ha
una
linea roſſa come putrida.
proſſima a quella è la bianchegna, quella, che pare un giaccio uer­
de
è piu difficile.
Il numero delle uene dimoſtra la pietra inconſtante, & che crepa. Le uene
dritte
ſono giudicate piggiori.
Quella pietra è piu ſoda, le cui ſcheggie ſono piu acute, & terſe.
La
pietra, che ſpezzata rimane piu liſcia di ſuperficie, è piu atta allo ſcalpello.
l'aſpra quanto
piu
biancheggia, tanto meno ubidiſce al ferro.
La foſca quanto piu la Luna ſcema, tanto meno
conſente
al ferro.
ogni pietra ignobile, tanto è piu dura, quanto è piu cauernoſa. Quella, che
non
aſciuga l'acqua, che ſe le ſpruzza ſopra, è piu cruda.
ogni pietra graue è piu ſoda, & piu ſi
liſcia
, che la leggiera.
& la piu leggiera della piu graue è piu fragile. Quella che percoſſa riſuo­
na
, è piu denſa della ſorda.
La ſtropicciata, che ſa di ſolfo, è piu dura che la ſenza odore. Quel
la
, che piu reſiſte allo ſcalpello, piu dura alle acque, & mali tempi.
Ogni pietra di nuouo ca­
uat
a, è piu tenera.
& io ne ho uedute in Inghilterra che biſogna lauorarle alle caue, perche ſe
ſtanno
troppo cauate s'indurano di modo, che non ſi poſſono lauorare, ſe non ſtanno nell'acqua
un
'inuernata.
ſoffiando l'Oſtro piu facilmente ſi lauorano le pietre, che ſoffiando Borea. quella pie­
tra
, che nell'acqua ſi fa piu graue, ſi disfa per l'humore.
quella, che per lo fuoco ſi ſgretola, non
1dura al Sole. & tanto ſia detto della comparatione delle pietre, ſi come Leon Battiſta haraccol­
to
.
Delle altre coſe pertinenti alle pietre ſi dirà di ſotto.
Delle maniere di murare, qualita, modi, & luoghi
di
quelle.
Cap. VIII.
LE maniere del murare ſono queſte prima quella, che ſi fa in modo di rete,
che
hora ſi uſa da ogn'uno.
poi l'antica, la quale ſi chiama incerta. Di que­
ſte
due è piu gratioſa la reticulata, la quale poi è facile a fare le fiſſure, per­
che
in ogni parte ha i letti, & le commiſſure slegate: ma la maniera incerta
ſedendo
i cementi l'uno ſopra l'altro, in modo di imbrici, non bella, come la reticulata,
ma
ſi bene piu ferma rende la muratura: uero è che l'una, & l'altra maniera deue eſſer
impaſtata
di minutiſsime coſe, accioche i pareti ſpeſſo ſatiati della materia fatta di cal­
ce
, & d'arena piu lungamente ſi tenghino inſreme; perche eſſendo di molle, & rara uirtù
ſuggendo
il ſucco dalla materia, diſeccano.
ma quando abonderà la copia della calce, &
dell
'arena, il parete, che hauerà preſo molto dell'humore, non iſuanirà coſi preſto, ma ſi
tenirà
inſieme.
ma ſubito, che la forza humida per la rarità de i cementi ſarà ſucciata dalla
materia
, allhora la calce ſtaccandoſi dall'arena ſi diſcioglie, & i cementi non ſi poſſono
con
queſti attaccare, ma a lungo andare fanno i pareti ruinoſi.
& queſto ſi puo compren
dere
da alcuni monumenti, che d'intorno a Roma ſono fatti di marmo, ouero di pietre
quadrate
, & di dentro nel mezo calcati, & empiuti la materia ſuanita per la uecchiezza, &
aſciutta
la rarità de i cementi, ruinano, & dalla brina diſciolte le legature delle commiſ­
ſure
ſono diſsipati.
Et ſe alcuno non uorrà incorrere in queſto difetto, faccia i pareti di
due
piedi, laſciando il mezo concauo lungo i pilaſtrelli di dentro, & ſiano o di ſaſſo roſſo
quadrato
, ouero di terra cotta, ouero di ſelici ordinarij, & con le chiaui di ferro, & piom
bo
ſiano le fronti legate.
& coſi non a grumo, & ſottoſopra, ma ordinatamente fatta l'
pera
potrà ſenza difetto eternamente durare.
perche ſedendo tra ſe i letti, & le commiſ­
ſure
di quelli, & incatenate non ſpigneranno la muratura, laſciaranno che i pilaſtrel­
li
, o ſtanti legati inſieme rouinino.
& però non ſi deue ſprezzare la muratura de' Greci.
Vitru. c'inſegna il modo, & le maniere di porre inſieme le pietre, commenda la muratura di
matt
oni, & con belli eſſempi pruoua quanto dice.
Prima che io eſpona Vitru. io dirò delle par­
ti
della fabrica ſopra il fondamento, & quale ſia l'officio di ciaſcuna.
In ogni fabrica noi haue­
mo
a conſider are il baſſo, la cima, i lati.
il baſſo è il pauimento, o ſuolo. La cima ſono i coper­
ti
, & i colmi; i lati ſono i pareti, o muri.
Del pauimento ſi dirà nel ſettimo libro: de i coperti
nel
quarto.
Hora ſi tratta del muro; ilquale è differente dal fondamento in queſto, che il fonda­
mento
da i lati della foßa ſolamente per eſſer intiero, conſiſte: mail muro, o parete è compoſto
di
piu parti.
perche ha il poggio, il procinto, la corona, l'oſſa, & i ſoſtegni, l'apriture, le labra,
il
compimento, & le ſue oſſeruationi.
noi eſponeremo l'uſo di queſte parti a guiſa de i medici, i qua­
li
nella conſtitutione della loro arte trattano dell'uſo delle parti del corpo humano.
Poggio è quel­
la
parte, che è la prima di ſotto, che ſi leua dal fondamento, che è alquanto piu groſſa del muro,
che
ſi potrebbe ſcarpa nominare.
Procinto, & corona ſono parti del muro una di ſopra, l'altra
nel
mezo.
Procinto è la parte di mezo, & è quella legatura, che cigne il muro d'intorno come
cornice
, che nelle mura delle città ſi potrebbe chiamar cordone, & nelle altre mura, ſi dicono
faſcie
, & cinte, & regoloni.
l'oſſa & i ſoſtegni ſono le cantonate, le pilaſtrate, erte, colonne,
& trauature, & tutto quello, che ſoſtiene le apriture, o ſiano in arco, o dritte; perche l'arco è
come
traue piegato.
Traue come colonna trauerſa: & colonna come traue dritto. Le apriture,
o
labra ſono come le fineſtre, le cannoniere, i merli, le porte, i buchi, & i nicchi che dalla forma
1lore ſouo detti latinamente concha. i compimenti trapoſti ſono tra l'oſſa, & l'apriture, & al­
tre
parti.
Hora ſi dirà quanto ſi conuenga a ciaſcuna parte. il che accioche commodamente ſi
faccia
, ſi dirà della quantità, & qualità delle pietre.
Sono le pietre ouero di ſoperficie, anguli,
& linee eguali dette, quadrate, ouero uariate; & ſono dette incerte.
ſono alcune grandi, che
ſenza
ſtromenti, & machine non ſi poſſono maneggiare; altre minute, che con una mano ſi leua­
no
; altre mezane, dette giuſte.
Hanno le pietre qualità diuerſa; perche alcune ſono uiuaci
forti
, ſuccoſe, come la ſelice, & il marmo, nelle quali è innato il ſuono, & la ſodezza: altre
eſauſte
, & leggieri, come è il Tofo, & le pietre arenoſe.
I marmi ſono proſſimi all'honor delle
gemme
per la bellezza, & gratia loro, & ſpecialmente que marmi nobili, che per la uarietà
di
colori, o per la gran bianchezza o finezza, & ſplendore, o traſparenza danno mer auiglia,
come
il Pario, il Porfido, il Serpentino, l'Alabaſtro, & altri ſimiglianti marmi meſchi, o gra­
niti
.
Il ſelice ueramente ha molte qualità, duro, tenero, tenace, friabile, graue, leggiero, o
che
in eſſo non puo il fuoco, o ſi conuerte in cenere, & è ſquamoſo, ſopporta il freddo, & l'ac­
que
, non riſplende, però non è marmo: entra però nelle fabriche, come anche alcuni ſaſſi.
Ma
la
cote come la Damaſchina, il Tocco, che proua i metalli, alcune pietre, che nelle Indie ſi uſano
per
tagliare, ſono per aguzzare i ferri, ſi conſumano a poco a poco con ſe ſteſſe, ma preſto con­
ſumano
le altre coſe.
& la parte che è riuolta al Sole è migliore di quella di ſotto; perche dal So­
le
ſi fanno perfette.
I ſaſſi ſono diuerſi per la proprietà, come la calamita, per la uirtù, il Calamo­
co
, per lo colore, l'Amochriſo per la pittura, l'Alabandico per la forma, il Trochite per la no­
biltà
di reſiſtere al fuoco, come la Magneſia all'acqua.
la proprietà della calamita è nota; tira
& ſcaccia il ferro, dimoſtra le parti del Cielo, & i uenti a i nauiganti, & fa effetti merauiglioſi
con
incognite cauſe.
La ſpuma della canna detta Calamoco, è fortiſſima, & calidiſſima, & con­
ſuma
i corpi in quella ſepolti.
il Trochite è ſtriato o canellato nel piano, & nel mezo del piano
ha
un punto, dal quale ſi parteno tutti i canali, & il piano è circondato da un lieue timpanuzzo
& ſi muoue da ſe ſoprapoſtoui l'aceto, l'Amochriſo, cioè arena d'oro, ha colore d'oro, è ſqua­
glioſa
: & ſe ne fa poluere da ſeccar le ſeritture l'Alabandico dimoſtra in ſe uarie figure.
Ma di
queſti
ſaſſi pochi ſono all'uſo delle fabriche, benche per alcuni adornamenti poſſono eſſer prez­
zati
.
Io ho detto della quantità, & qualità delle pietre; hora io dirò del modo di porle inſieme,
& prima di alcune auuertenze.
Ogni pietra deue eſſer intiera, non fangoſa, ma bagnata bene,
& ſe eſſer puo, di torrente.
le intiere dal ſuono ſi conoſceno. le cauate di nuouo ſono piu atte, la
pietra
altre fiate adoperata non rieſce, & non ſi attacca bene, perche di gia ha beuuto l'humore,
altri
con minute pietre, & molta calce empieno le fondamenta, altri ui metteno ogni ſorte di rot­
tame
.
Egli ſi deue imitar la natura, che nel fare i monti tra le piu ſode pietre tramette la piu te­
nera
materia: coſi ſopra grandi, quadrate, & intiere pietre ſi getta gran copia di calce ſtempera
ta
.
le piu gagliarde parti delle pietre ſi pongono, oue è biſogno di maggior fermezza. Se la pie­
tra
è atta a romper ſi non in lato ſi ponga, ma ſteſa giacendo.
la faccia della pietra, che è taglia­
ta
per trauerſo, è piu forte, che quella, che è tagliata per lungo, nel fondar le colonne non è ne­
ceſſario
di continuare il fondamento, ma ſi fa ſotto la colonna, (accioche col peſo loro non fori­
no
la terra) fare un muretto, & tirare da colonna a colonna un'arco riuerſcio.
La pietra ſecca
& ſitibonda uuole ſabbia di fiume, la hurnida per natura, quella di caua.
non ſi adoperi arena
di
mare nelle opere riuolte all'Oſtro.
a minute pietre ſpeſſa, & ſoda calce ſi ponga; benche la
tenace
ſia ſtata da gli antichi approuata.
Gioua di bagnare ſpeſſo la muratura. non uogliono quel­
le
pietre eſſer bagnate, che dentro non ſiano humide, & negreggianti eſſendo rotte, o ſpezzate.

Le
gran pietre sdrucciolando per lo liquido meglio ſi aſſettano, & però deono andare ſopra tenera
& liquida calce.
Hora ci reſta a dire delle maniere del murare. Tre ſono le maniere del murare l'or
dimaria
, la incerta, la reticulata.
Di queſte tratta Vitr. nel preſente Capo, & per dichiaratio­
ne
maggiore, ſi eſporranno alcune uoci.
Et prima cemento, è pietra roza, non tagliata, uul­
gare
ſenza determinata forma: ogni giorno per Roma ne uanno i giumenti carichi.
Et in terra
1di lauoro detta Campania, ritiene il nome. Reticulato, & incerto queſti ſono due modi di po­
ner
'a ſilo, ouero inſieme i corſi delle pietre.
il Reticulato è coſi detto, perche nella muratura di­
moſtra
la diuiſione da una pietra all'altra in modo di rete, & queſto non ſi puo fare, ſe almeno una
facciata
della pietra non è quadrata, & polita.
biſogna anche, che ſtiano in modo, che gli angu
li
ſi tocchino, come per la ſoprapoſta figura ſi uede.
La incerta è quella, che ſi ſa di pietre di di­
uerſe
figure a caſo poſte.
perche quello, che ſi dice lauorare a caſſa, è quello, che di ſotto è det­
to
Emplecton.
ma hora ſi ragiona di quello, che appare di fuori. La correttione dello incerto, ac
cioche
ſia ſicuro, & forte, ſi fa come per figura s'è mostrato di ſopra.
imperoche egli è neceſſario
legare
ambe le fronti una con l'altra con attrauerſata muratura, et empire il uano con pietre meſco
late
con molta calce.
Ordinaria muratura è quella, doue le pietre quadrate, le giuſte, o le grandi ſi
pongono
inſieme ordinatamente a ſquadra, a liuello, & a piombo.
il che accenna Vitr. dicendo.
Et però non ſi deue ſprezzare la muratura de Greei, ſe bene non l'uſano polita di molle
cemento
, pure quando ſi parteno dalla pietra quadrata, fanno l'ordinaria di ſelice ouero
di
pietra dura. La quale è mezana tra la incerta, & quella, che ſi fa di pietra quadrata.
Ma
biſogna auuertire, che il poggio, che forſe ſtereobata è detto da Vitr. hauer deue la incroſta
tura
di pietra quadrata, grande, & dura: perche queſta parte di muro ha biſogno di piu ſodezza,
come
parte, che ha della natura del fondamento, che ſostenga tutto il carico, & che piu ſia ui­
cina
all'humidità delle acque, o del terreno.
il che ſi deue oſſeruare ſpecialmente in Vinetia, & ſi
oſſerua
anche nelle caſe ben fatte.
Catone dice. Leuerai da terra la fabrica un piede con ſoda pie
tra
, & calce, l'altre parti con crudo mattone potrai formare.
Ma in Venetia queſta parte è piu
leuata
, & ha del grande, & ha del ſodo, & arriua fin a cinque, & ſei piedi, & ſopra ui è il cor
done
di forma ritonda, ouero in forma di faſcia, che ſporta in fuori.
Fra i procinti s'interpongo­
no
alcune legature di pietre maggiori, le quali ſono come concatenationi dell'oſſa con l'oſſa, &
delle
croſte, che ſono dalla parte di dentro, con quelle, che ſono di fuori, & però quiui lunghe,
larghe
, & ſode pietre ſi richiedeno.
Si ſogliono fare anche altri procinti per legare le cantonate
& tenere l'opere inſieme, ma piu rari.
Quelli primi deono conuenire a piombo, & a ſquadra den
tro
, & di fuori col muro, & queſti, che ſono maggiori come c ornici, o gocciolatoi ſportare; &
con
gli ordini, & corſi eſſere bene legati in modo, che come ſoprapoſto pauimento ſi ricuo­
pra
bene la fabrica.
Siano le pietre nelle murature una all'altra ſopraposte, come s'è detto, a
modo
d'imbrici, ſi che la commiſſura di due ſoprapoſte, ſia nel mezo della pietra di ſotto, & que
ſto
ſpecialmente ne i procinti, & nelle legature.
Gli antichi nelle opere reticulate tirauano il le
gamento
di cinque mattoni, o almeno di tre, che ouero tutti, ouero in un'ordine, almeno era di
pietre
non piu groſſe, che le altre, ma piu lunghe, & piu larghe.
Ma nelle opere ordinarie, per
ogni
cinque piedi è ſtato a baſtanza un mattone di due piedi per legatura; però fabricando con
pietre
maggiori piu raro legamento biſogna, & è quaſi a fufficienza la cornice ſola.
Laqual deue
eſſer
fatta con ſomma diligenza, & di ferme, & larghe pietre ordinarie, & giuſte, & ne i pare
ti
di crudi mattoni, la corona deue eſſer di terra cotta, accio ſia difeſa dalla pioggia, & leggie­
ra
di peſo.
Deueſi auuertire, che il marmo rifiuta la calce, & ſi macchia facilmente, la
doue
gli antichi quanto meno poteuano adoprauano i marmi con la calce.
Dell'oſſa, & de ſoſte­
gni
, & delle apriture ſi dirà poi.
I compimenti trapoſti ſono tra l'oſſa, l'apriture, & l'altre
parti
, ne i quali ſono da conſiderare l'imboccature, i riempimenti, le intonicature tanto di den­
tro
quanto di fuori, perche ſi uede eſſer diſſerenza tra l'oſſa, & i compimenti; perche nell'oſſa ſi
pongono
grandi, ſode, & ordinate pietre, & ne i compimenti, minute, rotte, meno ordinarie,
benche
con molta calce, & arena.
Vero è, che perfetta ſarebbe la muratura, che tutta fuſſe
di
pietre quadrate, ma eſſendo di troppo ſpeſa, biſogna tra l'una ſcorza, & l'altra ponere alcune
pietre
ordinarie attrauerſate, nel muro, per unire le ſcorze.
le pietre da riempire non uogliono paſ
ſare
una libra di peſo, perche le pietre minute fanno miglior preſa.
nelle incroſtature di fuori ſi
deono
porre le pietre migliori, & prouate, come ha detto Vitr. lontane però dai cadimenti delle
1acque, & non deono eſſer pietre di grandezze, & di peſi diſeguali, ma riſpondino le deſtre alle
ſiniſtre
, le rimote alle uicine ſeguitando gli ordini incominciati.
Ma la intonicatura di dentro ſia
di
pietra piu dolce, o ſeruiſi la regola, che ſi dirà nel ſettimo libro.
Il muro fatto di mattoni
crudi
, detto da gli antichi muro lateritto, fa piu ſana la fabrica, ma è ſottopoſta a terremoti.
de­
ue
però eſſer groſſo per ſoſtenere i palchi.
il loto da fabricare ſia ſimile al bitume, che poſto nell'ae
qua
lentamente ſi disfaccia, & s'attacchi alle mani, & aſciutto bene s'ammaſſi: ma dell'opera di
loto
ſi dirà nel ſettimo libro.
La nuda pietra deue eſſer quadra, ſoda, grande, dura ſenza ſcaglie tra­
poſte
.
Sia poſta in opera con arpeſi, & chiodi, gli arpeſi fanno stare le pietre al pari, i chiodi le
gano
il diſopra, con quello di ſotto.
Se gli arpeſi, & chiodi. ſono d'ottone, non irruginiſceno,
fermanſi
con piombo ſcolato.
que di legno per la forma loro ſono fatti a coda di rondine, il ferro
con
biacca, o geſſo ſi ſerua dalla ruggine, biſogna però bene guardare, che le acque non toccbi­
no
gli arpeſi.
Ma tornamo alla muratura, & a que muri, che ſono fatti di rottami, ponerai ta­
uole
, o craticci dalle ſponde per ſoſtegno, fin che ſi aſciughino.
Et qui ſi è trouato il modo di get
tar
le colonne nelle forme di legno, per ſcemare la ſpeſa.
Et ſi riempie la forma d'ogni ſorte di rot­
tame
con molta calce.
Altri ui laſciano nel mezo l'anima di rouere, o di mattoni per ſicurtà,
altri
fanno la paſta con minute pietre, & laſciano aſciugarla bene, & aſciutta leuano la forma,
danno
poi la incroſtatura, & la intonicatura alla colonna & la ſigneno di marmo, o di meſchio,
o
granito come uogliono.
Egli ſi deue ſchiuare piu, che ſi puo la pietra di forma ritonda. Seguo,
che
la calce è aſciutta, quando ella manda fuori una lanugine, & uno certo fioriome ben cono­
ſciuto
da muratori.
Ceſſando dall'opera coprirai il muro con paglia, o altro, accioche non iſua­
niſca
prima, che habbia fatto la preſa: Et quando poi ſi ripiglia il lauoro, non ti rincreſca ſatiarlo
molto
bene di acqua.
il muro, che è molto groſſo, fa armatura a ſe ſteſſo. Egli biſogna laſciare
luogho
commodo per le apriture, facendoui un'arco, ilquale ſi otturi fino che uenghi il biſogno
d
'aprirle, perche il peſo non aggraui troppo la parte uota.
Se uuoi agiugnere al muro dopo
alcun
tempo, biſogna, che ui laſci i denti ſporti in fuori.
Gli anguli perche participan di due la­
ti
, & ſono per tener dritto il muro, deono eſſer fermißimi, & con lunghe, & dure pietre, come
con
braccia tenuti.
Et tanto ſia detto d'intorno alla ſoprapoſta diuiſione. la quale ſe ſarà bene
conſiderata
, non ha dubbio, che ella non ſia per apportare gran giouamento alle conſiderationi
de
i ſaui, & alle operationi de i maeſtri.
Queſte fabriche de Greci in due modi ſi murano. L'uno è detto eguale, l'altro di­
ſeguale
.
Il primo è quando tutti i corſi ſono eguali in grandezza. L'altro è quando
gli
ordini de i corſi non ſaranno drizzati pari.
l'una, & l'altra maniera per queſto è
ferma
, perche prima i cementi ſono di ſoda, & ferma natura, poſſono aſciugare
il
liquore della materia, ma li conſeruano nel ſuo humore per grandiſsimo tempo, & i
letti
loro piani, & bene liuellati non laſciano ſgrottare la materia, ma con la continuata
groſſezza
de i pareti coſi legati durano lunghiſsimamente.
Euui un'altra maniera di fa­
brica
, che ſi chiama riempita, la quale anche ſi uſa da noſtri ruſtici.
della quale ſono le
fronti
ſolamente polite, ma le altre parti come nate ſono, poſte inſieme con la mate­
ria
, con alterne commiſure ſono legate: ma i noſtri per sbrigarſene preſto, facendoui i
corſi
dritti, ſerueno alle fronti, & empieno nel mezo ſpezzati i cementi ſeparatamen­
te
con la materia, & a queſto modo in quella muratura leuano, & drizzano tre croſte,
due
delle fronti, & una nel mezo del riempimento.
Ma i Greci non fanno a queſto mo=
do
, ma ponendoli piani, & ordinando le lunghezze de i corſi in groſſezza con alterne
commiſſure
, non empieno il mezo, ma con i loro mattoni, che chiamamo frontati, fan­
no
continuato il parete, & d'una groſſezza raſſodato, & oltra le altre coſe interpongono
quelli
dall'una parte & l'altra, che hanno le fronti, che chiamano per queſto diatoni, di
perpetua
groſſezza, i quali grandemente legando confermano la ſodezza de i pareti: & pe
ſe alcuno uorrà da queſti commentarij auertire, & eleggere la ſorte di murare, potrà
1molto bene hauere riguardo alla perperuità: percioche quelle Fabriche, lequali ſon di
molle
cemento, & di ſottile aſpetto di bellezza, non poſſono ſe non eſſer col tempo rui­
noſe
: & però quando s'eleggono gli arbitri di communi pareti, non ſi ſtima, per lo prez
zo
, che ſono ſtati fabricati, ma ritrouando per gli inſtrumenti i precij delle locationi, le
uano
d'ogni anno, che paſſato ſia la ottanteſima parte: & coſi del reſtante della ſomma
comandano
che egli ſi reſtituiſca una parte per queſti pareti, che ſententiamo, che piu di
ottanta
anni non poſsino durare.
Ma de i pareti fatti di mattoni, pure che ſiano fatti a
perpendicolo
& dritti ſtiano, niente ſi leua, ma per quanto prezzo ſeranno ſtati fabrica­
ti
, per tanto ſempre ſaranno ſtimati.
& però in alcune città, & le opere publiche, & le
caſe
priuate, & le reali ſi uedeno fabricate di mattoni: & prima in Athene il muro, che
guarda
uerſo il monte Hymeto, & Petelenſe, & i pareti nel tempio di Gioue, & di Her
cole
, le celle ſono di mattoni.
Eſſendo d'intorno al tempio le colonne & gli architraui
di
pietra.
In Italia in Arezzo euui un muro beniſsimo fatto, & in Tralli la caſa fatta da
i
Re Attalici, che è data per ſtanza a colui, che nella Città tiene il ſacerdotio.
Et
coſi
in Lacedemone di alcuni pareti leuate le pitture, che erano in forme, & i telari di le­
gno
ne i pareti tagliati, rinchiuſi & incaſſati, furon portate nel comitio per adornamento
della
edilità di Varrone, & di Minerua.
la caſa di Creſo, la quale i Sardi conſegnarono a
i
cittadini per ripoſo della uecchiezza al collegio de i uecchi, chiamata Geruſio, era di
mattoni
.
ſimilmente la reale in Alicarnaſo del potentiſsimo Re Mauſolo, in tutto, che
habbia
di proconeſio marmo ornate tutte le coſe, niente di meno i pareti ſono fatti di
mattoni
.
& infino a queſti tempi hanno una mirabile fermezza, coſi con intonicature, &
croſte
politi, che come uetri riluceno.
queſto fu fatto per biſogno, che quel Re ha
ueſſe
, perche era ricchiſsimo d'entrate, come quello, che a tutta la Caria dominaua.
Ma
in
queſto modo è da conſiderare la ſolertia ſua, & acutezza nel fabricare: percioche eſ­
endo
egli Milaſio, & hauendo ueduto il luogo di Alicarnaſſo munito per natura, & haue­
re
idoneo bazzaro, & il porto commodo, in quel luogo ſi fece la ſtanza.
Queſto luo­
go
è ſimile alla curuatura d'un Theatro, & nella parte da baſſo, appreſſo il porto è
il
Foro, & per mezo la curuatura, & la cinta dell'altezza, ui è una piazza grandiſsima, nel
mezo
della quale è fabricato il Mauſoleo de ſi fatta, & nobil opera, che è numerato tra
i
ſette ſpettacoli del mondo.
Nel mezo dell'alta rocca è il tempio di Marte, che tiene la
ſtatua
del coloſſo, detta Acrolitho, fatta dalla nobil mano di Tilocare.
benche altri di­
chino
di Timotheo; ma nella ſommità del deſtro corno è il tempio di Venere, & di Mer
curio
appreſſo la fonte Salmacide, che per falſa opinione uien detto, che tenga di Vene
rea
infirmità oppreſsi quelli, che beono di quella.
Ma a me non rincreſcerà di raccontare
da
che ſia andata queſta opinione con falſo rumore per lo mondo: perche eſſer non puo
quello
, che ſi dice, che gli huomini per quell'acqua diuentino molli, & impudichi, ma la
uirtù
di quella fonte, è molto chiara, & il ſapore egregio.
Hauendo adunque Melante,
& Areciania d'Argo, & da Troezene in que luoghi condotta una colonia commune ſcaccior
no
i Barbari di Caras, & di Lelege: Queſti ſcacciati ſi raunorno inſieme a i monti, & face­
uano
di molte correrie, & rubbando in quel luogo crudelmente guaſtauano gli habitanti.

Auenne
poi, che uno de gli habitatori per guadagnare per la bontà delle acque fece appreſ
ſo
quella fonte un'hoſteria fornita d'ogni coſa.
& eſſercitandola allettaua quei barbari, i
quali
hor l'uno, hor l'altro uenendoui, & poi molti mettendoſi inſieme concorrendoui,
di
duro & ferigno coſtume, nella uſanza & ſoauità de Greci di loro propria uolonta ſi ridu
ceuano
.
Quell'acqua adunque non per dishoneſta infirmità, ma per la dolcezza della hu
manità
mitigati i feroci petti de i Barbari, acquiſtò quel nome.
Reſta hora perche io ſon
uenuto
alla dichiaratione delle loro murature, che io le deſcriua tutte come ſono: Come
adunque
nella deſtra parte è il tempio di Venere, & la fonte predetta, coſi nel ſiniſtro cor
1no, è il palazzo reale, che Mauſolo per ſua ſtanza fece fabricare. perche dalla deſtra ſi uede
la
piazza, & tutta la terminatione del porto, & delle mura, & ſotto la ſiniſtra è il porto ſe
creto
ſotto a i monti naſcoſo in modo, che niuno puo uedere, o ſapere quello, che iui ſi
faccia
, accioche il Re dal ſuo palazzo a i galeotti, & ſoldati, ſenza che altri ſe ne accorga
poſſa
quanto biſogna comandare.
Dapoi la morte di Mauſolo reſtò Artemiſia moglie
ſua
, & ſdegnandoſi i Rodiotti, che una femina ſignoreggiaſſe tutte le città della Caria, ſi
miſero
all'ordine per occupar quel regno.
delche eſlendone auiſata la Reina, comandò ella,
che
in quel porto ſteſſe l'armata rinchiuſa all'ordine con marinari aſcoſi, & ſoldati.
Ma il
reſto
de cittadini compareſſe ſopra le mura.
Ma hauendo i Rodiotti condotta l'armata
loro
in ordine nel porto maggiore, la Reina comandò, che fuſſero dalle mura ſalutati, &
promeſſa
loro la città.
per ilche quelli abandonate le naui, entrarono dentro: ma la Reina
ſubito
per la foſſa fatta traſſe fuori l'armata dal porto minore nel mare, & entrata nel mag
giore
sbarcati i galeotti, & i ſoldati, tirò nel mare l'armata uota de i Rodiotti, i quali non
hauendo
doue ricouerarſi eſſendo tolti di mezo, tutti furono nella piazza tagliati a pezzi.

Artemiſia
entrata nelle naui de Rodiotti preſe la uia di Rodi.
per il che uedendo i Rodiot
ti
le lor naui tornare ingirlandate di frondi, penſando che fuſſero i cittadini loro, riceue­
rono
i nemici.
Allhora la Reina preſa la città, ucciſi i principali, dentro ui poſe il Tro­
feo
della ſua uittoria.
& fece fare due ſtatue di bronzo, una rappreſentaui a la città di Ro­
di
.
L'altra la ſua imagine, figurando, che queſta con affocato ferro ſigillaſſe la città di Ro
di
.
Dapoi queſto fatto impediti i Rodiotti dalla religione, perche non era lecito rimuo
uere
i trofei conſecrati, fecero uno edificio intorno alle ſtatue dette, & quelle coprirono
inalzando
un luogo per guardia alla uſanza Greca, accioche niuno ui poteſſe andare: &
comandorono
, che queſto ſi chiamaſſe Auaton, cioè inacceſsibile.
Non hauendo adun­
que
i Re coſi potenti ſprezzato l'opera de mattoni, potendo per le fatte prede, & per le
coſe
, che erano loro portate d'ogni banda, farle non ſolamente di cemento, ouero di
quadrata
pietra, ma anche di marmo: Io non penſo, che ſia da biaſimare gli edificij mura
ti
di mattoni, pure, che ſiano fatti, & drizzati bene.
Ma perche non ſia lecito in Roma al
populo
Romano fabricare in queſto modo, io ne dirò la ragione.
Le leggi publiche non
comportano
, che le groſſezze de i muri ne i luoghi communi ſiano maggiori d'un piede
& mezo, ma gli altri pareti, accioche gli ſpatij non ſi faceſſero piu ſtretti, ſi fanno di quel­
la
iſteſſa groſſezza.
Ma que mattoni crudi ſe non ſaranno di due, o di tre corſi de matto­
ni
, con la groſſezza d'un piede & mezo ſolamente; non potranno ſoſtenere piu che un pal
co
.
Ma nella maeſtà di quella città in tanta frequentia di cittadini biſognaua fare innume
rabili
habitationi.
non potendo adunque il piano riceuere ad habitare dentro di Roma tan
ta
moltitudine, la occaſione poſe neceſsità, di unire all'altezza de gli edificij.
Et però con
pilaſtrate
di pietra, & con murature di pietra cotta, & con pareti fatti di cemento per com
modità
de i cenaculi, & de i luoghi di doue ſi guarda a baſſo, ſono ſtate fatte le altezze, &
con
iſpeſſe trauature, & palchi conchiauate.
Et però il populo Romano ſenza impedi=
mento
ha le ſtanze belliſsime, moltiplicati i palchi, & i corritori in grande altezza.
Ma
poi
, che è ſtato reſo la ragione, perche in Roma per la neceſsità de i luoghi ſtretti non ſi
fanno
i pareti di mattoni crudi, hora ſi dirà in che modo ſi deono fare, accioche durino al
la
uecchiezza ſenza difetti.
Poſto ſia nella ſommità de i pareti ſotto la copritura del tetto
una
muratura di terra cotta, di altezza d'un piede, & mezo, & habbia gli ſporti delle co­
rone
, & i gocciolatoi, & coſi potranno ſchifare i danni, o i difetti, che ſogliono hauere
que
pareti, perche quando nel tetto ſaranno le tegole rotte, o gettate a baſſo da i uenti, la
ſportatura
, & il recinto de mattoni cotti, non laſcierà offendere il crudo, ma lo ſporto de i
cornicioni
, porterà le goccie lontane, & in quel modo ſerueranno intiere le murature
de
mattoni crudi.
Ma della muratura di pietre cotte ſe ſarà buona o , non ſi puo giu-
1dicare in poco ſpatio di tempo: perche ſe ella à ferma nelle tempeſte, & ſtrauenti, & nel­
la
State, allhora è prouata: perche quella, che non ſarà di buona creta, o che ſarà mal cotta,
ſubito
che ſarà toccata dal giaccio, o dalle brine, iui ſi moſtrerà difettoſa.
Quella adun
que
che ne i tetti non puo ſopportar la fatica, meno ſarà buona nella muratura a ſoſte­
ner
i peſi: per il che i pareti coperti di uecchie tegole ſpecialmente potranno hauere fer
mezza
.
Ma io non uorrei, che mai in tempo alcuno fuſſero ſtati riti ouati i craticci: per
che
quanto giouano alla preſtezza, & tengono manco luogo, tanto ſono di commu­
ne
, & maggior calamità, perche ſono come faſci preparati a gli incendij: & però pare
che
ſia migliore la ſpeſa delle pietre cotte nella ſontuoſità, che lo ſparagno del tempo de
i
craticci nel pericolo, & quelli anche, che ſono poſti nelle incroſtature fanno delle fiſſu
re
in quelle, per la diſpoſitione de i dritti, & trauerſi.
perche quando ſe gli la incro­
ſtatura
, riceuendo l'humore ſi gonſiano, & poi ſeccandoſi, ſi riſtrigneno.
& coſi aſſoti­
gliati
, rompeno la fermezza delle croſte.
Ma perche alcuni ſono conſtretti di coſi fare, o
per
la preſtezza, o per biſogno, o per ſeparare un luogo dall'altro, coſi biſognerà fare.

Fatto
ui ſia il ſuolo di ſotto alto, accioche o dal terrazzo, o dal pauimento non ſia tocca­
to
, perche eſſendo iui ſommerſo col tempo ammarciſce, dapoi dando in ſe, piega, & rom
pe
la bellezza delle incroſtature.
Io fin qui come ho potuto, ho detto de i pareti, & del
lo
apparecchio della materia loro diſtintamente, di che bontà ſiano, & che difetti hab­
biano
.
Reſta, che io eſpona chiaramente quanto appartiene alle trauature, & palchi, &
con
che ragioni ſi acconci la materia da farli, & come ſiano di buona durata, come ci mo
ſtra
la natura delle coſe.
Io ho uoluto porre tutta la interpretatione del preſente Capo, perche è facile & di piana
intelligenza
, perche mi ſon forzato nel ſoprapoſto diſcorſo mettere inſieme tutta la materia pro
poſta
.
dal che ogni ſtudioſo puo da ſe ſteſſo conſiderare tutto quello, che Vitruuio ha uoluto fare
in
queſta parte.
Et uederà la ſua intentione eſſere ſtata di ragionare della fabrica de i muri,
& pareti, come egli dice nel fine del ſoprapoſto Capo, hauere diuiſo queſto ragionamen­
to
in piu parti: & nella prima hauer detto le maniere del murare, & hauer reſo le ragioni de i
difetti
, & della bontà di quelle, quaſi compar andole inſieme.
Nella ſeconda hauere ragio­
nato
della muratura de i Greci, di tre maniere di quella, & hauere comparato il modo Greco,
col
modo Latino di murare.
nella terza hauere lodato il fabricar di mattoni, dimoſtrato il
uero
modo, & con bella, & iſtorica commendatione hauere commendato le fabriche di Mau­
ſolo
Re di Caria, & propoſtoci molti eſſempi di quelle, & finita la ſua ornata digreſſione,
accompagnata
dalle leggi del populo Romano, nel qual caſo, s'è dimoſtrato non ignorante delle
leggi
ciuili, & nell'ultima eſſere ritornato ad inſegnarci, quanto era neceſſario a uarie ſorti
di
pareti, come di craticci, de i quali ne ragiona anche nel terzo Capo del ſettimo libro: con­
chiudendo
finalmente quanto ha uoluto fare, & quanto intende di uoler fare nel ſeguente Ca­
po
.
I uocaboli del teſto per la interpretatione, & altroue per la eſpoſition nostra ſono chiari.
leggi
Plinio per tutto il trenteſimo, ſeſto libro, che trouerai molte coſe al propoſito noſtro, &
le
figure delle murature ſono poſte diſopra, & ſegnate con i loro nomi.
doue non ui accade altro
rincontro
.
Hora ſeguita Vitruuio & parla della ragione de i legnami.
Del tagliare i legnami. Cap. IX.
LA materia ſi deue tagliare il principio dello autunno, che ſarà fin a quel tem­
po
auanti, che Fauonio cominci a ſpirare: perche da prima uera gli alberi ſo­
no
pregni, & tutti mandano la uirtù della loro proprietà nelle frondi, & ne i
frutti
, che fanno ogni anno.
Quando adunque per la neceſsità de i tempi ſa­
1ranno uoti, & humidi, ſogliono diuentar rari, & deboli per la rarità, come ſono i corpi
feminili
, quando hanno concetto, & dalla concettione fino al parto, non ſono ſtimati ſa
ni
.
Ne gli animali da uendere, quando ſono pregni, ſi danno per ſani. percioche creſcen
do
nel corpo, quello, che prima u'è ſtato ſeminato, egli tira a ſe il nutrimento da tutta la
uirtù
del cibo; & quanto più il parto ſi fa fermo al maturirſi, tanto meno laſcia eſſer ſoda
quella
coſa, di che ſi genera, & però ſubito, che il parto è mandato fuori, quello, che per
altra
maniera di aumento, era detratto; quando è libero per la ſeparatione fatta dal naſci­
mento
della coſa, riceue in ſe nelle uote, & aperte uene, & ſuggendo il ſucco ſi fa piu fer­
mo
, & ritorna nella priſtina fermezza della natura ſua.
Per la iſteſſa ragione, al tempo
dell
'Autunno, per la maturità de i frutti infiacchite le frondi, tirando le radici de gli albe
ri
a ſe il ſucco della terra, ſi ricourano, & ſono reſtituiti nella prima lor fermezza: Ma la
forza
del uerno comprime, & raſſoda quelle per quel tempo, che detto hauemo.
Et però
ſe
con quella ragione, & a quel tempo, che detto ho di ſopra ſi taglieranno gli alberi, ſarà
utile
, & opportuna coſa.
Ma coſi biſogna tagliarli, che ſi uadi fin'a mezo la midolla, &
laſciato
ſia il taglio, fino, che ſtillando per eſſo ſi ſecchi l'humore.
per il che quello inuti­
le
liquore, che in eſsi ſi truoua uſcendo per lo ſuo tuorlo, non laſcierà in quelli morire la
putredine
, guaſtarſi la qualità della materia: ma quando poi l'albero ſarà ſeccato,
ſtillerà
piu, biſognerà gettarlo a terra.
Et a queſto modo ſi truouerà perfetto all'uſo. Et
che
queſto ſia uero, egli ſi puo conoſcer anche da gli arbuſti.
percioche quando ciaſcuno
al
tempo ſuo forati fin al fondo ſono caſtrati mandano fuori dalle midolle il uitioſo, & ſo­
prabundante
humore, & triſto liquorè, & coſi diſeccandoſi riceueno in ſe la lunghezza di
durare
.
Ma quelli humori, che non hanno le uſcite da gli alberi, reſtandoui dentro ſi pu
trefanno
, & rendeno quelli uani, & difettoſi.
Se adunque quegli, che ſtanno in piedi,
& uiueno, ſeccandoſi, non inuecchiano, certamente quando gli iſteſsi per farne legname
a
terra ſi mandano, quando ſaranno a quel modo gouernati potranno ne gli edificij lun­
gamente
, & con utilità durare.
Queſti alberi hanno tra ſe contrarie, & ſeparate uirtù. il
Rouere
, l'olmo, il Poppio, il Cipreſſo, l'Abete, & gli altri idonei a gli edificij.
percio­
che
non puo il Rouere quello, che puo l'Abete, il Cipreſſo, quello, che puo l'Olmo.

gli altri alberi hanno quella ſimiglianza medeſima di natura fra loro: Ma ciaſcuna ſpe­
cie
di quelli con le diſpoſitioni, & proprietà de principij comparati con altri, altre ſorti di
effetti
preſtano nelle opere.
Et però l'Abete, hauendo molto dello aere, & del fuoco,
ma
meno dell'humido, & del terreno, come compoſto di piu lieui forze di natura, non è
ponderoſo
: Et però contento del ſuo rigor naturale, non coſi preſto per lo peſo ſi piega,
ma
ſempre dritto rimane nelle trauature: ma perche ha in ſe piu di calore produce, & no­
triſce
il tarlo, & da quello è guaſto, & per queſto anche preſto ſi accende, perche la rari­
dello aere, che è in quel corpo aperto riceue il fuoco, & coſi ne manda fuori la fiamma
grande
.
Et quella parte di eſſo, che è uicina alla terra, prima che ſia tagliata riceuendo
dalla
uicinanza l'humore, per le radici ſenza nodo, & humida ſi rende.
ma quella, che è
di
ſopra uerſo la cima, per la uehemenza del calore mandando in aere i rami ſuoi tagliata,
che
ſia alta da terra da uinti piedi, & polita, per la durezza de i no di ſuoi è chiamata ſuſter­
na
.
ma la parte inferiore quando tagliata è partita per quattro tagli doue ſcorra l'humore
trattone
il tuorlo ſi apparecchia per le opere di legname, & ſi chiama Sappinea.
Per lo
contrario
la Rouere abondando di terra, & hauendo poco di aere, di humore, & di fuo­
co
, quando è coperta di terra nelle opere terrene, ritiene un'infinita eternità.
perche quan
do
è toccata dall'humore non hauendo rarità per li fori non puo admetter nel corpo ſuo
l
'humore, ma fuggendo da quello, reſiſte & ſi torce, & fa le ſiſſure in quelle opere, nel
le
quali ſi truoua.
Ma lo Eſcolo per eſſere in tutti i ſuoi principij temperato è molto uti­
le
nelle fabriche, ma poſto in acqua riceuendo per li fori ſuoi l'humore, ſcacciato l'aere, &
1il fuoco per la operatione dell'humida forza ſi ſuol guaſtare. Il Cerro, il ſouero, il faggio,
perche
parimente hanno la meſcolanza dell humore, del fuoco, & del terreno, & molto
dello
aere, paſſandoui per entro l'humore per le rarità, che hanno, preſto marciſcono.
Il
poppio
bianco, & il nero, la Salce, & la Tiglia, & il Vitice, ſatiate di aere, & di fuoco, &
temperate
di humore, hauendo poco del terreno, di tempra leggieri compoſte, hanno nel
l
'uſo loro una mirabile rigidezza.
Non eſſendo adunque dure per la meſcolanza della ter­
ra
, ſono bianche per la loro rarità, & ci preſtano nelle intagliature una mirabile trattabilità.

l
'Alno, che naſce uicino alle riue de i fiumi, & non pare, che ci rechi molta utilità, tiene
in
ſe belliſsime ragioni, perche è molto temprato di aere, & di fuoco, ha molto del ter
reno
, & poco dell'humore, & però, perche non ha tropo d'humore nel corpo, poſto fra
luoghi
paluſtri fra gli fondamenti de gli edificij con ſpeſſe palificate riceuendo in ſe quel li
quore
, del quale per ſua natura è biſogneuole, dura eternamente, & ſoſtenta grandiſsi­
mi
peſi, & ſi conſerua ſenza difetto, & coſi quello, che non puo per molto ſpacio ſopra ter
ra
durare, poſto in acqua, eternamente ſi conſerua.
Et queſto ſi puo conſiderare a Ra­
uenna
, doue tutte l'opere publiche, & priuate ſotto le fondamenta hanno le paliſicate di
queſto
legno.
l'Olmo, & il Fraſsino hanno grandiſsimi humori, & pochiſsima parte del­
l
'aere, & del fuoco, ma della terra temperatamente, ſi piegano poſte in lauoro, & per
l
'abondanza dell'humore ſotto il peſo non hanno durezza, ma preſto ſi torceno, & ſubi­
to
, che per uecchiezza ſono aridi diuenuti, o nel campo inuecchiti, quell'humore, che
in
quelli mentre ſtauano abondaua, ſe ne manca, & ſi fanno piu duri, & nelle commiſſu
re
, & ne gli incaſtri, per la loro lentezza riceueno ferme incatenature.
Similmente il Car
peno
perche è di minima miſtura di fuoco, & di terreno, ma tiene grandemente dello aere
& dell'acqua, non è fragile, ma ſi puo riuolgere per ogni uerſo con grande utilità.
Et pe
i Greci, che di quella materia fanno i gioghi de i buoi, perche Zygia chiamano i gio­
ghi
, ſogliono chiamare quella materia Zygia.
meno è marauiglioſa la natura del Ci­
preſſo
, & del Pino.
perche hauendo queſt'alberi abondanza di humore, & hauendo egua­
le
miſtura de gli altri principij per la ſatietà dell'humore ſi ſpaccano.
ma alla uecchiezza
ſenza
difetto ſi conſeruano.
perche il liquore, che è dentro a que corpi, è di amaro guſto,
che
per l'agrezza non laſcia penetrare il tarlo, ouero altri nociui animaletti.
Et però le
opere
fatte di queſte ſorti d'alberi durano ſempre, & coſi il Cedro, & il Ginepro hanno
le
iſteſſe uirtù.
& ſi come dal Cipreſſo, & dal Pino, uiene la reſina, che noi Raſa chiama­
mo
, coſi dal Cedro uiene l'oglio detto Cedrino.
del quale quando ſono onte le altre coſe
come
anche i libri, non ſenteno tarli, tarme.
Gli alberi di quelli ſono ſimili alla foglia­
tura
del Cipreſſo, & di quella materia la uena, & dritta.
Nel tempio di Efeſo ui è il ſimu­
lacro
di Diana, & anche la trauatura di Cedro; iui ſolamente, ma ne gli altri luoghi ſa­
cri
nobili, ſono le opere di quella materia, per la ſua eternità.
Naſceno queſti alberi maſ
ſimamente
in Candia, in Africa, & in alcune parti della Soria.
Ma il Larice, che non è co
noſciuto
, ſe non da gli habitanti d'intorno la riua del , & i liti del mare Adriano, non
ſolamente
per la grande amarezza del ſugo dal tarlo, & dalli caroli non è offeſo, ma ancho
ra
non riceue la ſiamma dal fuoco, eſſo da ſe non puo ardere, ſenon come il ſaſſo nella
fornace
, a cuocer la calce, con altri legni ſarà abbruciato.
allhora però riceue fiam­
ma
, o fa carbone, ma per lungo ſpatio a pena ſi conſuma.
perche tra i principij, de i quali,
è
compoſto, ha pochiſsima tempra di fuoco, & di acre, ma la materia ſua di humore, &
di
terra iſpeſsita, & raſſodata, & non hauendo poroſità, per la quale il fuoco ui poſſa en­
trare
ſcaccia la forza di quello, ſi laſcia coſi preſto da quello offendere.
Queſta per lo
peſo
ſuo, non è ſoſtenuta nell acqua, ma quando è condotta, ſi pone o nelle barche, o ſo­
pra
le Zatte di abete.
Ma l'occaſione porta, che ſi ſappia come queſta materia è ſtata ritro
uata
, Diuo Ceſare hauendo lo eſſercito cerca le alpi, & hauendo comandato a gli habitato
1ri di quelle caſtella & terre, che gli deſſero uettouaglie, & eſſendo iui un forte caſtello det
to
Laregno, quel li che dentro erano confidandoſi nella fortezza naturale del luogo, non
uolleno
ubidire; per il che l'Imperatore ſi ſpinſe auanti con lo eſſercito.
Era dinanzi la por
ta
una torre fatta di queſta materia con traui trauerſi alternamente raddoppiati, come una
pira
in alto compoſta, in modo, che con pali, & pietre poteua ſcacciare chi har eſſe uolu­
to
auuicinarſi.
uedendoſi poi, che quelli non haueuano altre armi, che pali, & che per lo
peſo
di quelli non poteuano tirarli troppo lontani, fu comandato, che ui metteſſero ſot­
to
le faſcine, & che ſe le deſſe il fuoco, Et coſi preſto i ſoldati ne fecero una gran raunan­
za
.
Dapoi che la fiamma d'intorno a quella materia hebbe appreſe le faſcine, leuataſi al cie
lo
fece credere, che tutta quella mole fuſſe caduta a terra.
Ma poi, che quella da ſe fu
eſtinta
, & ceſſata, ſi uide la torre non eſſer ſtata tocca dal fuoco, ammirandoſi Ceſare co­
mandò
, che lontani dalli tiri delle ſaette circondaſſero il caſtello di trincere, per il che i ca
ſtellani
conſtretti dalla paura ſi diedero all'Imperatore, il quale poi gli dimandò di che fuſ­
ſero
quelle legna, che per la fiamma non ſi conſumauano.
Allhora quelli gli dimoſtraro­
no
quegli alberi, de i quali iui è copia grandiſsima, & per queſto quella fortezza, & que­
ſta
materia fu nominata laregna.
Queſta per lo ſi conduce a Rauenna nella colonia di
Fano
, di Peſaro, & d'Ancona, & in altri luoghi & terre, che ſono in quella regione.
Del
la
qual materia ſe fuſſe commodità di condurne a Roma, ſi cauariano grandiſsime utilità
ne
gli edificij, & ſe non in tutte le coſe, almeno le tauole ſotto le grondi d'intorno l'iſole
{cioè caſe di priuate perſone} (per eſſer tutte le caſe ſeparate l'una dall'altra) ſe fuſſero poſte
di
quella materia ſariano liberate di pericolo del trapaſare de gli incendij, perche queſti
legni
non riceueno, fiamma, carbone, & da ſe non ne poſſono fare.
Sono queſti albe
ri
di foglie ſimiglianti al Pino, la loro materia è diſteſa, & trattabile per lauori di legnami
non
meno della Sappinea detta di ſopra, tiene liquida raſa di colore del mele attico, laqua­
le
è di giouamento a i ptiſici.
Io ho detto di tutte le ſorti di materia, di che proprietà ſia­
no
per natura, & ho eſpoſto con che ragioni ſi generano.
ſeguita che egli ſi auuertiſca per
che
cauſa quello Abete, che in Roma ſi chiama ſopernate, ſia peggiore dello Infernate,
il
quale utilmente dura per lunghiſsimo tempo nelle fabriche.
Et di queſte coſe, come
pare
, che habbiano dalla proprietà de i luoghi bontà, o uitio, accioche manifeſte ſiano, a
chi
ui uorrà penſare, chiaramente eſponerò.
Vitruuio ci ha inſegnato quanto appartiene alla materia (che coſi egli ſi chiama il legname)
il
tempo di tagliar gli alberi, la ragione, il modo di tagliarli, la natura, & uſo loro.
ha detto
dell
'Abete, del Larice, & del Cedro coſe degne, di auuertimento, & ha deſcritto alcuni alberi,
conchiudendo
chiaramente, quanto egli fin hora ha eſpoſto, Noi ſimilmente poneremo tutta la
preſente
materia ſotto un'aſpetto, ſecondo che letto hauemo ne buoni auttori.
Nel legname adun
que
ſi conſidera il tempo, & il modo di tagliarlo, la natura, l'uſo, & la comparatione delle par­
ti
, & del tutto.
Secondo Theofraſto il Rouere, il Pezzo, il Pino ſi deono tagliare quando le
piante
sbroccano.
Ma l'Acero, l'Olmo, la Tiglia, & il Fraſſino dopo la uindemia. Vitru. uuole
che
ſi taglino dal principio dall'Autunno fin auanti, che cominci à ſpirare il uento zefiro: Colu­
mella
da i uenti fin' a i trenta della Luna, che inuecchia; Vegetio dalla quintadecima fin' alla ui­
geſima
ſeconda.
Heſiodo quando cadeno le foglie. Catone il Rouere al Solestitio, & quella ma­
teria
, che ha del maturo, & del uerde, quando le cade il ſeme.
L'olmo quando cadeno le foglie.
Plinio
naſcendo il cane nel far della Luna.
& è oſſeruatione Aſtronomica, percioche per la for­
za
della Luna egli ſi commoue ogni humore.
Tirando adunque la Luna l'humore alle radici il re­
ſtante
della materia ſarà piu puro, & piu purgato.
Perche Plinio uuole che s'aſpetti la notte,
che
ſuccede al giorno, che fa la Luna, quando eſſa Luna ſarà ſotterra.
Tutti questi auttori han­
no
le loro ragioni; benche la maggior parte conuenga.
Non ſi deono uſare i legnami ſe non paſ­
ſati
i tre meſi, tirargli per la rugiada, anzi dopo il mezo giorno, cominciando la Luna a ſce-
1mare, deonſi tagliare alquanto d'intorno per laſciare uſcire l'humore: & poi tagliati di tu tto
ſcorzarli
: è ſpecialmente quelli, che fanno frutto.
ſi deono tagliare ſe non ſatto il frutto. Ri­
poni
gli alberi tagliati doue il gran Sole, i uenti gli diano.
alcuni ſiano unti di ſterco boui­
no
, accioche ſi ſecchino egualmente.
La Castagna ſi purga nell'acqua del mare, la materia, che
ſi
adopera al torno, ſi ſommerge nell'acque, & nel fango per trent a giorni; altri ugneno la ma­
teria
di morchia per li tarli, & quella, che per l'acqua ſi guaſta, ſi ſuole impegolare.
La mate­
ria
inuecchiata d'allume bagnata non arde.
La natura, & uſo de legnami è queſta. L'Alno
è
buono grandemente alle palificate, ne i paludi, & luoghi ſtuuiali, ma all'aere non dura.
L'Eſcu­
lo
, che è una ſpecie di Rouere, è impatiente dell'humore.
L'Olmo allo ſcoperto ſi condenſa, ma
altroue
ſi ſpacca, & la ſua radice è belliſſima fra tutti i legni per la uarietà de i colori, & per
un
certo luſtro.
Dapoi la radice dell'Oliuo è belliſſima. il Pezzo, & il Pino durano ſotterra
eternamente
.
Il Rouere per eſſer ſpeſſo, neruoſo, di pochi fori, è ottimo alle opere terrene, per­
che
non riceue l'humore, & ſoſtenta i peſi mirabilmente.
La Quercia non inuecchia. Il Fag­
gio
, la Iuglande non ſi guaſtano per l'acque.
Il Souero, il Pinaſtro, il Moro, l'Acero, l'Olmo non
ſono
inutili all'uſo delle colonne.
Ma alli taſſelli, & uſo delle trauature la Noce Euboica, ma
ſopra
'l tutto l'Abete; alquale però di leggieri ſi attacca il fuoco, nel reſto è utiliſſimo, gli ce­
de
il Cipreßo.
queſti non ſente uecchiezza, tarli, da ſe ſi rompe, bene è uero che peſa mol­
to
, & è buono per far porte.
Naſce & creſce drittiſſimo per natura ſopra tutti gli altri alberi.
Il
Pino ſi tarla, perche il ſuo liquore è piu dolce che quello dell'Abete.
Il Larice è buono per li
peſi
, & per li trauamenti.
dura, & è neruoſo, & non ſi tarla, pare che delle fiamme ſi ſdegni;
pure
uediamo che egli arde.
uero è che un tronco groſſo di quello con la ſcorza molto reſiſte al fuo
co
.
L'Oliuo, il Fico, la Tiglia, il Salice non ſono buoni per le trauamenta. La Palma ſi uolge
contra
il peſo.
il Ginepro è propoſto alle trauature ſcoperte, a cui ſimile (benche piu ſodo) è di
natura
il Cedro, del quale Vinitiani hanno fatto belliſſime porte alle ſale delle arme.
è legno odo­
ratiſſimo
.
Il Cerro, & il Faggio non durano a i lauori di legnami, come ſono letti, menſe, tauole.
L
'Abete, il Cipreſſo, il Faggio, & anche il Pezzo, benche ſiano fragili, però ſono bnoni per
caſſe
, letti, & aſſi ſottili.
ſimili a queſti è l'Elice. inutili ſono la Iuglande, l'Olmo, & il Fraſſi­
no
: percioche la Iuglande fatta in tauole facilmente ſi rompe, & gli altri alberi cedeno, & pun­
teggiano
.
Ma lo Fraſſino è ubidientißimo all'opera, & coſi la Noce. benche gli antichi nonne
habbiano
fatto molta conſideratione: è però a giorni nostri molto ſtimata, & adoperata in mol­
ti
, & ſottiliſſimi lauori, & di piu ſorti.
Il Moro è lodato perche col tempo ſi fa piu nero, & du­
ra
molto.
L'Olmo è buono a i cardini delle porte: perche ſerua il rigore, ma la radice deue eßer
posta
di ſopra.
dello Acquiſoglio ſi fanno le ſtange, & coſi di Lauro, & d'Olmo. i gradi ſi fan­
no
di Orno, & di Lauro: & le chiauette di Corno.
per cannoni d'acque coperti fanno bene il Pi­
no
, & il Pezzo.
Larice femina di colore ſimile al mele, è buona per adornar le caſe, eſſendo
ſtato
auuertito, che nelle tauole de i pittori è immortale.
& però è buona per le ſtatue, perche
non
ha i nerui ſteſi per lungo, ma interrotti, uarij, & minuti.
Vſauano gli antichi il Loto, il
Boſſo
, il Cedro, il Cipreſſo, & la radice dell'Oliuo piu ſoda, & il Perſico Egittio per farne le
ſtatue
.
ma per fare le tauole da dipignere uſauano gli antichi il bianco, & il nero Poppio. La
Salce
, il Carpene, il Sorbo, il Sambuco, il Fico.
Lodano alcuni la Giuggiola, & per lo torno il
Faggio
, il Moro, il Terebinto, & ſpecialmente il Boſſo, & l'Ebano.
Il Rouero difficilmente
s
'accompagna con altri alberi, & rifiuta la colla, come fanno tutti gli alberi lacrimanti, & creſ­
pi
, & ogni legno, che ſi puo radere.
Non ſtanno inſieme gli alberi, che ſono di natura differen­
ti
, come l'Edera, il Lauro, la Tiglia per eſſer calidi, con i nati in luoghi bumidi.
Similmente
non
ſtanno lungamente in colla l'Eſculo, & la Quercia, ſi deono accompagnare l'Olmo, il
Fraſſino
, il Moro, il Cireggio con il Platano, & l'Alno, perche queſti ſono di natura humida,
quelli
di ſecca.
Gli alberi ſi ſogliono comparare, & quanto al tutto, & quanto alle parti: quan­
to
al tutto gli infecondi ſono piu fermi de i fruttuoſi: i ſeluatichi con mano, con ferro colti
1piu duri. Gli acuti, & tardiui tra i fruttuoſi piu forti. De i dolci piu creſceno gli ſterili, che i
fertili
.
Piu nodoſi gli sterili del tutto, o quelli, che a uicenda fruttano, che i feraci. Tra i no­
doſi
i corti ſono piu difficili.
Sono piu nodoſi quelli, che nodriti ſono in conualli, & piu corti de i
montani
.
Ma i montani piu fermi, & piu groſſi. Sono piu molli i naſciuti in luoghi humidi, &
ombroſi
de gli aprichi.
I legni di color bianco ſono manco denſi, & piu trattabili. Ogni ma­
teria
ponderoſa della liggiera, è piu ſpeſſa, & piu dura, & quella è piu fragile.
finalmente quel­
li
, che piu ſi conſeruano in uita, durano anche tagliati piu lungamente de gli altri.
Hora quan­
to
alla comparatione delle parti, che quanto meno ui è di midolla tanto piu ui è di fortezza: Le
parti
piu uicine alla midolla ſono piu forti, & le piu uicine alla ſcorza, ſono piu tenaci, & la
peggiore
è l'Alburno.
Le piu uicine alla terra ſono piu ponderoſe, le di mezo ſono piu creſpe, le
interiori
piu commode, le eſpoſte al mezo di piu ſecche, & ſottili, & hanno la midolla piu ui­
cina
al cortice.
In fine molte coſe reſtarebbeno a dire, ma queſte uoglio che ſiano a bastanza. Il
reſto
ſi troua raccolto con grandiſſima diligenza da Leon Battiſta. nel ſecondo libro, & di Pli­
nio
nel ſeſto decimo, & in Theofraſto.
Ma quello che è degno in Vitru. di auuertimento, è la
doue
egli dice dello Abete, Quadrifluuijs diſparatur: non che Vitr. non habbia bene interpretato.
& ſimilmente Plinio quando dice, Quæ habeant quadripartitos uenarum curſus, bifidos autem
omnino
ſimplices.
ma perche Theofraſto dice dizous, monozous, tetrazous. Parole tradotte
da
Theodoro Gaza, Quadriuiuas, biniuiuas, & uniuiuas: come dice Hermolao Barbaro.
lequa­
li
parole, & nel Greco, & nel Latino non danno bene ad'intendere quello, che è in fatto.
dico di
Theofraſto
, & di Theodoro, ſe forſe Theofraſto non uuole dire monorous, & dirous, & tetra­
rous
; il che non ardirei di porre; perche egli ſi uede alcuni Abeti tagliati a trauerſo hauere un
corſo
di uene, che uanno per un uerſo, & alcuni hauerne due, che uno caualca l'altro, come ſe
le
dita d'una mano attrauerſaſſero le dita dell'altra; & alcuni hauerne quattro poſti in modi di
craticula
o di rete; come chi poneſſe le dita d'una mano attrauerſate ſopra le dita dell'altra, &
ſopra
quelle anche altre, fin' a quattr'ordini.
Egli ſi ha oſſeruato, che lo Abete creſcendo d'an­
no
in anno, ne i primi anni accreſce il numero delle uene, & da un ſimplice ordine di uene, che di­
moſtra
il primo anno ne fa un'altro attrauerſato ſopra quelle il ſeguente anno, & coſi moltiplica
fino
al quarto anno: & queſta credo ſia l'intelligenza de gli allegati auttori.
Dello abete ſopernate, & internate con la deſcrittione
dell
'Apennino.
Cap. X.
NASCENO le prime radici del monte Apennino dal mar Tirreno in fino
all
'Alpi, & all'eſtreme parti di Toſcana; ma il giogo di quel monte giran
doſi
, & con meza uolta appreſſand oſi alle riue del mar Adriano, peruiene
con
i ſuoi giri uerſo il mare, la onde la ſua piegatura di qua, che riguarda
alle
parti di Toſcana, & di Campagna, è molto aprica, & fiorita, perche del conti­
nuo
prende uigore dal corſo del Sole.
ma la parte di , & che uolta al mar di ſopra
ſottogiace
al Settentrione, è perpetuamente & foſca, & ombroſa.
doue gli alberi, che
ſono
in quella patte eſſendo nodriti di uirtu humida, non ſolo creſcono in iſmiſurata
grandezza
: ma anche le lor uene pregnanti di grande humidità tumide, & gonfie ſi ſatiano
dell
'abondanza del liquore: ma poi quando tagliate, & iſpianate hanno perduto il uigo
re
naturale cangiando col ſeccarſi il rigore delle uene diuentano per la loro rarità uote
& iſuanite: & per queſta ragione non hanno ne gli edificij da durare.
Ma quelli che in
luoghi
eſpoſti al Sole ſono generati, non hauendo al cuna rarità tra le uene loro aſciut
te
dal ſecco ſi fanno piu ferme, perche il Sole non ſolamente dalla terra aſciugando,
ma
anche da gli alberi caua l'humore.
& però quegli, che ſono in parte eſpoſta al Sole
1aſſodati per la denſità delle uene, non hauendo rarità alcuna dall'humore, poi che ſi met­
teno
in opera, piani, & politi durano con molte utilità alla uecchiezza.
& però quelli,
che
ſono dalla parte inferiore dell'Apennino, perche ſono portati da luoghi aprichi, ſo­
no
migliori di quelli, che naſceno nella parte ſuperiore, & uengono da luoghi opachi.

Io
ho eſpoſto quanto ho potuto con l'animo conſiderare le copie neceſſarie al fabri­
care
, di che tempre ſiano per la meſcolanza de i loro principij, & quali perfettioni, &
difetti
habbiano, accioche manifeſte ſiano a chi intende di fabricare.
& però quelli, i
quali
potranno ſeguitare le leggi di queſti precetti, ſarano piu auertiti, & potranno far
elettione
nelle opere dell'uſo di ciaſcuna ſpecie.
Eſſendoſi adunque detto delle prepara­
tioni
della materia.
Reſta che ne gli altri uolumi io dica de gli edificij, & prima de i ſa
cri
Tempij de i Dei immortali, & delle loro miſure, & proportioni, come conuiene
all
'ordine propoſto.
Ha uoluto Vitruuio nel decimo, & ultimo capo di questo ſecondo libro porre la differenza
de
gli alberi, che naſceno dalla parte del Sole, che aprica ſi chiama, da quelli che ne i
luoghi
ombroſi riguardano al Settentrione.
è facil coſa, & confermata da Palladio nell'unde­
cimo
libro al quinto decimo Capo, & da Plinio nel ſeſtodecimo libro, al trenteſimonono Capo.

Et
qui ſia fine del ſecondo libro.
IL TERZO LIBRODELL'ARCHITETTVRA DI
M
. VITRVVIO.
IL Delfico Apollo nelle ripoſte date a Pithia affermò Socrate eſſer di tut­
ti
gli huomini ſapientiſsimo.
Queſti (ſi dice) che con prudenza & dot­
tiſsimamente
diceſſe, che biſognaua, che i petti de gli huomini fuſſero
come
fineſtre, & aperti, affine, che haueſſero i ſenſi non occulti, ma pa
leſi
da eſſer conſiderati.
Voleſſe Iddio, che la natura ſeguitando la
pinione
di Socrate fatto haueſſe i petti apparenti, & chiari: perche ſe co
ſi
fuſſe ſtato non ſolamente le uirtu & i uitij de gli animi ſi uederiano: ma anche le ſcien­
ze
delle diſcipline a gli occhi ſottopoſte con certo giudicio s'approueriano, & a gli eru­
diti
, & intendenti huomini grande, & ſtabile riputatione s'accreſcerebbe, & però, perche
la
natura non a modo d'altri, ma al ſuo coſi fare ha uoluto, non puo eſſere, che gli huomi
ni
con gli ingegni ſotto i petti oſcurati habbiano potuto giudicare come ſono le ſcienze
de
gli artificij del tutto aſcoſe, & gli artefici anchora che promettino la loro prudenza, ſe
non
ſaranno dinaroſi, ouero ſe non ſaranno ſtati conoſciuti per la uecchiezza delle loro
officine
, o non haueranno hauuto gratia, & eloquenza da piazza, non poſſono per la in­
duſtria
de gli ſtudi loro hauere tanto di credito, che creduto lor ſia quello, di che fanno
profeſsione
.
& queſto ſi può ſpecialmente conoſcere da gli antichi ſtatuari, & pittori,
che
di quelli, coloro che hanno hauuto i ſegni di dignità, & la gratia di eſſer commenda
ti
, con eterna memoria ſi mantengono alla poſterità.
Come fu Mirone, Policleto, Phi
dia
, Liſippo, & gli altri, che hanno con l'arte loro conſeguita la nobiltà.
perche come
alle
gran Città, ouero a i Re, ouero a nobili huomini fatti hanno opere, & fabriche, co­
ſi
hanno ottenuto quello, che io ho detto.
Ma quei, che di manco ſtudio, & ingegno,
& ſolertia ſtati ſono, manco belle opere hanno laſciato a gli ignobili cittadini, & di mi
nor
fortuna, non hanno laſciato ricordo di loro alcuno: perche non dalla induſtria, &
1ſolertia dell'arte, ma dalla felicità ſono ſtati abbandonati: come fu Hellas Athenieſe,
Chione
Corinthio, Miagro Phoceſe, Pharace Epheſio, Bedas Bizantio, & molti altri.

Similmente
i pittori come Ariſtomene Thaſio, Policle, & Atramitino, Nicomaco, &
gli
altri, a i quali, induſtria, ſtudio dell'arte, ſolertia mancò, ma ouero la poca
robba
, o la debil fortuna, o l'eſſer ſuperati nella ambitione delle concorrenze da gli auer
ſarij
, poſe oſtaculo alla dignità loro.
però egli è da marauigliarſi, ſe per l'ignoranza
dell
'Arte ſi oſcurano le uirtu: ma bene l'huomo ſi deue grandemente sdegnare, quando
ſpeſſo
la gratia de i conuiti luſingheuolmente, coſi da i ueri giudicij alla falſa approbatio
ne
conduca.
Et però ſe (come piacque a Socrate) i ſenſi, & le opinioni, & le ſcienze cre­
ſciute
dalle diſcipline, fuſſero ſtate chiare, & manifeſte, non ualerebbe la gratia, non
l
'ambitione: ma ſe ci fuſſe, chi con uere, & certe fatiche impiegate nello imparare le dot
trine
, giunto fuſſe al colmo della ſcienza, a queſto ſi darebbe uolentieri i lauori nelle ma
ni
: ma perche quelle non ſono illuſtri, & apparenti, nello aſpetto, (come penſamo che
biſognaua
) & io uedo, che piu preſto gli indotti, che i dotti auanzano di gratia: non iſti­
mando
io, che buono ſia il cotendere con gli ignoranti di ambitione: piu preſto con
queſti
precetti dimoſtrerò la uirtu della ſcienza noſtra.
Nel primo libro adunque, ò Impe
ratore
, ti ho eſpoſto dell'Arte, & che potere ella habbia, & di che diſcipline faccia biſo­
gno
, che l'Architetto ſia ornato; & ſoggiunſi le cagioni, perche coſi biſognaua, che
egli
ammaeſtrato foſſe, & diuiſi in ſomma le ragioni della Architettura, & diuiſe poi, io
I
'ho diffinite: & oltra queſto diſcorrendo, ho dimoſtrato quello, che era prima, & ne­
ceſſario
delle mura, come fare ſi debbia la elettione de i luoghi ſani: & ho dimoſtrato
con
deſcrittioni di linee, quanti, & quali, & da che parte ſpirino i uenti: & ho inſegnato
di
fare i giuſti compartimenti delle piazze, & de i borghi dentro le mura, & con queſto
io
ho poſto fine al primo uolume.
Nel ſecondo anche io ho fornito di trattare della ma­
teria
, che utilità ſi habbia da quella ne gli edificij, & che uirtu le dia la natura.
Hora nel
terzo
io dirò delle ſacre caſe de gli Dei immortali, & eſponerò in che modo eſſer deo­
no
diſegnate.
Detto ha Vitruuio nel primo libro al terzo Capo, che tre ſono'le parti dell'Architettura, una
delle
quali era la edificatione: detto ha ſimilmente, che la edificatione era in due parti diuiſa,
una
delle quali apparteneua alla fabrica delle opere communi, & publiche, l'altra cra poſta nel
le
fabriche priuate.
Ha uoluto, che le distributioni delle opere publiche fuſſero di tre maniere,
l
'una pertinente alla difeſa, l'altra alla religione, la terza alla opportunità.
nel medeſimo libro
ha
fornito quanto s'aſpettaua alla difeſa.
Doueua egli poi trattare delle fabriche pertinenti alla re
ligione
, ma parendogli molto neceſſario eſponere & la materia, & il modo per ponere inſieme la
materia
(ſecondo che egli ha detto) diede ſoggetto al ſecondo libro, nel quale chiaramente ha trat
tato
della materia piu neceſſaria alle fabriche: eſponendo la natura, l'uſo, & le ragioni di quella; pe
hauendoſi sbrigato da quella, ritorna hora alla diſtributione delle fabriche pertinenti alla Re
ligione
; & tratta de i ſacri tempij nel terzo, & nel quarto, abbracciando tutto il corpo della
preſente
materia.
per il che ſi puo dire, che qui comincia tutto il bello, che di mano, & d'inge­
gno
s'aſpetta dallo Architetto.
Qui l'ordine ha luogo, qui la diſpoſitione diſegna, qui la ſimme­
tria
, & il decoro, & la gratia fanno proua, qui ſi ſente la utilità della diſtributione.
nelle
quali
coſe il ualore dello Architetto, la forza dell'arte, l'acutezza dello ingegno riluce.
Onde
egli
ſi puo dire col gran poeta.
O Muſe, o alto ingegno hor m'aiutate.
O mente, che ſcriuesti ciò, ch'io uidi,
Qui ſi parrà la tua nobilitate.
Et ueramente, è degna conſideratione quella, che ſi farà ſopra la preſente materia, & molto
gentilmente
è ſtato auuertito da Vitru. imperoche ſapendo egli la grande importanza della co-
1ſa, & che infinita è la ſchiera de gli ſciocchi, ſi ha moſſo a deſiderar quello, che diſideraua So
crate
, che haueſſe l'huomo, cioè che egli haueße una fineſtrella nel petto, accioche dentro ſi ue­
deſſe
la ſcienza, l' Arte, il bene, & il male, che dentro ui fuſſe.
Perche la Gratia, il fauore, la
fortuna
luogo darebbeno, quando il perito, & intelligente con lo imperito & ignorante di pari
ueniſſero
al giudicio delle genti.
ſarebbe la Virtù di piu ſtima, & l' Arroganza cederebbe alla mo­
deſtia
.
Credo io che Vitr. haueſſe bello, & alto penſiero, uiuo, & ſoaue guſto delle ragioni del­
l
' Architettura, onde in ſe ſteſſo godendone, diſideraua, che tutto'l mondo conoſceſſe la bellezza
della
uirtù.
& però concorreua nella opinione di Socrate, la dignità del quale fu giudicata dalla
ſacerdoteſſa
Pithia per nome di Apollo eſſere di ſapientia ſopra tutti gli huomini.
Certamente io
ho
oſſeruato, che non ſenza grande cagione Vitru. ha propoſto i proemi a i ſuoi uolumi; perche
eſſendo
il proemio, (come detto hauemo nel ſecondo libro) quello, che prima ciè propoſto, &
per
queſto riguardando noi con maggiore attentione quello, che prima ci uiene inanzi, bello, &
conueneuole
auuertimento è di proponere ne i proemij quelle coſe, che noi uogliamo, che ſiano
grandemente
conſiderate, & atteſe.
Vuole adunque Vitr. (da poi che la natura non ha fatto
a
modo noſtro) che almeno ci forzamo ſcoprire con la eccellenza dell' Arte quello, che ne i petti
noſtri
è rinchiuſo.
La eccellenza adunque dell' Arte (come ſpeſſe uolte hauemo detto, & ci gio­
ua
di replicarlo) è poſta nella ragione, la quale Vitr. ha poſto nelle ſei predette coſe.
Queſta egli
ha
chiamato diſcorſo, coſa ſignificante, & forma.
Però ſe alcuno fia, che uoglia uedere piu a
dentro
, & ritrouare la uerità delle coſe, io lo prego, che con benigno animo legga il ſottoſcritto
diſcorſo
, & ritrouando quello, che egli deſidera, lodi meco la bontà di Dio.
& ſe del tutto egli
non
ſarà ſatisfatto, aggiunga lo ſtudio, & il fauore all' opera da me cominciata; l'uno per ritro­
uar
il uero, l'altro per accettare il buon animo, del quale io mi faccio perpetuo debitore.
Tanta
è
la forza della proportione, tanta è la neceſſità, tanta è l'utilit à di eſſa nelle coſe, che non puo
alcuno
all'orecchie, a gli occhi, a gli altri ſenſi recare alcuna dilettatione ſenza la con­
ueneuolezza
, & la riſpondenza della ragione, la doue tutto quello, che diletta, o piace, non
per
altro diletta & piace, ſe non perche tiene proportionata miſura, & moderato temper amen­
to
.
Non prima con diletto, & piacere nell' animo per le orecchie diſcendeno le uoci, & i ſuoni,
che
tra ſe non conuenghino in proportionata ragione di tempo, & di diſtanza.
Le belle inuentio­
ni
de gli huomini tanto hanno del buono, quanto piu ingenioſamente ſono proportionate.
Effi­
caciſſima
coſa è nel comporre, & meſcolare le ſemplici medicine, la proportione, come nel fare
la
Tiriaca, & il Mitridato.
Diuina è la forza de i numeri tra ſe con ragione comparati. ſi puo
dire
, che nella fabrica di queſta uniuerſità, che noi mondo chiamamo, & nel picciol mondo an­
chora
, ſia coſa piu ampia, piu degna della conueneuolezza del peſo, del numero, & della miſura,
con
la quale il tempo, lo ſpacio, i mouimenti, le uirtù la fauella, lo artificio, la natura, il ſa­
pere
, & ogni coſa in ſomma diuina, & humana è compoſta, creſciuta, & perfetta.
Ilche come
è
uero, coſi non ſtimo io, che util ſia il uolere con piu ampie indottioni prouarlo.
Quando adun­
que
ſarà da noi con bello, & ſottile auuedimento prouiſto, che tutto quello, che ſarà fatto da noi
ſia
con le ragioni delle proportioni compoſto: non ſolamente ſaremo giudici degni delle opere de
gli
antichi, ma anchora inuentori, & operatori da noi ſteſſi di coſe rare, & eccellenti.
& quan­
do
bene Vitr. non ſi trouaſſe al mondo, potrebbe colui che ueramente intendeſſe il ualore delle
proportioni
, ritrouare innumerabili precetti d'Architettura, per temerario ſarebbe hauuto,
perche
in difeſa ſua prenderebbe la ragione.
la qual coſa ha dato riputatione a gli artefici, com­
modo
al mondo, & gloria a i Principi.
Volendo adunque noi trattare delle proportioni, diremo
primieramente
, che coſa è proportione, diſtingueremo le ſpecie ſue, & in fine comparando l'uſo
di
ciaſcuna ſpecie, accioche ſappiamo quale proportione a qual fabrica conuenga.
Molto am­
piamente
ſi ſtende queſto nome di proportione nella ſua ſignificatione, perche ogni conuenienza,
& ſimiglianza di coſe uolgarmente è detta proportione, & anche nella uirtù è ſoſtanza, nella
qualità
, & altri generaliſſimi capiſi dice eſſer proportione.
Ma noi parlamo della uera propor-
1tione, che è compreſa ſotto la quantità. non che la proportione ſia quantità, ma perche è propria
della
quantità.
Trouanſi due maniere di quantità, una è detta continua, come linea, ſoperficie,
corpo
, tempo, & mouimento.
l'altra è detta quantità partita, & diſcreta, o ſeparata, (come
uogliamo
dire) come è il numero due, tre, & quattro, & lo proferire delle ſillabe nel formar le
parole
; & le parole iſteſſe una è ſeparata dall'altra.
Dell'una & dell'altra quantità, è proprio,
che
ſecondo ciaſcuna ſi dica, le coſe eſſere eguali, o diſeguali.
Benche queſta proprieta ſia ſta­
ta
trasferita in molte altre coſe, che non ſono quantità, perche tutte le coſe, delle quali ſi puo far
traſe
alcuna comparatione, ouero ſono egualitraſe, & pari, ouero diſeguali, & diſpari.
Hora
io
dico, che la proportione è nel num ro di quelle coſe, che ſi riferiſceno ad altre, & lo eſſer ſuo
è
tale, che non ſta da ſe, ma ha riguardo ad altro: & perche una coſa in comparatione d'un'al­
tra
è o piu, o meno, o tanto: però delle proportioni altre ſaranno tra coſe pari, & eguali, altre
tra
diſeguali, o maggiori, o minori, che elle ſiano.
Ma perche noi ragionamo di quella propor­
tione
, che ſi truoua nella quantità, però dicemo, che proportione altro non è, che una terminata
habitudine
, riſpetto, o comparatione di due quantità compreſe ſotto un'iſteſſo genere.
come ſa­
rebbe
due numeri, due corpi, due luoghi, due tempi, due linee, due piani.
percioche non ſi puo
dire
propriamente, che la linea ſia minore, o maggiore, o pari alla ſoperficie, come egli ſta be­
ne
a dire; che una linea, è pari all'altra, o maggiore, o minore.
perche la comparatione ſi fa di
coſe
compreſe ſotto un'iſteſſo genere.
Diſſi, terminata, non inquanto a noi, in ſe certa, ma
tale
che non puo eſſer altra, come ſi dirà dapoi.
Iſpedita adunque la diffinitione della proportione,
manifſta
coſa è, che ritrouandoſi ella nella quantità, alcuna appartenerà alle miſure, alcuna a i
numeri
, alcuna ſarà meſcolata di numeri, & di miſure.
La pertinente alle miſure, che ſi chia­
ma
Geometrica ſarà nelle quantità continue, le quali tutte cadeno ſotto miſura.
La pertinente
a
numeri, che è detta Arithmetica, è nelle quantità diſtinte, & ſeparate, come quando egli ſi
fa
comparatione da numero, a numero.
La meſcolata di numeri, & di miſure, che Harmoni­
ca
ſi chiama, è quella che compara i tempi, & gli interualli delle uoci, & gliecceſſi, & differen­
ze
delle proportioni, come ſi dir à nel quinto libro.
Hora diremo della proportione Geometrica,
la
quale è quando ſi fa comparatione d'una coſa continua all'altra, & della Arithmetica, che ſi
fa
tra numeri.
uolendo adunque noi ritrouare le ſpecie delle proportioni, biſogna ſapere come ſti. ­
no
le coſe tra ſe comparate l'una con l'altra.
per tanto ritrouando noi, che le coſe ſono tra ſe o
eguali
, o diſeguali, facendone la comparatione diremo, che la proportione ſarà di due maniere,
l
'una quando ſi farà comparatione di due quantità tra loro, cioe che una non eccederà l'altra, ma
ſarà
tanto a punto: & queſta è detta proportione di agguaglianza.
l'altra, quando ſi farà com­
paratione
di due quantità diſeguali, cioè che una eccederà l'altra: & ſarà detta proportione di
diſaguaglianza
.
& coſi haueremo due ſorti di proportione, delle quali la prima non ha ſotto di ſe
altra
ſpecie, perche l'agguaglianza non ſi puo diuidere, perche non naſce ſe non ad un'iſteſſo mo­
do
.
Ma la ſeconda puo eſſere in due modi generali, l'uno quando ſi compara il piu al meno: l'al­
tro
quando ſi compara il meno al piu.
il primo ſi dirà proportione di diſagguaglianza dal mag­
giore
.
il ſecondo, proportione di diſagguaglianza dal minore. & perche tante ſono le ſpecie di
comparare
il piu al meno, quanto quelle di comparare il meno al piu: però dichiareremo le ſpecie
della
proportione dal maggiore, perche poi l'altre ci ſaranno manifeſte.
In tre modi adunque ſi
fa
comparatione dal piu al meno, cioè in tre modi, il piu eccede il meno, dico nella ſemplice pro­
portione
.
Il primo è quando il piu contienè il meno piu uolte a punto, & ſi chiama proportione
moltiplice
, come il quattro contiene due, due fiate a punto, & non piu.
il noue contiene il tre,
tre
fiate a punto.
l'altro è quando il piu contiene il meno, & di piu alcuna parte di quello, & ſi
chiama
proportione ſopra particolare: percioche il piu è ſopra il meno di qualche parte.
come
quattro
a tre, che quattro contiene tre una fiata, & la ſua terza parte, che è, uno.
il terzo mo­
do
è quando il piu contiene il meno una fiata, & piu parti di quello, come cinque a tre; che cinque
contiene
tre una fiata, & due parti di eſſo; & queſta ſi chiama proportione ſopra partiente; per-
1che il termine maggiore contiene il minore una fiata, & ſopra partiſce quello, con la aggiunta
di
piu parti.
Deueſi però intendere di quelle parti, che non miſurano il tutto a punto. & queſte
ſono
le ſemplici, & uniuerſali ſpecie della proportione della maggiore diſagguaglianza.
Hora
diuideremo
breuemente ciaſcuna delle predette ſpecie in altre piu particolari diſtintioni.
La mol­
tiplice
adunque ſi diuide in queſto modo.
ſe la maggior quantità contenerà due fiate, & non piu
la
minore, ne naſcerà la proportione che ſi chiama doppia, ſe tre tripla, ſi quattro quadrupla,
& coſi ua in infinito.
quattro a due è doppia, noue a tre tripla, otto a due quadrupla. La pro­
portione
ſopraparticolare ſi troua in queſto modo: che ſe il piu contiene il meno una fiata, &
meza
, ſarà la proportione ſeſquialtera; come ſei a quattro; perche ſei contiene quattro intiera­
mente
, & di piu la metà, che ſon due.
ſe contenerà il terzo oltra il tutto ſarà, la proportione ſeſ­
quiterza
, come quattro a tre, otto a ſei: ſe un quarto ſeſquiquarta, come dieci ad otto: ſe un quinto
feſquiquinta
, & coſi ua ſeguitando in infinito.
& ſe uorremo hauere le ſpecie della ſoprapartien­
te
, diremo in queſto modo: che il piu contiene il meno una fiata, & due parti d'eſſo, ouero tre, o
quattro
, & coſi in infinito.
ſe contenerà due parti di piu del meno, diraſſi ſoprabipartiente, co­
me
cinque a tre, che è un tanto & due terzi.
ſe tre parti, chiameraſſi ſopra tripartiente, come è
otto
a cinque, che è un tanto, & tre quinti.
ſe quattro, ſopra quadripartiente, come noue a cin­
que
, che è un tanto, & quattro quinti.
& coſi nel reſtante. & queſte ſono le ſpecie della mag­
gior
diſagguaglianza nella ſemplice proportione.
Le compoſte ueramente ſono due; & ſi chia­
mano
compoſte, perche ſono fatte di due ſemplici.
La prima è detta moltiplice ſopraparticolare,
la
ſeconda moltiplice ſoprapartiente, perche ritengono la natura di quelle proportioni, delle qua­
li
ſono compoſte.
inquanto adunque la prima è detta moltiplice, ne ſegue, che'l maggiore conten­
ga
il minore piu uolte; & inquanto è detta ſopraparticolare, ne ſegue, che il maggiore contenga
il
minore, con alcuna parte di quello.
& però la moltiplice ſopraparticolare comparando il piu
al
meno, ritroua che il piu contiene il meno piu uolte, & qualche parte di quello, ſe due fiate, & la
metà
, ſarà proportione doppia ſeſquialtera, come cinque a due: ſe tre fiate, & la metà, ſarà tripla
ſeſquialtera
, & coſi in infinito: & ſimilmente due, & un terzo come ſette a tre, doppia ſeſquiterza,
ſe
tre ſiate, & un terzo, ſarà tripla ſeſquiterza.
& coſi ua diſcorrendo. Parimente la molti­
plice
ſopra partiente proportione in quanto moltiplice, il piu contenerà il meno piu fiate, & in­
quanto
ſopra partiente il piu contenerà alquante parti del meno.
ſe due fiate, & due partiſarà dop
pia
ſoprabipartiente, come dodici a cinque; ſe due fiate & tre parti, ſarà doppia ſopra tripartien­
te
, come tredici a cinque, & coſi in infinito.
come ſe il piu conteneſſe il meno tre fiate, & due
parti
, ſarebbe tripla ſoprabipartiente, come diceſſette a cinque; ſe tre fiate, & tre parti, ſarebbe tri
pla
ſopratripartiente, come diciotto a cinque.
& coſi ſeguendo nell'altre. & perche per uno ri­
ſpetto
egli ſi conoſce l'altro, però dalle ſpecie delle proportioni della diſagguaglianza del mag­
giore
al minore, ſi hanno le ſpecie della diſagguaglianza del minore al maggiore: ui è
altra
differenza, ſe non che ſi come nella prima ſi cominciaua dal piu, & ſi termina­
ua
nel meno, coſi in queſta ſi comincia dal meno, & ſi termina nel piu, & ſi muta quella
particola
ſopra, nella particola ſotto.
però ſi dice ſotto moltiplice; ſotto doppia, ſotto ſeſquialte­
ra
, ſotto ſeſquiterza.
Egli ſi deue auuertire, che in due modi una quantità è parte dell'altra, il
primo
è quando la parte d'una quantità preſa ſecondo alquante fiate a punto, entra nel tutto di
punto
; cioè quando il par titore entra a punto nella coſa partita, & niente gli auanza.
Queſta
noi
chiamaremo parte moltiplicante.
& queſta è la uera, & propria intelligenza, di questo
nome
, che parte, ſi chiama.
In altro modo parte è quella, che preſa quante fiate uuoi, mai non
ti
rende l'intiero, & ſi chiama parte aggiunta, imperoche aggionta con un'altra parte fa il tut­
to
.
L'eſſempio della parte moltiplicata è, come due a ſei, imperoche due miſura ſei, & ui entra
tre
fiate a punto: come tre a noue, otto a trenta due.
l'eſſempio della parte aggiunta è come due
al
cinque, perche due preſo due fiate non fa cinque, preſo tre fiate paſſa cinque.
Queſte parti ag­
giunte
ſono però compoſte di parti moltiplicanti, perche il due è compoſto di unità, lequali miſu-
1rano due, entrandoui due fiate a punto. & tanto ſia detto cerca la diffinitione, & diuiſione della
proportione
.
Hora ſi dirà quello, che ne naſce. Dalle proportioni adunque naſceno le comparatio­
ni
, & i riſpetti, che hanno tra ſe, cioè quando una proportione è comparata con l'altra.
& queſte
ſimiglianze
di proportioni ſi chiamano proportionalità: & ſi come la proportione è riſpetto, &
conuenienza
di due quantilà compreſe ſotto un'iſteſſo genere, coſi la proportionalità è riſpetto,
& comparatione non d'una quantità all'altra, ma d'una proportione all'altra.
Come ſa­
rebbe
a dire la proportione, che è fra quattro & due, eſſer ſimile alla proportione, che è fra
otto
, & quattro.
imperoche & l'una, & l'altra è doppia. Et però tutte le doppie, tutte le tri­
ple
, tutte le quadruple, o ſiano d'uno iſteſſo genere, come tra linea, & linea, tra corpo, & cor­
po
, o ſiano di diuerſi generi, come tra linea, & corpo, tra corpo, & ſpatio, tra ſpatio, et tempo
ſono
proportionali, & conſeguente ſimili: & doue è proportionalità, iui è neceſſario, che ſia pro
portione
; perche (come s'è detto) la proportionalità non è altro, che camparatione di propor­
tioni
.
ma non per lo contrario, perche fra quattro & dua, è proportione, ma non proportiona­
lità
.
Nelle proportionalità conſiſteno tutti i ſecreti dell' Arte. Ma perche egli s'intenda bene
quanto
ſcoprir uolemo; egli è utile a dire, come ſi conoſceno i denominatori delle proportioni, co­
me
ſi leua, come ſi aggiugne, come ſono moltiplicate, & partite, & poi ſi dir à delle proportiona
lità
, & termini loro.
Per ſapere adunque ritrouare i denominatori delle proportioni, il che gio­
ua
a conoſcere qual proportione ſia maggiore, qual minore: perche nelle fabriche quelle hanno
piu
del grande, che ſono di maggiore proportione, perche una stanza di due quadri, ha piu gran­
dezza
, che una di un quadro & mezo eſſendo, che la doppia è maggior proportione che la ſeſqui
altera
.
Egli è dunque da conſiderare, che quando la proportione è di agguaglianza, cioè quan­
do
ſono tante unità, o miſure in un numero, o grandezza, quante ſono in un'altro, non è neceſſa­
rio
di affaticarſi in ritrouar denominatori, perche di quella ſpecie di proportione non ſi tro­
ua
diuiſione, non eſſendo tra le coſe pari maggioranza, minoranza.
Resta adunque, che
i
denominatori ſiano tra le ſpecie della proportione di diſagguaglianza.
Breue adunque, &
iſpedita
regola di ritrouare i numeri, dai quali ſono denominate le proportioni, è partire uno eſtre
mo
della proportione per l'altro.
Imperoche quello, che ne uiene per tale partimento, è ſempre il
denominatore
della proportione.
Partire altro non è, che uedere quante fiate un numeroentra nel­
l
'altro, & quello, che auanza.
La doue è ragioneuole, che dal partimento, & da quello, che
reſta
ſi conoſca il nome di ciaſcuna proportione: ecco lo eſſempio.
ſe uuoi ſapere come ſi chiama la
proportione
tra quattro, & otto, partirai otto per quattro, cioè uedi quante fiate il quattro en­
tra
nell'otto, & trouerai, che quattro entra due fiate a punto: da due adunque chiamerai la pro
portione
; che è tra otto, & quattro: & dirai, che la proportione è doppia.
Similmente ſe uuoi
ſapere
come ſi chiama la proportione, che è tra cinque, & ſedici, partirai ſedici per cinque, &
ritrouerai
, che'l cinque entra in ſedicitre fiate, & però dirai, che è proportione tripla, eſſendo
denominata
da tre, & perche gli reſta uno, che è la quinta parte di cinque, però dirai, che quel­
la
proportione è tripla ſeſquiquinta, & conoſcerai, quella eſſer compoſta, cioè moltiplice ſopra
particolare
, & coſi farai nelle altre.
Dalla ſopradetta cognitione (come ho detto) ſi caua que
ſta
utilità, che ſi puo ſapere; quale proportione è poſta tra le maggiori, & quale tra le minori,
& quale tra l'eguali, & ſimili proportioni.
ſimili ſono quelle, che hanno ſimili, & le iſteſſe
denominationi
, maggiori ſono quelle, che hanno maggiore denominatione, & minori, mi­
nore
, perche la denominatione è detta eſſer tanto grande, quanto il numero, che la dinota.

Et
però la quadrupla è maggiore della tripla, perche quella dal quattro, queſta è deno­
minata
dal tre.
& coſi la ſeſquialtera è maggiore della ſeſquiterza, perche la ſeſquialtera è deno
minata
dalla metà, la ſeſquiterza da un terzo.
& ne i rotti quanto è maggiore il denominatore
del
rotto, tanto è minore il rotto, & però un quarto è meno d'un terzo.
perche quattro è mag­
giore
ditre: & però una tripla ſeſquialtera è maggiore d'una tripla ſeſquiterza: ma una tripla ſeſ­
quiterza
è maggiore, che una doppia ſeſquialtera, & questo non per la denominatione del rotto,
1ma per la denominatione del numero intiero, che è maggiore. ſimilmente nelle proportioni ſopra­
partienti
maggiore è quella, che da numero maggiore è denominata.
Et perche meglio s'inten­
da
, io dico, che la proportione ſoprapartiente è quando il piu contiene il meno una fiata, & piu
parti
di eſſo, & queſto è tanto dal numero di eſſe parti, quanto dalla denominatione, & quante
dall
'uno, & dall'altro.
Dal numero delle parti quando il piu contiene il meno una fiata, &
due
parti di quello, ſi dice ſoprabipartiente; ſe tre ſopratripartiente, & coſinel reſto.
Dalla de
nominatione
delle parti, quando il piu contiene il meno una fiata, & le parti, che ſono terzi del
meno
, ſi dice ſoprapartiente le terze, Dall'uno, & dall'altra, cioè dal numero, & dalla deno­
minatione
delle parti: come ſe diceſſe ſoprabipartiente le terze.
Dico adunque, che ſecondo la pri
ma
denominatione, che eſprime quante parti del numero minore ſono contenute nel maggiore, s'in­
tende
la proportion maggiore; perche la ſeconda, che eſprime quali ſiano quelle parti del nume­
ro
minore, è quella iſteſſa, come dire: la ſopraottopartiente le undecime è maggiore, che
la
ſopratripartiente le undecime, perche queſta dal numero minore, che è tre, quella dal
maggiore
, che è otto, ſi denomina, eſſendo la ſeconda denominatione la iſteßa nell'una,
& nell'altra.
Qui ci biſognerebbe la generatione, & la proprietà di ciaſcuna propor­
tione
, & quel bello diſcorſo, che fanno gli Arithmetici prouando, che ogni diſaggua­
glianza
naſce dall'agguaglianza, & che la egualità è principio della diſegualità, & che
ogni
diſegualità ſi riduce all'egualità: ma biſogna laſciare coſi alte conſiderationi a quelli, che
uogliono
trouare il principio di tutte le coſe create, la unità trina di quello, & la produttione non
di
queſte fabriche particolari, ma della uniuerſità del mondo, & delle coſe, che ui ſono dentro.

parleremo
adunque del raccogliere, moltiplicare, ſcemare, & partire delle proportioni.
Per­
che
Vitr. in molti luoghi, lieua, pone, partiſce le proportioni; come ſi uedrà nel primo Capo del
preſente
libro, & al ſecondo, & all'ultimo.
& nel quarto al terzo Capo. & infinite ſono le occo
renze
di ſeruirſi piu d'una che d'un'altra proportione, come nella diuiſione de i corpi delle fabri­
che
, ne gli Atrij, Tablini, ſale, loggie, baſiliche, & altre coſe di gran momento nel raddoppiar
i
corpi, nel trouar le linee proportionali, nel ſcorzare i piani, nella machinatione, & in ſomma
in
ogni coſa all' Arte ſottopoſta.
Hor al propoſito. Per raccogliere due proportioni inſieme bi­
ſogna
trouare il denominatore della proportione prodotta: dapoi raccogliere i numeri poſti ſotto
la
iſteſſa proportione prodotta.
Il primo ſi fa a queſto modo. moltiplica il denominatore d'una
proportione
, nel denominatore dell'altra, & coſi ne reſter à il denominatore della raccolta, &
prodotta
denominatione.
Il ſecondo ſi fa moltiplicando tra ſe i numeri antecedenti delle
propoſte
proportioni, & moltiplicando i numeri conſeguenti anche tra ſe, auuertendo
che
queſta regola ci ſerue nelle proportioni ſimiglianti, cioè quando amendue ſono della diſagua­
lianza
dal maggiore, ouero amendue dal minore.
Hora all'eſſempio. ecco la proportione che è
tra
noue, & tre, è tripla, & la ragione, che è tra quattro è due è doppia: uoglio raccogliere una
tripla
, & una doppia, & uedere che proportione naſce: moltiplica adunque i denominatori,
che
ſono due, & tre: & dirai che ne uien ſei.
questo adunque ſarà denominatore della pro­
dotta
proportione: & però da una tripla, & da una doppia ne naſce una ſeſtupla.
il che ap­
pare
per li numeri moltiplicati d'amendue le proportioni: perche moltiplicando noue, per
quattro
, ne uiene trenta ſei, & tre per due ne uien ſei: la doue trenta ſei riſpetto a ſei ritiene
proportione
denominata ſeſtupla.
Voglio anche nelle ſopraparticolari darne lo eſſempio,
& raccogliere la ſeſquialtera, che è tra tre, & due, & la ſeſquiterza, che è tra tre & quat
tro
, moltiplico mezo che è denominatore della ſeſquialtera in un terzo, che è denominatore
della
ſeſquiterza, & ne naſce due, che è denominatore della prodotta proportione: & però da
una
ſeſquialtera, & da una ſeſquiterza raccolte inſieme, ne naſce una doppia: moltiplica
adunque
i numeri antecedenti, che ſono tre & quattro, ne uien dodici, & i conſeguenti che
ſon
due e tre, & ne uien ſei.
adunque dodici a ſei tiene proportione doppia. Queſto gioua nel
la
muſica grandemente.
Ecco, quando la conſonanza muſicale detta diapente ſia in proportio-
1ne ſeſquialtera, & la diateſſaron in ſeſquiterza: ſe egli ſi ponerà inſieme l'una, & l'altra,
ſe
ne cauerà la diapaſon, che è in proportion doppia.
d'una quinta adunque, & d'una quarta ſi
fa
un'ottaua.
Similmente addurremo lo eſſempio nelle ſoprapartienti. uolendo adunque aggiu­
nere
la ſoprabipartiente le terze, come cinque a tre; alla ſopra tripartiente le quarte, come ſet­
te
a cinque, ſi piglia il denominatore della ſoprabipertiente le terze, che è uno & due terzi, &
ſi
moltiplica inſieme col denominatore della ſopratripartiente le quarte, che è uno, & tre
quarti
, & ſi raccoglie due, & undici duodecimi, da i quali naſce la doppia undecipartiente
le
duodecime.
ecco, moltiplica cinque, & ſette che ſono li primi numeri delle predette pro­
portioni
, ſi produce trentacinque: moltiplica anche i ſecondi, che ſon tre, & quattro, ne uie
ne
dodici.
trentacinque adunque contiene il dodici due fiate, & ne auanzano undeci duodeci­
mi
: & coſi ſi raccoglieno le proportioni quando amendue ſono ſimili.
Ma quando ſono diſſimi­
li
, cioè una della maggiore, & l'altra della minore, allhora quella proportione, che è denomi
nata
dalla maggior quantità, ſi deue partire per l'altra.
ſia adunque da comporre una ſotto
doppia
, come uno & dui, con una ſeſquialtera, come tre a due.
la ſotto doppia è denominata
dal
due, come è la doppia.
& la ſeſquialtera è denominata dall'un, & mezo, che è meno del­
La
doppia.
partiſcaſi dunque dua per un & mezo, ne reſta uno, & un terzo: & però dalle ſo­
predette
proportionine uiene una ſottoſeſquiterza.
ecco una & due ſopra, tre & due, moltipli­
ca
i primi numeri, che ſono uno, & tre, fanno tre.
il che ſi deue notare ſotto una linea. da­
poi
moltiplica due in due, ne riſulterà quattro, & tre a quattro, & in proportione ſotto ſeſ­
quiterza
.
Ma quando biſogno ſia di componere piu di due proportioni inſieme, componerai con
la
terza quello, che riſulta dalle due prime, & la compoſta di tre componerai con la quarta, &
coſi
anderai ſeguitando.
& di queſto puo baſtare uno eſſempio. in queſti numeri, quattro tre,
tre
& due, tre & uno.
Dalle proportioni adunque di quattro a tre, che è ſeſquiterza, & di tre
a
due, che è ſeſquialtera, ne naſce, come s'è detto, una doppia: laqual partita, per la ſeguen­
te
ſequialtera tre a due, fa la ſequiterza, la qual moltiplicata in una tripla, che ha tre ad uno
ſa
la quadrupla, che ha quattro ad uno.
Dalle coſe già dette ne naſce, che di due propor­
tioni
di diſaguaglianza dal maggiore inſieme compoſte ne naſce la proportione della diſagua­
glianza
del maggiore: ma l'una & l'altra è maggiore.
conſeguentemente da due proportioni
della
diſaguaglianza dal minore, ſi produce la proportione della diſaguaglianza dal minore, ma
l
'una & l'altra è minore proportione.
Ma da una della maggiore, & l'altra della minore ſi fa
tale
proportione, quale è quella, che è denominata dal numero maggiore.
Ma la proportione
dell
'aguaglianza, con quella della maggiore diſaguaglianza produce la iſteſſa proportione della
maggior
diſaguaglianza, & ſa lo iſteſſo riſpondente con la proportione della minor diſaguaglian­
za
.
per il che ſi uede, che la proportione dell'agguaglianza moltiplicata in ſe ſteſſa produce la
ragione
dell'agguaglianza.
Et queſto detto ſia del componimento delle proportioni Ma quando uor
remo
ſottrarre una proportione dall'altra, et conoſcer quale proportione reſta: biſogna partire con
queſto
auuertimento, che (ſi come ne i numeri s'è detto che ſi leua il minore dal maggiore) coſi nel
le
proportioni ſi leua la minore dalla maggiore.
Primamente adunque ſi parte il denominatore della
maggiore
, per lo denominatore dalla minore, et ſi produce il denominatore di quella, che reſta, dapoi,
per
li numeri poſti ſotto le date proportioni.
pongaſi adunque ſopra una linea traſuerſa i numeri della
maggior
proportione (che è quella che ſi deue partire) & di ſotto i numeri della minore, dapoi ſia
moltiplicato
il primo antecedente numero di quella proportione, che ſi deue partire, per lo conſe­
guente
del partitore, perche ſi farà l'antecedente, & primo di quella proportione, che reſta, &
per
la moltiplicatione del ſecondo numero della proportione da eſſer diuiſa per lo antecedente del­
la
diuidente, ne naſce il conſeguente della restante.
& queſto modo conuiene col partire de i rot­
ti
uulgari.
poniam caſo, che uogliamo ſottrarre una doppia da una tripla. partirai adunque tre,
che
è denominatore della tripla, per due, ch'è denominatore della doppia, & ne uenirà uno & me
zo
, dal quale ſi denomina la ſeſquialtera.
Siano queſti numeri noue, & tre in proportione tripla;
1& in doppia quattro & due: moltiplica noue per due, ne uiene diciotto & tre in quattro, ne
uien
dodici.
al qual numero diciotto è in proportione ſeſquialtera. Coſi anche nella proportione
ſopra
particolare ſi procederà, come ſarebbe il leuare una ſeſquiterza da una ſeſquialtera.
parti
adunque
il denominatore della ſeſquialtera, ch'è uno & mezo, per lo denominatore della ſeſquiter
za
, ch'è uno, & un terzo, ne ſeguira uno, & un'ottauo.
Dalla propoſta ſottrattione adunque ne reſta
una
ſeſquiottaua.
tre a due è in ſeſquialtera, quattro a tre in ſeſquilerza, moltiplica tre per tre
fa
noue, due per quattro ſa otto, ma noue ad otto è in proportione ſeſquiottaua.
Finalmen­
te
nelle ſoprapartienti uoglio leuare una ſoprabipartiente le terze, da una ſopra tripar­
tiente
le quarte.
partendo uno, & tre quarti, per uno & due terzi, ne riſulta uno, & un
uigeſimo
.
dal che è denominata la proportione ſeſquiuigeſima, come ci ſarà dato anche da gli
auuenimenti
de i numeri ſette a quattro, cinque a tre.
moltiplica ſette per trè, ne uiene uen­
tiuno
: & quattro per cinque, ne uiene uenti: al qual numero ſi troua eſſer in proportione ſeſ­
quiuigeſima
il uenti.
Dal partire adunque la proportione della maggior diſaguaglianza, per la
ragione
, & proportione della minore, ne naſcerà la proportione della maggiore, minor dell'una,
& dell'altra.
Il ſimile ſi deue giudicare delle diſſimiglianti proportioni, che ſono della diſagua­
glianza
dal minore: percioche ne naſcerà proportione della minor diſaguaglianza, parimente mi
nore
dell'una, & dell'altra: ma ſe amendue ſaranno o della maggiore, o della minore diſagua
glianza
, & tra ſe ſimiglianti, cioè ſe la propoſta proportione ſi partirà per ſe ſteſſa, ne ri­
ſulterà
la ragione dell ag guaglianza: & in ſomma ſe una ſarà della maggiore, & l'altra
della
minore diſaguaglianza, ſi produrrà una proportione, che hauerà piu in queſta par­
te
dell i proportione, che ſi deue partire, che di quella, che parte, & ſarà quella, che
ſi
eſprime per lo numero maggiore.
Et tanto uoglio, che detto ſia dello accreſcere, ſcemare,
o
partire delle proportioni.
Reſta che noi portamo inanzi quello, che piu importa, & è co­
ſa
mirabile per ſapere delle ſimiglianze delle proportioni, & ci giouerà nelle coſe ciuili, ne i di
ſcorſi
della muſica, & in molte coſe, che tutto il ci uengono per le mani.
Reſumendo
quello
, che detto hauemo ſecondo il diſcorſo di Alchindo antiquo autore, che a me non gra­
uerà
di ponere per maggior intelligenza.
primamente adunque egli pone quattro diffini­
tioni
: & ſon queſti, come principij.
Proportione è ſcambieuole habitudine di due quantità ſotto un'iſteſſo genere.
Quando di due quantità compreſe ſotto un'iſteſſo genere una parte l'altra, quello che reſta
è
la proportione della partita, alla partitrice.
& queſto s'è dichiarito.
La prodottione, ouero la compoſitione d'una proportione con l'altra non è altro, che la de­
nominatione
eſſer prodotta dalle denominationi.
queſto con eſſempij moſtramo.
L'eſſer diuiſa una proportione per un'altra, ouero eſſer ſottratta, non è altro, che quando la
denominatione
della proportione da eſſer partita, è diuiſa per la denominatione della diuidente.
Da
poi
egli pone alcune propoſitioni, che ſono le infraſcritte.
E la denominatione della proportione di qual ti piace di due eſtremi, ſarà moltiplicata nel ſe
condo
, ſi produrrà il primo.
perche ſe per la ſeconda diffinitione partito il primo per lo ſecondo,
ne
naſce il denominatore: adunque moltiplicata la denominatione nel ſecondo, ne naſcerà
il
primo.
La ſeconda propoſitione è queſta. Quando tra due è interpoſto un mezo, che habbia proportione
con
amendu: a proportione, che hauerà il primo al terzo, ſarà compoſta dalle proportioni, che ha
il
primo al mezo, & il mezo al terzo.
ſiano tre termini, due, quattro, dodici, & quello di mezo hab
bia
qualche proportione co gli eſtremi: io dico, che la proportione, che è tra'l primo e'l terzo, è com
poſta
della proportione, che ha il primo con quel di mezo, & quello di mezo con il terzo.
eſſendo
adunque
tra due, & dodici proportione ſeſtupla, dico, che la ſeſtupla, è compoſta dalla proportio­
ne
, che ha due a quattro, & quattro a dodici.
ecco, il denominatore tra due & quattro, è
due
, dal che è denominata la doppia, il denominatore tra quattro, & dodici è tre, dal che è
1denominata la tripla. ſia dunque due a. quattro b. dodici c. il denominatore tra due & quat
tro
d. tra quattro & dodici e. & il denominatore tra a & c ſia f. perche adunque da
f
. nel c. ſi fa a. & da e in c ſi fa b. per la prima propoſitione lo f. allo e. è come lo
a
. al b. & però eſſendo il d. il denominatore tra a & b. egli ſarà il denominatore tra
f
. & e. adunque per la iſteſſa prima propoſitione dal d in e ſi fa f. perche adunque la
denominatione
dello a. al c. è prodotta dalla denominatione del b. al c. ne ſegue per la ter
za
diffinitione, che la proportione, che è tra lo a, & il c. come tra due & dodici, che è la
ſeſtupla
, ſia compoſta dalla proportione, che è tra lo a, & b. cioè tra due, & quattro, che
è
doppia, & tra b. & c. cioè quattro & dodici, che è tripla.
adunque da una doppia, &
da
una tripla ne naſce una ſeſtupla.
Seguita la terza propoſitione di Alchindo.
Siano quanti mezi ſi noglia, dico che la proportione, che è tra gli estremi, è compoſta di
tutte
le proportioni, che hanno i mezi tra ſe.
Sia tra a, & d. due intermedij b, & c. io di­
co
, che la proportione di a, à d. è composta delle proportioni, che ſono tra a, & b. tra
b
, & c. tra c & d. imperoche per la precedente la proportione, che è tra a, & c. è
compoſta
dalla proportione, che è tra a & b. & tra b & c. ma la proportione che è tra
b
, & d. è composta dalla proportione che è tra b. & c. & c, & d. per la iſteſſa pro­
poſitione
.
adonque la proportione, che è tra a, & d. è compoſta di tutte proportioni,
che
ſono tra i mezi.
& coſi ſi hauerà a prouare, quando fuſſero piu mezi. & di ſopra
ne
hauemo con gli eſſempi detto a baſtanza: ma hora ſi replica per ſeguitar l'ordine di Al­
chindo
, & per eſſercitio della memoria, in coſa di tantaimportanza.
La quarta è, che ſe alcuna proportione, è compoſta di due proportioni, la ſua conuerſa
è
compoſta delle conuerſe.
ſia la proportione di a, à b. compoſta della proportione di c, à
d
. & di e, à f. io dico che la proportione di b. ad a. ſarà compoſta della proportio­
ne
di d, à c. & di f. ad e. perche ſiano continuate le proportioni di c, à d. & die,
ad
f. tra g. h. K. di modo che g. ſia ad h. come c, à d. & h, à K. come e. ad
f
. dico, che la proportione tra a, & b. ſarà compoſta della proportione di g. ad h. & di
h
. à K. & però per la ſeconda propoſitione, la proportione di a, à b.ſarà come la propor­
tione
di g, à K. adunque all'incontro la proportione di b ad a. ſarà come K. à g. mala pro
portione
di K à g. per la iſteſſa propoſitione è fatta dalla proportione di K. ad h. & di h. à
g
. ma K ad h. è come f. ad e. & h. à g. & come d. à c. adunque b ad a. ſarà compo­
ſto
dalla proportione, che è tra d & e. & tra f. & e. il che è lo intento noſtro.
Finite le
diffinitioni
, & le propoſitioni, che pone Alchindo, ſiuiene alle regole, lequali ſono queſte.
Quando di ſei quantità la proportione, che è tra la prima, & la ſeconda, è compoſta
della
proportione, che ha la terza alla quarta, & la quinta alla ſeſta, ſi fanno tre­
cento
, & ſeſſanta ſpecie di compoſuioni, di trentaſei, delle quali ſolamente ci potemo
ſeruire
.
il reſtante è inutile. & queſto è manifeſto. ſe noi ponemo, che la proportio­
ne
, che è tra a, & b. ſia compoſta delle proportioni, che ſono tra e, & d. tra e, & f.
perche
eſſendo ſei i termini, ſi puo intendere la proportione di due, qual ſi uoglia eſſer composta
di
due proportioni, che ſiano tra i quattro termini reſtanti.
Il che ſarà dichiarito poterſi fare
per
uia della moltiplicatione.
Da queſti ſei termini uengono trenta ſpacij diſtinti. dieci da a. ot­
to
da b. ſei da c. quattro da d. due da e. & niuno da f. perche tutti ſono ſtati prima compreſi.

le
quali coſe ſono manifeſte dalla ſottopoſta tauola.
doue ſono cinque compartimenti, nel primo
de
i quali è la comparatione di a. agli altri termini, & de gli altri termini ad a. nel ſecondo è
la
comparatione di b, agli altri, & de gli altri à b. nel terzo è la comparatione del e. nel quar
to
di b. nel quinto die.
agli altri, & de gli altri a quelli. perche adunque erano ſei termini ri­
moſſidue
, che faceuano lo ſpacio compoſto, i reſtanti ſeranno quattro.
de i quali ne ſaranno uin­
tiquattro
ordini, che fanno ſolamente dodici ſpacij.
& perche questo s'intenda bene ſiano ri­
moſſi
queſti termini a b. che fanno la proportione dia, à b. & la conuerſa di b. ad a. reſtaran-
1no quattro termini. c.d.e.f. de i quali ſaranno uentiquattro ordini. Il numero posto fuori della
tauola
dimoſtra due ordini, che fanno un ſolo interuallo, come il numero quinario, che è poſto
17[Figure 17]
dentro la tauola, dinota che quel-
18[Figure 18]
l'ordine, a cui è prepoſto il deci­
mo
ſettimo, non compone ſpacio
diuerſo
da quello, che compone
il
quinto, perche ſi compone la
iſteſſa
proportione che è tra d. &
e
. & trac. & f. dinotata per lo
decimo
ſettimo modo.
& di quel­
la
, che è tra c. & f. & trad.
&
e
. laqual pretende il quinto.

Adunque
per li numeri eſtrinſe­
chi
ſi dinota, che queſti ordini,
quanto
alla compoſitione delle
proportioni
ſono geminati, cioè
il
terzodecimo.
il quartodecimo,
il
quintodecimo, & coſi ſeguitan
do
fin al uenteſimo quarto, il qua
le
anche ui s'include.
la propor­
tione
adunque, che tra a. & b.
& la ſua conuerſa tra b. & a. ſi
puo
intendere, che ſia compoſta
di
dodici proportioni, tra quat­
tro
termini c. d. e. f. & coſi cia­
ſcuna
delle predette.
Eſſendo adunque trenta quelle che ſipoſſono componere, tutte le combina­
tioni
ſaranno trenta fiate dodici, che ſommano trecento & ſeſſanta.
Ma di tutte queſte, posto,
che
la proportione, che è tra a. & b. ſia compoſta delle proportioni, che ſono: tra c. & d. & e.
& f. ſi dimoſtra, che ſole trenta ſei ſono utili.
Ma le altre non tenere: & ci potrà baſtare di
eſponerne
quindici nella tauola, eſſendone quindici di quelle conuer-
19[Figure 19]
ſe, & noi per la quarta propoſitione hauemo dimoſtrato, che ogni
proportione
conuerſa, ſi fa dalle conuerſe di quelle proportioni, del­
lequali
è compoſta la principale.
come ſe la proportione, che è tra a.
& b. è compoſta dalle proportioni che ſono tra c. & d. & tra e. & f.
anche
la conuerſa, cioè la proportione, che è tra b, & a. è compoſta
dalle
proportioni, che ſono tra.
c. & d. et tra f. et e. et però eſpoſte
che
ſaranno quindici di quelle, le altre quindici ſaranno manifeſte.

Eſponeremo
adunque le quindici poſte nella tauola.
dellequali di neceſ­
ſità
noue ſaranno compoſte di due proportioni tra'l reſtante di quattro
termini
.
ma le altre ſei non hanno queſta neceſſità. et quella, che ſi
compone
è manifeſta per la tauola, come anche è manifeſta quella, che
non
ſi compone.
Ogni proportione adunque, laquale entra in compoſitione, a due
modi
ſi compone ſolamente: cioè dalla proportione del terzo al quar­
to
, et del quinto al ſeſto, et ſimilmente dalla proportione del terzo al
ſeſto
, et del quinto al quarto.
per il che eſſendone noue compoſte ſi fa­
ranno
diciotto compoſitioni, et altre tante delle loro conuerſe.
Tren­
ta
ſei adunque ſaranno i modi utili.
Ma quelle, che non ſi compongo-
120[Figure 20]
no ſono ſei, et le loro conuerſe ſei, però dodici ſono inutili. Adunque
tutti
i modi ſi utili, come inutili ſono quaranta otto.
Soppoſto
adunque
il primo modo, cioè che la proportione che è tra a el b. ſia
composta
delle proportioni che ſono tra c, et d. et tra e, et f. io dimo­
strerò
il ſecondo, che è compoſto della iſteſſa, che è trac.
et. f. et tra,
e
. et d. percheio ponerò tra c, et f. la proportione di d, et e. doue la
proportione
tra c, et f. ſarà compoſta delle proportioni, che ſono tra
c
, & d. & tra d, & c. & trae.
& f. perilche ne ſeguita, che le pro­
portioni
che ſono tra e, & f. & tra e, & d. ſaranno composte delle
proportioni
che ſono trac, & d. tra d, & e. & tra e. & f. & trae.
& d. Male proportioni che ſono tra c, & d. trad. & e. et tra e. et
d
. compongono quella, che è tra e. et d. per la terza propoſitio­
ne
.
poſti d, et c. tra c. et d. adunque e. à d. et c. ad f. ſono ſi come c.
à
d. et a. ad f. ma la proportione, che è tra a. et b. è compoſta delle
proportioni
che ſono tra e. et d. et tra e, et f. adunque la proportione
tra
a, et b. ſarà composta delle proportioni, che ſono tra c. & f. et
tra
e. et d. che ſono le poſte nella concluſione.
Il terzo modo è, che anche la proportione tra a, et c. ſarà compoſta della proportione di b, à
d
. et di c. ad f. ilche è manifeſto, perche poſto b. tra a. et c. la proportione che è tra a. et c. ſarà
compoſta
da quella, che è tra a. et b. tra b. et c. ma la proportione, che è tra a, et b. ſi compo­
ne
di c. et d. et di e. et f. ſecondo il ſuppoſto da noi.
adunque a, à c. è fa ta di b. et c. et
et
di c. et d. et die, et f. ma b, à c. et c. à d. compongono la b. à d. trapoſto il c. tra b. et e.

Adunque
la proportione, che è tra a, et c. è compoſta di b. et d. et di e. et f.
Il quarto modo procede dal terzo, ſi come il ſecondo dal primo. poſti tra b, & f. commune­
mente
d. & e. & coſi tutti i modi pari, con i loro diſpari ſi collegano, per iſchiſare il repetere
la
iſteſſa uia.
Il quinto modo è che la proportione di a, ad e. è compoſta di b, ad f. & di c. à d. perche po­
ſto
b. tra a, & e. ſi fa l'argomento del terzo.
perche lo a. ad e. è compoſto dello a. al b. & del b.
allo
e. ma lo a. al b. è compoſto dell' e. al f. & del c. al d. perche coſi hauemo poſto.
adunque a,
ad
e. ſi compone di b. à c. & die.
ad f. & di c. à d. ma b. ad e. & e. ad f. compongono b. ad f. tra­
poſto
e. tra b, & f. adunque la proportione tra a. & e. è compoſta delle proportioni, che ſono
tra
b. & f. & tra c, & d.
Il ſeſto modo ſi caua dal quinto, per lo argomento del ſecondo, trapoſto f. & c. tra b. & d.Il ſettimo compone la proportione di b, à d. delle proportioni di à.
a c. & di f. ad e. perche
eſſendo
compoſto a. b. di c. à d. & die.
ad f. ne ſegue per la quarta proportione, che la proportio­
ne
tra b, & a. ſarà compoſta di d. & c. & di f. & e. poſto adunque a. tra b. & d. la proportio­
ne
, che è tra b, & d. ſarà fatta di b. & a. & di a, & d. ma b, & a. è compoſto di d. & c. et di f.
& e. adunque la proportione di b. à d. ſarà compoſta di tre proportioni.
cioè di a, à d. di d, à
c
. & di f. ad e.
Ma la a, à d. & la d. à c. compongono quella, che è tra a. & c. trappoſto
d
. tra a, & c. adunque la proportione di b. à d. ſarà composta delle proportioni di a, à c. &
di
f. ad e. ilche era il propoſito.
L'ottauo modo. ſi come preſupoſto il primo ſi caua il ſecondo, coſi per lo iſteſſo argomento
ſi
caua l'ottauo i ſuppoſti, & prouati ne i precedenti, posto in mezo di a. & e. e. & f.
Il nono. ſimilmente la proportione di b, ad e. ſarà compoſta delle proportioni di a. ad e. & di
d
. à c. perche b ad a, è compoſto di d. à c. & di f. ad e. trapposto a. tra b. & f. ſarà la pro­
portione
tra b, & f. compoſta di b. ad a. & di a. ad f. & però b, ad f. ſarà compoſta di a. ad f.
& di f. ad e. & di d. à c. ma a. ad f. & f. ad e. compongono a. ad e. adunque b. & f. è com­
poſta
di a. & e. & di d. & c.Il decimo.
1
con l'argomento del ſecondo procede dalle coſe prouate nel precedente, trappoſto,
e
, & d. tra a. & c.L'undecimo.
egli ſi compone c. à d. di a. & b. & di f. & c. perche per la terza. a. & c. è
fatta
di b. & d. & di e. & f. ſi componerà la c. ad a. di d. à b. & di f. ad e. poſto adunque a tra
c
. & d. ſarà la c. al d. compoſta dalla a. al d. dalla d. al b. & dalla f. al c. ma la a. al d. & la d.
al
b. compongono la a. al b. adunque la c. à d. è compoſta dal a, à b, & da f. ad e.
Il duodecimo modo ſi caua dall'argomento di ſopra trapoſto b. & f. tra a. & e.
Il terzo decimo è ſimilmente, che la proportione tra c. & f. è compoſta dalle proportioni tra
a
. & b. tra d. & c. posto d. & c. tra e. & f. ſarà composta la c. & la.
f. dalla. c. al d. &
dalla
d, al e. & dall' e. al f. ma.
c. d. & e f. compongono a. b. adunque la c f. è compoſta da
a
b. & da d e.
Il quartodecimo ſi caua dal precedente, come il ſecondo dal primo trapoſto b. & d.
tra
a. & e.
Il quintodecimo è, che anche d e, è composta da b a, & da c. f. perche poſto c. & f. tra d.
& e. la d. e. ſarà composta da d. c. ad c. f. & da f. a. ma la d. al c. & la f. all'e.
compongono
la
b. a. perche le conuerſe compongono la a. b. per la ſoppoſitione adunque d. e. è compoſta di
b
. ad a. & di c. ad f.
Il ſeſtodecimo con l'argomento del ſecondo è dedutto dal precedente. trapoſto a. & c.
tra
b. & f.
Il decimo ſettimo modo è, che e. f. ſi compone di a. b. & di d. c. percioche per la conuerſa del
quinto
modo c. a. ſi fa di f. b. & di d. c. il reſto ſi ordina, come s'è fatto nella prima deduttione
dell
'undecimo modo.
Il decimo ottauo con l'argomento del ſecondo ſi caua dal precedente b. et d. trapoſti tra e. et c.
Voglio, che fin qui ſia detto a baſtanza per dare alquanto di luce alle coſe di Alchindo: &
qui
ſotto cauarne una belliſſima propoſitione, che ne contiene diceſette utiliſſime da eſſer da ogni
ſorte
di perſone studioſe eſſercitate, & ſono queſte, lequali ſi ſerueno a ritrouare qualunque nu­
mero
di quelli ſei, ci fuſſe ignoto.
Se la proportione che è tra'l primo e'l ſecondo, è compoſta delle proportioni, che ſono tra'l
terzo
, e'l quarto, & tra'l quinto, e'l ſeſto: la iſteſſa ſarà compoſta dalle proportioni, che ſono,
tra
'l terzo, e'l ſeſto, & tra'l quinto, e'l quarto.
Ecco ne i numeri lo eſſempio. 1. 2. 3. 4.
6
. 9. dalla ſotto ſeſquiterza, che è tra tre, & quattro, & dalla ſotto ſeſquialtera, che è tra
ſei
, & noue, ne naſce la ſottodoppia che è tra uno, & due.
io dico che la iſteſſa ſottodoppia na­
ſcerà
dalle proportioni, che ſono tra il terzo, & il ſeſto, cioè tra tre & noue, che ſono in propor­
tione
ſotto tripla.
& dalla proportione, che è tra'l quinto e'l quarto, che ſono ſei, & quattro, do­
ue
è la proportion ſeſquialtera, perche da una ſottotripla, & da una ſeſquialtera, ne naſce una
ſottodoppia
, come è tra uno, & due.
Similmente ſe la proportione del primo al terzo, ſarà compoſta delle proportioni del ſecondo
al
quarto, et del quinto al ſeſto.
come la proportione dell'uno al tre, che è ſottotrpla, è compo­
ſta
delle proportioni del due al quattro, che è ſottodoppia, et del ſei al noue, che è ſottoſeſquial­
tera
, ne naſce una ſotto tripla.
Parimente, ſe la proportione del primo al quinto, cioè dall'uno al ſei che è ſotto ſeſcupla, ſarà
fatta
delle proportioni del ſecondo al ſeſto, che è dal due, al noue, che è proportione ſottoqua­
drupla
ſeſquialtera, et dal terzo, al quarto, che ſon tre, et quattro, doue cade proportione ſot­
toſeſquiterza
, la iſteſſa uenirà, dal ſecondo al quarto, che è tra due, et quattro, doue è propor­
tione
ſottodoppia, et dal terzo al ſeſto, come da tre a noue, doue cade proportione ſottotripla;
perche
ne naſcerà una ſottoſeſcupla.
Coſi anche, ſe la proportione, che è del ſecondo al quarto, che è ſatto doppia, come è da uno
a
quattro, naſcerà dalla proportion del primo al terzo, che è ſotto tripla, come da uno a tre, &
1dalla proportione del ſeſto al quinto, come è da noue a ſei, doue cade proportion ſeſquialtera, per
che
da una ſottotripla, & da una ſeſquialtera ne naſce una ſottodoppia, la iſteſſa proportione na
ſcerà
dal primo al quinto, che è da uno à ſei, doue cade proportione ſottoſeſcupla, & dal ſeſto al
terzo
come da noue a tre, doue cade la tripla; perche da una ſottoſeſcupla, & da una tripla ne
naſce
una ſottodoppia, come è da due a quattro.
Similmente ſe la proportione, che ha il ſecondo al ſeſto, come tra due, & noue, doue cade
proportione
ſottoquadrupla ſeſquialtera, naſce dalla proportione del primo al qinmto, come da
uno
a ſei, doue è proportione ſottoſeſcupla, & dal quarto al terzo, come è da quattro a tre, do­
ue
è proportione ſeſquiterza, la iſteſſa proportione ſottoquadrupla ſeſquialtera naſcerà dalla pro­
portione
del primo al terzo, cioè da uno a tre, doue è proportione ſottotripla, & dal quarto al
quinto
, come da quattro a ſei, doue è proportione ſottoſeſquialtera, perche da una ſottotripla,
& da una ſottoſeſquialtera ne uiene una ſottoquadrupla ſeſquialtera.
Similmente ſe la proportion del terzo al quarto come è da tre a quattro, doue cade proportione
ſottoſeſquiterza
naſcerà dalla proportione del primo al ſecondo, come da uno a due, doue cade
proportione
ſottodoppia, & dal ſeſto al quinto come da noue a ſei, doue cade proportione ſeſqui­
altera
, la iſteſſa proportione naſcerà dalla proportione, che è tra'l primo, e'l quinto, che è uno
& ſei, doue cade proportione ſottoſeſcupla, & dal ſeſto al ſecondo, come è da noue a due, doue ca
de
proportione quadrupla ſeſquialtera, perche da una ſottoſeſcupla, & da una quadrupla ſeſ­
quialtera
, ne naſce una ſottoſeſquiterza.
Oltra di queſto ſe la proportione, che è tra'l terzo, & il ſeſto, che è ſottotripla, come da tre a
noue
, naſce dalla proportione del primo al ſecondo, come da uno a due, che è ſottodoppia, &
dal
quarto al quinto, che è ſottoſeſquialtera, come tra quattro & ſei, la iſteſſa naſcerà dal pri­
mo
al quinto, come da uno a ſei, doue cade la ſottoſeſcupla, & dal quarto al ſecondo, come da
quattro
& due, doue cade la ſottodoppia, perche da una ſottodoppia, & da una ſottoſeſquiter­
zane
uiene la ſottotripla.
Di nuouo ſe la proportione del quarto al quinto, cioè del quattro al ſei, doue è la ſottoſeſqui­
altera
, è compoſta del ſecondo al primo, cio del due all'uno, doue cade la doppia, & del terzo
al
ſesto, come del tre al noue, doue cade la ſottotripla, la iſteſſa ſottoſeſquialtera naſcerà dalla
proportione
del ſecondo al ſeſto, & del terzo al primo.
Finalmente ſe la proportione, che è del quinto al ſeſto, come è tra ſei, & noue, doue cade la
ſottoſeſquialtera
, naſcerà dalle proportioni, del primo al ſecondo, come da uno a due, doue ca­
de
la ſottodoppia, & dal quarto al terzo, doue cade la ſeſquiterza, la iſteſſa naſcerà da quella,
che
è dal primo al terzo, che è ſottotripla, come da uno a tre, & da quella, che è dal quarto al
ſecondo
, che è la doppia, come da quattro a due, & tanto ſia detto delle proportioni, & delle lo
rogenerationi
, & riſpetti: le quali coſe diligentemente eſſaminate, eſſercitate, poſte a memoria
applicate
alle ſcienze, & alle pratiche, faranno pareregli huomini miracoloſi.
Ma tempo è,
che
aſcoltiamo Vitruuio.
Delle compoſitioni, & compartimenti de i tempij.
Et della miſura del corpo humano.
Cap. I.
LA compoſitione delle ſacre caſe è fatta di compartimento, la cui ragione deue
eſſer
con ſomma diligenza da gli Architetti conoſciuta.
il compartimento ſi
piglia
dalla proportione, che Grecamente è detta analogia.
La proportio­
ne
è conuenienza di moduli, & di miſure in ogni opera della rata parte de
1i membri, come del tutto, dalla quale procede la ragione de i compartimenti.
La ſomma di tutto quello, che dice Vitr. cerca le fabriche pertinenti alla religione è, che pri­
ma
egli dimoſtra la neceſſità di conoſcer la forza delle proportioni, & delle commenſurationi,
che
ſi chiamano ſimmetrie da greci.
dapoi dichiara donde è ſtata preſa la ragione delle miſure,
& tratta della compoſitione de i Tempij, & conſidera prima tutto quello, che ſi rappreſenta di
fuori
, & da lunge allo aſpetto da diuerſe figure, & forme di tempij, & in queſta parte tocca
cinque
maniere di Tempij, con le ragioni di ciaſcuna, & dichiara il modo di fondare, l'ornamen
to
delle colonne, de i capitelli, de gli architraui, de i coperti, & frontiſpicij, & altre coſe perti­
nenti
a quello, che ſi uede di fuori, come ſono gradi, poggi, piedistali, ſporti, raſtremamenti,
gonfiature
, aggiunte, canalature, & ſimili coſe, ſecondo i generi delle fabriche.
Viene poi al­
le
parti di dentro, & diſtintamente ragiona delle miſure, lunghezze, larghezze, & altezze de
i
Tempij, delle celle, de gli antitempij, de gli altari, delle porte, & di tutti gli ornamenti che
conuengono
alle predette parti: la onde niente laſcia al deſiderio nostro, conchiudendo tutta la
preſente
materia, nel terzo, & nel quarto libro.
Dice adunque, che per edificare i Tempij bi­
ſogna
conoſcere la ragione del compartimento, & queſto douer eſſere con ſomma diligenza da gli
Architetti
conoſciuto.
Di questo la ragione è in pronto: perche, ſe bene ogni fabrica deue eſſer
con
ragione compartita, & miſurata, nientedimeno conſiderando noi quanto la diuinità eccede la
humanità
, meritamente douemo, quanto ſi puo di bello, & di raro, ſempre mai operare, per ho
nore
, & oſſeruanza delle coſe diuine.
& perche di diuina qualità participa in terra l'humana
mente
, però douemo con ogni ſtudio eſſercitarla, accioche honoriamo i Dei; che Dei ſi chiamano
i
ueri amici di Dio.
ottima coſa è la ragione nella mente dell'huomo, & queſta eccellentiſſima­
mente
ſi dimoſtra nelle proportioni.
& però ſe Vitr. ha detto, che la ragione della ſimmetria,
che
è corriſpondenza di miſure, deue eſſer con grandiſſima diligentia conoſciuta da gli Architet­
ti
, egli ha detto coſa ragioneuole, honeſta, & debita alla diuinità.
Et ſe coſa mortale puo a ba­
ſtanza
honorare la immortalità, direi anch'io, che le piu pretioſe, & care coſe doueriano eſſer
ſoggetto
& materia alle ben proportionate fabriche de i luoghi ſacri, accioche, & con la forma,
& con la materia ſi honoraſſe quanto piu ſi puo, la diuinità.
Neceſſaria coſa è dunque la ſim­
metria
alla compoſitione de i Tempij.
la ſimmetria è diffinita da Vitr. in queſto luogo ſecondo l'ap
plicatione
all' Architettura; ma noi di ſopra l'hauemo diffinita ſecondo la raccommunanza, &
uniuerſalità
di quel nome.
Dice adunque Vitr. che la proportione, la quale è detta analogia da
Greci
, è una conſonanza, & riſpondenza delle miſure delle parti tra ſe ſteſſe, & col tutto
in
ogni opera, che ſi fa, & queſta conſonanza, egli chiama commodulatione, percio­
che
modulo è detta quella miſura, che ſi piglia prima, con la quale ſi miſurano le par­
ti
, & il tutto; & però proportione nelle fabriche altro non è, che comparatione de'
moduli
, & di miſure in quello, in che conuengono, et le parti inſieme delle fabriche, o il tutto
unitamente
con le parti.
Questo già è ſtato da noi copioſamente dimoſtrato nel primo libro. pe­
ſeguitando Vitruuio ſi dichiara da quale eſſempio di natura è stata pigliata la ragione
delle
miſure.
Perche non puo fabrica alcuna ſenza miſura, & proportione hauer ragione di compo
nimento
, ſe prima non hauerà riſpetto, & conſideratione, ſopra la uera, & certa ra­
gione
de i membri dell'huomo ben proportionato, perche la natura in tal modo ha com
poſto
il corpo dell'huomo, che l'oſſo del capo dal mento alla ſommità della fronte, &
le
baſſe radici de i capelli, fuſſe la decima parte, & tanto anche fuſſe la palma della mano
dalla
giuntura del nodo, alla cima del dito di mezo, il capo dal mento alla ſommità della
teſta
la ottaua parte, & tanto dal baſſo del collo.
Dalla ſommità del petto alle radici de
i
capelli la ſeſta parte, alla ſommità della teſta la quarta.
dal fine del mento al fine delle
natici
è la terza parte dell'altezza di tutta la faccia, & tanto è lungo il naſo tutto in fino
al
mezo del ſopraciglio: & tanto anche da quello fino alle radici de i capelli, doue ſi fa
1la fronte. Ma il piede, è la ſeſta parte dell'altezza del corpo, il cubito la quarta, il petto
anche
la quarta.
& in queſto modo anche gli altri membri hanno le loro conuenienti, &
proportionate
miſure: le quali da gli antichi pittori, & Statuarij ſono ſtate uſate, & pe
hanno riportato grandi & infinite lodi.
La natura maeſtra ci inſegna come hauemo a reggercinel compartimento delle fabriche: impe
roche
non da altro ella uuole, che impariamo le ragioni delle ſimmetrie, che nelle fabri­
che
de i tempij uſar douemo, che dal ſacro tempio fatto ad imagine, & ſimiglianza di Dio,
che
è l'huomo, nella cui compoſitione tutte le altre merauiglie di natura ſono compreſe.
et pe­
con ſaggio auuedimento tolſero gli antichi ogni ragione del miſurare dalle parti del corpo hu
mano
, doue molto a propoſito Vitruuio dice, che opera niuna può hauere ragione di componi
mento
, ſe prima non hauerà riguardo alla ſimmetria delle membra humane.
Io proponerò al­
cune
diſtintioni, accioche meglio s'intenda quello, che dice Vitr.
Di tre maniere s'intende mi­
ſura
.
Primieramente quando una coſa è piu perſetta, chele altre ſotto un'iſteſſo genere, quel
la
ſi dice miſura di perfettione.
in queſto modo l'huomo fra tutti gli animali eſſendo il piu perfet­
to
, ſi puo dire, che egli ſia miſura di tutti gli animali.
chiamaſi poi miſura d'agguaglianza,
quando
la miſura contiene la coſa miſurata a punto, come un'orna di uino, ſi chiama miſu­
ra
, perche tiene a punto tanto uino, quanto cape.
In ſomma poi chiamamo miſura quella quan­
tità
, che preſa piu fiate miſura il tutto, come dicemo la canna miſurare il panno.
Di queſta noi
parlamo
, queſta è quella, che è ſtata preſa dalla miſura della perfettione, che è l'huomo, tra gli ani
mali
, da gli antichi.
Onde miſurare non è altro, che far manifeſta una quantità prima non conoſciu
ta
, con una quantità certa, et conoſciuta: et però cor ragione dalle parti dell'huomo ſono ſtate piglia­
te
le miſure delle coſe, et le ragioni di quelle miſure: et è ragioneuole, che dalla teſta ſi pigli la mi
ſura
del tutto, eſſendo poſto nella teſta il ualore di tutti i ſentimenti humani, come coſa piu nobi
le
, et principale, et piu manifeſta.
Vitruuio uuole, che l'huomo ſia di dieci teste, ſe per teſta
egli
s'intende dal mento al naſcimento de i capelli: et uuole anche, che ſia di otto teſte, ſe per
teſta
egli s'intende lo ſpacio, che è dal mento al ſommità del capo.
Gli antichi oltra la propor
tione
attendeuano alla gratia per ſatisfare allo aſpetto, et però faceuano i corpi alquanto gran
di
, le teſte picciole, la coſcia lunga: nel che era poſto la ſueltezza: parlo hora de i corpi perfet
ti
: perche altra miſura conuiene ad un corpo puerile, altra ad un corpo aſciutto, o graſſo, o te­
nue
, che ſi uoglia ſignere.
Amauano gli antichi ſtando nelle miſure conuenienti, la lunghezza,
et
la ſottigliezza di alcune parti: parendo loro di dare non ſo che piu di leggiadro alle opere.
et
però
ſe bene dalla raſcetta, che è la piegatura della mano, alla ſommità del dito di mezo uole­
uano
, che tanto fuſſe dal mento alla ſommità della fronte, nientedimeno per la detta cagione
faceuano
la mano, et le dita alquanto piu lunghe.
il Filandro auuertiſce, et bene, che non
puo
ſtare quello, che dice Vitruuio, che il petto ſia la quarta parte; et uuole, che quando
Vitruuio
d ce, che il cubito ſia la quarta parte, egli intenda non dalla giuntura del comito alla
raſcetta
, ma dalla giuntura del comito alla ſommità del dito di mezo.
Vuole Pomponio Gau
rico
, che la giuſta altezza ſia di noue teste.
altri alquanto piu. Il Cardano nel libro della
ſottilità
dice.
Queſta eſſer la forma del corpo humano perfetto. la faccia è la decima di tutta la
lunghezza
dal naſcimento de i capelli all eſtremo del pollice del piede.
la faccia ſi diuide in
tre
parti eguagli, l'una ſi fa dalla radice de i capelli alla ſommità del naſo: l'altra è la lun­
ghezza
del naſo: la terza è dal fine del naſo al mento.
la lunghezza della bocca è eguale alla
lunghezza
dell'occhio, et la lunghezza dell'occhio è quanto lo ſpacio da un'occhio all'altro:
di
modo, che in tre parti ſi diuida lo ſpacio, che è dall'uno angulo dell'occhio allo angulo dell'al
tro
, cioè due occhi, et lo ſpacio, che ui è di mezo: et tutto queſto è doppio alla lunghezza del
naſo
.
di modo che la lunghenza dell'occhio, et l'apritura della bocca ſia doppia alla nona par
te
della lunghezza della faccia, et per queſto adimene, che la lunghezza del naſo ſia ſeſquial­
tera
all'apritura della bocca, et alla lunghezza dell'occhio.
laqual lunghezza del naſo eſſen
1do tripla allo ſpacio, che è dal naſo alla bocca, ne ſegue che queſto ſpacio ſarà la miſura del­
l
'apritura della bocca, et della lunghezza dell'occhio.
il circuito della bocca è doppio alla lunghez
za
del naſo, et triplo all'apritura.
Adunque tutta la lunghezza della faccia è ſeſquialtera
al
circuito della bocca, et allo ſpacio, che è dallo angulo eſteriore d'un occhio, allo angulo
eſter
iore dell'altro: percioche queſto ſpacio è quanto il circuito della bocca.
il circuito del na
ſo
da baſſo, è pare alla ſua lunghezza.
il circuito della orecchia, è eguale al circuito della
bocca
.
il foro della narice è la quarta parte della lunghezza dell'occhio. et in tal guiſa è di­
ſpoſta
la miſura del corpo humano, come qui ſotto ſi uede.
La faccia parti diciotto: tra
due
anguli eſteriori de gli occhi parti dodici: la lunghezza del naſo parti ſei: il circuito da baſ­
ſo
del naſo parti ſei: la lunghezza dell'orecchia parti ſei: dalle radici de' capelli al naſo parti
ſei
: dal mento al ſottonaſo parti ſei: la lunghezza della bocca parti quattro: la rotondità del
la
bocca parti dodici: dalla cima della teſta al fine di dietro parti uentiquattro: dalla ſommi­
del petto alle ſomme radici de i capelli parti trenta: dalla forcella ſopra il petto alla cima
della
teſta parti trenta ſei: il circuito dell'orecchia parti dodici: la lunghezza dell'occhio parti
quattro
: la diſtanza tra l'uno occhio, et l'altro parti quattro: dal ſottonaſo alla bocca parti due,
dalla
bocca al mento parti quattro: il foro del naſo parte una: l'ambito della fronte di ſopra
parti
diciotto, dalla giontura della mano alla ſommità del dito di mezo la palma parti diciotto:
dal
mento alla ſommità della teſta parti uentiquatro: il piede parti uenti: il cubito parti trenta:
il
petto parti trenta: Tutlo il corpo parti cento et ottanta.
Sono anche i maſchi delle tempie pro­
portionali
alla lunghezza della faccia, et le orecchie al naſo, come hauemo oſſernato: ſimilmen
te
dal nodo della mano alla ſommità del dito mezano è la decima di tutto il corpo: dal mento al­
la
ſommità della teſta, o dalla ſommità della teſta al collo è il doppio di quello ſpacio, che è dall'an
gulo
, d'un occhio all'angulo d'un'altro, intendo de gli eſteriori.
Dalla forcella ſuperiore del petto alle
radici
de i capelli, & al fine della fronte, quanto è il cubito, ouer la larghezza del petto, cioè la
ſesta
parte della lunghezza di tutto il corpo: la lunghezza del piede è la nona parte della iſteſ­
ſa
lunghezza: dalla forcella di ſopra del petto alla cima della teſta, è la quinta parte di tutta la lun
ghezza
.
& il doppio della faccia; Et coſi appreſſo Vitr. non puo ſtare la ragione; che la diffe
renza
della ottaua, & della decima parte aggiunta alla ſeſta adempia la quarta del tutto: ma allar:
gate
le mani ſi rende a punto l'altezza ditutto il corpo: & allargate le mani, & i piedi, il bilico ſi
farà
nel mezo, di modo, che dalla prima figura il quadrato; & dalla ſeconda ſi farà il circolo:
amendue
figure nel ſuo genere perfettiſſime, una di dritte, & l'altra di linea circolare compoſta.
& queſto è, che dice Vitr
Simigliantemente le membra de i facri Tempij deono hauere in ciaſcuna parte alla ſom
ma
uniuerſale di tutta la grandezza conuenientiſsime riſpondenze di miſure, Appreſſo di
queſto
naturalmente il mezo centro del corpo è il bilico.
imperoche ſe l'huomo ſteſo, &
ſupino
allargherà le mani, & i piedi, & ſarà poſta una punta della ſeſta nel bilico di quel
lo
, girando a torno le dita delle mani, & de i piedi, ſaranno toccate dalla linea, che ſi gi­
ra
.
Et ſi come la ritonda figura ſi forma nel corpo humano, coſi anche ſi truoua la qua­
drata
: imperoche ſe dalle baſſe piante alla ſommità del capo ſarà miſurato il corpo del­
l
'huomo, & quella miſura ſarà trasferita alle mani allargate, egli ſi trouerà la iſteſſa lar­
ghezza
, come l'altezza, a guiſa de i piani riquadrati.
Se adunque la natura ha compoſto
in
queſto modo il corpo dell'huomo, che le membra riſpondino con proportione alla per
fetta
loro figuratione; pare, che gli anti chi con cauſa habbiano conſtituito, che in tutte
le
perfettioni delle opere ui habbia diligente miſura, & proportione di ciaſcun membro a
tutta
la figura.
Et però inſegnando gli ordini in tutte le opere, queſto ne i facri luoghi,
doue
le lodi, & i biaſmi delle opere ſtanno eternamente, ſopra tutto oſſeruarono.
Non ſolamente gli antichi tolſero le proportioni dal corpo humano, ma anche le miſure iſteſ­
ſe
, & i nomi loro: & però hauendo Vitr. concluſo, che le ſimmetrie & compartimenti delle ope
1re ſono ſtati da i corpi humani, nelle compoſitioni de i Tempij transſerite: dice anche le miſure
iſteſſe
eſſere ſtate pigliate.
Similmente gli antichi raccolſero da i membri del corpo le ragioni delle miſure, che in
tutte
l'opere pareno eſſer neceſſarie, come il dito, il palmo, il piede, il cubito; & quelle
diſtribuirono
nel numero perfetto, che da i Greci Telion è detto.
Coſa perfetta è quella, a cui nulla manca, & niente ſe le puo aggiugnere, & che di tutte ſue
parti
è compoſta, altro le ſopr'auanza: per queſta ragione il mondo è perfetto aſſolutamente.
& molte altre coſe nel loro genere ſono perfette. Ma uedianio noi con che ragione ſi chiamino i
numeri
perfetti, & quali ſieno.
Perfetto numero da gli antichi fu poſto il dieci, perche dalle mani ſi caua il numero de
nario
delle dita; dalle dita il palmo; & dal palmo il piede, & ſi come nell'una, & l'altra
mano
dalle dita naturalmente è proceduto il dieci, coſi piacque a Platone, che quel nume
ro
fuſſe perfetto, perche dalle unità, che monades Grecamente ſi chiamano, è fornito il
dieci
, che è la prima croce:il quale poi, che è fatto undici, ouero dodici, non puo eſſer per
fetto
, fin che non peruiene all'altro incrocciamento; perche le unità ſono particelle di
quel
numero.
Detto hauemo di ſopra, che parte uer amente è quella, che preſa quante fiate ſi puo, compone
il
tutto ſenza piu.
dal che naſce la intelligenza di quello, che ſi dirà. Dico adunque, che alcu­
ni
numeri riſpetto alle parti loro, delle quali ſono compoſti, ſi poſſono chiamare poueri, & dimi­
nuti
, altri ſuperflui, & ricchi, altri ueramente ſofficienti, & perfetti.
La onde poueri ſono quel
li
, le parti de i quali inſieme raccolte non fanno la ſomma del tutto.
per eſſempio ſia otto. le par
ti
del quale ſono, uno, due, & quattro, che raccolte inſieme non fanno otto.
Ricchi ſono quel
li
, le parti de i quali ſommate fanno ſomma maggiore, come dodici le cui parti ſono, uno, due,
tre
, quattro, & ſei, lequali partiraccolte in uno paſſano la ſomma del tutto, & fanno ſedici.

Perfetti
ſono quelli, le parti intiere de quali con la ſomma loro rendeno preciſamente il tutto, co­
me
ſei, & uentiotto.
ecco uno, due, & tre, che ſono parti del ſei raccolte inſieme rendeno a pun
to
ſei.
coſi uno, due, quattro, ſette, & quattordici ſono parti di uentotto, & ſommate inſieme
fanno
uent'otto a punto.
La generatione de i numeri perfetti s'intenderà, poſte prima alcune dif
finitioni
.
Sono adunque alcuni numeri, che ſi chiamano parimenti pari, & ſon quelli, che eſſendo
pare
la ſomma loro, ſi diuideno ſempre in numero pare fin'all'unità, come ſarebbe ſeſſanta quat­
tro
, che è numero pare, & ſi diuide in trentadue, ſedici, otto, quattro, due, fin' all'unità, in
numeri
pari.
Sono anche altri numeri, che ſi chiamano primi, & incompoſti, i quali ſono quel­
li
, che ſolo dalla unità ſono miſurati, & non hanno altro numero, che gli partiſca intieramen­
te
, come tre, cinque, ſette, undici, & altri ſimili.
La generatione adunque de i numeri perfet­
ti
ſi fa ponendo a fila per ordine i parimenti pari, & ſommandogli inſieme: & quando s'incontra
in
una ſomma, che multiplicata per quello, che è ultimo di quella ſomma, ſi fa il numero perfetto:
pur
che il numero della ſomma ſia primo, & incompoſto, altrimenti non riuſcirebbe il numero
perfetto
.
Ecco uno, & due fanno tre. Eſſendo adunque tre numero primo, & incompoſto egli ſi
moltiplica
per due, che era l'ultimo nella ſomma, & nel raccoglimento, la doue due fiate tre fan
no
ſei, adunque nella decina ſei è numero perfetto.
Seguita la generatione dell'altro perfetto:
Ecco
, uno, due, & quattro, fanno ſette, che è numero primo, & incompoſto, moltiplica ſette
per
quattro, ſe ne raccoglie uentotto, che è il ſecondo perfetto nel centinaio.
Seguita uno, due,
quattro
, otto, che fanno quindici, ma quindici non è numero primo, & incompoſto, perche è miſu
rato
oltra la unità, anche da altri numeri, come da tre, & cinque, però ſi paſſa piu inanzi all'altro
parimente
pare, che è ſedici, queſti aggiunto al quindici fa trent'uno, il quale eſſendo numero
primo
, & incompoſto, ſe ſarà moltiplicato per ſedici, che era l'ultimo della ſomma, farà quat
trocento
& nonanta ſei, che ſara il numero perfetto nel millenario.
con la iſteſſa ragione ſi fan
no
gli altri perfetti, i quali ſono rari, perche rare ſono le coſe perfette.
Hanno i numeri perfetti
1queſta proprieta, che le loro terminationi, ſono denominate dal ſei, & dall'otto: ma a uicenda.
come
, ſei, uent'otto, quattrocento nouanta ſei, ottomila cento, & uent'otto.
& queſta regola
è
certa.
Ma perche cagione il numero ternario, & il numero denario ſiano ſtati chiamati per­
fetti
, io dirò.
& prima il tre è ſtato detto perfetto, perche abbraccia prima il numero pare &
diſpare
, che ſono le due principali differenze de i numeri.
Il dieci è stato giudicato perfetto, per
che
finiſce, & termina come forma tutti gli altri numeri: & però Vitruuio ha detto che come
ſi
paſſa il dieci, biſogna ritornare alla unità, ſi troua il perfetto, fin' all'altro incrocciamen­
to
, che egli chiama, decuſim, che ſi fa in forma della lettera X.
Ma il ſenario è ueramente per­
fetto
per le dette ragioni.
gli altri ſono chiamati perfetti ſecondo alcune relationi, & riſpetti.
Ma i mathematici diſputando contra la ſopra detta opinione, diſſero che il ſei era per­
fetto
, per queſta cagione, percioche quel numero ha ſecondo le loro ragioni, le parti con
uenienti
al numero di ſei. Cioè ſecondo le ragioni de gli iſteſſi Mathematici, i quali uoglio­
no
, che quel numero ſia perfetto, che naſce a punto dalla ſomma'delle ſue parti.
La onde Vitr. di­
ce
; percioche per le loro ragioni quel numero ha le parti conuenienti al numero di ſei, perche rac
colte
inſieme fanno ſei a punto.
Et per queſto chiamarono l'una parte del ſei ſeſtante, le', due triente, le tre' ſemiſſe, le
quattro
beſſe, detto dimerone, le cinque quintario, che pendamerone ſi chiama, & il
ſei
perfetto.
Soleuano gli antichi chiamare aße ogni coſa intiera (come s'è detto nel primo libro) & parti­
re
quella nelle ſue parti, & come quegli, che felicemente interpret auano le coſe de Greci, ragio
nauano
molto propriamente.
Volleno adunque gli antichi moßi dalla ragione, che ſei fuſſe nume
ro
perfetto, & lo chiamarono aße.
Queſti hauendo le ſue parti, ci dimoſtraua per lo nome loro,
quali
fußero: & però uno ſi chiamaua Seſtante, perche è la ſeſta parte di ſei: le due triente, per
che
due era la terza parte: le tre ſemiße, quaſi uoglia dire, mezo aſſe: il quarto beße, perche
lieua
due parti dal tutto; & in Greco ſi dice dimerone: il cinque quintario, che pentimerone ſi
chiama
: & il ſei perfetto.
Ma poi che ſopra il numero perfetto ſi pone la unità, gia ſi comincia
a
raddoppiare l'altro aſſe, per uenire al dodici; che Aße doppio ſi puo dire; poi che in greco di­
plaſiona
ſi chiama.
le ſette parti ſi dicono Ephecton quaſi ſopra aggiunta del ſei. le otto ſi chia­
mano
tertiario, perche oltra ſei ne due, che è la terza parte di ſei: & però in Greco ſono det­
te
Epitritos, cioè, che ſoppraggiugne la terza parte al ſei.
noue è detto ſeſquialtero, & homio­
lio
, perche noue contiene ſei una uolta & meza.
ma fatto dieci, egli ſi chiama bes alterum, cioe
l
'altro bes, perche il primo (come dicemmo) era quattro, & chiamauaſi dimerone, quaſi di due
parti
; & però queſti ſi chiama Epidimerone come egli aggiugna al ſei due parti.
Similmente Epi
pentamerone
ſi chiama l'undici, che è il ſopragionto quintario, & in queſto modo ſi chiamano
le
parti de i numeri ſecondo diuerſi riſpetti.
& queſto ha uoluto Vitr. doue pare, che egli habbia
uoluto
, che ſei ſia numero perfetto, per la iſteſſa ragione, che dieci è perfetto: cioè perche giun­
ti
a dieci, tornamo da capo all' unità, fin che ſi torni all' altra decina: che ſi fa con due croci.
coſi
anche
gionti al ſei da i Mathematici ſi ritorna a gli iſteſſi nomi, fin all' altro aſſe che è dodici.
Ma
bene
ha accennato Vitr. la ragione che hauemo detto, per la quale ſei ſi chiama perfetto.
quan­
do
diſſe {per le ragioni loro, quel numero ha le parti conuenienti al numero di ſei} perche poſte in
ſieme
le parti numeranti, & moltiplicanti il ſei, lo rendeno a punto.
& quando Vitr. diſſe, {Et
per
queſto chiamarono l'una parte del ſei ſeſtante.} Non uuole rendere la ragione perche ſei ſia
perfetto
, ma uuole dimoſtrare, che eſſendo perfetto; per la antedetta ragione i Mathematici han
no
uoluto dare nome alle parti del ſei, & dimoſtrare, che ſei era un tutto, oltra'l quale ſe biſogna
ua
aſcendere numerando, era neceſſario tornar da capo all'unità, come ſi faceua nel dieci.
Al­
trimenti
era uana la oppoſitione de i Mathematici contra quelli, che uoleuano, che dieci fuſſe nu­
mero
perfetto, ſe i medeſimi Mathematici haueſſero uoluto il ſei eſſer perfetto per la iſteſſa ragio
ne
, per la quale s'era detto, che il dieci fuſſe perfetto.
Queſto ſtimo io, che ſia degno di con-
1ſideratione. Et quando al conto fatto per l'aggionta d'un'altro aſſe, ſi creſca al ſei, chia­
mano
Ephecton: & quando ſono fatti otto, perches'è aggiunta la terza parte; ſi dice Epi
triton
.
& aggiuntaui la metà, poi che s'è peruenuto al noue, chiamaſi ſeſquialterum, che
da
Greci è detto, hemiolios.
aggiunteui poi due parti, & fatto lo incrocciamento, ſi dice
beſalterum
, il quale chiamano Epidimiron.
& nel numero di undici, perche ſe gli è ag­
giunto
cinque, che ſi chiama quintario, Epipentamiron ſi dice.
Ma dodici, perche è fat
to
di due ſimplici numeri diplaſiona è nominato.
Et queſto è ſtato aſſai dichiarito. Vuole poi Vitruuio, che dal numero ſenario ſia ſtata piglia
ta
la ragione della miſura del corpo humano, in quanto all'altezza ſua.
Similmente perche il piede è la ſeſta parte dell'altezza dell'huomo, però coſi da quel nu
mero
di piedi, dal quale è miſurato, & perfetto il corpo terminandolo in altezza con que
ſti
ſei lo fecero perfetto.
& auuertirono, che il cubito era di ſei palmi, & di uentiquat­
tro
dita.
Si come dalle dita è uenuta la ragione del numerare, coſi anche è uenuta la ragione del miſura
re
, & coſi la ragione del numero ſenario entra nelle miſure.
Et qui Vitr. ragiona ſecondo la opi­
nione
de Greci, i quali uoleuano, che ſei fuſſe numero perfetto.
La onde anche alle monete traſ­
ferirono
il numero predetto.
Et però dice Vitr.
Et da quello pare, che le città de Greci habbiano fatto, che ſi come il cubito è di ſei pal
mi
, coſi ſi uſaſſe lo iſteſſo numero nella dramma.
perche quelle città fecero, che nella dram
ma
fuſſe la ualuta di ſei ramini ſegnati (come aſſe) che quelli chiamano Oboli, & con­
ſtituirono
in uece di uentiquattro dita nella dramma i quadranti de gli oboli, detti da alcu
ni
dichalchi, & da alcuni trichalchi.
Voleuano i Greci che la loro dramma ualeſſe ſei oboli, & queſto riſpondeua al cubito, che
contiene
ſei palmi; uoleuano, che ciaſcun' obolo haueſſe a ŭalere quattro monete, che ſi chia­
mauano
dichalchi, la doue uentiquattro dichalchi faceuano una dramma, come uentiquattro
dita
fanno un cubito.
obolo era una moneta di rame di poca ualuta, ſegnata però, & coniata,
& era come un tutto, che aſſe ſi chiama, & la quarta parte detta quadrante ſi nominaua di­
chalco
, ouerotrichalco ſecondo diuerſi riſpetti.
Come adunque il numero de gli oboli nella dram
ma
riſpondeua al numero de i palmi, che uanno a fare il cubito, che ſono ſei, coſi il numero de i
dichalchi
, o trichalchi nell'obolo riſpondeuano al numero delle dita, che erano nel cubito uenti­
quattro
.
la onde appare, che anche nelle monete i Greci habbiano pigliato la ragione de i nume­
ri
: & in questo caſo crediamo a Vitr.
Ma i noſtri prima fecero l'antico numero eſſer il dieci, & poſero nel denario dieci aſsi
di
rame, & però fin al d'hoggi la compoſitione della moneta ritiene il nome del dena­
rio
, & la quarta parte di eſſo perche ualeua due aſsi, & mezo, la chiamarono ſeſtertio, ma
poi
hauendo auuertito, che l'uno, & l'altro numero era perfetto, cioe il ſei, & il dieci,
raccolſero
inſieme amendue que numeri, & fecero il ſedici perfetto.
& di queſto tro­
uarono
il piede autore.
perche leuando dal cubito palmi due, reſta il piede di quattro
palmi
, ma il palmo ha quattro dita, & coſi il piede uiene hauere ſedici dita', & tanti aſsi
il
denario di rame.
I palmi ſono due, maggiore, & minore, il minore è di quattro dita: il maggiore di dodici,
quello
ſi chiama palæſte, queſto ſpithame: dito, o digito è lo ſpacio di quattro grani d'orzo poſti
in
ordine ſecondo la larghezza.
Dice adunque Vitr. che Romani pigliarono da prima il dieci co­
me
numero perfetto, & però chiamarono la moneta dinario, (& queſto pare ragioneuole) co­
me
fin hora ſi uſa.
& nel denario poſero dieci aſſi di rame. & ſe bene dapoi congiunſero il dieci, et
il
ſei, uedendo, che anche il ſei era perfetto, ritennero però il nome del denaio mettendo in un de­
naio
ſedici aſſi, che riſpondino, a ſedici dita, che uanno nel piede.
ſtando adunque le predette co­
ſe
Vitru. conchiude, & dice.
1
Se adunque è ragioneuole, & conueniente coſa, che il numero ſia ſtato ritrouato dalle
dita
dell'huomo, & che da i membri ſeparati ſi faccia la corriſpondenza delle miſure ſecon
do
la rata parte a tutta la forma del corpo; reſta, che noi admettiamo quelli, i quali anche
fabricando
le caſe de gli immortali Dei, coſi ordinarono le parti delle opere loro, che le
diſtributioni
, & compartimenti di quelli ſeparati, & uniti col tutto conuenienti fuſſero
alle
proportioni, & ſimmetric.
Pone in queſto luogo Vitru. la uniuerſale concluſione di tutto quello, che egli ha detto: però
a
me pare, che il primo capo di queſto libro quiui habbia a finire, doue ſi conchiude chiaramen­
te
quello, che Vitr. ci ha detto, che non puo fabrica alcuna hauer ragione di componimento, ſen­
za
miſura & proportione; ſe prima non hauerà riſpetto, & conſideratione ſopra la uera, & cer­
ta
ragione de i membri dell'huomo ben formato, & proportionato, come raro eßempio di pro­
portione
., & giuſto compartimento.
Ma ſeguitiamo pure l'antica diuiſione de i capi attendendo
alle
coſe, che ci uengono propoſte da Vitr. ilquale come erudito nelle diſcipline de' Greci uſa una
uia
, & un modo ragione uole nel trattar le coſe.
& però dice.
I principij de i Tempij ſono quelli, de i quali è formato lo aſpetto delle lor figure. &
prima
è quello, che è detto faccia in pilaſtri, dapoi quello che è detto Proſtilo, & l'Amfi­
proſtilo
, lo Alato, il Falſo alato di due ordini, lo Alato di due ordini, & lo ſcoperto.
Volendoci Vitr. inſegnare la compoſitione de i Tempij, con gran ragione comincia da quelle dif­
ferenze
, che prima ci uengono dinanzi a gli occhi.
perche l ordine della cognitione porta, che
cominciamo
dalle coſe uniuerſali, & confuſe, & indiſtinte, & poi che ſi uegna al particolare,
eſplicato
, & diſtinto.
oltra che nell' Architettura egli ſi deue auuertire, che l'occhio habbia la
parte
ſua, & con la uarietà de gli aſpetti ſecondo le figure, & forme diuerſe de i Tempij ſi dia di­
letto
, ueneratione, & autorità alle opere.
& ſi come la oratione ha forme, & idee diuerſe per ſa­
tisfare
alle orecchie, coſi habbia l' Architettura gli'aſpetti, & forme ſue per ſatisfar a gli occhi,
& ſi come quello, che è nella mente, & nella uoglia noſtra ripoſto, con l'artificio di leuarlo fuo­
ri
di noi, & portarlo altroue, le parole, le figure, la compoſitione delle parole, i numeri, le mem­
bra
, & le chiuſe fanno le Idee, & le forme del dire, coſi le proportioni, i compartimenti le dif­
ferenze
de gli aſpetti, i numeri, & la collocatione delle parti fanno le idee delle fabriche, che ſo­
no
qualità conuenienti a quelle coſe, per le quali ſi fanno.
Altra ragione di ſentenze, di artificij,
di
parole, di figure, di parti, di numeri, di compoſitione, & di termini ſi uſa uolendo eſſer chia­
ro
, puro, & elegante nel dire.
altra uolendo eſſer grande, uehemente, aſpro, & ſeuero: & altro
richiede
la piaceuolezza, altro la bellezza, & ornamento del parlare.
ſimilmente nelle Idee del­
le
fabriche altre proportioni, altre diſpoſitioni, altri ordini, & compartimenti ci uuole, quando
nella
fabrica ſi richiede grandezza, & ueneratione, che quando ſi uuole bellezza, o dilicatez­
za
, o ſimplicità.
& perche la natura delle coſe, che uanno a formare un'idea dell' oratione fa, che
quelle
poſſono eſſer degnamente inſieme con quelle, che uanno a formarne un'altra.
la onde nella
purità
ſi puo hauer del grande, nella grandezza, del bello, nella bellezza del ſemplice, & nella
ſemplicità
dello ſplendido; anzi queſto è ſomma lode dell'oratore, et ſi fa meſcolando, le condi­
tioni
d'una forma, con le conditioni d'unaltra.
come è manifeſto a i ueri Architetti dell'oratione.
però
dico io, che meſcolando con ragione nelle fabriche le proportioni d'una maniera, o compo­
nendole
, o leuandole, puo riſultare una bella forma di mezo.
le coſe da prima ſono ſemplici, è
ſchiette
, poi ſi fanno con diuerſe aggiunte ogni fiata maggiori, et piu ornate come ſi uede chia­
ramente
in tutte le opere, et inuentioni de mortali.
Non deue però il ſauio, & prudente Ar­
chitetto
pigliare tutto quello, che uien fatto da ognuno, ma ſolamente quelle coſe, che comin­
ciano
hauere non ſo che di occulta uirt ù, onde dilettino i ſenſi noſtri.
come lo eccellente oratore
non
piglia tutto quello, che'l ſciocco uulgo, o la baſſa plebe apprende, ma tutto quello, che puo
cadere
ſotto la capacità di chi aſcolta con qualche piu eleuato ſentimento, che da ſe la ple­
be
non trouaria, ma trouato da altri appiglia, & ſene diletta.
coſi Vitruuio, non pren-
121[Figure 21]
1de tutte quelle forme, & figure di fabriche, & di Tempij, che ſono fatte da queſti, & da
quelli
, che nel fabricare ſono in luogo di uulgo, & di plebe: perche questo ſarebbe in­
finito
, ne caderebbe ſotto artificio.
Ma ci propone quelle coſe, che ſatisfanno a chi non
ſa
piu oltre, poi che ſon fatte, ma non poſſono eſſere ritrouate da ognuno, & dice, che i
principij
, cioè l'origine della noſtra conſideratione è la figura, cioè quello, che prima ſi
rappreſenta
allo aſpetto.
Queſta figura, & queſto aſpetto, o nelle fronti, o nelle ſpalle, o ne i lati
& fianchi de i Tempij: o partitamente in piu fabriche, ouero in una iſteſſa: & però Vitr. cimette
22[Figure 22]
inanzi ſetle figure, & aſpetti di Tempij: & dice, che il primo ſi chiama, In antis. cioèfaccia in pila­
ſtri
, perche Ante ſi chiamano le pilaſtrate, che ſono nelle cantonate della facciata, che in
Greco
ſono dette Paraſtade.
Il primo aſpetto adunque, è della facciata dinanzi, & della fronte
del
Tempio: nella quale ſono ne gli anguli le pilaſtrate, & contraforti quadrati, & nel mezo
le
colonne, che ſportano in fuori, ſopra le quali è il frontiſpicio fatto con quelle ragioni, che
ſi
dirà poi.
Il primo aſpetto adunque dice Vitruuio, che è in queſto modo.
Il Tempio di faccie in pilaſtri, ſarà quando egli hauerà nella fronte i pilaſtri, de i pare­
ti
, che rinchiudeno il Tempio, & tra i pilaſtri nel mezo due colonne, & ſopra quelle
123[Figure 23]
1il frontiſpicio fatto con quella conuenienza di miſure, che ſi dirà in queſto libro. Lo eſ­
ſempio
di queſto aſpetto ſi uede alle tre Fortune, & delle tre quello, che è uicino alla por­
ta
collina. A noſtri giorni non ſi ha reliquia di queſto Tempio, però con le ragioni imparate
da
Vitruuio figurando la pianta., & lo in piè, & alcuna fiata il profilo, & i fianchi, laſcia­
remo
le ombre, & lo empir i fogli di figure, & di coſe minute, & facili, non affettando la quan
tità
, & la ſottilità delle figure adombrate in iſcorzo, & proſpettiua, perche la noſtra intentio­
ne
è di moſtrare le coſe, & non inſegnare a dipingere.
La pianta del Tenpio, detto faccia in pi-
24[Figure 24]
laſtri, è ſegnata A. doue ſono le pilaſtrate quadre in forma di colonne è ſegnato B. & le
colonne
nel mezzo C. lo in piè è ſegnato D.
La faccia in colonne detta proſtilos, ha tutte le coſe, che tiene la faccia in pilaſtri,
ha
due colonne ſopra le cantonate dirimpetto a i pilaſtri, & ſopra ha gli architraui, come
la
faccia in pilaſtri, & dalla deſtra, & dalla ſiniſtra nel uoltare delle cantonate tiene una
colonna
per banda.
lo eſſempio è all'lſola Tiburtina al Tempio di Gioue, & di Fauno.
1
Il ſecondo aſpetto accreſce al primo due colonne ſopra le cantonate all'incontro delle pila­
ſtrate
, & due nel uoltare, cioè una per banda.
Stimo io, che la luce di queſti Tempij ue­
niſſe
ſolamente dalle porte; perche io non trouo fatta mentione altroue di fineſtre.
l'Iſola Tibe­
rina
fu conſacrata ad Eſculapio, fatta prima a caſo, poi fortificata da Romani, & adornata
di
molti belli, & grandi edificij.
Appreſſo il Tempio di Eſculapio hebbe Gioue il ſuo edifica­
to
da L.
Furio Purpurione conſule; & dedicato da C. Seruilio, come dicono alcuni: & nella pun
ta
dell'Iſola hebbe anche Fauno il ſuo Tempio, del quale hoggi a pena ſi uedeno pochi ueſtigi, &
meno
ſe ne uederà per l'auuenire, perche il Teuere gli ua rodendo d'intorno, & leuando il
terreno
.
T.Liuio uuole, che di alcune condennagioni fuſſe edificato il detto Tempio da Gn.Do
mitio
, & da C.
Stribonio edili. La pianta di queſto tempio è ſegnata F. & ſerue anche al ter
zo
aſpetto, detto Amphiproſtilos: perche leuandone le colonne dall'altra teſta, & continuan­
do
il parete, reſta queſto aſpetto ſecondo, detto Proſtilos.
lo in piè è ſegnato E. & ſerue an­
che
al terzo aſpetto, intendendoſi la iſteſſa fronte dall'altra teſta.
Lo aſpetto detto Amphiproſtilos, tiene quanto è nell'aſpetto detto Proſtilos, ma di
piu
ſerua lo iſteſſo modo, di colonne, & di frontiſpicio nella parte di dietro.
Lo aſpetto detto Peripteros cioè alato intorno, è quello, che tiene d'amendue le fron
ti
ſei colonne: ma ne i lati undici con le angulari, ſi che queſte colonne ſiano poſte in mo
do
che lo ſpacio, che è tra colonna, & colonna, ſia d'intorno da i pareti a gli ultimi ordi
ni
delle colonne, & ſi poſſa paſſeggiare d'intorno la cella.
come è' nel portico di Metel-
lo
, di Gioue Statore, & alla Mariana dell'Honore, & della uirtu, fatto da Mutio ſen­
za
la parte di dietro.
Silegge, che fuori della porta ſalaria era un Tempio conſacrato all'honore, perche in quel luo
go
ſi trouò appreſſo l'altare una lama con queſte parole.
DOMINAE HONORIS.
M
.
Marcello dedicò un Tempio all'Honore, & alla Virtù, che fu poi reſtaurato da Veſpaſiano pro
pinquo
alla porta Capena (come ſi truoua nelle medaglie.) Fece Marcello queſto per uno ricor­
do
a quelli, che uſciuano all'impreſe, che per la uirtu s'entra all'Honore.
Mario ſimilmente edificò
un
Tempio all'Honore, & dal Tempio della uirtu s'entraua.
Gn. Domitio pretore drizò ſul Qui­
rinale
un Tempio alla Fortuna primigenia, & iui anche era un Tempio dell'Honore.
Fu edifica­
to
delle ſpoglie Cimbriche, & Theutoniche, in quella parte del monte Elquilino, che Merulana in
luogo
di Mariana, è detta.
La pianta, & lo in piè di queſto Tempio è ſoprapoſto nel primo libro.
Il falſo aſpetto di due ordini detto Pſeudodipteros, coſi è poſto, che nella fronte; &
di
dietro ſono otto colonne, & ne i lati quindici con le angulari: ma ſono i pareti della
cella
dalle teſte dirimpetto a quattro colonne, & coſi lo ſpatio, che ſarà da i pareti d'in­
torno
a gli eſtremi ordini delle colonne ſarà di due intercolunnij, & d'una groſſezza da
piedi
della colonna.
Lo eſſempio di queſta forma non è in Roma: ben ſi troua in Ma­
gneſia
il Tempio di Diana fatto da Hermogene Alabandeo; Et il Tempio d'Appolline
fatto
da Mnette.
Il quinto aſpetto è detto Pſeudodipteros, che ſignifica, falſo alato doppio. Pſeudo uuol dire
falſo
, Dipteros due ale: perche pteros ſignifica ala, & pteromata ſono dette le mura dall'una,
& l'altra parte dello Antitempio detto Pronao, & uolgarmente ſi dice un'ala di muro: & an
che
detti ſono pteromata i colonnati d'intorno al Tempio, perche a modo di ala ſtanno d'intor­
no
: onde peripteron, è detto quello aſpetto di figura di Tempio, che ha d'intorno la cella, o na
ue
del Tempio uno ordine ſolo di colonne, Dipteros due, Pſeudodipteros quello, che' ha leuato
l
'ordine interiore delle colonne d'intorno, & laſcia piu libero lo ſpacio da paſſeggiare d'intor­
no
il corpo del Tempio.
la pianta èſegnata O. nel primo libro, & quiui ſotto.
L'aſpetto di due ordini, che Dipteros è detto, ha dinanzi, & di dietro otto colonne
& d'intorno la cella ha due ordini di colonne; come il Tempio Dorico di Quirino, & lo
Ionico
di Diana Efeſia fatto da Cteſifonte.
1
Del Dipteros, & del Pſeudodipteros ne fa mentione Vitr. nel proemio del ſettimo libro. &
nel
ſeguente Capo ragiona della inuentione di Hermogene.
Pianta dello aſpetto detto Peripteros, cioè, alato d'intorno.
25[Figure 25]
Il ſotto aere, & ſcoperto
aſpetto
, detto hipethros, è di
dieci
colonne per teſta, & nel
reſto
è ſimile al dipteros, &
nella
parte di dentro tiene
doppio
ordine di colonne in
altezza
rimote da i pareti al
circuito
, come il portico de i
periſtili
, ma la parte di mezo
è
ſcoperto ſenza tetto, & ha
l
'intrate delle porte dinanzi,
& di dietro.
l'eſſempio non è
in
Roma, ma in Athene è di
otto
colonne, nel tempio di
Gioue
Olimpio.
Queſto doueua eſſere un bel­
liſſimo
, & grandiſſimo Tem­
pio
: haueua i portichi doppi d'in
torno
, & di dentro haueua due
ordini
di colonne uno ſopra l al­
tro
.
queſte erano minori del­
le
di fuori.
Il coperto ueniua
dalle
interiori alle eſteriori, che
ſtaua
in piouere.
Tutto lo ſpatio
circondato
dalle colonne di den­
tro
era ſcoperto; L'altare era
nel
mezo.
Eſſer doueua, per
ogni
intercolunnio, un nichio com
la
ſua figura; ſi di dentro, co­
me
di fuori; et ſi doueua aſcen­
dere
per gradi.
Ma noi hauemo
da
dolerci, & del mancamento
de
gli eſſempi, & della pouer­
della lingua: ſe pure non uo
gliamo
com l'uſo ammollire la du
rezza
delle parole foreſtiere, &
che
la lingua noſtra ſia corteſe
a
riceuerle, come ha fatto la Ro
mana
L. e figure noſtre dimoſtra­
no
la noſtra intentione.
126[Figure 26]
1 27[Figure 27]
Di cinque ſpecie di Tempij. Cap. II.
Inque ſono le maniere de i Tempij, delle quali ſono i nomi. Picnoſtilos, cioè
di
ſpeſſe colonne; Siſtilos, piu larghe; Diaſtilos anchora piu diſtanti; Areo
ſtilos
, oltra quello, che ſi conuiene lontane; Euſtilos, che ha ragioneuoli, &
conuenienti
interualli.
Picnoſtilos adunque è quando tra l'una, & l'altra
colonna
, ui ſi puo porre la groſſezza d'una colonna, & meza, come nel Tempio di Diuo
1Giulio, & nel Foro di Ceſare il Tempio di Venere, & ſe altri Tempij ſono di queſta ma­
niera
compoſti.
La maniera detta Siſtilos, è quella, doue tra le colonne ſi puo ponere due
groſſezze
di colonne, & i Zocchi delle ſpire a quello ſpacio ſono tanto grandi, quanto ſa­
tra due zocchi, come è nel Tempio della Fortuna equeſtre al Theatro di pietra, & ne
gli
altri, che ſono con le iſteſſe ragioni fabricati.
La humana cognitione, ſia di che uirtù dell'anima eſſer ſi uoglia o del ſenſo, o dello intelletto,
comincia
prima dalle coſe confuſe, & indiſtinte, ma poi approſſimandoſi l'oggetto, ſi fa piu par­
ticolare
, & piu certa.
uoglio hora filoſofare ſopra queſto; ſolamente ne darò un'eſſempio del­
la
cognitione de i ſenſi.
Vedendo noi di lontano alcuna coſa, ci formiamo prima una cognitione
confuſa
dello eſſere, ma uedendo poi, che quella col mouimento ſi porta in alcuna parte, giudica­
mo
, che ſia animale; & piu auuicinandoſi conoſcemo eſſer un'huomo; poi piu appreſſo conoſce­
mo
, che è un'amico; & finalmente uedemo ogni parte di quello.
coſi dallo eſſere, che è coſa uni­
uerſaliſſima
, uenimo al mouimento, & dal mouimento ci reſtrignemo all'animale, & peruenen-
28[Figure 28]
do a piu distinto conoſcimento, trouamo l'huomo, riconoſcemo l'amico, & distinguemo ogni
parte
del corpo ſuo.
ſimilmente adiuiene nella cognitione dello intelletto. però Vitru. ci ha pro­
poſto
una indiſtinta, & confuſa cognitione de i Tempij, preſa dalla figura, & dallo aſpetto loro.

Perche
tra le coſe ſenſibili, la figura è oggetto commune, perche è ſottopoſta alla cognitione di
piu
ſenſi.
Diſcende poi alla diſtanza delle parti; & diuenirà finalmente alla particolare, & di­
ſtinta
miſura d'ogni particella.
Sette adunque ſono i regolati aſpetti delle figure de i Tempij. co­
me
uniuerſali principij della cognitione di queſta materia, & gia ſono ſtati eſpoſti quali ſiano.

Approſſimandoſi
poi allo edificio, uedemo le apriture, & ſpecialmente gli ſpacij tra le colonne,
i
quali eſſendo in alcuni Tempij piu riſtretti, & in alcuni piu larghi, portano all'occhio diuerſe
apparenze
, & fanno diuerſi effetti, o di dolcezza, & bellezza, o di grandezza, & ſeuerità, ſi
come
fanno gli ſpacij delle uoci nelle orecchie: però che quello, che è conſonanza alle orecchie, è
1 29[Figure 29]
1
Lo in piedi dello aſpetto Hypethros, cioèſcoperto.
30[Figure 30]
131[Figure 31]
1bellezza a gli occhi. però Vitr. diſtingue le ſpecie de i Tempij ſecondo gli interualli, che ſono tra
colonna
, & colonna; non inquanto al numero, ma inquanto alla grandezza loro; & dice, che
la
prima ſpecie, è detta Picnoſtilos, cioè di ſpeſſe, & riſtrette colonne, quando una colonna è
molto
appreſſo l'altra.
La ſeconda Siſtilos, quando i uani ſono piu larghi, perche allhora le co­
lonne
ſono piu diſtanti.
La terza è detta, Diaſtilos, che anchora con piu larghi ſpacij ſi diſegna.
La
quarta Areoſtilos, che è quando oltra quello, che biſogna, diſtanti ſi fanno gli inter colunnij,
cioè
gli ſpacij, che ſono tra colonna & colonna.
La quinta Eustilos, che ragioneuolmente, &
con
diletto comparte i uani.
& ſe licito fuſſe darei a queſte ſpecie gli infra ſcritti nomi, Stretta,
Larga
, Rilaſciata, Spacioſa, & Giuſta colonnatura.
Diffiniſce poi Vitru. ciaſcuna ſpecie, &
uuole
, che la ristretta ſpecie detta Picnoſtilos, ſia quella doue gli ſpacij tra le colonne ſi poſſono
fare
della groſſezza d'una colonna & meza.
La ſpecie, & maniera larga detta Siſtilos, è quando
ſi
puo ponere tra due colonne la groſſezza, o diametro di due colonne; ma uuole Vitru. che i zoc­
chi
detti Plinthides, che ſono i zocchi, & le parti inferiori delle baſe, ſiano tanto diſtanti, quan­
to
lo ſpacio, & uano, che è poſto tra due zocchi.
Del Theatro di pietra intende il Filandro
il
Theatro di Pompeio, i cui ueſtigij ſono in campo di Fiore.
ualſe al buon Pompeio, che egli
ui
poneſſe ogni ſtudio per farlo eterno, facendolo di pietra, perche troppo grande è la forza del
tempo
, & la ingiuria che egli fa alle coſe.
ma quali non gli ſono ſoggette? il tempo iſteſſo con il
tempo
ſi conſuma, & quello che con il tempo prende uita, & uigore, col tempo s'indeboliſce, &
ha
fine.
perche lo eſſer del tempo è ſempre naſcere, & ſempre morire, & mentre ſi uiue, al­
tro
non ſi fa, che riceuere le ingiurie del tempo.
alle quali quanto ſi puo l'arte cerca di reme­
diare
; ma infine il tempo auanza l'arte.
Lo eßempio della ſpecie detta Picnoſtilos è notato nella
pianta
; & il Siſtilos è nella pianta detta Dipteros, poſta di ſopra.
Le due antedette maniere hanno l'uſo loro difettoſo, perche le matrone aſcendendo
per
gradi alle ſupplicationi loro non poſſono andare al pari tra gli intercolunij; ma biſo­
gna
che paſsino a fila.
L'altro difetto è che le porte, & gli ornamenti loro per la ſtrettez­
za
delle colonne non ſi uedeno.
& finalmente per la ſtrettezza de gli ſpacij, il caminar d'in­
torno
al Tempio è impedito.
Egli ſi potrebbe dire, ſe l'uſo, l'aſpetto, & il paſſeggiare è impedito dalle due predette ma­
niere
, a che fine Vitr. ce le ha propoſte?
Dico io, che ſi come non ſi deue laſciare a dietro al­
cuna
forma del dire per eſſer men bella, perche è tempo, che la oſcurità ci uiene a propoſito, &
la
confuſione, che ſono forme oppoſte alla chiarezza, & eleganza del dire.
coſi non doueua
Vitru
. laſciare forma alcuna, che ſia men commoda, & meno gioconda all' aſpetto.
perche hora
è
che nell'animo de riguardanti per gli occhi ſi ha da poner diletto, & piacere, hora meraui­
glia
, & horrore, ſecondo il biſogno; & queſtonon ſi puo fare commodamente da chi non ſa lo ef­
fetto
, che fanno diuerſe maniere di fabriche.
& ſe egli ſi diceſſe, che ſi deue porre anche le ma­
niere
difettoſe, per darci ad intendere, come ſi deueno ſchifare, forſe, che non ſarebbe fuori di
propoſito
.
ma chi uoleſſe fare le colonne tanto groſſe, che quando tra colonna, & colonna ui
andaſſe
bene due groſſezze, ci ſarebbe ſpacio conueniente di poter andare di pari, queſti non ha­
ueria
conſideratione, che l'altezza grande paſſarebbe i termini, & che piu di due matrone doueua
no
andar a pari.
& che i zocchi nella maniera Siſtilos occupariano lo ſpacio tra le colonne, & fa­
riano
piu meno impedimento al caminare.
& ſimilmente le porte, che deono riſpondere a
proportione
, ſariano impedite, come prima.
La compoſitione del Diaſtilos, è quando noi potremo traporre nello intercolun­
nio
la groſſezza di tre colonne, come nel Tempio di Apollo, & di Diana.
ma que­
ſt
a diſpoſitione tiene queſta difficultà, che gli Architraui per la grandezza de gli ſpa­
cij
, ſi ſpezzano.
O quanto deue eſſere auuertito lo Architetto non ſolamente riſpetto alla forma, & ragione,
che
nello animo, & mente ſua con modi artificioſi riuolge, ma quanto alla materia, i cu difetti i
1ſono infiniti, i rimedij pochi, & difficili, & alcuna fiata niuno, o di niun ualore, però è bene,
(come s' è detto) che Vitr. ci propona le maniere difettoſe, accioche per lo contrario ci potia­
mo
guardare da gli errori.
uero è che al ſopradetto difetto, ſi ſuol prouedere facendo ſopra gli
Architraui
molti archi, & laſciandoli ben fermare, & aſciugare, laſciandoui anche di ſotto il
uano
, perche quegli archi leuano il peſo a gli architraui.
Leon Battiſta nel quinto libro al ſet­
timo
capo aſſai commodamente ha interpretato i nomi delle ſopradette ſpecie, ſe bene non ſi puo
conſeguire
la felicità de i Greci nella compoſitione de i nomi.
& le ha chiamate, conferta, ſub­
conferta
, ſubdiſpanſa, diſpanſa, & elegante.
Deueſi bene auuertire, che Vitr. non ha uoluto
dar
legge ferma de gli ſpacij delle ſopradette maniere, ma ha uſato parole indeterminate, dicen­
do
, egli ſi puo porre, ſi potrebbe collocare, & ſimiglianti modi.
queſto auuertimento ci uenirà
a
propoſito nelle opere Doriche, nel quarto libro.
Nelle maniere Areoſtili non ci è dato l'uſo de gli Architrau i di pietra, di marmo,
ma
ſopra le colonne ſi deono ponere le traui di legno continue, & le maniere di que Tem
pij
, ſono baſſe, larghe, humili, & ornano i loro frontiſpicij di figure di terra cotta, o di ra­
me
dorato all'uſanza di Toſcana.
Come ſi uede al Circo Maſsimo il Tempio di Cerere,
& di Hercole, & del Pompeiano campidoglio.
Nelle maniere Areoſtili uſano liberi ſpatij tra colonna, & colonna, & però Vitru. ha uſato
il
numero del piu, & non ha detto, la maniera Areoſtilos, ma le maniere; perche eſſendo in li­
bertà
noſtra di fare i uani maggiori, non ci è preſcritta legge, regola.
In queſte maniere non
ſi
uſano Architraui di pietra, o di marmo, perche ſi ſpezzarebbeno.
il qual pericolo ſe era nel­
la
ſpecie Diaſtilos, doue il uano era di tre colonne, molto maggiormente ſarà nella ſpecie Areoſti­
los
, doue ſono ſpacij piu liberi.
La doue, per obuiare a queſto difetto, ſi faceuano gli Architra­
ui
di legno, & ſi adornauano di auorio, & s'inueſtiuano per coprire il legno.
però Vitru. nel
quarto
libro al ſettimo capo dice il medeſimo, ma con altre parole; & iui è la pianta & lo in piè
di
queſta maniera Toſcana Areoſtilos.
Ma quelle parole, che Vitru. dice. Ma le maniere di
que
Tempij ſono baſſe, larghe, humili, & nel latino barice, barricephalæ, hanno difficultà:
benche quel barricephalæ ſi puo intendere l'auorio, che copriua le teſte di que legni. perche gli
Elefanti
ſono detti barri.
ma quel barice ha difficile interpretatione, ſe forſe non è tolto dal
Greco
, perche uaris, che ſi ſcriue per uita in Greco, ſignifica le chieſe grandi, come dicono i dot­
tori
Grechi ſopra i ſalmi, & Athanaſio ſopra quelle parole del ſalmo 44. a domibus eburneis,
che
in Greco dicono Apò bareon elephantinon.
dice, che le caſe ornate, & i Tempij ſontuoſi
ſono
detti Vareis, perche il ſalmo dice eburneis, come che que Tempij, & quelle caſe ſiano
fatte
con grande artificio, & magnificentia.
Didimo, dice che uaris ſignifica la torre, & che le
chieſe
ſono torrite della potentia et gratia di Chriſto, & che ha poſto eburneis in luogo di ſplendide
& precioſe.
ſimil coſa dice Theodoreto ſopra le iſteſſe parole, & Baſilio dice, che i grandi edifi­
cij
ſono da quel nome chiamati.
Euſebio intende lo iſteſſo. L'arte di formar di creta prima uen­
ne
in Ethruria, che in altro luogo d'Italia.
In queſta furono eccellentiſſimi Dimofilo,, & Gor­
gaſo
, & gli iſteſſi erano anche pittori, & con l'una, & l'altra loro arte adornarono il Tempio
di
Cerere, nel Circo Maſſimo, & con la Greca inſcrittione in uerſi iui poſti dimoſtrarono, che le
opere
dalla deſtra erano di Demofilo, & dalla ſiniſtra di Gorgaſo.
Auanti queſto Tempio tutte
le
coſe erano Toſcane, & i frontiſpicij erano di queſte opere.
Il luogo di Vitru. nel quarto, dou e
egli
accenna, quello, che egli dice in queſto luogo. {Siano le traui incaſtrate in modo con chia­
ui
, & ritegni, che la commiſſura habbia lo ſpacio largo due dita, imperoche toccandoſi le traui,
& non riceuendo ſpiraculo di uento, ſe riſcaldano inſieme, & preſto ſi guaſtano.
ma ſopra le
traui
, & ſopra i pareti trapaſſino le meſole per la quarta parte dell'altezza della colonna ſpor­
tando
in fuori, & nelle fronti loro dinanzi fitti ſiano gli adornamenti,} Ecco che Vitr. chiama
anlepagmenta
quelli ornamenti, che ſono appoſti, & fitti alle trauature per inueſtirle, & co­
prirle
.
& Vitr. dice qui ſotto. che quanto gli ſpatij tra le colonne ſono maggiori, tanto piu groſ-
1ſa eſſer deono le colonne, & conſeguentemente minori, & piu baſſe. & però i Tempij Areoſtili
ſono
humili, depreſſi, & baſſi.
Hora egli ſi deue rendere la ragione della bella, & elegante maniera Euſtilos nomina­
ta
, laquale, & all'uſo & alla bellezza, & alla fermezza tiene eſpedite le ſue ragioni, per­
cioche
ſi deono fare gli intercolunnii della groſſezza di due colonne, & un quarto, ma lo
ſpacio
di mezo tanto a fronte, quanto di dietro, ſi deue fare di tre groſſezze, perche a que
ſto
modo haucrà & lo aſpetto della figura gratioſo, & l'uſo della entrata ſenza impedimen
to
; & il paſſeggiar d'intorno la cella ampiezza.
Il riſtretto intercolunnio impediua il caminare, l'entrare, & l'aſpetto: però le due maniere di
prima
erano uitioſe.
Il piu largo, & libero portaua pericolo de gli Architraui. Adunque il
giuſto
, & ſcielto tra'l piu, & il meno, che ſono eſtremi uitioſi, nel mezo come uirtuoſo ſi deue
ridurre
.
Se adunque uno & mezo, & due è poco, & tre è di piu, reſta, che due & un quarto ſia
conueniente
.
Ma perche non è coſi due & mezo, come due & un quarto? Riſpondo, che que­
ſto
farà la giuſta miſura del compartimento, quando ſi uorrà fare lo ſpacio dello intercolunnio
di
mezo, maggiore, che gli intercolunnij eſtremi.
oltra che ſe noi cauamo da una proportione
ſottoſeſquialtera
una ſottoſeſquiquinta, ne naſcerà una ſottoſeſquiottaua.
ecco. uno & mezo
ſono
ſei quarti, due ſono otto quarti, due & mezo dieci quarti, tre dodici quarti.
ſei ad otto ſono
in
proportione ſottoſeſquialtera, dieci a dodici in proportione ſottoſeſquiquinta.
dirai adunque, ſei
uia
dodici, fanno ſettantadue: otto uia dieci ottanta.
tra ſettanta due, & ottanta cade proportio­
ne
ſottoſeſquiottaua.
il noue adunque è piu proportionato al ſei, & al dodici, che al dieci, adun­
que
noue quarti ſaranno i uani della bella maniera.
Hor uediamone la proua.
Se la facciata doue ſi deue fare il Tempio ſarà per farlo di quattro colonne, partiſcaſi
in
parti undici, & meza, laſciando fuori da i lati i margini, & gli ſporti de i baſamenti.

Se
deue eſſer di ſei colonne, ſi partirà in diciotto: ſe di otto, in uentiquattro, & meza.

Di
queſte parti, ſia il Tempio di quattro, o di ſei, o di otto colonne in fronte, ne piglie­
rai
una, & quella farà il modulo.
La groſſezza delle colonne ſarà d'un modulo, & ogni
intercolunnio
, eccetto quello di mezo, ſia di due moduli, & d'un quarto.
L'intercolun­
nio
di mezo, dinanzi, come di dietro, ſia di tre moduli: l'altezza delle colonne ſia di
otto
moduli, & mezo.
& a queſto modo per quella diuiſione gli ſpacij, che ſono tra le
colonne
& le altezze delle colonne haueranno la giuſta ragione.
Noi di queſto non
hauemo
eſſempio in Roma, ma nell'Aſia in Theo è il Tempio del padre Baccho di ot­
to
colonne in fronte.
Vitruuio ci rende conto della bella maniera detta Euſtilos, la quale è quando i uani tra le co­
lonne
ſono di due teſte, & un quarto, & il uano di mezo è di tre.
Con queſta ragione egli rego­
la
quelle ſei forme d'aſpetto dette di ſopra, laſciando la faccia in pilaſtri, perche ella è rinchiuſa,
& non ha portico dinanzi.
Queſto ſi comprende beniſſimo dalle parole di Vitru. perche egli di­
moſtra
ciaſcuna di quelle figure dal numero delle colonne, & però in uece di dire proſtilos, & am
phiprostilos
, cioè facciata in colonne, o ambe le teſte in colonne, egli dice tetraſtilos, cioè quat
tro
colonne.
& in uece di dire peripteros, egli dice eſaſtilos, cioè di ſei colonne. & in uece di di­
re
pſeudodipteros, o dipteros, egli dice, eſaſtilo cioè di ſei colonne in fronte.
Hauendo adunque di­
meſtrato
in confuſo le maniere de gli aſpetti, hora egli uuole regolarle.
Et prima ſecondo la bel­
la
maniera dello ſpatio giuſto, & ſcielto, & poi ſecondo le altre, che hanno piu ſtretti, o piu li­
beri
interualli.
Regola adunque il preſtilos, & l'amphiproſtilos con una ſola regola, perche
l
'uno aſpetto, & l'altro è di quattro colonne.
Piglia lo ſpatio della fronte del Tempio, & ne fa un­
dici
parti & meza, una delle quali deue eſſer il modulo, cioè quella miſura, che è regolatrice di
tutte
le parti dell' opera.
Ecco qui l'ordine, del quale detto hauemo nel primo libro, al terzo Ca­
po
.
La groſſezza adunque della colonna ſarà d'un modulo, & eſſendo quattro colonne u'ande­
ranno
quattro moduli: laſciando però gli orli, & gli ſporti delle baſe, che ſono ſopra le canto-
1nate, che Vitr. dice præter crepidines, & proiecturas: cioè oltra le margini, & gli ſporti. &
perche
i uani ſono un meno delle colonne, ui ſaranno tre uani, quello di mezo uuole tre moduli,
che
con i primi quattro delle groſſezze, delle colonne fanno ſette.
I due uani haueranno quattro
moduli
, & mezo; dando a ciaſcuno due moduli, & un quarto.
& coſi ſaranno regolati i uani
della
facciata in colonne, & dello Amphiproſtilos.
Similmente ſi regola il peripteros, cioè ala­
to
a torno, perche hausndoſi a porre ſei colonne per teſta, ſi ha da partire la facciata in parti di
ciotto
: una delle quali ſarà il modulo: cinque ſaranno date a i uani: ſei alle groſſezze delle colon
ne
: il uano di mezo tre: i quattro due per banda: noue, a due moduli, & un quarto per interco­
lunnio
, che poſti inſieme fanno diciotto.
Similmente ſi regola il finto alato doppio, & il doppio
alato
, perche eſſendo l'uno, & l'altro nelle teſte di otto colonne, egli ſi partirà la fronte in parti
uentiquattro
& meza, l'una delle quali ſarà il modulo.
Otto moduli adunque andar anno alle
groſſezze
delle colonne, tre nel uano di mezo, che ſono undici.
& perche reſtano tre uani per
banda
, che ſono ſei, andandoui due teſte, & un quarto per uano, ui andranno tredici moduli, &
mezo
, che aggiunti a gli undici, fanno uentiquattro & mezo.
Et queſto è quello, che Vitr. ci in
ſegna
, & ci regola anche l'altezza delle colonne, & uuole, che in ogni maniera di aſpetto rego­
lato
ſecondo la ſcielta diuiſione de i uani, l'altezza delle colonne ſia di otto moduli & mezo et qui­
ui
accenna la maniera Ionica, della quale egli dice ragionar nel preſente libro.
Et quelle riſpondenze di miſure ordinò Hermogene; il quale anche fu il primo nel trouar
la
ragione del Tempio d'otto colonne, ouero finto aſpetto doppio.
perche dalla ſimme­
tria
del Dipteros, egli leuò gli ordini interiori di trenta colonne, & con quella ragione, &
della
ſpeſa, & della fatica fece guadagno.
Queſti nel mezo d'intorno la cella fece un lar­
ghiſsimo
ſpacio da paſſeggiare, & non leuò alcuna coſa dello aſpetto, ma ſenza diſiderio
di
coſe ſuperflue conſeruò l'autorità con la diſtributione di tutta l'opera.
Percioche la ra
gione
delle ale, & delle colonne d'intorno al Tempio è ſtata ritrouata, accioche lo aſpet
to
per l'aſprezza de gli intercolunnij haueſſe riputatione, & anche ſe per le pioggie la for­
za
dell'acqua teneſſe occupata, & rinchiuſa la moltitudine delle genti, poteſſero hauer
nel
Tempio, & d'intorno la cella con largo ſpatio libera dimora.
Et tutto queſto ſi truo
ua
eſpedito nelle diſpoſitioni del Pſeudodipteros.
Il che pare, che Hermogene fatto hab
bia
con acuta, & gran ſolertia gli effetti delle opere, & che habbia laſciato i fonti, d'onde
i
poſteri poteſſero trarre le ragioni delle diſcipline, & gli ammaeſtramenti dell'Arte.
Leuandoſi dal Dipteros le colonne di dentro, ponendoui quelle delle teſte, ſi leuano trenta co­
lonne
, come per la pianta ſi puo uedere.
Hermogene per iſparagno di ſpeſa, & di fatica leuò l'or
dine
di dentro, laſciò i portichi piu ſpacioſi, non tolſe alcuna coſa dallo aſpetto, perche nelle fron
ti
reſtarono le otto colonne, & dalli fianchi ſe ne uedeuano quindici.
Et però queſto aſpetto ſi chia
ma
falſo dipteros, perche fa la moſtra del dipteros, ma non è.
Da queſto luogo ſi comprende, che
Vitru
. ha regolati gli aſpetti, ſe bene egli non gli ha nominati, perche chiaramente egliper octa­
stilo
ha inteſo il Dipteros, & il Pſeudodipteros.
dicendo di Hermogene queſte parole. Il quale
anche
fu il primo a ritrouar la ragione del Tempio di otto colonne, ouero Pſeudo­
dipteros
.
Dimoſtra anche chiaramente la ſua intentione nel proemio del quarto, nel quale egli di­
ce
, quanto è ſtato eſſequito nel terzo, dicendo d'hauer detto delle diſtributioni, che ſono in
ciaſcuna
maniera, cioè ne i principij della cognitione de i Tempij, quanto a gli aſpetti, &
delle
cinque maniere, che trattano de gli ſpatij, che ſono tra le colonne.
Ma qui potrebbe naſce­
re
un dubbio, come ſia, che Vitr. non habbia fatto mentione del Tempio ritondo, & come egli
non
habbia regolata la maniera de i Tempij ſcoperti, che hanno dalle teſte dieci colonne?
Al pri
mo
dico, che Vitr. ragiona de i Tempij ritondi nel quarto, & forſe gli mette nel numero de gli
aſpetti
, che ſono di liberi intercolunnij, come anche i Toſcani, & ha laſciato di trattarne, ſegui
tando
in queſto luogo quelli aſpetti, che per alcuna aggiunta uanno creſcendo.
Al ſecondo ſi di-
1ce, che è coſa facile dalle ſoprapoſte regole compartire anche il Tempio ſcoperto detto hipethros,
ſecondo
la bella maniera: però ſe'l Tempio ſarà in fronte di dieci colonne; egli ſi partirà la fronte in
parti
trent auna, una delle quali ſarà il modulo, la groſſezza delle colonne ſarà d'un modulo.
&
però
a dieci colonne ſi daranno dieci moduli.
allo ſpacio di mezo tre, che ſono tredici, a i uani da i
lati
, che ſono quattro per banda, che fanno otto uani, ſe ne daranno diciotto, che gionti alli tre
dici
, ſommano trentuno.
La pianta, & lo in piè di queſta forma è ſegnata col nome ſuo.
Ne i Tempij Areoſtili, doue ſono gli ſpacij liberi tra le colonne, deonſi fare le colonne
in
queſto modo, che la groſſezza di quelle ſia l'ottaua parte dell'altezza.
Et nella forma
Diaſtilos
, ſi deue miſurare l'altezza in queſto modo, che ſia diuiſa in parti otto, & meza
& di una parte ſia fatta la groſſezza delle colonne.
Nella maniera Siſtilos egli ſi ha a diui
dere
l'altezza in noue parti, & meza, & di quelle darne una alla groſſezza.
Nella manie­
ra
picnoſtilos, l'altezza è diuiſo in dieci parti, & d'una ſi fa la groſſezza della colonna.

Nella
maniera Euſtilos, ſi ſerua la ragione della Diaſtilos, cioè, che l'altezza della colon
na
ſi diuide in otto parti & meza, & una ſi dona alla groſſezza.
Et a queſto modo ſi da
per
la rata parte la ragione de gli ſpacij tra le colonne: perche, ſi come creſceno gli ſpatij
tra
le colonne, coſi ſi deono con proportioni accreſcere le groſſezze de i loro fuſti, per­
che
ſe nella maniera areoſtilos la groſſezza della colonna ſarà la nona, ouero la decima
parte
, ella ci parerà tenue, & ſottile, perche per la larghezza de i uani l'aere conſuma, &
ſminuiſce
la groſſezza dello aſpetto de i tronchi delle colonne.
per lo contrario ſe nella
forma
picnoſtilos ſarà la groſſezza l'ottaua parte dell'altezza, per l'anguſtia, & ſtrettezza
de
gli ſpatij, farà un'aſpetto gonfio, & ſenza garbo, & però biſogna ſeguire la conuenien
za
delle miſure ſecondo la maniera dell'opera, & coſi per queſto ſi deono fare le colonne,
che
ſtanno ſu le cantonate, piu groſſe una cinquanteſima parte del loro diametro, perche
ſono
dallo aere circonſtante tagliate, & piu ſottili paiono a i riguardanti: & però quello
che
in ganna gli occhi deue con la ragione eſſere eſſequito.
Hauendo Vitru. regolati gli aſpetti con la piu ſcielta, & bella maniera de gli intercolunnij,
detta
Euſtilos, hora egli ci inſegna, come ſi hanno a regolare gli aſpetti delle alire maniere, che
ſono
le altre quattro, la ſtretta, detta picnoſtilos; la larga, detta ſiſtilos; la rilaſciata, detta dia
ſtilos
; & la ſpacioſa, & libera, detta areoſtilos.
La ſomma della ſua intentione è queſta, che
noi
douemo conſiderare gli ſpatij, che ſono tra colonna, & colonna in ciaſcuna delle dette forme,
& doue trouaremo tra le colonne eſſere ſpacio maggiore, douemo a proportione fare piugroſſa la
colonna
: & la ragione è queſta, perche ſe fuſſero le colonne ſottili doue ſono i uani maggiori,
molto
ſi leuarebbe dello aſpetto, imperoche lo aere è quello, che toglie della groſſezza delle co­
lonne
, & fa parere quelle piu ſottili, come la iſperianza ci dimoſtra.
Doue adunque è piu di ua­
no
, & di ſpacio, iui entra piu l'aere, il quale eſſendo d'intorno taglia del uiuo; Et però con buo­
na
ragione la distanza de gli intercolunnij regola la groſſezza delle colonne.
La onde Vitr. uo­
lendoci
confermare con altra iſperienza, & ragione quello, che ci ha propoſto, uuole, che le co
lonne
, che stanno ſu gli anguli delle fabriche, che hanno portichi d'intorno, ſiano piu groſſe al­
quanto
delle altre, che ſono tra quelle, perche d'intorno le colonne angulari ſi rauna maggior
quantità
di aere, & di luce, che le uiene a mangiare della lor groſſezza, doue pareno piu ſottili
delle
altre, & però in rimedio di quello, che leua la luce, & lo aere, ſe le da la cinquanteſima
parte
del diametro di piu delle altre.
il che ſerue a quella digniſſima parte, che nel primo libro è
detta
Eurithmia.
Vitr. adunque ha detto del numero delle colonne de gli aſpetti, detto ha delle di
ſtanze
loro nelle cinque maniere: & poi ha detto delle grandezze di quelle: & coſi è diſceſo a po­
co
a poco dall'uniuerſale al particolare, & ha distinto le coſe confuſe ſecondo l'ordine della huma
na
cognitione.
& anchora diuiene a piu particolar notitia, & tratta delle contrattioni, & ra­
stremamenti
, che ſi fanno nel ſommo della colonna, & ſimilmente della gonfiatura, che ſi fa nel
mezo
.
& dice.
1
Le diminutioni, che ſi fanno nella parte di ſopra delle colonne ſotto i collarini detti hy
potrachelij
, ſi deueno fare in queſto modo, che ſe la colonna ſarà di quindici piedi almeno,
ſia
diuiſa la groſſezza del fuſto da baſſo in ſei parti, & di cinque di quelle ſi faccia la groſ­
ſezza
di ſopra, & di quella colonna, che ſarà alta da quindici a uenti piedi, il fuſto da baſſo
ſia
diuiſo in ſei parti & meza, & di quelle ſiano date cinque & meza alla groſſezza di ſopra.
ſimilmente di quelle, che ſaranno da uenti fin'a trenta piedi, la pianta ſi partirà in ſette par
ti
, & in ſei di quelle ſi farà la diminutione di ſopra.
ma quella, che ſarà da trenta fin qua­
ranta
piedi, dal baſſo piede hauerà ſette & mezo, & dal di ſopra ſei, & mezo la ragione
del
ſuo raſtremamento: Et coſi quella, che ſarà alta da quaranta ſin cinquanta piedi, eſ­
ſendo
dal baſſo diuiſa in otto parti, ſarà ſette di ſopra nel Collarino: Et quelle, che ſaran­
no
piu alte, con la iſteſſa ragione per la rata parte ſi faranno piu ſottili.
Ma quelle per la
diſtanza
dell'altezza ingannano la uiſta, che aſcende: Et però ſi aggiugne il temperamen­
to
alle groſſezze, poi che la uiſta noſtra ſeguita mirabilmente la gratia, & la bellezza.
al
cui
piacere, ſe noi non conſentimo luſingando con la proportione, & con la aggiunta de
i
moduli, accioche quello, di che ella è ingannata, & defraudata, con bello temperamen­
to
ſi accreſca, dalle opere ſarà rimandato adietro l'aſpetto di quelle, ſenza gratia, & ſen­
za
proportione di bellezza.
Faceuano gli antichi la ſommità della colonna piu ſottile, che la parte di ſotto; faceuano ſimil
mente
nel mezo una gonfiezza, & tumidezza molto dolce, & tenera, che gentilmente ſi uolge
ua
, che le daua molto del buono.
La ragione, perche coſi faceuano, era, perche le coſe naſcen
ti
dalla terra, come ſono gli alberi, piu che ſi leuano, piu s'aſſottigliano, & gli huomini piu ag
grauati
da i peſi, piu s'ingroſſano nel mezo.
però imitando gli alberi ſi raſtremano le colonne di
ſopra
, & imitando lo effetto del carico, ſi gonfiano nel mezo.
ſi come adunque creſcendo in lar
ghezza
i uani, Vitr. ha uoluto, che a proportione creſca la groſſezza delle colonne, coſi uuole
hora
per la iſteſſa ragione, che quanto è piu alia la colonna, tanto meno ſia raſtremata di ſopra,
perche
creſcendo in altezza, fa lo eſſetto da ſe ſteſſa & di cio ne lo eſſempio, la regola, & la
ragione
, il che è facile.
Ma come ſi faccia, & doue comincia queſta diminutione, & con che
garbo
ſi tiri la gonfiatura nel mezo, Vitr. non ci dimoſtra, benche egli prometta in fine del libro
darci
il diſegno, & dice.
Ma della aggiunta, che ſi fa nel mezo della colonna, che entaſi ſi chiama, nel fine del
libro
ſarà formata la ſua ragione, come dolce, & conueniente ſi faccia.
Credo io, che queſto ſtia in diſcretione, & deſtrezza, piu preſto, che in arte o regola: ben­
che
il Serlio, & altri ne trouino alcuni modi, a i q uali mi riporto.
Diſidero bene, che ſi auuer
tiſca
, che l'huomo non prenda ammiratione, ſe miſurando le antichità di Roma, non ritroua ſpeſ
ſo
le miſure delle colonne a punto, perche ſe egli ſi poteſſe uedere tutto il corpo della fabrica, l'huo
mo
non ſi marauiglierebbe della grandezza, o picciolezza de i membri, ma ritrouando un piede,
ouero
un braccio ſeparato, non puo dire, queſto piede è grande, o picciolo; dico riſpetto del cor­
po
.
ſe adunque cio uale nel corpo humano, perche non deue ualere nel corpo d'una fabrica, o d'al
tra
coſa artificioſa?
perche uolemo far giudicio d'una colonna, non ſapendo come ella era poſta
in
opera, che ſpacio era tra una colonna, & l'altra, in che maniera era collocata, per quale acci
dente
era coſi compartita: che effetto, in che luogo faceua, & altri ſimili riſpetti?
che danno,
che
dire a queſti diſegnatori, che tutto di uanno miſurando le parti & le particelle, ſenza conſide
ratione
del tutto, & ſe ne fanno regole, & precetti inuiolabili: & dicono, che non ſi troua in Ro
ma
coſa fatta ſecondo le regole di Vitr. al quale doueriano credere, poi che egli ſteſſo, ci leua la
ſoperſtitione
, l'obligo, & la ſeruitù con le ragioni manifeſte: Sono bene i termini delle coſe, ſecon­
do
il piu, & il meno, ma tra que termini, oue ſia, chi uoglia procedere con ragione, non ha per
duto
il modo di fermarſi piu in uno, che in altro luogo, quando la occaſione gli di farlo.
1
Delle fondationi, & delle colonne, & loro ornamenti, &
di
gli Architraui tanto ne i luoghi ſodi, quanto
ne
i moſsi, & aggrumati.
Cap. III.
LE fondationi delle opere ſopradette di quanto ſottera ſi ha da fare, ſi deo­
no
cauare, ſe trouar ſi poſſono, dal ſodo, & poi nel ſodo, quanto ci pare­
per la grandezza dell'opera, ſiano fatte, & quella fabrica, o ſtruttura per
tutto
il ſuolo quanto piu ſi faccia ſodiſsima: & ſopra terra ſi facciano i muret­
ti
ſotto le colonne per la metà piu groſsi di quello, che ſaranno le colonne: accioche le
parti
di ſotto ſiano piu ferme delle parti di ſopra (& queſti ſi poſſono chiamare Stereo­
bata
, quaſi ferme piante, perche ſoſtentano il peſo di tutto lo edificio) oltra di queſto
gli
ſporti delle ſpire, o delle baſe non deono uſcire dal ſodo: & allo iſteſſo modo deue
eſſere
ſeruata la groſſezza del muro, ma bene gli ſpacij deono eſſer fatti a uolte, ouero
ſianolbene
raſſodati, & battuti, accioche ſiano bene rattenuti, & fermi.
Hauendo Vitruuio trattato di quelle coſe, che da lontano in confuſo, & di quelle, che piu di
ſtintamente
, & d'appreſſo uedemo, accioche non paia, che ſiano ſolamente nello aere, &
che
non habbiano piede, egli uuole trattare delle fondamenta di quelle, & con bell'ordine dal
fondamento
peruiene fino alla cima, facendo naſcere, & creſcere la fabrica.
Primieramente
adunque
egli ci mostra quello, che deue ſtare ſotto le fabriche, & uucle, che imitiamo la na­
tura
, che ne gli alberi fa le parti inferiori piu groſſe, che le ſuperiori: percioche meglio ſi ſo­
ſtentano
i peſi, & i carichi grandi.
Il piano adunque, doue ſi deue fabricare, è ouero duro, ſo­
do
, & naturale, ouero tenero, molle, & di terreno portato & moſſo.
diuerſamente ſi deue
fondare
nell'uno, & nell'altro: perche doue trouerai la terra ſoda, iui cauerai per fondare.
& farai la foſſa tanto larga, quanto porta la ragione dell'opera, che dei fare. ſe il ter­
reno
ſarà molle, o ſarà tale nella ſoperficie, ouero profonderà molto: ſe è nella ſoperficie, ca­
ua
inſino, che troui il ſodo, ſe profonderà, biſognerà farle una palificata ben battuta, &
raſſodata
.
Il fondamento è detto ſubstructione, che altro non e, che la fabrica, che ſi fa ſot­
terra
, fin che ſi ueda.
Hora queſta fondatione deue eſſer di ſotto larga, & piu che aſcen­
de
, piu ſi ua reſtringendo.
Deueſi cauare il terreno della foſſa egualmente, & il fondo deue eſ­
ſer
piano, & eguale per tutto, accioche il peſo della fabrica lo prema egualmente, i pareti fac­
ciano
danno, o ſegno alcuno.
Le larghezze delle foſſe per le fondamenta ſi deono fare dal giudi­
cio
dell' Architetto, ſecondo le groſſezze delle mura, le grandezze delle fabriche, & le quali­
de i terreni: perche puo uenire occaſione o nel fare un gran palazzo, o un Tempio, ouero
un
ponte, che ſi facciano le fondamenta intiere continuate per tutto il piano, di ſotto con per­
petua
muratura.
Quando al pari del piano hauerai leuato la ſottomuratura, & il fondamento
dei
leuare alcuni muretti, che ſi chiamano Stereobati, & altroue ſtilobati, quaſi ſodi, &
fermi
piedi delle colonne: benche altroue Stereobata uoglian dire il baſamento di tutta la fabri­
ca
, che in alcuni edificij, è fatto a ſcarpa.
ma che quiui intenda il piedeſtalo, ſi uede per quel­
le
parole. {& ſotto terra ſi facciano i muretti ſotto le colonne.} cioè quando la fabrica co
mincia
a ſcoprirſi, & uederſi.
I muretti ſotto le colonne altro non ſono, che i piedeſtali,
che
ſi doueriano dire piedeſtili, cioè piedi delle colonne, che ſarebbe parola compoſta del Gre
co
, & del uolgare.
ma parliamo ſecondo l'uſo. queſti adunque doueriano eſſer piu groſſi per la
metà
del fuſto delle colonne da baſſo.
ecco la ragione. La ſpira, & baſa della colonna non iſpor
ta
piu in fuori per lo piu, che la metà della groſſezza della colonna, cioè per un quarto da un
lato
, & per un quar to dall'altro; & queſto nella Dorica: perche lo ſporto della baſa Ionica ſi
1fa d'una quarta, & ottaua della groſſezza della colonna, come anche della Corinthia. Vuole
adunque
Vitruuio che il piedeſtalo, che è ſotto la colonna, ſia per la metà piu groſſo della colon­
na
, che ui ua ſopra: & di piu uuole, che gli ſporti delle baſe, che ſouo tanto, quanto la lar­
ghezza
del zecco, non eſchino del uiuo, cioè del quadrato del piedeſtalo.
Egli ſi deue auuertire,
che
per queſto nome Stilobata, ſe bene s'intende quel muretto, che è ſotto le colonne, come pie­
de
, & poſamento, però ſono anche i Stilobati congiunti uno con l'altro mediante quella aggiun­
ta
, della quale parlerà Vitruuio qui ſotto: & però tutto quel ligamento, è detto anche Stereo­
bata
, ſecondo la eſpoſitione del nome, che detto hauemo: & tutta queſta fabrica è imme
32[Figure 32]
diate ſopra terra, & ſi puo anche poggio no
minare
: ma del poggio ne dirò qui ſotto.
Deue
ſi
auertire, che i buoni antichi, ſe bene face­
uano
il baſamento piu largo della fabrica di
ſopra
, non però lo faceuano a ſcarpa: ma in
modo
di gradetti, come ci moſtra la figura qui
appreſſo
.
Dice poi Vitruuio. {Et allo iſteſſo
modo
deue eſſer ſeruata la groſſezza del mu­
ro
} cioè che la parte inferiore ſia piu groſſa
di
quella di ſopra.
Ma gli ſpacij, che ſono
tra
un piedeſtalo, & l'altro, cioè nelle fon­
damenta
, ſi deono legare in queſto modo, che
ouero
ſi facciano a uolti, come è lo in piè d'un
Tempio
diſegnato nel primo libro, al cap. ſe­
condo
: ouer ſiano raſſodati con palificate
ben
battute & ferme: & a queſto modo i le­
gamenti
della fabrica ſaranno fermißimi.
Que
ſti
uolti ſono stati ritrouati per ſcemar la ſpe­
ſa
, & per aßicurar, che le colonne per lo peſo loro non fondino, & i uolti ſono riuerſei: ma
che
impediſce, che non ſiano anche dritti, come è nell' eſſempio allegato?
Ma come ſi battino le
palificate
, con gli inſtrumenti detti Fiſtuce da latini, & Becchi da noi, non è alcuno, che non
lo
ſappia: & queſta è la regola di fondare ne i luoghi, che hanno buono, & ſodo terreno, co­
me
ſono quelli di Candia tenaciſſimi, & fermiſſimi, ne i quali è gran fatica fare le cauationi.

Ma
ſe i luoghi ſaranno di terreno moſſo, ouero paludoſo, o tenero come a Venetia, Vitruuio
ce
inſegna quello ſi deue fare, & dice.
Ma s'egli non ſi truoua il ſodo, & che il ſuolo ſia moſſo, ouero paluſtre, allhora quel
luogho
ſi deue cauare, & uotare, & con pali d'Alno, o di Oliuo, o di Rouere arſicciati
conſiccare
, & con le machine fatte a queſto propoſito ſiano battute le palificate ſpeſsiſsi­
me
, & gli ſpacij, che ſono tra i pali ſiano empiti di carboni, & le fondamenta ſiano empite
di
ſodiſsime murature: ma poi che le fondamenta ſaranno ben battute, deonſi porre a li­
uello
i piedeſtali, ſopra de i quali diſponerai le colonne (come s'è detto di ſopra): ouero
nella
maniera di ſtrette colonne, come ella ricerca, ouero nelle altre, come ciaſcuna ri
chiede
, ſia o rilaſciata, o ſpacioſa, o gratioſa maniera, come di ſopra ſono ſtate ordina­
te
, & deſcritte, perche nelle areoſtile è grande libertà di fare gli ſpacij, come piace a cia­
ſc
uno.
bene egli ſi deue auuertire, che ne gli alati atorno, detti Peripteri, collocate ſiano
le
colonne in modo, che quanti uani faranno nella fronte, tante due fiate ſiano ne i lati,
perche
coſi ſarà doppia la lunghezza dell'opera alla larghezza; però che quelli, i quali hanno
uoluto
raddoppiar le colonne, & non i uani, pare che habbiano errato, perche pare, che
uno
intercolunnio oltra quello che biſogna, ſi ſtenda per la lunghezza.
Vitr. ha detto nel Capo antecedente, che lo alato a torno detto Peripteros, haueuaſei colon-
1ne in fronte; adunque haueua cinque uani; perche ſempre i uani ſono un meno delle colonne: &
da
i lati haueua undici colonne computando le angulari; adunque hauer à dieci uani: & quelli, che
hanno
raddoppiato il numero delle colonne da i fianchi, hanno errato, perche non hanno computa
to
nel numero delle colonne da i lati quelle, che ſtanno ſopra gli anguli, le quali ſerueno alla fron­
te
, & a i lati; ſi che biſogna raddoppiare i uani, & non le colonne.
& queſta regola è anche nel
le
altre maniere, che hanno colonne a torno, che forſe ſotto queſto nome di periptere ſono ſtate
tutte
compreſe, perche tutte hanno le ale a torno.
Fin qui adunque hauemo le ſondamenta, hauemo
i
piedeſtali, & la fabrica alzata da terra: hora ſi ragioner à de i gradi, per li quali ſi aſcendeua
al
Tempio.
queſti erano nelle fronti, come ſi uede in molte piante di ſopra, erano anche d'intorno,
come
nella pianta del peripteros di ſei colonne s' è poſto: & con una iſteſſa ragione ſi regola il nume
ro
, l'altezza, & la larghezza de i gradi, & però dice Vitr.
I gradi nella fronte ſi deono formare in queſto modo, che ſempre ſiano diſpari, perche
ſalendoſi
al primo grado col piè deſtro, lo iſteſſo piede entrandoſi di ſopra nel Tempio ſa
poſto: ma le groſſezze di quelli coſi giudico io che debbiano eſſer terminate, che non
ſiano
piu groſſe di dieci dita, piu ſottili di noue.
perche a queſto modo non ſarà diffi­
cile
il ſalire.
Le ritrattioni de i gradi, non ſiano meno d'un piede, & mezo, piu di
due
: & ſe d'intorno al Tempio ſi deono fare i gradi, ſi faranno all'iſteſſo modo.
Il piede nel ſalire prima ſi alza, poi s'allarga: quella miſura, che ſi fa alzando, è detta groſſez
za
del grado: quella, che il piede calca, & s'allarga per ſalire allo altro grado, è detta da Vitr. ri
trattione
del grado.
io chiamerei quella, altezza, & queſta, larghezza del grado. Qui non di­
ce
Vitr. che i gradi debbiano eſſere piu tre, che cinque, piu cinque che ſette.
ben è uero, che egli è
ſtato
auuertito nelle fabriche antiche, che non s' è paſſato il numero di noue.
et ſe pure ſi paſſaua, egli
ſi
faceua un piano, & una ritrattione larga, che noi chiamamo requie, ſopra la quale ſi ripoſa­
uano
gli huomini, dapoi la ſalita.
Deono eſſere i gradi non piu alti di dieci parti d'un piede,
meno
di noue, ma ſe fuſſero noue parti a punto, o meno di dieci ſariano piu commodi.
Pone adun
que
Vitr. itermini del piu, & del meno: ma a di noſtri ſi fanno minori, il che non laudarei, per­
che
poi non hanno grandezza, ſe bene fuſſero piu commodi alla ſalita.
Il piede è partito in dodici
oncie
, come hauemo eletto.
deſtante ſono dieci oncie, dodrante noue, & le oncie anche ſono det
te
dita.
Ma ſe egli ſi uorrà fare il poggio da tre lati, Vitr. dice quello douemo oſſeruare.
Ma s'egli ſi uorrà fare il poggio da tre lati, biſognerà guardare, che i quadretti, le baſe
i
tronchi, le cornici, & le gole conuenghino col piedeſtalo, ch'è ſotto le ſpire delle co­
lonne
. Cioè ſe'l piedeſtalo hauerà quadretti, liſtelle, tronchi, gole, cornici, & baſe, ouero
altri
membrelli, i medeſimi ſiano anche nel poggio, come dimoſtra lo in piè del tempio ſeguente,
che
ha il poggio.
Ma perche il piedeſtale, ſoprail quale era la colonna, uſciua del dritto, del
poggio
, & per queſto il poggio era ritratto in entro per lo ſpacio, che era tra un piedeſtalo, &
l
'altro, & faceua una certa concauità, che Vitr. chiama alueolato: però era neceſſario, che
Vitr
. ci deſſe la regola di agguagliare, & pareggiare i piedeſtali, accioche ſi ſapeſſe quanto ha­
ueuano
aduſcir fuori del dritto del poggio, & però dice.
Et a queſto modo biſogna, che il piedeſtalo ſia pareggiato, che egli habbia per mezo
l
'aggiunta per gli ſcamilli impari; perche ſe egli fuſſe drizzato a linea, egli ſi uederebbe
con
l'occhio il letto, & cauo.
ma come a far queſto ſi facciano gli ſcamilli conuenienti,
come
dell'altre coſe, coſi di queſta ſarà deſcritto nel fine del libro, la forma, & la di­
moſtratione
.
Deono i piedeſtali uſcir del poggio, & queſta riſalita Vitr. chiama aggiunta, & la parte del
poggio
, che ſi ritira a dietro, è detta alueolato.
Il nome di ſcamilli in uero non ſi troua, ( che io ſap­
pia
) latino, dedutto dal Greco.
& quando bene uoleſſe dire camillum, quando ſi diceſſe ca
millus
nel genere del maſchio, io direi, che la intentione di Vitr. fuſſe, come io ho detto, perche
camillus
, nel quarto libro, è una caſſa, o forma, o telaro, che egli chiama loculamentum.
Le
1caſelle, o celle delle api ſi chiamano camilli, & tutto quello, che ſepara una coſa dall'altra, come
33[Figure 33]
in caſſa, è con questo nome chiamato. Quando adunque ſia, che i piediſtali ſeparano una parte
1del poggio dall' altra, perche non ſi poſſono dire camilli ciaſcuno di que ſpacij, ſeparato da i piede.
34[Figure 34]
1ſtali? che uengono in fuori, & non uanno continuando, ma rompeno la drittura del poggio: &
35[Figure 35]
1con licenza egli ſi uſi queſto nome del genere del maſchio, che è neutro. Il ſenſo è dunque, co­
me
ho detto, ilche proucrò anche di ſotto.
Et ſe ſcamillus uiene da ſcamnum, per diminutione,
& che ſi traduca ſcabelli, perche i piediſtali ſono come ſcabelli trauerſi, non s'impedirebbe il no
ſtro
ſentimento.
il quale però è confirmato per alcune parole, che Vitr. dirà qui ſotto. Ma la pian
ta
, & lo in piè del Tempio fatto col poggio ſono fatte di ſopra.
a carte 137. 138. & 139.
Conuengono tutte le fabriche nelle fondamenta, o naturali, o artificiali, che ſiano. delle ar­
tificiali
ſe ne è ragionato a baſtanza.
ſopra le fondamente, o gradi, o poggi, che ſi facciano, ſene
è
dato la regola di ſopra.
hora ſi dirà de i piediſtali, i quali ſono di due modi. prima tutto il baſa­
mento
d'una fabrica ſi puo chiamare piedeſtale; che in Greco ſtereobata, & anche ſtilobata ſi
chiamano
le parti prime ſopra terra, piu groſſe che i pareti; perche con perpetua, & continuata
ſodezza
legano la fabrica d'intorno.
l'eſſempio è nelle piante d'alcuni Tempij ſopra poſti, come
nella
pianta del dipteros, doue ſi uede, che corre quel legamento intorno, ſopra il quale è poſto il
colonnato
.
& nella parte dinanzi ſono i gradi ſerrati tra quel legamento, che è fatto per leuare
la
fabrica da terra, & per darle ſodezza, & maeſtà, & per ornamento.
& ſpeſſo gli antichi ui
poneuano
delle ſtatue nelle fronti, la doue da una parte, & l'altra erano del baſamento, che
uſciua
dell' ordine delle colonne dinanziper legare i gradi, & queſto poteua eſſer per la quarta
parte
della colonna in altezza.
i piedeſtali da ſe, & ſeparati dal baſameno, non ſi danno per
quanto
ſi legge, alle opere Toſcane, alle Doriche.
però quelli, che danno miſure de piedeſta
li
, pare, che s'habbiano formato di loro capo le miſure di quelli, in que generi, doue non ſi tro­
uano
.
Ma nello Ionico, Corinthio, & composto, ſe ne truouano. come nel preſente libro, &
nel
quinto doue ſi ragiona del poggio della ſcena, ſi uede chiaramente.
& molti eſempi, ne ſono
in
Roma, ne gli archi, Tempij, & Theatri.
Queſti hanno diuerſe miſure, & tutte però ſi ca­
uano
dall'altezza della colonna con la ſua baſa, & capitello, perche altri ſono la terza parte,
come
quelli dell'arco fatto al caſtel uecchio di Verona, d'opera Corinthia ſommamente lodata.

Altri
ſono per la quarta parte, come ſono quelli del Coliſeo: altri ſono d'una quarta & meza,
come
nell'arco fatto da Traiano in memoria della uittoria di Dacia, ſul porto d' Ancona: & è ope­
ra
Corinthia bella & ſchietta.
Altri della quinta, come ſi è oßeruato. & queſta diuerſità na­
ſce
, perche con diuerſe intentioni l' Architetto ſopplire intende alla grandezza, o bellezza delle
fabriche
, Vitruuio ragionando nel quinto, del poggio della ſcena, fa il piedeſtalo d'uno terzo,
proportionando
, & il poggio, & le colonne al diametro dell'Orcheſtra; & è belliſſima forma.
i
piediſtali
ad unque, per le fatte oſſeruationi, ſi partirano in otto parti nella loro altezza.
di que­
ſte
una ua per gli ornamenti, o membrelli di ſopra, che ſono come un capitello del piedeſtalo: due ſi
danno
alla baſa, il reſto al dado, o tronco di mezo.
La baſa ſi parte in tre parti, due ſi danno al
zocco
, l'altra all'altre parti.
ſi che gli ornamenti di ſotto, o membrelli che ſiano, ſono doppij in
altezza
a gli ornamenti, o membrelli di ſopra, che Vitru. chiama, quadre, corone, liſis.
Sole­
uano
gli antichi ſotto la baſa del piedeſtalo porre uno, o due zocchi, non meno alti di tutta la ba­
ſa
del piedeſtalo.
& queſto per dar fermezza, & grandezza alle opere. ſoleuano anche ſotto l'or­
lo
della baſa della colonna porre un'altro zocco, ilche ſpecialmente uſauano di fare ne gli archi.
& tutta la baſa, col detto zocco era d'un pezzo, perche la fuſſe piu atta, a ſoſtener i peſi, come
ſi
uede nell'arco d' Ancona, ne gli archi di Settimio, & di Tito, & di Conſtantino in Roma, &
in
altri luoghi d'Italia.
Ma prima, che io deſcriua coſa alcuna, mi pare conueniente eſponere l'
rigine
, & ragione de i uocaboli, & nomi poſti alle parti, & membri delle fabriche; accioche
ſempre
non ſi habbia a tornar da capo.
Fu la colonna (come s'è detto) ritrouata per ſoſtenere
i
peſi.
& prima cra di legno, & ritonda. crebbe poi il diſiderio della grandezza, & perpetui­
con la concorrenza de gli huomini, d'onde la terra fu ſollecitata, & dalle uiſcere di quella fu­
rono
cauate le pietre, & i marmi.
la onde hebbero luogo le colonne di marmo, ma in modo, che
teneſſero
qualche ſimiglianza con le colonne di legno, lequali, accioche per li peſi non ſi fendeſ­
ſero
, haueuano dalle teſte alcuni cerchi di ferro, & alcune anella, che reſtrigneuano i capi di
1que tronchi. doue gli Architetti ad imitatione di quelle, induſſero le faſcie di ſopra, & di ſotto
i
fuſti delle colonne, & accrebbero poi quelle parti, di modo, che la parte di ſopra chiamarono
capitello
, & quella di ſotto nominarono baſa.
Nella baſa oßeruarono, che la larghezza ſua
fuſſe
maggiore dell'altezza, dapoi, che ſportaße alquanto piu del fusto della colonna, ad imita­
tione
del piede humano: & coſi anche l'infima parte della baſa fuſſe alquanto piu larga di quel­
la
di ſopra; ſi come era il piedeſtalo piu largo della baſa: & il fondamento piu largo del piede­
ſtalo
, ad imitatione della natura, come hauemo detto.
Baſa è nome Greco, in latino ſi chiama
ſpira
.
perche ſpira ſignifica giro, o uoluta: & le baſe erano ritonde, imitando i cerchi, & le anel­
la
.
ma i Greci chiamano baſe con miglior comparatione, perche baſis, uuol dire piede: & la ba­
ſa
è piede della colonna.
& però anche i nomi delle parti delle baſe, da Greci ſono ſtati poſti
con
queſto riſpetto del piede humano, & d'altre parti, & anche del ſuo calzare, perche fanno
le
baſe di membri coſi chiamat, come ſono Plinthus, Torus, Scocia, Trochilus, Quadra, Su­
percilium
, Aſtragali.
Plinthus è nome Greco, ſignifica mattone, laterculum, ouero cataſtrum:
& da uulgari è detto orlo: perche zocco è quello, che è ſotto la baſa; che io chiamerei piu pre­
ſto
ſottobaſa, che zocco: & Plinthus chiamerei zocco, o quadrello.
Torus è uno membrello
ritondo
, che uaſopra l'orlo, è detto in Greco ſtiuas: & ſi chiama Torus, perche è come una
gonfiezza
carnoſa, ouero come uno piumazzetto.
noi perche è ritondo lo chiamamo baſtone: &
Franceſi
, bozel, per la iſteſſa ragione.
Scocia è Greco, & ſignifica ombroſo, & oſcuro; per­
che
è un membro cauo, che fa ombra; però i noſtri lo chiamano cauetto.
altri ſcorza, perche è
come
la ſcorza di mezo baſtone: Franceſi chiamano il cauetto contrabozel.
Trochilus da Gre­
ci
, orbiculus, da latini è detto, perche aſſimiglia una rotella, che ſopra il taglio habbia un cana­
le
, come hanno i raggi delle taglie, ſopra liquali uanno le funi.
Quadra, & liſtella, & filette
in
Franceſe, che è la groſſezza d'alcuni membrelli, & è un pianuzzo & regola quadra di ſopra
il
cauetto, come è il ſopraciglio a gli Aſtragali.
Aſtragalus è coſi detto dalla forma di quell'oſ­
ſo
, che è nella giontura del collo del piede; latinamente è detto Talus; che uolgarmente ſi chia­
ma
talone, ma gli Architetti pure dalla forma il chiamano tondino, et nelle baſe ſe ne fanno due.

I
diſegni di queſti membrelli, ſaranno qui ſotto, con le loro lettere, & nomi partitamente diße­
gnati
.
Noi poſcia poneremo tutti gli ordini diſtintamente prima, che ſi uenga al teſto di Vitru.
accioche
, con la imitatione del Filandro facciamo chiara tutta la preſente materia.
laquale ha
biſogno
di queſta ordinatione.
& ſatisfaremo anche a quelli, che non ſi curano di tanta Filoſofia,
& che ci fanno oppoſitione di troppo alti concetti, & diſcorſi, con i quali io non uoglio ſcuſar­
mi
, perche dubiterei di non gli credere, et non di dare ad intendere a me ſteſſo che fuſſe uero, che
o
fuſſe piu Theorico, che pratico.
36[Figure 36]
A. Plinthus, Laterculus, uel lataſtrum. Orlo.
B. Thorus, ſtiuas. rondbozel. baſtone.
C. Scotia, cauetto, ſcorza. contrabozel. orbiculus. Trochilus.
1
D. Aſtragalus. Talus. tondino.
E. Quadra. liſtello. Filette.
F. è quella parte doue termina il fuſto della colonna, detta cimbia, ouero annulo, o leſtello
dell
'Apofige, della quale ſi dir à dapoi.
La baſa Toſcana ha di queſte parti, l'orlo, & il baſtone. la miſura di queſta è, che eſſer deue
alta
quanto è la metà del diametro della colonna.
Queſta altezza ſi diuide in due parti, l'una ſi
da
all' orlo, ilquale in queſta baſa è fatto a ſeſta.
l'altra ſi al baſtone, con quella parte, che ſi
chiama
apofige, & apotheſi; che ſono certe piegature dalle teste de i fuſti delle colonne, che dan­
no
gratia mirabile, quando ſono ben fatte.
& pare, che fuggino, & ſiano ritratte. però hanno
in
Greco queſte nominanze, apotheſi, & apofige.
quella di ſopra è detta collarino, & quella di
ſotto
, cimbia, & ſono in modo, che ſe amendue fuſſero congiunte inſieme farebbeno la forma del
cauetto
.
Lo ſporto dell' orlo è per la terza parte dell' altezza della baſa. il baſtone ha tanto di
ſporto
, quanto l'orlo.
et ſi fa con la ſeſta; benche qui pare quadro, però ſi conoſce dal ſuo fon­
damento
.
il ſemidiametro del baſtone, è termine della cimbia, perche ella non paſſa piu oltre il
ſegno
a. laqual cimbia, è l'ottaua parte alta dell' altezza di tutta la baſa.
queſta nelli generi Do­
rico
, Ionico, et Corinthio è parte della colonna, ma nel Toſcano è parte della baſa, et ſi fa a ſeſta
in
queſto modo.
Cada una linea dal dritto della colonna a piombo ſopra l'orlo, et quella parte,
che
ſporta oltra il dritto della colonna ſiapartita in tre parti eguali 1. 2. 3. et uiene portata
in
fuori dallo eſtremo della cimbia.
dal punto a. al punto b. et allargata la ſesta dal punto a. al
punto
e. ſopra'l quale cade il dritto della colonna, ſi ferma l'un piede in b. et con l'altro ſi fa il
punto
d. ilquale deue eſſere centro di quel giro, che regge la piega della cimbia.
ſimilmente con
quella
ſeſta coſi allargata ſi piglia la diſtanza da, e, à c. ſopra il fuſto della colonna.
et poſta
la
ſeſta in c. ſi taglia il punto d. ilquale è centro dell' Apofige, o cimbia che ſi dica.
la figura
è
quiſotto.
A. B. C. nella pianta ſono ſegni delle parti della baſa. A. riſponde alla cimbia
detta
Apofige.
B. al baſtone detto Torus. C. all' orlo, detto Plinthus, che nella baſa Toſca­
na
, è fatto a ſesta, come s'è detto.
La colonna deue eſſer altaſette teste con la baſa, & il capi­
tello
.
ma rastremata la quarta parte della' groſſezza da piedi, cioè uno ottauo per parte. Nel
capitello
Toſcano ei ſono queste parti, Abaco Echino, Hipotrachelio, & Apofige.
Tutti i ca­
pitelli
conuengono in queſto membro, che ſi chiama Abaco. ilquale è una tauola quadra, detta
operculum
da Leone, & Dado da noſtri.
perche è di forma quadrangulare, & nel Toſcano ſi
puo
chiamar zocco, & Plinthus.
Conuengono tutti i capitelli, che tutti ſi poſano, & s'incon­
trano
con le linee ciaſcuno della colonna ſua, nel fusto di ſopra, doue è fatta la contrattione, &
diminutione
della colonna.
Le miſure del capitello Toſcano ſonoqueſte. Prima egli è alto quan­
to
la baſa, cioè per la metà della groſſezza della colonna da piedi.
Queſta altezza ſi diuide in
tre
parti, l'una ſi all' Abaco, o zocco, o dado, che uogliamo chiamare.
quella di mezo al­
l
'Echino, cioè ouolo, del quale ſi dirà hora, che coſa uuol dire.
La terza ſi reſtrigne all' hypotra­
chelio
, o collarino, & apofige.
Echino ſignifica il riccio di caſtagna, il riccio animale d'acqua,
& di terra.
chiamaſi queſta parte Echino, perche in eſſa ſi ſcolpiuano iricci di caſtagna. doue­
mo
imaginarci molti ricci di castagna l'uno appreſſo dell' altro aperti, & che moſtrino le caſta­
gne
quando ſono mature.
queſti fanno un bel uedere, & adornano mirabilmente. Queſta par­
te
Vitru. chiama Encarpi, parlando del capitello Ionico: perche erano ornati di frutti, & di
foglie
, come ſi uede in molti capitelli antichi.
i moderni chiamano queſta parte Ouolo, non ſapen
do
l'origine, & parendo loro, che ſiano oua ſcolpite.
Encarpi ſi poſſono chiamare, feſtoni.
Hipotrachelio
, è una ſottogola, alla ſimiglianza del collo dell' huomo.
Facciaſi adunque il da­
do
, o Plinto, per uno ſeſto della groſſezza della colonna, che uiene a eſſer un terzo della metà
del
diametro.
L'ouolo occupa la parte di mezo. Questi accioche ſia tirato a ſeſta, biſogna
tirar
una linea dal dritto della colonna diſopra, fin all' Abaco, & diuidere in due parti eguali
quello
ſporto dell' Abaco che auanza, & di quelle riportarne una in dentro, & far punto.
a.
137[Figure 37]
1& poſta la ſeſta ſopra l'eſtremo liſtello, che uaſotto l'ouolo (che è alto la ſeſta parte di quella,
che
ua all' hipotrachelio) allargata al punto, a. ſi ſa un poco di giro.
& dall' cſtremità dello aba­
co
ſi ſa il medeſimo, & nello incrocciamento ſi pone la ſesta, & ſi tira l'Ouolo leggiadramente,
laſciando
all' Abaco alquanto di prominenza per garbo.
lo Hipotrachelio, o ſottogola, ſi fa
al
modo che ſi fa l'Apofige: & è alto il doppio del liſtello ſotto l'ouolo.
la ſua cimbia è alta la me­
, cioè tanto, quanto il listello ſotto l'ouolo.
il tondo ſporta oltra lo ſporto del detto listello, per­
che
laſciando cadere una linea a piombo dalla estremità del listello, doue è il punto.
g. ſopra quella
ſarà
il centro di fare il giro & tondo predetto, ma la piegatura ſotto la cimbia, ſi fa al ſopradetto
modo
.
facendo il centro, come ſi è detto la doue è h. & l.E. Abacus, Plinthuo, dado.
F. Echinus, ouero Ouolo.
G. Annulus, Listello.
H. I. K. L. Hypotrachelium con Apofigi. cioè parte contratta alla ſottogola, con
la
cimbia.
Sopra'l capitello ſi pone l'architraue, con quelle ragioni, che porta la ragione dell' opera, ſe­
condo
, che dirà Vitr. nel quarto.
al qual luogo io mi riporto. Ma uenire è neceſſario al genere
Dorico
, ſe noi uogliamo ſeguitare l'ordine propoſto.
però diremo inſieme con Vitr. che il Dorico
non
ha baſa propria, ma alcuna fiata ſe le la baſa Attica, la quale ſi forma di queste parti,
Plinthus
, torus inferior, quadræ, torus, ſuperior, ſcotia.
Queſte parti gia ſono dichiarite qua­
li
ſiano.
ha dunque la detta baſa, l'orlo, due baſtoni, uno cauetto tra quelli, con i ſuoi quadret­
ti
, liſtelli, o gradetti, che ſi dichino l'uno di ſopra il cauetto, & l'altro di ſotto.
La miſura di
queſta
baſa è, che ella è alta la metà della groſſezza della colonna, la lungezza è per una groſ­
ſezza
& meza.
Si diuide poi la groſſezza della colonna in tre parti, l'una ſi all' altezza del­
l
'orlo, il reſtante ſi partirà in quattro parti, una delle quali ſi darà al baſtone di ſopra, le altre
tre
ſi partiranno in due parti eguali, l'una ſi darà al baſtone di ſotto, l'altra al cauet­
to
con li ſuoi gradetti.
queſta parte del cauetto ſi diuide in ſei parti, una delle quali ſi al
gradetto
di ſopra, l'altra al gradetto di ſotto.
Le quattro reſtano al cauetto. lo ſporto del basto
ne
di ſotto, ua di pari con l'orlo, & ſi fa il ſuo giro a ſeſta, come s'è detto.
lo ſporto del gradetto
di
ſotto ua di pari col ſemidiametro del baſtone di ſotto.
lo ſporto del gradetto di ſopra, ua di pa­
ri
della cimbia.
La cimbia di pari del ſemidiametro del baſtone di ſopra. Il quale ſemidiametro,
è
oltra il dritto della colonna, la terza parte dello ſporto dell' orlo oltra il dritto della colonna.

Lo
ſmuſſo, o giro dell' Apophige, ſi fa a queſto modo.
Laſcia cadere dal dritto della colonna una
linea
ſopra la cimbia, & partirai quello ſpatio, che è rinchiuſo tra la detta linea, & lo ſporto
della
cimbia, in due parti, & una di quelle allungherai oltra lo ſporto della cimbia, & piglia con
la
ſeſta tutta quella miſura, che è contenuta ſotto le tre parti dallo dritto della colonna, & farai
lo
incrocciamento, come s'è detto.
Il cauetto ſi tira con giudicio, benche ſi puo fare tirando una
linea
dallo eſtremo del gradetto diſopra allo eſtremo del gradetto di ſotto, & facendo il centro
ſopra
quella linea, & tirando il giro dall' uno, & l'altro eſtremo de i gradetti, & rieſce bene.
A. Abacus, orlo.
B. Torus inferior, bastone di ſotto.
2. Quadre, liſtelle, o gradetti.
C. Scotia.
D. Torus ſuperior. baſtone di ſopra.
E F. apophigis. cimbia. ſmuſſo.
La colonna Dorica è alta ſette teſte, & ſi contragge ſecondo la ragione dell' altezza ſua, come
ſi
dirà poi.
Il capitello Dorico. ha queste parti, Plinthus, Cymatium, Echinus cum annulis,
pars
, quæ hypotrachelio contrahitur columnæ, cioè zocco, o dado, cimaſa, ouer ouolo, annel­
la
, collarino, delle quali s'è detto la origine, & deriuatione.
Ma le miſure ſono queste.
1
La groſſezza del capitello è per la metà della groſſezza della colonna. La larghèzza è per
tutta
la groſſezza della colonna, & di piu uno ſeſto; ſecondo Vitruuio.
Ma nell' antico ſi truoua,
& rieſce meglio un quinto per parte.
Diuiderai la groſſezza del capitello in tre parti, delle quali
una
ſi al zocco con la ſua Cimaſa, l'altra all' ouolo con le anella, l'altra ſi contragge al collarino
della
colonna.
Di modo che la larghezza, o groſſezza del capitello è due quinti piu della groſſez
za
della colonna.
l'altezza del zocco, o dado, ſi diuide in cinque parti, tre delle quali ſi danno
al
zocco, & due alla ſua Cimaſa.
& quelle due ſi diuideno in tre parti; due delle quali ſi danno al
la
Cimaſa, & una al quadretto.
Finito il zocco, & la cimaſa, ſeguita l'ouolo, & le anella ſue.
l
'altezza dell' ouolo ſi diuide in tre parti, due delle quali, ſi danno all' ouolo, una alle anella
Queſti
ſono tre, & ſono alti tanto l'uno quanto l'altro.
Sporta il primo oltra il dritto della colon
na
di ſopra la metà dell' altezza ſua: & il ſecondo ſporta oltra il primo, anch'egli la metà della
ſua
groſſezza; & il terzo, che è di ſopra, fa il ſimile oltra il ſecondo.
ma non ſarebbe male, che
ciaſcuno
ſportaſſe tanto, quanto è l'altezza ſua.
l'ouolo ſi fa a ſeſta, pigliandoſi con la ſeſta la
diſtanza
, che è dallo eſtremo dell' ultimo anello, fin ſotto l'abaco, & facendoſi lo incrocciamen­
to
da quello eſtremo, & anche ſotto l'abaco, & ponendoſi la ſeſta nello taglio dello incrocciamen
to
.
Seguita la parte, che ſi contragge alla ſottogola, che da alcuni ſi chiama fregio. queſta con
la
ſua bella piega peruiene fin' alla cimbia.
& aſtragalo, o tondino, che ſi dica, & ſi uiene ad
incontrare
col dritto della colonna di ſopra.
Il tondino è alte, quanto ſono tutte tre le anella, &
la
metà di uno, porge in fuori quanto l'ouolo.
La cimbia è alta per la metà del tondino. porge a
piombo
del ſemidiametro del tondino: il reſto ſi fa al modo ſopra detto.
Gli antichi ſoleuano pone
re
ſopra il capitello una aggiunta non molto alta, che poſaua ſu'l zocco, al dritto della colonna
di
ſopra; & queſto faceuano, perche lo architraue ſi poſaſſe ſu'l uiuo del capitello, & della co­
lonna
, & non rompeſſe gli ſporti.
L'architraue detto trabs, conle parti di quello, che gli ſta
ſopra
, ha queſte parti, che ſi dicono in latino, Epiſtilium, Tenia, Guttæ, trigliphi, metopæ, re
gula
, capitula, canales, femora, cimacium, corona, Timpanum, acroteria, ſima.
Le ſignifi
cationi
delle quali coſe ſono queſte.
Epiſtilium è tutto quello, che ua ſopra le colonne; & capitel
li
, per nome generale: ma propriamente è la traue maeſtra, che architraue uolgarmente ſi chia
ma
; Epiſtilium uuol dire impoſta di colonne.
queſti nel genere Dorico ha una faſcia, ouero ben­
da
, che ſi chiama tenia, ſotto la quale con una regoletta ſono intagliate le goccie, che fanno lo
effetto
delle goccie dell' acqua, che cade, & ſono ſei di numero, per ogni testa di traue, che è
rappreſentata
per li trigliphi.
la origine de i quali è queſta. Nelle fabriche di legno ſoleuano ſpor
tare
le teſte delle traui, le quali ſi chiamauano, ope, & lo ſpacio, che era tra una teſta, & l'al­
tra
, metopa, ſi diceua.
perche poi non pareuano bene quelle teſte coſi nude, & ſcoperte, gli an
tichi
le copriuano con certe tauolette, & quelle con cera di diuerſi colori dipigneuano.
Ma quel
li
, che non di legno, ma di pietra magnificamente lauorauano, imitando quelle teſte, fecero quel
li
membri, che Triglifi chiamarono, quaſi Triſolci, perche ſono tagliati in tre canali, due intie­
ri
, & uno mezo per lato.
da queſti canali pare, che cadino le goccie gia dette. Gli ſpatij, che ſo
no
tra i canali, ſi chiamano femora, noi per altri riſpetti potemo nominarli piani.
i Triglifi han­
no
i loro capitelli ſopra i quali è la cornice, che ſi chiama corona, perche cigne lo ediftcio come
corona
.
Moderni la chiamano gocciolatoio, perche da quella gocciolano le acque celeſti, &
ſono
gettate lontane dallo edificio.
Queſta cornice ha due cimaſe, o gole, una diſotto, & l'altra
di
ſopra; & ſono adornamenti ſuoi.
Sopra la cornice è il Faſtigio, che noi chiamamo Frontiſpi­
cio
, che ha un piano nel mezo, che ſi chiama Timpano, perche è cinto da i medeſimi membri del
la
corona, & da una gola ſchiacciata, che ſi chiama ſima, a ſimiglianza del naſo delle capre.

Oltra
di queſto il Frontiſpicio ha da i lati, & nel mezo di ſopra gli acroterij, che ſono alcuni pi­
laſtrelli
, ſopra i quali, ſi poneuano le ſtatue: & quelli da i lati moriuano nel tetto, & quello di
mezo
era libero.
Hora ueniamo alle miſure. La grandezza dello architraue in altezza con la
benda
, & goccie ſue, è per la metà della groſſezza della colonna.
queſta metà hora chiameremo
1modulo. La benda, faſcia, o Tenia, che ſi dica, è per la ſettima parte del modulo. le goccie
con
la regoletta la ſeſta.
queſta regoletta ua ſopra le goccie, & di tre parti, ne occupa una, di
quella
ſeſta parte.
La larghezza dello Architraue, cioè il piano di ſotto, che ſi poſa ſopra'l capi
tello
, eſſer deue tanto, quanto il collarino della colonna di ſopra; perche coſi uenirà a poſarſi
ſu
'l uiuo.
L'altezza de i Triglifi è per un modulo & mezo, larghi nella fronte un modulo. queſta
fronte
ha due canali nel mezo intieri, & due mezi dalle parti, & ſono tagliati in modo, che lo
angulo
della ſquadra u'entri nel mezo, & le braccia della ſquadra facciano le ſponde.
& accio­
che
ſiano giuſti, ſi diuide la larghezza del Triglifo in ſei parti, & ſene laſcia meza parte per ban
da
per li mezi canali, dopo i quali, ſene laſcia una per parte, per li pianuzzi, che Vitr. chia­
ma
femora.
dopo i piani, ſono i canaletti uno per banda, & ſono intieri, occupando ciaſcuno
una
parte delle ſei, & nel mezo i due canali u'è il ſuo piano, che occupa la ſeſta parte.
Biſogna
auuertire
, che'l mezo del Triglifo ſia ſopra'l mezo del quadro della colonna.
Le metope ſono qua
dre
perfette, cioè tanto alte, quanto larghe: & quelle metope, che ſono ſopra gli anguli, ſono
meze
, ma non a punto, ma meno delle metà, perche coſi rieſce il compartimento; come ſi uederà
nel
quarto libro.
Soprai Triglifi ſono i capitelli loro, alti la ſeſta parte d'un modulo: & ſoprai
capitelli
è la corona o gocciolatio, alta o groſſa con le ſue cimaſe mezo modulo.
queſta altezza
ſi
diuide in quattro parti, l'una ſi alla cimaſa di ſopra, la una alla cimaſa di ſotto, due allo
ſpacio
, ch'è tra una cimaſa, & l'altra.
la cimaſa ha il ſuo liſtello, alto un terzo, & gli altri due
ſi
danno alla piegatura della ſua gola.
La corona ſporta per la metà, & uno ſeſto d'un modulo,
& ha alcuni tagli come dentelli di ſotto, accioche cadendo le goccie, non poſſano uenire longo
il
muro, ouero le colonne, & guaſtarle; & per queſta parte forſe è detta gocciolatio, & quella par
te
è detta da Vitr. mento dalla corona, et que luoghi, ſcotia, ouero cauetti.
le gole del gocciolatoio
ſono
una al contrario dell' altra, come ſi uede nella figura.
Gli antichi ornauano gli ſpatij delle me
tope
com teſte di bue ben date, con le patine de' ſacrificij, et altre coſe, doue io laudo la inuentione del
Sanſouino
, che nelle metope de i portichi ſotto la libreria publica ha collocato le inſegne della Re
publica
col farui la parte dinanzi del Leone alato.
Similmente, ſotto il piano della cornice alla
parte
, che guarda in giu, & ſporta in fuori, ſi ſcolpiuano alcune goccie ſopra i Trigli­
fi
, & alcune roſe ſopra le metope, le goccie riſpondeuano alle goccie, che ſono ſotto i Triglifi,
& erano ritonde, & ſe ne poneuano ſei per parte.
& diciotto per largo, & la figura lo dimo­
ſtra
.
Del frontiſpicio diremo nel genere Ionico.
38[Figure 38]
139[Figure 39]
1 40[Figure 40]
1
La baſa Ionica ſi forma a queſto modo. ſia la larghezza ſua per ogni uerſo tanto, quanto è la
groſſezza
della colonna, & di piu tanto quanto è un quarto, & un'ottauo della detta groſſez­
za
, cioè ſe diuiderai il diametro della colonna in ſedici parti, ſia tanto allungato, che ne hab­
bia
uentidue: et queſta ſia la larghezza della baſa.
l'altezza è per la metà della groſſezza della co
lonna
.
L'orlo è la terza parte dell' altezza. il reſtante ſi diuide in ſette parti, tre delle quali ſi danno
al
baſtone di ſopra, due ſi danno al cauetto con il ſuo tondino, & ſopraciglio, & due al cauetto di
ſotto
con il ſuo ſopraeiglio.
i tondini ſi fanno per l'ottaua parte del cauetto. Ma ben parerà, che'l
cauetto
di ſotto ſia maggiore, percioche egli ſporterà fin allo eſtremo dell'orlo.
Lo ſporto di ſo­
pra
, oltra la groſſezza della colonna ſi fa a queſto modo.
piglia tre parti della diuiſione del dia­
metro
, che ſono la ottaua, & ſeſta decima parte, & quelle diuiderai per mezo, & tanto ſarà lo
ſporto
, cioè d'una parte et meza, dalla deſtra, & dalla ſiniſtra; et tanto è lo ſporto della ſpira,
doue
ſi fa la cimbia con le ragioni dette di ſopra.
l'altezza della cimbia è per un terzo dell' al­
tezza
del baſtone, il centro del quale è ſopra la linea, che diſcende dallo ſporto della cimbia.

i
tondini deono eſſer toccati da una linea, che ſi parte dallo eſtremo ſopraciglio, allo eſtremo
del
liſtello, che è ſopra l'orlo, et ſotto il cauetto inferiore.
i cauetti ſi fanno al modo ſopra
detto
.
et queſta è la deſcrittione della baſa Ionica. l'altezza della colonna in diuerſe maniere di
fabriche
, è diuerſa.
I ſuoi raſtrenamenti ſono regolati da Vitr. ſecondo le altezze ſue, però ſi di
ra
del capitello.
Tira una linea che ſia tanto lunga quanto è groſſa la colonna da piedi. Queſta diuiderai in
parti
dieciotto, et ne aggiungnerai una di eſſe, ſi che ſarà in tutto parti diecinoue.
hora tutta
queſta
ſarà la lunghezza, et larghezza del capitello.
Ma l'altezza con le uolute ſarà per la
metà
, cioè parti noue, et mezo: dico con le uolute, perche la groſſezza del capitello, è un ter
zo
della groſſezza delle colonne, et le uolute ſono ornamenti, et non parti del capitello, & uan
no
piu in giu del capitello.
Manderai dunqne a baſſo de gli eſtremi di queſta linea i catheti.
cioè
linee a piombo, tanto lunghe, quanto ſono le noue parti et meza, cioè la metà della lun­
ghezza
.
queſte linee ci ſeruiranno poi. reſtino però ſegnate le noue parti et meza, ma ſcancel
lati
i primi ſegni delle diui ſioni della linea della lunghezza, et larghezza del capitello: perche
ſi
deue diuiderla in uenti parti, et retirarſi in entro dalle eſtremità della linea detta, una parte,
et
un quarto delle uenti, et mandar giu de gli altri catheti di pani alli primi.
con le iſteſſe diuiſio
ni
, in queſte linee ritirate ſarà il centro dell' occhio, ſi fermeranno le uolute, et ſi regolerà tut
to
il reſtante del capitello.
Leone chiama l'occhio della uoluta ciclo. la uoluta è uno inuoglio ad
imitatione
delli cincinni de i capelli muliebri, i uolgari la chiamano cartoccio.
Delle noue parti
di
queſte linee ſe ne danno all' orlo, o abaco una, & meza, l'una è per la gola dello abaco,
che
è fatto in forma della lettera S. ma tirata con gratia, & la meza ſi da al ſuo liſtello.
le uo
lute
ſi formano a queſto modo.
restando ſotto l'abaco parti otto, ſi fa un punto la doue termina­
no
le quattro & meza, & ſopra quello poſto un piede della ſesta, ſi fa un giro, il cui diametro
tiene
una di quelle parti, & tre ne reſtano di ſotto, & quattro di ſopra.
queſto cerchio o giro è
l
'occhio delle uolute, nel quale hanno ad eſſere dodici centri, che formano le uolute a ſeſta,
poſſono
eſſer meno, perche fariano la uoluta sgarbata, & con pochi giri, & non ſalua la lettera
di
Vitruuio.
Io non dirò de gli inuentori di questo modo per non metter molti huomini da bene al
le
mani.
io confeſſo d'hauerla imparata, & ne tengo obligo alli maeſtri. Iſeppo Saluiati pitto­
re
eccellente, me ne dedicò uno trattatello, & lo fece ſtampare.
ſe quelli, i quali me l'hanno
dimoſtrata
prima, l'habbiano pigliata dal Saluiati, io non lo .
per formare adunque la uoluta
biſogna
mandare a baſſo una linea per banda egualmente diſtante alla linea, ſopra laquale è il
centro
dell'occhio, diſtante da quella, quel quarto, che nol dicemmo, che era d'una parte, &
un
quarto, perche queſta linea poi che haueremo tirato il diametro dell' occhio caderà a punto ſo
pra
il ditto diametro, & ci darà la regola di formare un quadro nell'occhio, ſopra le cui diagona­
li
ſaranno i dodici centri predetti: per che quanto ſarà dal taglio, che fa queſta linea ſopra il
1diametro dell' occhio, al centro dell' occhio, tanto ſi riporterà, & di ſotto, et di ſopra la linea del det
to
centro, dal centro iſteſſo, & tanto anche dall' altra parte dell' occhio ſopra il diametro, & que
ſti
quattro punti ſaranno i mezi de i lati d'uno quadrato dentro l'occhio, da gli anguli del quale ſi
tireranno
le diagonali, & ſopra quelle dal centro, a gli angoli ſi far anno tre parti eguali per
gni
uerſo, lequali ſaranno i dodici centri predetti, doue poſta la ſeſta ſopra l'angulo interiore
di
ſopra nel quadrato, & allargata la ſeſta fin ſotto l'abaco, ſi tirerà un giro fin al diame­
tro
nella parte eſteriore.
indi ſi uenirà all' altro angulo di ſopra, che è di fuori nel quadrato: &
poſta
iui la ſeſta, & diſteſa al termine del primo giro, ſi continuerà il giro fin al catheto di ſot­
to
, & iui ſi farà punto.
il ſimile ſi farà ponendo la ſeſta ſopra l'angulo eſteriore di ſotto: & con
tinuando
il ſecondo giro, ſi farà il terzo fin al diametro, dalquale poi ſi uenirà fin ſotto l'abaco
con
un giro, il centro del quale ſarà il quarto angulo di dentro, & a queſto modo ſi finirà il pri­
mo
giro della uoluta col ſcemare per ogni quarta la metà dell' occhio, come uuole Vitr. ſimilmente
uolendo
poi fare il ſecondo giro della uoluta, ſi ponerà per ordine la ſeſta ſopra gli altri punti delle
diagonali
, cominciando da quello, che è uicino al primo, doue s'incominciò il primo giro: & ſe
guitando
ſi farà di quadrante in quadrante tutto il ſecondo giro, il quale ſi come il primo per ogni
quadrante
ſcemaua la metà dell' occhio: coſi queſto ſcemerà un terzo, & l'ultimo ſceme­
un ſeſto del diametro dell' occhio: & coſi in tre giri la uoluta hauerà ſcemato quattro dia­
metri
dell' occhio, & riuſcirà bella, & è neceſſario, che coſi ſia, perche ſe la uoluta deue dolce­
mente
andar ſopra la cimaſa, che è uero membro del capitello, biſogna, che le ſue pieghe habbia­
no
queſta proportione, che detto hauemo: & queſto non ſi puo fare con quattro punti, o centri ſo
li
, come uuole colui, che ha fatto i piedeſtali a botte, per uno eſempio, che gli è stato detto di ri­
trouarſi
in luogo non celebre, & in opera non eccellente.
Tirata la uoluta al modo ſopra detto,
con
la iſteſſa ragione di dodici c entri, che ſiano gli iſteſſi: ſi tirerà la faſcia, o larghezza di eſſa uo­
luta
ſtringendo la ſeſta per la metà dell' occhio dal primo giro: & a queſto modo è fornita
la
uoluta, laquale è piu preſto ornamento, che membro del capitello.
Ha la uoluta il ſuo
canale
, che è una cauatura di dentro delle faſcie della uoluta.
queſto canale occupa
uno
diametro, & mezo dell' occhio, & è tanto profondo, quanto la duodecima parte
dell
' altezza della uoluta, cioè una duodecima parte delle otto, che reſtauano ſotto l'orlo, o abaco.

Tagliato
adunque il canale resta la cimaſa, che uolgari chiamano ouolo, Greci cimatio, che pa­
re
un'onda picciola, & latini Echinus, per le foglie, & frutti di castagne, che ſi ſcolpiuano ſo­
pra
.
queſta è alta due parti, & un quarto delle otto gia dette, & lo ſuo ſporto oltra il dritto
dell
' abaco, & della grandezza del diametro dell' occhio, & per queſta ragione noi facemmo ca­
dere
le linee a piombo da gli eſtremi dell' abaco.
La uolta della cimaſa ſi fa a ſeſta. Tirato lo
ſporto
ſuo ſotto il canale quanto è il diametro dell' occhio fuori dello ſporto dell' abaco, ſi piglia con
la
ſeſta la ſua altezza.
la quale (come ho detto) è due parti, & un quarto delle otto, del cathe
to
ſotto l'abaco, & la ſua linea di ſotto termina nel catheto, doue comincia l'Aſtragalo, o ton­
dino
.
& poſto un piede nella detta catheto, ſi tira una parte di circonferenza, poi ſi ferma la ſe­
sta
nell' eſtremo della cimaſa di ſopra, & ſi fa una incrocciatura ſopra la tirata circonferenza,
& nel taglio di quelle ſi ferma la ſeſta, & ſi tira la uolta della cimaſa, ſopra la quale s'inuolge
la
uoluta dolcemente.
La cimaſa s'intaglia con quelle ouola, o ricci a queſto modo, che tra una
uoluta
, & l'altra ne ſiano tre intieri, de quali uno ne ſia nel mezo, & uno dalla deſtra, & l'al­
tro
dalla ſiniſtra, & eſchino alcune foglie dalla uoluta, che gli abbraccino, che uolgari chiama
no
baccelli, ſotto la Cimaſa è lo Aſtragalo, il quale occupatre quarti d'una delle otto.
il centro
di
eſſo è nel catheto.
coſi finito il tondino, ſi fa il liſtello dell' apophige, o collarino, che ſi dica, il
quale
non iſporta oltra il catheto, & è alto per la metà dell' altezza del tondino, & ſiriduce con
la
ſua piega al rastremamento della colonna di ſopra, col modo ſopra detto.
Et perche imagina­
mo
, che la uoluta ſia un piumazzetto riuolto ſopra un bastone, & legato nel mezo, però Vitr. ci
da
la groſſezza di quel baſtone, che egli chiama aſſe, & dice, che egli, è groſſo tanto quanto il
1diametro dell' occhio, & che le cinte, che egli chiama baltei, che ſono nel mezo da i lati tra le
uolute
, non ſportino piu della cimaſa, di modo, che poſto il piede della ſeſta nel mezo del quadro
del
capitello, & allargato allo ſporto della cimaſa, raggirandoſi tocchi l'eſtremità delle cinte, co
me
ſi uede nella pianta tirandoſi un giro ſopra'l centro ſuo fin alla circonferenza dell'ouolo.
Gli
architraui
ſi fanno ſecondo l'altezza delle colonne, accioche per lo accreſcimento, che ſi da a
quelli
per l'altezza, ne ſegua piu certa all'occhio la miſura loro.
Quanto adunque debbiano cre­
ſcere
lo ponerà Vitr. qui ſotto.
Ma poniam caſo, che la colonna ſia alta quindici piedi, dico,
che
lo architraue ſarà alto per la metà del diametro della colonna da piedi.
la larghezza di ſot­
to
, che ſi poſa ſopra il capitello, ſarà tanto quanto la groſſezza della colonna di ſopra, accioche
ſtia
ſul uiuo: & queſta è regola generale.
ma la ſommità dello architraue, cioè il piano diſopra
ſia
tanto quanto è la groſſezza da piedi della colonna.
La cimaſa dello architraue ſi fa per la ſet
tima
parte dell' altezza dell' architraue, & deue ſportare tanto, quanto è alta, & lo ſporto ſi
miſura
da quella linea, che uiene dal raſtremamento della colonna.
il reſtante ſotto la cimaſa, ſi
diuide
in dodici parti, & tre ſe ne danno alla faſcia di ſotto, quattro alla di mezo, & cinque al­
la
di ſopra.
Oltra l'architraue ui ua il fregio, che Vitr. chiama zophoro, perche in quello s'in­
tagliauano
alcune figurine d'animali.
queſti è un quarto meno miſurando l'altezza dello archi­
traue
con la ſua cimaſa: & queſta altezza ſi ſerua, quando nel fregio non ſono intagli, perche
quando
ui ſono, egli ſi fa un quarto piu alto dell' Architraue, accioche meglio ſi goda lo intaglio.

L
'altezza del fregio ſi diuide in ſette parti, & d'una di quelle ſi fa la cimaſa, che ui ua ſopra, &
ſopra
la cimaſa ua il dentello, detto latinamente denticulus, dalla ſimiglianza, che ha con il den
te
.
l'origine del dentello è preſa dalle opere di legno, ſi come il triglifo nell' ordine Dorico era pre
ſo
dalle teste delle traui, che ſportauano nella fronte, coſi il dentello è preſo da gli aſſeri, (come
ſi
dirà nel quarto libro.) Biſogna adunque ſapere, che il fregio è il luogo, che tiene le teſte del­
la
trauatura.
Il dentello, è alto quanto la faſcia di mezo dello architraue. lo ſporto del dentel­
lo
è tanto, quanto l'altezzaſua.
la larghezza detta, metochi, da Greci, & interſectio, da lati
ni
, è per la metà dell' altezza del dentello.
il cauo, cioè lo ſpacio da un dentello all' altro, che
anche
meto pa ſi chiama, & cauo colombario (come dice Vitr. nel quarto) è per due terzi del­
la
larghezza del dentello.
La cimaſa del dentello è per la festa parte dell' altezza ſua. La corni
ce
con la cimaſa, è alta quanto la faſcia di mezo.
lo ſporto della cornice col ſuo dentello o taglio
nel
mento, dene eſſer tanto, quanto è alto lo ſpatio dal fregio alla ſommità della gola, o cimaſa
della
cornice: & queſto ſporto ſi piglia della linea, che uiene dalla eſtremità della cimaſa del fre
gio
.
queſto dentello della cornice ſi fa, accioche l'acque, che uengono giu, non guaſtino le fabri­
che
.
In fino a queſto luogo della cornice, o gocciolatoio, le fabriche uanno egualmente distanti
dal
piano.
Hora ſi leua il frontiſpicio, che Vitr. chiama fastigio. il quale ha le ſue cornici corri­
ſpondenti
alli membrelli della cornice, & di piu ha le ſue gole, che ſi chiamano, ſime, & da Greci,
Epitichide
, dalla aggiunta impoſta ſopra le cornici del frontiſpicio.
queſte ſono piu alte un'otta
ua
parte dell' altezza delle cornici.
ſotto delle quali è il timpano alto la nona parte della lunghez
za
della cornice, miſurando dalla eſtremità delle gole della cornice.
il piano del timpano deue ri
poſare
ſul uiuo, cioè chi laſciaſſe andar giu una linea a piombo, ella batterebbe prima ſu l'archi­
traue
, poi ſul collarino delle colonne, & ſul uiuo.
i pilaſtrelli detti acroterij, deono eſſer alti tan
to
, che ſi poſſino uedere le figure, che ui uanno ſopra.
gli angulari deono morir nel tetto & co­
minciare
al dritto delle colonne, & entrar tanto in entro, quanto porta la ragione della ueduta
perche
in alcune fabriche uanno piu adentro perche ſono baſſe.
& deono eſſer tanto alti quanto
la
ſommità del timpano, ma quello dimezo eſſer deue un'ottaua di piu de gli angulari.
1
Per la Baſa. A. Pliathus.
Orlo.
B. Scotiœ. Cauetti.
1. 1. Aſtragali, tondini.
C. Torus. Baſtone.f
Apophygis. Cimbie.
a b c o. Termini da fare la cimbia.
Per lo Capitello.
o. La pianta del Capitello.
e. Contractio columæ. Il raſtremamento della colonna, & la cimbia di ſopra.
A h. Abacus, il dado.
n. La larghezza della uoluta.
m. Canalis. Il canale.
l. Cymatium. La cimaſa.
p. Oculus uolutœ. L'occhio della uoluta con i ſuoi centri.
g d e. La cimbia di ſopra.
Per l'Architraue, fregio, & cornice.
A. Trabs Epiſtylium. Architraue.
1. prima faſcia.
2. Seconda faſcia.
3. Terzafaſcia.
B. Cymatium Epiſtylij. La cimaſa, o gola dell' Architraue.
C. Zophorus. Il fregio.
D. Cymatium Zophori. La cimaſa, o gola del Fregio.
E. Denticulus. Il dentello.
O. interſectio, cioè lo ſpatio, & il taglio, che è tra l'un dentello, & l'altro.
F. Cymatium denticuli.
G. Corona. Il gocciolatoio, con la ſua gola.
L. Faſtigium. Il frontiſpicio.
K. Tympanum. Il Timpano.
I. Acroteria. I quadricelli, & piedistali, doue hanno a poſare le figure.
H. Simæ. Le gole.
141[Figure 41]
1 42[Figure 42]
1
Il capitello Corinthio, è alto quanto il diametro della colonna, & ſecondo Vitruuio in que­
ſta
altezza s'include l'Abaco; ma in molte opere l'abaco è di piu, & ha molto del buono.
La
larghezza
dell' Abaco, cioè il quadro deue eſſer tanto, che le linee, che paſſano da un' angulo al
l
'altro, dette diagonali, ſiano doppie all' altezza del capitello.
le fronti nel mezo deono piegar in
entro
per la nona parte della loro larghezza.
Il baſſo del capitello deue riſpondere al uiuo della
colonna
di ſopra.
L'altezza dello abaco ſi fa della ſettima parte dell' altezza del capitello, il re
ſtante
ſi diuide in tre parti, una delle quali ſi da alla foglia da baſſo, l'altra alla foglia di mezo,
l
'ultima a i cauliculi, o fuſti, che mandano fuori le foglie, & riceueno l'abaco, & quelle uo
lute
, che naſceno dalle foglie de i cauliculi, uengono a gli eſtremi anguli dello abaco: ma le mi
nori
uolute piegano in entro, & ſono ſotto a i ſiori, che ſono nel mezo dell' abaco, da tutte quat­
tro
le parti, i quali fiori ſono tanto groſſi quanto l'abaco, ma alquanto piu lunghi, come ſi oſ­
ſerua
nell' antico, per la quarta parte del diametro della colonna.
Biſogna adunque formar bene
la
campana, che coſi chiamano i noſtri quella forma del capitello, che è ueſtita delle foglie, &
43[Figure 43]
quelle foglie ſono foglie di Acantho, che Semplici
ſti
chiamano, branca urſina.
Sono anche altre fo
glie
, come d'oliua, & altre figure, & intagli de
capitelli
, che hanno molto del buono, ſe ſono ben
lauorati
: ma laſciamo queſto a gli oſſeruatori
dell
' antichità, & riportiamoci per hora a Vi­
truuio
, che nel quarto libro tratta della origine
del
capitello Corinthio, al primo capo.
Ma il
modo
di piegar le fronti la nona parte, è la uia
di
ritrouar il centro di tre punti.
Sia tutta la fron
te
del capitello.
a. b. diuiſa in noue parti, &
dal
mezo di detta linea ſia leuata una linea drit­
ta
alta per una di quelle parti, la qual ſia c d. et
ſia
c. il punto di ſopra, ſiano poi queſti tre pun
ti
a. b. c. ridotti ſotto una circonferenza per uia
de
gli incrocciamenti, il che ſi fa tirando le linee
da
a, à c. & da c. à b. & tagliando quelle
per
mezo ad anguli dritti con linee, che ſi uen­
ghino
ad incontrare, come fanno le linee, e. f.
& g. f. ſopra il punto h.
L'Architraue, freg­
gio
, & gocciolatoio ſi puo fare comel' Ionico, oue
ro
in luogo del fregio gonfio dello Ionico, farlo
piano
, et ne gli frontiſpicij ſeruare il modo isteſſo.
Finite queſte coſe, ſi poneranno le baſe a i luoghi ſuoi, & queſte in tal modo ſaranno
fatte
a miſura, che la groſſezza con l'orlo ſia per la metà della groſſezza della colonna.
lo
ſporto
, Ecfora, detto da Greci, ſia la quarta parte, & coſi la baſa ſarà larga, & lunga per
una
groſſezza, & meza della colonna.
L'altezza della baſa, s'ella ſarà fatta al modo Attico,
ſi
partirà in queſto modo, che la parte di ſopra ſia per la terza parte della groſſezza della
colonna
, il reſto ſia dell' orlo: leuato uia l'orlo, il reſtante ſia diuiſo in quattro parti: il ba­
ſtone
di ſopra.
ne habbia una, le tre reſtanti ſiano diuiſe in due parti eguali. Vna ſia del
baſtone
di ſotto, l'altra ſi dia con i ſuoi quadretti al cauetto, che da Greci Trochilo è no
minato
.
Ma s'egli ſi deue fare le baſe Ioniche, coſi ſi deono compartire, che la larghez­
za
della baſa ſia per ogni uerſo della groſſezza della colonna, aggiuntaui la quarta, & ot­
taua
parte: Ma l'altezza è come le fatte al modo Attico, & coſi l'orlo ſuo: ma il reſtante
oltra
l'orlo, che ſarà la terza parte della groſſezza della colonna, ſia diuiſo in ſette parti, &
1di tre di quelle ſia il baſtone di ſopra, le altre ſiano egualmente diuiſe, & d'una ſi faccia il
quadretto
di ſopra con i ſuoi tondini, & col ſuo pianuzzo, detto ſopraciglio.
l'altra ſia la­
44[Figure 44]
ſciata
per lo cauetto di ſotto: ma il cauetto di ſotto parerà maggiore, perche hauerà lo ſpor
1to ſuo ſin' all'eſtremità dell'orlo. I tondini ſi deono fare per l'ottaua parte del cauetto. lo
ſporto
della baſa, per la ottaua, & ſeſtadecima parte della groſſezza della colonna.

Fatte
compitamente, & poſte le baſe a i luoghi ſuoi, egli ſi deue ponere a perpendicolo
del
centro loro le colonne di mezo, nell'antitempio, & nel poſtico.
Male angulari, & quel
le
, che dirimpetto alle angulari nelli lati del Tempio dalla deſtra, & dalla ſiniſtra deono eſ­
ſer
poſte, ſi fermeranno in modo, che le parti loro, che riguardano al di dentro uerſo i pare
ti
della cella, ſiano a perpendicolo, ma le eſteriori ſtiano, come s'è detto della loro con­
trattura
.
perche a queſto modo le figure della compoſition del tempio ſaranno giuſtamen
te
, & ſecondo la ragione del raſtremamento fornite.
Quello che dice Vitru. è che poſte le baſe a i luoghi ſuoi, ſi deono porre le colonne con giudi­
cio
.
Delle colonne altre ſtanno ſu gli anguli, altre ſtanno tra quelli. queſte, ſi chiamano me­
diane
, quelle angulari.
Vuole Vitru. che le mediane ſiano drizzate a piombo nel mezo del cen­
tro
loro: ma le angulari ſiano nella parte di dentro piane, & ſenza rastremamento: & questo ſi
fa
perche incontrino bene con gli anguli del parete.
& dicono queſti oſſeruatori, che rieſcono be­
ne
alla uiſta.
Similmente raſtremate non uuole Vitr. che ſiano quelle, che ſono proſſime al parete
dirimpetto
alle angulari, dico da i lati del parete, perche tanto queſte, quanto quelle, non hanno
contrattione
di dentro uia, ma il loro lato interiore ua dritto a piombo.
Poſti & drizzati i fuſti delle colonne, ſeguita la ragione de i capitelli. queſti ſe ſaranno
a
piumazzo, con tali ſimmetrie ſi formeranno, che quanto farà groſſa la colonna da piedi,
aggiuntaui
la decima ottaua parte del fuſto da baſſo, tanto ſia lungo, & largo l'Abaco: ma
la
groſſezza con le uolute per la metà.
douemo poi ritirarſi in entro dall'eſtremità dell'
baco
parti due, & meza di uenti, per le fronti delle uolute, & lungo lo Abaco da tutte
quattro
le parti delle uolute, appreſſo la quadra della eſtremità del dado mandar in giu le
linee
, che catheti ſi chiamano, & quella groſſezza gia preſa diuidere in noue parti è meza.

Vna
parte & meza ſia data alla groſſezza dell'Abaco, & delle altre otto ſi facciano le uolu­
te
.
Allhora dalla linea, che farà mandata giu ſecondo la eſtrema parte dell'Abaco, ſe ne
ritiri
a dentro un'altra di larghezza d'una parte & meza.
Dapoi ſiano diuiſe queſte linee
di
modo, che ſi laſcino quattro parti, & meza ſotto l'Abaco.
Oltra di queſto da quel
luogo
, ilquale diuide quattro & meza, & tre & meza, ſia ſegnato il centro dell'occhio, &
da
quel centro ſia tirato un giro tanto grande in diametro, quanto è una parte delle otto:
& quella ſarà la grandezza dell'occhio.
Et nella iſteſſa linea, catheto detta, ſia tirato il
ſuo
diametro correſpondente.
Poi dal diſopra ſotto l'Abaco s'incominci, & per ogni
giro
di quarta ſia minuito lo ſpacio di mez'occhio, fin che peruenga allo iſteſſa quarta,
che
è ſotto l'Abaco.
Fin qui Vitr. ha ragionato della uoluta, come di coſa appoſta per ornamento del capitello, co­
me
è ueramente, hora ragionerà del capitello.
& queſto ſi deue auuertire. dice adunque.
La groſſezza del capitello ſi deue fare in queſto modo: che di noue parti & meza tre
pendino
dinanzi ſotto il tondino, del fuſto di ſopra, & leuatane la cimaſa il reſtante ſi
dia
allo abaco & al canale.
lo ſporto della cimaſa ſia oltra il quadro dell'abaco per la gran­
dezza
dell'occhio.
Sotto il tondino, ouero aſtragalo, tre parti ſono, che reſtauano delle noue & meza. queste
tre
dice Vitru. che non ſi metteno a conto della groſſezza del capitello, perche ſono occupato
dalla
uoluta, che pende inanzi ſotto il tondino, ilquale è alla ſommità della colonna.
& ſi uede
per
queſte parole, che il tondino terminaſotto l'occhio, perche tre parti reſtauano ſotto l'occhio.

dice
poi, che leuato l'abaco, alquale hauemo detto, che ſi da una parte & meza, il reſtante è
compartito
tra'l canale, & la cimaſa.
I termini del canale ſono dimoſtrati dal primo giro della
uoluta
, perche ſono doue comincia il ſecondo giro.
Le cinte de i piumazzi habbiano queſto ſporto dallo abaco, che poſto un piede della
1ſeſta nel tetrante del capitello, & allargato l'altro alla eſtremità della cimaſa raggirandoſi
tocchi
le eſtreme parti delle cinte.
Gli aſsi delle uolute non deono eſſer piu groſsi della
grandezza
dell'occhio.
Et le uolute ſiano tagliate in modo, che le altezze habbiano la duo­
decima
parte della loro larghezza.
Nel primo capo del quarto libro dice Vitr. comparando le colonne Ioniche alle Corinthie, che
il
capitello Ionico è un terzo alto della groſſezza della colonna, & il Corinthio è alto quanto
tutta
la groſſezza intiera, il che proua, che la uoluta è coſa appoſta per ornamento, & non è
parte
del capitello; & di ſopra ha detto, {mala groſſezza con le uolute per la metà} doue
egli
include anche le uolute: & non ha detto ma la groſſezza per la metà perche la groſſez­
za
è un terzo, & non la metà.
Queſti ſaranno i compartimenti de i capitelli di quelle colonne, che per lo meno ſa­
ranno
di piedi quindici.
& quelle, che ſaranno di piu, teneranno allo iſteſſo modo la
conuenienza
delle miſure loro.
l'abaco ſarà lungo, & largo quanto è groſſa la colonna da
piedi
, aggiuntaui la nona parte, accioche quanto meno la colonna piu alta ſarà raſtrema­
ta
, non meno di quelle il capitello habbia lo ſporto della ſua Simmetria, & nell'altezza l'ag
giunta
della rata parte.
Ma delle deſcrittioni delle uolute come drittamente a ſeſta s'in­
uogliano
, come s'habbiano a diſegnare, nel fine del libro la forma, & la ragione ci ſa­
dimoſtrata.
Se le colonne fuſſero piu alte di quindici piedi, ſaranno date le isteſſe miſure alli loro capitelli;
uero
è, che il dado, o abaco ſarà largo, & lungo di piu della groſſezza della colonna, per la no­
na
parte, perche eſſendo la colonna piu alta meno ſi raſtrema di ſopra; perche lo aere per la di­
ſtanza
fa lo effetto della raſtrematione.
Forniti i capitelli, & poſti ne i ſommi fuſti delle colonne non a dritto liuello, ma ad
egual
modulo, (accioche l'aggiunta fatta ne i piedeſtali riſponda ne i membri di ſopra
con
il compartimento de gli architraui) egli ſi deue hauere la ragione de gli architraui
in
queſto modo.
Voleua Vitru. (come hauemo ueduto di ſopra) che i piediſtalli uſciſcero oltra il poggio, ma
però
, che di tutti i membrelli del piedeſtale; riſpondeſſero i membrelli del poggio, che era ritira­
to
piu adentro.
ilche conſiderando, egli ci fa auuertiti, che poniamo i capitelli di modo, che ri­
ſpondino
con le riſalite loro a quelle aggiunte da baſſo, accioche nello architraue corriſpondino
i
membri con la loro ragioneuole miſura alle parti di ſotto.
lo eſſempio è nello in piè del Tem­
pio
Pſeudodipteros.
Che ſe le colonne ſaranno almeno da dodici fin quindici piedi, l'altezza dello archi=
traue
ſia per metà della groſſezza della colonna da piedi.
ſe paſſerà da quindici a uenti, ſia
partita
l'altezza della colonna in parti tredici, & l'altezza dello architraue, ſarà per una di
quelle
.
ſe da uenti, a uenticinque, partiſcaſi l'altezza in parti dodici, & meza, & di una
parte
di quelle ſia fatto lo architraue nell'altezza ſua.
Se ſarà da uenticinque a trenta: di do
dici
parti della colonna, una ſia per l'altezza dello architraue, & oltra di queſto ſecondo
la
rata parte allo iſteſſo modo dall'altezza delle colonne deono eſſer eſpedite le altezze de
gli
architraui, perche quanto piu aſcende l'acutezza della uiſta, non facilmente taglia, o
rompe
la denſità dello aere, & però debilitata, & conſumata per lo ſpacio dell'altezza,
riporta
a ſenſi noſtri dubiamente la grandezza delle miſure: perilche ſempre nei membri
delli
compartimenti ſi deue aggiugnere il ſupplemento della ragione, accioche quando
l
'opere ſaranno in luoghi alti, ouero haueranno i membri alti è grandi, tutte l'altre parti
habbiano
la ragione delle grandezze.
La larghezza dello architraue da baſſo, in quella
parte
, che egli ſi poſa ſul capitello, ſarà tanto, quanto la groſſezza di ſopra della colonna,
che
ſottogiace al capitello: Ma la parte di ſopra dello architraue ſia quanto ſarà la groſſez­
za
da piede della colonna.
la gola, detta cimaſa dello architraue, ſia per la ſettima parte
1della ſua altezza: & tanto habbia di ſporto. L'altra parte oltra la cimaſa diuidere ſi deue
in
parti dodici, & di tre di quelle fare la prima faſcia, la ſeconda di quattro, & la terza di
ſopra
di cinque.
Il fregio ſopra l'architraue la quarta parte meno dello architraue, ma
ſe
hauerai a ſcolpirgli figurette & ſegni, farai lo fregio un quarto piu dello architraue, ac­
cioche
le ſcolture habbiano del grande.
La gola, o cimaſa del fregio ſia per la ſettima
dell
'altezza ſua.
Lo ſporto quanto è la ſua groſſezza ſopra il fregio ſi deue fare il dentello
tanto
alto quanto è la faſcia di mezo dello architraue.
Lo ſporto, quanto l'altezza. Lo ta­
glio
che è da' Greci, metochi, nominato ſi deue fare in queſto modo, che il dentello hab
bia
nella fronte la metà dell'altezza ſua, il cauo del taglio di quella fronte di tre parti, ne
habbia
due della larghezza.
La gola di queſto habbia la ſeſta parte della ſua altezza.
Il
gocciolatoio detto corona con la ſua gola, o cimaſa, oltra la gola dritta detta ſima,
quanto
è la faſcia di mezo dello architraue.
lo ſporto del gocciolatoio 'con il dentello ſi
deue
fare, quanto è l'altezza del fregio alla gola di ſopra del gocciolatoio.
& in ſomma
tutti
gli ſporti hanno piu del gratioſo, & del bello, quando i membri hanno tanto di ſpor
to
, quanto di altezza.
Il timpano, che è nel frontiſpicio deue eſſer alto in modo, che ſia
miſurata
tutta la fronte del gocciolatoio dalla eſtremità della cimaſa, & diuiſa quella lun­
ghezza
in noue parti, & di quelle una nel mezo nella ſommità ſia poſta, purche riſponda
a
perpendicolo de gli architraui, & de i collarini delle colonne.
Le corone, che uanno
ſopra
il timpano, ſi deono collocare egualmente a quelle di ſotto, oltra le ſime, o gole
dritte
.
Di ſopra le corone del timpano uanno le gole dritte, chiamate Epitithide, piu
alte
un'ottauo dell'altezza de i gocciolatoi.
Le ſommità, dette acroteri, quelle che
uanno
ſopra gli anguli deono eſſer tanto alte, quanto il timpano nel mezo.
& quelle di
mezo
un'ottaua piu alte delle angulari.
Tutti i membri, che uanno ſopra i capitelli del­
le
colonne, cioe architraui, fregi, gocciolatoi, timpani, frontiſpicij, pilaſtrelli, tutti di­
co
deono piegare in fuori per la duodecima parte ciaſcuno della ſua fronte: accioche ſtan
do
noi a dirimpetto delle fronti, ſe ſi ſtenderanno all'occhio due linee, & una toccherà
la
parte diſotto, & l'altra la parte di ſopra d'alcuno di que membri, quella, che tocche­
la parte ſuperiore ſarà piu lunga; & coſi quanto piu lungo il uedere della linea procede,
nella
parte di ſopra, farà lo aſpetto piu lontano, & che pieghi in dentro uerſo il muro,
ma
ſe piegheranno, come è ſcritto di ſopra, allhora ci pareranno alla uiſta dritte à
perpendicolo
.
Bella ragione di proſpettiua è queſta, che adduce Vitr. nel preſente luogo. per la cui intelli­
genza
biſogna prima porre la ſua intentione come una concluſione, dapoi prouarla con le ragio­
ni
della proſpettiua.
Dice adunque, che ogni membro, che ſopra i capitelli ſi pone, deue nella ſua
fronte
eſſer partito in dodici parti, & ciaſcuno piegare uerſo la fronte ſua una parte delle dodici.
& la ragione è fondata nella proſpettiua, che uuole, che iraggi del uedere eſchino da gli occhi
per
dritta linea, & che tra quelli ci ſia una certa diſtanza, & che la figura da quelli com­
preſa
, con quelli ſia come una piramide, & un conio, la cui punta ſia nell'occhio, & la baſa
contegna
i contorni, ouero i termini della coſa ueduta.
Hora ſtando queſto ne ſegue, che gli
anguli
, ſotto i quali ſi uede alcuna coſa, ſaranno hora minori, hora maggiori, perche una
iſteſſa
coſa auuicinandoſi all'occhio farà l'angulo maggiore, & allontanandoſi lo farà mi­
nore
; il ſimile ſegue dell'altezza de gli anguli, del ſito destro, & ſiniſtro, & della egua­
lità
, la doue quelle coſe, che ſi uedeno ſotto anguli maggiori appareno minori, & quel­
le
minori, che ſotto minori ſi uederanno, & ſotto gli alti alte, ſotto baſſi baße, & ſotto de­
ſtri
destre, ſotto ſiniſtri ſiniſtre, ſotto eguali eguale, & ſotto piu anguli uedute, ſi uedeno
meglio
: però conſiderando Vitr. che ſe i membri fuſſero dritti a piombo, la parte diſopra ſarebbe
piu
lontana dalla uiſta, che quella di ſotto, & parrebbe, che l'opera deſſe in drieto.
il che ſi ue­
de
tirando dall'occhio due linee, perche la linea, che ua alla parte di ſopra, è piu lunga, che quella,
1che ua alla parte di ſotto. & però l'opera ci parrebbe piu ſieſa, & piu riuolta al di ſopra, per ue­
derſi
ſotto raggio piu lontano.
però uuole egli, che piegamo in fuori la parte di ſopra, la duodeci
ma
parte dell'altezza de i membri, che uanno ſopra i capitelli.
perche la linea del uedere ſi farà
piu
uicina all'occhio, l'angulo ci ſarà maggiore, & l'opera ci parerà piu dritta.
il che ſi uede per
la
figura qui ſotto.
ſia l'architraue nella fronte c. b. ſia l'occhio a. & ſiano tirate dall'occhio due
linee
, l'una alla parte di ſotto ſegnata c. l'altra alla parte di ſopra ſegnata b. egliſi uede, che la
linea
a b. è piu lunga, che la linea a c. ma ſe la parte di ſopra piegherà per la duodecima parte
della
ſua altezza, la linea, che andarà dall'occhio alla parte aggiunta ſi farà minore, & conue­
nirà
piu con la linea di ſotto, & l'opera parerà poi dritta, & meno ſteſa, & riuolta, come ſi ue­
de
dalla linea.
a d. & queſto ſi deue ſpecialmente auuertire, doue le opere ſono alte, & imem­
bri
grandi.
& uſare il giudicio, & la diſcretione.
45[Figure 45]
Le canalature delle colonne deono eſſer
uentiquattro
, & ſi cauano in queſto modo,
che
poſta la ſquadra nel cauo della canalatu
ra
, & girata tocchi in modo con le ſue brac
cia
dalla deſtra, & dalla ſiniſtra gli anguli
delle
ſtrie, che la punta, ouero angulo del
la
ſquadra ſi moua facilmente, & ſenza im­
pedimento
col ſuo giro toccando.
Le groſ
ſezze
delle ſtrie, o pianuzzi, ſi deono fare,
quanto
ſi trouerà la giunta nel mezo della
colonna
dalla deſcrittione ſua.
Nelle gole
dritte
, che ſono ſopra i gocciolatoi de i
Tempij
ſi deue ſcolpire le teſte di leoni, co
ſi
poſte, che contra ciaſcuna colonna ſiano forate al canale, che dalle tegole riceue l'ac­
qua
piouana, ma le parti di mezo ſiano ſode, accioche la forza dell'acqua, che per le tego
le
diſcende nel canale, non uenga
tra
gli inter colunnij, & non ba­
gni
quelli, che paſſano di ſot­
to
.
ma quelle, che ſono ſopra le
colonne
apparino uomitando
mandar
fuori gli eſiti delle
acque
.
46[Figure 46]
La canalatura della colonna è fat
ta
ad imitatione delle falde delle ue­
ſti
feminili.
In queſta ſi deue inten­
dere
la ſignificatione d'alcuni uoca­
boli
, & poi il modo di formarli giu­
ſtamente
.
il primo è quello, che
Vitr
. chiama Strix: il ſecondo quel­
lo
, che è detto ſtria: il terzo, Anco­
nes
.
Strix adunque è il cauo, & il
canale
iſteſſo.
ſtria è lo ſpacio, che è
tra
un cauo, & l'altro, detto pia­
nuzzo
.
Ancones ſono le braccia
della
ſquadra, la quale è fatta da
due
regule, che da Vitr. ſono dette
ancones
, perche fanno come un gomito, che in greco anchon ſi chiama.
Siano adunque
1i canali uentiquattro cauati in ſemicircolo, prouati con l'angulo della ſquadra, che toccbi il ſon
do
del cauo nel mezo, & con le braccia, che tocchino gli anguli de i pianuzzi.
la groſſezza de
iquali
ſi ſaperebbe a punto, quando noi ſapeſſimo bene come ua la gonfiatura della colonna, per­
che
ſecondo la ſua deſcrittione ſi formano i pianuzzi ſecondo l'opinione di Vitr. & la figura ſecon­
do
, che la intendemo è ſtata poſta.
Io ho deſcritto, quanto io ho potuto diligentemente in queſto libro le diſpoſitioni
de
i Tempij Ionici.
nel ſeguente io eſponerò quali ſiano le proportioni de i Tem­
pij
Dorichi, & Corinthij.
Conclude Vitruuio, & dice quanto ha trattato fin hora, & dice hauere detto con ogni poſſi­
bile
diligenza le ragioni de i Tempij, Ionici, & promette di uoler trattare nel ſeguente libro
delle
miſure de i Tempij Dorichi, & Corinthij.
Però douemo auuertire alle coſe dette come
a
coſe pertinenti alla ragione Ionica.
IL QVARTO LIBRODELL'ARCHITETTVRA DI
M
. VITRVVIO.
Proemio.
HAVENDO io ó Imperatore auuertito, che molti hanno laſciato pre
cetti
della Architettura, & uolumi di commentarij non ordinati, ma
cominciati
come particelle ſmembrate: degna, & utiliſsima coſa ho
penſato
prima di ridurre tutto il corpo di queſta diſciplina a perfetto or
dine
, & poi eſplicare in ciaſcuno uolume le preſcritte, & certe qualità
delle
maniere partitamente.
Et però ó Ceſare io ti ho dichiarito nel pri
mo
uolume l'ufficio dello Architetto, & dimoſtrato di che arti biſogna, che egli ſia am­
maeſtrato
.
Nel ſecondo io ho diſputato della copia della materia, della quale ſi fanno
gli
edificij.
Nel terzo delle diſpoſitioni de i ſacri Tempij, & della uarietà delle loro ma­
niere
, quali, & quante forme s'habbiano, & delle diſtributioni, che ſono in ciaſcuna ma
niera
, & de i tre generi, quelle, che haueſſero ſottiliſsime qualità de moduli nelle pro­
portioni
ho dimoſtrato le uſanze Ioniche.
Hora in queſto uolume io tratterò de gli in­
ſtituti
Dorichi, & Corinthij.
& di tutti farò manifeſte le differenze, & le proprietà.
PERCHE Vitr. non faccia nel proemio del quarto, come ne i proemi de gli altri li
bri
, diſcorrendo ſopra alcuna bella coſa, la ragione (come io stimo) puo eſſer que
ſta
.
La materia del preſente libro, è continuata con la materia del precedente; pe
non biſognaua fare altro proemio con digreſſione, & hiſtoria, come ha fatto ne
gli
altri.
Ma perche ha fatto egli queſto poco di proemio? prima per diſtinguer un libro dall'al­
tro
, dapoi per continuare la materia, dimoſtrando quello, che fin hora egli ci ha inſegnato, &
quello
, che egli ci è per inſegnare: & ſe alcuno diceſſe, non doueua egli ſotto un uolume ſolamen­
te
comprendere tutta la trattatione delle fabriche dedicate alla religione?
Io direi, che per fug­
gire
il tedio, che ci reca la lunghezza, egli ha uoluto dar modo al terzo libro, & riſeruarſi
1nel quarto a dichiarir ci il reſtante. Et per quella breuità, che egli lauda nel proemio del ſeguen­
te
libro; che ci fa piu pronti alle coſe, che presto finiſcono: deueſi auuertire, quello, che egli
dice
. {Nel terzo delle diſpoſitioni de i ſacri Tempi.} Perche intende quanto a gli aſpetti delle
ſi
onti, & de i lati al primo Capo.
Et quello, che egli dice. {Et delle proprietà delle loro manie
re
,} intende quanto allo ſpatio tra le colonne, del che ne ſono cinque ſpecie, come ſi uede al ſecon
do
Capo. nel quale è compreſo, quello, che dice Vitru. {quali, & quante forme s'habbiano,}
& il reſto. Et quello, che egli dice, {& de i tre generi quelle, che haueſſero ſottiliſſime quali
} intende del genere Ionico, del quale ha ragionato nel terzo Capo. Et in uero dice bene ſotti­
liſſime
qualità, & coſi ritrouo io, & è neceſſario riuolgere nella mente le coſe dette, ſopra le pro
portioni
, & i compartimenti di quelle, & eſſercitarſi con quelle ne i precetti di Vitru. & bene
ſpeſſo
ragionarui ſopra.
ricordandoſi oltra di queſto della Eurithmia, & della gratia, ch'è il tem
peramento
delle proportioni applicate alla materia, come la equità alle coſe di giuſtitia.
Tratta
adunque
in queſto libro della origine, & inuentione delle colonne, de i loro ornamenti, della ra­
gion
Dorica, & Corinthia, del compartimento, & diſtributione del di dentro, & del di fuori de
i
Tempij.
& ci da alcuni precetti per ſiluare i Tempij ſecondo le regioni, & parti del cielo, ra­
giona
delle porte, & del fabricar antico di Toſcana, & delle forme ritonde de i Tempij, & de
gli
altari, & con queſto pon fine alla fabrica conſecrata alla religione.
Di tre maniere di colonne, & delle origini, & inuentio­
ne
di quelle.
Cap. I.
LE colonne Corinthie hanno tutte le miſure come le Ioniche, eccetto i capitel
li
, ma le altezze de i capitelli fanno quelle per la rata parte piu alte, & ſottili,
perche
l'altezza del capitello Ionico è la terza parte della groſſezza della co­
lonna
, ma del Corinthio, è di tutta la groſſezza intiera.
perche adunque ſo­
no
aggiunte a i capitelli Corinthij due parti della groſſezza della colonna, però fanno la
moſtra
di quelle piu ſottile.
Tutti gli altri membri, che ſopra le colonne ſi poſano, nelle
Corinthie
ſono poſti o dalle miſure, & compartimenti Dorichi, ouero dalle uſanze Ioni­
che
, perche la maniera Corinthia non ha propria inſtitutione di gocciolatoi, o d'altri or
namenti
.
ma ouero nelli gocciolatoi i mutoli dalle ragioni delli Triglifi ſono diſpoſte,
ouero
ne gli architraui, le goccie all'uſanza Dorica ſono ordinate.
Ouero ſecondo le leg­
gi
Ioniche, i fregi ornati di ſcolture con i dentelli, & con le corone ſi compartiſcono,
& coſi di due maniere trapoſtoui il capitello, è ſtata nelle opere la terza maniera prodot­
ta
.
perche le nominanze de i tre generi. cioè Dorica, Ionica, & Corinthia fatte ſono dal­
le
formationi delle colonne, delle quali, la prima, & antica nata è la Dorica.
Nel preſente luogo Vitr. tratta delle origini, & innentioni delle maniere delle colonne, & del
la
colonna Corinthia, & del ſuo capitello.
Le regole delle Corinthie ſono breuemente raccolte.
La
prima è, che le colonne Corinthie non ſono punto dalle Ioniche differenti di miſure, ſaluo, che
nel
capitello, perche (come hauemo ueduto nel precedente libro) il capitello Ionico è alto per
un
terzo della groſſezza della colonna, & (come qui ſi dice) il capitello Corinthio, è alto tan­
to
, quanto tutta la groſſezza della colonna.
dalche naſce, che la colonna Corinthia per la ag­
giunta
di due parti è piu ſuelta, & pare piu ſottile.
Ma doue ha detto Vitr. che il capitello Ioni­
co
è alto un terzo della groſſezza della colonna?
Riſpondo, che egli lo ha detto di ſopra, nel ter
zo
libro, quando egli diſſe.
Ma la groſſezza del capitello, ſi deue fare in queſto modo,
che
di noue parti, & meza tre pendino inanzi ſotto il tondino. Perche ſe tre parti ſotto il
tondino
ſono laſciate alle uolute, ne reſtano ſei, & meza, & la groſſezza della colonna era par­
ti
diciotto, & quella meza parte è diſtribuita alla cimbia, & però la groſſezza del capitello Io-
1nico uiene ad eſſer quaſi la terza parte della groſſezza della colonna. La ſeconda regola è, che
le
Corinthie non hanno membri proprij di ſopra, ma ſi pigliano, o dalle ſimmetrie Doriche, o
dalle
uſanze Ioniche.
dice Vitr. {o dalle ragioni de gli Triglifi} cioè dalla ragion Dorica, non
che
ſiano Triglifi nel Corinthio, ma perche il compartimento Dorico, è regolato ſecondo gli Tri
glifi
.
Similmente per goccie intende, non quelle, che ſono ſotto gli Triglifi, ma quelle, che ſono
diſposte
ſotto'l gocciolatoio, nel piano di ſotto, come hauemo detto i moderni le chiamano fuſaio
li
, non ſapendo l'origine di quelle.
Adunque nella maniera Corinthia, l'Architraue, il Freggio,
la
Cornice, ſi puo pigliare dalla miſura, & compartimento Dorico.
Egli ſi puo anche pigliare
dalle
uſanze Ioniche tutto quello, che s'impone a capitelli delle colonne, & in queſto caſo non è
differenza
tra'l Ionico, & il Corinthio, & ſi puo dire che il genere Corinthio non habbia altro
del
ſuo, che il capitello, & queſto ſi deue auuertire.
Seguita Vitr. a dire l'origine del genere
Dorico
, & dice.
Perche nell'Achaia, & nel Poloponeſſo Doro figliuolo di Helleno, & della ninfa Optice
hebbe
il principato, queſti in Argo antica città fece a caſo il Tempio di Giunone di quel­
la
maniera.
Dapoi delle iſteſſe maniere non eſſendo anchor nata la ragione delle ſimme­
trie
fece i Tempij nelle altre città dell'Achaia.
Ma poi che gli Athenieſi per le riſpoſte del
Delfico
Apollo di commune conſiglio di tutta la Grecia in uno iſteſſo tempo conduſſe­
ro
in Aſia tredici colonie, & a ciaſcuna colonia diedero il ſuo capo, & condottiere, dan­
do
la ſomma dello imperio ad Ione figliuolo di Xutho, & di Creuſa, il quale per le riſpoſte
ſue
Apollo in Delfo uolle chiamare ſuo figliuolo; coſtui conduſſe in Aſia quelle colonie;
& iui fabricò grandiſsime città hauendo occupati i confini della Caria, Epheſo, Mileto,
Miunta
, che gia fu dalle acque ſorbita, i ſacrificij, & i ſuffragij della quale gli lonij, a Mi
leſij
attribuirono, & Priene, Samo, Teon, Colofona, Chio, Erithras, Phocea, Elazo
mene
, Lebedo, Melite.
Queſta Melite, per l'arroganza de cittadini da queſte città per
commune
conſiglio moſſagli guerra, fu ruinata.
in luogo della quale dapoi, per benefi­
cio
del Re Attalo, & d'Arſimone la città de Smirnei è ſtata riceuuta nel numero delle cit­
Ioniche.
Queſte città hauendo ſcacciati i Carij, & i Lelegi, nominarono dal loro capo
Ione
quella regione Ionia & ponendo iui i Tempij de i Dei immortali cominciorno a fa­
bricare
alcuni Tempietti, & prima (come uiddero in Achaia) fecero il Tempio d'Apol
lo
, detto Pannionio, & quello chiamarono Dorico, perche lo uiddero da prima coſi fat
to
nelle città de i Dorici.
Ma uolendo ponere in quel Tempio le colonne, non hauendo
le
ſimmetrie di quelle, & cercando con che ragioni le poteſſero fare, ſi che, & a ſopporta­
re
i peſi fuſſero baſtanti, & tenneſſero approuata bellezza nello aſpetto, miſurarono la
pianta
del piede uirile, & hauendo trouato, che il piede era la ſeſta parte dell'altezza del­
l
'huomo, coſi la traportarono nella colonna.
Et di quella groſſezza, che fecero la baſa
del
fuſto della colonna, ſei fiate tanto leuarono in altezza quella col capitello.
Et a
queſto
modo la colonna Dorica cominciò dare ne gli edificij proportione, & fermezza, &
bellezza
del corpo uirile.
Appreſſo dapoi cercando di fabricare un Tempio a Diana, da
gli
iſteſsi ueſtigij trasferirono nuoua forma di maniera alla ſueltezza feminile.
Et prima fe­
cero
la groſſezza della colonna per la ottaua parte dell'altezza, & accioche teneſſero lo
aſpetto
piu alto ſottopoſero alla baſa in luogo di calzare la ſpira, & al capitello impoſero
le
uolute pendenti dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, come creſpi cincinni della capillatura, &
ornarono
le fronti di cimaſe, & con feſtoni, (che encarpi ſi dicono) cioè frutti raccolti
inſieme
, & foglie colligate in uece di capelli diſpoſte, & per tutto'l tronco della colonna
laſciarono
andar a baſſo le canalature, come falde delle ueſtimenta all'uſanza delle matro­
ne
; & coſi con due differenze imitarono la inuentione delle colonne, una ſchietta, & nu
da
ſenza ornamento, che era di ſembiante uirile, l'altra di muliebre ſottigliezza, & orna­
mento
, & miſura.
Ma quelli che uennero dapoi con eleganza, & ſottigliezza di giudi­
1cio andarono piu inanzi, & dilettandoſi di moduli piu ſottili, fecero l'altezza della colon
na
Dorica di ſette diametri della groſſezza, & la Ionica di otto, & meza.
Et quello, che
gli
Ioni fecero da prima, Ionico è ſtato detto.
Ma il terzo genere, che Corinthio ſi
chiama
, è preſo dalla imitatione della ſueltezza uirginale, imperoche le uergini per late­
nerezza
della età, eſſendo di piu ſuelte membra formate, riceueno piu leggiadri, & gratioſi
effetti
.
Ma la inuentione del capitello Corinthio ſi narra che in queſto modo ſia ſtata ritro
uata
.
Vna uergine cittadina di Corinto gia da marito, eſſendo inferma uenne a morte.
la
notrice di quella hauendo raccolto tutti que uaſi, de i quali la uergine uiuendo ſi dilet­
taua
, & poſti quelli in un ceſtello, dapoi, che fu ſepelita, gli fece portare al monumento,
& porli da capo, & accioche piu lungamente reſtaſſero allo ſcoperto aere, ui poſe ſopra
una
tegola.
Il ceſtello per caſo era ſtato poſto ſopra una radice di Acanto. in quel mezo
la
radice nel mezo dal peſo oppreſſa, mandò fuori da primauera i ritorti cauli, & le foglie
creſcendo
i cauli lungo i lati del ceſtello, & da gli anguli della tegola per la neceſsità ſpin
ti
in fuori, furono conſtretti nelle ultime parti delle uolute piegarſi.
Allhora Callima­
co
, il quale per la eleganza, & ſottigliezza dell'arte, fu da gli Athenieſi cachizotecnos no
minato
, paſſando appreſſo quel monumento, auuertendo uide quel ceſtello, & d'intor­
no
la tenerezza naſcente delle foglie, & dilettatoſi della maniera, & della nouità della for­
ma
fece a quella ſimiglianza appreſſo i Corinthij le colonne, & poſe le conueneuoli ragio
ni
di quelle, & dapoi nelle perfettioni delle opere, fece la diſtributione della maniera
Corinthia
.
Richiederebbe un curioſo, che io citaſſi in queſto luogo l'auttorità di Plinio, di Pauſania, &
di
Strabone, & d'altri autori per eſponere le hiſtorie, & le deſcrittioni de i luoghi poſti da Vitr.
ma
io credo a Vitr. & maggior cura mi ſtrigne, & d'importanza maggiore, che narrare le hiſto
rie
, deſcriuer luoghi, & dipigner herbe.
Grande occaſione, & bella, ci ha dato la natura, per
fare
, che l'arte perfetta fuſſe, quando ella ci propoſe la forma del corpo humano.
percioche con
il
numero, con i termini, & contorni, con lo ſito, & collocatione delle parti, in un ſoggetto no
biliſſimo
ci diede eſſempio merauiglioſo di ſingular bellezza; fece, che i corpi quantunque diſſimi
glianti
fuſſero, nientedimeno belli, & ben formati, & uaghi ci pareſſero.
La onde molte bellezze
nate
ſono, percioche con lo certo, & determinato numero delle parti, la natura congiunſe la cor
riſpondente
grandezza con i termini ſuoi, & niente laſciò, che in luogo proprio, & accommo­
dato
non fuſſe: perche ſi trouano de i corpi gentili, & ſuelti, che ci porgeno diletto, & ſe ne tro­
uano
de gli altri, che ſono piu ſodi, è maggiori, & però non ci diſpiaceno, & finalmente tra que­
ſti
, & quelli altri ſono belli, & gratioſi, come che in ogni coſa ſi truoua il grande, il picciolo,
& il mediocre, ciaſcuno con le ſue ragioni.
il che conſiderando l'huomo, & leggendo nel li­
bro
della natura per imitarla nelle ſue compoſitioni, uolle, che tre maniere fuſſero prin­
cipali
del fabricare, conſiderando molto bene l'officio, & il fine di ciaſcuna fabri­
ca
: & però quella che piu poteſſe durare alla fatica, & piu fermezza, & piu di ſodo haueſſe,
Dorica
uolle chiamare: perche fu prima da i Dorieſi di queſto modo pigliata: ma quella, che piu
ſottile
, & piu ſuelta fuſſe, Corinthia: la mezana, quaſi tra amendue collocata, Ionica, da Ione,
come
dice Vitr.
Ma perche ciaſcuna haueſſe donde parere diletteuole, & bella, cominciò con
gran
diligenza a conſiderare, che numero, che termini, & come ſi haueſſero a diſporre le par­
ti
.
Vedendoſi adunque (come ben diſcorre Lione) che il diametro del corpo humano dall' uno,
& l'altro lato, è per la ſesta parte, & dal bilico alle reni per la decima dell' altezza del corpo,
fu
preſa l'occaſione delle miſure: perche ritrouando, che ſe delle colonne altre fuſſero piu alte
ſei
parti, altre dieci del piede loro, per lo innato ſentimento, col quale potemo giudicare, che tan
ta
groſſezza, ouero tanta ſottigliezza non ha del buono, cominciò a fare l'ufficio ſuo, & diſcor­
rere
, che coſa fuſſe di mezo tra queſti ecceſſi, che poteſſe piacere, & di ſubito ſi diede alla in­
uentione
delle proportioni, & coſi poſti inſieme quegli ecceſſi, cioè ſei, & dieci, diuiſero la ſom-
1ma in due parti, donde ritrouarono, che'l numero di otto era quello, che dal ſei, & dal dieci con
eguali
ſpacij era diſtante.
Piacque la inuentione, & ne riuſcì la proua: & però diedero alla
lunghezza
della colonna otto Diametri del piede, & quella (come io ho detto) da gli Ioni, Io­
nica
naminarono.
Dapoi giugnendo il minor termine, che eraſei, con queſto numero di nuouo
ritrouato
, cioè con otto fecero una ſomma di quattordici, che partita egualmente rendeua ſette,
ſecondo
il qual numero da Dorieſi ſu fatta la colonna Dorica di ſette teſte.
ma aggiugnendo il ter­
mine
maggiore, che era dieci con quello di mezo, che era otto raccolſero diciotto, che partito in
due
faceua noue, perilche alla forma piu ſuelta, & piu ſottile diedero noue diametri, & Corin­
thia
la chiamarono, perche da Corinto (che hora Caranto ſi chiama) uenne la inuentione
per
auuertimento di Callimacho Architetto: Dal numero adunque cominciarono a dare la bel­
lezza
.
Poi uennero al contorno, facendo le diminutioni, le gonfiezze, i collarini, & le cim­
bie
con gratia, & ornamento, diſponendo le parti di ciaſcuna al luogo ſuo.
ben è uero, che il ſito,
& la diſpoſitione delle parti piu preſto ſi laſcia conoſcere, & ſentire, quando ſta male, che s'in­
tenda
come far ſi deggia.
percioche quella è gran parte del giudicio dell'huomo inſito da natura.
Ben
è uero, che ci ſono alcune auuertenze, nel mettere in opera le coſe ben compartite, come fa­
re
, che le coſe uadino a piombo, che i membri riſpondino ſu'l uiuo, che il tutto naſca da terra,
che
le colonne ſiano pari di numero, a ſimiglianza de i piedi de gli animali, che le apriture ſiano
diſpari
, che le parti inferiori ſiano piu groſſe, che le ſuperiori: che le Doriche non ſiano troppo
lauorate
, ornate ſiano le Ioniche, ornatiſſime le Corinthie.
perilche non ſi puo ſe non biaſmare,
chi
nelle opere Doriche, ha poſto tanta ſottilità, & uarietà di lauori, che piu non potrebbe ha­
uer
fatto nelle Corinthie, grande ſpeſa, inutile, non goduta, & ſenza decoro fu fatta, ſe bene al­
cuno
diceſſe eſſere opera compoſta.
A me la ragione da ardire, & la iſperienza, & la cognitio­
ne
d'alcune coſe de gli antichi, lequali quando erano poſte lontane dall'occhio erano ſolamente
ſgroſſate
, ma le piu uicine erano piu finite: ſe però l'ambitione, & l'auantaggio, & commodità
de
lauoranti non gli moueua.
egli ſi legge, che per lo pericolo, che era nel drizzar le colonne, che
non
ſi rompeſſero, ſi ſoleua prima drizzarle, & poi lauorarle.
in ſomma riſpondino (come ho gia
detto
) le coſe deſtre alle ſiniſtre, le alte alle baſſe, le dinanzi alle di dietro; in modo, che ogni
coſa
poſta ſia al luogo ſuo, & riſpondendo ſi inſieme, & bellezza, & fermezza apportino a gli
edificij
.
Voglio far hora auuertiti alcuni, i quali ſi marauigliano, che Vitru. iſteſſo non pur al­
tri
, che hanno fabricato tra gli antichi Architetti, s'habbia alcuna fiata ſcoſtato dalle dette mi
ſure
.
Io ho detto di ſopra con l'auttorità di Vitru. che la ragione delle coſe è in ſe uera, & du­
rabile
, onde con la proportione ſene uiue, & ſta ſenza oppoſitione, ma non ſempre diletta quel
ſentimento
dell'animo noſtro, ilquale forſe piu a dentro per aſcoſa forza di natura penetrando non
conſente
a gli occhi, che la pura è ſemplice proportione alcuna fiata diletti.
ma dalla materia
delle
coſe, dalla grandezza, dalla diſtanza (come ho detto) richiede alcuna maniera, & for­
ma
, che acconci quello gratioſamente, che troppo ſimplicemente ci porge la miſura, & propor­
tione
, come nelle ſtatue antiche ſi uede, altre di noue, altre di dieci, altre tra noue & dieci teſte
formate
.
Et nella Muſica finalmente ci ſono alcuni ſuoni, i quali uengono alle orecchie con dol­
cezza
, che però non ſono tra le conſonanze collocati.
però dico, che ognuno deue ceſſare dalla
merauiglia
, quando ritroua in molte opere la miſura alquanto uariata da i precetti, perche egli è
a
baſtanza tra'l maggiore, & minore ecceßo contenerſi, uariando i mezi con giudicio, & ſotti­
gliezza
d'auuertimento.
& però da gli ſpacij, & uani tra le colonne Vitru. ha regolato l'altez­
za
di quelle, mai è uſcito de i termini.
Plinio nel trenteſimo ſesto libro al trenteſimo terzo
capo
ragiona delle colonne, & miſure loro, & del Tempio di Diana Efeſia, & delle ſue propor­
tioni
.
Oltra le predette maniere di colonne, ci ſono le Attiche quadrangulari, & di lati egua­
li
.
Quello che dice Vitru. di Callimaccho Architetto, che per la eleganza dell'arte era detto
Cachizoternos
, perche ſempre egli ſpezzaua le coſe fatte, mai ſi contentaua, & ſempre po­
liua
, altri leggono Lixitecnon, perche ſottilmente poliua le coſe dell'arte ſua.
& forſe qua­
dra
meglio a Vitr.
1
La ſimmetria, ouero compartimento di quel capitello, in queſto modo ſi deue fare:
che
quanto farà la groſſezza della colonna da piedi, tanto ſia l'altezza del capitello, con
il
dado o Abaco.
Ma la larghezza dell'Abaco coſi habbia la ſua ragione: che quanto ſa­
l'altezza, due tanti ſia la diagonale, percioche gli ſpacij haueranno per ogni uerſo le
fronti
giuſte.
ſiano le fronti della larghezza piegate in entro da gli eſtremi anguli dello
Abaco
, per la nona parte della larghezza della ſua fronte: habbia al baſſo del capitello
tanta
groſſezza, quanto à la colonna di ſopra, oltra l'Apotheſi, & lo Aſtragalo, cioè cim­
bia
, & tondino.
La groſſezza dello Abaco per la ſettima dell'altezza del capitello. & le
uata
la groſſezza dell'Abaco, ſia il reſtante diuiſo in tre parti, delle quali una ſi dia alla fo­
gliatura
di ſotto, l'altra habbia la fogliatura di mezo, & i cauliculi habbiano la iſteſſa altez
za
, & da quelli naſchino le foglie, lequali gettate in fuori abbracciano lo Abaco. ma quel­
le
uolute, & minuti inuogli, che naſciuti dalle foglie de i cauliculi uengono in fuori fin a
gli
eſtremi anguli, ſiano ſcolpiti tra'l ſuo mezo ſottopoſti a i fiori, che ſono nello Abaco. i
quali
fiori da tutte quattro le parti ſiano formati tanto grandi, quanto è la groſſez­
za
dello Abaco. coſi in queſte ſimmetrie, & compartimenti ſaranno formati i capitel­
li
Corinthij.
Io ho eſpoſto di ſopra aßai chiaramente queſta compoſitione, & dimoſtratola in diſegno. Ve­
ro
è, che egli ſi ha auuertito appreſſo gli antichi, che l'altezza del capitello ſenza lo Abaco era
di
uno diametro di colonna, il che gli daua maggior ſottigliezza.
Sono anche le maniere de i capitelli, che alle medeſime colonne s'impongono, con di­
uerſi
uocabuli nominate.
de i quali le proprietà delle miſure, la maniera delle
colonne
potemo nominare.
ma ben uedemo che i uocaboli di quelli ſono ſtati transferi­
ti
, & tramutati da i capitelli Corinthij, Ionichi, & Dorichi, le ſimmetrie de i quali ſono ſta
te
traportate in ſottigliezza di noue ſcolture.
La maggior parte de i belli antichi edificij ſono di maniera compoſta, & queſta maniera è ua­
ria
ſecondo la diuerſità delle proportioni, che ſi compongono inſieme; però non hanno queſte ma­
niere
proprio nome, benche a noſtri, ſe le dia'l nome d'Italiana.
Veggonſi capitelli con tanta
diuerſità
di lauori, che non ci è numero, altri con fogliazze grandi, altri con minute, & ſono
belliſſimi
, altri hanno legature d'animali, come s' è detto, altri hanno & uolute tolte da gli Io­
nichi
, & foglie tolte da i Corinthij: & tutti ſono garbati, & gratioſi: & indeterminatamente ſi
deono
chiamare, capitelli, o maniere compoſte.
De gli ornamenti delle colonne. Cap. II.
Perche di ſopra ſono ſtate deſcritte le origini, & le inuentioni delle colonne ſe­
condo
le maniere loro, egli non mi pare lontano dal propoſito noſtro con le
iſteſſe
ragioni trattare de gli ornamenti di quelle, come nati ſono, & da quai
principij
, & da che origini ritrouati.
In tutti gli edificij ſi pone di ſopra la
trauatura
, & l'opera di legname con diuerſi uocaboli nominata: & ſi come nelle nominan­
ze
, coſi nello effetto ritiene diuerſe, & uarie utilità.
imperoche ſopra le colonne pilaſtri,
& erte, o ſtanti, che ſi dica, ſi pongono le traui.
ne i palchi & taſſelli, i piccioli morelli,
& le aſsi.
ſotto i tetti ſe gli ſpacij ſaranno maggiori, ui ua il colmello nel ſommo del col­
mo
.
onde poi dette ſono le colonne, & anche ſi pongono i trauicelli attrauerſati, & le chia
ui
.
Ma ſe gli ſpacij ſaranno commodi, il colmello, & i cantieri uenghino in fuori fin al­
lo
eſtremo del grondale.
& ſopra i canthieri ſtiano i tempiali, o pianelle, dapoi di ſo=
pra
ſotto le tegole gli aſſeri, che ſportino in modo, che dalle loro proietture, & ſporti,
ſiano
coperti i pareti.
1
Mirabile dottrina, & pratica d'Architettura c'inſegna Vitruuio nel preſente Cap. percio­
che
egli ci rende conto di tutti gli adornamenti, & membri che ſi metteno ſopra le colonne, o pi
laſtri
, o muri, o stanti, che egli chiama, anntæ.
dimoſtrando chiaramente la origine, & inuen­
tione
di quelli.
dal che nel preſente luogo ſi caua la ragione dimolti uocaboli. Certo è (come
ſpeſſo
ho detto) che dalla neceſſità alla magnificenza del fabricare gli artifici ſono peruenuti.
la
natura
c'impoſe la neceſſità: ma lo animo grande acceſo dalla concorrenza cercò di auanzare
ſe
ſteſſo.
ſi che i primi fabricarono come lor fatto ueniua, & quanto il biſogno richiedeua. ſuc
ceſſero
le conteſe di ſuperarſi l'un l'altro, ma però ſi fondauano le inuentioni, & gli accreſci­
menti
ſopra la imitatione di quelle coſe, che per loro natura doueuano eſſer tali.
però non fecero
alcuna
coſa ne gli adornamenti, di che non ne poteſſero pienamente rendere la ragione dalla imi
tatione
delle coſe ſatte per neceſſità.
Eleuato adunque lo edificio nella già dimoſtrata forma dal
fondameuto
fin alla cima de i pareti, colonne, muri, pilastri, o ſtanti, biſognaua coprirlo, ac­
cioche
perfettamente ſi uedeſſe il fine dell'opera: era neceſſario nel coperto prouedere, che i pa­
retiſteſſero
uniti, & legati inſieme, & che'l coperto acconciamente ſi ripoſaſſe, non ſpignendo
i
pareti: la onde per hauere quanto s'è detto, egli è da ſapere, che biſogna fare tutto questo la­
uoro
di legname: che da Vitruuio è detto materiatio.
& conoſcere diſtintamente i nomi, gli ef­
fetti
, & l'ufficio di ciaſcuna coſa.
Tre coſe adunque douemo auuertire nell'opera di legname,
l
'una è quella, che ſi impone prima ſopra le colonne, i muri, & pilastri: queſta ſi chiama tra­
uatura
.
la ſeconda è detta contignatione: queſta ſi diuide in due parti, l'una è la legatura del tet­
to
, l'altra è il tetto, & coperto.
Della trauatura ſi caua questo utile, che i pareti ſi tengono in­
ſieme
, dalla legatura, che il tetto ſi uniſce, dal tetto, che l'edificio ſi copre, & ſi defende.
&
da
tutte queste coſe hanno hauuto origine diuerſi adornamenti nelle fabriche, come ſi dirà qui
ſotto
.
Sapremo adunque come alcuna fiata tra un parete, & l'altro ſi troua grande interuallo,
& alcuna fiata commodo, & non molto diſtante.
però nelle legature de i tetti ui piu, & me­
no
artificio.
però ſe'l tetto ſi ſpanderà molto, & ſarà troppo largo, nella ſommità del colmo ui
per lungo uno traue maeſtro, che ſi chiama columen in latino.
noi dicemo colmello. dal
quale
naſceno come figliuoli tutti i legamenti del tetto: ſi come dalla ſpina maeſtra del peſce
naſceno
tutte le altre: & forſe di qua è cauato quello, che ſi ſuol dire, il tale è di tale columel­
lo
.
Ci ſono i trauerſi: ci ſono anche le chiaui detti capreoli, dalla ſimiglianza de pampini, che
legano
le uiti; perche coſi quelli abbracciano i canteri: ma i trauicelli attrauerſati latinamen­
te
ſi dicono tranſtra, & uolgarmente catene, & ſono quelli, ſopra i quali ſi ripoſano le chiaui.

Ma
ſe'l tetto ſarà comodo, & non porterà pericolo di slegarſi, & ſchiauarſi li potrà baſtare ſola­
mente
il colmello com i ſuoi canterij, i quali ſono alcuni legni lunghi del tetto, i quali uengono dal col
mo
, & diſcendono da i lati inſino ſotto le grondi.
ſopra queſti canteri, (i quali fanno parere il
tetto
, come una galera riuerſcia, & ſi uſa di dire tra noi la galera è in cantieri, quando è fat­
to
il ſuo corbame) ui uanno i tempiali, che ſono trauetti, i quali uanno a trauerſo i cantieri, in
contra
le fronti del tetto.
ſopra i tempiali, ui uanno gli aſſeri, che ſono legni larghi quattro
oncie
, che uanno ſopra i tempiali, come i canteri di ſotto.
& quiui è poſta la ragione del coper­
to
.
perche ſopra gli aſſeri s'impongono le tegole, i capi delle quali s'incontrano ripoſando ſo­
pra
'l mezo de gli aſſeri.
Et queſto è quanto la neceſſità ci ha dimostrato, perche il tetto ſteſſe
in
piouere, accioche le neui non lo caricaſſero, perche ſcacciaſſi le acque, & le tempeſte lon­
tane
da i pareti, & fuſſe ben legato.
& queſto è quanto Vitruuio ha detto fin hora. come la figu­
ra
ci dimoſtra.
1 47[Figure 47]
1
Et coſi egli ſi uederà, che ogni coſa conſeruerà, & il luogo, & la maniera & l'ordine
proprio
.
Dalle dette coſe, & dall'opera di legname gli arteſici con le loro ſcolture nelle
opere
di pletra, & di marmo, nel fabricare de i Tempij hanno imitato le diſpoſitioni, &
hanno
giudicato, che egli ſia da ſeguitare quelle inuentioni: percioche gli antichi fabri
edificando
in un certo luogo, hauendo coſi poſte le traui dalle parti di dentro de i pare­
ti
, che correuano fin alle eſtreme, & uſciuano, & ſportauano in fuori, compoſero anche
quello
, che fra traue, & traue ſi poneua.
& ornarono con opere di legname gratioſa­
mente
quello, che andaua ſopra le cornici, & le ſommità, & poi tagliauano gli ſporti de
i
traui a pari de pareti a perpendicolo.
la qual forma parendo loro, che forſe ſenza garbo,
& ſenza gratia, conficcarono ſopra le teſte de i trauicelli tagliate nella fronte alcune tauo
lette
nel modo, che hora ſono i Triglifi: & quelle dipinſero con cera biaua, accioche le
tagliature
de gli trauicelli non offendeſſero la uiſta.
& coſi nelle opere Doriche le diui­
ſioni
de i trauicelli coperti con la diſpoſitione de gli Triglifi cominciarono hauere lo ſpa
cio
poſto tra gli trauicelli, & il letto delle trauature.
Hora tenendoſi a mente gli effetti di ciaſcuna delle predette coſe, potremo beniſſimo ſapere la
origine
de gli ornamenti, che nelle opere di pietra ſono stati introdutti da i grandi Architetti,
& con che ragione s'habbiano a fare.
Ha detto Vitruuio, che ſopra le colonne, & i pilastri,
& pareti s'impone la trauatura, & ſopra la trauatura il tetto, o colmo.
ha eſpoſto le parti, &
le
ragioni de i coperti, & del colmo.
Hora ci eſpone come da quelle parti, & dalle opere di le­
gno
ſono ſtati transferiti gli ornamenti nelle opere di pietra, o di marmo: come nelle opere
Doriche
i Triglifi, & i Modioni, & nelle Ioniche i dentelli: & dice, che i Triglifi ſono stati
fatti
ad imitatione delle teſte delle traui, lequali prima ſportauano fuori de i pareti, & poi erano
tagliate
a drittura de i pareti, & perche non faceuano bella uiſta, erano inueſtite di tauolette
dipinte
con cera, di quel modo, che hoggi pareno i Triglifi con que canali, & con que pianuz­
zi
, che ſi uedeno, che pare, che que canali ſiano fatti per riceuere le acque cadenti dalla cor
nice
.
Gli Architetti adunque nelle opere di pietra hanno traportato quelle inuentioni, & han­
no
fatto gli Triglifi, & le Metope, cioè gli ſpacij tra uno triglifo, & l'altro, che rappreſenta­
uano
le diuiſioni d'un Triglifo all'altro, come da un traue all'altro.
Similmente i mutuli, o mo­
dioni
ſono ſtati preſi nelle opere Doriche di pietra dalle opere di legname.
queſti rappreſentano
gli
ſporti de i canterij ſotto le cornici, come gli Triglifi rappreſentano gli ſporti delle traui ſopra
l
'Architraue.
Queſti modioni ſono piegati, accioche aiutino il cader deue acque. ſono piu lar
ghi
, & di meno groſſezza de gli Triglifi.
& il luogo loro è ſotto le cornici, & la figura qui
ſotto
lo dimoſtra: & pero dice Vitruuio.
Dapoi ſono ſtati altri, che in altre opere a perpendicolo de gli Triglifi hanno fatto
ſportare
i canterij, & hanno fatto piegare gli ſporti loro.
& come dalla diſpoſitione delle
traui
uennero gli Triglifi, coſi da gli ſporti de i canterij ſotto i gocciolatoi è ſtata ritro­
uata
la ragione de i mutuli, o modioni: & coſi nelle opere di pietra, & di marmo, ſi for
mano
i modioni ſcolpiti, che piegano.
il che non è altro che la imitatione de i canterij:
perciohe
di neceſsita, per li cadimenti delle acque ſi fanno piegare in fuori.
& però la ra­
gione
de gli Triglifi, come de i modioni, nelle opere Doriche è ſtata da quella imita=
tione
ritrouata.
Percioche non come alcuni errando hanno detto, che gli Triglifi ſo­
no
le imagini delle fineſtre, coſi puo eſſere.
perche gli Triglifi ſi pongono ne gli anguli, &
contra
i quadri delle colonne, ne i quali luoghi niuna ragion uuole, che ſi facciano le fi=
neſtre
, percioche le giunture delle cantonate ſi ſlegano ne gli edificij, ſe ſi laſcieranno in
quelle
i lumi delle fineſtre.
Le cantonate de gli edificij deueno eſſer fortiſſime, perche ſono come l'oſſa delle fabriche, la
doue
non poco errore è di colui, & non picciol danno dello edificio, ſe il cantone ſi apre con qual­
che
foro.
non è aduuque buona la opinione di quelli, che uogliono, che gli Triglifi & le metope
148[Figure 48]
rappreſentino le fineſtre, perche oltra, che la ragione nol conſente, ſeguitarebbe, che nelle ope­
re
Ioniche i dentelli poteſſero ſimilmente rappreſentare i fori delle finestre, il che non puo eſſere,
come
dice Vitr. & c'inſegna ad un tratto l'origińe de i dentelli nelle opere Ioniche, & dice.
Et di piu anche ſe doue hora ſi fanno gli Triglifi, iui ſarà giudicato, che ſiano ſtati gli
ſpatij
de i lumi, per la iſteſſa ragione ci può parere, che nelle opere Ioniche i dentelli hab
biano
occupato il luogo delle fineſtre, percioche amendue gli ſpatij, & quelli, che ſono
tra
i dentelli, & quelli, che ſono tra gli Triglifi ſono detti metope, perche Greci chiama­
no
ope i letti delle traui, & de gli aſſeri, come i noſtri chiamano caui colombari, & coſi
lo
ſpatio delle traui poſte tra due ope, appreſſo de Greci metopa è nominato.
in modo,
1che ſi come per auanti nelle opere Doriche è ſtata ritrouata, la ragione de gli Triglifi, &
de
i modioni, coſi nelle Ioniche la ordinatione de i dentelli, nelle opere tiene la ſorza ſua.

Et
ſi come i modioni rappreſentano la imagine de gli ſporti de i cantieri, coſi nelle Ioni­
che
i dentelli da gli ſporti de gli aſſeri hanno preſa la imitatione.
Et però nelle opere de
Greci
non è, chi ſotto il modione metta i dentelli, perche non poſſono ſtare gli aſſeri
ſotto
i cantieri.
Quello adunque, che ſoprai cantieri, & i tempiali ueramente deue eſſer
collocato
, ſe nella rappreſentatione ſarà poſto di ſotto, ci darà forme, & ragioni dell'ope
ra
piene di menda.
Adunque nelle opere Ioniche i dentelli rendeno la ſimiglianza de gli ſporti de gli aſſeri: & per­
che
gli aſſeri ſono ſopra i canterij: però i dentelli ſono ſoprai modioni.
queſto è ſtato oſſeruato da
Greci
.
Similmente egli è un'altro auuertimento fondato ſopra la regola, che dalle uere uſanze
della
natura delle coſe, egli ſi deue prendere gli adornamenti dell'arte.
Et queſto auuertimento è
poſto
qui ſotto da Vitr. il qual dice.
Et anche gli antichi non laudarono mai, ordinarono, che ne gli Frontiſpicij ſi haueſ­
ſe
a fare i modio ni, ouero i dentelli, ma ſolamente le cornici ſchiette.
perche i cante­
rij
, gli aſſeri uanno diſtribuiti uerſo le fronti de gli Frontiſpicij, poſſono ſportare,
ma
piegano uerſo i grondali.
Et però quello, che in uerità non ſi può fare, gli antichi
giudicarono
non poter hauere determinata ragione, quando che egli fuſſe nelle imagini
rappreſentato
.
percioche nelle perfettioni delle opere traportarono ogni coſa con certa
proprietà
delle uere uſanze di natura, & non approuarono coſa, che la eſplicatione del
fatto
nelle diſputationi non poteſſe hauere la ſua ragione tolta dal uero.
Et però ci laſcia
rono
ordinate le conuenienze delle miſure da quelle origini, & le proportioni di tutte le
maniere
, i principij delle quali hauendo io ſeguitato, io ho detto di ſopra delle ordinatio
ni
Ioniche, & Corinthie.
Hora io eſponerò breuemente la ragion Dorica, & tutta la
forma
ſua.
Ogni coſa detta di ſopra è facile, & iſpedita, ma poco da molti Architetti ſi è conſiderato
quello
, che Vitr. dice; cioè, che noi non douemo far coſa, che non habbia del ueriſimile, ne rap
preſentare
imagine alcuna, che non habbia principio dal uero, & che cadendo in diſputatione,
non
ſi habbia a ricorrere in ſicuro luogo per ſoſtentarla.
Vitr. adunque biaſima per opinione de
gli
antichi i dentelli, o modioni fatti per gli frontiſpicij: perche rappreſentando quelli i cantieri
o
gli aſſeri, & non uenendo i cantieri uerſo le fronti, & non ſportando gli aſſeri, non è poſſibile
fare
in que luoghi i dentelli, o i modioni, doue non ſi ha riſpondenza con alcuna coſa.
Ma la uſan
za
ha uinto la ragione fin al tempo di Vitr. perche nelle opere antiche tutio'l giorno ſi uedeno, &
dentelli
, & modioni nelle teſte de i Frontiſpicij, & pare, che tale ornamento ſtia bene, tutto che
non
ci ſia ragione.
Della ragione Dorica. Cap. III.
ALCVNI de gli antichi Architetti hanno negato eſſer commoda, coſa fabrica­
re
i Tempij alla Dorica; allegando che in quella maniera ſiano i comparti­
menti
diſconueneuoli, & mendoſi.
Et però Tarteſio, Pitheo, & Hermoge
ne
ſimilmente lo negarono.
perche hauendo Hermogene apparecchiata la
materia
per fare l'opera di maniera Dorica mutò quella, & della iſteſſa fece un Tempio al
la
Ionica al padre Bacco.
Et queſto fece non perche l'aſpetto Dorico mancaſſe di grat a,
perche la maniera, o la dignità della forma non ci fuſſe, ma perche il compartimento
è
impedito, & incommodo nell'opera de gli Triglifi, & nella diſtributione delle trauatu
re
: percioche egli è neceſſario porre gli Triglifi contra i tetranti delle colonne, & che le
1metope tra gli Trigliſi ſiano tanto lunghe, quanto alte. & per lo contrario ſono poſti gli
Triglifi
nelle extreme parti nelle colonne, & non contra il mezo de i tetranti.
dalche adi­
uiene
, che le metope, che ſi fanno appreſſo gli Triglifi angulari non rieſcono quadrate,
ma
alquanto piu lunghe de gli Triglifi per metà dell'altezza.
Ma quelli, che pur uoglio­
no
fare le metope eguali, riſtrigneno gli ultimi uani delle colonne per la metà dell'altezza
d
'uno Triglifo.
Ma facendo ſi queſto o nelle lunghezze delle metope, o nello riſtrigne.
re
i uani, è diffettoſo, & non ſta bene.
per ilche pare, che gli antichi habbiano noluto
ſchiuare
nel fabricar i Tempij, la ragione del compartimento Dorico.
Volendoci Vitr. dichiarire il compartimento Dorico, egli ci propone una difficultà de gli anti
chi
Architetti, accioche ſtiamo noi piu auuertiti.
Biaſimauano alcuni la miſura, & comparti­
mento
Dorico nel fabricare i Tempij, non perche la forma non haueſſe del buono, o difpiaceſſe la
maniera
, ma perche non tornaua bene il compartimento de gli Triglifi, & delle metope.
Noi ba
uemo
ueduto di ſopra, che gli Triglifi riſpondeuano alle teſte delle traui, perche erano le loro inue­
ſtiture
nelle opere di legno, & che le metope riſpondeuano a gli ſpatij, che erano da una teſta
d
'una traue all'altra, detti intertignia dalla parte di fuori, & Lacunaria dalla parte di dentro:
& le traui, & gli ſpatij inſieme, noi chiamamo la trauatura.
Se adunque gli Triglifi rappreſen­
tano
le testte delle traui; & le metope, gli ſpacij: ne ſegue, che eſſendo impedito il compartimen­
to
de gli Triglifi, & delle Metope, ſia anche impedita la ragione, & compartimento della traua
tura
, & del loro ornamento.
Ma come ſia impedita la diſtributione de gli Triglifi, egli ſi uede,
perche
egli è neceſſario, che lo Triglifo ſia giuſto per mezo la quadra della colonna, & che la
metopa
ſia tanto alta, quanto lunga: ma gli antichi non auuertendo a quello, che era rappreſen­
tato
per gli Triglifi, & per le metope poneuano ſopra l'esttreme parti delle colonne, & non ſu'l
uiuo
gli Triglifi. dal che ne naſceua, che le metope, che erano appreſſo quegli Triglifi, non ueni­
uano
quadre giustte, ma alquanto piu lunghe.
& queſto ueniua, perche uoleuano ſeruare la diſtan
za
tra colonna, & colonna.
Ma quelli, che di cio non curauano, & uoleuano pure, che le me­
tope
ueniſſero giuſte, reſtrigneuano gli ſpatij tra le colonne, & obligauano quegli in modo, che
non
poteuano cadere ſotto le ragioni de gli intercolunnij, & uani regolati.
Reſtrigneuano adun­
que
gli eſtremi uani per la metà dell'altezza d'uno Triglifo; per giuſtar la metopa; & queſto era
difettoſo
.
Et per queſto fuggiuano il modo di fabricare alla Dorica, non biaſimando l'aſpetto,
la maniera, ma il compartimento, & la ſimmetria, come fecero, Tarteſio, Pitheo, & Her­
mogene
.
A queſto diſordine prouede Vitr. gentilmente dimoſtrandoci le ragioni, & le proportio
ni
di queſti compartimenti, è dice.
Ma noi, come richiede l'ordine eſponemo in quel modo, che da noſtri precettori ha­
nemo
preſo, accioche ſe alcuno ponendo mente a queſte ragioni uorrà in queſto modo
cominciare
, egli habbia eſplicate le proportioni, con le quali egli poſſa bene, & ſenza di­
fetto
fabricare alla Dorica, è condurre a perfettione i ſacri Tempij.
Vitr. ci promette di douer dare il modo, & le miſure di fabricare alla Dorica ſenza difetto,
& ſi come nella maniera Ionica egli ci ba dato i precetti ſecondo le forme de i Tempij, & regola
ti
quelli ſecondo i uani tra le colonne: coſi nella Dorica egli regola ſecondo le iſteſſe forme, gli ſpa
tij
tra le colonne.
Ben è uero, che la ragione di queſti ſpatij, & di queſta maniera tutta dipende
dal
compartimento de gli Triglifi.
Et però nel di ſopra, & in altri luoghi quando Vitr. dice. Li
ragione
de gli Triglifi: egli intende la manier a Dorica.
Comincia adunque a regolare la maniera
Diaſtilos
, che ba il uano di tre colonne, ſecondo lo aſpetto di facciata in colonne detta proſtilos:
& ſecondo ambe le teſte in colonne, detta amphiptoſtilos: & ſotto un nome ſolo comprende que­
ſti
due aſpetti, chiamandoli Tetraſtilos, cioè di quattro colonne.
Regola anche lo alato d'intor­
no
detto peripteros, chiamandolo exaſtilos, cioè di ſei colonne.
& ci laſcia poi regolare a modo
noſtro
le altre maniere, con le ragioni di quelle.
La fronte del Tempio Dorico, nel luogo doue s'hanno a porre le colonne, douendo
1eſſere di quattro colonne, ſia diuiſa in parti uentiſette. ma ſe ſarà di ſei colonne, ſia partita
in
parti quarantadue.
Di queſte parti una ſarà il modulo, che Grecamente Embatis è det
to
, & è quello, per la cui conſtitutione diſcorrendo, & ragionando ſi fanno i comparti­
menti
d'ogni opera.
La groſſezza delle colonne farà di due moduli, l'altezza con il capi­
tello
di quattordici.
In queſto luogo ſi deue por mente, che ſe bene Vitr. ha detto, che nella maniera Diaſtilos i ua
ni
ſono di tre groſſezze di colonne; non però nella diſtributione preſente cadeno ne i uani tre groſ­
ſezze
di colonne a punto, ma due, & tre quarti: però douemo auuertire, (ſi come di ſopra auuer
tito
hauemo) che quando Vitr. nel terzo libro ragiona de gli ſpatij tra colonna & colonna, in
tutte
le forme, o di ſpeſſe, o di larghe, o di libere diſtanze, egli uſa queſti termini.
puo eſſer. ſi
puo
porre.
potemo tramettere. & non dice ſi deue porre, douemo tramettere, o deue eſſere
lo
ſpatio di tante colonne: perche non ci comanda, come egli fa nell'aſpetto ſcielto, & elegante,
dicendo
{perche fare ſi deono gli ſpatij de gli intercolunnij di due colonne, & un quarto.} par­
lando
adunque indeterminatamente Vitr. non è neceſſario, che apunto uenghino tre diametri tra
colonna
, & colonna in queſta diſtributione.
Dapoi queſto egli ſi deue auuertire, che ſopra gli
anguli
uengono meze metope, ma non di fatto meze apunto, ſe bene Vitr. dice ſemimetopia; per
che
egli anche dice, ſemimetopia, per la metà d'un modulo in larghezza, che è ſemitriglifo apun
to
, come egli dirà di ſotto.
Et però ſi dice meza metopa, al modo, che ſi dice ſemituono, o ſemi­
uocale
, non che ſia mezo tuono a punto, o meza uocale, ma perche è una coſa tra gli eſtremi.

Da
queſta intelligenza ne naſee, che la fronte di quattro colonne ha da eſſer diuiſa in uentiſette
parti
, & la fronte di ſei colonne in quaranta due, & che con la ragione di queſte ſi puo regolare
le
fronti di otto, & di dieci colonne.
Noi poneremo qui ſotto la diſtributione, con gli Triglifi nu
di
, & gli ſpatij tra le colonne, perche poi con uno, o due eſſempi dello inpiè, ſi darà notitia di
queſta
diſtributione.
A me piacerebbe, che la colonna fuſſe alta quattordici moduli, ſenza il
capitello
per approſſimarſi piu a quello, che ha detto Vitr. nel terzo libro, che nell'aſpetto diaſti
los
le altezze delle colonne ſono di otto teſte, & meza.
ma ſeguitiamo il maeſtro.
La groſſezza del capitello d'un modulo. La larghezza di due moduli, & della ſeſta par­
te
di uno
Rieſce meglio, della quinta parte, come ho detto. il reſtante è facile per la dichiaratione fat­
ta
da noi nel terzo libro.
Diuidaſi la groſſezza del Capitello in tre parti, d'una delle quali ſi faccia l'Abaco con
la
Cimaſa.
dell'altra l'Ouolo con le anella. della terza il fregio fin al collarino. Sia poi
contratta
, & raſtremata la colonna, ſi come nel terzo libro è ſtato nelle Ioniche dimoſtra
to
.
l'altezza dello Architraue ſia d'un modulo, ponendoui la ſua liſta, & le goccie: & la
liſta
ſia per la ſettima parte del modulo.
La lunghezza delle goccie ſotto la liſta per mezo
gli
Triglifi, alta con la regoletta penda inanzi per la ſeſta parte d'uno modulo, & coſi la
larghezza
del piano inferiore dello architraue riſponda al collarino della colonna di ſo­
pra
.
Sopra lo architraue ſi deono porre gli Triglifi con le metope ſue, larghi nella fron­
te
un modulo, coſi diuiſi, che nelle colonne angulari, & nelle di mezo ſiano contra il me
zo
delli quadri, & tra gli altri uani due: ma in quelli di mezo dinanzi, & di dietro il Tem
pio
tre: & a queſto modo allargati gli ſpacij di mezo ſenza impedimento ſarà commoda
l
'entrata a i ſimulacri de gli Dei.
Partiſcaſi poi la larghezza dello Triglifo in parti ſei, del­
le
quali ne ſiano cinque nel mezo, ma due meze ſiano diſegnate dalla deſtra, & dalla ſini­
ſtra
, & con una regola nelmezo ſia formato il piano, che femur latinamente &, miros, è det­
to
da Greci.
lungo quella regola con la punta della ſquadra ſiano riuolti i mezi canaletti. po
ſti
gli Triglifi a queſto modo, ſiano le metope, che uanno tra gli Triglifi tanto alte, quanto
lunghe
.
Et appreſſo di ſopra le cantonate ſiano le meze metope impreſſe per la metà d'un mo
dulo
.
perche facédoſi a queſto modo auuerrà, che tutti i difetti, & errori delle metope, co
1me de gli intercolunnij, & delle trauature, eſſendo fatti giuſti i cópartimenti, ſaranno emen
dati
.
I capitelli de gli Trigliſi ſi hanno a fare per la ſeſta parte d'un modulo. Sopra i ca­
pitelli
de gli Triglifi ſi deue ponere la corona, o gocciolatoio, che ſporti in fuori per la
metà
, & un ſeſto d'un modulo, hauendo di ſotto una cimaſa Dorica, & un'altra di ſopra:
Et
ſarà il gocciolatoio le ſue gole, o cimaſe di groſſezza della metà d'un modulo.
Deon­
ſi
poi ſotto il gocciolatoio partire le dritture delle uie, & i compartimenti delle goccie in
modo
, che le dritture ſiano a perpendicolo de gli Triglifi, & per mezo le metope, & i com
partimenti
delle goccie in maniera, che ſei goccie in lunghezza, & tre in larghezza ſi uedi
no
. ma il reſtante de gli ſpatij ſia laſciato ſchietto, ouero ui ſiano ſcolpiti i fulmini; impe­
roche
le metope ſono piu large de gli Triglifi.
Al mento del gocciolatoio, ſia tagliata
una
linea, che ſi chiama ſcotia, cioè cauetto.
Tutto il reſtante delle parti, come Timpa­
ni
, Gole dette ſime, & gocciolatoi ſi faranno, come hauemo ſcritto nelle Ioniche.
Et
queſta
ragione ſi truoua nelle opere diaſtile nominate.
Ma ſe l'opera ſarà da farſi della maniera Siſtilos. & che habbia uno Triglifo ſolo nel ua
no
, douendo eſſere di quattro colonne, egli ſi partirà la fronte in parti dicenoue & meza,
ſe
di ſei, in parti uentinoue, & meza, delle quali una ſi piglia per modulo, alla cui miſura
(come è ſcritto di ſopra) ſono compartite tutte le opere.
coſi ſopra in ciaſcuna parte del­
lo
architraue ſi deono porre due metope, & uno Triglifo, ma nelle cantonate non piu di
mezo
Triglifo.
Appreſſo le dette coſe s'aggiugne queſta, che lo ſpatio di mezo ſotto'l
frontiſpicio
ſarà da eſſer formato con due Triglifi, & tre metope, accioche lo intercolun
nio
ſia piu ampio, & piu ſpatioſo, & commodo a quelli, che uorranno entrare nel Tempio,
& lo aſpetto uerſo le imagini de gli Dei ritegna piu dignità, & grandezza.
Sopra i capitel
li
de gli Triglifi ſi ha da ponere il gocciolatoio, che habbia (come s'è detto di ſopra) due
gole
alla Dorica, una di ſopra, l'altra di ſotto, & coſi anche il gocciolatoio ſia per la me­
d'un modulo.
Et (ſi come s'è detto nelle opere diaſtile) ſi diuideranno le dritture del­
le
uie, & ſi faranno le diſtributioni delle goccie, & le altre coſe dritto a perpendicolo de
gli
Triglifi, & per mezo le metope nella parte di ſotto il gocciolatoio. Cioè nel piano del
lo
Architraue, che guarda al baſſo, il quale non ſia piu largo di quella parte, che ſi contragge
al
collarino della colonna, che tanto è quanto la colonna di ſopra.
Egli biſogna canalare le colonne con uenti canalature. quelle ſe ſaranno piane deono
hauere
uenti anguli, ma ſe ſaranno cauate, ſi deono fare in queſto modo: che quanto ſa­
lo ſpacio d'uno canale, tanto ſi habbia a formare uno quadrato di lati eguali, & nel me­
zo
del quadrato ſi ha da porre il piede della ſeſta, & raggirare intorno la circonferenza,
che
tocchi gli anguli della cauatura, & quanto di cauo ſarà tra la circonferenza, & la qua
drata
deſcrittione, tanto ſia cauato, a quella forma: & a queſto modo la colonna Dorica
hauerà
la perfettione della canalatura conueniente alla maniera ſua.
Ma della aggiunta,
che
ſi fa nel mezo della colonna, coſi in queſti ſia traportata, come nel terzo libro è ſtato
nelle
Ioniche diſegnato.
Ma poi che la forma eſteriore de i compartimenti, & Corinthi,
e
Dorichi, & Ionici è ſtata deſcritta, egli è neceſſario, che ſi dichiari da noi la diſtribu­
tione
delle parti interior delle celle, & di quelle che ſono inanzi a i Tempij.
Vitruuio è facile da ſe, & hauendo dal fondamento fin alla cima alzato la ſua fabrica, &
miſurato
il tutto ſecondo le tre maniere, ſenza laſciar parte, membro, ornamento, che ſi
conuenga
alle parti eſteriori, egli uuole entrar in chieſa, come ſi dice, & riconoſcere i compar
timenti
di dentro, fermando ſi alquanto nella entrata detta pronao, cioè antitempio, & dopo
queſta
promeſſa, egli ſi da alla eſecutione.
fin tanto qui ſotto ſaranno le figure delle coſe dette.
1 49[Figure 49]
1
Della diſtributione di dentro delle Celle, & dello
antitempio
.
Cap. IIII.
LA lunghezza del Tempio ſi comparte in modo, che la larghezza ſia la metà
della
lunghezza: & la cella ſia la quarta parte piu lunga di quello, che è la lar
ghezza
col parete, nel quale ſaranno poſte le porte.
Le altre tre parti del pro
nao
, o Antitempio corrino uerſo le ante de i pareti, lequali deono eſſere del
la
groſſezza delle colonne.
Ma ſe il Tempio ſarà di larghezza maggiore di uenti piedi, ſi
deono
porre due colonne tra due ante, l'officio delle quali è ſeparare lo ſpacio delle ali &
del
pronao.
Io ſtimo che il preſente luogo fia difficile: & ſe non ci fuſſe qualche oſſeruatione de gli anti­
chi
Tempij, forſe biſognarebbe indouinare.
però hauendo io oſſeruato alcune coſe, io uengo, in
opinione
de interpretare il preſente luogo al modo infraſcritto, riportandomi a migliore inuen­
tione
.
Eſſendo tra le ſemplici proportioni la moltiplice maggiore di quelle, ſi come ho dimoſtrato
nel
terzo libro, coſa conueniente ſi giudica uſare nella diſtributione de i Tempij le ſpecie delle
moltiplici
proportioni: imperoche i Tempij ſono fatti per lo culto diuino, al quale ſi richiede ogni
magnificenza
, & grandezza.
Si che uolendo Vitruuio tr attare delle parti interiori de i Tempij,
comincia
a proportionare le lunghezze, & larghezze loro.
nel che è ripoſta quella gratioſa ma
niera
, che nel primo libro è ſtata nominata Eurithmia.
Dell'altezza non è neceſſario parlare
naſcendo
ella dalle miſure dell'opera: Imperoche gli Architraui, le cornici, & i Frontiſpicij per
le
coſe dette di ſopra ci ſono manifeſti.
Vuole adunque Vitr. che la lunghezza ſia doppia alla lar
ghezza
: & ragiona qui, de i Tempij Ionici, Dorici, & Corinthij: benche pare, che nelle piante
poſte
nel terzo libro le lunghezze ſiano meno del doppio alle larghezze, & in fatto è coſi, per­
che
lo intercolunnio di mezo nelle fronti è piu largo, ma ci è poca differenza dalla doppia.
Ho­
ra
quello che importa è, che la cella di quel Tempio diſegnato nel primo libro pare troppo lunga.
& forſe la intentione di Vitruuio ſi manifeſta in queſto luogo. pero io uorrei, che quiui ſi conſi­
deraſſe
ſe la coſa puo ſtare (come io dimoſtrerò) & ſe Vitruuio ce lo accenna, & ſe anche lo
antico
l'oſſerua.
Soleuano gli antichi diſtinguere lo Antitempio detto pronao, con alcune ale
di
muro, che ſecondo Strabone ſi chiamano pteromata.
Queſte ale uemuano uerſo le fronti da
una
parte, & dall'altra della cella: ma in al cuni Tempij non perueniuano alle fronti compitamen
te
, ma terminauano in alcuni pilaſtri, o ante che ſi dica, groſſe quanto le colonne: & ſe tra l'una
ala
di mura, & l'altra era grande ſpacio, ſi poneuano a quel filo de i pilaſtri tra mezo due colon
ne
per fermezza: & coſi era ſeparato il pronao dal portico.
Coſi ſi ritrouano le piante de i tre
Tempij
appreſſo il Theatro di Marcello.
Coſi accenna Vitruuio nel preſente luogo, & coſi pare,
che
la ragione ce lo dimoſtri.
Pigliamo adunque la fronte del Tempio, & ſia di quattro parti,
otto
di quelle faremo la lunghezza, accioche ſia in proportione doppia.
di quelle otto cinque ſi
danno
alla lunghezza della cella includendo la groſſezza del parete doue ſono le porte, tre uen­
ghino
dall'Antitempio alle ante, o pilaſtri de i pareti, le quali ante deono eſſer della groſſezza
delle
colonne.
Queste ante ſono i termini delle ale del muro, che uengono inanzi dall'una parte,
& dall'altra, & perche puo eſſere, che tra quelle ale ci ſia, & poco, & molto ſpacio, ſecondo
le
maniere de i Tempij di ſpeſſi, o di larghi intercolunnij, però ſecondo il biſogno e neceſſario tra
porui
delle colonne.
Io dico in ſomma, che la maniera di faccia in pilaſtri, & di faccia m colonne,
& la falſa, & la doppia, & la intorno alata, & la ſcoperta, tanto Dorica, quanto Ioni­
ca
, & Corinthia ſiano tutte o di ſtrette, o di larghe, o di rilaſciate, o di acconcie diſtanze d'in
tercolunnij
.
tutte ſi regolano dal preſente luogo nel compartimento delle celle: & ſi come tutto
il
Tempio non uiene a punto doppio in lunghezza, perche la neceſſità del compartimento delle
150[Figure 50]
151[Figure 51]
colonne, & de i uani, non ce lo laſcia uenire, coſi anche la cella ſe bene nella facciata in colo­
ro
è detta, prostilos, & ambe le teste in colonne detta amphiproſtilos, in ogni genere, & ma-
152[Figure 52]
1niera puo uenire la detta proportione ſecondo i precetti di Vitr. non però a punto uiene la predet­
ta
proportione ne gli altri aſpetti, & maniere, per che biſogna, che i pareti delle fronti della cel­
la
ſcontrino con le colonne di fuori, & ſiano ad una iſteſſa fila: però le celle di que Tempij ſa­
ranno
alquanto maggiori di quello, che dice Vitruuio, il quale in queſto luogo ci comparte le cel
le
, che ſono parte de i Tempij, & ci comparte il pronao, cioè l'Antitempio, & il Poſtico, cioè
il
poſt tempio, in ogni genere, & in ogni maniera.
Adunque altro è cella, altro è Tempio, al­
tro
è portico, altro è pronao.
Il tempio è il tutto: la cella è la parte rinchiuſa di parete, come
il
portico è il colonnato, che ua a torno, che Vitr. chiama ale ne i Tempij, & portico drieto le
ſcene
.
Pronao è quella parte, che è dinanzi la cella, che da i lati ha due ale di pareti conti­
nuati
alli pareti della cella, nel fine delle quali ſono i pilaſtri della groſſezza delle colonne.
La
lunghezza
del Tempio è doppia alla larghezza.
queſto è uero a punto nelle fronti di quattro co­
lonne
: ma doue ui uanno le ale a torno, non riſponde a punto.
& Vitr. nel terzo libro parlando
del
falſo alato, dice, che egli ha nella fronte, & nel poſtico otto colonne, ma dai lati, quin­
dici
con le angulari.
& poco dapoi dice, che nelle maniere, che hanno l'ale d'intorno le colonne,
ſi
deono porre in modo, che quanti uani ſaranno nelle fronti, tanti due fiate ſiano i uani da i la­
ti
; & coſi la lunghezza dell'opera ſarà doppia alla largheza.
dalle quali parole molto bene
potemo
comprendere, che uero ſia quanto s'è detto.
Sia adunque la cella per la quarta parte
piu
lunga di quello, che è la larghezza, cioè partirai la larghezza del Tempio in quattro par
ti
, & fa la lunghezza della cella d'una parte piu, che ſaranno cinque.
qui ci auanzano tre
parti
, le quali ne i Tetrasttili d'ogni aſpetto in ogni genere, & in ognimaniera ſi danno al pro­
nao
ſolo, quando non ui è postico, ouero ſi danno al pronao, & al poſtico, quando ui ſono.
Et anche i tre intercolunnij, che ſaranno tra i pilaſtri, & le colonne ſiano trachiuſi con
parapetti
di marmo, ouero di opera di legname, in modo, però che habbiano le apritu­
re
, per lequali ſi poſſa entrare nel pronao. Anche in queſta parte Vitruuio ſi laſcia
intendere
, però ueniremo alle deſcrittioni delle coſe già dette.
Non ſolamente poſſono eſſer tre gli intercolunnij tra que pilaſtri, ma anche cinque, come ne
gli
aſpetti di dieci colonne.
Queſti intercolunnij tra i pilaſtri, in tutti gli altri aſpetti ſono tre,
percioche
non ſi mette a conto il portico ſemplice, o doppio che ſia.
Tra queſti adunque ſi pone­
uano
alcuni parapetti che Vitr. chiama plutei, o di marmo, o di legno, non piu alti di quello,
che
ſarebbe il poggio, s'egli ci andaſſe.
La cella haueua le ſue porte ordinarie, & il ſuo parete
alto
, che la chiudeua d'intorno: ma lo Antitempio haueua le ſue entrate per gli intercolunnij
tra
i pilastri delle ale.
Ma ſe la larghezza della fronte ſarà maggiore di piedi quaranta, biſogna porre altre
colonne
dalla parte di dentro all'incontro di quelle, che ſaranno trapoſte tra i pilaſtri, &
ſiano
di quella altezza, che ſono le eſteriori nella fronte.
Ma le groſſezze di quelle ſiano
aſſottigliate
con queſte ragioni, che ſe quelle delle fronti ſaranno d'otto parti, queſte ſia­
no
di noue: ma ſe quelle di noue, o di dieci, queſte ſiano per la rata parte.
Grande autorità porgeua lo Antitempio, perche pareua, che con maggiore ueneratione s'en­
traſſe
nel Tempio, entrando prima in uno andito, & non uenendo coſi presto al luogo dell'ado­
ratione
.
Se adunque era lo Antitempio molto largo nella fronte, come nelle opere di otto, & di
dieci
colonne, biſognaua traporui delle altre colonne all'incontro di quelle, che erano tra i pila­
stri
, & quelle riſpondeuano alle colonne delle fronti, & erano di quella iſteſſa altezza, & ſi pone­
uano
per ſoſtenimento: ma quando lo ſpacio non era molto grande, pareua molto buono laſciare
lo
Antitempio libero ſenza colonne: & doue andauano colonne a torno, egli ſi poteua andare a
torno
ſenza entrare nello Antitempio.
La groſſezza delle colonne interiori era minore, che la
groſſezza
delle colonne poſte nella fronte.
& Vitr. ne rende la ragione, & dice.
Perche ſe nello aere rinchiuſo alcune ſaranno aſſotti gliate, non ſi potranno diſcerne­
re
, ma ſe pareranno piu ſottih, biſogna, che ſe le colonne di fuori haueranno uentiquat-
1tro canalature, le di dentro ne habbiano uentiotto, ouero trenta due, coſi quello, che ſi
leua
dal corpo del ſuſto con la aggiunta del numoro delle canalature, ſi accreſca con ra­
gione
, quanto meno ſi uederà, & coſi con diſpari ragione ſarà agguagliata la groſſezza del­
le
colonne.
& queſto adiuiene perche toccando l'occhio piu punti, & piu ſpeſsi, uiene a
uagare
con maggior circoito della uiſta.
perche ſe ſaranno due colonne di groſſezza egua
le
miſurate con un filo a torno, & di quelle una non ſia canalata, & l'altra : & quel filo
tocchi
i caui d'intorno delle canalature, & gli anguli de i piani, benche le colonne ſiano
egualmente
groſſe non ſaranno però le linee circondate eguali, percioche il circuito de i
piani
, & de i caui farà maggiore la lunghezza di quel filo.
la doue, ſe queſto parerà, come
hauemo
detto, non ſarà fuori di propoſito ne i luoghi anguſti, & nello ſpacio rinchiuſo
ordinare
nelle opere piu ſottili compartimenti delle colonne; hauendo noi in rimedio la
tempra
delle canalature.
Hauendo Vitr. dichiarito quanto alte deono eßer le colonne dello Antitempio, egli ci mostra
la
ragione delle loro groſſezze, & uuole, che quelle ſiano piu ſottili, che le eſteriori.
& la ra­
gione
è in pronto: perche ſi come di ſopra nel terzo libro egli uuole, che le colonne angulari ſiano
piu
groſſe, che quelle di mezo, perche l'aere leua della uiſta di quelle, coſi comanda in queſto
luogo
, che le colonne interiori ſiano piu ſottili delle eſteriori, percioche queſte a quelle ſi pareg­
gier
anno con ragioni, in quello, che l'aere leua dalle eſteriori.
ſolamente l'aſſottigliare le co­
lonne
di dentro un'ottauo, ouero un nono ſecondo la rata parte fa queſto effetto di pareggiarle,
& farle parere pari alle colonne di fuori, ma anche il numero delle canalature puo far parere
una
colonna pari ad un'altra, ſe bene la fuſſe di minore groſſezza, percioche quanto piu ſono le
canalature
, tanto piu groſſa pare la colonna.
perche l'occhio noſtro ha piu da ſpaciare allhora,
quando
ſono piu termini, & maggiori nella coſa ueduta, che quando ne ſono meno, & minori: &
hauendo
piu da ſpaciare la uiſta, ci appare la coſa maggiore.
però la colonna, che ha piu canala­
ture
, ha piu termini, per li quali puo uagare la uiſta noſtra.
ilche ſi uede rauolgendo un filo in­
torno
a due colonne di groſſezza eguale, ma una ſia canalata, & l'altra .
perche ſi conſume­
piu filo circondando i piani, & i caui della colonna canalata, che circondando quella, che non
hauerà
canali.
& coſi col numero delle canalature ſi puo rimediare all'apparenza delle colonne,
quando
ci pareranno piu ſottili.
Egli biſogna fare la groſſezza de i pareti della cella per la rata parte della grandezza, pu
re
, che i pilaſtri di quelli ſiano eguali alle groſſezze delle colonne.
& ſe ſaranno fatti di
ſtruttura
, ſiano impaſtati bene di minutiſsimi cementi.
ma ſe ſi hanno a fare di ſaſſo qua­
drato
, o di marmo, faccianſi con pari, & molto piccioli quadretti, percioche le pietre di
mezo
, che contengono i corſi, & rincalci di mezo hanno piu ferma la perfettione dell'o=
pera
.
& coſi d'intorno i corſi, & i letti i rilieui faranno nel uedere piu diletteuole apparen­
za
di componimento, come di pittura.
I pilaſtri, ouero ante, ſaranno ſempre delle groſſezze delle colonne, ma i pareti alquanto mi­
nori
, & ſecondo che porta la ragione dell'opera, & il riſpetto del carico.
Il muro puo eſſer di mi­
nutiſſimi
cementi, & queſto Vitru. chiama ſtruttura, ſe bene noi altre fiate hauemo detto mura­
tura
: ouero di ſaßo quadrato d'anguli pari, benche non di lati eguali, grande, & picciolo, ro­
zo
, & polito; ma ſi loda per la dilettatione, che i quadri ſiano piccioli, perche la moltitudine
delle
bugne, & delle prominenze & rilieui, piu diletto, & moſtra di pittura; dico pittura,
componimento
piu bello.
1
Di fare i Tempij ſecondo le regioni.
Cap
. V.
I Tempij de gli Dei immortali ſi deono fare in modo, che guardino uerſo quel
le
parti del cielo, che ſi conuiene, che (ſe ragione alcuna non impedirà, o li­
bero
ſarà il potere) il ſimulacro, che ſarà poſto dentro la cella guardi uerſo
ponente
, accioche, quelli, che entraranno allo altare per ſacriſicare, & con­
ſacrare
le uittime, ſi uolgano uerſo l'Oriente, & uerſo il ſimulacro poſto nel Tempio, &
coſi
uotandoſi riguardino il Tempio, & l'Oriente: & i ſimulachri come naſcenti parino
riguardare
i ſupplicanti, & quelli, che fanno ſacrificio: percioche pare, che egli ſia ne­
ceſſario
, che tutti gli altari de i Dei ſiano uolti all'Oriente.
Ma ſe la natura del luogo ci
ſarà
d'impedimento, allhora ſi deono uoltare le fabriche de i Tempij in modo, che da quel
li
ſi poſſa uedere la maggior parte della città.
& anche ſe lungo i Fiumi ſi faranno i Tem­
pij
, come nello Egitto ſopra il Nilo, pare che le fabriche debbiano guardare uerſo le riue
de
i fiumi.
ſimigliantemente ſe ſi faranno longo le uie publiche, deonſi porre in modo, che
i
paſſaggieri poſsino riguardare, & fare le loro ſalutationi, & riuerenze dinanzi il conſpet­
to
della fabrica.
Tratta del Decoro, che ſi oſſerua per iſtanza, del quale ſe ne è ragionato nel primo libro. ha­
uendo
trattato dell'ordine, del compartimento, della diſpoſitione, della uenuſtà, & della diſtribu­
tione
, che ſi richiede.
Guardino adunque le fronti de i Tempij uerſo ponente, perche gli altari,
& i ſimulacri come naſcenti Soli pareranno illuminare le menti de gli ſupplicanti.
Hora ſe quel­
li
, che ador auano i muti ſimulacri, & i Dei ſolo di nome, che haueuano lingua, & non par laua­
no
, occhi, & non uedeuano, orecchie, & non udiuano, & che erano opere fatte di mano de gli
huomini
, portati da un falſo errore, erano tanto riſpettoſi nelle loro cerimonie, & tanto diuoti;
che
douemo far noi liberati da i maligni ſpiriti, che adoramo Dio uero, & honoramo i ſanti ami­
ci
ſuoi Deiformi, non doue mo noi per l'abondanza del core, fare ogni dimoſtratione eſteriore, ac­
cioche
ognuno ſi ſuegli, o s'infiammi piu al uero, & mental culto diuino?
Delle ragioni delle porte. & delle impoſi e de i Tem­
py
.
Cap. V l.
Qveſte ſono le ragioni delle porte, & delle loro impoſte, & ornamenti, che ſi
fanno
dinanzi, a quelle.
Prima è neceſſario ſapere di che maniera ſi hanno a
fare
.
Le maniere ſono tre. Dorica, Ionica, Attica. I compartimenti di
queſte
, nella maniera Dorica ſi truouano con queſte ragioni, che la Corni=
ce
ſomma, che è ſopra l'impoſta ſuperiore, ſia ad egual liuello con la ſommità de i capi­
telli
delle colonne, che ſono nello Antitempio.
Il lume del portarle deue eſſere in mo­
do
, che diuiſa l'altezza del Tempio, che è tral pauimento, & i lacunari in tre parti, & me­
za
, due di quelle ſi diano all'altezza del lume delle porte.
Queſta altezza ſia partita in
dodici
parti, & di quelle ſe ne diano cinque & meza per la larghezza del lume da baſſo.
ma
di
ſopra ſia riſtretto in modo, che ſe il lume da baſſo è di piedi ſedici, ſia riſtretto un ter­
zo
della impoſta, o erta che ſi chiame: ſe di ſedici a uenticinque, ſia la parte del lume ri­
ſtretta
per un quarto della impoſta.
ſe da uenticinque a trenta, per la ottaua parte: ma nel
reſto
quanto è l'altezza maggiore, tanto piu dritte, & a perpendicolo pare, che ſi debbia­
no
porre le impoſte.
lequali ſi faranno groſſe nella fronte per la duodecima parte del lu-
1me, & ſiano raſtremate di ſopra per la decima quarta parte della loro groſſezza. l'altezza
del
ſopraciglio ſia quanto la groſſezza di ſopra delle erte.
La cimaſa ſi deue fare per la ſe
ſta
parte dell'erta; & lo ſporto ſuo quanto è la ſua groſſezza.
Deueſi ſcolpire la cimaſa Leſ
bia
, col ſuo tondino.
Sopra la Cimaſa, che ſarà nel ſopraciglio, ſi deue porre il ſopra­
frontale
della groſſezza del ſopraciglio, & in quello ſcolpirui la cimaſa Dorica, & il Ton­
dino
Lesbio di baſſo rilieuo.
& dopo queſto ſi faccia la cornice piana con la ſua cimaſa,
& lo ſporto ſuo ſia quanto l'altezza del ſopraciglio, che s'impone ſopra l'erte.
Ma dalla
deſtra
, & dalla ſiniſtra ſi deono fare gli ſporti, ſi che le margini uenghino in fuori, & nel­
la
cima le cimaſe ſiano congiunte.
Prima, che ſi uegni ad altro, egli mi pare neceſſario dichiarare alcuni uocaboli oſcuri, che ſo
no
poſti da Vitr. & ſono queſti.
Antepagmentum, Thyromata, Atticurges, Hypothiron, La­
cunare
, Supercilium, Cymatium Lesbium, Cymatium Doricum, Aſtragalus Lesbius, Sima,
Sculptura
, Crepidines, In ungue.
Antepagmentum adunque da noi è detto l'erta, & lo ſtan
te
delle porte, cioè quelle pietre, che ſtanno dritte da una banda, & dall'altra delle porte.
ma io
non
dubito, che non ſi dica antepagmentum quello, che ſta per trauerſo, perche Vitr. dice, che
la
cornice, che ſta ſopra l'antcpagmento di ſopra.
& io ho interpretato imposta. & ſi potrebbe
dire
, che antepagmento ſia tutta la caſſa, o il telaro (per modo di dire) della porta, & tutta la
compoſitione
delle erte, con il ſopralimitare.
Thyromata ſignifica le porte, ouero li portali.
Atticurges
è parola uſata da Vitr. & pare, che intenda il Corinthio, per quanto ſi uede nel fine
del
preſente Capo. & fa differenza tra lo Attico, & il Dorico, perche dice, che le porte ſono
di
tre maniere, Dorica, Ionica, & Attica.
Et di ſopra nel terzo libro egli ha fatto mentione
della
baſa Attica.
La quale dapoi Vitr. è sttata preſa per la Dorica; con che ragione io non lo
ſo
.
Ben dice Plinio, che ſono quattro maniere di colonne, & numera tra quelle l'Attica, che è
quadrangulare
, & ha quattro lati eguali, di modo, che queſta maniera pare ſeparata dalle altre.

Ma
puo eſſere, che la Corinthia, che non ha niente di proprio ſenon il capitello, ſi ſerua di queſta
maniera
, come ſi ſerue anche della Dorica, & della Ionica.
Quello, che è lacunar, io l'ho
eſpoſto
di ſopra.
Lacus è lo ſpatio tra l'uno traue, & l'altro, Lacunare è la trauatura, cioè gli
ſpatij
, con le traui inſieme.
Supercilium, ſopralimitare è detto da Dante, il quale dice. ſopra'l
limitar
dell'alta porta.
& è quella pietra trauerſa, che è ſopra l'erte della porta, che forſe è
quella
, che è fatta per le inſcrittioni.
Cymatium. Io ho detto nel terzo libro, che Cymatium
è
nome Greco, & uuole dire onda piccola: hoggi ſi chiama Cimaſa, altri la dicono gola.
&
quella
, che è Dorica, è chiara nelle opere Doriche.
Ma quello, che ſra la cimaſa Lesbia, non ſo
no
anchora bene riſoluto.
il Filandro uuole, che ſia una gola lauorata, (benche ne parla per
conietture
) & che non ſia differente dalla Dorica, ſenon per li lauori: ma a me pare, che non il
lauoro
, ma la forma è quella, che deue fare differente la gola o cimaſa Lesbia dalla Dorica.
&
forſe
è quella, che è tra la gola dritta, & la gola riuerſcia.
Aſtragalus Lesbius, è come uno me
zo
tondino, ouero ouoletto, ſi come pone il Filandro, lauorato di baſſo rilieuo, che Vitr. dice ſi­
ma
ſcalptura, perche uolgarmente ſi dice ſimo il naſo delle capre.
Crepidines ſono le margini, &
gli
adornamenti, che uanno intorno le porte, cioè i membrelli, che a trauerſo, & per dritto cor
reno
d'intorno le erte.
queſti deono ſu gli anguli, & nel uoltare congiugnerſi inſieme. In ungue
dice
Vitr. che altrimenti ſi dice ad unguem, con diligenza, eſattamente, & che ſcontrino bene.

H
ypothyron è lo ſpatio, & il uano chiamato lumen.
Hora eſponeremo quanto dice Vitr. & con
lo
diſegno ſi dimoſtra minutamente ogni parte.
Dice Vitr. che prima è neceſſario ſapere, di che
maniera
ſia la porta.
Et dice, che ſono tre maniere di porte. Dorica: Ionica: Attica. Truo­
ua
poi le miſure della Dorica, & dice prima quanto richiede al lume, a i ſuoi termini, & all'ulti­
mo
ſpatio della cornice, & di ſopra; & queſto fa con molta chiarezza.
Dapoi comparte lo ſpa­
tio
, che è ſopra'l lume, & la cornice di ſopra & dice; che il ſopraciglio o ſopralimitare, è della
gr
oſſezza delle erte di ſopra, & ſi piglia poi la ſeſta parte della groſſezza dell'erta, & ſi fa una
1cimaſa, il cui ſporto è tanto, quanto la ſua groſſezza: & ſi deue ſcolpirui la cimaſa Lesbia, col
ſuo
aſtragalo, o tondino.
& quiui ſi deue auuertire, che queſta cimaſa ua a torno le erte, perche
della
cimaſa del ſopraciglio Vitr. ne parla ſubito, & dicendo, che ſopra quella cimaſa, che è nel
ſopraciglio
ua lo hiperthiro, egli dimoſtra, che quiui s'intende d'un'altra cimaſa.
ſimilmente di­
cendo
, che ſopra quella cimaſa, che è nel ſopraciglio, egli dimoſtra, che nella groſſezza o altez­
za
del ſopraciglio egli s'include la cimaſa, & non è poſta ſopra il ſopraciglio.
Similmente ſopra
la
cimaſa, che è nel ſopraciglio ua lo hiperthiro, o ſopraporta, o fregio, che ſi dica.
& queſto
è
della groſſezza del ſopraciglio, & in eſſo anche s'include la cimaſa Dorica, & il tondino, o
aſtragalo
Lesbio di baſſo rilieuo.
perche questi membri non deono hauere molto ſporto. Sopra
l
'hiperthiro, o fregio ua la corona piana con la ſua gola, ch'incontre con la gola dell'abaco dei
capitelli
.
Ma quello, che dice Vitr. che ſi deono fare dalla deſtra, & dalla ſiaiſtra gli ſportiin
modo
, che le margini uenghino in fuori, & ſu'l taglio di eſſe, che Vitr. dice in ungue, ſi congiu­
gneno
inſieme, egli ſi deue intendere, che le cimaſe, che ſono nel hiperthiro ſportino in fuori, &
ſi
uniſcano inſieme le cimaſe, che uoltano non a torno, (come dice il Filandro) ma dalla deſtra,
& dalla ſiniſtra uerſo il parete da i lati, accioche quella parte dello ſporto dello hiporthiro non re
stti
dalle bande ſenza ornamento.
La corona benche ſia alta, però stta come dice Vitr. & ſe ne
troua
eſempio.
Lo eſempio è la deſcrittione della porta Dorica è qui ſotto con il ſuo profilo accio
che
s'intenda meglio.
Incontro della porta Dorica.
A. B. L'altezza del pauimento a i lacunari.
C. D. L'altezza del lume.
C. E. La larghezza di ſotto del lume.
D. F. La larghezza del lume di ſopra.
C. G. La groſſezza dell'Erta da piedi.
D. H. La groſſezza dell'erta di ſopra.
I. Il ſopraciglio.
K. La cimaſa & tondino, che ua a torno le erte, dette antepagmenta.
N. Lo hiperthiro, o fregio.
O. La cimaſa del tondino, o hiperthiro.
P. La cornice piana con la ſua gola, alta al pari della gola dell'abaco del capitello.
M. Antepagmentum. cioè l'erta.
que R. Altezza dell'erta.
S. Timpano.
T. Impagines.
V. Scapi cardinales.
X. Impagines.
Y. Cymatia, gole.
Z. Cymatia, gole.
Il profilo è poſto nelle ſeguenti carte con i profili delle altre porte.
1 53[Figure 53]
1
Ma ſe le porte ſi faranno alla Ionica, ſia il lume alto come nella maniera Dorica; ma
non
coſi la larghezza; ma ſia diuiſa l'altezza in parti due, & meza, & di quelle una, & meza ſi
darà
al lume da baſſo.
la larghezza della contrattione come nelle Doriche. La groſſezza
delle
erte per l'altezza del lume nella ſronte la quarta decima parte, la cimaſa di queſta per
la
ſeſta parte della groſſezza.
il reſtante oltra la cimaſa ſia diuiſo in dodici parti: di tre
dellequali
ſi fa la prima corſa, con lo ſuo Altragalo, o fuſaiuolo.
La ſeconda di quattro;
la
terza di cinque.
& queſte corſe con i loro aſtragali uadino intorno. ll ſopra frontale o
hiperthiro
deue eſſer compoſto al modo Dorico.
Le menſole,o cartelle dette prothiri­
des
, ſcolpite dalla deſtra, & dalla ſiniſtra pendino lontane a liuello del da baſſo del ſopra­
ciglio
oltra la foglia.
Queſti habbiano nella fronte una delle tre parti dell'erte, & ſiano dal
baſſo
la quarta parte piu ſottili che di ſopra.
Ragiona Vitru. in queſto luogo del compartimento della porta Ionica, & ſi laſcia intendere.
Corſa
è la faccia delle erte o antepagmenti.
La prima è la piu uicina al lume. Ancones ſono
certe
meſole dalle bande delle porte a ſimiglianza della lettera.
S. che con i loro capi ne i ritorti
delle
uolute s'intricano, & ſono dette Prothirides in Greco, quaſi antiportali.
altri le chiamano
cartelle
.
pendeno dal di ſotto della cornice lungo le erte a perpendicolo dal baſſo del ſopraciglio,
oltra
la foglia, come ſi uede nella figura.
ne ſi deue credere, che la porta Ionica habbia la Cor­
nice
come la Dorica a pari de i capitelli, perche Vitru.non lo dice.
ben dice il Filandro, che'l lu­
me
douerebbe eſſere una parte delle due, & meza dell'altezza, & non una & meza, come dice
Vitru
.per iſchiuare un difetto, che'l lume da baſſo ſia piu largo del uano di mezo tra le colon­
le
, ilche fa brutto uedere, & è difettoſo.
ma io trouo, che Vitr. la intende a queſto modo: & ſe
egli
ſi faceſſe il lume d'una ſola parte, ſi uederebbe la porta molto ſtretta di lume, & anche ſpro
portionata
.
& Vitr. dirà di ſotto poco dapoi, ſe le porte ſono ualuate ſe le aggiugne la larghez­
za
.
& intende delle Ioniche, & quando dice nel terzo libro, che la ſpeſſezza delle colonne oſcu­
ra
l'aſpetto delle porte, egli ragiona di quella maniera, che è di ſpeſſe colonne, nella quale ui è que
ſto
difetto.
& qui poco ſi aſconde delle porte, cioè di quell'opera di legname, che ſi chiude: & s'
pre
, & in quel luogo anche egli uſa queſta parola, Valuæ, & non ragiona delle erte, & ante, &
de
i loro ornamenti.
Le porte ſono da eſſer poſte inſieme a queſto modo, che i fuſti de i cardini ſiano lunghi
la
duodecima parte dell'altezza del lume, i Timpani & quadri delle porte, che ſono tra i
fuſti
di dodici parti ne ritenghino tre.
Le diſtributioni de gli orli, che impagines ſono
detti
, coſi ſi hanno a fare, che partite le altezze in cinque parti due ſi diano a quelli di ſo­
pra
, & tre a quelli di ſotto.
ma ſopra'l mezo ſiano poſti mezi orli, & de gli altri alcuni riguar
dino
il di ſopra, altri il di ſotto.
La larghezza dell'orlo ſia per la terza parte del quadro. la
cimaſa
per la ſeſta parte dell'orlo.
le larghezze de i fuſti, per la metà de gli orli. & coſi la
cornice
che ripiglia l'orlo, detta replum, ſarà per la metà, & per la ſeſta parte dell'orlo.
I fu­
ſti
, che ſono dinanzi la ſeconda impoſta ſiano per la me à dell'orlo.
Detto ha Vitru. della porta Dorica, & della Ionica quello, che apparteneua alle parti da i lati
di
ſopra, & di ſotto, nella fattura de pietre, & di marmi: hora tratta dell'opera, che ua di le­
gname
, o di metallo: che anche di metallo ne faceuano gli antichi.
Noi dichiareremo alcuni
uocabuli
, per fare la intelligenza piu piana.
Lanua non è altro, che il primo adito, & la pri­
ma
entrata del Tempio, detta da Iano, a cui era conſacrato ogni cominciamento.
Hoſtia in gene­
rale
ſi chiamano le porte aprendoſi, come ſi uoglia, o uerſo la parte eſteriore, o uerſo la parte di
dentro
, o rauolgendoſi, & ripiegandoſi, Greci chiamano Thyras.
La onde il uano ſi chia­
ma
hypothyron.
i lati delle porte ſi dicono Antæ, o paraſtadæ, & dalle Ante gli adornamen­
ti
delle porte ſono detti antepagmenta, noi chiamamo le ante, erte, ſtanti, pilaſtri, & piane.

Fanno
differenza alcuni tra queſti nomi Ianua, & porta, perche uogliono, che porta ſia pro­
priamente
quella della città, & delle fortezze, ma Ianua d'altri edificij.
confondeno poi i nomi,
1& banno per lo iſteſſo Ianua, & hoſtium. Poſticum, è detto da Greci pſeudodethiron, quaſi fal­
ſa
porta, & è la porta di dietro, come Anticum, quella dinanzi.
Fores ſono le porte di legna­
me
, o di metallo, quelle che apreno, & ſerrano; gli ornamenti delle quali ſi fanno in queſto modo.

i
fuſti che entrano ne i cancani detti da Vitru. Scapi Cardinales, prendeno le loro miſure dal­
l
'altezza del lume, perche prima ſi diuide l'altezza del lume in dodici parti, poi facemo i detti
fuſti
lunghi per la duodecima parte: come ſe il lume fuſſe alto dodici piedi, egliſi darebbe un pie­
de
alli fuſti, cioe mezo a quello di ſopra, & mezo a quello di ſctto.
Queſti fuſti con i capi, o teſte
loro
entrano come maſcoli nelle femine, ne i cardini loro, cioè cancani, uno de quali è nel limi­
tar
di ſopra, l'altro, nel limitar di ſotto, doue nella figura ſono le lettere que & R. Vſauanſi
anticamente
queſti modi per tenere le porte ſoſpeſe, accioche i fuſti ſi riuolgeſſero in quelli can­
cani
con gran de facilità all' aprire, & ſerrare: poco carico a gli edificij, & piu sbrigata ma­
niera
era l'antica di quella, che hoggi uſamo.
Tutto il legno piano della porta, che era trai
fuſti
, ſi compartiua in quadri, che latinamente Timpani ſono detti.
questi erano circondati da
certe
liſte, regole, & gole, come cornici, delle quali Vitru. ci rende conto, dicendo, che i qua­
dri
deono hauere tre parti di dodici dell' altezza del uano.
come il quadro. S. & le regole deo­
no
eſſere compartite in queſto modo, che diuiſa l'altezza del lume in cinque parti, due ſe ne dia­
no
a gli orli, & impagini di ſopra, come è da T. ad V. tre alle impagini di ſotto come da T.
ad
X. ma ſoprail mezo, cioè tra i quadri, o Timpani, nella diuiſione d'un quadro, & l'altro
ſiano
poſte meze regole, & nelle altre parti reſtanti ſiano affiße alcune regole o liſte di ſopra,
alcune
di ſotto.
la larghezza dell' impagine ſia per la terza parte del quadro, come è da Υ. a
Z
, la gola o cimaſa per la ſeſta parte dell' impagine.
& la cornice, ouero l'ornamento della liſta,
ſia
di ſei parti & meza della liſta, ċioè della metà & d'un ſeſto.
Qui è molto da conſiderare
quello
, che dice Vitru. perche molti s'hanno affaticato, & poi hanno detto a modo loro.
io non
affermo
d'hauer trouato la uerita, però niego d'eſſer lontano dalla ragione.
però dico, che chi
uuole
formare una porta al modo di Vitru, (per quanto io ſtimo) biſogna conſiderare, che alcu­
ne
porte erano piu adorne, alcune meno, però le meno adorne, & piu ſchiette ſi dauano alla
maniera
Dorica.
Le piu adorne alle altre maniere. Per gli adornamenti delle porte ſono laſciati
alcuni
ſpacij piani, & quelli circondati ſono d'alcuni rilieui attaccati, o affiſſi a detti piani,
& intagliati di gole, liſtelli, & cornicette, & altri adornamenti.
Oltra di queſto i comparti­
menti
diuerſi di detti piani, & di dette liste, & il fare le porte intiere, o di piu pezzi apporta
minor
, o maggior grandezza, & ornamento: però conſiderando, quanto ſi conuiene alla manie­
ra
Dorica, io direi, che la prima compoſitione delle porte poſta da Vitru. conuiene alla manie­
ra
Dorica, & le altre compoſitioni alle altre maniere.
ilche con ragione potemo giudicare, per­
che
la prima compoſitione è piu ſoda, l'altre ſono piu ornate.
Dapoi perche ſi uede, che'l primo
compartimento
conuiene mirabilmente alla Dorica, & gli altri alle altre maniere.
Ecco detto
ha
Vitruuio di ſopra, che la porta Dorica è larga al baſſo per cinque parti & meza delle dodi­
ci
dell' altezza del lume, tutto questo uano, o lume nel chiuder la porta deue eſſere occupato
dal
legno, o dal metallo, che ua nella porta d'uno pezzo: perche la larghezza della porta lo
ſopporta
.
Queſto legno, che empie il uano è adornato ſemplicemente, & ha due quadri uno di
ſopra
, & l'altro di ſotto, che ſi chiamano (come ho detto) timpani.
queſti ſono circondati da
liſte
, & regole, & orli, & nella diſtributione de gli orli, che impagini egli chiama, egli uſa il
compartimento
ſopra detto, & poſto nella figura della porta Dorica: ma la doue egli dice.
{i fuſti, che ſono dinanzi alla ſeconda impoſta,} egli ſi deue intendere a queſto modo, che il
ſecondo
pagmento, o impoſta ſia un telaro dalla parte di dentro della porta, che uadi a torno, a
torno
, & iſcontri con gli ſpacij, che ſono tra i timpani.
Replum è come un fregio, o piano tra una
cimaſa
, & l'altra, come dimoſtra la figura.
Ma ſe le porte ſaranno in ſe ripiegate, & ualuate, come dicono, le loro altezze ſaranno
come
le ſopra dette, ma nella larghezza ſi aggiugnerà di piu tanto, quanto è la larghezza
1della porta di due fori: ma ſe ſaranno di quattro fori, ſe le aggiugnerà anche l'altem.
Queſte ſono le porte Ioniche, cioè quelle porte, che ſi apreno in piu pezzi, peroche ſe in due
parti
s'apreno amphifores ſe chiamano, ſe in quattro quadrifores.
& perche la porta Ionica, è piu
larga
, che la Dorica, ſe bene è tanto alta, quanto la Dorica, però dice Vitruuio, che nella lar­
ghezza
ſi aggiugnerà di piu tanto quanto è la largezza di due pezzi: & perche le porte Atti­
che
erano di quattro pezzi, & conſeguentemente piu larghe, ſe le aggiugnerà anche l'altezza,
le
impagini, & le altre coſe ſeruando la proportione ſi faranno allo iſteſſo modo, cioè come le
Doriche
.
Le porte fatte al modo Attico ſi faranno con quelle ragioni, che ſi fan no
le
Doriche.
Oltra di queſto le corſe, o faſcie ſotto le golette, uanno a torno le erte, le
quali
ſi deono compartire in queſto modo, che nelle erte, & antepagmenti oltra la ci­
maſa
di ſette parti ne habbian due. Ecco qui la miſura delle porte, cioè di quelle parti, che
ſtanno
ferme, & ſono nel parete, & è la terza maniera di porte.
ſeguitano gli ornamenti & dice.
Et gli ornamenti di quelle porte non ſi fanno a geloſie, di due pezzi, ma ualuate &
hanno
le apriture nelle parti eſteriori.
Io ho l'autorità di due teſti, che dicono non ceroſtata, ma clatrata. clatra è lauoro fatte a
geloſia
, & ſi trouano porte fatte a queſto modo, che ſi può per quelle uedere nella parte inte­
riore
, ſono come ferrate: ma non mi piace queſta lettione, perche ſe Vitr. diceſſe che le porte
Attiche
non ſi fanno a geloſie, parerebbe, che le altre porte ſi faceſſero a geloſie, ma non ſi
uede
per li ſuoi compartimenti, che ſi faceſſero a geloſie.
& ſe il teſto dice, non cerostrata,
ſimilmente
egli non ha detto, che le altre porte ſi fanno lauorate di Tarſia, che coſi intenderei
quella
parola ceroſtrata, intarſiati di corno di uarij colori, come hyalostrato il Muſaico di ue­
tri
, lithoſtroton, il Muſaico di pietruzze, Xiloſtroton, la tarſia di legni.
ma forſe ſarebbe man
co
male intendere, che le altre porte già dette haueſſero i loro ornamenti lauorati di Tarſia, che
dimoſtraſſero
i Timpani, le regole, e le cimaſe, & gli al tri ornamenti, ma io laſcio libero
ognuno
in queſto paſſo.
Io ho eſpoſto, quanto ho potuto, come, & con quali ragioni ſi hanno a fare i Tempij,
nelle
maniere Doriche, Ioniche, & Corinthie: & come da legitime uſanze ſono ſtate ca­
uate
.
Hora dirò delle diſpoſitioni Toſcane, come ſi deueno ordinare.
Raccoglie quanto s'è detto fin hora. & qui ſotto noi poneremo le figure delle due altre manie­
re
di porte, & i profili de gli ornamenti di tutte tre le maniere, con i loro rincontri di lettere:
accioche
s'intenda meglio, quello che hauemo conoſciuto della intentione di Vitr.
54[Figure 54]
155[Figure 55]
156[Figure 56]57[Figure 57]58[Figure 58]
159[Figure 59]
1 60[Figure 60]
Delle ragioni Toſcane de i ſacri Tempi.
Cap. VII.
IL luogo, nel quale ſi deue fabricare il Tempio, quando hauerà ſei parti di
lunghezza
, leuandone una, ſi dia il reſtante alla larghezza: Ma la lunghezza ſia
partita
in due parti, & la parte di dentro ſia diſegnata per gli ſpatij delle cel­
le
: ma la uicina alla fronte ſia laſciata per porui ordinatamente le colonne.
Si
milmente
diuiderai la larghezza in parti dieci.
di queſte ne darai tre allo ſpatio delle celle
minori
, che ſono dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, ouero le laſcierai doue deono eſſer le ali.
le
altre
quattro ſi diano al mezo del tempio.
Lo ſpatio dinanzi le celle nello antitempio coſi
ſia
diſegnato per le colonne, che quelle delle cantonate ſiano a dirimpetto de i pilaſtri
nelle
ultime parti de i pareti.
Ma le due di mezo, che ſono incontra a i pareti, che ſono
tra
i pilaſtri, & il mezo del Tempio, ſiano coſi diſtribuite, che tra i pilaſtri, & le prime co
lonne
per mezo all' iſteſſa fila ne ſiano diſpoſte delle altre, & ſiano da piedi per la ſettima
parte
dell' altezza loro; ma l'altezza per la terza parte della larghezza del Tempio.
& ſia la
colonna
riſtretta di ſopra, per un quarto della groſſezza da piedi.
Le ſpire ſiano alte per
la
metà della groſſezza, & habbiano l'orlo fatto a ſeſta alto per la metà della loro groſſez­
za
.
Ilbaſtone con l'apophigie, o cimbia groſſo quanto l'orlo. l'altezza del capitello per
la
metà della groſſezza, la larghezza dello Abaco quanto è la groſſezza da piedi della colon
na
. partiſcaſi poi la groſſezza del capitello in tre parti.
Vna ſi dia all' orlo, che è in luo­
go
dello Abaco, l'altra all' ouolo, la terza al collarino, con il ſuo tondino, & cimbia.
ſo
pra
le colonne ſi deono imponere le traui congiunte, & concatenate al pari, che riſeruino
quelli
moduli nelle loro altezze, che ſaranno richieſte dalla grandezza dell' opera.
Et que
ſte
traui, che ſi hanno a legar inſieme ſiano di tanta groſſezza, quanto è il collarino della
colonna
di ſopra.
& ſiano collegate in modo con chiaui, & trauerſi incaſtrati, che quel­
la
incaſtratura tegni di ſpacio due dita larghe le traui.
Imperoche toccandoſi, & non ri­
ceuendo
ſpiracolo di uento, ſi riſcaldano inſieme, & preſto ſi guaſtano: Ma ſopra le traui
& ſopra i pareti ſia il trapaſſo de i mutuli, che ſportino in fuori per uno quarto della groſ
ſezza
della colonna, & nelle fronti loro dinanzi ſiano affiſsi gli ornamenti, che antepag­
menti
ſi dicono.
& ſopra quelli il Timpano del frontiſpicio che ſia di ſtruttura, o di le­
gno
: Ma ſopra quello frontiſpicio ſi deue ponere il colmello, o i canterij, o coſtali, & i
tempiali
in modo, che il grondale riſponda alla terzera del tetto perfetto.
Vitrunio eſpedito dalle fabriche, & maniere de' Greci, hora ſi uolge alle opere Toſcane. & qui
douemo
ridurci a memoria le coſe gia dette.
Prima, che l'opera Dorica, è piu atta a ſoſtenere
i
peſi appreſſo la Toſcana.
Sopra la Dorica, nel ſecondo ordine ſta la Ionica, & nel terzo la
Corinthia
, come piu ornata, & dilicata, ad imitatione de gli alberi fatti dalla natura nel piedi
1rozi, & groſſi, nello aſcender piu ſottili, nella ſommit à piu adorni. però ſi uede in molti edificii,
che
ſono alti, & eleuati, che l'ordine da baſſo è Dorico, il di mezo Ionico, & il di ſopra Corin
thio
.
Oltra di queſto non ci douemo marauigliar, ſe Vitr. tr attando di tutte le ragioni delle ma
niere
del fabricare, ha trattato anche delle Toſcane: percioche l', Architettura come hoſpite heb
be
li ſuoi primi alberghi in Etruria, cioè in Toſcana, come anche ſi legge de gli antichi Re di quel
la
eſſer stati molti monumenti, & molte fabriche generoſe.
Hora Var. dice, che la lunghezza
del
Tempio deue eſſere partita in ſei parti, & cinque di quelle ſi deono dare alla larghezza in mo
do
, che la detta proportione della larghezza all a lungezza del tempio ſarà, ſeſquiquinta.
Oltra
di
queſto uuole, che tutta la lunghezza ſia partita per met à, & una ſi debbia dare per inchiude
re
le celle, & l'altra laſciare allo antitempio.
Fatto queſto uuole, che ſi partiſca la larghezza
del
Tempio in dieci parti, delle quali ſe ne habbia a laſciare tre dalla deſtra, & tre dalla ſiniſtra
per
compartimento delle picciole celle, le quali o ſe ſaranno nella teſta, o pure da i lati, come Vitr.
acoenna
, o rinchiuſe con parapetti, o aperte, ſecondo l'uſo de'ſacriſicij, laſciaranno quattro par­
ti
libere al mezo del tempio.
La onde tale proportione dal mezo a ciaſeuna delle bande ſarà pro­
portione
ſeſquiterza, & in queſto modo ſi ha la diſtributione della parte di dentro.
hora quanto
appartiene
al colonnato dinanzi, ſaperai, che per mezo gli anguli de ipareti del Tempio, ſopra
i
quali ſtanno le ante, o pilaſtri, a dirimpetto ſi deono ponere le colonne, le quali ſono termini del
la
lunghezza del Tempio.
& perche da una cantonata all' altra è molta diſtanza, per eſſere lo
aſpetto
areoſtilo, cioè di liberi intercolunnij; però uuole Vitr. che tra le colonne angulari, ne
ſiano
altre due in modo, che la fronte ſarà di quattro colonne, & di tre ſpatij.
Et perche trail
pilaſtro
, & la colonna angulare ui è molto ſpatio, & coſi tra il parete, & le colonne di mezo;
però
comanda Vitr. che ſi faccia un'altro ordine di colonne nel mezo, & che quelle ſiano diſpo­
ſte
allo incontro delle prime ſotto il portico dello antitempio.
La lunghezza, o altezza di queſte
colonne
interiori ſarà maggiore dell' altezza di quelle della fronte quanto puo ricercare l'altezza
dello
architraue dauanti: Et pare, che per queſto Vitr. uoglia, che queste colonne ſiano alte ſet
te
teſte, & che l'altezza ſi pigli dalla larghezza del Tempio, la quale ſia diuiſa in tre parli, & d'
na
ſi faccia?
l altezza delle colonne, & queſta altezza partita in ſette parti ne darà una alla groſ
ſezza
delle colonne da piedi: & queſta groſſezza poi diuiſa in quattro parti, dimoftrerà quanto
eſſer
debbia raſtremata la colonna di ſopra.
A me pare, che manchi alcuna coſa nel teſto di
Vitr
. anzi dico, che non ſe gli diſidera piu che una lettera.
inmodo, che la doue dice. Qui in­
ter
antas, & mediam ædem fuerint, diceſſe.
quæ inter antas. & coſi ſi puntarebbe la lettione.
Spatium
, quod erit ante cellas in pronao, ita columnis deſignetur, ut angulares contra antas pa
rie
tum catremo rum è regione collocentur.
Et qui un punto. & poi leggaſi. Quæ inter antas, &
61[Figure 61]
mediam ædem fuerint ita diſtribuantur. Vitr.
dimoſtra
come ſi hanno a diſponere le colon
ne
angulari, & le di mezo nella fronte, &
le
di ſotto, o di dentro del pronao.
ilche coſi
eſſendo
, cileua il dubbio del Filandro, &
del
Serlio cerca l'altezza delle colonne.
Si
mile
intendimento anche di ſopra s'è uedu­
to
.
però non è da marauigliarſi, che le co­
lonne
Toſcane ſiano di ſette teſte, per la det
ta
occaſione.
Ma le miſure delle ſpire, &
de
i capitelli, & del reſtante, ſono state di
chiarite
da noi nel terzo libro.
Reſtaci a
dichiarire
quello, che intende Vitr. quan­
do
egli dice. { Ma ſopra le traui, & ſopra
i
pareti ſia lo trapaſſo de i mutuli, che ſpor
162[Figure 62]
163[Figure 63]
ti in fuori per la quarta parte dell' altezza della colonna } cioè biſogna, che le teſte delle
traui
trapaſſino oltra il parete per un quarto dell' altezza della colonna.
ilche fa un largo piouere
& è ſimile a quello, che egli dir à del cauedio Toſcano, nel ſeſto libro: & è conforme a quello,
1che egli ha detto nel terzo libro, che queſte maniere areoſtili, & Toſcone ſono humili, baſſe,
& larghe.
le teſte di queſti trauicelli deono eſſer coperte con i ſuoi adornamenti affiſſi, che Vitr.
chiama
, antepagmenti: o pure egli intende gli adornamenti de gli frontiſpici de i Tempij: & que
sto
è migliore intendimento: & però dice.
Et nelle fronti di que Tempij dinanzi ſiano af­
fiſsi
gli antepagmenti, & ſopra quelli il Timpano del Frontiſpicio, che ſia di ſtruttura, o
di
legno, cioè o di muro, o di legname, & ſopra quello frontiſpicio, il colmo, o col­
mello
, i cantieri, & i tempiali in modo che'l grondale riſponda alla terzera del coper­
to
finito.
Per terzera, che tertiarium è detta, intende Vitr. tutta quella legatura, o incatenatura,
che
partendoſi dal colmo ſi allarga in forma triangolare, & è contenuta dalle chiaui, & trauer­
ſi
, & rende la forma compita, & intiera del coperto.
Et qui ſopra 193. ne è la figura. & anche
ſono
molte inchiauature di traui.
& poi la pianta, & lo in più della maniera Toſcana.
64[Figure 64]
Egli ſifa anche de i Tempij ritondi, de i quali altri ſono d'una ala ſola ſenza Cella, co
lonnati
, altri ſono detti peripteri.
Quelli, che ſi fanno ſenza Cella, hanno il Tribuna=
le
, & l'aſceſa per la terza parte del ſuo diametro.
ſopra i piediſtali uanno le colonne tan
to
alte, quanto è il diametro da gli eſtremi pareti de i piediſtali, ma ſiano groſſe la de
cima
parte dell' altezza loro con i capitelli, & le ſpire.
lo architraue alto per la metà del
la
groſſezza della colonna.
il fregio, & l'altre parti, che ui uanno ſopra, ſiano come ha­
uemo
nel terzo libro delle miſure, & compartimenti.
1
Ragiona Vitr. in queſto luogo de i Tempij ritondi, & ne fu di due maniere, & dice che altri ſo
no
d'un'ala ſola, & gli chiama monopteros.
altri ſono alati a torno, & gli chiama peripte­
ros
: & ci laſcia conietturare come fuſſe la prima maniera d'un'ala ſola, & ſenza cella.
&
pare
, che contradistingua il monopteros, dal peripteros.
Io dirò per quella pratica, che ho di
Vitr
. che con la breuità non laſcia dormire, chi la legge, dirò dico come io la intendo.
Faccio
adunque
un giro quanto uoglio, che ſia il Tempio, ritrouo il ſuo diametro a b. & quello par­
tiſco
in tre parti, a 1. 2. 3. & allargo la ſeſta quanto e una di quelle parti, & poſto il piede nel
centro
, faccio un giro dentro del primo, i cui termini ſono c. c. & tutto lo ſpatio che è da c. ad a. lo
laſcio
a i gradi, & alla ſalita ſul piano del Tempio, che Vitruuio chiama Tribunale, ſe non m'in­
ganno
.
partiſco poi la circonferenza del minor giro in dodici parti per porui dodici colonne per
li
dodici ſegni del Zodiaco, perche io credo, che quel Tempio ſenza parete ſignificaua alcune co-
65[Figure 65]
ſe del cielo, gli effetti delle quali ſono nello ſcoperto. drizzo i piediftali a torno, per ciaſeuna co­
lonna
, & partiſco tutto lo ſpatio, che è tra'l diametro del minor giro in dieci parti, & d'una di quel
le
faccio la groſſezza della colonna da piedi, & la colonna alta dieci teſte, mettendoui i capitelli,
& le ſpire, lo architraue è alto per la metà della groſſezza della colonna.
il resto alla miſura
detta
nel terzo libro.
a queſto modo mi pare, che ſia bella proportione, & ſi ſalua tutto quello,
che
ha detto Vitr. & la pianta, di queſto Tempio è qui ſopra.
& lo in piè ſi potrà accommodare
con
la ſeguente maniera, della quale dice Vitr.
1 66[Figure 66]
1
Ma ſe il Tempio hauerà le ale a torno, ſiano fatti due gradi, & i piediſtali da baſſo,
dapoi
ſia poſto il parete della cella retirato dal piedeſtale cerca la quinta parte della lar­
ghezza
, & nel mezo delle porte ſia laſciato il luogo alli aditi.
& la cella habbia tanto dia=
metro
oltra i pareti, & il circuito, quanto è l'altezza della colonna ſopra il piedeſtale.
le
colonne
d'intorno la cella ſi diſporranno con le iſteſſe proportioni, & compartimenti.

nel
mezo poi egli ſi hauerà la ragione del coperto in queſto modo, che quanto ſarà il
diametro
di tutta l'opera, la metà ſia l'altezza del Tholo, oltra il fiore, ma il ſiore habbia
tanta
grandezza quanta hauerà il capitello in cima della colonna, oltra la piramide.
Il re­
ſto
ſi farà con le iſteſſe proportioni, & compartimenti come di ſopra s'è ſcritto.
L'altra maniera de i Tempij è detta peripteros, ha le ale di colonne a torno: ha i pareti, &
circuito
della cella: ha la tribuna, & quello, che ua ſopra la Tribuna.
& le ſue ragioni ſono
prima
che a torno a torno ci ſono due gradi, & ſopra ci ſono i piediſtali particolari, ſopra i qua­
li
ſono le colonne.
& la ragione coſi richiede, prima perche ci ſono due gradi ſoli, che non fanno
tanta
altezza, quanta faceuano i gradi, & il tribunale della maniera precedente, dapoi per­
che
d'intorno ui ua il colonnato coperto, & alle colonne col piedeſtale ſi grandezza.
Fatta
adunque
la diſpoſitione di due gradi, & l'ordine de i piediſtali tanto larghi l'uno dall' altro, che
gli
ſpacij delle colonne ſiano conuenienti, ſi piglia la quinta parte del diametro, & retirandoſi
in
entro ſecondo quella miſura ſi diſegna il circuito della cella.
laquale da una parte ſi laſcia aper­
ta
per dare luogo all' entrata.
La cella ueramente deue eſſer tanto per diametro, quanto è l'al­
tezza
di tutta la colonna, ſopra'l piedeſtale, laſciandoui fuori del circuito della cella, la groſſez­
za
del parete, che la circonda.
Le colonne delle ale ſiano formate alla miſura ſopradetta, cioè
groſſe
la decima parte della loro altezza.
Biſogna auuertire al tetto, perche poi che hauere­
mo
posto ſopra le colonne l'architraue, il Fregio, & la Cornice, douemo fare, che la lanterna
detta
Tholo da Vitr. che è ſopra la cuba, o Tribuna, ſia alta per la metà del diametro di tutta l'
pera
.
imperoche pigliando il diametro di tutto il giro del primo grado, & partendolo in due par
ti
eguali, per una di quelle alzeremo la Tribuna ſopra l'architraue, freg o, & Cornice, & con
quella
ragione uoltandola ui laſciaremo il luogo da fare il fiore.
Queſto fiore (ſtimo io) che
fuſſe
a modo di ro ſa riuerſcia, & che abbracciaſſe la ſommità nel mezo della Tribuna di dentro
uia
, alquale ſi apprendeuano le coſe che per uoto ſi portauano ne i Tempij, & fuſſe alto quanto il
capitello
, & terminaſſe in piramide come ſi uede in alcune medaglie di Nerone, che ſopra'l Tem
pio
ritondo u'è una Piramide.
& chi uuole ſapere i termini di quella piramide formi un triangolo
di
lati eguali (come dimoſtra la figura di ſopra.
la cui baſa ſia la larghezza della Tribuna di
dentro
la groſſezza del muro, & cominci la Lanterna dal di ſopra della Tribuna per la groſſez­
za
di eſſa.
Egli ſi fa anche di altre maniere di Tempij ordinati da gli iſteſsi compartimenti, ma in
altro
modo diſpoſte.
Come è il Tempio di Caſtore nel Circo Flaminio, & tra i due boſ­
chi
ſacri il Tempio del gran Gioue. & piu argutamente nel boſco di Diana aggiuntoui
dalla
deſtra, & dalla ſiniſtra alle ſpalle dello antitempio le colonne.
In queſta maniera pri­
ma
fu fatto il Tempio, come è quello di Caſtore, nel Circo: di Minerua in Athene nella
rocca
: & di Pallade nell' Attica Sunio.
Di quelle non ci ſono altre proportioni, ma le
iſteſſe
.
Le lunghezze della cella ſono doppie alla larghezza. & come le altre parti eguali,
che
ſogliono eſſere nelle fronti ſono a i lati traportate.
Sono alcuni, che togliendo le
diſpoſitioni
delle colonne dalle maniere Toſcane, trasferiſcono quelle ne gli ordini del­
le
opere Corinthie, & Ioniche, perche doue uengono in fuori le ante dello antitempio,
iui
all' incontro della cella de i pareti ponendoui due colonne fanno communi le ragioni
delle
opere Toſcane, & delle Greche.
Altri anche rimouendo i pareti del Tempio, &
applicando
a gli intercolunnij dell' ala, fanno con lo ſpacio del parete Ieuato uia ampia Ia
larghezza
della cella, & ſeruando le altre coſe con le medeſime proportioni, & compar-
167[Figure 67]
timenti
, pare che habbiano creato un'altra maniera di figura, & di nome d'un falſo a la­
to
.
Ma quelle maniere ſecondo l'uſo de i ſacrificij ſi uanno mutando, perche non a tut­
ti
i Dei con le iſteſſe ragioni ſi fanno i Tempij, perche altri con altra uarietà di culto
hanno
gli effetti ſuoi.
Eſpedite le forme de i Tempij ritondi, accioche niente ci reſti. Vitr. ci propone anche altre ma­
niere
di Tempij compoſte, & meſcolate delle maniere Greche, & Toſcane; per leuare la ſoper­
ſtitione
d'alcuni, che uanno ſempre ad uno iſteſſo modo.
Altri aggiugneuano alle ſpalle dello
Antitempio
tre colonne per parte.
altri anche ne i lati del Tempio ſeguiuano con lo iſteſſo or dine
di
colonne.
Altri apriuano la cella, & la riduceuano a maggior larghezza facendo i par eti
appreſſo
le colonne, & ſecondo il propoſito, & la commodità de i ſacriſicij, che (come ho de
to
) erano diuerſi, accommodauano le diſpoſitioni de i Tempij.
ilche da intendere anche a noi,
che
all' uſo del noſtro culto di religione accommodiamo le diſpoſitioni delle Chieſe, doue & ſi ſa il
1aero ſacrificio, & ſi predica, & ſi celebrano i ſacri officij, cantando le diuine laudi & ſi ſeruano le
ſacroſante
reliquie de i ſoldati del noſtro Signore.
Io ho eſpoſto tutte le ragioni delle ſacre caſe de i Dei come mi ſono ſtate laſciate. Ho
diſtinto
con i ſuoi compartimenti gli ordini, & le miſure, & mi ſono forzato di deſcriuere
quanto
ho potuto, quelle che ſono di figure diſpari, & con che differenze tra ſe ſono ſepa
rati
.
Hora dirò de gli altari de i Dei immortali, accioche attamente ſiano ordinati alla
diſpoſitione
de i ſacriſicij.
Dell'ordinare gli Altari de i Dei. Cap. VIII.
Gli altari riguardino all' Oriente, & ſiano ſempre poſti piu baſsi de i ſimulachri
che
ſaranno nel Tempio, accioche i ſupplicanti, & ſacerdoti guardando in ſu
ammirandoſi
della diuinità, con diſeguali altezze al decoro di ciaſcuno de i
ſuoi
Dei ſi componghino.
Le altezze de gli altari coſi deono eſſere eſplicate,
che
a Gioue, & a tutti i Dei celeſti altiſsimi ſiano fabricati; Alla Dea Veſta, al Mare, &
alla
Terra ſi facciano baſsi: & coſi le forme de gli altari nel mezo de i Tempij conue­
nienti
ſi diſporrano.
Poi che in queſto libro hauemo trattato delle fabriche de i ſacri
luoghi
, nel ſeguente ſi dirà da noi chiaramente delle diſtributioni de i luoghi communi.
La ſomma di queſto ultimo capo è come s'habbiano a drizzare gli altari, per ſeruare il deco­
ro
conueniente alla forza, & al potere di ciaſcuna Deità.
Dio uoleſſe che i noſtri haueſſero tanto
riſpetto
al uero ſacrificio, & tanta riuerenza alli ſanti, quanta haueuano gli ingannati gentili al­
la
falſa loro ſoperſtitione.
Conuengono tutti in queſto, che deono riguardare all' Oriente, come
s
'è detto di ſopra.
Vuole Alberto che gli antichi faceſſero l'altare, alto ſei piedi, largo dodici,
ſopra
'l quale fuſſe posto il ſimulacro.
Vitru. non ci preſcriue altezza, meno credo io, che'l ſi­
mulacro
steſſe ſopra lo altare.
perche Vitr. non haurebbe detto, che gli altari ſempre ſi ano po­
ſti
piu baſſi de i ſimulacri.
& di ſopra nel quinto capo di queſto libro, ha detto. Il ſi nulacro,
che
ſarà nella cella riguardi incontra ſera.
& non ha detto il ſi nulacro, che ſarà ſopra l'altare.
ſimilmente ha propoſto di dire de gli altari de i Dei immortali, accioche attamente ſiano ordi­
nati
alla diſpoſitione de i ſacrificij.
Era adunque il ſi nulacro in altro luogo, & piu eminente, che
l
'altare.
I ſanti decreti de' noſtri Pontifici, non uogliono, che gli altari nelle chieſe ſi facciano
d
'altro, che di pietra, & ſopra quelli ui uogliono una pietra conſecrata.
Noi ſopra gli altari
ſtendemo
belliſſime touaglie, & dinanzi ui ponemo ornatiſſi ni panni, ci mancano i candellieri,
& le lampade dinanzi al ſacratiſſimo corpo del noſtro Signore, a cui per ogni chieſa deue eſſere
conſacrato
un'altare, & quello riposto in uno tabernacolo d'eccellente lauoro.
Vſamo anche
di
porre ſopra gli altari le reliquie de i ſanti, in ornati depoſiti, con grande ueneratione.
oltra di
queſto
ſogliono i noſtri hauere un luogo ſeparato doue ſeruano le ueſte ſacerdotali, i ſacri libri,
& le altre coſe neceſſarie a i ſacrificij, & al diuino culto, & doue ſi apparano i ſacerdoti.

Queſti
luoghi io gli farei doue gli antichi faceuano il poſtico.
Hanno anche il Choro doue canta­
no
le diuine lodi con ſedi conuenienti, & pareti ſeparati dal reſto della chieſa.
Hanno le torr i
doue
appendeno le campane non uſate da altri, che da Chriſtiani, per chiamare il populo alla
chieſa
alle hore debite.
Queſte torri deono eſſere proportionate alla grandezza della chieſa.
Vanno
eguali, quadre, o di molti anguli, fin al luogo doue ſi legano le campane.
iui ſi fanno d'in­
torno
i cornicioni, & gli apreno con colonnati, accioche il ſuono poſſa uſcire, & eſſere ſentito da
lungi
.
A quelle ſi ſale o con ſcale dritte, o con lumache, ouero con altre ſalite piu commode ſe­
condo
la inuentione & ſottilità dello Architetto.
ſopra i Cornicioni, & le apriture ui ua la Pira­
mide
, ouero la cuba.
La Piramide è di altezza in proportione ſeſquialtera alla ſua baſa, oue­
ro
è di lati eguali.
La cuba, cuppola, & lanterna ſi fa con le ragioni dell' opera. In queſte torri
1anche ſono gli horologi da contrapeſi, non conoſciuti da gli antichi. queſti dimoſtrano di ſuor
con
uno raggio uoltato dalle ruote di dentro, l'hore naturali, i ſegni & gradi, ne i quali ſine ua
il
Sole, i giorni, & gli aſpetti della Luna, la quantità de i giorni, & delle notti, & altre coſe
ſecondo
il giudicio, & la uoglia dell Architetto.
Drieto la chieſa ouero appreſſo in qualche la­
to
u'è il cemitero, che ſignifica dormitorio, perche in quello ſi ſepeliſceno i morti, che al tempo
della
reſurrettione s'hanno a ſuegliare, & per le ſacre lettere, chiama il morire dormire.
in que
luoghi
adunque ſi ripoſano l'oſſa, & le cenere de fideli, pero è luogo ſacro, doue & naturale, &
ordinata
pietà dimoſtra la madre noſtra, che è la ſanta chieſa nel ſepelirei morti.
Ma Dio uo­
glia
, che a' nostri tempi non ſi facciano ſimili officij piu presto a pompa de i uiui, che a conſola­
tione
de i morti.
Non è coſa lodata, che le ſepulture stiano nelle chieſe, pure egli ſi uſa a gran­
dezza
nelle capelle a queſto con pregio appropriate.
& in luogo piu eminente de i ſacri altari ſi
pongono
i ſepulchri, & s'appongono le memorie, i titoli, gli Epigrammi, i Trofei, & le inſegne de
gli
antipaſſati, doue le uere effigie di ſiniſſimi marmi ſi uedeno, & i glorioſi geſti in littere di
metallo
ſi leggono: Coſe da eſſer poſte piu preſto nel foro, & nella piazza, che nella chieſa, per­
che
non ni è quel decoro, che è per stanza deſcritto nel primo libro, ſe ben ui è quello della con­
ſuetudine
: ma non lodata conſuetudine è quella.
Ricordiamoci adunque di ſeruare il Decoro in
ogni
coſa, & ſpecialmente nell' honor di Dio, & de iſanti amici ſuoi, & de i ſerui ſacroſanti de­
ſtinati
al culto di quelli, & rinchiuſine i monaſterij, a i quali è conueniente coſa che ſi proueda
di
commode habit ationi, di ſpacieſi chioſtri, & di bei giardini, & ſpecialmente i luoghi delle ſa­
cre
uergini ſiano ſicuri, alt, & rimoti dalli ſtrepiti, & dalla ueduta delle genti.
& per queſto fare
lo
Architetto conſidererà il fine d'ogni fabrica, & coſi prouederà al biſogno.
Et qui ſia fine al
quarto
libro, & alla materia pertinente alla Religione.
Il Fine del quarto libro.
1
IL QVINTO LIBRODELL'AR CHITETTVRA DI
M
. VITRVVIO.
ESPEDITA la parte, che era ded cata alla religione, ſeguita quella, che ſi
da
al commodo, & opportunit à de cittadini.
in queſta ſi dimoſtra la diſpoſitio
ne
del Foro, delle Baſiliche, dello Erario, della Curia, delle prigioni, del Thea
tro
, & delle coſe pertinenti al Theatro, come ſono le ſcene, i portichi, la gra
duatione
, de i bagni, delle paleſtre, & de i luoghi da eſſercitarſi, & finalmen
te
de i porti.
Le quali tutte coſe appartengono all' uſo della piu parte, ſi poſ­
ſono
chiamare uer amente priuate, anche publiche: ma communi, perche le publiche io inten
derei
eſſer le mura, & le difeſe, che egualmente a tutti ſi riferiſceno: le communi, quelle, che
all
' uſo, & piacere di molti ſi deſſero.
Et le priuate, quelle che ad una ſorte ſola di perſone ſi fa­
bricaſſero
.
Prepone Vitr. a queſto traltamento uno proemio degno di conſideratione. percio­
che
ſi riſponde in quello a molte dimande, che ſi ſogliono fare da molti, che ogni giorno uanno ra­
gionando
di Vitr. (per uſare una parola modeſta, & non dire cicalando) hanno letto,
conſiderato
bene quello, che ſi tr oua in queſto autore.
Noi uedemo chiar amente che Vitr. non
ſolamente
ha conſiderato, & eſſaminato bene le coſe, delle quali egli doueua dare molti ammae­
ſtraimenti
, ma anchora ſi ha proposto nell' animo di eſplicare, & porgere la dottrina ſua con bel­
la
maniera, & uia ragioneuole, & con modo al trattamento d'un' arte conueniente.
chi non ha
ueduto
l'ordine merauiglioſo de i ſuoi precetti?
chi non ammira la ſcielta delle belle coſe? quale di
uiſione
, o parte ci manca, che al luogo ſuo non ſia ottimamente collocata?
chi leuerà, o aggiu­
gnerà
, che bene ſtia alcun ſuo documento?
Et ſe egli non ha parlato come Democrito, Ariſtoxeno,
Hippocrate
, o come altro perfetto nella loro profeßione: Egli certamente ha parlato da Architet­
to
, & ha uſato quelle uoci, che erano ammeſſe, & accettate a i tempi ſuoi, & quella forma di dire,
che
ſi richiede da chi uuole inſegnare: Et perche queſta non è mia imaginatione, ho caro, che ſi
legga
il proemio del preſente libro, di che ne feci auuertito il lettore, nel mio primo diſcorſo.
La
doue
leg gendo noi Vitr. in queſta parte, trouaremo, quanto ho detto, eſſere ueramente stato fat
to
da Vitr. con deliberato, & ragioneuol conſiglio: il quale dimoſtra quanto differente ſia lo ſcri
uere
le hiſtorie, ouero i poemi, dal trattamento d'un' arte: & proua la difficultà dello inſegna­
re
, & non ci laſcia anche diſiderare il modo di ſcriuere i precetti dell' arte; & però dice.
Proemio.
QVELLI, i quali con grandi uolumi hanno e ſpoſto i penſieri del loro ingegno,
& i precetti delle coſe, hanno certamente aggiunto grandiſsima, & mirabile
riputatione
a i loro ſcritti.
Il che uoleſſe Iddio o Imperatore, che anche ne i
noſtri
ſtudij queſto ſi comportaſſe; accioche con tale ampiezza di dire anche
nei
noſtri precetti l'autorità prendeſſe augumento.
ma queſto non è, come altri penſa,
iſpedito
, percioche egli non ſi ſcriue dell' Architettura, come ſi ſcriueno le hiſtorie, oue­
roi
Poem.
Il ſenſo di queſte parole è, che il potere a ſuo agio ſcriuere, & ampiamente eſplicare quello, che
ſi
uolge nello animo, ſenza eſſere obligato a breuità di dire, ſuole dare autorità, & credito a gli
ſcrittori
, percioche a grado ſuo ciaſcuno ampiamente ſcriuendo puo ampliare, adornare, & ac­
conciare
gli ſcritti ſuoi in modo, che poſſino piacere, & dilettare, & ſpecialmente, quando le co-
1ſe ſono tali, che tengono i lettori ſempre diſideroſi di ſapere piu oltra. ma ſimile ampiezza, &
libertà
non è coſi facile in ogni trattamento.
perche ſe coſi fuſſe, io non dubitarei di non potere
a
miei ſcritti dare con auantaggio autorità, & riputatione: però non potendo far queſto, io reſto
con
gran diſiderio di farlo.
& perche non lo poſſa fare, dice. {Percioche egli non ſi ſcriue come
le
hiſtorie, ouero i poemi dell' Architettura.} I poemi ſono penſamenti del noſtro ingegno, &
le
historie eſſempio delle attioni, però con detti poemi, & hiſtorie egli riſponde a quello, che egli
ha
detto di ſopra, penſieri dello ingegno, & precetti delle coſe.
Dapoi ſeguitando dimoſtra la
differenza
, che è tra lo ſcriuere l'hiſtorie, & i poemi, & il trattare dell' Architettura.
Le hiſtorie da ſe tengonoi lettori, perche hanno uarie eſpettationi di coſe nuoue. & le
miſure
, & i piedi de i uerſi de i poemi, & la ſcielta diſpoſitione delle parole, & delle ſen­
tenze
tra le perſone, & la diſtinta pronuntiatione de i uerſi con luſinghe conduceno i ſen­
timenti
di chi legge, ſenza offeſa in fino all' ultimo de gli ſcritti.
ma queſto non ſi puo fa
re
nello ſcriuere dell' Architettura.
La historia diletta, perche apporta ſempre coſe nuoue, delle quali ne è l'animo noſtro ſempre
deſideroſo
.
dilettando la uarietà, neceſſario è, che il lettore ſi ſtia ſempre bramoſo: però per ſatiſ
fare
al ſuo diſiderio legge continuamente, & con diſpiacere ſi ferma, ſi ſa dipartire, braman
do
di uedere il fine delle attioni.
& molto piu dilettano i poemi, perche hanno la nouità delle
coſe
, perche allettano le orecchie con la dolcezza, & ſoauità de i numeri, & delle parole,
doue
l'huomo tratto da doppio piacere ſi laſcia condurre, anzitirare fin' all' ultimo de gli ſcritti.

Et
qui ſi deue auuertire come Vitr. ragionando de i poemi in breui, & efficaci parole ha eſplicato
quello
, che è proprio del poema, & delle parole legate con dolcezza, & delle ſentenze dette con
decoro
, & della pronunciatione fatta con gratia.
Ma nel tratt amento d'un'arte, perche le pa­
role
naſceno da neceſſità, & le coſe ſono oſcure, non ſi puo adeſcare l'animo di chi legge, eſſen­
do
dalla stranezza delle parole, & dalla difficultà delle coſe confuſo; ilche maggiormente nel­
l
'Architettura ſi conoſce, il cui trattamento di ſua natura è piu difficile de gli altri.
& però ben
dice
Vitr. che queſto non ſi puo fare nello ſcriuere della Architettura: cioè con uarie eſpettatio
ni
di coſe nuoue, & co dolcezza di parole tirare gli animi fin'al fine.
Et ne rende la cauſa dicendo.
Perche i uocaboli nati dalla propria neceſsità dell'arte coninuſitato parlare oſcurano
la
intelligenza.
non eſſendo adunque quelli da ſe manifeſti, & non eſſendo anche eſpoſti,
& chiari i nomi di quelli nella pratica, & nella conſuetudine, & uagando molto le ſcrittu
ne
de i precetti, ſe non ſi riſtringeno, & con poche, & aperte ſentenze non ſi dichiarano
onendo ui impedimento la moltitudine, & la frequenza del parlare, rendeno dubbioſe le
menti
de i lettori:
Ogni arte uſa i proprij uocaboli, i quali naſceno dalla neceſſità delle coſe. però biſogna prima
ſſapere
partitamente come ſi chiamano le coſe, & come dicono i filoſofi.
Il quid nominis. Que­
sa
proprietà de'uocaboli rende oſcuro il ſentimento di chi legge.
Euui anche un' altra difficul­
ta
, che naſce nel modo del dire; perche non è lecito nello inſegnare un' Arte, ampliarſi, & uſa­
re
circuiti di parlare, perche non ſi finirebbe mai, & tirandoſila coſa in lungo non ſi ſeruirebbe
all
'a memoria, alla quale ſi conuiene con la breuità, & con l'ordine porgere aiuto.
Biſogna adun
que
inſegnando eſſer breue.
la doue ottimamente dice V tr. in queſto luogo {che le ſcritture de
iprecetti
} Cioè il dare precetti, & ammaeſtramenti ſcriuendo {ſe non ſi riſtringeno} cioè ſe
non
ſi danno con breuità, & con poche, & aperte ſentenze, {non ſi dichiarano.} Ecco la chia
rezza
{ponendui impedimento la frequenza} cioè la inculcatione, doue s'oſeura lo intelletto,
{& la moltitudine} cioè la lunghezza & ampiezza doue ſi offende la memoria, rendeno dubbio
ſe
le cogitationi di chi legge.
& per cogitatione pare, che Vitr. intenda le uirtu piu interiori del­
l
'anima, che ſono la memoria, & lo intelletto.
Eſſendo adunque ueriſſimo quanto s'è detto, con
elude
dicendo.
Et però pronunciando io gli occulti nomi, & compartimenti delle membra delle ope-
1re, breuemente mi eſpediro, accioche ſiano mandati a memoria, perche coſi piu ageuol­
mente
le menti le potranno riceuere. Cioè intendere, & capire perche il noſtro intendere
non
è altro, che uno certo riceuimento.
Per le dette ragioni adunque Vitr. uuole eſſer breue,
quanto
però puo portare il trattamento di coſa difficile.
Oltra, che ne adduce un'altra ragio­
ne
dicendo.
Similmente hauendo io auuertito la città eſſere occupata in publiche, & priuate facen
de
, ho giudicato, che ſi debbia ſcriuere con breuità, accioche nella ſtrettezza dell'ocio,
quelli
, che leggeranno poſsino breuemente capire.
Vuol dire Vitr. Quello, che ne gli ſcritti miei non puo fare il numero, & la bellezza de i uer­
ſi
, la commodit à di allargarſi, & la nouit à de i ſucceſſi delle coſe, farà la breuità, & la chia­
rezza
dello inſegnare, che anche inuita a leggere gli occupati, & trauagliati in diuerſe facende.

Hor
che utilità ci porti la breuità nello inſegnare ſi dimoſtrada una conſuetudine di Pithagora fi­
loſofo
eccellentiſſimo, il quale diſideroſo, che i precetti ſuoi reſtaſſero nelle menti di chi gli aſcol­
taſſe
non ſolamente era breue in dare un precetto: ma anche tutta la ſomma de i ſuoi precettirin­
chiudeua
in un certo, & determinato numero, il quale miſterioſamente (diceua egli) a coſa ſtabi­
le
, & immobile aßimigliandoſi poteua nella mente con ſomma ſtabilità, & fermezza ripoſ arſi.

Et
però dice Vitr
Coſi anche piacque a Pithagora, & a ſuoi ſeguaci ne i uolumi loro ſcriuere i precetti,
che
dauano, con ragioni cubiche, & fecero il cubo di ducento, & ſedici uerſi, & quelli
giudicarono
non douer eſſere piu di tre in uno trattamento.
ll cubo è corpo riquadrato di
ſei
lati, d'egual larghezza di piano, queſti poſcia che è tratto, ſe non è tocco, tiene in quel
la
parte, che egli ſi poſa, una immobile ſtabilità come ſono i dadi, che ſi tranno da i gio­
catori
nel tauolieri.
I precetti de i Pithagorici erano breui, & raccolti in uerſetti, come queſti. Non percuoter
il
fuoco col coltello.
Laua il piè manco prima, & calcia il deſtro. Senza mangiarla trapian­
ta
la malua.
Nella tua caſa non laſciar le Rondini. core, ceruello mangierai. Non ori­
nar
, parlar contra'l ſole.
Lo ſpecchio alla lucerna non guardare. Fuggi la uia regale, ſegui
il
ſentiero.
Sputa nel unghie tue, ne i tuoi capelli. Et ſimilmente formauano molti altri precetti
detti
con ſomma breuità, a i quali dauano altro intendimento di quello, che ſonauano le parole:
& uolendo trattare d'una coſa ſola, ſtando fermi in una materia, raccoglieuano quelli uerſetti
in
una certa, & determinata ſomma preſa dal numero cubo.
Si come cubo ſi chiama, & è quel
corpo
, che è di ſei lati, & di ſei quadrati, & faccie eguali come un dado, coſi cubo ſi chiama
quel
numero, che di ſei numeri piani contento per ogni uerſo tiene eguali dimenſioni.
Naſceno i
cubi
dopo la unità diſponendo i numeri diſpari, che naturalmente diſpoſti ſono, ponendo prima i
due
diſpari, da poi i tre ſeguenti, da poi i quattro, che uengono, & coſi di mano in mano.
Ec­
co
lo eſſempio.
Laſcia l'unità, & piglia i due primi diſpari che ſono 3. & 5. queſti raccolti
fanno
8. che è il primo cubo. piglia i tre ſeguenti diſpari 7. 9. 11. & ſommagli, queſti fanno 27.
che è il ſecondo cubo. & coſi ua ſeguit ando ne i quattro ſeguenti diſpari 13. 15. 17. 19. che po­
ſti
inſieme fanno 64. che è il terzo cubo. Quando adunque ſia, che moſſo il punto ſi faccia la li­
nea
; & moſſa la linea ſi generi la ſoperficie; & moſſa la ſoperficie ſi faccia il corpo, non è
lontano
dalla ſimiglianza, ſe pigliando la unità, & continuandola produrremo un numero linea­
re
.
il qual numero continuato per lo ſuo uerſo faccia il numero ſoperficiale, il quale moſſo anch'
gli
faccia il ſodo, come ſe uno ſi aggiugneſſe all' unità, il numero nato, che è due, dimostreria per
una
certa ſimiglianza, la lunghezza, che è propria della linea: & moſſo il due, come linea, ſi
aggiugne
alla lunghezza, anche la larghezza, & ſi fa quattro, che è numero ſuperficiale, che
riſponde
al quadrato.
quessti moltiplicato per due, che è uno de ſuoi lati, come ſe egli ſi moueſſe,
ne
genera il ſodo, a ſimiglianza delle figure cubo nominato.
Et però non uale a dire ſe ſono ſei
faccie
, biſogna, che ci ſiano ſei unità.
Dice adunque Vitruuio, che i Pithagorici con ragioni
1cubiche de i uerſi dauano i precetti loro, & che poncuano non piu di tre cubi in uno trattamento
però
formauano uno cubo grande di ducento & ſedici uerſi in queſto modo.
moltiplicauane il tre
in
ſe & faceuano il ſuo quadrato, che è noue.
queſto noue moltiplicato per tre, che è lato del qua­
drato
, farà mentiſette, che è il ſodo, & cubo di quel quadrato: ſimilmente l'altro cubo ſi fa d'un
numero
lineare, di quattro unità continuate.
le quali moltiplicate in ſe, come egli ſi moueſſe la li­
nea
, farà una ſoperſicie quadrata di ſedici.
& moltiplicata quella ſoperſicie per lo ſuo lato, the
era
quattro, farà la ſomma di ſeſſanta quattro: riſpondente ad un ſodo cubico, che giunte al
primo
cubo, che era uentiſette farà la ſomma di nouantauno.
Coſi il terzo cubo nato dal nume­
ro
lineare di cinque unità, & ſoperſiciali di uenticinque, è cento & uenticinque, che aggiunto
al
nouanta uno, rende la ſomma di ducento & ſedici.
A queſto numero adunque aggiogneuano
i
precetti Pithagorici, i quali hauendo ſimile quantità di uerſi, cioè: eſſendo con la ragione del cu
bo
raccolti, penſauano, che doueſſero hauere quella fermezza nelle menti, che ſuole bauere il da
do
, quando è gettato ſopra il tauolieri.
Ma è mer auiglia, perche cagione i Pithagorici non pi­
gliaſſero
il primo cubo, che è otto, & poi il ſecondo, che è uentiſette, & poi il terzo, che è ſeſ­
ſantaquattro
: & non raccoglieſſero alla ſomma di nouantanoue queſti tre cubi piu preſto, che co­
minciar
dal noue: Ma forſe diuideuano i trattamenti loro in cubi, & ſe il ſentimento de i loro pre­
cetti
d'una materia non era compreſo dal primo cubo, aggiugneuano al ſecondo, & ſe questo
non
era baſteuole, aggiugneuano al terzo, il quale era capace d'ogni ſomma.
& perche il pri­
mo
cubo, che è otto, era poco per comprendere uno propoſito, però ſtimo io, che andauano al
ſecondo
cubo, che è uentiſette, cauſato dal tre, che è numero priuilegiato da pithagorici.
& co­
ſi
partitamente aggiugneuano i cubi ſe'l biſogno lo richiedeua, & non ſi melteuano in neceßità
di
ſerrare tutti i lero trattamenti, in ducento è ſedici uerſi.
ma alcuni erano compreſi nel uenti­
ſette
, altri nel ſeſſantaquattro, & altri nel ducento, & ſedici: uoleuano paſſare piu oltra, ſli­
mando
, che troppo lungo ſaria ſtato uno trattato di quattrocento, & trentadue uerſi, che ſouo
del
cubo nato dal ſei, & aggiunto alla ſomma predetta.
A queſto modo io eſponerei la mente
di
Pithagora fin che ſi trouaſſe di meglio.
Et i Greci compoſitori di Comedie interponendo dal choro le canzoni diuiſero lo ſpa
tio
delle fauole in modo, che facendo le parti con ragioni cubiche, con gli intermedij al­
leggieriuano
il recitare de gli Attori.
Io non ho trouato anchora come i Greci faceſſero le parti, che io Atti chiamerei, con ragio­
ni
cubiche, non ſi ritrouando le fauole, che ſiano hoggi compartite a quel modo.
Ma egli
biſognaua
, o che gli Atti fuſſero otto, ouero otto ſcene.
per Atto, ouero il numero de i uerſi
d
'una ſcena, o d'un' Atto fuſſe cubico.
Ma pare che Vitr. intenda gli intermedij delle fauole fat
te
di numero cubo per ripoſo de i recitanti.
ſe forſe non uogliamo dire, che gli intermedij fuſſero
per
ripoſo de gli attori, come il dado, o il cubo tratto ripoſa: & non ſi baueſſe a comparare al nu
mero
cubo, ma allo effetto del corpo cubo, che gettato ſi ferma, ſe altri non lo moue.
& a me
pare
buona eſpoſitione queſta, non mi ricor dando d'hauere letto alcuno precetto de poeti, che co
mandi
il numero cubo o de gli atti, o delle ſcene, o del numero de i uerſi.
Eſſendo adunque tali coſe con natural miſura da i noſtri maggiori oſſeruate, & ueden­
do
io di douere ſcriuere coſe inuſitate, & oſcure a molti, io ho giudicato con breui uolu­
mi
iſpedirmi, accioche piu facilmente peruenghino a i ſenſi de i lettori; perche a queſto
modo
s'intenderanno ageuolmente, & io le ho ordinate in modo, che le non ſaranno da
eſſere
ſeparatamente raccolte da chi le cercheranno: ma ſaranno tutto un corpo, & in cia­
ſcun
uolume con i proprij generi ſaranno eſplicate.
Adunque o Ceſare nel terzo, & nel
quarto
libro io ho eſpoſto le ragioni de i Tempij, in queſto io eſpedirò le diſpoſitioni de i
luoghi
publici: & primaio dirò come s'habbia a ponere il Foro, perche nel Foro ſi go­
uerna
& regge da i magiſtrati, quanto ragioneuolmente appartiene al publico, & al
priuato
.
1
Del Foro. Cap. I.
I greci fanno il Foro in luogo quadrato, con ampijſsimi, & doppi portichi,
& con ſpeſſe colonne, & con architraui di pietra, o di marmo gli adornano,
& di ſopra ne i palchi o taſſelli fanno i luoghi da paſſeggiare.
Ma nelle cit­
d'Italia non ſi deue fare il Foro con la iſteſſa ragione, peroche da i mag­
giori
ci è ſtata laſciata la uſanza di dare nel Foro i doni a i gladiatori: & però d'intorno a
gli
ſpettacoli biſogna diſtribuire piu ſpatioſi, & larghi interualli tra le colonne.
& d'in­
torno
ne i portichi deueno eſſere le botteghe de gli orefici, & ne'tauolati di ſopra ſi faran
no
i poggiuoli.
le quali coſe, & all'uſo, & alle publiche entrate ſaranno drittamente
diſpoſte
.
Egli è neceſſario, bello, & commodo nella città, che oltra le ſtrade, & le uie ci ſiano delle
piazze
, & de i campi; (come ſi dice a Vinetia) percioche oltra l'ornamento, che ſi uede ritrouan
doſi
a capo d'una ſtrada un luogo bello, & ampio, dal quale ſi ueda lo aſpetto d'una bella fabrica
di
Tempio, egli ſi ha queſto commodo, che iui ſiraunano le genti a paſſeggiare, ſi uendeno le co­
ſe
neceſſarie, et utili a biſogni della plebe, & ſi luogo a molti ſpettacoli.
Et ſi come torna bene,
che
ci ſiano molte piazze ſparſe per la città: coſi molto piu è neceſſario, & ha del grande, &
dell
'honoreuole, che cene ſia una principalißima, & che ueramente publica ſi poſſa chiamare,
& doue ſiano i luoghi doue ſi trattano le cauſe ciuili, & i tribunali de' giudici, & le corti, i ſena
ti
, doue ſi conſultano le coſe di ſtato, oltra gli ſpettacoli, che ſi fanno o per diletto, o per diuo­
tione
.
Tratta adunque Vitr. della diſpoſitione del Foro principale. Ma per iſpedirmi di quelle
piazze
, che ſono ſparſe per la città, dico, che gli antichi le chiamarono Triuij: & benche Tri­
uio
, & Quadriuio ſiano luoghi, doue fanno capo tre o quattro uie: nondimeno chiamarono Tri­
uij
anche quelli luoghi aperti, & ſpatioſi, doue ſi raunauano molte perſone d'una contrata: do­
ue
ſi puo dire, che Triuio ſia una picciola piazza.
la quale chi ornare uoleſſe, prendendo la for­
ma
dalla principale, ſi farebbeno due coſe, prima i portichi d'intorno, ſemplici al meno, ſe non
duplicati
: dapoi s'entrerebbe in quelle, per archi poſti a capo delle uie; perche il portico di ſua na
tura
ha del grande: Et uedere poi in teſta d'una bella ſtrada uno arco Trionfale ſarebbe coſa &
diletteuole
, & honoreuole.
come per uiuo eſſempio ci poteua dimoſtrare la città di Roma. per­
che
la fronte d'un'arco a capo una ſtrada, fa parere quella piu bella, & lo entrare nella piazza
per
un'arco, fa parere la piazza maggiore.
Tre uolte fanno un'arco per l'ordinario, & per
quello
di mezo paſſaua il Trionfante, & il ſoldato, & per gli altri paſſauano quelli, che incon­
trauano
, ouero accompagnauano con allegrezza il Trionfo.
Le miſure de gli archi dipendeno
dal
ſapere dello Architetto.
ouero ſi potranno cauare da gli archi antichi, & dal ſeſto ca­
po
dell'ottauo libro di Alberto.
& molti eſſempi ſi poſſono hauere da gli archi, che ſono in Ro­
ma
, dirimpetto alla chieſa di ſanta Maria alle radici del campidoglio.
E l'arco di Settimio
Seuero
tra i belli, che ſiano ſtati fatti, doue ſono ſtate ſcolpite le uittorie alate con i Trofei,
& i ſimulacri delle battaglie terreſtri, & nauali, con i glorioſi titoli delle impreſe.

Et
ſe bene pare, che prima ci fuſſero de gli archi, come egli ſi uede fra la uia lata, &
la
minerua un'arco ſchietto detto Camillo, non dimeno quello, & altri archi ſi
ſtima
, che non fuſſero per Trionfi, ma per ponerui qualche ſtatua.
ma io leggo
ne
i ſacri libri, che Saul dopo una uittoria, ſi drizzò un'arco, per lo quale egli paßò.
Dinanzi
allo
arco di Settimio era una colonna, dallaquale come da capo cominciano tutte le uie d'Ita­
lia
, chiamauaſi l'aureo miliario.
Euui l'arco di Conſtantino con i ſuoi ornamenti men guasti, &
è
nella punta del palatino, che riguarda il Coliſeo. & dinanzi a queſto ſi uede un' antica meta di
mattoni
, chiamata da gli antichi meta ſudante, perche mandaua fuori grandiſſima copia d'acque
1per eſtinguere la ſete di quelli, che entrauano nello anſitheatro di Tito, che era uicino. L'arco De­
mitiano
è ſu la ſtrada Flamminia nel capo della ualle Martia, uerſo il campidoglio.
queſto arco
hoggi
, è detto di Tripoli.
Fu drizzato a Domitiano, & iui è la ſua uatural forma conforme a
quella
, che ſi uede nelle medaglie.
Ma quell' arco, che boggi ſi chiama l'arco di S. Vito, che è ri­
tornaudo
ſu la uia Tiburtina, ſi dice che fu l'arco di Galieno Imperatore.
ilquale ſi crede che gli
fuſſe
drizzato piu preſto per qualche illuſtre beneficio, che per Trionſo.
Ma di tutti gli archi
per
eterna memoria della uendetta, che fece Iddio per mezo di Tilo contra i Giudei, è lo arco di
Tito
, piu ornato di titoli, & di ſpoglie, che ſia.
nel cui frontiſpicio ſi legge. Sen. pop. Rom. di­
uo
Tito diui Veſpaſiani F.
Veſpaſiano Auguſto. Dall'una parte è ſcolpito il carro del Trionfan­
te
.
ouero l'arca del patto con le dodici faſci conſulari auanti. Dall' altra faccia ſi ſcorge la
pompa
del Trionfo con le ſpoglie.
Eraui il candelabro con ſette rami. Eranui le due Tauole di
marmo
nelle quali era ſcritto la legge di Moiſe.
Eranui i uaſi del Tempio, la menſa d'oro, & al­
tre
ſpoglie.
Ma hora io laſcierò queſta digreſſione de gli archi, che non è ſtata fuori di propoſi­
to
, perche da queſta narratione ſi da lume a quelli, che uoleſſero hoggi drizzare gli archi a i
Principi
, Re, & Imperatori.
Hora ritornando al Foro dico, che il Foro principale, ſecondo
Vitru
. fatto da Greci era di forma quadrata.
D'intorno eranui i porticali ampliſſimi, & doppij,
le
colonne ſpeſſe, & gli architraui di pietre, o di marmo, & ſopra i colonnati faceuano luoghi da
caminare
.
Ma i Romani, & gli Italiani, perche nel Foro ſi dauano i doni a i gladiatori, non ri­
guardauano
il Foro, ma lo faceuano piu lungo, che largo.
in modo che partita la lunghezza in
tre
parti, due ne dauano alla larghezza, doue cadeua proportione ſeſquialtera.
Erano gli ſpa­
cij
tra le colonne piu larghi, & d'intorno i portichi, erano diſpoſti i luoghi de banchieri, & di
quelli
, che cambiauano l'argento, ſe non uolemo dire le botteghe de gli orefici, & di ſopra iſpor­
tauano
i poggiuoli, accioche da quelli commodamente ſi poteſſero uedere gli ſpettacoli.
& coſi
riguardando
al fine, & all' uſo diſponeuano il Foro.
accioche ſe le genti fuſſero molte la piazza
non
fuſſe stretta, ſe poche non pareſſe uota Dice adunque Vitru. {i Greci fanno il Foro in luogo
quadrato
con larghiſſimi, & doppi porticali} doppij, cioe di dentro, & di fuori il Foro. che ri­
guardino
, & al Foro, & alla parte di dietro, ouer doppi di dentro ſolamente con due ordini di
colonne
.
& è meglio, perche Vitr. uſa anche nel terzo libro, questa parola, Duplices, in questa
ſignificatione
. {Et di ſpeſſe colonne.} Io ſtimo, che Vitr. intenda in queſto luogo il Picnoſtilos,
come
intendeua nel ter zo libro lo ſpacio di ſpeſſe colonne d'uno diametro & mezo.
& che queſto
ſia
il uero, lo dimoſtrano le parole di ſotto, quando dice, che nelle città d'Italia non ſi fa il Foro al
modo
Greco.
perche ad altro uſo il Foro era in Italia, ad altro quello de Greci. però dandoſi in
Italia
nel Foro i doni a i gliadiatori, & douendo il populo ſtare a uedere, era neceſſario dare
d
'intorno a gli ſpettacoli grandi intercolunnij.
Ecco, che egli oppone queſte parole a quelle, che
ha
detto di ſopra. {con ſpeſſe colonne.} Dice anche, {meniana, che noi eſponemo poggiuoli. Si
legge
, che Menio uendè la ſua caſa a Catone, che era ſopra la piazza, & ſi riſeruò una ſola co­
lonna
, ſopra laquale ui fece un tauolato, o ſolaro per poterui ſtar ſopra a uedere i giochi, & le
feſte
, & uolle, che i poſteri poteſſero godere queſto priuilegio.
& di qui è nato, che i poggiuoli, o
pergolate
coperte, che ſportano in fuori ſi chiamauano, meniana; da quella colonna di Menio.

Queſte
meniane erano commode all'uſo, perche iui ſi ſtaua a uedcre i giuochi, & iui ſi ſeruaua­
no
le coſe, che ſi uendeuano, & comprauano, come ſono i punti in Anuerſa, le uolte in real­
to
in Vinetia.
Le grandezze del Foro ſi deono fare ſecondo la moltitudine de gli huomini, accioche
non
ſia lo ſpacio poco al commodo, & uſo, ouero per lo poco numero delle perſone il
Foro
non paia dishabitato.
la larghezza ſia determinata in modo, che partita la lunghez­
za
in tre parti, due di quelle ſe le diano; & coſi la forma ſua ſarà piu lunga che larga.
Piace a Leon Battiſta, che la lunghezza ſia di due quadri, & ui aggiugne anche una bella con­
ſider
atione, che è queſta.
cioè che gli edificij, che ſaranno a torno la piazza, ſiano in modo pro-
1portionate, che non facciano parere la piazza ſtretta, eſſendo molto alti, o non la facciano pa­
rere
troppo ampia, eſſendo molto baſſi, & depreſsi.
però egli uuole, che gli edificij ſiano alti la
terza
parte della larghezza del Foro.
Egli ſi deue conſiderare quello, che ba detto Vitru. & la
difpoſitione
ſarà utile a gli ſpettacoli, perohe cagione la forma piu lunga, che larga ſia piu com­
moda
, che la quadrata perfetta, attento che la forma ritouda ſia piu capace, & piu commoda,
d
'ogn'altra figura, & poi la quadrata.
ſe noi guardemo alla capacità, non ba dubbio, che la qua­
drata
non ſia piu capace.
ſe al commodo de gladiatori, certo hanno piu commodit à nella piu lun­
ga
, come che per le gioſtre, & per lo corſo de caualli ſia piu commoda la lunghezza.
ſe conſide­
ramo
la ragione della proſpettiua, è piu al propoſito la quadrata, perche tutte le parti d'intorno
banno
piu uicinanza al centro, et gli fpettatori uedeno piu egualmente il tutto.
però io laſcio que­
sta
conſideratione a chi legge.
E però neceſſario fare il Foro ſecondo la molt itudine delle genti,
accioche
non ſi conuenga fare quello, che fece Auguſto.
il quale fece fare un Foro appreſſo due,
che
ui erano per la moltitudine de gli huomini, & de i litiganti, & lo fece picciolo, per non dar
noia
a i patroni delle caſe uicine.
Queſto Foro era la doue ſono hora gli horti dietro a Morforio,
& alla chieſa di ſanta Martina.
& fu fatto con molta fretta. ſi ordinò, che quiui ſi trattaſſero i
giudicij
publici, ſi aſſortiſſero i giudici, & anche ſi raunaſſe il ſenato per conſultare delle guer­
re
, & de i Trionfi.
& che quiui i uincitori capitani poneſſero le ſpoglie de i loro trionfi. hebbe
queſto
Foro due bellißimi portichi, & fu adornato di coſe rariſſime.
ma che non ruina il Tempo?
che
non diſtrugge la guerra?
che non muta la gente? Queſto, & altri Fori, come che molti ſia­
no
ſtati belliſſimi, o ſono caduti da ſe, o gettati a terra da nimici, o tr amutati in altre fabriche.
Faceuano i portichi molto ricchi, & grandi, & con piu ordini di colonne, l'uſo de i quali era
per
fuggire le pioggie, & paſſeggiare, & fuggire ogni noia della grauezza dello aere, & del So=
le
.
chiamauanſi dalla loro grandezza miliarij, o ſtadiarij. & dalla lor maniera Dorici, Corin­
thij
, Ionici, Toſcani, o Sotterranei, & altri erano conſecrati a i Dei. erano in ſomma ornamenti
delle
piazze merauiglioſi.
B Curia.
C Piazza dinanzi alle carcere.
D Piazza inanzi alla Cecca.G Baſilica.
A Le ale del Pallazzo, nel mezo è il Foro, & d'intorne le botteghe.
168[Figure 68]
169[Figure 69]
170[Figure 70]
1 71[Figure 71]
1
Le colonne di ſopra fiano per la quarta parte meno delle colonne di ſotto. perche le
coſe
inferiori riſpetto al peſo, che portano, deono eſſere piu ferme, che le di ſopra.
&
anche
perche biſogna imitare la natura delle naſcenti coſe, come è ne gli Alberi ritondi,
come
è lo Abete, il Cipreſſo, il Pino, delli quali non ne è alcuno, che non ſia piu groſſo
dalle
radici, ma poi creſcendo con naturale reſtrignimento di ſopra a poco a poco per­
uiene
alla ſommità: ſe adunque la natura delle naſcenti coſe coſi richiede, drittamente ſi
ordina
, che le parti di ſopra ſiano, in larghezza, & groſſezza piu riſtrette delle inferiori.
Bello auuertimento è queſto di Vitr. nel preſente luogo. uuole egli che ſe uorremo ſoprale co­
lonne
del portico porre altre colonne, & leuare la fabrica con piu ordini di taſſelli, o ſolari, che
ſi
auuertiſca di fare le colonne di ſopra piu ſottili la quarta parte delle colonne di ſotto.
& piglia
lo
eſſempio da gli alberi, che da piedi ſono piu großi, & uanno egualmente aſſottigliandoſi fin
alla
cima.
Ben douemo auuertire, che'l primo ordine era Dorico, il ſecondo Ionico, & il ter­
zo
Corinthio, & che non ſeguita, che ſe le colonne di ſotto ſono la quarta parte piu groſſe delle
colonne
di ſopra, che anche ſiano in altezza maggiori la quarta parte, perche ſe la colonna Do­
rica
di ſotto, è di piedi quattro di diametro eſſendo Dorica, ſarà alta piedi uentiotto.
la di ſopra,
che
ſarà Ionica, ſe bene ſarà un quarto meno groſſa della Dorica, cioè tre piedi, non ſarà però un
quarto
minore, d'altezza della colonna di ſotto, perche ſarà di otto Diametri & mezo, che ſono
piedi
uentiquattro, & mezo.
& ſe bene anche fuſſero tutti gli ordini d'uno iſteßo genere; biſogne­
ria
, che la colonna di ſotto non fuſſe piu groſſa dal piedi, di quello, che è la colonna di ſotto nel­
la
cima, doue ſi fa la contrattura, accioche la colonna di ſopra ſi poſaſſe ſul uiuo.
ben uiene anche
l
'altezza della colonna minore, ma non la quarta parte.
però biſogna auuertire a quello che dice
Vitr
.
Io ponerò quiſotto la pianta del Foro latino, laſciando al giudicio, & piacere d'altri il con­
ſider
are, & dißegnare il Foro de' Greci.
Le Baſiliche ſiano congiunte al Foro nelle parti piu calde, che ſia poſsibile, acciochei
negociatori
il uerno ſenza moleſtia di cattiui tempi a quelle poſsino transferirſi.
& le lar­
ghezze
di quelle non ſiano minori, che per la terza parte, maggiori, che per la metà
della
lunghezza, ſe la natura del luogo non impedirà, ouero non isforzerà a mutar miſura
di
compartimento.
Ma ſe'l luogo ſarà piu ampio in lunghezza poſte ſiano ne gli eſtremi
le
Chalcidiche, come nella Giulia Aquiliana.
Douemo auuertire, che Vitr. col Foro abbraccia le Baſiliche, l'Erario, il Carcere, & la Cu­
ria
. perche Vitr. hauendo trattato delle Baſiliche, dello Erario, del Carcere, & della Curia, dice
al
terzo capo ſeguente. {Quando ſarà fornito il Foro, biſogna eleggere il luogo molto ſano per
gli
ſpettacoli.} Ecco che il Foro abbracciaua le dette coſe. però mi pare, che in una ſola pian­
ta
, ſi doueria rappreſentare il Foro con la Baſilica, lo Erario, la Curia, & la prigione.
Baſilica,
ſe
uolemo interpretare il nome, ſuona caſa regale.
& in quella ſi ſoleua tener ragione a coperto,
& trattarſi anche digrandi, & importantinegotij.
ſcriue Plutarco che Paulo Emilio ſpeſe da
nouantamila
ſcudi, per quanto ſi fa conto, in una Baſilica, laquale era nel mezo del Foro.
cre­
deno
alcuni, che quella Baſilicafuſſe tra la chieſa di ſanto Adriano, & il bel Tempio di Fauſti­
na
.
Vuole Vitr. che le Baſiliche ſiano poſte in luoghi caldiſſimi, & intende per luoghi caldiſſi­
mi
, quelli, che ſono uolti dallo Aquilone, & dal Settentrione, come egli eſpone nel decimo capo
del
preſente libro.
& Vuole che la Baſilica habbia non ſo che da fare col Tempio, ma non però
in
modo che ſe le dia quella grandezza, perche molto piu degna coſa è il Tempio della Baſilica.

In
quanto adunque la Baſilica tiene una certa conuenienza col Tempio, ella ſi uſurpa molte ra­
gioni
del Tempio.
& però Vitr. dirà qui appreſſo, che le ragioni de gli Architraui, fregi, & goc
ciolatoi
ſi piglieranno dalla ſimmetria delle colonne, come ha dichiarito nel terzo libro.
La
Baſilica
adunque imita piu preſto, che pareggi il Tempio.
Vuole l' Alberto, che per la molti­
tudine
de i litiganti, per li notai, & ſcrittorila Baſilica ſia molto piu libera, molto piu aperta,
& luminoſa, accioche gli auocati, & i clienti cercandoſi l'un l'altro, ſi poſſino in un giro d'oc-
1chio uedere. Gli antichi aggiunſero alle Baſiliche uno, & due Tribunali, uno, & due portichi.
Sia
adunque la larghezza con la lunghezza in proportione ſottoſeſquialtera, ouero ſottodoppia
& queſto quando non ci ſarà impedimento dalla natura, & ſito del luogo.
perche in quel caſo,
eſſendo
il luogo piu lungo, uuole Vitr. che ne gli eſtremi ſi facciano le Chalcidiche: l' Alberto legge
Cauſidica
, et uuole che Cauſidica ſia una aggiunta alla lunghezza della Baſilica in forma della let
tera
.
T. per trauerſo delle teſte doue ſtauano gli auuocati, & cauſidici a diſputare le cauſe. Trouaſi
che
chalcidicum è una ſorte di edificio detto dalla città Chalcidia, che lo uſaua, & che era grande et
ſpatioſo
; & forſe Vitr. intende queſto, che ſi aggiunga alla Baſilica, quando il luogo ſarà piu lungo,
di
quello, che porta la proportione della larghezza alla lunghezza.
Altri intendeno la Cecca, del­
la
quale Vitr. non ragiona altroue, che è luogo doue ſi batte la moneta, & forſe mi piacerebbe
queſta
eſpoſitione, quando la Cecca non faceſſe ſtrepito, che impediſce quelli, che difendeno, &
trattano
le cauſe nella Baſilica.
il Filandro adduce delle autorità, che confermano, che chalcidica
erano
edificij grandi.
però io mi accoſto alla opinion ſua. & quello eſſempio, che dice Vitr. co­
me
nella Giulia Aquiliana, io credo, che Vitr. intenda d'una Baſilica fatta nel Friuli, doue inuer­
naua
Ceſare; perche alcuni teſti hanno.
Villa Aquiliana. & di Aquilio ſi troua una memoria
in
marmo nel Friuli, che io ho ueduta, & ſi trouano i ueſtigi d'alcune Therme.
Le colonne della Baſilica ſiano tanto alte, quanto ſono larghii portichi; ma il portico
ſia
terminato per un terzo di quello, che deue eſſere lo ſpacio di mezo.
Se la larghezza del portico ſarà di dieci piedi, ſiano le colonne dieci piedi, dico per eſſempio,
& per la larghezza del portico s'intende lo ſpatio, che è dalle colonne al parete.
Et poi uuole,
che
il portico ſia tanto largo, che egli ſia d'un ter zo della larghezza di mezo, cioè quanto ſarà
il
corpo della Baſilica riſtretto da i pareti prendaſi un terzo, & di quello ſi faccia la larghezza
del
portico.
Le colonne di ſopra ſiano minori di quelle di ſotto, ſecondo, che detto hauemo di ſo­
pra
.
Il parapetto, che è tra le colonne ſuperiori, & inferiori ſimilmente pare, che ſia di
douer
eſſer per la quarta parte meno delle colonne di ſopra, accioche quelli, che camina­
no
ſopra'l palco della baſilica, non ſiano ueduti da i negociatori.
Gli architraui, i fregi, i
gocciolatoi
ſiano preſi dalla ſimmetria delle colonne, come hauemo detto nel terzo libro.
1
Lato della Baſilica, & ua congiunta la lettera A. di queſta figura
con
la lettera B. della Antecedente.
72[Figure 72]
Ne meno di dignità, & bellezza poſſono hauere i compartimenti delle baſiliche di quel
la
maniera come io ho poſto, & hauuto cura che ſi faccia nella colonia Giulia di Fano: le
proportione
, & miſure della quale ſono in queſto modo.
La teſtuggine di mezo tra le co-
1lonne è lunga piedi cento & uenti, larga ſeſſanta, il portico ſuo d'intorno la teſtuggine
tra
i pareti, & le colonne, è largo piedi uenti.
Le colonne erano dalla parte di dentro, & ſoſteneuano la teſtuggine, ma il portico era di fuori
a
torno, & era ſerrato di parete, come ſi uederà poi.
Le colonne di altezza continuate con i capitelli piedi cinquanta alte, & groſſe cinque
Hauendo
di dietro le pilaſtrate alte piedi uenti, larghe due, & mezo, groſſe uno, & mezo,
le
quali riceueno le traui, che ſoſtentano i canterij, & i coperti de i portichi, i quali ſono
ſottopoſti
piu baſsi alla teſtuggine.
Gli altri ſpatij tra le traui de i pilaſtri, & delle colon
ne
per gli interualli delle colonne ſono laſciati a i lumi: quattro colonne ſono nella lar­
ghezza
della teſtuggine ponendoui con quelle le angulari dalla deſtra, & dalla ſiniſtra.

ma
nella lunghezza proſsima al Foro, pur con le angulari ne ſono otto, ma dall'altra parte
con
le angulari, ſei, perche le due di mezo in quella parte non ſono poſte accioche non im
pediſcano
l'aſpetto dello antitempio, del Tempio d'Auguſto, il quale è poſto in mezo del
parete
della Baſilica, & guarda per mezo'l Foro, & il Tempio di Gioue.
Quando Vitr. dice; & gli altri ſpatij tra le traui de i pilaſtri, & delle colonne, per gli interco
lunnij
, ſono laſciati a i lumi.
intende gli ſpatij, che ſono tra'l coperto del portico, & il tetto del­
la
teſtuggine.
& le colonne alte cinquanta piedi erano Corinthie.
Euui anche il Tribunale in quel Tempio meno di figura ſemicircolare. & lo ſpatio di
quello
nella fronte di piedi quarantaſei, & la curuatura di dentro di piedi quindici, accio­
che
quelli, che ſteſſero dinanzi a i magiſtrati non impediſſero i negocianti nella Baſilica.
ſopra le colonne ſono d'intorno gli architraui fatti di tre pezzi di due piedi l'uno incatena
ti
, & quelli delle terze colonne, che ſono nella parte d'intorno a i pilaſtri, che ſi ſten­
deno
dallo antitempio, & toccano dalla deſtra, & dalla ſiniſtra il ſemicircolo.
Per le terze colonne egli intende quelle, tra le quali erano leuate li due di mezo, per dare ue­
duta
allo antitempio di Auguſto. perche ſono le terze cominciando a contare dalle angulari.
Sopra le traui d'intorno contra i capitelli ſono alcuni pilaſtrelli come piediſtali, diſpo
ſti
per ſoſtenere i peſi, alti piedi tre, & larghi quattro per ogni uerſo, ſopra ſono le traui
ben
compoſte inchiauate di due pezzi, di due piedi l'uno.
I Pilaſtrelli ſono in luogo di Fregio. Le traui Euerganee. & ben compoſte erano in luogo di
cornici
.
noi ſolemo anche dire, quel traue lauora bene, quando egli è poſto in opera, & fa il
ſuo
officio.
Sopra le traui ſtanno i trauerſi con le chiaui, che contra i Fregi delle colonne, & le an
te
, & i pareti dello antitempio ſoſtentano uno continuato colmo della Baſilica.
& un'altro
dal
mezo ſopra lo antitempio, & coſi doppia diſpoſitione di teſtuggine una di fuori del
tetto
, & l'altra della teſtuggine interiore, porge una ueduta bella, & gratioſa.
Simil­
mente
i leuati ornamenti de gli architraui, & la diſtributione de i parapetti, & delle co­
lonne
di ſopra, toglie una faticoſa moleſtia, & ſcema per una gran parte la ſomma della
ſpeſa
.
Ma le colonne coſi alte fin alla trauatura della teſtuggine, pare che accreſchino
et
la magnificenza della ſpeſa, et la dignità dell'opera.
Erano leuate quelle parti, cioè Fregi, architraui, cornici, & gli adornamenti: & in luogo
loro
erano le traui euerganee, i pilaſtrelli, & le traui di legname, perche coſi era neceſſario eſſen
do
molto ſpatio tra colonna, & colonna.
Era a mio giuditio una ben diſpoſta Baſilica, & doueua
hauere
del grande.
hora non ci ſono di quella ueſtigij apparenti.
1
La pianta è ſegnata A.
La pianta del tempio d'Auguſto B.
Lo Antitempio C.
Il Tribunale D.
Il parete della Baſilica, che rinchiudeua i portichi E. F. G. H.
Il parete del Tempio I. K. L. M. & uanno con le ale dello antitempio a ritrouare il parete della
Baſilica
.
I pilaſtri dietro le colonne. N.
Lo in piè della Baſilica, & del Tempio dimoſtra poi partitamente il tutto.
Le colonne 1.
I pilaſtri de uenti piedi 2.
La prima trauatura del portico 3.
I ſecondi pilaſtri di piedi diciotto. 4.
Le traui, che ſoſtentano i canterij del corpo del portico, che è inferiore al coperto della Baſi­
lica
. 5.
Le colonne erano Corinthie. Le traui di tre morelli di due piedi l'uno, in uece d'Architraue. 6.
I pilaſtrelli di tre piedi, che ſeruiuano per fregio. 7.
Gli altri traui poſti inſieme, & inchiauati, che legauano la fabrica a torno, & ſeruiuano per
cornici
, compoſti di morelli di due piedi l'uno. 8.
Il tetto ſi uede col ſuo legamento ſopra il pronao del Tempio.
Il parete del portico a torno la Baſilica. 9.
Il parapetto alla prima trauatura del portico. 10.
I lumi ſegnati. o.
173[Figure 73]
1 74[Figure 74]
Dello Erario, Carcere, & della Curia come ſi deono
ordinare
.
Cap. II.
L'Erario, il Carcere, & la Curia deono eſſer congiunti al Foro, ma in modo, che
la
grandezza del compartimento di quelle riſponda al Foro, & ſpecialmente
la
Curia ſi deue fare ſecondo la dignità de gli habitanti, ouero della città.
ſe
ella
ſarà quadrata, quanto hauerà di larghezza, aggiugnendoui la metà ſi fa­
l'altezza.
ma ſe la forma ſarà piu lunga, che larga, egli ſi porrà inſieme la lunghezza &
la
larghezza, & di tutta la ſomma ſi piglierà la metà, & ſi darà all'altezza ſotto la trauatu­
ra
.
Oltra di queſto ſi deono circondare intorno i pareti nel mezo di cornicioni, o di legna­
me
, o di ſtucco.
ilche quando non fuſſe fatto, ne uenirebbe, che la uoce de diſputanti trop
po
alzata, non ſarebbe udita da quelli, che odeno le cauſe.
ma quando d'intorno i pareti
ci
ſaranno i cornicioni, la uoce ritardata da quelli prima, che ſia nello aere diſsipata, per­
uenirà
alle orecchie de gli auditori.
1 75[Figure 75]
Erario è luogo doue ſi ripone il Teſoro, & il dinaro publico. i Romani nello Erario conſerua­
uano
tutti gli atti publici, & decreti del Senato.
i libri elefantini, ne i quali erano deſcritte le
trentacinque
tribu di Iuda.
Dice Suetonio, che Ceſare abbruciò tutti i libri delle obliganze, che
egli
ritrouò nello Erario, per leuare ogni occaſione di odio.
Come eſſer debbia lo Erario, & il
carcere
non dice Vitru. perche ſono parte del Foro, che hanno ſeco le loro neceſſità, che ſi rimet
teno
al giudicio dello.
Architetto, & però de i Granai publici, dello Erario, delle armerie, del naua­
le
, del Fondaco, & della Cecca, non dice altro.
Deono queſte coſe eſſer collocate in luoghi ſicu­
rißimi
, & prontiſſimi, circondate d'alte mura, & guardate dalle forze, & dall'inſidie de i ſedi­
tioſi
cittadini.
Noi hauemo in Venetia i Granari, & la Cecca congiunte alla piazza. le arme­
rie
nel palazzo iſteſſo, l'Arzana ſicuraguardata, & fornita, ſe altra ue n'è o ſia ſtata al mondo.

La
Cecca ſopra la piazza, opera del Sanſouino.
iui ſi batte, & cimenta l'oro, & l'argento: & ſi
conſeruano
i depoſiti, & ſi riduceno alcuni magiſtrati deputati alla Cecca, per l'a cura delle mo­
nete
, come per li depoſiti, & per l'uno, & l'altro conto c'è una marauiglioſa ſomma di ſcudi.

Le
prigioni ſimilmente ſono ſotto il pallazzo, alquale è congiunta la piu ricca che bene inteſa
chieſa
nella teſta della ſpacioſa piazza.
Anticamente erano tre ſorti di prigioni, l'una di quelli,
che
erano ſuiati, & immodeſti, che ſi teneuano, accioche fuſſero ammaeſtrati.
hora queſta ſi
1a i pazzi. L'altra era de'debitori, & queſta anche ſi uſa fra noi. La terza è doue ſtanno i per­
fidi
, & rei huomini, o gia condennati, o per eſſere condennati.
Queſte ſorti ſono ſofficienti, per­
che
i delit ti, & falli de gli huomini, naſceno ouero da immodeſtia, ouero da contumacia, ouero
da
peruerſità.
alla immodeſtia ſi la prima. alla contumacia la ſeconda. alla peruerſità la ter­
za
.
Non uoglio qui addurre le prigioni doue erano poſti i martiri, o quelle, che ordinarono i
crudelißimi
Tiranni, come Ezzellino da Romano, & altri, che uoleuano tormentare i miſeri cit­
tadini
, ma ſolo dirò che le altezze, le groſſezze delle mura, le fortezze, & baſſezze delle perte
ſi
richiedeno alle prigioni, accioche per niuna uia ſi poſſa fuggire.
Altri adunque fanno le per­
te
doppie, & di ferro, le uolte altißime, le mura di dure, & groſſe pietre.
& quello, che piu im­
porta
le danno uigilantißimi, & fidelißimi cuſtodi, oltra che tenghino le prigioni, (dirò coſi)
nel
core della città.
Vuole Alberto, che le prime prigioni ſiano piu ſpacioſe, le ſeconde piu riſtret
te
, & le ultime de malfattori riſtrettiſſime, ſecondo i gradi de i delitti.
Hauemo noi nella città
noſtra
, in molti lnoghi le prigioni, che ſi chiamano caſſoni, doue ſi pongono quelli, che ſono preſi
la
notte per armi, o per qualche occaſione meno honeſta.
Hanno anche diuerſi magiſtrati le loro
prigioni
.
Anco Martio edificò nel mezo del foro il carcere, alquale Tullio aggiunſe una caua
profonda
detta poi Tulliana, che era come le Latomie di Siracuſa, & ſi ſcendeua da mano manca
per
lo ſpacio di uenti piedi.
era cinta da ogni lato di altiſsime, & forti mura, oſcura, horribile,
& puzzolente.
Era anche in Roma doue è il Theatro di Marcello, il carcere della plebe fatto da
App
. Claud. X. Vir. nel quale ſtando egli per la uita ucciſe ſe ſteſſo.
Sono i Veſtigij di quello
carcere
appreſſo la chieſa di S. Nicolao in carcere.
il Foro era de' litiganti, la Curia de Senato­
ri
, il Comitio doue ſi creauano i magiſtrati, onde i giorni a queſto deputati ſi chiamauano i giorni
Comitiali
.
Era prima ſcoperto il Comitio, fu poi coperto l'anno che Annibale paßò in Italia. &
poi
rifatto da C. Ceſare.
Era iui il fico ruminale appreſſo le radici del Palatino. & il Comitio era
una
gran parte del Foro.
Noi nella città noſtra chiamamo il gran conſiglio, quel luogo doue la
numeroſa
nobiltà ſi rauna per creare i magiſtrati.
Ma uegnamo alla Curia, che noi chiamamo
il
Senato, ouero il Pregadi, perche anticamente ſi mandauano a pregare a caſa i nobili, che ue­
niſſero
a conſultare delle coſe dello ſtato.
Soleuano gli antichi raunarſi per deliberare ne i Tem­
pij
, & però il Tempio di Giunone Moneta, & Senatulo, & Curia fu detto.
Chiamauano anche
Curia
doue i ſacerdoti trattauano, & procurauano le coſe della religione, come fu la Curia uec­
chia
; ma altro era la Curia doue ſi raunaua il Senato, come era la Hoſtilia edificata da Tullo
Hoſtilio
ſopra la Curia uecchia fatta da Romulo.
Et la curia di Pomp. era dinanzi al ſuo Theatro
doue
C.
Ceſare fu ucciſo da i congiurati. Ma uegnamo a Vitru. ilquale ha piu cuore alla ſimme­
tria
della curia che del reſto.
Vuole, che ſe la Curia ſarà riquadrata, che l'altezza ſia uno qua­
dro
& mezo alla larghezza.
queſta proportione ſeſquialtera è molto commendata da Vitr. Ma
piu
comparando la larghezza alla lunghezza, che comparando l'altezza alla lunghezza.
& ſe
la
forma ſarà piu lunga, che larga uuole, che raccogliamo la ſomma della larghezza, & della
lunghezza
inſieme, & della metà facciamo l'altezza.
Ma non dice quanto eſſer debbia la lar­
ghezza
, & la lunghezza, perche ha detto, che ſi habbia riguardo alla dignità della città, &
de
gli habitanti; che per hora coſi uoglio interpretare quella parola, Municipij; della quale io
ho
parlato nel primo libro a baſtanza.
però ſe molti doueranno entrare nella Curia per eſſere la
cittàgrande
, et populoſa, ſi farà la curia grande, & capace.
& perche nel conſultare naſceno
delle
controuerſie, & è neceſſario che gli huomini ſi leuino a dire le loro oppinioni, & a diſputare
le
materie, però Vitr. ci un bello auuertimento, accioche la uoce ſia udita.
& uuole che al
mezo
dell'altezza ſiano fatti d'intorno i Cornicioni che ſportino in fuori, accioche la uoce non
ſi
perda nell'altezza della curia.
Ma quello, che ſia opera inteſtina, ouero albaria, diremo nel
ſettimo
.
& qui ſia fine al Foro con tutti que corpi di fabriche, che gli ſono proßimi, & congiunti.
leggi
l'Alberto nell'ottauo libro al nono capo, che trouerai queſta materia piu diſteſa.
1
Del Thearro. Cap. III.
Fornito il Foro biſogna eleggere il luogo molto ſano per lo Theatro, doue ne
i
giorni ſolenni a i Dei ſi facciano i Giuochi.
la ragione de i luoghi ſani ſi è
dimoſtrata
nel primo libro, quando trattammo di fare le mura d'intorno la
città
.
percioche quelli, i quali per uedere i giuochi, con le moglie, & ſigliuo­
li
ſi tengono ſtando i corpi per lo piacere, & diletto, ſenza mouerſi, hanno le uene aper­
te
, nellequali entrano i uenti, che uenendo da luoghi paluſtri, o d'altre parti infettate, con
gli
ſpiriti loro danno gran nocumento.
& però ſe con diligenza ſi trouerà luogo per lo
Theatro
ageuolmente ſi ſchiuerà ogni difetto.
Biſogna oltra di queſto prouedere, che'l
Theatro
non habbia l'impeto dal meriggie, percioche empiendo il Sole la ritondezza del
Theatro
, l'aere rinchiuſo nella curuatura non potendo uſcire, raggirando ſi ſcalda, & af­
focato
cuoce & ſcema l'humore de i corpi, & però grandemente ſi deono fuggire le parti
nociue
, & eleggere le ſane, & buone.
Si come il Trattamento del Foro abbracciaua la Baſilica, l'Erario, il carcere, & la Curia,
coſi
il trattamento del Theatro abbraccia molte coſe, dellequali Vitruuio ragiona in queſto, &
altri
capi, & è coſa degna di auuertimento, perche ui ſono molte belle, & difficili pratiche, &
ſottili
conſiderationi, come diſtintamente ſi uedrà al ſuo luogo.
Seguitando adunque le ſolite di­
uiſioni
diremo, che de gli ſpettacoli alcuni ſono per diletto della pace, & dell' ocio, altri ſono driz­
zati
allo ſtudio della guerra, & del negocio; & ſi come ne i primi ſi riſueglia il uigore dello in­
gegno
, & della mente, coſi ne i ſecondi ſi eccita la gagliardezza delle forze, & dell'animo: ma
d
'amendue una eſſer deue la intentione, cioè indrizzare il tutto all'ornamento, & alla ſalute
della
patria, però ſommamente ſi deue auuertire, che ne i giuochi, & ne gli ſpettacoli, non ſiano
introdotte
coſe dishoneſte, & laſciue.
Hora diremo dell'un', & l'altra maniera di ſpettacoli.
Nella
prima adunque, doue è il diletto della pace, introdutti ſono i Poeti, i Muſici, gli Iſtrioni;
nella
ſeconda, che riguarda a gli ſtudi della guerra ſi fanno diuerſi certami, & contentioni ſpet­
tanti
alla forza, & deſtrezza de i corpi.
A i primi ſi il Theatro, che altro non uuol dire, che
ſpettacolo
, o luogo da guardare.
a i ſecondi, ſe ſono ſpettacoli d'agilità & deſtrezza, come cor­
rere
o ſaltare, ſi il Circo.
ſe ſono di forze, come di aſſaltare, & combattere con le fiere, & con
gli
huomini, ſi da lo Anfitheatro.
Conuengono prima tutti gli ſpettacoli in queſte coſe prima,
che
ſono cornuti, o curui, dapoi hanno lo ſpacio di mezo, & finalmente d'intorno tengono i gradi,
& i luoghi eminenti doue ſtanno le perſone a ſedere, & a uedere.
ſono differentinel diſegno, per­
cioche
il Theatro, è come una Luna che inuecchia.
Il Circo è piegato con le corna in lungo, &
ſi
ſtende molto, perche ſia commodo alle carrette, & caualli, che correno.
ſi ſoleua anche met­
terui
l'acqua, & farui dentro le pugne nauali.
Vero è che il circo di ſua natura non ha portichi,
& dicono, che il circo fu fatto ad imitatione delle coſe celeſti, però haueua dodici entrate per li
dodici
ſegni; ſette mete, & termini per li ſette pianeti.
& erano le mete diſtribuite nel mezo della
lunghezza
del piano da Leuante a Ponente, diſtanti una dall'altra, doue le carrette da due, &
da
quattro ruote correndo andauano per mezo gli ſpacij del Circo, come diſcorre il Sole, & la Lu
na
, ſotto il Zodiaco.
& non uſauano piu di uentiquattro dardi, per le uentiquattro hore, che è
una
riuolutione del Cielo.
Erano quelli, che correuano diuiſi in quattro liuree, una era di color
uerde
, che rappreſentaua la prima uera.
l'altra di roſato, che ſignificaua la ſtate. la terza, di
bianco
poſta per lo autunno.
l'ultima foſca, che dinotaua il uerno. Il luogo doue s'incominciaua
il
corſo era detto carcere: noi chiamamo le moſſe.
Alcuni non fanno differenza tra circo, & hip­
podromo
, & catodromo.
L'Amfiteatro era di due Theatri congiunti inſieme con le fronti loro.
& queſte forme erano preſe dall'uſo delle coſe, che ſi faceuano in que luoghi. Per trattare adun-
1que del Theatro partitamente, & chiaramente Io dirò che dal fine ſi potrà ogni ſua diſtributio­
ne
conſiderare.
& però laſciando da parte le coſe communi ad ogni ſabrica, che è il luogo ſano, il
fondamento
, & la piazza, & altre coſe, in che conuengono tutti gli edificij per guardare.
Doue­
mo
conſiderare le perſone, che ui uanno, & i giuochi, che ſi fanno.
Riguardando adunque le per­
ſone
, trouamo prima una gran moltitudine di nobili, & di plebei che ad un tempo ui uanno, inſie­
me
ſtanno, & forſe ad un tempo ſi partono.
però ſi ricercano molte entrate, molte ſalite, & mol
te
uſcite.
oltra di queſto perche il tempo, che ſi sta a uedere, è lungo, è neceſſario, che ci ſia la
commodità
del ſedere, & che in un luogo ſeggano i nobili, in altro i plebei.
i nobili haueranno i
loro
ſeggi da baſſo, accioche il fetore, che ſale con lo aere cauſato dalla moltitudine, non gli of­
fenda
.
La plebe ſederà in alto, & tutti ſaranno in modo collocati, che potranno uedere, & udi­
re
commodamente.
le perſone, che recitano deono hauere i luoghi doue ſi ueſtino, & s'apparec
chiano
per recitare, & i luoghi doue hanno da ſtare per recitare; però ne i Theatri ſarà neceſſa­
rio
fare ſimili partimenti.
Riguardando poi a i giuochi uenimo in conſideratione di tutta la for­
ma
, imperoche ne i Theatri ſi recitano poemi, & ſi fanno Muſiche, però è neceſſario di dare tal
forma
al Theatro, che ognuno poſſa udire chiaramente i ſuoni, & le fauole.
alche fare è utile ſa
pere
il mouimento della uoce, come ſale, come è ritardata, come è laſciata libera, che poſſa per­
uenire
alle orecchie de gli aſcoltanti egualmente: & di qui è nata la conſideratione dell'armonia,
della
quale ſi dirà al ſuo luogo.
Da queſta conſideratione condotto Vitr. con ſomma diligenza ha
eſſeguito
la diſtributione del Theatro cominciando dalle fondamenta, & peruenendo fin'alla ci­
ma
.
Eleggaſi adunque prima il luogo ſano, & facciaſi il Theatro nella città, & il Circo di fuori.
eletto
il luogo ſano uolto dal feruor del Sole, & da i uenti nociui per la ragione detta da Vitr. bi­
ſogna
fare buone fondamenta.
& però dice Vitr.
Piu ageuole ſarà fondare ne i monti; ma ſe in piano, o in luogo paluſtre per neceſsità
ſi
faranno le fondamenta, biſognerà, che quello, che ſi fa ſotterra, & i raſſodamenti, & i
battuti
ſi facciano coſi, come di ſopra nel terzo libro, s'è detto delle fondationi de i Tempij.
Ben ha detto in luogo paluſtre per neceſſità, perche non ci ha conſigliati diſopra, che in luoghi
mal
ſani dobbiamo fabricare i Theatri, ma la neceſſità non ha legge.
& perche non puo eſſere in
luogo
paluſtre, & ſano?
di quella maniera, che egli ha detto eſſer ſane le paludi d'Altino, &
d
'Aquileia, come ſono hoggi quelle di Viuetia, doue con mirabil arte ſi fonda nelle paludi ogni
grande
edificio?
Sopra le fondamenta ſi deono fare da terra i gradi di pietre, o di marmi.
{Da terra} cioè ſubito ſopra le fondamenta. {i Gradi.} Ecco che la prima conſideratione
dopo
la ſanità del luogo, è di accommodar le perſone.
Far ſi deono adunque le graduationi ſubito
ſopra
terra, di pietre, o di marmi, & queſta pompa di fabricare era molto lontana dalla roza an­
tichità
, come dice Ouidio.
Tu prima i giuochi o Romolo faceſti
Quando
per aiutar i tuo donzelli,
De
i Sabini le Vergini prendeſti.

Allhor
non eran drizzati i penelli,
Per
ſoſtener le uele, toglieſti
Per
far Theatro da queſti, & da quelli
Monti
li marmi, fuſti ſi uano,
Che
dipigneſti i pulpiti col grano.
Sedean ſopra i ceſpugli le brigate,
Semplicemente
era la ſcena ordita.
Ne i folti boſchi con le frondi ornate,
L
'hirſute chiome della gente unita
Dall'ardore del ſol eran guardate.
Soleuano raunarſi ne i ſolenni per le uille i contadini, & fare diuerſi ſacrificij, & giuochi
ruſticali
; Et queſta uſanza piacque tanto a gli Athenieſi, che furono i primi, che la introduceſ­
ſero
nella città.
Et chiamarono Theatro quel luogo, doue ſi faceuano que giuochi. I Romani da
poi
dilettandoſi di ſimili uſanze, uolleno anche eſſi i Theatri nella città, ma non gli fecero da pri­
ma
ſoperbi, & alti, & di pietre, ma di legno, & con qualche occaſione, ſpeſero poi molto, &
1tutta uia gli faceuano di legname, & a tempo, come ſi legge che M. Scauro Edile per un ſolo me
ſefece
un Theatro di legno capace di ottant amila perſone; che haueua la ſcena alt a in tre ordini,
con
trecento & ſeſſanta colonne di marmo, & quelle del primo ordine inferiore erano alte
trent
'otto piedi.
La parte di ſotto della ſcena era di marmo, la di mezo di uetro, la di ſopra dorata,
& tra le colonne per adornamento ci erano da tre mila figure di metallo.
Queſto Theatro fu il
piu
grande, che gia mai ſia ſtato fabricato.
per il che non potendo Curione, che per le eſſequie
del
padre ne uolle far uno, aggiugnere a quella grandezza, ricorſe per aiuto alla induſtria, do­
ue
fece due Theatri amendue ſopra perni in modo bilicati, & ſoſpeſi, che ſi poteuano facilmente
girare
.
Sotto quelli Theatri erano le caſe, & i coperti doue ſtauano quelli, che con argane, &
ruotoli
uolgeuano quelle gran machine de i Theatri.
Fu coſa marauiglioſa (come dice Plinio)
& quel populo, che era uincitor del mondo, applaudeua in un tanto ſuo pericolo: perche una tra
ue
di quella machina, che ſi fuſſe rotta, tutta la fabrica poteua ruinare, & rinouellare la ſtrage
di
Canne.
Queſti Theatri uoltauano le curuature una in contra l'altra, perche le uoci de reci­
tanti
non ſi confondeſſero inſieme; poi ſi congiugneuano inſieme con le corna, & raggirati con
le
genti ſopra faceuano uno amfitheatro, dapoi il mezo giorno per li giuochi de i gladiatori.

Conſiderando
io, che Plinio uuole, che ciaſcuno di quelli Theatri ſi moueſſe ſopra un perno,
& che di due Theatri ſi faceua uno amfitheatro, & uedendo non meno audacia, che ingegno in
tanta
fattura: communicando le difficultà, che io haueua con meſſer Franceſco Marcolini inge­
nioſo
inueſtigatore di belle machine, hebbi di lui con mirabile ſolertia la inuentione di due punti,
ne
i quali ſi poteuano porre i perni, & fare, che i Theatri nel uoltare non ſi toccaſſero l'uno, &
l
'altro.
queſti punti per dirla breuemente erano gli eſtremi del diametro dell'orcheſtra. Vero è,
che
in piu luoghi ſi doueuano ponere de i ruotoli di bronzo di buona groſſezzà, accioche i Thea­
tri
fuſſero da quelli portati, & ſoſtentati, Il Cardano nel libro della ſottilità pone un'altro modo
di
girare quelli Theatri, al quale io rimetto i lettori.
Venne poi uoglia a Pompeio di farne uno, che
haueſſe
a durare piu lungamente, & però lo fece di pietra, & lo ornò magnificamente, et fu mol­
to
celebre.
Oltra il quale ne fu uno in Leone di Marcello figliuolo di Ottauia ſorella di Auguſto,
capace
di ottantamila perſone.
Et un'altro che Cornelio Balbo fece pure arichieſta di Auguſto,
che
era diſideroſo di uedere la città molto adornata di fabriche, & edificij, come dice Vitr. nella
epiſtola
: ma tornamo a Vitr
Sopra le fondamenta ſi deono leuar da terra i gradi di pietra, o di marmi. Le cinte ſe­
condo
l'altezza del Theatro per la rata parte, piu alte di quello, che ſarà la larghezza
della
cinta per doue ſi ua a torno.
Perche ſe ſaranno piu alte ſcacciaranno la uoce
alla
parte di ſopra, laſciaranno, che le parole ſiano preſe intieramente, & ter­
minate
con il loro ſignificato da quelli, che ſederanno ne i ſeggi, che ſono ſopra le cin­
te
.
Et in ſomma coſi è neceſſario, che ci gouernamo, che tirando una linea dal piu baſſo,
al
piu alto grado, tutte le eſtremità de i gradi, & tutti gli anguli ſiano toccati da quella,
& coſi la uoce non ſarà impedita.
Deueſi auuertire in queſto luogo molto bene quello, che dice Vitr. che parla della graduatione,
doue
ſtanno a ſe dere gli ſpettatori.
& ſe bene io ho detto gradi, intendo però quello, che intende
& uuole Vitr. per quel nome che egli uſa, di gradatione, cioè tutta l'opera, & fabrica della ſa­
lita
; & dico, che le precintioni, che io ho detto cinte, altro non ſono, che diuiſioni d'intorno i
gradi
, per lo piano delle quali ſi caminaua a torno.
& uuole Vitr. che ſiano tanto alte, quanto
è
la larghezza del piano per doue ſi camina.
queſti piani ſono detti da Vitr. itinera. & rende la
ragione
, perche queſte precintioni deono eſſere coſi alte.
Se la cinta ſarà piu alta, che il ſuo piano largo, certo è che la uoce batterà in quella, perche
non
potrà terminare per dritta linea alla parte di ſopra, eſſendo ribattuta, & rotta dall'altezza
della
cinta.
& però Vitr. ci da un rimedio, il quale è, che ſi tiri una linea, cioè o corda, o ſaco­
ma
, o filo di ferro, che dal baſſo cominci, & fin alla cima tocchitutti gli anguli de i gradi.
per-
1che ſi come la corda non ſarà impedita da uno grado piu alto dell'altro, coſi anche non
ſarà
impedita la uoce ma ſalirà egualmente dal baſſo fin alla cima, & ſarà inteſa col ſuo­
no
, anche la ſignificatione delle parole.
Vitruuio non ci regola qui dell'altezza de i
Theatri
ſecondo la rata parte: però douemo auuertire, che i Theatri ſono ſtati fatti ranto al
ti
da alcuni, quanto era il piano di mezo, perche uiddero, che la uoce ſi perdeua ne i Theatri piu
baſſi
, & piu duramente ſi udiua ne i piu alti.
Ma queſto ſi potrà eſpedire, dal luogo, dal diſe­
gno
, & dalle regole, che ſi daranno.
Ecci un'altra regola, che riguarda alle perſone, che ui
uanno
, però dice.
Biſogna diſponere molti, & ſpatioſi aditi, & fargli in modo, che quelli di ſopra non s'incom
trino
con quelli di ſotto, ma da ogni parte drizzati, & continui ſenza pieghe, o riuolgimen
ti
, accioche le perſone licentiate da gli ſpettacoli, non ſiano calcate, & oppreſſe, ma poſ­
ſino
uſcire da ogni parte ſenza impedimento.
Quella ragione, che è dell'uſcire, è anche dello entrare. aſcendeua il populo per gradi coperti,
& riuſciua ſopra i piani delle cinte gia dette.
erano di qua, & di la le ſcale, altre commode,
& aperte, altre piu dritte, & coperte, per quelle aſcendeuano i piu ripoſati, è maturi, per que­
ſte
i piu curioſi, & preſti in modo, che era prouiſto alla età, & allo appetito d'ognuno.
Egli ſi deue diligentemente auuertire, che il luogo non ſia ſordo, ma che la uoce poſ­
ſa
liberamente chiara, & iſpedita uagare, & queſto ſi potra fare, ſe egli ſi eleggerà luogo,
doue
non ſia impedita la riſonanza.
La uoce è ſpirito, che corre, & percoſſa dello aere
ſenſibile
all'udito.
Queſta ſi muoue con infiniti giramenti, non altrimenti, che ſe nel­
l
'acqua ripoſata gettandoſi una pietra naſceſſero innumerabili cerchi dell'onda, creſcen­
do
a poco a poco dal centro, & allargandoſi, quanto piu poteſſero, ſe non fuſſero interrot
ti
, dalla ſtrettezza del luo go, o da qualche offeſa, che non permetteſſe que giri dell'onde
terminare
fin doue ſi poteſſero ſtendere.
La uoce è ſuono cauſato dalla percoſſa dello aere, che diuerſamente da natur ali ſtrumenti del­
l
'huomo è lo ſpirito fuori mandato.
Il mouimento dello aere, percoſſo dallo ſpirito, è circolare,
come
quello dell'acqua, doue ſia gettata una pietra, ma ſi troua differente in queſto, che i giri
fatti
nell'acqua, poſſono eſſer nomin ati piu preſto circoli nel piano dell'acqua: & quelli dello ae­
re
, perche per ogni uerſo ſi girano poſſono eſſer chiamati sfere: conuengono però con quelli dell'ac
qua
, perche ſe & queſti, & quelli non ſono impediti, il ſecondo naſce dal primo, il terzo dal ſe­
condo
, il quarto dal terzo fin che tanto s'allargano, & aſſottigliano, che peruengono al fine,
& coſi uanno dal primo fino all'ultimo ſempre creſcendo, perche la parte percoſſa moue la proſſi
ma
, & ſi allarga, & queſto intende Vitr. quando dice.
A dunque quando ſono rattenute da alcuno oſtaculo le prime, che ridondano turbano
le
deſignationi delle ſeguenti.
con la iſteſſa ragione & giramento ſi moue la uoce; ma
nell
'acquai giri ſi moueno in larghezza con piano eguale, & la uoce nello aere, & per lar­
ghezza
, & per altezza ſi ſpande, & aſcende a poco a poco.
Come adunque nell'acqua
con
le deſignationi delle onde, coſi nella uoce, quando non ui è oſtacolo, la prima di
ſturba
la ſeconda, le ſeguenti, ma tutte con la loro riſonanza peruengono alle orec­
chie
, ſi di quelli, che ſono a baſſo, come di quelli, che ſono in alto: però gli antichi Ar­
chitetti
ſeguitando i ueſtigi della natura, nel cercare la ragione della uoce, fecero i gradi
de
i Theatri in modo, che ordinatamente aſcendeſſero, & cercarono per la regulare Ma­
thematica
, & Muſica ragione, che ogni uoce, che uſciua dalla ſcena, perueniſſe chiara, &
ſoaue
alle orecchie de gli ſpettatori.
Se adunque la uoce per lo aere ſi moue circolarmente, chi dubita, che la forma ritonda, &
circolare
non conuegna al Theatro?
perche quando il Theatro fuſſe di forme angulari, non per­
uenirebbe
la uoce egualmente alle orecchie, & alcuni udirebbono bene come piu uicini, alcuni
male
come piu lontani.
Ecco adunque come lo Architetto deue eſſere & Muſico, & naturale.
1ma molto piu per quello, che ſegue, come ſi uedrà qui ſotto. Dice adunque Vitruuio
che
gli antichi Architetti hanno uſato la regolata ragione de i Mathematici, intendendo per
canonica
, & regolata la ragione de i numeri, della quale i Muſici eſperti ſi ſogliono ſeruire: &
comprende
la ſpeculatione, & la pratica, dicendo la regulare Mathematica, & Muſica ragio­
ne
.
Et perche il luogo ſia piu riſuonante, oltra la circolar figura de i Theatri, oltra il giuſto ſa­
limento
de i gradi toccati tutti da un'iſteſſa linea ne gli anguli loro, fecero ſopra gli ultimi, & ſo
premi
gradi di ſopra un portico a torno il Theatro con ampie aperture dauanti, ma chiuſo di die­
tro
, accioche ſottentrando la uoce in quelle ampiezze, riſuonaſſe ſotto que uolti, come riſuona
nelle
cauerne, & ne gli inſtrumenti, che hanno gran corpo.
Di queſti portichi ne dirà Vitr. al
luogo
ſuo, fin tanto auuertiremo a quello, che egli dice.
Perche ſi come gli organi nelle lame d'ottone, o di corno ſi fanno perfetti con la dieſi
alla
chiarezza de i ſuoni delle corde: coſi le ragioni de i Theatri ſono ſtate con ragione
Armonica
ordinate da gli antichi allo accreſcimento della uoce. Cioè, ſi come alla ragione
delle
corde, & del loro ſuono s'accordano gli inſtrumenti di canne, & gli organi, coſi con Ar­
monica
ragione allo augumento della uoce da gli antichi ſono ſtate ordinate le ragioni de i Theatri
come
che uoglia dire, che la dieſi, che è la minima uoce, & principio di accordar gli instrumen
ti
, habbia dato la regola di accordare gli inſtrumenti da canne.
Entra adunque Vitr. con que­
ſto
propoſito a ragionare dell'Armonia.
Et dice, che coſa è, & ne fa le figure, & deſcrittioni
interpretando
la mente di Ariſtoxeno, del quale non douemo noi però troppo aſſicurarci: impero­
che
egli attribuiua il tutto alle orecchie; niente concedeua alla ragione; diuideua il tuono in due
parti
eguali, coſa non approuata da i buoni Armonici, & finalmente è licentioſo, & dubbioſo au­
tore
.
dice adunque Vitr.
Dell' Armonia. Cap. IIII.
L'Armonia è muſica litteratura, oſcura, & difficile, & ſpecialmente a quelli,
che
non hanno conoſcenza di lettere Greche.
la quale ſe noi uolemo eſplica­
re
, egli è anche neceſſario di uſare le parole Greche, perche alcuna coſa di
quelle
non ha i nomi latini.
Et però quanto io potrò, apertiſsimamente in­
terpreterò
da gli ſcritti di Ariſtoxeno, & ſottoſcriuerò la ſua deſcrittione, & diſegnerò i
termini
de i tuoni, accioche chi con piu diligenza ui attenderà, poſſa piu facilmente
intendere
.
Alla Muſica appartiene, & conſiderare, & operare d'intorno a que numeri, che ad altri ſi
riferiſceno
, aggiuntoui il ſuono.
per il che diuideremo la Muſica principalmente in due parti,
delle
quali una ſarà tutta poſta nel giuditio della ragione, & di quella poco ne dice Ariſtoxeno,
come
di quella, che conſider a la natura, la differenza, & la proprietà d'ogni proportione, &
d
'ogni conſonanza, & pone diſtintioni tra quelle coſe, le quali per la loro ſottigliezza non poſſo
no
eſſere giudicate dal ſenſo.
L'altra conſumandoſi nelle operationi, & praticando in diuerſe
maniere
ſi con la uoce, come con gli instrumenti, & componimenti diletterà il ſenſo de mortali
affaticato
, & porgerà gentile ammaeſtramento della uita (come ſi uede nella poeſia) la quale
è
una parte di queſta Muſica delle principali.
Muſica adunque è ragione, & eſſercitio della na­
tura
Armonica.
Armonica natura, è quella, che ſi puo con ſuoni adattare inſieme. La ragio­
ne
non opera, cioènon diſcorre ſenza l'occaſione del ſenſo, perche non fa giudicio di coſe non pri­
ma
conoſciute.
Egli è adunque neceſſario di congiugnere una parte, & l'altra in modo, che il
ſenſo
prima ſi adoperi, & poi ſegua la ragione.
Onde ben dice Boetio, che bella coſa è di cono­
ſcere
con modo, & uia, che coſa è, & che coſa apporta quello, che è commune a tutti i uiuenti.

Di
queſte coſe il uulgo non ha dubitatione, i dotti ſi torceno, i conoſcentiſi dilettano.
Et però la
1Muſica, che diletta la mente, & le orecchie, è congiunta con la moralità, & con la ſpeculatio
ne
.
Accioche adunque il ſuono accompagnato dolcemente peruenga alle orecchie, & che que
giri
, che ſa la uoce nello aere, non ſiano impediti, l'uno dall'altro con ſproportionati mouimenti,
ma
ſoauemente s'accompagnino, & s'aiutino inſieme, & accioche la mente ſi riuolga alla cagio­
ne
della dolcezza della ſoauità de i ſuoni, biſogna prima conſiderare il principio, da cui la uoce
prende
attitudine di potere eſſere regolata, & di cadere ſotto l'Armonia, & con quale moui­
mento
ella ſi moua, & come peruenga alla perfetta compoſitione.
alche fare era neceſſario di di
re
prima, che coſa fuſſe uoce, & come nello aere ſi moueua.
però Vitr. ce lo ha dimoſtrato di ſo­
pra
, & il reſtante è qui ſotto.
La uoce quando con mutationi ſi piega, alcuna fiata ſi fa graue, alcuna ſiata ſi rende
acuta
, & a due modi ſi moue, de i quali uno ha gli effetti continuati, l'altro diſtinti.
La
continuata
non ſi ferma ne in termini, in alcun luogo, ma ſuol fare le ſue terminatio.

ni
non apparenti, & gli interualli di mezo manifeſti, come quando parlando dicemo.

Sol
. Fior. Mar. Ben. perche coſi doue comincia, doue termina ſi conoſce, ma ne
di
acuta s'è fatta graue, di graue acuta appare alle orecchie.
per lo contrario adiuiene
quando
la uoce ſi moue con diſtanza, perche quando la uoce nel mutarſi ſi piega uiene a
fermarſi
nella terminatione d'alcun ſuono, da poi ſi muta in un'altro, & facendo queſto
ſpeſſe
uolte di qua, & di la, appare inconſtante a i ſenſi, come adiuiene nelle canzoni,
nelle
quali piegando le uoci facemo uatiare il canto: & però quando la uoce con interual­
li
è riuolta, egli appare in manifeſte terminationi di ſuoni, doue comincia, & doue
finiſce
.
Queſta diuiſione è fatta (come dice Ariſtoxeno) per ſeparar la uoce, che è atta ad entrare
nell
' Armonia, da quella, che non è atta.
La uoce adunque ſi moue in due modi: prima che pare
all
'orecchia (come è) continuata, che mai ſi fermi in alcun modo di terminatione.
queſta dal
lo
effetto ſuo ſi chiama ragioneuole, perche con quello mouimento di uoce ſiamo ſoliti di parlare,
& ragionare non alterando la uoce.
Dapoi ſi moue la uoce in modo, che pare diſtinta, & che ſi
parta
da uno grado d'altezza, & peruenga ad un'altro, & che ſi muti in diuerſe terminationi
di
ſuoni; onde da queſto effetto ſi chiama diſtinta; ma dall'uſo melodica, cioè uſata da chi canta,
o
recita uerſi.
perche quando noi cantamo, o recitamo uerſi, alzamo, & abbaſſamo diſtinta­
mente
la uoce fermandola, & ripigliandola ſi, che il ſenſo la conoſce diſtinta.
Benche Boetio uo
glia
, che nello recitar uerſi ſi uſi una uoce mezana, & mista tra la continua, & la diſtinta.
La
uoce
continua, & d'uno iſteſſo tenore non è ſottoposta alla conſideratione della Muſica, perche
doue
non è graue, & acuto non è conſonanza; ma ſi bene la diſtinta.
questa anchora ſarà at
ta
alle conſonanze, prima, che peruenga ad un certo luogo, ſi come adiuiene a molti corpi, i qua­
li
non ſono atti a cadere ſotto la ragione del peſo, ſe non hanno una certa quantità, & grandezza,
poſſono uenire ſotto la proſpettiua, ſe non hanno quel tanto, che è fine del non poter eſſer uedu
li
, & principio dello eſſer ueduti: perche la natura non comporta, che le minime differenze ſia­
no
a i ſenſi de gli huomini ſottopoſte.
Il ſuono adunque diſtinto, & ridotto ad una certa, & ſen­
ſibile
quantità, è principio dell'Armonia, come la unità è principio del numero; il punto della li
nea
; lo inſtante del tempo.
La natura ha circonſcritto la uoce di ciaſcuno in modo, che il pri­
mo
luogo di quella, è il piu baſſo, & il piu graue, che poſſa eſſer in alcuno.
ma perche facendo
ſempre
un ſuono, & in quello fermandoſi la uoce, non ne riuſcirebbe alcuna Armonia: però deono
le
uoci mutarſi, & ſalire, & piegarſi in diuerſe terminationi, accioche la piu baſſa con la piu al­
ta
con proportione riſponda.
La uia adunque della ſalita, anzi la ſalita ſi chiama ſpatio, & di­
ſtintione
, & interuallo.
ma la comparatione riſpetto a i termini, è diuerſa, però ſtando lo ſpa­
tio
, quando la uoce dal baſſo aſcende allo alto, dicemu, che ella ſi fa piu intenta, piu acuta, o
piu
alta: ma quando dallo alto ſi parte, & uiene al baſſo, dicemo, che la ſi rimette, & s'abbaſ­
a
, & che diu enta graue.
Et ſi come la natura ha dato il principio della uoce alla parte piu baſ-
1ſa, di cui la Muſica ſene ſerue, coſi ſalendo quaſi per gradi ſi troua il maggior grado, al quale poſſa
la
uoce naturalmente, & commodamente ſalire: non in modo, che quello, che la natura ha dato per
piu
alto ſi prenda dall'arte, ma in modo, che ſotto quello ſi truoui quel ſuono della uoce, che ſia
il
piu alto, & riſponder poſſa al primo in perfettiſſima conſonanza, di maniera, che ſe piu oltre
ſi
paſſaſſe con la uoce ſalendo, o ſi faceſſe ſtrepito, ouero ad altra conſonanza non ſi perueniſſe.

Ma
perche non ſi peruiene dal primo all'ultimo, cioè, dal piu baſſo al piu alto ſuono ſenza mezi:
però
ſalendo la uoce dal primo, & piu baſſo luogo al ſommo, & piu alto, che regolar ſi poſſa, è
neceſſario
, che ella tocchi diuerſi gradi, & quelli ſiano con proportionati ſpatij diſtinti.
l'ordi­
nanza
della ſalita delle uoci dalla piu baſſa alla piu alta è detta da Greci ſiſtema, & da nostri Sca
la
: & perche praticandola, la riducono ſopra la mano, però la chiamano Mano, i Greci uoglio­
no
dire, ordinata compoſitione, i noſtri commoda & ben compoſta ſalita.
Quella ſalita ſi ad
intendere
con linee, & interualli, che chiamamo riga, è ſpatio.
La ſcala adunque è una com­
poſitione
di righe, & di ſpatij dritte & egualmente prodotti, nella quale ſi uedeno ſcritte le note
d
'ogni canto.
L'uſo delle rige, & de gli ſpatij è, accioche ſi conoſca diſtintamente la diſtanza
della
ſalita & della diſceſa delle note, le quali non ſono altro, che ſegni di mandar fuori la uoce,
& del tempo, che ella ſi deue tenere.
Hauemo adunque fin hora, come deue eſſer quella uoce,
che
è atta alla melodia: Et Vitr. laſciando a drieto molte coſe, che dice Ariſtoxeno fra mezo,
uiene
alla diuiſione delle melodie.
& dice.
Le maniere de i canti ſono tre, l'una e detta da Greci armonia, l'altra chroma. la terza
diatonon
.
Il canto armonico è concetto dall'arte, & per quella cagione il ſuo cantare ri
tiene
grauità, & autorità non poca.
Ma il chroma ornato di ſottile ſolertia, & frequenza
de
moduli porge piu ſoaue dilettatione.
Ma il Diatono per eſſer naturale è piu facile per
la
diſtanza de gli interualli.
Se io haueſſi a trattare della Muſica, io la ordinarei altramente; Ma io intendo di ſeguitare
il
modo propoſto da Vitr.
Maniera, o Genere è un certo compartimento de gli ſpatij nelle ſcale,
& nelle ordinanze, che rappreſenta diuerſe Idee d'Armonia: & di queſti diremo partitamente
qui
ſotto, facendo chiaro, quello che pare a molti oſcuro, & diſſicile.
Treſono adunqae i gene
ri
della melodia.
Chromatico, Diatonico, Armonico. Queſti prendeno i nomi loro dalla uici­
nanza
, ouero dalla lontananza de gli ſpatij, nelle ſcale, & ordinanze.
Armonico è quello, che
nella
ſua ordinanza, abonda di proſſimi, & piccioliſſimi interualli, & breuiſſime ſalite della
uoce
, & è coſi chiamato, quaſi adattato, & conſertato.
Diatonico è coſi detto, perche
abonda
di ſpatij distanti per tuoni, quaſi andante per tuoni.
& in quello la uoce mol­
to
ſi stende.
Chromatico è quello, che piu abonda di ſemituoni nel ſuo compartimento.
Chroma
ſignifica colore: & perche queſto genere come colore ſi muta dalla prima in­
tentione
, però è coſi nominato.
Di queſti tre generi piu uicino alla natura è il Diato­
nico
, perche egli ſuccede quaſi da ſe ad ognuno, che canta ſenza ammaeſtramento.

Piu
artificioſo è il chromatico, come quello, che ſi eſſercita ſolamente da gli ammae­
ſtrati
: Et però la maggior parte de i Muſici s'affatticaua in queſto genere: per­
che
ſempre uoleuano raddolcire, & ammollire gli animi.
Lo Armonico è piu effi—
cace
, & è ſolo de gli eccellenti nella Muſica, & è preſtantiſſimo tra ogni com
ponimento
.
& molti per la debolezza loro non lo ammetteno, perche egli non ſi
puo
coſi facilmente mettere in uſo.
Seuero, & fermo, & conſtante è il Diatonico,
& dimoſtra coſtumi, & habiti uirili.
Molle, & lamenteuole è il Chromati—
co
.
Quando adunque ſia, che noi uogliamo fare un'ordinanza, ouero una ſcala,
che
tanto è, quanto accordare uno ſtrumento, neceſſario è, che ſappiamo ſecondo
quale
de i tre generi lo uogliamo compartire; perche a materie dolci, & lagrimeuoli, ci
uuole
il Chromatico: & alle grandi, & heroiche il Diatonico, come altre ad altri generi, o ad
altre
meſcolanze di quelli; perche ognuno de i predetti generi a piu modi ſpeciali ſi puo partire; &
1quelli particolari compartimenti di ciaſcun genere gli danno un certo aſpetto, & forma diuerſa,
quaſi
a guiſa di pittori colorandogli, accioche ſi facciano udire ſecondo le Idee, che ſi uuole, &
non
ſi faccia a caſo la imit atione delle coſe, che ſono grandi, conſtanti, molli, mutabili, tempera­
te
, e mediocri, come comporta la loro natura; nel che conſiſte ogni bello effetto dell' Armonia.

però
ſi come è coſa degna di conſideratione, coſi a giorni noſtri è poco conſiderata; & molti pen­
ſano
col genere Diatonico di ſatisfare ad ogni qualità di coſe, & ſtanno oſtinati, uogliono udi­
re
alcuna ragione, o perche pare loro di perdere quanto hanno imparato, o che impoſſibil ſia oſ­
ſeruar
queſte regole, o perche ueramente ſono ignoranti, & ſprezzatori di quello, che non ſan­
no
.
Io uorrei, che qui fuſſe luogo di eſponere le idee, & i colori conuenienti ad ogni qualità di co­
ſe
, ſecondo i loro generi, perche con uiua iſperienza delle orecchie confermata da inuincibili ra­
gioni
, gli farei confeſſar lo error loro; ma troppo tempo, & maggior occaſione ſi richiede.
ben
affermo
ſe penſano col genere Diatonico ſolo rappreſentare tutti gli affetti humani, che s'ingan
nano
grandemente.
perche come dice Vitru.In queſte tre maniere diſsimiglianti ſono le diſpoſitioni de i Tetracordi, perche i tera­
cordi
del genere Armonico hanno due tuoni, & due dieſi.
Dieſi è la quarta parte del tuo­
no
, & coſi in uno ſemituono ſono due dieſi.
Nel chromatico ſono poſti in ordine due
mezi
tuoni, ma il terzo ſpacio è di tre ſemituoni.
Il Diatonico ua per due continuati tuo
ni
, & con lo terzo ſpacio d'un ſemituono compie la grandezza del ſuo Tetracordo.
&
a
queſto modo i Tetracordi, ne i tre generi agguagliati ſono, & pareggiati di due tuoni,
& d'un ſemituono.
76[Figure 76]
In tutti i Tetracordi d'ogni genere ſono quattro termini, o ſuoni, o gradi, che uoglian dire. tut­
ti
ſaltano ad una ſomma in tre ſalti, ma diuerſamente.
perche l'Armonico ſale dalla metà d'un
ſemituono
, che dieſi ſi chiama, & queſto è il primo paſſo, o interuallo.
il ſecondo paſſo è di ſa­
lita
ad un'altra metà di ſemituono, & d'indi allo ſpacio d'un ditono.
Il chromatico ha lo primo
ſpatio
d'un ſemituono, & ſimilmente il ſecondo, ma ſale poi al Trihemituono.
Finalmente il dia­
tonico
, ha lo primo ſpacio d'un tuono, lo ſecondo d'un tuono, il terzo di mezo tuono.
ſi che in
ogni
genere il Tetracordo è compoſto di due tuoni, & un ſemituono.
& queſto è che dice
Vitru
. che i Tetracordi ſono ne i tre generi agguagliati, & pareggiati di due tuoni, & d'un ſe­
mituono
.
& perche s'intenda meglio quanto dice Vitru. dirò che coſa è Tetracordo, che coſa è
ſpacio
, & interuallo, & dichiarirò gli altri termini poſti da lui, quanto io penſerò, che ſia per
ſatisfare
al preſente biſogno, con quella breuità, & chiarezza, che ſi puo in ſimile materia diffi­
cile
, aſcoſa, & alla lingua noſtra ſtraniera.
Delle ſcale, & ordinanze perfetta è quella, che con
i
gradi della piu baſſa, & della piu alta uoce contiene quella conſonanza, che le abbraccia tut-
1te, & queſto non ſi puo ſare ſe la ordinanza della ſcala non tiene quindici gradi di uoce, & quat­
tordici
ſpacij.
Grado io intendo il luogo della uoce o alta, o baſſa, che ſia: ma perche da prima
l
'huomo nel mondo non ha fatto perfette le coſe delle arti, ma le ſcienze, & le dottrine a poco a
poco
con l'aggiunta de i ſucceſſori ſono creſciute; però non fu ritrouato da principio tutta la
ſcala
, & ordinanza delle uoci, ma bene dapoi ſi ſono formati tutti i gradi.
la onde nel formare
gli
instrumenti muſicali ſi uſauano le corde & i nerui de gli animali, i quali rendeuano i ſuoni pro
portionati
, & anche ſi eſſercitaua ſenza alcuna Muſica la ragione ſopra una ſola corda, parten
dola
numeroſamente in modo, che toccando quella uota, & poi ſopra uno ſpacio determinato, ren­
deua
quella conſonanza, che ſi cercaua.
Questa forma ſi chiamaua monocordo, di modo, che
u
'era una corda ſola.
Ma gli antichi uolendo eſſercitare la Muſica, faceuano gli inſtrumenti di
piu
corde, dal numero delle quali dauano il nome a gli inſtrumenti.
Però chiamauano tetracor­
do
lo instrumento di quattro corde, pentacordo quello di cinque, & coſi nel resto fino allo instru
mento
pentecacordo, cioè di quindici corde corriſpondenti a quindici gradi della uoce, che faceua
no
quattordici ſpacij, & interualli.
ſpacio, & interuallo non è altro (come ho detto) che quan
tità
della uoce tra due ſuoni.
& qui è ripreſo Ariſtoxeno, che pone la grauità, & l'acutezza del
la
uoce in qualità, & non in quantità.
Dalle dette coſe ſi ha che alcune ordinanze ſaranno mag­
giori
, alcune minori.
Maggiori ſono quelle, che hanno piu gradi, & minori quelle, che ne hanno
meno
.
La doue grandiſſima ſarà quella appreſſo gli antichi, che hauerà quindici gradi. Dico
appreſſo
gli antichi, perche dapoi ne ſono stati aggiunti de gli altri, perche niente ci uieta, che con
ragione
non andiamo piu oltre, & ſpecialmente nel fare gli instrumenti muſicali, che poſſono ſa­
lire
piu alto della uoce humana, laquale temperatamente tra quelli quindici ſi contiene.
& ſe piu
oltra
paſſaſſe potrebbe eſſere strepitoſa, & inetta all'ordinanza: ilche non adiuiene in molti ſtru­
menti
.
Noi hauemo dichiarito, che coſa è ſpacio, & che coſa è Tetracordo. ci reſtano alcuni al
tri
nomi, per fare la intelligenza di Vitr. piu piana, & ſono queſti.
Dieſi, Tuono, ſemituono, tri­
hemituono
, Ditono. che ſono i nomi de gli interualli.
Il tuono adunque è il principio della conſo­
nanza
, cioè il primo termine, & fondamento della conſonanza, nato da proportione ſeſquiotta­
ua
.
Conſonanza è uno meſcolamento di ſuoni graui, & acuti proportionati, che con diletto per­
uiene
alle orecchie.
io ho detto nel terzo libro, che coſa è proportione ſeſquiottaua cioè quando il
piu
contiene il meno una fiata, & la ſua ottaua parte; come noue contiene otto.
chi uuole adun­
que
proportionare i ſuoni, è neceſſario proportionare gli ſpacij, & chi uuole proportionare gli ſpa­
cij
, biſogna che uſi i numeri, & le loro ragioni, & quella proportione, che è tra ſpacio è ſpacio,
ſarà
anche da ſuono a ſuono: però doue lo ſpacio ſarà compartito in ſeſquiottaua, ouero in altra
proportione
di numeri, iui il ſuono hauerà la iſteſſa comparatione.
Volendo adunque fare che una
corda
riſponda un tuono, partirai la ſua lunghezza in noue parti, & ponerai lo ſcabello ſotto le
otto
laſciandoue una fuori, & coſi hauendo toccato prima la corda uota, intiera, & ſenza ſca
bello
, poi toccando quello ſpacio dallo ſcabello in poi, che è lungo otto parti, trouerai che ella
ti
renderà un tuono.
ſia la corda tirata ſopra un piano, a b, & ſia diuiſo ſotto di quella il pia­
no
ſecondo la lunghezza della corda in noue parti, dico che la parte.
c. b. che laſcia fuori una
delle
noue parti, & ne abbraccia otto, ſonerà un tuono, con tutta la corda.
Ma prima del tuo­
no
ponemo l'uniſono, che è lo iſteſſo, & perpetuo tenore della uoce ſenza aſceſa, & diſceſa, come
hanno
tutte le note, che ſono ſopra la iſteſſa riga, o tra lo iſteſſo ſpacio.
la doue l'uniſono non è
ſpacio
, ma fondamento de gli ſpacij: come ut ut.
re re. ſopra una iſteſſa riga, ouero tra uno iſteſſo
ſpacio
.
Ma il tuono è notato con la diſtanza, che è da una riga al ſeguente ſpacio, o per lo con­
trario
, come dall'ut, al re, aſcendendo, ouero dal re, all'ut, deſcendendo: & qui anche è ripreſo
Ariſtoxeno
, ilquale non uſa numeri nel notare le uoci per raccorre le proportioni, ma piglia la
loro
differenza nel mezo, di modo, che egli pone la ſpeculatione non nelle uoci, ma in quello, in
che
elle ſono differenti, coſa non bene conſiderata, credendoſi egli ſapere la differenza di quelle
uoci
, dellequali egli miſura, grandezza ritruoua, dando il tutto al giudicio delle orecchie.
1Diuide egli il tuono in due parti eguali, & queſte chiama ſemituoni, & non uede, che niuna pro­
portione
ſoprapartiente, come è quella, in che conſiſte il tuono, ſi puo diuidere in due parti eguali.

poi
che adunque il tuono non ſi puo egualmente diuidere, egli ſi partirà in due parti diſeguali,
una
dellequali ſi chiama ſemituono minore, & dieſi: l'altra ſemituono maggiore, & Apotome.

Il
ſemituono minore, è quella parte del tuono, per laquale, la proportione ſeſquiterza, è mag gio­
re
di due tuoni, cioè di due ſeſquiottaue.
Ecco lo eſſempio. Partirai lo ſpacio della lunghezza
della
corda, in quattro parti, & al fine della prima ſottoponi lo ſcabello, la corda intiera, con
le
tre parti ſuonera una ſeſquiterza, perche coſi è diuiſo lo ſpacio, dalla cui proportione (come
ho
detto) deriua la proportione del ſuono.
ſe adunque ponerai ſopra la detta corda duè continua
ti
tuoni, partendola come s'è detto di ſopra, dico che lo ſpacio, che ſarà dallo ſcabello, doue è
ſegnato
il ſecondo tuono, allo ſcabello, doue è ſegnata la ſeſquiterza, ti ſuonerà il ſemituono,
che
è ſpacio come dal mi, al fa, & coſi hauerai quattro termini.
ut. re. mi. fa. è tre ſpacij. l'uno
da
ut.
are. che è un tuono, l'altro da re, a mi, che è il ſecondo tuono, & il terzo, che è da mi. a
fa
.
che è un ſemituono minore, o dieſi, & queſto è il Tetracordo del genere diatonico, che chiude
la
conſonanza nata da proportione ſeſquiterza, che i noſtri chiamano quarta, che ſale da ut.
a fa.
per
due tuoni, & un ſemituono minore.
Ma il ſemituono maggiore è lo reſtante del tuono, cioè
quello
, che è piu della ſeſquiterza al terzo tuono.
però ponerai ſopra la corda tre continuati tuo­
ni
, laſciando la ſeſquiterza al ſuo luogo, & hauerai dalla ſeſquiterza al reſto del tuono il ſemi­
tuono
maggiore.
Queſto nome adunque di ſemituono non importa mezo tuono a punto, ſi come
ſemiuocale
, non ſi piglia per meza uocale a punto; ma perche è meno, & non arriua allo eſſer
uocale
, & far uoce da ſe, come fanno le uocali.
Et queſto detto hauemo nel quarto libro, par­
lando
delle ſemimetope, & de gli hemitrigliſi.
Dico poi, che il tuono & ſemituono, benche non
fanno
Armonia, & conſonanza, nientedimeno egli ſi deue conſider are l'uno, & l'altro, perche
diſtingueno
gli ſpacij delle conſonanze, & miſurano i mezi Muſicali, perche le ſode conſonanze
per
l'uno, & l'altro ſi legano inſieme, & finalmente all'uno, & all'altro ſi attribuiſce la forza di
commouere
gli affetti.
I numeri d'un tuono ſono otto, & noue. di due ottantauno. ſettanta due,
ſeſſantaquattro
.
& ſi fanno moltiplicando otto in ſe, noue in ſe, & otto in noue. I numeri di tre
tuoni
ſono, 729. 648. 576. 512. moltiplicando 81. 72. 64. per noue. & 64. per ot­
to
.
& a queſto modo uanno i tuoni continuando con i numeri, ne i quali la proportione del mag­
giore
al minore è ſempre ſeſquiottaua.
tuono adunque è come da ut, are, da riga a ſpacio, Ditono
come
da ut.
a mi. ſalendo, & da mi ad ut. diſcendendo da riga al ſecondo ſpacio; pure che non
ui
ſia ſemituono di mezo.
queſio diletta alle orecchie, ma non è conſonanza; & ſi chiama terza
maggiore
.
Triemitonio come dare. a fa ſalendo, & chiamaſi anche ſeſquituono, & è ſpacio, che
abbraccia
un tuono, & un ſemituono minore, non è conſonanza, perche le conſonanze, non ſono
in
proportione ſoprapartiente.
& il ſeſquituono, (come ſi dirà poi) è in tale proportione. Chia­
maſi
da noſtri terza minore.
& è lo ſpacio da una riga all'altra, pur che tra mezo ui ſia un ſemi­
tuono
.
Il ſemituono maggiore (come ho detto,) è lo auanzo di tre ſeſquiottaue leuatane la ſeſ­
quiterza
, & perciò è detto Apotome da Greci.
& è alieno dalgenere diatonico, perche non ſi
admette
nel componere, non hauendo luogo tra le corde.
perche non puo riſpondere ad alcuna
corda
per fare alcuna conſonanza.
Conuengono tutti i detti ſpacij in queſto, che tutti ſerueno
alla
Muſica.
il tuono, & il ſemituono ſerueno per fondamenti alle legature de i Tetracordi. il Trie­
mitonio
, & il ditono, perche uanno ne i compartimenti de igeneri, & perche dilettano l'udiio.

Dilettano
molti ſuoni, che non ſono conſonanze, come è la ter za maggiore, & la terza minore,
& la ſeſta minore fatta dal ſemituono con la diapente.
cioè con l'aggiunta d'un ſemituono alla ſeſ­
quialtera
, & ſi fa quando ſi paſſa da ciaſcuna linea allo terzo ſpacio, che contiene due ſemituoni
minori
, & tre tuoni, come da mi, a fa cantati per la ſeſta.
euui anche il tuono col diapente, che
paſſa
da ciaſcuna linea, allo terzo ſpacio, ma ui è ſolo un ſemituono, & quattro tuoni, come da
ut
, a la, cantati per la ſeſta.
& ſi chiama ſeſta maggiore. euui anche la ſettima minore, che ab-
1braccia due ſemituoni minori, & quattro tuoni, come da ut a mi, da uno ſpacio al quarto ſpa­
cio
, ouero da una linea, alla quarta linea, ci ſono anche molti altri ſpacij, piu preſto collocati nel
lo
eſſercitio, che nelle regole.
come è la nona, la decima, la undecima, & la duodecima: ma di
queſti
ne laſciamo la cura ad altri.
Delle conſonanze diremo poi.
77[Figure 77]
Hauendo noi gettato i buoni fondamenti, eſponeremo Vitr. Dice egli, che diuerſe ſono le diſpo­
tioni
de i Tetracordi, & i compartimenti loro ne i tre generi, & la ragione è queſta, perche ſono
applicati
à diuerſe intentioni, & idee ſecondo, le coſe, che ſono o baſſe, o grandi, o mediocri.

Dichiara
poi la diſpoſitione di ciaſcuno, & dice, che la diſpoſitione del Tetracordo, nel genere
Armonico
, che egli armonia dimanda, contiene due dieſi, & due tuoni, & s'intende a questo
modo
, che la ſalita dalla parte graue et baſſa all'acuta, & alta ſi fa ſalendo dalla metà d'un ſe­
mituono
, che fa lo primo ſpacio, all'altra metà, che fa lo ſecondo, & da queſto ſi ſale allo ſpacio
d
'un Dituono; & coſi queſto Tetracordo rinchiudeua la conſonanza diateſſa ron, che noi chiamia
mo
quarta.
La ordinatione adunque del Tetracordo Armonico, fondata la prima uoce dalla par
te
graue ua dalla proportione ſeſquiquadrageſima quinta, alla ſeſquiuigeſimaterza, & indi alla
ſeſquiquarta
, & ritorna per gli iſteſſi gradi, abbracciando il primo Tetracordo, & queſto pro­
cedere
è ſalendo dalla dieſi, alla dieſi, & d'indi al ditono ne gli ſpacij ſuoi.
& quiui dieſi è la me­
del ſemituono minore, che procede dal partire la differenza de gli eſtremi della ſua habitudine
in
modo, che la maggiore ſia alla parte piu alta, & la minore alla piu graue.
La dieſi in Greco
è
detta anche Tetartemoria, & però Vitr. dice che la Dieſi è la quarta parte del tuono, & che
78[Figure 78]
nel ſemituono ſono due dieſi. Ecco l'habitudine de gli estremi del ſemituono minore,
è
tredici, perche il ſemituono minore conſiſte nella proportione, che hanno questi
numeri
256. 243. la differenza de i quali è tredeci. queſta ſi parte in due parti,
una
maggiore che è di ſette, l'altra minore, che è di ſei, la maggiore ſi pone alla
parte
piu acuta, la minore alla piu graue.
Vedi adunque quanto breui ſono gli ſpa
cij
dell'armonica melodia, che a pena ſi poſſono regolare dalla ragione, non che eſ­
ſer
compreſi dal ſenſo; & però egli non ſi troua altro colore, o compartimento di
queſto
genere, che'il predetto; per le ragioni de i minimi interualli.
Ma ſi puo di­
mandare
, perche uogliamo, che dieſi s'intenda per la metà del ſemituono minore, & non per la
metà
del maggiore?
io dico, che la conſonanza, che rende il Tetracordo, è la diateſſaron, cioe
la
quarta, che è compreſa da due tuoni, & da un ſemituono minore.
Il Tetracordo chromatico
1è compoſto di ſpacij, che contengono il ſem tuono minore, il maggiore, & un ſeſquituono, o Tri­
hemituono
.
queſto perche ha le distanze, & gli interualli maggiori, & piu accommodati del
genere
armonico, però ſopporta di hauere due colori.
Nel primo, che ſi da al chromatico pe­
ne ha due.
Nel primo, che ſi da al chromatico piu molle, s'aſcende dalla ſeſquiuigeſima ſet­
tima
, per la ſeſquiquarta decima alla ſeſquiquinta, & ſi diſcende al contrario, & tutta uia gli
eſlremi
del Tetracordo rendeno la quarta, ne puo rendere altra conſonanza paſſando per que­
ſti
interualli, come ſi puo uedere dalle regole, che noi bauemo dato nel terzo libro, trattando
delle
proportioni.
Queſto tetracordo coſi compoſto, ſi chiama mobile, imperoche è mutabile,
lamenteuole
, & affettuoſo.
Nel ſccondo colore del detto genere chromatico, il partimento
piu
acuto è quello, che dalla ſeſquiuenteſima una, paſſa per la ſeſquiundecima, alla ſeſquiſesta,
& con queſto colore, che ſi chiama, ſintono, ſi rinchiude medeſimamente la conſonanza predet­
ta
; & ſi chiama ſintono, riſpetto al molle, percioche è meno mutabile del molle, & meno la­
menteucle
, & affettuoſo.
& qui ſi deue conſider are, come è neceſſario ſecondo le intentioni con­
ſertare
le ordinanze, & le ſcale, accioche egli ſi riporti quel uanto della Muſica, che diede tan­
to
nome a gli antichi.
ſeguita il Tetracordo del genere diatonico; queſto perche ha gli ſpacij mag
giori
, ſi puo in piu modi colorare: cinque adunque ſono i ſuoi colori.
il Molle, il piu tirato, l'egua­
le
, il ſintono, & il diatonico.
Nel primo, che e piu molle, & rimeſſo ſi ſale dalla parte piu baſ
ſa
da una ſeſquiſettima, per una ſeſqumona, ad una ſeſquiuenteſima.
& ſi chiama, molle, è rimeſ­
ſo
, perche tra i colori di queſto genere, rende un'habito, & tiene una Idea piu temperata de gli
altri
.
Nel ſecondo colore, che è piu tirato, ma non però anchora ben gagliardo, s'incomincia
dalla
ſeſquiuigeſima ſettima, ſi paſſa per la ſeſquiſettima, puo far'altro, che ſia conſonante, che
una
ſeſquiottaua, & ſi chiama molle intento, perche tiene una uia di mezo tra'l molle preceden­
te
, & il ſeguente, che è il terzo.
Ilquale è quando la uoce hauendo gia il ſuo primo luogo col
piu
baſſo ſuono determinato ſale al ſecondo con proportione ſeſquiundecima, & partendo s'inal­
za
una ſeſquidecima, & ferma il ſuono in una ſeſquinona, puo fare altrimenti, s'egli deue ha­
uere
conſonanza.
& chi non uede quanto ſia regolato il paſſo, & la ſalita di queſta ſcala, ſalen­
do
per tre continuate proportioni?
però regolato, o per dir meglio eguale diatonico ſi chiamà.
Il
quarto colore diſegna, & coloriſce queſto genere cominciando da una ſeſquidecima quinta, &
nella
diſtanza di mezo forma una ſeſquiottaua, terminando in una ſeſquinona.
Queſti è ſicuro, &
forte
, & dinota habito maſchio, & molto intenſo, & però ſi chiama ſintonon.
Il quinto final­
mente
, perche abonda dituoni, ſi chiama diatono, & è di due tuoni, cio di due ſeſquiottaue, &
d
'una dieſi: & queſto anche, è piu robuſto & gagliardo di tutti gli altri.
& con queſte diuiſioni ſi
conchiude
il colore d'ogni genere uariato ſecondo la intentione de i compoſitori.
alche con gran­
de
attentione biſogna auuertire, & in ogni colore la ordinanza del Tetracordo ſerra la diateſſa­
ron
, cioè la quarta, con due tuoni, & una Dieſi.
& queſto è quello, che dice Vitru. che in tutti i
tre
generi i Tetracordi ſono pareggiati di due tuoni, & un ſemituono; & le figure di quanto s'è
detto
, con i loro numeri, ſono deſcritte.
Ma quando i Tetracordi ſono con i termini di ciaſcun genere ſeparatamente conſide­
rati
, hanno diſsimiglianti diſegnationi delle diſtanze.
Cioè la ſomma de i Tetracordi è pareggiata: perche in ogni genere è compreſa la conſonanza
diateſſaron
nel Tetracordo, ma differentemente ſi ſale in ciaſcuna alla diateſſaron, come ſi è det­
to
di ſopra.
conclude adunque dicendo.
La natura adunque ha diuiſo nella uoce le diſtanze de i tuoni, & de i ſemituoni, & dei
Tetracordi
, & ha finito le terminationi di quelli con miſure, con la quantità de gli ſpa­
cij
; & con modi certi diſtanti ha or dinato le qualità, le quali uſando anche gli artefici de
gli
inſtrumenti ſecondo le coſe conſtituite dalla natura, apparecchiano le loro perſettio­
ni
a' conuenienti conſerti di armonia.
L'arte oſſeruando la natura ha ritrouato le conſonanze: & gli artefici ſeconde quella fanno i
179[Figure 79]
loro inſtrumenti. La natura ha dato il potere di fare un tuono, & un ſemituono, ma l'arte ha
ritrouato
in che proportione ſia l'uno, & l'altro.
La natura ſecondo gli affetti ſpontanamente
moue
gli huomini, & le uoci, ma l'arte ha compreſo con uie ragioneuoli, & le quantità & le qua
lità
de i ſuoni, & ha meſcolato i generi, ritrouato le idee, applicate le forme alla natura delle co
ſe
: & queſto è quello, che Vitr. ha uoluto dire.
ſeguita poi & dichiara i ſuoni, & i uocaboli loro,
& altre coſe pertinenti al propoſito noſtro.
I ſuoni, che Phtongi da Greci ſi chiamano, ſono diciotto, de i quali otto ſtanno ſem­
pre
fermi i tutti i tre generi: ma gli altri dieci quando communemente ſi cantano ſono
inſtabili
, & uaganti.
ſtanti, & fermi ſono quelli, che poſti tra i mobili contengono la con
giuntione
del Tetracordo, & per le differenze de i generi ſtanno ne iloro termini perma­
nenti
.
& ſi chiamano in queſto modo Aſſonto, primo de i primi, primo de i mezi, me­
zano
, ultimo de i congiunti.
preſſo al mezano, ultimo de i diſgiunti, ultimo de gli eccel­
lenti
.
Mobili ſono quelli, che nel tetracordo tra gli ſtabili ſono ne i generi diſpoſti, & ne
i
luoghi fanno mutatione, & ſi chiamano in queſto modo, vicino al primo de' primi, indi­
ce
de i primi, uicino al primo de i mezi, indice de i mezi, terzo de i congiunti, preſſo al­
l
'ultimo de i congiunti, terzo de i diſgiunti, preſſo all'ultimo de i diſgiunti, terzo delle
eccellenti
, preſſo all'ultimo delle eccellenti.
A me pare che Vitr. poteua meglio ordinare questo ſuo diſcorſo, perche adduce molte coſe,
prima
che hanno biſogno dello intendimento di altro, che egli pone dapoi: però noi procedere­
mo
ordinatamente.
Certo è che ogni ordinanza o ſcala, o Siſtema, che ſi dica, in muſica, è com­
poſta
di ſuoni.
ſuono è cadimento, o qualità indiuiſibile della uoce, la cui quantità o grandezza
è
certa, & determinata, & principio della melodia, & in quello come nel proprio elemento ogni
1concento ſiriſolue. De i ſuoni altri ſono eſtremi, altr di mezo nelle ordinanze. De gli eſtremi altri
ſono
grauiſſimi, ſotto i quali non ſi ua piu baſſo; altri acutiſſimi, ſopra i quali piu alto non ſi ſale
nelle
perſette ordinanze.
Di quelli di mezo ſi puo dire, che ſiano graui, & acuti; graui riſpetto
i
piu alti, acuti riſpetto i piu baßi.
ſono adunque chiamati alti, & baßi in comparatione, come
tra
gli elementi l'acqua riſpeito alla terra, è lieue, riſpetto all'aere è graue, & coſi l'aere com­
parato
all'acqua è liggieri, comparato al fuoco è graue.
ma la terra è grauißima, & il ſuoco è
leggieriſimo
, perche a quella niente ſottogiace, a queſto niente ſopraſtà.
& forſe da queſta ſimi­
glianz
a è ſtata tratta la conſideratione delle prime quattro uoci, o tuoni che fanno il Teira­
cordo
.
I ſuoni acuti naſceno da ueloci & ſpeßi, i graui da, tardi et rari mouimenti: come per iſpe
rienza
ſi proua, che una corda piu tirat a è piu ueloce, & una piu rimeſſa è piu tarda: ſimilmen­
te
una corda tirata ſi moue con piu ſpeſſi mouimenti, che una rilaſciata.
Et ſe bene il mouimento
pare
un ſolo, non è però da credere, che egli ſia uno, ma molti, che per la grande preſtezza del moui
mento
pareno uno: come che una continua ritondità di fuoco, ci appare, quando una uerga acceſa
da
un capo è girata con gran celerità.
Hora dico, che i ſuoni ſono quindici, noi chiamamo uoci,
come
è quando dicemo quattro uoci piu in ſu, ſei uoci piu in giu, prender la uoce, dar la uoce, &
ſimiglianti
modi.
Greci chiamano Phtongi, latini ſuoni, dico adunque, che ſono quindici nella
perfetta
ordinanza, benche piu ne ſiano, come ſi uede nella mano, che paſſa le uenti uoci, & anche
Vitr
. ne pone diciotto; ma in che guiſa, io dirò poi.
Cominciarono a quattro uoci o ſuoni, & fe
cero
(dirò coſi) un Tetracordo, la prima uoce, che è la piu baſſa chiamarono ſecondo che porta­
ua
la natura della coſa, Hipate, cioè prima, la ſeconda parhipate, cioè uicina alla prima, la
terza
, paranete, cioè penultima, & la quarta, nete cioè ultima.
ecco con quanta facilità ſen­
za
uſare i nomi delle lingue ſtrane, la ragione, anzi la natura c'inſegna a trouare i uocaboli del­
le
coſe.
ma per che pure ſiamo obligati a gli antichi per la fatica, che banno fatto per noi nel tro­
uare
& aumentare le arti, & le ſcienze, però dichiarando i loro oſcuri uocaboli potremo ue­
dere
la inuention loro, & quella de i ſucceſſori fin al tempo noſtro.
Le quattro uoci adunque del
Tetracordo
poſſono eſſere chiamate uolgarmente in queſto modo, prima, preſſo prima, penulti­
ma
, & ultima.
Ma perche poi gli antichi non ſi ſono fermati in un tetracordo, ma hanno ag­
giunto
piu ſuoni, portando coſi la natura delle coſe: però per la diuerſa comparatione di quelli,
hanno
formato diuerſi nomi di ſuoni, finche dapoi l'hauer trouato, & poſto inſieme due, tre, &
quattro
tetracordi, hanno fatto una ſcala, & una ordinanza perfetta.
chiamarono adunque
nella
perfetta ordinanza il primo ſuono, & la prima uoce piu baſſa, proslamuanomenos, cioè
aſſonto
, accettato ouero aggiunto appreſſo gli altri, perche non ha raccomunanza con alcuno de
i
Tetracordi, ma è accettato di fuori accioche egli corriſponda con la mezzana uoce dell'ordi­
nanza
.
Queſta uoce è poſta da i noſtri, in a. re. ma perche anche quelli ne hanno aſſonto un'al­
tra
dalla parte piu baſſa, l'hanno chiamata Gamma ut.
ſignificandola con una lettera Greca,
accioche
ſi dinotaſſe, che ancho da loro foſſe ſtata aggionta quella uoce, & quel ſuono alla Ma­
no
, non uſando quella lettera nelle altre uoci della loro ordinanza.
& ſe Greci la haueſſero a
chiamare
per lo ſuo nome potriano chiamarla epiproslamuanomenos: ouero hypoprolamuanome
nos
, quaſi ſotto l'aſſenta.
Il ſecondo ſuono è detto hipaton. però douemo ſapere, che ſe noi con
ſideramo
& ordinamo i Tetracordi ſeparatamente, ciaſcuno per ſe & non nella perfetta ordi­
nanza
, & compita ſcala: ſempre la prima corda, & piu graue è chiamata hipate (come ho
detto
) cioè principali, o prima: ma come ſi mettono piu tetracordi inſieme, la prima cor­
da
ritiene il nome de hipate, ma ſe le aggiugne un altro nome, cioè hipaton, a differenza
delle
prime de i ſeguenti tetracordi, & ſi chiama hipate hipaton, cioè prima delle prime,
& coſi la ſeguente ſi chiama parhipate hipaton, cioè preſſo prima delle prime, a differen­
za
delle ſeconde de gli altri tetracordi.
La terza è detta hiperparhipate, cioè ſopra la uicina
all
'bipate, percioche il ſuono di queſta, è piu alto della parhipate.
chiamaſi anche lichanos, cioè
indice
: perche ſi come il dito indice, ha diſtanza maggiore dal dito groſſo, & alcuna fiata mino-
1re, che da gli altri, per queſta ſimiglianza la quarta corda, che è laterza de i tetracordi, po­
nendo
la proslam anomenos per prima, hauendo hora maggiore ſpacio, hora minore, ſecond o
la
diuerſità delle armonie (come ſi uederà poi) ſi chiama lichanos.
Queſta ne i Tetracordi ſe­
parati
ſi chiamarebbe penultima, ma in queſta ordinanza di piu tetracordi, è coſi chiamata dal
luogo
, che ella tiene.
La quinta ſi chiama hipate meſon, cioè prima delle mezane. ſi chi ma
prima
, perche è la prima del ſecondo Tetracordo.
chiamaſi delle mezane, perche il ſecondo Te­
tracordo
ſi chiama mezano, perche è tra due Tetracordi; l'un è detto delle principali, & pri­
me
, ilquale ſta alla parte piu baſſa, & è quello alquale fin hora hauemo poſto le corde.
L'altro
è
delle congiunte (come diremo) che ſta alla parte piu alta.
Ma perche non ſi chiama questa
corda
, nete, cioè ultima per eſſer l'ultima del primo Tetracordo, & hipate cioè prima per eſſer
prima
del ſecondo Tetracordo?
dico che ſe queſto Tetracordo ſi conſideraſſe da ſe, & non nella
perfetta
ordinanza, coſi biſognerebbe chiamar l'ultima corda: ma conſiderandoſi unitamente
con
le altre, la non uiene ad eſſer la ultima, anzi la prima riſpetto al Tetracordo delle mezane:
era
adunque neceſſario per la aggiunta di altri Tetracordi, mutandoſinouo riſpetto, & noua con
ſideratione
, mutare anche il nome alle prime: che in uero pare, che la natura habbia formato
queſti
nomi, altri nomi ſi darebbono alle dette corde da gli piu ineſperti della Muſica, che dal
ſito
loro, & dall'ordine, che hanno: & queſto dico, per che altri non ſi merauiglino & reputino
difficile
la impoſitione de i nomi antichi.
perche adunque i detti Tetracordi ſono uniti, in una or­
dinanza
, & le compar ationi de i ſuoni & delle corde ſono diuerſe, però ſi danno, (come ho det­
to
) altri nomi a quelli Tetr acordi uniti, che ſi darebbero ſe fuſſero poſti da ſe ſteſſi.
Eſſendo
adunque
nella perfetta ordinanza due ottocordi, l'uno alla parte piu baſſa, & l'altro alla parte
piu
alta; & eſſendo l'uno, & l'altro di due Tetracordi compoſto: poi che il nome hipate è diſtri­
buito
a i compartimenti piu baſſi, ſi come il nome di nete è dato a i termini piu alti; però ad amen­
due
i primi tetr acordi dalla parte piu baſſa, ſi danno i nomi preſi dall'hipate; doue il primo Te­
tracordo
piu graue è detto, il Tetracordo delle hipate, cioè delle principali.
Et il ſecon­
do
è chiamato il Tetracordo delle mezane, & la ſua prima corda, è detta hipate me­
ſon
, cioè prima delle mezane.
Et con queſti auuertimenti ſi rende facile il restante. Però la
ſeſta
corda è detta Parhipate meſon, cioè uicina alla prima delle mezane, che è la ſeconda del ſe
condo
Tetracordo.
La ſettima è detta hiperparhipate, quaſi ſopra alla proſſima delle prime.
La
ottaua è detta Meſe, cioè mezana, perche ueramente è nel mezo de i Tetracordi.
Ma ſe
egli
non ſi andaſſe piu oltre, & che ſi rinchiudeſſe, le uoci in uno ottocordo, ella ſi chiamerebbe
nete
, cioè ultima.
ma perche è fine del piu baſſo, & principio del piu alto ottocordo, & è la piu
baſſa
di quello legando l'uno, & l'altro inſieme; però è detta mezana, come termine commune a
due
ottocordi, & come legamento, & come quella, che tiene eguali proportioni con gli eſtremi.

La
nona è detta parameſon, dal ſito ſuo, perche è uicina alla mezana, che è la ſeconda del Ter­
zo
tetracordo.
La decima è detta Trite diezeugmenon, cioè terza delle diſgiunte, perche nello
inſtrumento
antico di ſette corde, ella era la terza in ordine all'ultima, & era chiamata para­
meſe
, cioè uicina alla mezana nel terzo Tetracordo, o nel ſecondo ottocordo.
Ma perche que­
ſta
corda riſpetto all'ottocordo della parte piu alla è congiunta, & riſpetto all'ottocordo della
piu
baſſa è diſgiunta, cioè ha collegatione con quella, & con queſta, però ſi chiama delle diſgiun
te
, come ſi dirà poi.
L'undecima è detta paranete diezeugmenon, cioè uicina all'ultima delle diſ­
giunte
, & è l'ultima del terzo tetracordo detto delle diſgiunte, & prima del quarto Tetracordo
detto
delle altiſſime, o ſoprane, & eccellenti, perche appartiene alla parte piu alta.
La duodeci­
ma
è detta nete diezeugmenon, cioè ultima delle diſgiuntte, perche è la quarta del terzo tetracor­
do
.
la terza decima è detta Trite hiperbolcon, cioè terza delle eccellenti, perche è la terza in or
dine
dall'ultima posta nella parte piu acuta, & è detta terza, per lo ſito.
& è detta delle eccel­
lenti
, perche è del quarto Tetracordo, che ſi chiama delle eccellenti, & altiſſime uoci, che è
l
'ultimo nella perfetta ordinanza.
La quarta decima, è detta paranete hiperboleon, cioè penul
1tima delle eccellenti, perche iui è collocata. La quinta decima è detta nete hiperboleon, cioè ul
tima
delle eccellenti, oltra la quale non ſi aſcende nella ſalita delle uoci, nella perfetta ordinan­
za
.
Ma i moderni (come ho detto) chiamano ſcala queſta ordinanza, & uanno ordinando le
uoci
per gradi con alcune ſyllabe, & alcune lettere, & dicono Γ. ut. A. re B. mi. & coſi uan­
no
ſeguitando.
diuideno in quattro parti la loro ſcala dando la prima al baſſo, la ſeconda al teno­
re
, la terza al contra alto, l'ultima al ſoprano.
& coſi non pareno differenti da gli antichi. co­
me
ſe chiamaſſero il Baſſo, Tetracordo delle prime; il tenore, Tetracordo della mezane; il
contraalto
Tetracordo delle diſgiunte; il ſoprano, Tetracordo delle eccellenti.
Ben è ue­
ro
, che coſi chiaramente non eſprimeno queſta intentione, perche diuideno la ſcala in tre
ordinanze
, & gli danno piu gradi, & chiamano chiaui i principij di quelle, a ſimiglianza del­
le
chiaui materiali, come quelle che apreno certe, & determinate melodie, & coſi manifeſtano
tutta
la ordinanza della ſcala, come le chiaui nelle toppe riuoltate aprendo gli ſcrigni fanno ma­
nifeſto
quello, che è nafe oſo di dentro.
La onde anche nominarono le note col nome di chiaui,
con
queſte lettere a. b. c. d. e. f. g. dicono, che delle chiaui altre ſono graui, altre mezane, altre
acute
: le graui ſono quelle, che ſi cantano con uoce graue, & rimeſſa, & ſi chiamano per que­
ſto
le chiaui del baſſo.
Et il canto cantato per quelle, ſi chiama il baſſo. ſono otto, & ſi ſegna­
no
con lettere maggiori.
A. B. C. D. E. F. G. & il G. del gamma ut. Le mezane ſono coſi dette,
perche
hanno la uoce tra la baſſa, & la acuta, che ſi danno al tenore, & al contra alto, & ſo­
no
ſette notate con lettere minori a. b. c. d. e. f. g.
Le acute ſono quelle, per le quali ſi canta con
acuta
, & alta uoce, & ſono cinque, deſcritte con lettere minori, ma doppie aa.
bb. cc. dd. ee.
& queſto s'è detto affine, che ſi ſappia, che ſecondo diuerſa intentione ſi uanno formando i nomi,
& le ordinanze: però gli antichi andorono fin a 15. uoci, perche quindi a punto chiudeno la con
ſonanza
detta diapaſon.
i moderni ſono andati a uenti due riſpetto a gli inſtrumenti, che poſſono
ſalire
piu, che la uoce humana.
Vitr. ne pone diciotto riſpetto alla compoſitione de i Tetracor­
di
, de i quali dirà da poi: & ha diuiſo i ſuoni in ſuoni stabili, & in ſuoni mobili, & ha dichiari­
to
, quali ſiano, & come ſi chiamano questi, & quelli.
In ogni genere ſi può fare l'ordinanza
di
queſti ſuoni.
Stabili ſono quelli, che tra i quindici in ogni ordinanza di Muſica, ſia di qualun­
que
genere o colore ſi uoglia, fermi ſtanno nel ſuo tenore, & grado, come termini delle conſo­
nanze
: perche le conſonanze ſono le iſteſſe in ogni genere: però doueua Vitr trattare prima de i
ſuoni
, de gli ſpatij, de i generi, delle conſonanze, che toccare queſte coſe.
Mobili & mutabili
ſono
quelli, che ſecondo diuerſi generi, & diuerſi colori ſi mutano ne gli ſpatij loro, facendogli
maggiori
, o minori, ſecondo il genere, o il colore.
Ecco tanto nel Tetracordo del genere chro­
matico
, quanto de gli altri, gli eſtremi ſono stabili, perche ſi riſpondeno in conſonanza diateſſa­
ron
; ma le uoci, & i ſuoni di mezo ſi mutano ſecondo i generi, perche l'Armonico ua da dieſi a
dieſi
, il chromatico da ſemituono a ſemiluono, il diatonico da tuono a tuono.
1
ARMONICVM. CHROMATICVM. DIATONICVM. 80[Figure 80]
Ma i ſuoni mobili ſogliono riceuere altre uirtù, perche hanno gli ſpatij, & le diſtanze
creſcenti
.
La proſsima alla prima adunque, detta parhypate, che nello armonico è di­
ſtante
dalla prima una dieſi, nel chromatico è diſtante per un ſemituono, & nel diatonico
dalla
prima per tre ſemituoni, & con le dieci uoci, per li traportamenti loro ne i generi
fanno
una uarietà di canto di tre maniere.
Lo eſſempio è chiaro, & la figura di ſopra lo fa piu chiaro. Seguita adunque.
Cinque ſono i tetracordi, il primo grauiſsimo detto Hypaton da Greci. il ſecondo
mezano
, che ſi chiama meſon.
Il terzo congiunto, chiamato ſynemmenon. Il quarto
diſgiunto
nominato diezeugmenon, il quinto, che è a cutiſsimo ſi dice hyperboleon
1
Il Tetracordo delle prime detto
Hypaton, che è alla parte piu graue è
Hypate hypaton.
Parhypate hypaton.
Lichanos hypaton.
Hypate meſon.
Il Tetracordo delle mazan detto Meſon è
queſto
.
Hypate meſon.
Parhypate meſon.
Lychanos meſon.
Meſe.
Il Tetracordo delle congiunte, detto ſynem­
nunon
è queſto.
Trite ſynezeugmenon.
Paranete ſynezeugmenon.
Nete ſynezeugmenon.
Il Tetracordo delle diſgiunte detto diezeugme­
non
è queſto.
Parameſe.
Trite diezeugmenon.
Paranete diezeugmenon.
Nete diezeugmenon.
Il Tetracordo delle eccellenti, & ſopra acute det
to
hyperboleon, è queſto.
Nete diezeugmenon.
Trite hyperboleon.
Paranete hyperboleon.
Nete hyperboleon.
Congiuntione è quando ſi truoua un ſuono commune a due Tetracordi, continuati, & ſrmili ſe
condo
la figura.
Diſgiuntione, è quando tra due. continuati Tetracordi, & ſimili in figura, è
trapoſto
un tuono.
non niego però, che egli non ſi poſſa truouare alcune ordinanze communi,
che
alcuna fiata ſecondo la congiuntione, alcuna fiata ſecondo la diſgiuntione non ſi facciano.

Tutte
le congiuntioni nella immutabile ordinanza ſono due, la graue, & l'acuta.
La graue, è del
Tetracordo
delle prime, & delle mezanc; l'acuta è del Tetracordo delle diſgiunte, & delle eccel
lenti
.
Nella graue l'hypate prima delle mezane, è il tenore, o ſuono commune della congiuntio
ne
come quì.
Hypate hypaton.
Parhypate hypaton.
Lychanos hypaton.
tetracordo.
Hypate meſon. Congiuntione.
Parhypate meſon.
Lychanos meſon.
Meſe.tetracordo.
Ma la diſgiuntione è una fatta da un tuono
Compreſo dalla mezana, & dalla uicina al­
la
mezana.
Hypate meſon.
Parhypate meſon.
Lychanos meſon.
Meſe.
Parameſe.
diſgiuntione.
Trite diezeugmenon.
Paranete die zeug.
Nete diezeugm.
Ma nella acuta è la nete delle diſgiunte, la quale in quel caſo muta il nome. & per queſto ſo­
no
oltra i quindici, quelli tre ſuoni, che fanno diciotto, che ſono trite, paranete, & nete ſine­
zeugmenon
.
Le conſonanze, che l'huomo può naturalmente cantare, & che in Greco ſi chiamano
ſimfonie
ſono ſei.
Diateſſaron, diapente, diapaſon, diapaſon con diateſſaron, diapa­
ſon
con diapente, diſdiapaſon.
Conſonanza, è temperato meſcolamento di ſuoni acuti, & graui, che dolcemente uiene alle
orecchie
, nata da proportione o moltiplice, o ſopraparticolare.
La conſonanza a due modi s'in­
tende
, ouero in riſpetto di que ſuoni, che dilettano ſolamente, & non peruengono alla perfettione
delle
conſonanze, come i gia detti, che ſi chiamano Emmeli in Greco, cioè atti alla melodia, i
contrari
de i quali ſono detti Ecmeli, cioè fuori di melodia, che non ſi portano dolcemente alle
orecchie
; Ouero riſpetto alla conſonanza maggiore, che contiene tutte le altre.
Le uere conſo­
nanze
, o ſono ſimplici, ouero compoſte.
le ſimplici ſono tre, la diateſſaron poſta in proportione
ſeſquiterza
: la diapente poſta in proportione ſeſquialtera, la diapaſon poſta in proportione dop
pia
.
non è però neceſſario, che da tutte le ſemplici proportioni uenghino le ſemplici conſonanze,
imperoche
dalle ſoprapartienti no i uengono conſonanze.
Le compoſte ſano diapaſon con diapen­
te
, diapaſon con diateſſaron, diſdiapaſon.
Hora eſponeremo ciaſcuna d'eſſe. la diateſſaron da noi
1ſi chiama quarta, abbraccia (come detto hauemo) due tuoni, & un ſemituon minore, ſalta da
qual
riga ſi uuole al ſecondo ſpatio, ouero da qualunque ſpatio alla ſeconda riga abbracciando
quattro
gradi di uoce, & è poſta in proportione ſeſquiterza, come ho detto.
La diapente è det­
ta
quinta: & ſale da ciaſcuna riga alla terza, & da ciaſcuno ſpatio al ter zo per cinque gradi di
uoce
: & è poſta in proportione ſeſquialtera.
Et però ſi come la quarta ſi pone ſopra la corda par
tendola
in quattro ſpatij, & laſciandone uno fuori, coſi la quinta ſi pone partendo la corda in tre
ſpatij
, & laſciandone uno fuori: Et finalmente ogni coſa, che puo far ſuono, neruo, o canna, o
ſia
qual ſi uoglia materia, quando ſia, che uogliamo farla rendere qualche conſonanza.
biſo­
gna
proportionare la grandezza, o gli ſpatij ſuoi con quella riſpondenza, che ricerca quella con­
ſonanza
, che uolemo.
Et con quelle regole gli artefici de gli organi reggendoſi, non anderebbeno
a
caſo, come uanno la piu parte di loro a fure gli inſtrumenti: ma ſapendo ritrouare le linee propor
tionali
ritrouarebbeno al primo tratto le grandezze delle lor canne, o non anderebbeno ad orec­
chie
come uanno, o con le miſure, & ſacome ritrouate da altri.
Hor al propoſito; ſi come la quar
ta
non arriua a tre tuoni, & è piu d'un ditono, per lo ſpatio d'un ſemituono minore, & piu d'un
ſeſquituono
, per lo ſpatio d'un tuono intiero, & occupa ſei dieſi, & due comme: coſi la quinta è
di
tre tuoni, & d'un ſemituon minore, & ſe egli ſe le leua un tuono, reſta la quarta; & leuatole
la
quarta, reſta un tuono.
Et ſtando queſte coſe ſi puo diſcorrere, & trouare, che la diapente o
quinta
, è meno di otto ſemituoni minori, & che ſi fa d'un ditono, & d'un ſeſquituono: & che
la
differenza, che è tra la diapente, & la diateſſaron non è altro, che un tuono.
Le predette
due
conſonanze poſte ſono nelle maggiori ſopraparticolari, che ſiano, che ſono la ſeſquialtera,
& la ſeſquiterza.
Oltra di queſto due diateſſaron, due diapente poſſono far conſonanza,
perche
non ſono in proportione moltiplice o ſopraparticolare, nelle quali hauemo detto eſſer poſte
le
conſonanze.
ma ſono in proportione ſoprapartiente, dalla quale non puo uenire alcuna conſonan
za
: & la ragione è queſta.
Le conſonanze ſi truouano in quelle comparationi d'altezza, & di
baſſezza
di uoci, che hanno manifeſta la loro commune miſura, come nelle moltiplici la doppia,
quella
parte è miſura, che tra due termini è poſta per differenza, ſi come tra due, & quattro il
due
miſura l'uno, & l'altro, tra'l noue, & l'otto; l'unità è miſura, come nelle ſopraparticolari
ſi
truoua nella ſeſquialtera tra quattro, & ſei, il due è commune, & manifeſta miſura dell'uno,
& dell'altro: come del ſei, & dell'otto, che ſono in proportione ſeſquiterza.
& queſto non adi­
uiene
nelle ſoprapartienti, come tra cinque e tre, il due, che è la loro differenza, non miſura
l'uno l'altro: perche ſe egli ſi piglia una fiata due, non arriua al tre, ſe due fiate lo paſſa,
ma
non arriua al cinque, ſe tre fiate paſſa il cinque.
Il ſimigliante ſi uede nel reſtante delle ſopra
partienti
.
La diapaſon da moderni è detta ottaua, & è poſta in proportione doppia, ſi che tut­
ta
la corda alla metà ſuona la ottaua.
ſale da una riga, al quarto ſpatio, o da uno ſpatio alla quar
ta
riga.
è detta diapaſon, cioè per tutte, imperoche ella abbraceia tutti gli ſpatij ſoprapoſti delle
conſonanze
: & è termine delle ſemplici.
Se noi continuaremo cinque tuoni ſopra la corda, non
aggiugneremo
alla meià; ſe ne poneremo ſei, paſſaremo la metà: però la diapaſon, è piu di cin­
que
, & meno di ſei tuoni.
naſce dalla ſeſquialtera, & dalla ſeſquiterza, come hauemo detto nel
terzo
libro.
La ottaua adunque è di cinque tuoni, & due ſemituoni minori: cade da ſei tuonì
per
un Comma, che è quello di piu, che un ſemituono maggiore eccede il minore; & leuando dal­
la
detta la diateſſaron resta la diapente: come leuandone la diapente reſta la diateſſaron: & le­
uandone
un tuono, & la diapente ne reſta un ſeſquituono.
Douemo ſapere, che niuna ſemplice
conſonanza
ſi puo partire in due parti eguali, con certo, & determinato numero, ilche è chiaro
nella
diapente, & nella diateſſaron, perche ſono in proportione ſopraparticolare, la quale non ſi
puo
egualmente partire.
Simile giuditio ſi farà della diapaſon, perche eſſendo i due minimi nu­
meri
di quella conſonanza uno, & due, & non eſſendo il due numero quadrato; ſeguita, che la
diapaſon
, che conſiſte nella proportione di due ad uno, non ſi poſſa egualmente diuidere, me­
no
in piu di due, perche egli è ſtato prouato nell' Arithmetica, che tra due quadrati numeri pro-
1portionalmenteui cade un mezo, & altroue è ſtato detto, che ignote, & irrationali ſono quelle ra
gioni
, che non ſi poſſono con certo, et determinato numero diſegnare.
Quando adunque noto ſia nel
l
'Arithmetica, che dal moltiplicare d'un numero non quadrato in uno, che è quadrato, il prodotto
non
ſia quadrato, & doue queſto non è, non ſi poſſa truouare un mezo proportionato, tra que due nu
meri
: ſeguita, che niuna proportione ſi truoui di mezo tra le moltiplici: hauendo chiaro nella
Arithmetica
, che la mediet à non è altro che uno legamento de gli eſtremi per la comparatione,
che
ha l'uno, & l'altro al mezo.
La diateſſaron, & diapente, è conſonanza compoſta, & è
una
, & non due conſonanze; & ſi chiama undecima.
Altri uogliono, che non ſia conſonanza,
ſe
ben uiene ſoauiſſimamente alle orecchie.
Et ſtando queſto, che ogni conſonanza ſia in propor­
tione
moltiplice, o ſopraparticolare, & non trouandoſi queſta in alcuna ſpecie di quelle, ella non
ſarà
conſonanza ecco ſia a per 1 & b per 2 minimi numeri della diapaſon. Sia c per
4
. & d. per tre minimi numeri della diateſſaron. moltiplico c. in e. cioè quattro in due ne
uiene
8. & ſia queſto e. moltiplico b in d cioè tre in uno, il prodotto è 3. ſia queſto f.
certo
è, che e ad f contiene una doppia, & una ſeſquiterza: perche ſe una proportione aggiu
gnerà
tanto ſopra un'altra, quanto la terza ſopra la quarta, ne naſcerà, che la compoſta della
prima
, & della quarta ſarà eguale alle compoſte delle altre.
Sia adunque, che quanto la pro­
portione
tra 1 & 2 aggiugne ſopra la proportione tra 3 & 4 tanto aggiunga la propor­
tione
, che è tra 2 & 4 alla proportione, cho è tra 8 & 6 dico, che la proportione com­
poſta
delle proportioni di 1 à 2 & di 6 ad otto, ſarà eguale alla proportione delle altre com
poſte
, cioè del 3 & 4 & del 2 & 4 come ſi proua nell' Arithmetica. Hora dico per
queſto
, che lo e. che è 8 non è moltiplice allo f. che è 3 meno ſopraparticolare, come
ſi
uede.
non è adunque il diapaſon con diateſſaron conſonanza. Seguita la diateſſaron con dia­
pente
chiamata duodecima, & è una ſola conſonanza poſta in proportione tripla, perche naſce
da
una doppia, & da una ſeſquialtera.
Sopra la predetta conſonanza è la diapaſon diapente, con
un
tuono, che per non eſſere tra quelle proportioni, che fanno le conſonanze non ſi puo chiamare
conſonanza
, ma però il ſenſo ſe ne diletta, perche peruiene alle orecchie con ſoauità.
Finalmen
te
la diſdiapaſon è la quintadecima, poſta in proportione quadrupla fatta di due doppie: nella
quale
da gli antichi, è poſto il termine della perfetta ordinanza, & l'ultimo grado della uoce.

Ma
poi che hauemo truouato tutte le conſonanze, uediamo come ſi poſſono ordinatamente ponere
ſopra
la data corda.
Sia partita la corda a b in quattro ſpatij eguali, ſegna lo ſpatio quarto,
c
& da quello partendoti uerſo b tanto, che truoui lo terzo ſpatio della corda, & ſia iui d.
d
'indi partendoti pur uerſo b. troua la metà della corda, & ſegna e. d'indi poi alli due terzi
ſegna
f. & in ſomma alli tre quarti ſegna g. dico, che hauerai partita la corda ſecondo le det­
te
conſonanze perche a b & c b ſuonerà la diateſſaron a b & d b la diapente a b &
e
b la diapaſon a b & f b la diapaſon diapente a b & g b la diſdiapaſon.
Et ſe uuoi
dimoſtrare
con numeri queſto compartimento, diuiderai la corda in uentiquattro ſpatij ponendo
queſti
numeri al luogo ſuo 6 8 12 16 18 & trouerai queſte conſonanze come ti moſtra la ſi
gura
, laſciando le lettere in luogo delle quali ſono i numeri 6 in luogo di c. 8 in luogo di d.
12
in luogo di c. 16 in luogo di f. 18 in luogo di g. & gli eſtremi in luogo di a & di b.
81[Figure 81]
1 82[Figure 82]
Et però dal numero hanno preſo i nomi di quelle: percioche quando la uoce ſi ferma
in
una terminatione di ſuoni, piegandoli da quella ſi muta, & peruiene alla quarta ſua ter­
minatione
.
La conſonanza è chiamata diateſſaron. & terminando nella quinta Diapen­
te
, nella ottaua diapaſon, nelle otto & meza diapaſon, & diateſſaron.
nelle noue & meza
diapaſon
, & diapente, nella quinta decima, diſdiapaſon, perche egli non ſi puo fa­
re
conſonanze quando tra due ſpacij, o nella terza, o nella ſeſta, o nella ſettima, il ſuo­
no
delle corde, ouero il canto della uoce ſarà formato.
Ma come di ſopra hauemo ſcrit­
to
, la diateſſaron, & la diapente hanno i loro termini conuenienti, dalla natura della uo­
ce
conforme nell'ordine alla diſdiapaſon, & i concenti naſceno dalla congiuntione de i
ſuoni
phthongi da Greci nominati­
L'ordine della diſdiapaſon, che è la quintadecima, & è la perfetta conſonanza, come quella,
che
abbraccia ne gli ſuoi ſpacij, & contiene ſotto di ſe tutte le altre, fa che i termini della diateſ­
ſaron
, & della diapente ſiano poſti, la doue ſono: & finalmente tutti i gradi ſi riferiſceno a quel
la
intentione di peruenire alla quintadecima.
Et qui ſia fine del trattamento Muſicale, quanto
puo
baſtare allo intendimento di Vitru. in altro uolemo riprendere Ariſtoxeno, che forſe ha
hauuto
altre intentioni, che non ſono coſi compreſe, & per queſto pareno ad alcuni imperfette.
De i uaſi del Theatro. Cap. V.
ET coſi da ſimiglianti inueſtigationi con Mathematici diſcorſi ſi fanno i uaſi
di
rame ſecondo la grandezza del Theatro, & quelli ſi fanno in modo, che
quando
ſono toccati poſſono fra ſe rendere la diateſſaron, & la diapeute in
ordine
alla diſdiapaſon.
Dapoi tra le ſedi del Theatro con ragione di Muſi­
ca
ſi deono collocare nelle celle a queſto fine apparecchiate, ma di modo, che non toc­
chino
alcun parete, & habbiano d'intorno il luogo uuoto.
& dalla ſommità del capo loro
habbiano
ſpacio, & ſiano riuolti in giu, & habbiano da quella parte, che riguarda i Thea­
tri
, i cunei ſottopoſti.
ſiano di ferro quelli cunei, meno alti di mezo piede. & all'in­
contro
di quelle celle laſciate ſiano le apriture a i letti de i gradi inferiori lunghe due pie­
di
, alte mezo.
Poi che ſapemo in che proportione conſiſta ogni conſonanza, uolendo noi preparare que uaſi
di
rame, che uſauano gli antichi di diſporre ne i Theatri, accioche la uoce piu chiaramente, &
1con ſoauit à fuſſe udita. Vitr. prima dice come ſi hanno a riſpondere in conſonanza l'uno, all'altro,
poi
come ſi hanno a porre, & che effetto facciano.
Quanto adunque allo accordargli, dice che
biſogna
fargli in modo, che quando ſono tocchi o dalla uoce, o da altra coſa, rendino fra ſe le
dette
conſonanze, diateſſaron, & diapente, con queſta conditione, che l'una, & l'altra ſiano or­
dinate
alla diſdiapaſon; ma egli non dice il modo di proportionare que uaſi, ſi che rendino queſte
conſonanze
: però biſogna quiui porui del buono, & ſapere le proportioni de i corpi, cioe come
uno
corpo ſia riſpetto ad un' altro, o in doppia, o in ſeſquialtera, ouero in ſeſquiter za proportio­
ne
.
perche come ho detto piu uolte, quella proportione, che è tra ſpacio, e ſpacio, & tra corpo, e
corpo
, è anche tra ſuono, & ſuono, quando ſia che quelli ſpacij, o que corpi poßino render ſuo­
no
.
Queſta pratica dipende dal ſapere truouare tra due linee due altre di mezo proportionali,
ilche
come ſi faccia, ſi dimoſtra da noi diffuſamente nel nono libro.
Proportionati, che ſaranno
que
corpi de i uaſi; biſogna preparare il luogo doue hanno a ſtare.
queſti luoghi ſono da Vitru.
celle
nominati, & que uaſi deono eſſer dirame, perche è materia, che ha piu dello aere, & ri­
ſuona
bene, & perche il ſuono ci uenghi piu chiaro biſogna, che non tocchino da alcuna parte
o
muro, o altro, che impediſca il ſuono, & che ſiano uacui, & che dalla ſommità del capo loro
habbiano
ſpacio, perche meglio u'entri la uoce, & ſiano riuolti in giu con le bocche loro, perche
la
uoce ſottentri, dico riuolti ſi, che ſtiano come diſteſi.
& perche quelli deono eſſere ſoſtentati
in
qualche modo, non potendo ſtare in aere come la arca di Maumeth: però da quella parte, che
rig
uarda i Theatri habbiano i cunei ſottopoſti, ſi che non ſiano ſoſpeſi come le campane, ma ſia­
no
ſopra cunei di ferro non meno alti dimezo piede, per dare ſpacio ſotto i uaſi, accioche non toc
chino
da alcuna parte.
& all'incontro di quelle celle dentro lequali deono ſtare que uaſi, ſiano la­
ſciate
le apriture a i letti de i gradi inferiori, lunghe due piedi, alte mezo.
coſi credo io per dar
luogo
alle bocche di que uaſi riuolte uerſo il Theatro.
& che que cunei ſiano uicini alla bocca,
per
che non tocchino il corpo del uaſo.
Ma in che luogo egli ſi habbia a diſegnar le celle, coſi è neceſſario di dichiarire. Se
il
Theatro non ſarà molto ampio, & grande, ſia diſegnata l'altezza di mezo per trauerſo,
& in quella ſiano a uolti fatte tredici celle, diſtanti per li do dici ſpacij eguali, in modo, che
que
ſuoni, che ſono ſtati deſcritti di ſopra, ſonando all'ultima delle eccellenti detta ne­
te
hyperboleon, ſiano poſti prima nelle celle, che ſono nelle eſtreme corna dall'una, &
l
'altra parte.
Cioe partiſcaſi la parte di mezo dell'altezza a torno il Theatro in dodici ſpacij eguali con tre­
dici
celle, & quelle celle, che ſaranno ſopra le corna della cinta una per teſta, che Vitru. chiama
prime
, haueranno i uaſi proportionati al piu alto ſuono, & piu acuta uoce, che ſia, detta nete hy­
perboleon
, & tra loro ſaranno uniſoni, & di grandezza minore a tutti gli altri.
la cella di me­
zo
contenirà quel uaſo, che tenir à il luogo, & il ſuono della mezana i ſecondi uaſi preſſo a quel­
li
, che ſono ſu gli eſtremi, ſuoner anno, la diateſſaron alla ultima delle diſgiunte, & ſaranno tra
ſe
uniſoni.
& però dice Vitru.
I ſecondi da gli eſtremi ſuonino la diateſſaron all'ultima delle diſgiunte. I terzi uaſi di
qua
, & di la ſuonino la diateſſaron alla uicina alla mezana.
Ecco che Vitr. ua di Tetracordo in Tetracordo pigliando ſolamente gli estremi termini, cioè
quelli
, che fanno la conſonanza, & laſciando i ſuoni di mezo ſuonano all'ultima delle congiunte.

queſta
è per un tuono diſtante alla di ſopra, detta par ameſe, o uicina alla mezana, per rinchiu­
dere
l'ottocordo con l'ultima delle eccellenti, & è da ſapere, che i uaſi, che ſi danno a i ſuoni piu
baßi
, ſiano maggiori di corpo, & che uadino con proportione ſcemando.
I quarti ſuonino la diateſſaron alla ultima delle congiunte. I quinti ſuonino la dia­
teſſaron
alla mezzana.
I ſeſti ſuonino la quarta alla prima delle mezane, & nel mezo è un
uaſo
ſolo, che ſuona la diateſſaron alla prima delle prime.
Et coſi con queſto diſcorſo par
tendoſi
la uoce dalla ſcena, come da uno centro raggirandoſi a torno, & toccando le con-
1cauità di ciaſcuno di quelli uaſi, riſueglierà una chiarezza di ſuono aumentata, & farà riſ­
ſuonare
una conueniente conſonanza.
Quelli uaſi adunque non ſolo faceuano la uoce piu chiara, ma rendeuano anche conſonanza,
& melodia.
ma biſogna bene conſiderare come er ano tocche accioche ſuonaſſero. io non ſo come
la
uoce de recitanti poteſſe fare quello effetto: & ſe pure ella lo faceſſe, come que uaſi riſpondeſ­
ſero
, ſe forſe finche la uoce fuſſe in conſonanza con que uaſi, come ſuole una corda di uno liuto me
uerſi
quando un'altra corda d'un' altro liuto è tocca, & è della medeſma conſonanza.
Ne i Thea­
tri
minori ſi poneua un'ordine di queſtiuaſi, nel mezo dell'altezza del Theatro diſpoſti d'intorno
la
cinta de i gradi nelle lor celle, & accordati ſecondo quel genere, che fuſſe piacciuto a chi gli
ordinaua
.
ma io credo, che fuſſero ſecondo il genere Armonico, perche Vitru. lo dice.
Ma ſe la grandezza del Theatro ſarà piu ampia, allhora ſi partirà l'altezza in quattro
parti
, perche ſi facciano tre ſpacij, per le celle trauerſe.
di queſte parti una ſi darà al gene­
re
Armonico, l'altra al chromatico, la terza al diatonico; & dal baſſo la prima regione ſi
darà
all'ordinanza dell'Armonia, ſi come hauemo detto di ſopra nel Theatro minore.

Ma
nella prima parte dell'ordine di mezo ſi hanno a porre nelle eſtreme corna quelli uaſi,
che
riſpondino alle eccellenti del genere chromatico: ne i ſecondi da queſti la diateſſaron
alla
chromatica delle diſgiunte, ne i terzi la diapente alla chromatica delle congiunte: ne
i
quarti la diateſſaron alla chromatica delle mezane; ne i quinti la diateſſaron alla chro­
matica
delle prime: ne i ſefti alla uicina alla mezana.
perche queſti ſuoni hanno corri­
ſpondenza
di conſonanza, & della diapente con la chromatica delle eccellenti, & della
diateſſaron
con la chromatica delle congiunte.
ma nel mezo non ſi deue ponere alcun
uaſo
, perche nel genere chromatico niun'altra qualità di ſuoni puo hauere conſonanza
di
ſinfonia.
Egli ſi deue auuertire, che quando Vitr. dice, che nella prima parte dell'ordine di mezo ſi han
no
a porre nelle eſtreme corna quelli uaſi, che riſpondino alle eccellenti del genere chromatico,
non
piglia la nete hyperboleon, ma una di quelle hyperbolee, cioè la Trite hyperboleon: & coſi
di
ſotto nel genere diatonico egli piglia la nete hyperboleon per prima ſu la estreme corna.
Al­
trimenti
ſe egli pigliaſſe in tutti tre i generi per prime la nete hyperboleon, non ci ſarebbe differen
za
tra un genere, & l'altro, perche tutti i termini de i Tetracordi ſarebbeno gli iſteßi, perche
quelli
ſuoni ſono ſtabili, come termini delle conſonanze.
da queſti principij ſi hanno gli altri ſuoni,
come
dimoſtra la figura.
Ma nella diuiſione di ſopra, & regione delle celle, ſi hanno a porre i uaſi nelle prime
corna
ſuonanti alla diatonica delle eccellenti, ne i ſecondi la diateſſaron alla diatonica del
le
diſgiunte; ne i terzi la diapente alla diatonica delle congiunte, ne i quarti la diateſſaron
alla
diatonica delle mezane, ne i quinti la diateſſaron alla diatonica delle prime, ne i ſeſti
la
diateſſaron, alla proslamuanomenon.
nel mezo alla mezana, perche quella riſponde la
diapaſon
alla proslamuanomenon, & la diapente alla diatonica delle prime.
Quello che Vitru. ha detto fin qui, ci ſarà manifeſto per la figura qui ſotto. dice egli.
Ma chi uorrà ridurre facilmente a perfettione queſte diſegnationi, auuertiſca alla fi­
gura
diſegnata nel fine del libro, con ragione di Muſica, laquale Ariſtoxeno con gran ui­
gore
, & induſtria partendo i canti per generi laſciò formata, & da quella diſegnatione
(ſe alcuno ui porrà mente) potrà ordinare con queſti diſcorſi, & ridurre a perfettione i
Theatri
, & alla natura delle uoci, & al diletto de gli aſcoltanti.
Perche noi non hauemo eſſempio, altra memoria altroue, è neceſſario che crediamo a
Vitru
. però di queſto non ne diremo piu oltre, perche (come dice Leon Batiſta) queſta coſa è faci­
le
da dire, ma quanto facilmente ella ſi poſſa eſſeguire con l'opra, lo ſanno gli eſperti.
ſi uede, che
i
Romani non uſauano queſti uaſi.
Potrebbe forſe dire alcuno, che per molti anni ſtati ſono molti Theatri a Roma,
183[Figure 83]
1però in alcuno di quelli, ſi ha hauuto alcuna conſideratione di queſte coſe. Ma, chi dubi­
ta
, erra in queſto, imperoche tutti i publici Theatri, che ſono fatti di legno, hanno mol­
ti
tauolati, i quali neceſſario è, che rendino ſuono.
Et queſto ſi puo auuertire da i Ci­
tharedi
, i quali quando uogliono cantare col tuono di ſopra, ſi riuoltano alle porte della
ſcena
, & coſi dallo aiuto di quelle riceueno la conſonanza della uoce.
Ma quando di ſoda
materia
, cioè di pietra, di cementi, o di marmo ſi fanno, che ſono coſe che non poſſono
riſuonare
, allhora ſi deono eſplicare con queſta ragione da quello, che detto hauemo.

Ma
s'egli ſi cercaſſe in qual Theatro di Roma que uaſi ſi trouino, certamente non lo po­
temo
dimoſtrare.
bene nelle parti d'ltalia, & in molte città de Greci, Oltra, che haue­
mo
per capo, & autore L. Mummio, ilquale ruinato il Theatro de' Corinthi, portò a Ro­
ma
i uaſi di rame di quel Theatro, & delle ſpoglie dedicogli al Tempio della Luna: & an­
che
molti ſuegliati Architetti, che in picciole città hanno fatto farei Theatri, per la ca­
reſtia
eletti i dogli di creta coſi riſuonanti, & con queſta ragione compoſti hanno fatto
effetti
di grandiſsima utilità.
Della conformatione del Theatro.
Cap. VI.
MA la conformatione del Theatro ſi deue fare in queſto modo. che prima ſi
ueda
quanto grande eſſer deue la circonferenza della pianta, & poſto nel me
zo
il centro ſia tirato un circolo, nel quale ſi fanno quattro triangoli eguali,
& di ſpatij, & di lati, che tocchino la eſtrema linea della circonferenza.
& ſo
no
queſti a ſimiglianza di quelli, che gli Aſtrologi nella deſcrittione de i dodici ſegni ce­
leſti
da una conuenienza muſicale, che hanno le ſtelle tra ſe ſogliono diſcorrendo cauare,
Di
queſti rrianguli, quello il cui lato ſarà proſsimo alla ſcena da quella parte, che egli ta­
glia
la curuatura del cerchio, iui ſia fatta la fronte della ſcena, & da quel luogo per lo cen­
tro
ſia tirata una linea egualmente diſtante, la quale ſepari il pulpito del proſcenio, & ol
ſpatio
dell'orcheſtra.
& con queſta ragione il pulpito ſarà piu largo, che quello de Greci.
perche
tutti gli artefici preſtano l'opera loro nella ſcena.
Ma nella orcheſtra ſono diſe­
gnati
i luoghi alle ſedi de i ſenatori.
La ſcena è la fronte del Theatro, alla quale ſia tirato una linea egualmente diſtante, che paſſi
per
lo centro, la qual ſepari il pulpito (cioè, il luogo piu alto, che è auanti la ſcena, ſopra la
quale
ſi recitauano le fauole) dalla parte dell'orcheſtra.
Orcheſtra era luogo nel mezo del Thea
tro
nel piano, doue ſtauano i ſeggi de i ſenatori, appreſſo Romani.
Altrimenti la Orcheſtra era
del
choro, & de i muſici: La ſcena de gli attori.
Quando adunque in uno circolo hauerai forma
to
quattro triangoli di lati eguali, che tocchino con le punte loro la circonferenza, prenderai
uno
di quelli lati per la fronte della ſcena, & poi a quello tirerai una linea egualmente diſtante,
che
paſſi per lo centro, che ſia come un diametro, equidiſtante alla fronte della ſcena, che ſepari
il
pulpito del proſcenio dall'orcheſtra.
I Theatri de i Greci ſono differenti da i Theatri de i Latini,
perche
i Greci nel mezo del piano induceuano i ſaltatori, & i chori, & haueuano minor pulpito,
& quel piano delli ſaltatori, ſi chiamaua orcheſtra.
Ma Romani, perche nel pulpito rappreſen
tauano
ogni coſa, però era neceſſario, che'l pulpito loro fuſſe maggiore, accioche con quello ue­
niſſero
piu auanti, & meglio s'accommodaſſero irecitanti, & imuſici.
L'altezza del pulpito non ſia piu di cinque piedi, accioche quelli, che ſederanno nell'or­
cheſtra
poſsino uedere i geſti di tutti i recitanti.
Siano partiti i cunei de gli ſpettacoli nel
Theatro
in modo, che gli anguli de i trianguli, che uanno a torno la circonferenza del cer
chio
deſcritto drizzino le aſceſe, & le ſcale tra i cunei fino alla prima cinta.
1
Data l altezza del pulpito di piedi cinque, Vitr. c'inſegna doue, & in che modo douemo driz­
zar
le ſcale, & le aſceſe.
Haueuano i Theatri d'intorno i ſuoi gradi, & ogni tanti gradi era
una
cinta, cioè un piano, ſopra'l quale ſi caminaua.
Tre erano le cinte, che Vitr. chiama precin­
ctioni
, la prima alla parte piu baſſa, la ſeconda nel mezo, & l'altra di ſopra, & quella ſcala,
che
conduceua fino alla prima cinta non ſeguitaua fino alla ſeconda, ma tra mezo nella ſeconda
cinta
era un'altra ſcala, che ci conduceua alla terza; & coſile ſcale non erano dritte, & d'una
ſalita
.
Imaginiamoci adunque, che gli anguli di quelli dodici trianguli, che hauemo formati,
indrizzino
le apriture alle ſalite, & formino quaſi un cuneo.
Voglio adunque, che que cunei,
che
ci conduceno alla prima cinta, in quella ſiano terminati, & quelli, che uanno dalla prima al
la
ſeconda cinta, rincontrino con gli anguli tramezati: & coſi quelli, che uanno alla terza cin­
ta
, non riſpondino a quelli, che ci hanno condotti alla ſeconda, ma a gli altri di mezo, alternan­
do
i tagli, & le apriture; ſiano ſette le apriture, & al centro drizzate egualmente diſtanti l'una
dall
'altra, una delle quali nel mezo del ſemicircolo, ſia piu ampia, & piu aperta, due ne ſiano
una
dalla deſtra, l'altra dalla ſiniſtra del diametro, o due per parte tra quella di mezo, & queſte
eſtreme
all'incontro una dell'altra.
& coſi le aſceſe ſaranno compartite giuſtamente. ſi puo anche
fare
altre aſceſe, & uſcite ſecondo la capacità del Theatro, ilche ſi rimette alla neceſſità del luo
go
.
ma nelle predette ſcale maeſtre, faceuano capo altre ſalite coperte (come ho detto di ſopra)
per
la commodità delle perſone.
Queſti cunei adunque erano coſi compartiti, & andauano alle
prime
cinte.
Ma di ſopra con alternati ſentieri ſiano drizzati i cunei di mezo: Et quelli cunei, che
ſono
da baſſo, & drizzano le ſalite ſaranno ſette; ma gli altri cinque diſegneranno la com
poſitione
della ſcena; tra quali, quello, che ſarà nel mezo all'incontro deue hauere le por
te
maeſtre.
i due, che ſaranno alla deſtra, & alla ſiniſtra diſegneranno le compoſitioni
delle
foreſtarie, che hoſpitali chiamano.
gli ultimi due riguarderanno le uie nel uoltar del­
le
cantonate.
Le porte regie nel mezo della ſcena, gli hoſpitali dalle bande, & doue ſi uoltaua per uſcir fuo­
ri
, riſpondeua al reſtante de i dodici cunei, cioè a cinque.
Dalla ſcena alle corna del Theatro era­
no
portichi, non continui in modo, che toccaſſero le corna, (benche queſto ſi comprenda in al cu­
ne
piante) ma erano queſti portichi come ale della ſcena.
ma che importa ſe Vitru. intendeſſe per
quel
nome di uerſura, quello, che ueramente ſi deue intendere, quando finito un lato, ſi uolta al­
l
'altro ſopra una cantonata?
come anche nel terzo libro ſi uede, che egli ha uſato quel nome in
queſta
ſignificatione?
& anche nel fine del ſeguente capo piu chiaramente lo dimoſtra. Dice poi.
I gradi de gli ſpettacoli doue s'hanno a porre i ſeggi non ſiano meno alti d'un palmo,
& d'un piede, piu d'un piede, & ſei dita, ma le larghezze loro non piu di due piedi, &
mezo
, meno di due piedi.
I gradi de gli ſpettacoli, cioè l'opera di pietra, doue ſi ſtaua ſedendo a uedere d'intorno il Theatro
non
ſiano meno alti di cinque palmi, cioè uenti dita, piu d'un piede & ſei dita.
Erano anche nel
l
'Orcheſtra preparati i luoghi da ſedere per li grand'huomini, & Senatori, compoſti in luoghi piu
alti
.
iui ſi portauano le ſedi honorate, a tempo; & però ſi legge, che per le parole di Naſica moſ
ſa
la prudenza de ſenatori, uietò che i ſubſellij, che ſi portauano a tempo nel Theatro & s'erano
anche
cominciati a porre in uſo dalla città, portati fuſſero, & poſti ne i luoghi loro.
Ecco che pa­
re
che i ſubſellij, o ſeggi doue ſtauano i nobili, erano portati, & poſti, & ſi leuauano, & il luogo
loro
era ſopra alcuni gradi leuati dal piano dell'Orchestra.
Per cinquecento, & cinquanta ot­
to
anni il ſenato meſcolato col popolo era preſente a gli ſpettacoli; ma questa uſanza Attilio Se­
rano
, & L.
Scribonio edili, ſeguitando la ſentenza del maggior' Affricano leuarono, ſeparan­
do
i luoghi del Senato da i luoghi del popolo: per ilche l'animo del uulgo ſi riuolſe da Scipio­
ne
, & il ſuo fauore fu grandemente conquaſſato.
ſeguita la pianta, il Perfilo, & lo impiè del
Theatro
.
1
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1
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184[Figure 84]
1
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185[Figure 85]
1 86[Figure 86]
1
Del tetto del portico del Theatro.
Cap. VII.
IL tetto di quel portico del Theatro, che ſta ſopra l'ultimo ordine de i gradi ſu
periori
ſi fa ad egual liuello dell'altezza della ſcena: & la ragione è, perche la
uoce
creſcendo egualmente peruenirà, & al ſommo ordine de i gradi, & al
tetto
; perche ſel portico non ſarà eguale all'altezza della ſcena, quanto meno
egli
ſarà alto, la uoce ſarà portata inanzi a quella altezza, alla quale prima peruenirà.
Io ho detto, che queſto portico era ſopra i gradi, & come un corridore aperto uerſo il piano
del
Theatro, ma ſerrato di dietro faceua riſuonare la uote mirabilmente.
Leon Battiſta lo chia
ma
circonuallatione, & dice, che era fatto per reſtrignere, & unire la uoce, & che ſopra, co­
me
per cielo del Theatro, & per la uoce, & per l'ombra ſi tiraua una uela ornata di ſtelle.
Que
ſto
portico era fatto molto maeſtreuolmente, perche haueua ſotto altri colonnati, & altri porti­
chi
per ſoſtenimento di quelli di ſopra, ma aperti nella parte eſteriore; & queſto ſi faceua ne i
Theatri
di molta grandezza: & ſi faceuano doppi, perche al tempo delle pioggie, le genti ſi po­
teſſero
meglio riparare.
I colonnati loro erano di opra ſoda, & ferma, & i loro lineamenti era
no
cauati dalla ragione de gli archi, de i quali il ſopradetto ne ragiona copioſamente.
La Orcheſtra tra i gradi inferiori quanto grande hauerà il ſuo diametro, prendiſi la ſe­
ſta
parte di quello, & nelle corna, & d'intorno a gli aditi a liuello di quella miſura ſiano
tagliati
i ſeggi inferiori; & la doue ſarà fatto il taglio, iui ſiano poſti i ſopracigli delle
uie
, perche a queſto modo le loro conformationi haueranno baſteuole altezza.
Il primo ordine de i gradi non era ſubito alzato da terra, percioche ſarebbe ſtato troppo baſſo,
eſſendo
i gradi baſſi, & eſſendo i ſedili nell'orcheſtra piu alti: però uuole Vitr. che ſi pigli la ſeſta
parte
del diametro dell'orcheſtra, & che quella ſia l'altezza di quel muretto, che circonda l'or
cheſtra
, & ſecondo quell'altezza dinanzi ſi deono tagliare i primi gradi da baſſo nelle corna, &
d
'intorno gli aditi, & doue ſaranno quelli tagli ſiano poſti i ſopracigli delle uie.
& per ſopracigli
intende
ſopra limitari, ſecondo, che egli ha inteſo nel quarto libro trattando de i compartimenti
delle
porte.
Erano alcune apriture, che andauano alle ſalite, & alle ſcale drizzate ſecondo iou
nei
, che pone Vitr. di ſopra.
La lunghezza della ſcena ſia doppia al diametro dell'orcheſtra. L'altezza del poggio
dal
liuello del pulpito con la ſua cornice, & gola ſia per la duodecima parte del diametro
dell
'orcheſtra.
ſopra il poggio ſiano le colonne, con i capitelli, & baſamenti la quarta
parte
dello iſteſſo diametro.
Gli architraui, & adornamenti di quelle colonne per la quin
ta
parte.
il parapetto di ſopra con la onda, & con la cornice ſia pur la metà del parapetto,
o
poggio di ſotto, & ſopra quel parapetto ſiano le colonne alte per un quarto meno, che
le
colonne di ſotto.
Gli architraui, & gli ornamenti di quelle colonne, per la quinta.
Ma
ſe egli ſarà anche il terzo componimento ſopra la ſcena, ſia il parapetto di ſopra, per
la
metà del parapetto di mezo, & le colonne di ſopra ſiano meno alte la quarta parte del­
le
colonne di mezo.
gli architraui, & le cornici di quelle colonne habbiano ſimilmente
la
quinta parte dell'altezza.
Dice Leon Battiſta, che le fondamenta di quelli pareti, che aſcendeno a gli ultimi gradi, &
piu
lontani dal centro, cioè dall'ultima, & piu larga cinta ſi deono gettare tanto lontani dal cen
tro
, quanto è il ſemidiametro del piano di mezo con un terzo di piu, ma i primi gradi, cioè quelli
che
ſono di dentro, & piu baſſi, cioè doue ſi comincia la graduatione, non deono ſubito comin­
ciare
dal piano, ma ne i gran Theatri ſi deue leuare un muro dal piano, o parete alto per la nona
parte
del ſemidiametro del piano di mezo; ma ne i Theatri minori, non ſi leuerà quel parete piu
187[Figure 87]
188[Figure 88]
1di ſette piedi; ſopra quelli muri ſi deono cominciare i gradi di quella miſura, che Vitr. ci ha dimo
ſtrato
.
Queſta intentione pare, che Vitr. accenni di ſopra nel terzo capo, & qui anche ragio­
nando
di quel taglio, che ſi fa per li ſeggi nella circonferenza interiore, & per li ſopracigli delle
uie
.
Et per ſeggi egli intende i primi gradi. Ragiona poi della lunghezza della ſcena, che deue
eſſer
doppia al diametro dell'orchestra.
La doue ſe il diametro ſarà di piedi ſeſſanta, la lunghez
za
della ſcena ſarà di piedi cento, & uenti.
perche ſeſſanta piedi della ſcena anderanno per mezo
il
diametro, dell'orchestra, & trenta per parte per mezo le corna del Theatro.
Egli ci da poi
l
'altezza del poggio.
Poggio è come un parapetto nella fronte della ſcena. la cui parte di ſotto,
che
uiene uerſo l'orcheſtra è il pulpito.
ſopra il pulpito adunque, & dal liuello di quello a faccia
de
gli ſpettatori, alzar ſi deue il primo parapetto per la duodecima parte dell'orcheſtra.
cinque
piedi
è alto il pulpito, cinque il parapetto.
Et qui è da conſiderare, che il diametro della orche­
ſtra
, ci da la miſura, & il fondamento del tutto.
per la duodecima parte adunque, del diametro
dell
'orcheſtra, è alto il poggio abbracciando la cornice, & la liſi, che onda, cimaſa, o golaſi
puo
chiamare: ma doue ſia tratto queſto uocabolo di liſi, io non ho truouato fin hora.
Lix in
Greco
è una pietra larga, & obliqua; & ſe Vitr. diceſſe Lixis potrebbe intendere quella pietra
del
poggio piana, ſopra la quale l'huomo ſi appoggia.
Le colonne con i capitelli, & baſe ſiano al
te
per la quarta parte del diametro dell'orcheſtra, & coſi ſarebbeno di quindici piedi eſſendo il
diametro
della orcheſtra ſeſſana.
Sopra quelle colonne, & ſopra i loro ornamenti ui andaua il
ſecondo
ordine; & quell'ordine di ſopra era detto Epiſcenos, quaſi ſopra ſcena, ouero aggiunta
della
ſcena: & ne i gran Theatri ſi andaua anche al terzo ordine, & tanto aſcendeua, che ag­
guagliaua
il tetto del portico di ſopra: anzi egli ſi continuaua a torno con quelle iſteſſe miſure: &
però
Vitr. non ragiona di quelle miſure, perche ſono le iſteſſe della terza epiſcenos.
Dal profilo
del
Theatro poſto in forma grande, ſi comprenderanno molte coſe da noi dichiarite ſecondo la in­
tentione
di Vitr. benche nelle altezze delle colonne hauemo, alquanto uariato, per la ragione,
che
dice qui ſotto.
in ogni Theatro a tutte le ragioni, & effetti poſſono corriſpondere le miſure, & i
compartimenti
.
Ma e neceſſario che lo architetto auuertiſca con che proportioni biſo­
gna
ſeguire i compartimenti, & con che ragione egli debbia alla natura, o alla grandez­
za
del luogo reggere l'opera & ſeruirle.
Imperoche ci ſono delle coſe & nel picciolo, &
nel
gran Theatro, che di neceſsità deono tenere, la iſteſſa grandezza.
perche coſi l'uſo ri­
chiede
: come ſono i gradi, le cinte, i parapetti, le uie, le ſalite, i pulpiti, i tribunali,
& ſe altre coſe tra mezo correno, delle quali la neceſsità ci sforza partirſi dalla ſimme­
tria
, accioche l'uſo non ſia impedito.
Similmente ſe egli ci mancherà la copia come del
marmo
, del legname, & delle altre coſe, che ſi apparecchiano per la fabrica, non ſarà fuo
ri
di propoſito di leuare, o di aggiugnere alquanto, pure che queſto troppo ſcioccamen­
te
non ſi faccia, ma con giudicio, & ſentimento; & queſto auuerrà ſe lo Architetto ſarà
pratico
, & oltra di queſto ſe egli non ſarà ſenza preſtezza, & ſolertia d'ingegno.
Et però chi uede le membra delle opere antiche, & truoua coſa, che paia fuori de gli ammae­
ſtramenti
di Vitr. (come s'è detto altroue) non deue di primo tratto biaſimare o Vitr. o le opere,
perche
non puo ſapere quello, che portaua la neceſſità, & quanto in tutto'l corpo quel membro
teneua
la ſua ragione.
Vitr. ſe ne auuidde di queſta ſorte d'huomini, & in ogni luogo dapoi, che
egli
ci ha dato le ſimmetrie, & le proportioni delle coſe, egli ci fa auuertiti come douemo uſare
quella
moderatione, che richiede il preſente biſogno.
Noi hauemo interpretato cinte, quella pa
rola
, che egli ha uſato dal Greco, diazonata, & altroue ha detto præcinctiones.
Et coſi biſogna
auuertire
, che bene ſpeſſo Vitr. uſa piu uocaboli d'una iſteſſa coſa, come di ſopra ha detto onda,
quello
, che altroue ha chiamato cymatium.
Tribunale egli chiama tutte quelle parti, alle quali s'aſcem
de
per gradi; & nel quarto libro noi ne hauemo detto a baſtanza.
Le coſe adunque nominate da
Vitr
. deono in ogni Theatro hauere i compartimenti medeſimi, perche ſono parti neceſſarie, &
accommodate
all'uſo.
1
Ma le ſcene habbiano le loro ragioni eſplicate in modo, che le porte di mezo habbia­
no
gli ornamenti d'una ſala regale, & dalla deſtra, & dalla ſiniſtra ſiano gli hoſpitali; ma
longo
quelli ſpacij, che ſi fanno per ornamento.
i quali da i Greci ſono detti periachi, per­
che
in que luoghi ſi girauano le machine, che hanno i triangoli, che ſi riuolgeno.
In cia­
ſcuno
tre ſono le ſpecie de gli ornati, & apparati.
queſte machine ſi hanno a uoltare, & a
mutare
l'aſpetto de gli ornamenti loro nelle fronti; ouero quando ſi deono mutare le fa­
uole
, ouero quando uenir deono i Dei con tuoni repentini.
Lungo quelli luoghi ſono le
cantonate
, & uolte, che ſi porgeno auanti, lequali fanno l'entrate & gli aditi nella ſcena,
l
'una dal foro, l'altra da qualche altra parte, donde ſi uegna.
La porta di mezo, che riſponde al cuneo di mezo de i cinque, che ſi danno alla ſcena, era det­
ta
Regia da gli ornamenti ſuoi.
Eranui altre porte una dalla deſtra, & l'altra dalla ſiniſtra di
modo
, che la fronte della ſcena haueua tre gran nicchi, come ſi uede nella pianta, in quelli erano
drizzate
le machine triangulari, che ſi uoltauano ſopra perni, & in ciaſcuna facciata era di­
pinto
l'ornamento ſecondo la fauola, che ſi deueua rappreſentare.
perche in una facciata era la
proſpettiua
d'una ſcena Comica, nell'altra la Tragica, nell'altra la Satirica, & ſecondo la occa­
ſione
uoltauano quelle fronti.
Da queſte machine parlauano i Dei dal di ſopra, s'udiuano i tuoni
nella
lor uenuta, fatti con utri di corami gonfi, o di pelli tirate, come ne i Tamburri, che uſamo, &
con
ſaßi dentro, che faceuano un ribombo grandiſſimo.
& per queſto modo ſeruauano il decoro,
non
laſciando che i Dei ſi uedeſſero in ſcena.
Coſi appreſſo di Sofocle nello Aiace flagellifero Pal
lade
parla con Vliſſe, & non ſi uede.
& egli dice, che la uoce di quella Dea non ueduta, aſſimi­
glia
al ſuono d'una tromba da guerra, che commoue tutto l'huomo, quando ella ſi ſente ſuonare
all
'arme.
Queſte machine adunque ſi riuolgeuano ſecondo il biſogno & dauano luogo all'entra
te
, rappreſentando le uie l'una, che ueniſſe dalla piazza, & l'altra, d'altronde.
& la figura ci
dimoſtra
il tutto.
Di tre ſorti di Scene. Cap. VIII.
Tre ſono le ſorti delle Scene, una è detta Scena Tragica, l'altra Comica, la ter­
za
Satirica.
Gli ornamenti di queſte ſono tra ſe diuerſi, & con diſeguale com
partimento
ſi fanno.
imperoche le ſcene Tragiche ſi formano con colonne,
Frontiſpicij
, figure, & altri ornamenti regali.
le Comiche hanno forma di
priuati
ediſicij, di pergolati, o corritori, & proſpettiue di fineſtre diſpoſte ad imitatione
de
i communi e dificij, ma le Scene Satiriche ſono ornate di alberi, & di ſpilonche, & di
monti
, & d'altre coſe ruſticali, & agreſti in forma di giardini.
I Tragici recitauano i caſi de i Tiranni, & de i Re. a queſti conueniuano ornamenti regali, pa­
lagi
, loggie, colonnati: però la facciata del triangolo, che era per la Tragedia haueua queſti edi­
ficij
, che haueuano del grande, ornati & dipinti.
I Comici rappreſentanano coſe quottidiane, &
attioni
di gente baſſa, però la ſcena loro dimoſtraua forme di priuati edificij.
i Satirici portauano
coſe
ſilueſtri, & boſcarecci conuenienti a paſtori aninfe & ſimili coſe; però la ſcena era di uer­
dure
, d'acque, di paeſi di lontani colorita.
& era mirabile inuentione quella delle dette machine
triangolari
, & uerſatili, perche drieto una fauola Tragica era pronto l'apparato d'una comedia;
& drieto la comedia ſi poteua ſenza porui tempo di mezo fare la rappreſentatione d'alcuna
Egloga
, o d'altro, ſolamente col dare una uolta a quelle machine, che greci dallo effetto chia­
mano
periachi, perche ſi riuolgeno.
& qui è neceſſaria la intelligenza, & la pratica della pro­
ſpettiua
, perche tutte quelle coſe ricercano il punto della uiſta noſtra regolatore di quanto ſi
uede
in quelle facciate.
dalche ne naſceno gli ſporti, i raſtremamenti, i battimenti de i lumi, &
delle
ombre, l'entrate, l'uſcite delle parti de i membri, il uicino, il lontano, & lo incrocciamento
1de i raggi, & la ragione de gli angoli, ſotto liquali ſi uede tutto quello, che ſi uede. ſecondo la
conueneuole
uarietà de gli aſpetti.
nelche è opra di bel giudicio di ſaper ponere il punto coſiac­
commodatamente
, che tutto quello, che ſi uede dipinto rappreſenti un ſito, & un'eſſer naturale
delle
coſe, & niente ſia di sforzato, di precipitoſo, di difforme, di ſgarbato, come ſi uede nelle
ſcene
di molti le coſe oltra modo picciole, gli edificij, che traboccano, i fuggimenti tanto al baſ­
ſo
punto ſenza dolcezza tirati, che dappreſſo, da lontano poſſono eſſere con diletto ueduti.

Queſta
neceſſità mi ha moſſo a uoler giouare, quanto per me ſi puo, anche in queſta parte a gli ſtu
dioſi
.
& però io ho ſcritto di proſpettiua con uie, & modi ragioneuoli drizzati alla pratica che
è
detta ſcenografia.
& ho gettato i fondamenti di queſta cognitione, & le regole di queſta pra­
tica
, con diffinire, diuidere, & dimoſtrare, quanto alla detta ragione è neceſſario, accioche ſenza
dubitatione
l'huomo poſſa porre la ueduta in proprio, & accommodato luogo, accioche non ſi caſ
chi
in quelli errori, che di ſopra ho detto.
iui ſi ueder à la diſpoſitione de i piani regolati, & in re­
golati
, in ſquadra, & fuori di ſquadra, & iperfetti di qualunque corpo ſi ſia.
il modo di leuare i
corpi
ſecondo le altezze loro, & la ragione delle parti delle colonne, & delle tre ſorti di ſcene, con
quanto
appartiene all'ombreggiare, a i lumi, ad alcuni modi facili per uia d'inſtrumenti, & d'al­
cune
altre maniere di queſta pratica diletteuole, & neceſſaria.
ma tornamo a Vitru. che tratta
de
i Theatri de i Greci.
& dice.
Ma ne i Theatri de i Greci non ſi deono fare tutte le coſe con le iſteſſe ragioni, perche
nella
circonferenza del piano inferiore, ſi come nel Theatro latino gli anguli di quattro
Triangoli
toccauano il giro, & circuito d'intorno, coſi nel Greco gli anguli di tre qua­
drati
deono toccare la detta circonferenza, & il lato di quel quadrato, che è proſsimo alla
Scena
, & che taglia la curuatura della circonferenza in quella parte diſegna il termine del
proſcenio
, & d'indi allo eſtremo giro della curuatura ſe le tira una linea egualmente di­
ſtante
, nellaquale ſi diſegna la fronte della ſcena.
& per lo centro dell'orcheſtra a can­
to
il proſcenio, ſi deſcriue una linea equidiſtante, & da quella parte doue ella taglia le li­
nee
della circonferenza dalla deſtra, & dalla ſiniſtra nelle corna del ſemicircolo, ſi hanno a
ponere
i centri: & poſta la ſeſta nella deſtra dallo ſpacio ſiniſtro ſi tira un giro alla deſtra
parte
del proſcenio, & coſi poſto il centro nel ſiniſtro corno dallo ſpacio deſtro ſi gira al­
la
ſiniſtra parte del proſcenio, & coſi per tre centri con queſta deſcrittione i Greci hanno
l
'orcheſtra maggiore, & la ſcena piu a dentro, & il pulpito, che chiamano logion, men lar
go
; perche appreſſo de Greci la ſcena era data a i recitatori di Tragedie, & di Comedie.

ma
gli altri artefici faceuano i loro ufficij per l'orcheſtra.
& di qui naſce, che ſeparatamen­
te
da Greci nominati ſono i ſcenici, & i Thimelici.
Era appreſſo de Greci l'orchestra maggiore, & per queſto nella diſegnatione de i loro Theatri
faceuano
tre quadrati in un circolo, ſi come i Latini faceuano quattro trianguli, e tutto che tan­
to
gli anguli de i triangoli, quanto gli anguli de i quadrati partiſſero in dodici parti eguali la cir­
conferenza
, era però maggiore ſpacio nel mezo la doue erano tre quadrati, che la doue erano
quattro
triangoli, perche i lati de i quadrati ſono piu uicini alla circonferenza.
& ſi come nel
Theatro
de i Latini, un lato d'un triangolo faceua la fronte della ſcena, coſi faceua un lato del qua
drato
nel Theatro de Greci, & terminaua il proſcenio: ma la fronte della ſcena era ſopra una li­
nea
tirata fuori della circonferenza del circolo, che toccaua pure la circonferenza, & era egual
mente
diſtante a quel lato del quadrato, che terminaua il proſcenio, di modo che la ſcena de i
Greci
era piu rimota, che la ſcena de i Latini.
Oltra di queſto egli ſi tiraua anche una linea, che
paſſaua
per lo centro, & era come diametro egualmente diſtante al detto lato, & alla fronte del
la
ſcena.
ſopra gli eſtremi di queſta linea la doue tocca la circonferenza, ſi faceua centro, & poſto
prima
l'un piede della ſeſta in uno, l'altro ſi allargaua al centro, & uolgendoſi intorno ci daua
i
termini della maggior circonferenza: perche iui era il termine della circonferenza, & ultima
precintione
del Theatro, la doue toccaua la linea del proſcenio.
come è nel punto B. & C.
nellalinea
. C. B. & i centri ſono.
D. E.
1
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189[Figure 89]
1
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1
La machina triangulare. O. doue e anche la porta regia.
La fronte della ſcena F. G. L'Orcheſtra P.
Il reſtante è facile, & gli hoſpitali, & altre ſtanze come nel Theatro de Latini. ucro è, che
nella
pianta del Latino, nella ſcena hauemo fatto tre porte, & in ciaſcuna uno triangolo uerſati­
le
, per accompagnare di proſpettiua la facciata di mezo, & hauemo congiunto a diuerſo modo
la
ſcena del Theatro latino; come che queſto ſi poſſa fare in piu modi.
ilche ci ha piaciu­
to
come conuenientiſſima forma, eſſendo ſtati auuertiti dalle ruine d'uno antico Theatro, che
ſi
troua in Vicenza tra gli horti, & le caſe d'alcuni cittadini, doue ſi ſcorgeno tre gran nicchi del
la
ſcena, la doue noi hauemo poſto le tre porte, & il nicchio di mezo è bello, & grande.
L'altezza di quel luogo non deue eſſer meno di dieci, piu di dodici piedi. I gradi del
le
ſcale tra i cunei, & le ſedi all'incontro de gli anguli de i quadrati ſiano drizzati alla pri­
ma
cinta, & da quella cinta tra mezo di quelli, ſiano drizzate anche l'altre gradationi & alla
ſomma
quanti ſaranno altrettanto ſiano ampliate.
L'altezza di quel luogo, cioè del logeo, & pulpito, non deue eſſer meno di dieci, & piu di dodi­
ci
piedi.
Vitr. alza il pulpito de i Greci ſette piedi piu del pulpito de i latini, perche eſſendo il pul­
pito
de Latini piu uicino all' orcheſtra, non biſognaua che egli fuſſe piu alto, ma i Greci che haue­
uano
la loro orcheſtra piu rimota dalla ſcena poteuano alzar alquanto piu il pulpito loro, ſenza
impedimento
della uiſta, come ſi uede che la diſtanza fa parere baſſe le coſe alte, perche ſi uede ſe
uno
ua appreſſo una caſa, non uede il colmo, ma piu che egli s'allontana piu lo diſcuopre, come
la
ragione della proſpettiua ci fa manifesto.
Alzato adunque il pulpito, Vitru. drizza le ſcale
uerſo
i cunei, & uuole il medeſimo, cioè che le ſcale, che uanno alla prima cinta non incontrino
con
quelle che uanno alla ſeconda, & uuole di piu che le ſcale, & le ſalite ſiano raddoppiate quan
to
piu cinte ſaranno, come ſi uede nella figura.
Poi che queſte coſe con ſomma cura, & ſolertia ſaranno eſplicate, biſogna allhora piu
diligentemente
auuertire, che egli elegga un luogo doue la uoce dolcemente applicata ſia,
& che ſcacciata, ritornando a dietro, non riporti all' orecchie una incerta ſigniſicatione
de
lle coſe.
A Vitr. molto preme l'accommodar il luogo alla uoce; però oltra le gia dette coſe, egli tutta
uia
ci da precetti di queſto, & ammaeſtramenti belliſſimi; & in uero non ſenza grande ragione,
perche
il fine di tutta questa materia di ſpettacoli, è che ſi ueda, & che ſi oda commodamente.

Diſtingue
adunque i luoghi quanto alla natura del ſuono, & dice.
Sono alcuni luoghi, i quali naturalmente impediſceno il mouimento della uoce, come
ſono
i diſſonanti, i circonſonanti, i riſonanti, & i conſonanti, detti da Greci, catihcon­
tes
, perijchontes, antijchontes, ſinichontes.
Diſſonanti ſono quelli, ne i quali, poiche ſi
leua
la prima uoce offeſa da i corpi ſodi di ſopra, è ſcacciata al baſſo, & opprime la ſalita
della
ſeconda uoce.
Come ſe egli diceſſe, che il primo giro della uoce intoppandoſi in coſa dura, & ſoda fuſſe in giu
rincalzato
, & rompeſſe il ſecondo giro, doue ne naſceſſe la diſſonanza, che per uirtu della parola
Greca
ſignifica ſuono al baſſo cacciato, rotto, & franto, perche catichontes, è quaſi deorſum ſo­
num
mittentes.
& io ho interpretato diſſonanti a quel modo, che nel Latino ſi dice deſpicere,
quaſi
deorſum aſpicere.
Circonſonanti luoghi ſono quelli, ne i quali la uoce riſtretta girando intorno riſol­
uendoſi
nel mezo, ſuonando ſenza gli eſtremi ſuoi cadimenti, ſi eſtingue laſciando incer­
ta
la ſignificatione delle parole.
Queſti luoghi fanno rimbombo, perche in quelli ritorna lo iſteſſo bombo o ſuono, come d'intor­
no
, & dentro le campane ſi perde il ſuono, poi che reſta la percoſſa.
Riſonanti ſono quei luoghi, doue eſſendo la uoce in ſodo luogo percoſſa, ritornando a
dietro
le imagini, che la eſprimeno, fanno doppi all'udito i cadimenti.
1
Riſuona la uoce percuotendo, & ritoruando a dietro quaſi di rinuerbero, & come iraggi del
Sole
rifleſſi, coſi la uoce ripercoſſa riſuona, cioè di nuouo ſuona, & raddoppia la ſua ſimiglianza,
& fa Echo.
La cui eſpreßione per piacer noſtro facemmo, come qui ſotto. & ne i librinoſtri dell'
nima
in uerſi latini ne adducemmo la ragione, parlando del mouimento della uoce, & del ſen­
ſo
dell' udita.
Echo figlia de i boſchi, & delle ualli,
Ignudo
ſpirto, & uoce errante eſciolta,
Ererno eſſempio d'amoroſi falli
Che
tanto altrui ridice, quanto aſcolta,
S'amor ti torne ne ſuoi allegri balli
Et
che ti rendi la tua forrna tolta,
Fuor d'este ualli abandonate e ſole,
Sciogli
i miei dubbi in ſemplici parole.
Echo che coſa è'l fin d'amore? Amore.
Chi
fa ſua ſtrada men ſicura?
Cura.
Viue ella ſempre, o pur ſen more? More.
Debbio
fuggir la ſorte dura?
Dura.
Chi darà fin al gran dolore? L'hore.
Com
'ho da uincer chi è pergiura?
Giura.
Dunque l'inganno ad amor piace? Piace.
Che
fin è eſſo guerra o pace?
Pace.
Conſonanti ſono que luoghi ne i quali dal piano la uoce aiutata con augumento cre­
ſcendo
entra nelle orecchie con chiara determinatione delle parole.
I luoghi conſonanti ſono affatto contrarij a i diſſonanti, perche in quelle la uoce uiene dal cen­
tro
alla circonferenza aiutata, & unita, & creſce egualmente.
in queſti la uoce dalla circonfe­
renza
al centro è ribattuta, & rotta.
Questa differenza de i luoghi è molto bella, & ben di­
chiarita
da Vitr. però dice.
Et coſi ſe nella elettione de i luoghi ſi auuertirà con diligenza, ſenza dubbio lo effetto
della
uoce ne i Theatri ſarà con prudenza all'utilità moderato, & temperato.
Ma la de­
ſcrittione
, & i diſegni tra ſe con queſte differenze ſaranno notati, che quelli diſegni, che
ſi
fanno de i quadrati ſiano de Greci, & quelli de i trianguli equilateri habbiano l'uſo de'
latini
.
& coſi chi uorrà uſare queſte preſcrittioni, condurrà beniſsimo i Theatri. Plinio di­
ce
, che l'arena ſparſa nell' Orcheſtra diuora la uoce.
'De i portichi drieto la Scena, & delle ambulatio­
ni
.
Cap. IX.
Deonſi fare i portichi drieto la ſcena a queſto fine, accioche quando le pioggie
repentine
ſturberanno i giuochi, il popolo habbia doue egli ſi ricoueri dal
Theatro
, & accioche que luoghi, ne i quali ſi danno gli inſtrumenti per lo
choro
, & lo apparato del choro habbia campo ſpaciolo.
come ſono i porti­
chi
Pompeiani, & in A thene i portichi Eumenici, & il Tempio del padre Bacco, & l'Odeo
a
quelli, che eſceno dalla parte ſiniſtra del Theatro, ilquale Pericle diſpoſe in A thene con
colonne
di pietra, & con gli alberi, & con le antenne delle naui delle ſpoglie de' Perſiani ri
coperſe
.
& lo iſteſſo anche bruſciato alla guerra Mithridatica il Re Ariobarzane rifece. &
come
a Smirne lo Stratageo.
Choragia ſignifica due coſe, & quelli, che danno lo inſtrumento, & l'apparato per li giuo­
chi
, & il luogo di doue ſi caua lo inſtrumento.
Odeum era quaſi uno picciolo Theatro, doue s'
diuano
le proue, & le concorrenze de i Muſici.
Io ſtimo, che iui s'aſſettaſſero i Muſici, come nel
Choragio
ſi aſſettauano gli hiſtrioni, che di quel luogo poi entrauano nella ſcena.
Stratageo
chiamerei
lo armamento.
Fin qui Vitr. ha diſſegnato il Theatro, & dimoſtrato ſecondo l'uſo
de
Greci, & de Latini, che differenza ſia nelle loro de ſignationi.
Hora parla di quelli portichi,
che
erano dietro la ſcena, & de i luoghi da paſſeggiare, perche coſi era ordinato da i buoni Ar­
chitetti
, che a Tempij, & alle caſe de i grandi, & alle fabriche publiche ſi deſſero i portichi: & que
ſto
, come dice Vitru. & per neceßità, & per diletto, & per ornamento ſi faceua.
Et a Tralli il portico, come d'una ſcena; ſopra lo ſtadio dall'una parte, & l'altra. Et
1come nelle altre città, che hanno hauuto gli Architetti piu diligenti. D'intorno a i Thea
tri
ſono i portichi, & gli ſpatij da paſſeggiare: che coſi pare, che ſi habbiano a ponere.

prima
che ſiano doppi. Cioè non in altezza, & di due ordini di colonne, ma doppi di ſotto.
& come portichi de i Tempij: & le ſeguenti parole lo dimoſtrano.
Et habbiano le colonne eſteriori Doriche, & gli Architraui con gli ornamenti ſecon­
do
la ragione della miſura Dorica fabricate.
Dapoi, che le larghezze loro ſiano in mo­
do
, che quanto alte ſaranno le colonne di fuori, tanto ſiano gli ſpatij da paſſeggiare dal­
la
parte di dentro tra le eſtreme colonne, & tra le mezane a i pareti, che rinchiudeno il
portico
d'intorno.
ma le colonne di mezo ſiano per la quinta parte piu alte delle eſteriori.
La ragione è, perche deono occupare quello ſpatio, che occupa lo architraue ſopra le colonne
eſteriori
; & perche ſopra quello di mezo non ſi pone architraue, però deono eſſer piu alte.
Et fatte ſiano alla lonica, ouero alla Corinthia. Le miſure delle colonne, & i com
partimenti
non ſaranno fatte con le iſteſſe ragioni, come ho ſcritto de i Tempij. perche
conuengono
hauere altra grauitá ne i Tempij de i Dei, & altra ſottilità ne i portichi, oue­
ro
nelle altre opere, & però ſe le colonne ſaranno di maniera Dorica, ſiano partite le loro
altezze
con i capitelli in parti quindici, & di quelle una ſia il modulo, alla cui ragione ſi eſpe
dirà
tutta l'opera: & da piedi la groſſezza della colonna, ſi faccia di due moduli: lo ſpatio
tra
le colonne di cinque & meza: l'altezza delle colonne eccetto il capitello di quattordici
moduli
: l'altezza del capitello d'uno modulo: la larghezza di due, & d'un ſeſto: le altre
miſure
del reſtante dell'opera, ſi faranno, come s'è detto de i Tempij nel quarto libro.

Ma
s'egli ſi faranno le colonne Ioniche, il fuſto della colonna oltra la baſa, & il capitello
ſia
diuiſo in otto parti & meza, & di queſte una ſia data alla groſſezza della colonna: la ba­
ſa
con l'orlo ſia fatta per la metà della groſſezza.
Il capitello ſi farà con la ragion detta
nel
terzo libro.
Se la colonna ſarà di maniera Corinthia, il fuſto, & la baſa ſia come la Io
nica
, ma il capitello ſecondo che è ſcritto nel quarto libro.
La aggiunta del piedeſtalo,
che
ſi fa per gli ſcabelli diſpari, ſia preſa dal diſegno ſopra ſcritto nel terzo libro.
Gli Ar­
chitraui
, goeciolatoi, & tutto il reſto de membri, ſecondo la ragione delle colonne ſi
piglieranno
da gli ſcritti, de i uolumi ſuperiori.
Ma gli ſpatij di mezo, che ſaranno alla
ſcoperta
tra i portichi, ſi deono ornare di uerdure, perche il paſſeggiare alla ſcoperta ritie­
ne
gran ſalubrità: & prima da gli occhi, perche lo aere aſſotigliato dalle uerdure, entran
do
per cagione del mouimento del corpo, aſſottiglia la ſpecie del uedere, & coſi leuan­
do
il groſſo humore da gli occhi laſcia la uiſta ſottile, & la ſpecie acuta.
Oltra di queſto
ſcaldandoſi
il corpo per lo mouimento del caminare, aſciugando lo aere gli humori dalle
membra
, ſcema la pienezza loro, & diſsipando gli aſſottiglia, perche ne ſono molto piu di
quello
, che il corpo puo ſoſtenere.
Et che queſto coſi ſia, egli ſi puo auuertire, che eſ­
ſendo
le fonti dell'acque al coperto, ouero eſſendo ſotterra la copia paluſtre, non ſi leua
da
quelli alcuno humore nebuloſo, ma ſi bene ne i luoghi aperti, & liberi, quando il na­
ſcente
ſole col ſuo caldo uapore riſcalda il mondo, eccita da i luoghi humidi, & abondanti
d
'acqua gli humori, & quelli inſieme raunati ſollieua.
Se adunque coſi pare, che ne i luo
ghi
aperti i piu graui humori ſiano per lo aere ſucchiati da i corpi, come dalla terra per le
nebbie
ſi uede, io non penſo, che dubbio ſia, che non ſi debbia porre nelle città gli ſpatij
da
caminare ſcoperti ſotto il puro cielo.
Ma perche queſte uie non ſiano fangoſe, ma
ſempre
aſciutte, in queſto modo ſi deue fare.
Siano cauate, & profondiſsimamente uuo
tate
, & dalla deſtra, & dalla ſiniſtra ſi facciano le chiauiche murate, & ne i pareti di quel­
le
, che riguardano al luogo doue ſi paſſeggia ſiano fatte le canne piegate con la cima loro
nelle
chiauiche, & dapoi che quelle coſe ſaranno fatte compiutamente, biſogna empire
quelli
luoghi di carboni, & le uie di ſopra ſiano coperte di ſabbione, & iſpianate, coſi per
la
naturale rarità de i carboni, & per le canne riſpondenti alle chiauiche ſi riceuerà l'acqua
1doue ſenza humore, & aſciutte ſaranno le uie da paſſeggiare. Appreſſo in queſte opere ſo
no
le monitioni fatte da i maggiori nelle città delle coſe neceſſarie.
perche ne gli aſſedi
ogni
coſa ſi puo hauere piu facilmente, che le legna.
perche prima il ſale piu facilmente ſi
puo
portare, i grani nel publico, & nel priuato piu eſpeditamente ſi aſſunano: & ſe per ca
ſo
uengono al manco, con l'herbe, & con la carne, & con i legumi ſi riparano: le acque
col
cauare de i pozzi, & con le gran pioggie dalle tegole ſi raccoglieno.
ma la monitione
& prouiſione delle legna tanto neceſſaria a cuocere il cibo, è difficile, & noioſa: perche
tardo
ſi conduce, & piu ſi conſuma in queſti tempi del biſogno delle legna, & de gli aſſe
dij
.
S'apreno queſti cortili, o ſpatij ſcoperti, & ſi diuideno le miſure partitamente a cia­
ſcuna
teſta, & coſi queſti luoghi ſcoperti fatti per paſſeggiare danno due belle, & buone co
ſe
: una nella pace, che è la ſanità, l'altra nella guerra, che è la ſalute.
Per quelle ragioni adun
que
gli ſpatij da paſſeggiare non ſolo dopo la ſcena del Theatro, ma anche poſti appreſſo
i
Tempij di tutti i Dei potranno eſſer nelle città di grandiſsimo giouamento.
Et per­
che
molto chiaramentemi pare hauer detto di tali coſe, hora paſſerò a dimoſtrare la ragio
ne
de i bagni.
Io non ſaprei che aggiugnere a Vitr. ſenon a pompa, però ſeguitando la diſpoſitione de i bagni,
di
quelli ne ragioneremo.
Della diſpoſitione, & delle parti de i bagni.
Cap
. X.
Primamente egli ſi deue eleggere un luogo, che ſia caldiſsimo, cioè riuolto dal
ſettentrione
, & dallo Aquilone, & quelli luoghi, che ſi faranno per riſcaldare
ouero
intepidire, habbiano i lumi da quella parte, doue tramonta il ſole la in­
uernata
.
Ma ſe la natura del luogo ci ſarà d'impedimento, egli ſi piglierà il lu
me
dal meriggie; pche il tempo di lauarſi ſpecialmente è ſtato poſto dal meriggie al ueſpero.
Vitr. ci accommoda gentilmente ne i bagni, & dice quello, che è n<17>ceſſario all'uſo, hauendo
ſolamente
riſpetto al biſogno.
Imperoche prima le Therme non er ano in quel pregio, che uenne­
no
poi, anzi ui era ſolamente il bagno deſtinato alla ſanità del corpo.
indi poi creſcendo la luſſu­
ria
con le ricchezze ſotto il nome di Therme edificauano coſe magnifiche & grandi, con portichi,
boſchetti
, natatoi, piſcine, & altre coſe, ſecondo le uoglie & appetiti de gli, Imperatori, & de
gran
perſonaggi.
lo eſponerò prima quello, che dice Vitr. & poi ui diſcorrerò ſopra ſecondo il bi­
ſogno
.
Vuole adunque, che i bagni ſiano in luoghi caldiſſimi, & dichiara quali ſiano, & dice
eſſer
quelli, che non riguardano a Tramontana: & perche erano luoghi ne i bagni, ne i quali
prima
s'intepidiuano i corpi, & poi ſi riſcaldauano, per non entrare dal freddo ſubito
al
caldo, però uuole, che ſi prenda il lume per questi luoghi da quella parte, doue il ſole tramon
ta
la inuernata, che è da Garbino.
& quando il luogo non patiſca queſta commodità, uuole, che
ſi
pigli dal mezo giorno.
Le ragioni di queſti precetti ſono facili.
Anchora ſi deue auuertire, che i luoghi, doue gli huomini & le donne ſi hanno a riſcal
dare
, ſiano congiunti, & poſti a quelle iſteſſe parti.
perche coſi auenirà, che ad amendue
que
luoghi dal forno ne i uaſi ſeruirà l'uſo commune.
Sopra il fornello douemo porre tre
uaſi
di rame, uno che ſi chiama il caldario, l'altro il tepidario, il terzo rinfreſcatoio.
& ſi deono collocare in queſto ordine, che quanta acqua uſcirà dal caldario, tanta in quel­
lo
ui uegna dal tepidario, & coſi allo iſteſſo modo, dal rinſreſcatoio nel tepidiario diſcen
da
.
& dal uapore della fornace commune a tutti ſcaldati ſiano i uolti de i letti, ſopra i quall
ſono
que uaſi.
Siano congiunti i luoghi doue gli huomini, & le donne ſi hanno a ſcaldare, perche uno iſteſſo
1forno riſcalder à amendue gli ſcaldatoi, & anche i tepidarij: & ſiano anche uolti alle iſteſſe parti
del
cielo.
Il rinfreſcatoio, cioè il uaſo dell'acqua fredda, ſarà nel luogo di ſopra. queſti infonderà
l
'acqua nel uaſo tepidario, & queſto nel caldario.
Et il caldo uapore della fornace darà ſotto al
fondo
di que uaſi, ma al caldario ne darà poco, al tepidario meno, a quel di ſopra niente: & c'in­
ſegna
il modo di ſoſpendere quelli uaſi, & dice.
Il ſoſpendere de i caldai ſi fa prima in modo, che il ſuolo ſia ſalicato di tegole d'un pie­
de
, & mezo; ma ſia quel ſalicato pendente uerſo la bocca del fornello, come ſe ſi gettaſſe
dentro
una palla, ella non poteſſe ſtarui dentro, & fermarſi, ma di nuouo ritornaſſe alla
bocca
della fornace, percioche a queſto modo la fiamma da ſe piu facilmente andrà ua­
gando
ſotto il luogo doue ſtanno que uaſi ſoſpeſi.
Ma di ſopra ſi deono fare i pilaſtrelli
con
mattoni di otto once, coſi diſpoſti, che ſopra quelli ſi poſsino fermare le tegole di
due
piedi; ma i pilaſtrelli ſiano alti due piedi, impaſtati di argilla, o creta, & peli ben bat
tuti
, & ſopra quelli ſi pongano tegole di due piedi, le quali ſoſtentino il pauimento.
le
concamerationi
, o uolti ſaranno piu utili, ſe ſi faranno di ſtruttura.
ma ſe ſaranno taſſel­
li
, o di legname biſogna porui ſotto l'opera di terra cotta, & farle con queſta maniera.

Faccianſi
le tegole, o lame, o gli archi di ferro, & queſti con iſpeſsiſsimi oncini di ferro
ſiano
ſoſpeſi al taſſello, & quelle re gole, o archi ſiano in tal modo diſpoſti, che ſi poſſa
ſopra
due di quelli poſare le tegole ſenza i loro margini, & coſi tutte le uolte poſandoſi,
& ferma ndoſi ſopra il ferro ſiano condotte, & perfette.
Et i conſtrignimenti, & lega­
menti
di quelle uolte dalla parte di ſopra ſiano coperti leggiermente di argilla battuta in­
ſieme
con peli.
ma la parte di ſotto, che riguarda al pauimento ſia rimboccata con teſto­
le
rotte, & con calce, dapoi con belle coperte polita, intonicata, & biancheggiata.
Et
queſte
uolte ſe ſaranno doppie ne i luoghi, & alli detti ſcaldatoi, ſaranno di piu utilità,
perche
l'humore non potrà far danno al palco, o taſſello, ma potrà fra due uolte libera­
mente
uagare.
Vitr. c'inſegna come douemo fare i uolti, & il cielo de i bagni, & quanto alla materia, &
quanto
alle parti: ma prima egli ci dimoſtra come biſogna fare il pauimento del bagno per alzar­
lo
da terra, & dall'humore dicendo, che biſogna laſtricare con tegole d'un piede, & mezo il pia
no
, il quale penda uerſo la bocca del forno; ſopra il laſtricato uuole, che ſi drizzino alcuni pila­
ſtrelli
alti due piedi fatti di quadrelli di due terzi di piede, & impaſtati con creta ben battuta con
piedi
, il che ſi fa perche stia ſalda al fuoco, ſopra i pilastrelli egli s'impone le tegole di due piedi
che
ſoſtentano il pauimento, ſotto il quale ſi poneua il fuoco, che per certe trombe, o canali nel­
le
groſſezze de i pareti uaporaua, come s' è auuertito in alcuni luoghi ritrouati nuouamente, do­
ue
gli antichi faceuano calde le ſtanze loro.
ilche per le figure ho dimoſtrato nel ſeguente libro al
decimo
Capo.
Quanto ueramente appartiene alle concamerationi, o cielo de i bagni, Vitr. ci
le regole, & dice, che in due mod ſi poſſono fare, l'uno di muratura, l'altro di opera di legna
me
.
Biſogna adunque conſiderare, & diſcorrere ſopra le parti di ſotto, di mezo, & di ſopra,
& il modo di farle.
Le dette parti ſono tutto un corpo, ilquale ha biſogno d'eſſere ſoſtentato,
perche
ſenza legamento, & ſoſtentamonto ruinarebbe: & però il legamento ſi farà in queſto mo
do
.
Egli ſi farà gli archi di ferro con liſte, & lame di ferro attrauerſate, & incrocciate, &
queſti
archi, & lame con ſpeſſi oncini a guiſa di anchore ſiano attaccate al tauolato, ma tanto
larghe
una dall' altra, che ſopra quelle ſi poſſino poſare le teſte di due tegole: & questa ſarà la
parte
di mezo.
ma di ſopra egli ſi fara come uno terrazzo di creta con peli impaſtata, & molto
bene
battuta, & domata: & il cielo di ſotto, che ſopraſta al pauimento ſarà ſmaltato, & rim­
boccato
con teſtole peſte, & calce, dapoi intonicato, & coperto gentilmente & biancheggiato.

Et
ſe queſte uolte ſaranno doppie, cioè una ſopra l'altra con debito ſpatio, daranno maggiore uti
lità
, & difenderanno i taſſelli da i uapori.
Hora hauendo trattato del piano, & del uolto de i
bagni
, & di quello, che ui ua ſopra, & come, & di che materia ſi hanno a fare, ſeguita Vitr. &
ci
le miſure dicendo.
1
Le grandezze de i bagni ſi hanno a fare ſecondo la moltitudine de gli huomini. ma ſia­
no
però in queſto modo compartite, che quanto ha da eſſer la lunghezza leuandone un ter
zo
fatta ſia la larghezza, oltra il luogo doue ſi ſta ad aſpettare d'intornó al labro, & la foſ
ſa
.
Biſogna fare il labro ſotto il lume, accioche quelli, che ui ſtanno d'intorno non togli
no
il lume con l'ombre loro.
Gli ſpatij de i labri detti ſchole deueno eſſere coſi ſpatioſi,
che
quando i primi haueranno occupato i luoghi, gli altri, che ſtanno a torno guardan­
do
poſsino ſtare dritti in piedi.
La larghezza dello aluco tra'l parete, & il parapetto non
ſia
meno di ſei piedi, accioche il grado inferiore, & il puluino da quella larghezza ne leui
due
piedi.
Il Laconico, & le altre parti per li ſudatoi ſiano congiunte al tepidario, &
quanto
ſaranno larghi tanto ſiano alti alla curuatura inferiore dello hemiſperò.
Et ſia la­
ſciato
il lume di mezo nello hemiſpero.
Et da quello penda il coperchio di rame con ca­
tene
ſoſpeſo, il quale alzandoſi, & abbaſſandoſi dia la tempra del ſudore, & però pa­
re
, che egli ſi debbia fare a ſeſta, accioche la forza del uapore, & della fiamma per le uol
te
della curuatura egualmente dal mezo partendoſi poſſa uagare.
La dichiaratione di alcuni uocaboli ci darà ad intendere quanto dice Vitr. Deonſi fare i bagni
ſecondo
la moltitudine delle perſone.
Egli ſi legge che Agrippa ne fece cento & ſettanta a bene­
ficio
del populo.
crebbero poi quaſi in infinito, & col numero ſi ſatisfaceua a quello, che la gran
dezza
non poteua preſtare.
La miſura era, che la lunghezza fuſſe tre parti, & la larghezza
due
.
Ecco la proportione ſeſquialtera. ma in queſta larghezza non ſi comprendeua il labro, &
il
luogo, doue aſpettauano quelli, che doueuano eſſere lauati.
L'altro era una foſſa, o uaſo capa
cißimo
, dentro il quale era l'acqua da lauare, d'intorno il quale erano alcuni parapetti, doue le
perſone
s'appoggiauano aſpettando, che i primi uſciſſero del labro, queſti ſono dettiſchole, ouero,
(il che mi piace piu) erano alcune banche d'intorno i labri, doue ſi aſpettaua, & la larghezza
del
labro, che egli chiama alueo tra il parete & il parapetto, era di piedi ſei, due de i quali era­
no
occupati dal grado inferiore, & dal puluino, il quale ſtimo io, che fuſſe una parte, doue s'ap­
poggiauano
ſtando nel bagno.
il labro era ſotto il lume. Il Laconico era quello, che anche ſuda­
toio
ſi chiama, detto coſi da i Lacedemonij, perche in luoghi ſimili ſi ſoleuano eſſercitare.
Clipeo
io
ho interpretato coperchio, & è coſi detto dalla forma d'uno ſcudo, che era rotonda.
queſto era
di
rame, & ſi alzaua, & abbaſſaua per temperare il caldo del bagno.
Leggi Palladio al Capo
quadrageſimo
del primo libro.
90[Figure 90]
1 91[Figure 91]
Della edificatione delle paleſtre, & de Xisti.
Cap
. XI.
Hora a me pare (tutto che queſto non s'uſi in Italia, di dichiarire il modo di
fare
le paleſtre, & di dimoſtrare come ſiano fabricate appreſſo de i Greci.

Fannoſi
adunque in tre portichi le exedre ſpacioſe, che hanno i luoghi da ſe­
dere
, nellequali i Filoſofi, i Rhetori, & gli altri, che ſi dilettano de gli ſtudij,
poſſono
ſedendo diſputare.
Nelle paleſtre i colonnati, & porticali d'intorno ſi hanno a
fare
quadrati, ouero alquanto lunghi in modo, che habbiano gli ſpacij da caminare intor­
no
due ſta di, de i quali diſpoſti ſiano tre porticali ſemplici: ma il quarto, che ſarà uerſo
il
meriggie biſogna, che ſia doppio, accioche eſſendo il tempo uentoſo, non poſsi l'acqua
per
li ſtrauenti entrarui ſotto.
Nel portico, che ſarà doppio ſiano poſte queſte membra.
il
luogo da ammaeſtrare i Garzoni, detto ephebeo ſia nel mezo. (& queſto è una eſedra
ampliſsima
con le ſue ſedi lunga uno terzo piu, che larga) ſotto il deſtro, il luogo da am­
maeſtrar
le Garzone, & appreſſo u'è il luogo doue s'impoluerauano gli Athleti, detto co­
niſterio
, dalqual luogo nel uoltare del portico ſta il bagno freddo chiamato.
lutron. ma
dalla
ſiniſtra del luogo de i Garzoni, è il luogo da ugnerſi, detto Eleotheſio, appreſſo il­
quale
è il luogo da rinfreſcarſi, dalquale ſi ua al luogo della fornace detto propigneo, nel
uoltar
del portico.
ma appreſlo poi nella parte di dentro dirimpetto al frigidario, ſono i
ſudatoi
di lunghezza il doppio alla larghezza, che nel uoltare habbiano da una parte il Laco
nico
, compoſte come è ſo praſcritto.
a dirimpetto del Laconico il bagno caldo. nella pa­
leſtra
ſiano i periſtili compartiti, come s'è detto di ſopra.
Ma dalla parte di fuori deono
eſſere
diſpoſti tre portichi, uno la doue ſi eſce dal periſtilio, due dalla deſtra, & dalla ſini­
ſtra
chiamati ſtadiati.
di queſti portichi quello, che riguarda al Settentrione ſi fa doppio,
& di ampliſsima larghezza, l'altro è ſemplice, & fatto in modo, che nelle parti, che ſono
d
'intorno i pareti, & in quelle, che ſono uerſo le colonne habbia i margini come ſentieri
non
meno di dieci piedi, & il mezo cauato di modo, che due gradi ſiano della diſceſa d'un
1piede è mezo da i margini al piano, ilqual piano non ſia meno largo di piedi dodici; & coſi
quelli
, che ueſtiti camineranno ne i margini, non ſaranno impediti da quelli, che unti ſi
eſſercitano
.
Queſto portico da Greci è chiamato Xiſto, perche gli Athleti, al tempo del
uerno
ſotto il coperto ne gli ſtadij ſi eſſercitauano.
i Xiſti ſi deono fare ſi che tra due por­
tichi
, ui ſiano ſelue, & le piantationi, & in queſti ſi facciano tra gli alberi, le ſtrade, &
iui
d'Aſtracco ſiano collocate le ſtanze.
Appreſſo il Xiſto, & il portico doppio ſi hanno a
diſegnare
i luoghi ſcoperti da caminare detti Peridromide da Greci.
ne i quali il uerno
quando
è ſereno il tempo uſcendo gli Athleti, ſi poſsino eſſercitare.
Dapoi lo Xiſto ſarà
formato
lo ſtadio cioè il luogo da eſſercitarſi in modo, che la moltitudine delle genti poſ­
ſa
commodamente guardare gli Athleti, che combatteno.
Io ho deſcritto diligentemen­
te
quelle coſe che erano neceſſarie dentro le mura ad eſſere acconciamente diſpoſte.
Quanto dice Vitr. è chiaro a baſtanza con la noſtra interpretatione. la doue egli ſi deue au­
uertire
quanto ſtudio poneſſero gli antichi nello eſſercitio, & come acconciamente prouedeſſero
a
i biſogni.
& a i piaceri de gli huomini. Le figure anche delle ſopradette coſe faranno manife­
ſte
le parole di Vitru.A. Ephebeo.
B. Coriceo.
C. Coniſterio.
D. Lauatione fredda.
E. Eleotheſio.
F. Luogo freddo.
G. Propigneo.
H. Sudatione concamerata.
I. Laconico.
K. Calda lauatione.
L. Portico di fuori.
M. portico doppio, che guarda al Settentrione.
N. Portico doue ſi eſſercitauano gli Athleti detto Xiſtos.
O. Platanones, & le ſelue tra due portici.
P. Doue erano le ambulationi ſcoperte, & gli athleti ſi eſſercitauano al tempo della
ſtate
.
& appreſſo lacine ſono dette Xiſta.
que Lo ſtadio doue ſi ſtaua a uedere gli Athleti.<19>.
Leuante.
O. Oſtro.
P. Ponente.
<19>. Tramontana.
I I I I. Stacione & ripoſi.
Il reſtante ſono eſſedre, & ſcole.
1 92[Figure 92]
1
De i Porti, & del Fabricare nelle Acque:
Cap
. XII.
Egli non ſi deuc laſciar di dire, delle commodità de i porti. ma biſogna dichia
rire
con che ragioni ſiano in quelli ſecure le naui dalle fortune.
Queſti adun­
que
ſe ſono naturalmente poſti, & che habbiano le promontore, o capi ſo­
pra
l'acqua, ſi che per la natura del luogo s'ingolfino, hanno grandiſsime
utilità
, perche d'intorno s'hanno a fare i portichi, & i nauali, ouero da i portichi l'entrate
a
i fondachi, o dogane, & dall'una, & l'altra parte ſi deono fare le torri, dalle quali con
machine
ſi poſsino tirare dall'una all'altra banda le catene.
Ma ſe egli non ſi hauerà luo­
go
idoneo per natura d'aſsicurare le naui dalle fortune, ſi farà in queſto modo, che ſe egli
non
ci ſarà fiume, che impediſca, ma da una parte ſarà la ſtatione, cioè il luogo doue ſi­
curamente
ſtanno le naui, (che noi dicemo buon ſorgitore) allhora dall'altra con gli ar­
gini
, & con le fabriche ſi uenirà in fuori, & ſi farà progreſſo, & a queſto modo ſi deono
formare
le chiuſe de i porti.
Il fine del porto è d'aſſicurar le naui da i uenti, & dalle fortune di mare, & però deue eſſere
ſicuro
, & capace.
La ſicurtà ouero è naturale, ouero aiutata dall'arte. la naturale dipende dal
ſito
del luogo, quando il luogo è ingolfato, & inarcato, & fa le corna come la Luna, & quando
i
capi alti come promontori uengono in fuori, & i lati difendeno il golfo da i uenti.
ne ſi puo dire
quanto
gioua un tal ſito.
perche prima è ſicuro, dapoi è commodo; perche nella curuatura ſi fan­
no
i luoghi da ſaluare le mercantie, ci ſono i Fondachi, le dogane, i bazzari, & altri luoghi op­
portuni
.
Io ho ueduto molti luoghi nella Scotia che per natura ſono porti ſicuriſſimi, & fra
gli
altri ue n' è uno, che ſi chiama nella lingua Scoceſe ſicher ſand, cioè arena di ſalute, & porto
tranquillo
.
Queſto non ha Vinetia, ma la poca ſicurtà del porto, è la molta ſicurtà della città:
uengono
però le naui nella Laguna, & iui ſi ſaluano.
Quando adunque egli ſi hauerà ſito dalla
natura
poca fatica ci uuole.
il porto è ſicuro & per la bocca, & per le rocche, & per li fian­
chi
: neceſſario è adunque di fare con arte, quello che la natura non ci concede.
però Vitru. ricor­
rendo
all'arte dice.
Ma le fabriche, che ſi hanno a fare nell'acqua coſi pare, che ſi habbiano a fare: che egli
ſi
porti la polue da quelle parti, che ſono dalle Cumi fin al promontoro di Minerua, & me
ſcolarla
nel mortaio in modo che due ad una riſpondino.
poi la doue ſi hauerà deliberato
di
fabricare biſogna poner nell'acqua le caſſe di roucre, & rinchiuſe con catene mandarle
giu
nell'acqua, et tenerle fermamente a fondo.
Dapoi quella parte, che ſarà tra le caſſe al
baſſo
ſott'acqua, ſi deue iſpianare, & purgare, & iui gettarui di quella materia impaſtata,
& meſcolata nel mortaio, con la miſura data di ſopra, & con cementi, fin che ſi empia lo
ſpacio
, che ſi deue murare, quello dico, che è tra le caſſe; & queſto dono di natura hanno
que
luoghi, che hauemo detto di ſopra.
Qui l'uſo della pozzolana è mirabile come ci ha detto Vitr. nel ſecondo libro al ſeſto capo. Do­
ue
adunque ſia, che potiamo hauere copia di pozzolana, poneremo due parti di quella, & una
di
calce, & faremo nella foßa, che Vitr. chiama mortario una buona paſta, & ben uoltata, &
battuta
, poi faremo delle cataratte, & caſſoni di legname di rouere, dette arche da Vitru. & ſi
faranno
a queſto modo.
Piglia le traui di rouere molto bene iſpianate, & per la loro lunghezza
da
una teſta all'altra farai de i ſolchi, o canaletti, larghi fecondo la larghezza del taglio delle
tauole
, che ui hanno d'andar dentro.
queste tauole deono eſſere di eguale grandezza, & groſſez
za
, & con le teſte loro incaſtrate ne i canaletti gia fatti.
& a queſto modo ſtando le traui dritte,
& con giuſti ſpacij lontane una dall'altra, perche ſi drizzano piu di due traui per lato, & inca-
1tenate le tauole ſermamente, & otturate le commiſſure a forza ſi manderanno i fondo, & ìui ſi
teniranno
ferme, & immobili.
oltra di queſto lo ſpacio rinchiuſo tra li caſſoni, ſi uuotera con ruo­
te
, & altre machine da leuar l'acque, delle quali Vitr. ne ragiona nel decimo libro, & ſi ſarà il
luogo
piano egualmente, & netto.
& ſtando ſopra trauicelli, o palate, o zatte commodamente, or­
dinate
queſte coſe meſcolate, & impaſtate nella foſſa, doue hauerai preparata la ſopra detta ma­
teria
de cementi, & delle pietre, & di tutto quel corpo cauato dalla foſſa empirai tutto quello ſpa­
cio
purgato, che è tra i caſſoni, & in queſto modo farà una preſa mirabile, & riuſcià l'opera
fatta
nell'acqua, & queſto farai quando niuna forza di acqua t'impedirà.
ma quandolo impeto
del
mare ti ſturbaſſe, odi quello che dice Vitr.
Ma ſe per lo corſo, & per la forza dello aperto mare, non ſi potranno tenere a fondo i
caſſoni
giu mandati, allhora ſubito ſopra l'orlo, & gengiua del mate doue termina il ter­
reno
, egli ſi deue fare un letto fermiſsimo, ilquale ſia piano meno della metà, ma il reſtan
te
che è proſsimo al lito ſia pendte, et chino, dapoi uerſo l'acqua, & da i lati intorno al det
to
letto ſi facciano i margini, & le ſponde a liuello di quel piano, & quello, che è laſciato
pendente
oltra la metà ſia empito di arena tanto, che egli ſia pare al margine & al piano del
letto
.
& ſopra quel piano ſia fabricato uno pilaſtro grande, & fatto, che egli ſia, accioche
ſi
poſſa ſeccarlo, & far preſa biſogna laſciarlo per due meſi, dapoi ſia tagliato di ſotto
quel
margine, che ſoſtenta l'arena, & coſi l'arena ſommerſa dall'acqua farà cadere quel
pilaſtro
nel mare, & con queſta ragione richiedendo il biſogno ſi potrà andare inanzi fa­
bricando
nell'acque.
Per fare un braccio ſul mare comincia a poco a poco da terra, & farai un ſcagno parte a li­
uello
, parte che habbia caduta: & ſia la parte, che pende uerſo il lito.
allo ſcagno farai i ſuoi mar
gini
ouero ſponde nella teſta uerſo il mare, & da i lati a liuello di quello, & la parte, che pende
empirai
d'arena pareggiandola alla parte piana.
ſopra lo ſcagno farai uno groſſo pilaſtro della
detta
materia, & lo laſciarai far preſa et ſeccare almeno per due meſi.
Taglierai poſcia il mar­
gine
di ſotto, & ſubito uederai uſeire l'arena per la rottura, & mancare di ſotto al pilaſtro, il­
quale
non potendo ſtare, di neceſſità caderà nell'acqua, & empira la prima parte proſſima al li­
to
.
& coſi uolendo andar piu in fuori, andarai di mano in mano, & queſto ſi farà, non man­
cando
la pozzolana, o ſimil coſa, che fa preſa nel mare.
Ma quando ti mancaſſe queſta ma­
teria
dice Vitru.. Ma in quei luoghi doue non naſce la polue, con queſta ragione dei fabricare
poner ſi
deono
la doue ha deliberato di fondare i caſſoni do ppij intauolati, & concatenati, & tra
l
'uno, & l'altro ſia calcata la creta inſieme con i ſacconi fatti d'alica paluſtre, & poi che
coſi
ſarà molto bene calcato, & ſodiſsimamente ripieno quel luogo di mezo tra il doppio
tauolato
, allhora il luogo di mezo tra quel ſerraglio deue eſſer uuotato con ruote, con
timpani
, & con altri ſtrumenti da cauar'acqua, & iui poi tra quella chiuſa ſiano cauate
le
fondamenta.
& ſe iui ſarà il terreno buono ſiano cauate piu groſſe del muro, che ui an­
derà
ſopra fino al uiuo, & empite di cementi, calce, & arena.
Ma ſe'l luogo ſarà molle, ſia
battuta
la palificata di pali d'alno, di oliuo ſilueſtre, ouero di rouere bruſtolati, & em­
pito
di carboni, ſecondo, che detto hauemo, nel fondare de i Theatri, & delle mura.
Indi
poi
ſia tirata la cortina del muro di ſaſſo quadrato con lunghiſsima legatura, accioche ſpe
cialmente
le pietre di mezo ſiano beniſsimo contenute.
& allhora quel luogo, che ſarà tra'l
muro
, ſia riempito di roinazzo, ouero di muratura, perche a queſto modo egli ſtarà ſi for­
te
, che ſi potrà fabricarui ſopra una torre.
A me pare, che Vitr. ſi laſcia intendere, & Leone nel decimo parla diffuſamente del modo di
fare
le cataratte, gli argini, le palificate, i ſoſtegni, le roſte, le botte per tenere, chiudere, con­
durre
, & diſtornar le acque, perche ſi poſſa fabricare, o ſi rimedi al danno, o ſi prouedi al commo­
do
.
pero ci rimettemo alla diligenza ſua.
1
Finite queſte coſe ſi hauerà riſpetto, che i luoghi doue hanno a ſtare le naui riguardino
al
Settentrione, perche il meriggie per lo caldo genera uermi, & biſce, & tarli, & altri ani­
mali
, che fanno gran danno, & notrendoli gli conſerua, & quelli edificij non deono eſſer
fatti
di legnami riſpetto a gli incendij.
Ma della grandezza de i nauali non deue eſſere al­
cuna
determinatione, ma fatti ſiano alla miſura, & capacità delle naui, accioche ſe le naui
di
maggior portata ſaranno tirate in terra, habbiano il luogo loro con ſpacio accommoda
to
.
lo ho ſcritto in queſto luogo quelle coſe che mi ſono potute uenire a mente, che ſi
poſſono
fare nelle città all'uſo de i publichi luoghi, come deono ſtare, & come ſi deono
condurre
a perfettione.
Ma le utilità de i priuati edificij, & i loro compartimenti nel ſe­
guente
diſcorrendo eſponeremo.
Poi che a noſtri giorni non hauemo coſa perfetta delle antiche, alcuno ſtudia con nuoui edi­
ficij
imitare quelle fabriche merauiglioſe, & che pochi ſono tali, che per arte, & per pratica
poſſono
animoſamente, & con giudicio abbracciare alte impreſe, che facciano Theatri, amſi­
theatri
, circi, paleſtre, portichi, Baſiliche, & Tempij degni della grandezza dello imperio, non
ſaperei
, che mi dire, ſe non uoltarmi a quelle fabriche, che ſecondo la qualità de i tempi noſtri
ſono
riputate maggiori; & la prima grandezza, che mi uiene dinanzi, è la fortezza della città,
che
con groſſe, & alte mura ſopra larghißimi, & profondißimi fondamenti, ci rappreſenta una
Idea
magnifica, & eccellente delle fabriche moderne.
quiui oltra la ſuperba muraglia otiimamen
te
fiancheggiata, oltra i Baloardi, piate forme, caualieri, ſaracineſche; a me pare, che la gran­
dezza
delle porte tenga honorato luogo.
ma ricercando le altre coſe grandi, mi ſi fa incontro il na­
uale
de' Vinitiani, & la fabrica delle galere, & naui, che hoggi ſi uſano: non d , che'l det­
to
luogo habbia grandezza per la copia di marmi, & per la magnificenza et ſuperbia della ma­
teria
, che uſauano gli antichi ne gli edificij loro, perche queſta eccellenza hanno in altre fabriche
publiche
: ma ben dirò del loro nauale, che tutto quello, che appartiene all'uſo di tutte le coſe, &
alla
copia di tutto quello, che biſogna al fatto della marinarezza, egli auanza di gran lunga, tut­
to
quello, che a nostri giorni altroue ſi puo uedere.
i legni ueramente, & le galere, & i uaſelli &
corpi
di barze, & Galeoni ſono ridotti a quella perfettione d capacità, di ſicurezza, & di com­
modo
, che ſi puo diſiderare.
uoglio che prendiamo meraniglia del detto luogo, come coſa
che
ſatisfaccia, & pari merauiglioſa ad ogni huomo di giudicio, perche queſta naſce da un'altra
coſa
piu ammiranda, & degna di eſſer deſiderata non hauuta, & di grande ſtudio accioche ſia
conſeruata
hauendoſi.
la lunga & inuiolat a libertà di quella città ha partorito queſta grandez­
za
, l'uſo delle coſe maritime, le belle, & molte occaſioni ſono ſtate tali, che non è potenza ſi
grande
, che in poco tempo far poſſa quello, che hanno fatto Vinitiani.
Queſta copia, & queſta
pratica
è creſciuta a poco a poco, naturalmente (dirò coſi) & col genio di quella città.
la doue
non
ſi puo con uiolenza generare coſa, nella quale il tempo ci habbia prerogatiua.
però non temo
io
, che ſi faccia pregiudicio alla mia patria narrandola, perche chi uorrà drittamente giudicare
truouerà
, che piu preſto metterei in diſperatione ogni altro dominio, che uoleſſe imitare queſto gran
de
apparato, che dargli animo di cominciare.
Io concedo i larghi paeſi di boſchi, la moltitudine
delle
genti, & la grandezza dell imperio, & la uoglia & molte altre commodità a gli altri Prin
cipi
, ma come potrò dar loro un lungo ſtudio, un'eſſercitio di moli'anni, una prouiſione naia dalla
prerogatiua
del tempo, come hanno queſti Signori?
Certamente non è opera tanto di grand'im­
perij
, quanto di continuati, & liberi reggimenti lo artificio inuiato, & ordinato; & ſe bene non
s
'introduce i gladiatori nelle arene, & nelle ſcene gli histrion, & ne gli hippodromi le carette,
s
'introduce però nello Arſenale de' Vinitiani uno apparato di acquistare le prouincie, & i regni,
& di leuare anche le uoglie a chi uoleſſe in alcun modo turbare la libertà di quello ſtato.
& ſi co­
me
la fortezza di quella città ha hauuto per Architetto, la prouidenza diuina, & il beneficio del
la
natura, doue muraglie, foſſe, fianchi ui hanno luogo: coſi quello, che hanno fatto gli
buomini
, è nato dallo iſteſſo prouedimento diuino, & dal grande amore, che hanno hauuto.
&
1banno i cittadini uerſo la patria, che per ornarla, & ampliarla non hanno ſparagnato ad alcuna
fatica
.
Perilche ſi uede l'ordine meraulglioſo delle coſe, che ad un mouer d'occhio ſi troua, & ſi
caua
tutti gli armeggi d'una galera, tutti gli instrumenti.
tutto lo apparato non ſolamente ſi
uede
al ſuo luogo con ordine mirabile, ma ſi puo preſtißimamente porre in opera, & oltra l'or­
dinario
, che per custodia del mare è ſempre fuori, l'apparecchio di cento, & piu galere con tanta
facilità
, & felicità dirò coſi, ſi moue dal ſuo luogo, che non ſi puo credere.
Le taglie, le argane,
le
ruote, i naſpi ſono coſi ingenioſamente fatti, poſti, & orditi, che non è peſo ſi grande, che non
ſi
moua con gran prestezza.
Altre fiate non pareuano le coſe, ſe bene erano infinite, per che non
erano
coſi bene ordinate et pronte; ma hora dal giudicio del Magnifico meſſer Nicolo Zeno il tut­
to
è ſtato ridotto in uno ordine ſi bello, & commodo, che non meno ci da mer auigliare il nume­
ro
, & la grandezza delle coſe, che l'ordine antedetto; coſa nata da uno amoreuole ſtudio, & in­
duſtrioſo
giudicio di quel gentilbuomo, col quale io era ſolito di andare molto ſpeſſo nell' Arſenale
a
far proue di leuar peſi ſmiſurati con poca fatica.
Altra occaſione anchora di grandezza d'ope­
ra
, di ſpeſa, & d'ingegno ci porge la diuina prouidenza, & la natura delle coſe, la quale farebbe
sbigottire
ogni gran cuore, che non portaſſe amore alla patria ſua.
& queſto è, che il tempo, che
apporta
ſeco ogni commodo, & ogni incommodo accordato con due elementi ci uorrebbe mouer
guerra
, & farci notabili ingiurie, dico il mare, & la terra, de i quali l'uno pare, che uoglia cede­
re
, & l'altra occupare il luogo di queste lagume.
Queſta occaſione, che ci da penſare, & pa­
re
che ci dia trauaglio, è però da eſſer riceuuta, & preſa allegramente, & con grande animo,
& amore, perche donandociil Signor Dio un giocondißimo frutto della pace, ci uuole fare ricono
ſcere
il beneficio riceuuto dalla prouidenza ſua del ſito, che egli ha dato a i primi fondatori di que
ſta
città.
& però con lo eſſercitare de gli ingegni, & de gli animi de i Senatori, in una grandiſ­
ſima
impreſa uuole, che'l mondo ueda la grandezza dello ſtato loro, la prudenza de gli huomini,
& l'amore di giouare alla patria.
doue ſarà opera di ſpeculatori della natura, & de i pratichi,
inueſtigare
le cauſe della atterratione di queste lagune, come ſogliono fare i medici, che prima
conſiderano
le cauſe delle infermità, & poi danno i rimedij opportuni: troueranno, che la terra
uſai
fiumi in queſta uſurpatione, che ella uuol fare, & da quelli ſi fa portare nelle acque ſalſe:
troueranno
, che le acque ſalſe di loro natura rodeno, è conſumano le immonditie: troueranno,
che
piu acqua, ſalſa, che entra in queſta laguna è meglio, perche uſcendo con maggiore empito
porta
uia poco terreno: troueranno, che ſi deue leuare gli impedimenti alla natura, accioche el­
la
operi da ſe, & faccia quello, che non ſi puo fare con ingegno, forza, & ſpeſa alcuna.
però mo­
ueranno
quelli terreni, che gia ſono alquanto induriti, & daranno facilità alle acque di portarli
uia
, drizzeranno i canali, & i corſi delle acque, impediranno la meſcolanza delle dolci con le ſa­
late
, faranno de gli argini, & non laſcieranno molto ſpacio.
oltra quelli arare, & mouere i terre­
ni
.
& finalmente condurranno quanto piu da lontano ſi puo i fiumi grandi, & piccioli, & queſte
coſe
ſono molto bene conſiderate dai Senatori, che di gia ſi hanno a mettere all'impreſa.
& pre­
parare
machine, & inſtrumenti utili, & ingenioſi a tanta opera preſa, & deputare perſone in­
telligenti
, & diligenti, & che ſiano amoreuoli, & ſappiano ben ſpendere il dinaro, delquale ne
hanno
fatto grande prouiſione per queſto effetto.
doue tra le parti dell' Architettura, la piu ne­
ceſſaria
al preſente biſogno è la diſtributione, con le parti ſue, dellaquale s' è detto nel primo lib.
Il Fine del quinto libro.
1
IL SESTO LIBRODELL'ARCHITETTVRA DI
M
. VITRVVIO.
Proemio.
ARISTIPPO Filoſofo Socratico gettato dal naufragio al lito de Ro­
diani
, hauendo auuertito nell'arena alcune figure di Geometria, in que
ſto
modo ſi dice hauer eſclamato.
Speriamo bene o compagni, poi,
che
qui ueggio l'orme de gli huomini.
Detto queſto incontanente
s
'auuiò alla terra di Rodi, & dritto nel Gimnaſio ſi conduſſe; doue di­
ſputando
della Filoſofia fu largamente donato, che non ſolo ornò ſe
ſteſſo
, ma anche a quelli, che con eſſo lui erano ſtati, donò ampiamente il ueſtire, & le al
tre
coſe al uiuere neceſſarie: ma uolendo i ſuoi compagni ritornar nella patria, & addi­
mandandogli
, che coſa egli uoleſſe, che in nome ſuo diceſſero a caſa: Egli coſi comandò
allhora
, che diceſſero; eſſer biſogno a i figliuoli apparecchiare poſſeſsioni, & uiatichi di
tal
ſorte, che poteſſero inſieme con loro nuotando uſcire del naufragio: perche quelli ſo
no
i ueri preſidij della uita, a i quali ne la iniqua forza della fortuna, la mutatione del­
lo
ſtato, la ruina della guerra puo alcun danno recare.
meno Theophraſto ac­
crebbe
la predetta ſentenza, il quale eſſortando gli huomini piu preſto ad eſſer uirtuoſi,
che
fidarſi nelle ricchezze, coſi dice, ſolo il uirtuoſo eſſer quello tra tutti gli huomini, il
quale
foreſtieri ne i luoghi altrui, pouero d'amici, quando perde i familiari, ouero
i
propinqui, ſi puo chiamare: ma in ogni città è cittadino, & ſolo puo ſenza timore ſprez
zare
gli ſtrani auuenimenti della fortuna.
ma chi penſa eſſer munito non da gli aiuti della
dottrina
, ma della buona ſorte andando per uie ſdruccioloſe pericola in uita non ſtabile,
ma
inferma.
Lo Epicuro ſimigliantemente afferma la fortuna dar poche coſe a i ſaui huo
mini
, ma quelle, che ſono grandiſsime, & neceſſarie con i penſieri dell'animo, & della
mente
eſſer gouernate.
Queſte coſe coſi eſſere molti Filoſofi hanno detto, & ancho i
poeti
, i quali hanno ſcritto le antiche Comedie pronunciarono le medeſime ſentenze nel­
la
Scena, come Eucrate, Chionide, Ariſtofane, & con queſte ſpecialmente Alexi: il qua
le
dice per ciò deuerſi laudare gli Athenieſi: perche le leggi di tutti i Greci sforzano, che i
padri
ſieno da i figliuoli ſoſtentati, ma quelle de gli Athenieſi non tutti, ma quelli, che
haueſſero
nelle arti i loro figliuoli ammaeſtrati.
Percioche tutti i doni della fortuna quan
do
ſi danno da quella, facilmente ſi toglieno: ma le diſcipline congiunte con gli animi no
ſtri
non mancano per alcun tempo, ma durano ſtabilmente con noi fino all'ultimo della
uita
.
Et però io grandiſsime gratie renderò a mei progenitori, i quali approuando la leg
ge
de gli A thenieſi, mi hanno ammaeſtrato nelle arti, & in quella ſpecialmente, che ſen­
za
lettere, & ſenza quella raccomunanza di tutte le dottrine, che in giro ſi uolge, non
puo
per alcun modo eſſer commendata.
hauendo adunque, & per la cura de i miei pro­
genitori
, & per la dottrina de i miei precettori accreſciute in me quelle copie di diſcipli­
ne
, & dilettandomi di coſe pertinenti alla uarietà delle cognitioni, & artificij, & delle
ſcritture
de commentari, io ho acquiſtato con l'animo quelle poſſeſsioni, delle quali ne
uien
queſta ſomma di tutti i frutti, che io non ho piu neceſsità alcuna, & che io ſtimo
quella
eſſer la proprietà delle ricchezze di deſiderare niente piu.
Ma forſe alcuni penſan­
do
queſte coſe eſſer leggieri, & di poco momento, hanno ſolamente quelli per ſaui, i qua
1li abondano di ricchezze; & però molti attendendo a queſto, aggiunta l'audacia con le
ricchezze
ancho hanno conſeguito d'eſſer conoſciuti.
Io ucramente o Ceſare non per di
nari
con deliberato conſiglio ho ſtudiato, ma piu preſto ho lodato la pouertà col buon
nome
, che la copia con la mala fama: & però egli ſi ha poca notitia del fatto mio: ma pur
penſo
, che mandando in luce queſti uolumi, io ſarò ancho a i poſteri conoſciuto.
ſi de­
ue
alcuno merauigliare, perche io ſia ignoto a molti; perche gli Architetti pregano, &
ambiſcono
per hauer a far molte opere: ma a me da i miei precettori è ſtato inſegnato,
che
l'huomo pregato non pregante deue pigliare i carichi: perche lo ingenuo colore ſi
moue
dalla uergogna addimandando una coſa ſoſpettoſa, perche ſono ricercati non quei,
che
riceuono, ma quei che danno il beneficio.
percioche qual coſa penſaremo, che penſi,
o
ſoſpetti colui, che ſia richieſto di commettere alla gratia di colui, che dimanda il douer
fare
le ſpeſe del patrimonio, ſe non che egli giudica deuerſi ciò fare per cagione della pre
da
, & del guadagno?
& però i maggiori primamente dauano le opere a coloro, che erano
di
buon ſangue.
Dapoi cercauano ſe erano honeſtamente alleuati, ſtimando di douer
commetterle
allo ingenuo pudore, non all'audacia della proteruità: & eſsi artefici non am
maeſtrauano
ſe non i ſuoi figliuoli, & i parenti, & gli faceuano huomini da bene, alla fe­
de
de i quali in ſi gran coſa ſenza dubbio ſi commetteſſero i dinari: Ma quando io uedo
gli
indotti, & imperiti, che della grandezza di ſi fatta diſciplina ſi uanno uantando, &
quelli
, che non ſolo di Architettura, ma in tutto di fabrica alcuna non hanno cognitio­
ne
, non poſſo ſenon lodare que padri di famiglia, che confirmati con la fiducia delle let­
tere
, che hanno da ſe fabricando, coſi ſtimano, che ſe egli ſi deue commettere a gli imperi
ti
, ſe piu preſto eſſer piu degni a fare la loro uolontà, che a quella d'altri conſumare il di­
naro
; & però niuno ſi forza far alcuna altra arte in caſa, come l'arte del calzolaio, o del
ſarto
, ouero alcuna dell'altre, che ſono piu facili, ſenon l' Architettura, perche quei, che
ne
fanno profeſsione, non perche habbiano l'arte uera, ma falſamente ſon detti Archi­
tetti
.
Per le quali coſe io ho penſato, che ſia da ſcriuere tutto il corpo dell' Architettura,
& le ſue ragioni diligentiſsimamente, penſando che queſto dono non ſarà in grato a tutte
le
genti.
& però perche nel Quinto io ho ſcritto della opportunità delle opere commu­
ni
, in queſto eſplicherò le ragioni, & le miſure proportionate di particolari edificij.
Tratta Vitr. nel ſeſto libro de gli edificij priuati, poi che ha fornito quella parte, che
apparteneua
alle opere publiche, & communi.
Propone al preſente libro un bel­
liſſimo
proemio, il quale tanto piacque a Galeno, che una gran parte ne preſe in
quel
libro doue egli eſſorta i giouani alle lettere.
Fornito il Proemio ci da alcuni
precetti
generali di auuertimenti, & conſiderationi parlando nel primo capitolo di diuerſe qua­
lità
de paeſi, & uarij aſpetti del cielo, ſecondo i quali ſi deono diſporre gli edificij.
Et nel ſecono
do
facendo auuertito l' Architetto, & ricordandogli dell'officio ſuo: Tratta nel reſtante del libro
de
gli edificij priuati, cominciando da quelle parti delle caſe, che prima ci uengono in contra, e pe­
netrando
poi a poco a poco nelle piu rimote, et ſecrete, quaſi ci mena per mano, & ci conduce a
ueder
di luogo in luogo le ſtanze cittadineſche, non laſciando parte, che alla utilità, al commo­
do
, & alla bellezza conuegna.
ſi contenta di queſto, che gentilmente ci conduce a piacere
in
uilla, & ci fabrica belliſſimi alloggiamenti con un riguardo mirabile al decoro, & all'uſo, &
alla
neceſſità de gli huomini, concludendo in alcune regole di fondare gli edifici, degne da eſſer
conſiderate
.
Il Proemio è facile, & contiene una eſſortatione alla uirtù mirabile con eſſempi ef
ficaci
, & autorità, & comparationi diuine delle uirtù alla fortuna, delle doti dell'animo a i be­
ni
eſteriori; in fine ammaeſtra lo Architetto, & lo fa auuertito di quelle coſe, che al preſente li­
bro
ſono conuenienti.
Io uedo i ueſtigi de gli huomini.
1
Non intendeua Ariſtippo l'orme del corpo humano, ma i ueſtigi della mente, perche le Mathe
matiche
figure erano ſtate prima nella mente di que ualent' huomini con ragioni uere conſiderate,
& poi poſte in opera, & diſegnate nell' arena; & ſi come la ſcrittura è ſegno del parlare, & il
parlare
della mente, coſi le diſegnationi Mathematiche, & le figure Geometriche erano come
ſegni
de concetti di coloro.
Diſſe adunque Ariſtippo io uedo i ueſtigi de gli huominl, cioè non
d
' animali bruti, perche non hanno diſcorſo, delle parti del corpo humano, ma della mente,
per
la quale, & dalla quale l'huomo è huomo.
Poſto lo eſſempio di Ariſtippo approua la inten­
tione
con teſtimoni, & autorità di Filoſofi, & di Poeti, adducendo una legge de gli Athenieſi,
ſecondo
la quale egli diſe, & de i ſuoi genitori modeſtamente parlando, dimoſtra quanta cura
hauer
deono i padri, accioche i loro figliuoli ſiano piu preſto buoni, che ricchi; uirtuoſi, che fa­
moſi
; degni, che ſtimati.
Concioſia coſa adunque che io per la cura de i genitori, per le dottrine de i mei pre
cettori
habbia accumulato gran copia di diſcipline con le coſe pertinenti allo ſtudio delle
lettere
, & al deſiderio dell'arti.
Io ho interpretato qui piu al propoſito, che di ſopra queſte parole, ma il ſenſo è lo iſteſſo a chi
ben
conſidera.
Non ſolo adunque deue lo Architetto darſi con ardente diſiderio alla cognitione
delle
lettere, ma diletrarſi di ſapere come uanno le coſe artificioſe, inueſtigarle, & farle affine,
che
la ſua cognitione non reſti morta, & inutile: & bene egli ſi ricorda di quello, che egli ha det
to
nel primo libro della fabrica, & del diſcorſo, & delle conditioni dello Architetto, però a
me
pare di auuertire, che Vitr. douendo parlare delle fabriche de i priuati, quaſi che egli di nouo
cominciaſſe
, ha uoluto ridurci a memoria le coſe dette nel primo libro, & però tocca nel proe­
mio
del preſente libro parte di quelle coſe, che ha toccate nel primo cap.
Et nel primo, ſecondo,
& ultimo capo di queſto accenna a quello, che egli ha detto nel ſecondo, nel quarto, & nel quin
to
di ſopra; & queſto egli ha fatto, accio non ci pareſſe, che alle priuate ragioni delle fabriche,
non
ſteſſe bene porre quella cura, & hauere quegli auuertimenti, & quella cognitione, che ſi de
ue
hauere alle fabriche communi: però io prego ogniuno, che non creda coſi facilmente a molti
che
ſi fanno Architetti, che non ſanno leggere, diſegnare, i quali non ſolamente non hanno
cognitione
dell' Architettura, ma ancho ſono ineſperti della fabrica (come dice Vitr.) Ma la
diſgratia
uuole, che gli imperiti per la loro audacia ſiano piu conoſciuti, che quelli che forſe riu­
ſcirebbeno
piu nelle opere, che nelle parole; & pur biſognarebbe che fuſſe al contrario.
Euui
aggiunta
un' altra difficultà, che ciaſcuno altro artefice puo a ſua uoglia dimoſtrar l'arte ſua, ma
lo
Architetto non puo da ſe coſa alcuna: percioche biſogna, che egli troui perſone, che uoglino
ſpendere
, & far opere, doue ci uanno molti denari.
Ma tornamo a Vitr. & uediamo un ſuo lun
go
, & bello diſcorſo ſopra diuerſe qualita de paeſi.
Di diuerſe qualità de paeſi, & uarij aſpetti del cielo; ſe­
condo
i quali ſi deono diſporre gli edificij.
Cap. I.
Qveſte coſe coſi drittamente diſpoſte ſaranno, ſe prima egli ſi auuertirà da che
parte
, o da che inclinatione del Cielo ſieno ordinate; perche altramente in
Egitto
, altramente nella Spagna, non coſi nel Ponto, o a Roma, & coſi in
altre
proprietà de paeſi par, che ſi debbiano conſtituire le maniere de gli edi
ficij
; perche da una parte la terra è oppreſſa dal corſo del Sole, & da altra è
lontaniſsima
da quello; ma poi ci ſono di quelle parti, che nel mezo ſono temperate.
Et
però
come la conſtitutione del mondo allo ſpatio della terra per la inclinatione del Zo-
1diaco, & per lo corſo del Sole è naturalmente con qualità diſeguali collocata, coſi pare,
che
ſecondo le ragioni de i paeſi, & le uarietà del Cielo eſſer debbiano gli edificij re driz­
zati
.
Sotto il Settentrione ſi faranno le fabriche a uolte, molto rinchiuſe, non aperte,
ma
riuolte alle parti calide.
Ma ſotto il grande impeto del Sole alle parti del Meriggie
(perche quelle parti ſono dal calore oppreſſe) pare, che ſi debbiano collocare le fabriche
aperte
, & riuolte al Settentrione, & Aquilone.
Coſi quello che da ſe per natura offen­
de
, con l'arte ſi deue emendare: & coſi nelle altre regioni allo iſteſſo modo, ſecondo che'l
Cielo
alla inclinatione del Mondo è collocato, ſi deono temperare.
Et queſte coſe ſono
da
eſſer auuertite & conſiderate per quello, che fa la natura, & ſpecialmente dalle membra,
& da i corpi delle genti: perche in que luoghi, che'l Sole moderatamente riſcalda, egli
conſerua
i corpi temperati, ma quelli, che per la uicinanza correndo abbrucia ſuccian­
doli
leua loro la tempra dell'humore.
Per lo contrario nelle parti fredde, perche ſono
molto
dal Meriggie lontane, non ſi caua l'humore dal caldo, ma ſpargendo il rugiadoſo
aere
dal Cielo ne i corpi l'humore, fa quelli piu grandi, & i ſuoni della uoce piu graui.

Et
per quello ſotto il Settentrione ſi nutriſcono genti di grande ſtatura, di bianco colore,
di
dritta, & roſſa capillatura, d'occhi ceſij, di molto ſangue, perche dalla pienezza del­
l
'humore, & refrigerij del Cielo ſono inſieme formati.
Ma quei, che uicini ſtanno all'aſ­
ſe
del Meriggie, ſottopoſti al corſo del Sole, ſono piccioli di ſtatura, di color foſco, di
capello
creſpo, d'occhineri, di debil gamba, di poco ſangue, per la gran forza del Sole,
& ancho per lo poco ſangue ſono piu timidi a reſiſter all'armi, ma ſopportano gli ardori
delle
febri ſenza timore, perche i loro membri ſono con il feruore nodriti; & però i cor­
pi
, che naſceno ſotto il Settentrione piu pauroſi, & deboli ſono per le febri, ma per l'ab­
bondanza
del ſangue reſiſteno al ferro ſenza paura.
Similmente i ſuoni della uoce ſono
diſeguali
, & di uarie qualità nella diuerſità delle genti, perche il termine dell' Oriente, &
dell
' Occidente intorno al liuello della terra, la doue ſi diuide la parte di ſopra della parte
di
ſotto del mondo, pare, che habbia il ſuo giro per modo naturale librato, & pondera­
to
, il qual termine ancho da i Mathematici è chiamato.
Orizonte, cioè terminatore. Et
però
, perche queſto habbiamo, tenendo nella mente noſtra il centro tiramo una linea
dal
labro, che è nella parte Settentrionale a quello, che è ſopra l'aſſe Meridiano, & da
quello
ancho tirandone un'altra trauerſa inſino alla ſommità, che è dopo le Stelle Setten­
trionali
auuertiremo da quello, che nel mondo ſarà una figura triangolare, come quegli
Organi
, che da Greci nominati ſono Sambuche.
Et però lo ſpatio, che è uicino al Polo
inferiore
dalla linea dello aſſe ne i termini meridiani, quelle nationi che ſono ſotto quel
luogo
, per la poca eleuatione de i Poli fanno il ſuono della uoce ſottile, & acutiſsimo,
come
fa nell' Organo quella corda, che è uicina allo angulo.
Dapoi quella le altre a me­
zo
la Grecia, nelle nationi fanno le aſceſe de i ſuoni piu rimeſſe, & ancho dal mezo in ordi
ne
creſcendo inſino a gli ultimi Settentrioni ſotto l'altezza del Cielo gli ſpiriti delle natio
ni
con piu graui ſuoni dalla natura delle coſe eſpreſsi ſono.
Coſi pare, che tutta la con­
cettione
del mondo per la inclinatione riſpetto alla temperatura del Sole con grandiſsi­
ma
conſonanza fatta ſia.
Et però le nationi, che ſono tra il Cardine dello aſſe meridiano
& nel mezo del Settentrione, come è deſcritto nella figura Muſica hanno nel parlare il
ſuono
della uoce della mezana.
Et quelle genti, che uanno uerſo il Settentrione, perche
hanno
piu alte diſtanze riſpetto al Mondo, hauendo gli ſpiriti della uoce ripieni d humo­
re
, sforzati ſono dalla natura delle coſe con piu graue ſuono alla prima, & all'aggiunta
uoce
, detta Hypate, & Proſlamuanomenos, come per la iſteſſa ragione nel mezo (ca­
dendo
le genti uerſo il Meriggie) fanno l'acutiſsima ſottigliezza del ſuono della uoce a
quelle
, che ſon preſſo l'ultime corde, che Paranete ſi chiamano.
Ma che uero ſia, che
per
gli humidi luoghi di natura le coſe piu graui, & per gli caldi piu acute diuentino, in
1queſto modo eſperimentando ſi puo auuertire. Siano due calici in una fornace egualmen
te
cotti, & di egual peſo, & ad un ſuono quando ſon tocchi ſiano preſi, & uno di queſti
ſia
poſto nell'acqua, & poi tratto fuori, ſia tocco l'uno & l'altro, quando queſto ſarà fat­
to
, egli ſi trouerà gran differenza tra que ſuoni, & non potranno eſſer di peſoeguale: coſi
auuiene
a i corpi de gli huomini, i quali concetti d'una maniera di figuratione, & in una
congiuntione
del mondo, altri per lo ardore del paeſe col toccamento dell'aere, manda­
no
fuori lo ſpirito acuto, altri per l'abondanza dell'humore ſpargono grauiſsime qualità
di
ſuoni, & coſi per la ſottigliezza dello aere le nationi meridiane per lo acuto feruore ſi
mouono
piu preſto, & piu eſpeditamente con l'animo a prender conſiglio.
Ma le genti
Settentrionali
infuſe della groſſezza dello acre, perche lo aere le oſta, raffreddate dall hu­
more
hanno le menti ſtupide.
Et che queſto coſi ſia, da i ſerpenti ſi comprende, i quali
per
lo caldo hauendo aſciugato il refrigerio dell'humore con gran uehemenza ſi mouo­
no
, ma nel tempo de i ghiacci il uerno raffreddati per la mutatione del Cielo per lo ſtu­
pore
ſi fanno immobili.
Coſi non è merauiglia ſe il caldo aere fa le menti de gli huomi­
ni
piu acute, & il freddo per lo contrario piu tarde.
Eſſendo adunque le nationi ſotto il
meriggie
d'animo acutiſsimo, & d'infinita prontezza a prendere partito, ſubito, ch'en­
trano
ne i fatti d'arme, iui mancano, perche hanno ſucchiate le forze de gli animi dal So­
le
: ma quelli, che naſcono in parti fredde, ſono piu pronti alle armi, & con grande im­
peto
ſenza timore entrano nelle battaglie, ma con tardezza d'animo, & ſenza conſidera­
tione
facendo impeto ſenza ſolertia con i loro conſigli ſi rompeno.
Eſſendo adunque tali
coſe
dalla natura nel mondo coſi ſtatuite, che tutte le nationi con immoderate meſcolan­
ze
fuſſero diſtinte, piacque alla natura, che tra gli ſpatij di tutto il mondo, & nel mezo
dell
'uniuerſo il populo Romano fuſſe poſſeditore di tutti i termini: perche nella Italia ſo­
no
le genti temperatiſsime ad amendue le parti, & con i membri del corpo, & col ualore
dell
'animo alla fortezza diſpoſte.
Perche come la Stella di Gioue di mezo tra la feruen­
tiſsima
di Marte, & la freddiſsima di Saturno correndo, è temperata, coſi per la iſteſſa ra
gione
la Italia poſta tra la parte Settentrionale, & del mezodì dall'una, & l'altra parte
temperata
riporta inuitte lodi, & però con i conſigli rompe le forze de Barbari, & con la
forte
mano i penſieri de i Meridiani.
Et coſi la prouidentia Diuina ha poſto la Città del
populo
Romano in ottima è temperata regione, accioche ella fuſſe patrona del mondo.

Se
adunque coſi ſi uede, che per le inclinationi del Cielo le diſsimili regioni con uarie ma
niere
ſiano comparate, & che la natura delle genti con animi diſpari, & con figure de i
corpi
, & con qualità differenti naſceſſero: non dubitiamo anche non douerſi diſtribuire
le
ragioni del fabricare fecondo le proprietà delle genti, & delle nationi.
Hauendo di
cio
pronta, & chiara dimoſtratione dalla natura.
Io ho eſpoſto (come io ho potuto con
gran
ragione auuertire) le propietà de i luoghi dalla uatura diſpoſti, & in che modo biſo­
gna
al corſo del Sole, & alle inclinationi del Cielo conſtituire le qualità de gli edificij al­
e
figure delle genti.
Et però adeſſo breuemente dichiarirò in uniuerſale, & in particola
re
le proportioni, & miſure delle maniere di ciaſcuno edificio.
Le qualità de i paeſi deono eſſer conſiderate da chi fabrica, imperoche in un luogo ſi fabrica
ad
un modo, in altro ad altro modo, riſpetto a gli ardenti Soli, a i freddi uenti, alle neuoſe ſtagio­
ni
, & all'inondationi del mare, o de'fiumi: la doue altri nelle cauerne della terra, altri
fopra
i monti, altri ne i boſchi, altri ancho ſopra gli altiſſimi alberi hanno fatto le loro ha­
bitationi
; però Vitruuio ha riguardo in generale a quello, che in ogni luogo deue conſidera
re
l' Architetto, & proua la ſua intentione a molti modi, & con belli eſſempi: cioè, che le qua
lità
del Cielo, & gli aſpetti in diuerſe regioni fanno diuerſi effetti, & che a quelli ſi deue por men­
te
, accioche ſi poſſa goder le ſtanze, & le habitationi ſenza diſetto.
Prende argomento dalla
ſtatura
, & dai membri dell'huomo, & dalla diſpoſitione de gli animi, che ſeguitano la tempera
1tura del corpo. Il tutto è facile. ſolamente quella parte ha biſogno di eſpoſitione, che appartie­
ne
alla differenza delle uoci, quando dice, che il ſuono della uoce tra le genti del mondo ha diuer
ſa
qualità, & dalla uarietà de i climi, che egli chiama inclinationi, uariarſi la uoce de gli huomi
ni
.
Dice adunque in ſomma, che quelli, a i quali ſi leua meno il Polo ſopra l' Orizonte, hanno la
uoce
piu ſottile, & piu acuta, & quanto piu uno naſce in paeſe uicino al Polo, cioe che'l punto
che
gli ſopraſta nel Cielo, è uicino al Polo, tanto ha uoce piu baſſa.
Queſta intentione è preſa
da
una ſimiglianza di quello inſtrumento, che ſi chiama Sambuca; noi forſe Arpa nominiamo;
che
è ſtrumento muſicale in forma di triangolo, come ancho quello, che di canne formato ſi uede
in
mano di Pane Dio de Paſtori; ma l' Arpa è di corde.
imaginamoſi per lo circolo Meridiano A B
C
D il centro del Mondo, E, l' Orizonte, che è quel circolo, che diuide gli hemiſperi cioè quello,
che
ſi uede, da quello che non ſi uede A E C. imaginamo il Polo nel punto F dal quale cada una
93[Figure 93]
linea nell' Orizonte a piombo nel punto, H, &
ſimilmente
un' altra che peruenga al centro, E,
non
è dubbio, che qui non ſi ueda rappreſentato
un
triangolo F H E. imaginamo ancho il Po
lo
eleuato ſopra il piano nel punto, G, & fac
ciamo
cadere dal detto punto una linea ſopra
l
' Orizonte nel punto, I, & un'altra dal detto
punto
G, al centro, E, & qui haueremo
un
'altro triangolo G E I, dico, che quelli,
a
i quali ſi leua il Polo nel punto, F, hanno uo­
ce
piu ſottile, che quelli, a i quali ſi leua il Polo
nel
punto, G. rapportamo adunque la linea, F
H
, dentro al triangolo maggiore, & iuiſia chia
mata
, M N, certo è che la linea G I, ſarà mag
giore
di quella, & ſe ella fuſſe una corda di ſtru
mento
ſonarebbe piu baſſo, & piu graue, che la
corda
MN, come quella, che è piu uicina all'angulo, & piu picciola, & fa ſuono piu acuto,
eſſendo
di piu ueloce mouimento, & piu tirata.
ſimilmente dice Vitr.
Adunque quello ſpatio, che è proſsimo al cardine inferiore nelle parti meridiane, quel
le
nationi, che ſono ſotto quel clima per la breuità dell'altezza al mondo fanno un ſuono
di
uoce acutiſsimo, & ſottiliſsimo, ſi come fa nello ſtrumento la corda, che è uicina
all
'angulo.
Et coſi ua ſeguitando, & la noſtra figura dimoſtra chiaramente la ſua intentione, & quella
linea
obliqua, che egli dice, che ſi debbia tirare, benche pare, che egli la tiri dall' eſtremo Ori­
zonte
, come dal punto C che egli chiama labro, pure deue eſſer tirata dal centro.
parte di
queſto
diſcorſo ſi legge in Tolomeo nel ſecondo della ſua compoſitione.
'Delle miſure, & proportioni de i priuati edifi­
cy
.
Cap. I.
Niuna cura maggiore hauer deue lo Architetto, che fare, che gli edificij hab­
biano
per la proportione della rata parte i compartimenti delle loro ragioni.

Quando
ſarà eſpedita la ragione delle Simmetrie, & con diſcorſo eſplicate le
proportioni
, allhora ancho è propio di acuto animo prouedere alla natura
del
luogo, all'uſo, alla bellezza, & aggiugnendo, o ſcemando fare conueneuoli tempe­
ramenti
, acciò quando farà tolto, ouero accreſciuto alla miſura, queſto paia eſſer drit­
194[Figure 94]
tamente
formato in modo, che niente piu ci ſi deſideri per lo aſpetto: perche altra for­
ma
pare, che ſia d'appreſſo, & al baſſo, altra da lontano, & in alto, quella ſteſſa pare
in
luogo rinchiuſo, che pare in luogo aperto: nelle quali coſe è opera di gran giu­
dicio
ſapere prender partito, perche non pare, che il uedere habbia i ueri effetti
ma
bene ſpeſſo la mente dal ſuo giudicio è ingannata.
Come ancho appare nelle Scene di
pinte
, gli ſporti delle colonne, & de i mutuli, & le figure de i ſegni, che uengono in fuo­
ri
di rilieuo, eſſendo ſenza dubio la tauola piana, & eguale.
Similmente i remi delle na­
ui
, eſſendo ſott'acqua dritti, pareno a gli occhi rotti, & ſpezzati, & fin che le parti
loro
toccano il piano dell'acqua, appareno dritti come ſono.
Quando poi ſott'acqua man­
dati
ſono per la rarità traparente della natura rimandano le imagini fuori dell'acqua alla
ſuperficie
, & iui quelle imagini agitate, & commoſſe pareno fare à gli occhi lo aſpetto del
remi
ſpezzato, & queſto o perche quei ſimulachri ſono ſpinti, o perche da gli occhi uen­
gono
i raggi del uedere (come piace a Phiſici) o per l'una, & per l'altra ragione qual ſi uo-
195[Figure 95]
glia
: coſi pare, che lo aſpetto habbia fallace il giudicio de gli occhi.
Eſſendo adunque che
le
coſe uere pareno falſe, & prouando ſi da gli occhi alcune coſe altramente di quello, che
ſono
, io non penſo, che biſogni dubitare, che alle nature, o necefsità de i luoghi, non ſi
debbia
fare gli accreſcimenti, ouero le diminutioni, ma in modo, che in ſimil opere niente
ſi
deſideri.
Et queſto non ſolo per dottrina, ma per acutezza d'ingegno ſi puo fare: & pe
prima ſi deue ordinare la ragione delle miſure, dallaquale ſi poſſa ſenza dubitatione pi­
gliare
il mutamento delle coſe.
Dapoi ſra eſplicato lo ſpacio da baſſo dell'opra, che ſi de­
ue
fare per larghezza, & per lunghezza, dellaqual opera quando una fiata ſarà la grandez­
za
conſtituita lo apparato della proportione alla bellezza ne ſegua, accioche dubbio non
fia
l'aſpetto della Eurithmia, a chi uorrà ſopra conſiderare: della quale con che ragioni ſi
faccia
ne dirò; ma prima ragionerò come ſi debbiano fare i Cortili ſcoperti, delle caſe,
Cauedij
nominati.
Io ho detto, che molto ragioneuolmente Vitr. ha uoluto replicare nel ſeſto libro quellè coſe,
196[Figure 96]
197[Figure 97]
1che nel primo ha uoluto per introduatione dell' Archittetura proporre; porche l' Architetto ha­
uer
deue le iſteſſe idee nell'ordinare gli edificij priuati, che egli ha nelle coſe publiche, & molto
bene
auuertire alla Diſpoſitione al Decoro, alla Bellezza, alla Diſtributione, al Compartimento,
& altre coſe toccate nel primo libro, ſecondo che nel detto luogo molto bene hauemo eſpoſto, &
di
piu ancho ſi deprime l'arroganza di molti, che miſurano molte membra, & molte parti nelle
ruine
di Roma, & non trouando quelle riſpondere alle miſure di Vitr. ſubito le biaſimano dicendo,
che
Vitr. non la intendeua: la doue imitando nelle fabriche le coſe, che hanno miſurato fuori dei
luoghi
loro, come ferma regola ſempre allo iſteſſo modo ſi gouernano, & non hanno conſidera­
tione
a quello, che Vitr. ha detto di ſopra, & molto piu chiaramente dice nel preſente luogo, cioe,
che
non ſempre ſi deue ſeruare le iſteſſe regole, & ſimmetrie, perche la natura del luogo richiede
ſpeſſo
altra ragione di miſure, & la neceſſità ci aſtrigne a dare, o leuare di quelle, che propoſte ha­
ueuamo
.
Però in quel caſo dice Vitr. che ſi uede molto la ſottigliezza, & giudicio dello Ar­
chitetto
, ilquale togliendo, o dando di piu alle miſure, lo fa in modo, che l'occhio ha la parte ſua,
& regge la neceſſità con bella & ſottile ragione.
Et ſenoi trouamo la cornice del Theatro di
Marcello
alquanto diuerſa dalle regole di Vitr. & il reſtante eſſer beniſſimo inteſo, non douemo
biaſmare
quel grande Architetto, che fece il detto Theatro.
Imperoche chi haueſſe ueduto tut­
ta
l'opera inſieme forſe haurebbe fatto miglior giudicio.
& però ben dice Vitr. che ſe bene la mag
gior
cura, che ba l' Architetto, ſia d'intorno le miſure, & proportioni, però grande acquiſto fa di
ualore
, quando egli è forzato partirſi dalle propoſte ſimmetrie, & niente lieua alla bellezza dello
aſpetto
; puo eſſere incolpato, perche con la ragione habbia medicato il male della neceſſità.
Et
qui
ſi uede quanto ſia neceſſaria la proſpettiua allo Architetto, & dimoſtra la forza ſua, quando
ſia
, che la uiſta noſtra merauiglioſamente ingannata ſia dalle pitture fatte ne i piani, che per ra­
gione
di Proſpettiua regolata da un ſol punto fa parere le coſe di rilieuo, & non ſi puo certificar­
ſi
, che non ſiano di rilieuo ſe l'huomo non le tocca, o non ſe le auuicina.
Et gli inganni della uistta
ſono
, o per la diuerſità de i mezi, per liquali ſi uedono le coſe, che eſſendo intiere paiono ſpezza­
te
, eſſendo picciole paiono grandi, eſſendo lontane paiono uicine.
La molta luce impediſce, la po­
ca
non è baſteuole alle coſe minute.
Le diſtanze mutano le figure, però le coſe quadrate da lon­
tano
pareno tonde, & Vitr. di tal coſa in molti l uoghi ci ha ſatti auuèrtiti.
Gli ſcorzi de i corpi
non
laſciano uedere tutte le parti loro, il ueloce mouimento fa parere una fiamma continua, quan
do
uelocemente ſi moue una uerga affocata.
La infermità dell'occhio partoriſce anche diuerſi
errori
; però a molte coſe delle ſopra dette il ualente Architetto puo rimediare.
Dapoi che adun­
que
l' Architetto hauerà molto ben conſiderato la ragion delle miſure, & a quel tutto, cha fa la
coſa
bella, ſia di che genere eſſer ſi uoglia, o ſodo per ſoſtener i peſi, o ſuelto per dilettare, come il
Corinthio
, o tramezo per l'uno, & l'altro come lo Ionico, & egli hauerà auuertito al numero,
del
quale la natura ſi compiace nelle colonne, & nelle apriture, & che le coſe alte naſceno dal­
le
baſſe, & che quelle proportioni, che danno diletto alle orecchie nelle uoci, le iſteſſe applicate a
i
corpi dilettano a gli occhi.dapoi dico, che tutte queſte coſe ſaranno preuiſte, biſognerà, che egli
ſottiliſſimamente
proueda a quello, che ſarà neceſſario a quella parte, che Eurithmia è chiamata
nel
primo libro.
Dei Cauedi delle caſe. Cap. III.
I Cauedi, diſtinti ſono in cinque maniere, le figure, de i quali coſi ſono nomina­
te
.
Toſcana, Corinthia, Tetraſtila', Diſpluuiata, Teſtugginata. I Toſcani
ſon
quelli, ne i quali le traui, che paſſano per la larghezza dell' Atrio hanno al­
cuni
trauicelli pendenti, & i canali, o collature dell'acque, che corrono di
mezo
da gli anguli de i pareti, a gli anguli delle traui, & anche da gli aſſeri nel mezo del
1Cauedio detto compluuio ſono i cadimenti dell'acque. Ne i Corinthij con le iſteſſe ra­
gioni
ſi pongono le traui, & i compluuij, ma ci è queſto di piu, che le traui ſi parteno da i
pareti
, & ſi ſoprapongono alle colonne d'intorno.
I Tetraſtili ſon quelli, che hauendo
ſotto
le traui le colonne angulari le preſtano utilità, & fermezza, perche eſſe ſono con­
ſtrette
hauer gran peſo, ſono caricate dalle traui trapendenti.
I Diſpluuiati ſon quelli,
ne
i quali le pendenti traui, che ſoſtengono l'arca, ſcacciano l'acque cadenti.
Queſti ſono
di
grandiſsima utilità alle ſtanze del uerno, perche i loro compluuij dritti, non togliono
il
lume a i Triclini.
Ma hanno queſto incommodo ne gli acconciamenti, che d'intorno i
pareti
le canne contengono i cadimenti dell'acque, lequali canne non coſi preſto riceuono
l
'acque cadenti ne i canali, & coſi redondanti riſtagnano, & s'ingorgano, & guaſtano in
quelle
maniere di fabriche le fineſtre.
Ma i Teſtugginati ſi fanno la doue non ſono gran
forze
, & di ſopra ne i palchi ſi fanno ſpacioſi per le habitationi.
Hauendoei Vitr. eſpoſto quello, che douemo conſiderare prima, che mettiamo le mani a fabri­
care
le caſe priuate, per riſpetto delle parti del Cielo, & gli aſpetti del mondo, ſecondo i quali
douemo
diſponere gli Edificij, per riſpetto delle miſure, & proportioni, alle quali douemo auuer
tire
tanto nella libera, quanto nella neceſſitata diſpoſitione de gli edificij; comincia a darci i pre­
cetti
, & i compartimenti delle caſe priuate, hauendo conſideratione delle piu belle parti di eſſe, ac
commodandole
alle qualità delle perſone, conſiderando le parti communi, & le propie, & non
laſciando
coſa che degna ſia del ſuo auuertimento.
Cominciando adunque a trattar delle caſe,
egli
principia da quelle parti, che prima uengono all' aſpetto noſtro, come ha fatto nel trattamen
to
de i Tempi nel terzo libro.
Quello adunque, che prima ne uiene allo aſpetto, è il piouere de i
colmi
, o tetti, cioè quella parte di doue pioue; & quella doue pioue Impluuio, & Compluuio no­
minata
; & è ragioneuole dichiarire queſta forma, perche ella è la prima, che ci uiene inanzi,
perche
hauendoci Vitr. dato i precetti della contignatione, & del legamento del tetto di dentro,
& di ſotto (come s'ha ueduto nel quarto libro:) Egli ci uuole moſtrare di quanti aſpetti ſiano,
ſecondo
diuerſe maniere i pioueri, & i colmi di fuori, & di ſopra.
Cauedia chiama egli queſti luo­
ghi
, perche ueramente ſono come caui delle caſe.
Aulas i Greci ſogliono nominare queſti luoghi
circondati
da muri & ſcoperti nel mezo, noi Cortili, o Corti chiamamo, entrate, & cortili, quel
li
, che ſono ſcoperti, entrate quelli, che ſono coperti.
Il cortile adunque è una parte delle prin­
cipali
, nella quale (come dice l'Alberto) come in un Foro commune concorrono tutti gli altri
membri
minori, & come nella città il Foro, & le parti congiunte al Foro: ſono quelle, che prima
ſi
riguardano, coſi nella caſa, che è come una picciola città, ſi prima d'occhio al cortile, al
quale
ſi luogo ampio, & aperto, & pronto ad ogni coſa.
I nomi de i Cauedi ſi pigliano, o dal­
l
'uſanza di diuerſe città, o dalla forma loro.
ſono detti ancho Atria, ma per un'altro riſpetto, per­
che
Cauedium è detto riſpetto a quella parte che è ſcoperta, & che pioue nel mezo, Atrium ri­
ſpetto
a quella parte che è coperta.
Cinque ſono le maniere de i Cauedi; altre ſi pigliano dalla for­
ma
, altre dall'uſanza d'alcune città.
Prima è la Toſcana, che è la piu ſemplice delle altre, dal­
laquale
forſe ſono gli Atrij nominati, perche er ano in Toſcana i popoli Atrienſi, per ilche non
piace
, che Atrium ſia detto dal color Atro, che procede dal fumo, come che in quelli ſi faceſſe
la
cucina.
I Cauedi Toſcani erano quelli, ne i quali le traui, che paſſano per la larghezza dello
Atrio
haueuano altritrauicelli pendenti tra quelli, & però interpenſiua ſi chiamano, & il loro
pendere
era in piouere, & haueuano i canali, che Colliquie detti ſono, i quali tracorreuano, &
erano
trapoſti in modo di piouere, & ueniuano da gli anguli de i pareti a gli anguli délle traui.

Erano
quattro traui principali ſopra quali ſi poſauano alcuni altri trauicelli, che ſtauano in pio­
uere
, detti da Vitr.
Interpenſiui, perche trapendono, queſti ueniuano da gli angoli de i pareti a
gli
angoli delle traui minori.
Erano con una delle loro teſte fermate ſopra que trauicelli, & con
l
'altra come appoggiate ne gli angoli de i pareti.
eranui poi i lor morelli detti Aſſeri (de quali
hauemo
detto nel quarto libro.) ſopra eſſi erano gl'Imbrici, & le Tauelle; & mandauano giu
198[Figure 98]
199[Figure 99]
1100[Figure 100]
1 101[Figure 101]
1
l'acqua allargo nel cortile. Ma che Vitr. intenda per queſto nome de Interpenſiui, i trauicelli ap­
poggiati
di ſopra, & non poſti di ſotto per ſoſtenimento delle traui, che trapaſſano per la larghez­
za
dello Atrio (come uogliono alcuni) egli ſi uede per le parole, che egli dice di ſotto parlando
de
i Cauedi Tetraſtili: dicendo, che le traui non ſono caricate da gli Interpenſiui.
Segno adun­
que
è che gl' Interpenſiui caricano, & ſtanno di ſopra: & ſe ſoſteneſſero, non ſi chiamerebbeno
Interpenſiui
.
Queſti Cauedi non haueuano portico a torno, & il loro piouere era ſemplicißimo,
& ueniua molto inanzi gettando l'acque molto lontane da i pareti.
La ſeconda maniera è det­
ta
Corinthia, & non è differente quanto al uenir in fuori delle traui, & del piouere dalla Toſca­
na
: Ma è ben differente, perche le traui, che uengono da i pareti dalla larghezza dell' Atrio ſo­
no
ſopra colonne, che uanno d'intorno al Cauedio.
Come dimoſtra la pianta, & la figura, O,
laqual
ancho ci ſerue al primo Cauedio, per la ſimiglianza che ha il Cauedio Corinthio con lo
Toſcano
; intendendo però che nel Toſcano non ci ſiano colonne.
La terza maniera è detta
Tetraſtilos
, cioè di quattro colonne, & è molto forte, ha molto carico, perche non ci ſono gli
Interpenſiui
.
Queſto Cortile non doueua eſſer molto grande, imperoche hauendo ſolo quattro co­
lonne
, & quelle ſopra le cantonate, ſe fuſſe ſtato molto lungo, o largo, gli ſpacij trale colonne ſa­
rebbeno
ſtati fuori di modo, & la opera non ſarebbe ſtata ferma (come dice Vitru.) La quarta
maniera
è detta Diſpluuiata, cioè quella, che ſta in due pioueri fatta di traui poſti come una ſeſta
aperta
in piedi, che Deliquiæ ſi chiamano.
Queſti hanno due cadimenti dell' acque, però che una
parte
pioue uerſo i cortili, l'altra dall' altra parte difuori: & qui ci naſce un difetto, perche l'ac­
qua
, che cade per li canali, non puo coſi preſto entrare nelle canne, che Fiſtule ſi chiamano, &
ſu
le bocche s'ingorgano, & ſoprabondando ſi ſparge, & uien giu per li pareti, & col tempo gua­
ſta
i ſottogrondali, & le fineſtre, & i legnami, che poi difficilmente s'acconciano; banno però que­
ſto
commodo, che non impediſceno i lumi alle ſtanze doue ſi mangia; & la ragione è perche il
loro
tetto non uiene troppo in fuori col piouere, ma pende dolcemente, & il lume non è impedito.

però
ancho ſe io uoleſſe dire che gli Atrij fuſſero detti dal color Atro, io direi, che il piouere, che
ſporta
molto in fuori, fa quegli ombroſi, & oſcuri.
ma forſe Atrium puo uenir dal Greco, & ſi­
gnificare
un luogo, che non ha uia che uolga.
La quinta maniera ſi chiama Teſtudinata fatta in
quattro
pioueri.
penſo io, che queſti fuſſero coperti, & che di ſopra haueſſero le ſale, & le ſtan­
ze
ſpacioſe, & i palchi ſoſtentati da belliſſimi colonnati, che dinanzi alle porte faceſſero moſtra
di
belle loggie, che per ueſtibuli ſeruiſſero, o che nell' entrate haueſſero colonne compartite a mo­
do
, che deſſero grandezza & bellezza.
puo ancho eſſer, che queſti cauedi fuſſero di caſe ordina­
rie
, & di perſone di mediocre conditione, nellequali non erano Atrij, ne colonnati; ſe forſe non
uogliamo
dire, che Atrij ſi chiamaſſero quelle entrate; ilche niuno uieta, che coſi egli non s'in­
tenda
.
Degli Atrij, alle Tablini. Cap. IIII.
LE lunghezze ueramente, & le larghezze de gli Atrij, a tre modi ſi formano. Pri
ma
partendo la lunghezza loro in cinque parti, & dandone tre alla larghezza.

Poi
partendo in tre, & dandone due: finalmente ponendo la larghezza in un
quadro
perfetto, & tirando la diagonale, la lunghezza, della quale darà la
lunghezza
dello Atrio.
Io non diuiderei con nuouo capo questa parte de gli Atrij dal capitoloprecedente, perche l'
trio
ua col Cauedio, & ancho il modo del parlare, che uſa Vitru. lo dimoſtra, dicendo, Atriorum
uero
longitudines.
L'Atrio è quella parte prima a chi entra dentro in caſa, & è luogo coperto,
ha
la porta principale nel mezo, a dirimpetto della quale in fronte ſono le porte, che uanno ne i
Periſtili
paſſando prima per alcuni altri luoghi, che Tablini ſi chiamano: ha dalla deſtra, & dal­
la
ſiniſtra le ale, che Pteromata in Greco ſi chiamano.
Che lo Atrio ſia la prima parte lo dimo-
1ſtra Vitr. nel ottauo Capo del preſente libro dicendo, che nella città gli Atrij eſſer deono appreſ­
ſo
la porta.
che lo Atrio fuſſe coperto Vitr. ſimilmente l'ha dimoſtrato di ſopra parlando del Ca­
uedio
, doue dice le traui, che ſono nella larghezza dello Atrio, & il reſto.
Le miſure, & ſimme­
tria
de gli Atrij ſi fanno in tre modi, cioè gli Atrij ſono in tre proportioni, il primo è quando la
lunghezza
dello Atrio è partita in cinque parti, & tre ſe ne danno alla larghezza.
Il ſecondo è
quando
la lunghezza è diuiſa in tre parti, & due ſi danno alla larghezza.
La terza è quando
ſi
alla lunghezza la diagonale del quadrato della larghezza.
La prima è in proportione ſopra­
bipartiente
le terze, cioè d'un quadro & due terzi.
La ſeconda è in proportione ſeſquialtera,
cioè
d'un quadro & mezo.
La terza è diagonale. Prima che io uegna alla dichiaratione, & al
compartimento
di queſte parti, uoglio porre il ſecondo capo del Trenteſimoquinto libro di Plinio,
perche
à me pare, che egli faccia al propoſito, si per l'uſo de gli Atrij, & de i Tablini, per l'an­
tichità
memorabile, che in eſſo argutamente ſi racconta.
Per la pittura delle imagini molto
grandemente
ſimiglianti di tempo in tempo ſi conſeruauano le figure, ilche del tuito è mancato.

Hora
ſi pongono gli ſcudi di rame coperti d'argento, & con non inteſa differenza delle figure, ſi
cambiano
le teſte delle ſtatue, diuulgati ancho i moti de i uerſi: coſi piu preſto uogliono, che la
materia
ſia riguardata, che eßi eſſer conoſciuti; & tra queſte coſe con le uecchie tauole accon­
ciano
gli armari, doue ſaluano le tauole, detti Pinacothece, & fanno honore alla effigie altrui, non
iſtimando
l'honore ſe non nel precio, che lo herede le rompi, & il laccio del ladro le leui, & coſi
non
uiuendo l'effigie d'alcuno, laſciano non le loro imagini, ma quelle della pecunia.
Gli iſteſſi
adornano
le paleſtre de gli Athleti con imagini, & i luoghi loro doue ſi hanno ad ugnere, & per
li
cubiculi portano le faccie dello Epicuro, & li portano ſeco a torno.
Nel loro Natale fan ſa­
crificio
al uigeſimo della Luna, & ſeruano le feſte ogni meſe, che Icade ſono dette.
Et ſpecialmen
te
quelli, che ancho in uita non uogliono eſſer conoſciuti.
Et coſi è uer amente, che la pigritia ha
rouinato
l'arti.
Et perche non ci ſono le imagini de gli animi, ancho quelle de i corpi ſono ſprez­
zate
.
Altramente appreſſo i maggiori erano quelle ne gli Atrij, perche guardati fuſſero non i
ſegni
de gli artefici foreſtieri, non i metalli, non i marmi, ma i uolti eſpreſſi nella cera per cia­
ſcun
armario eran diſpoſti, accioche iui fuſſero le imagini, che nelle eſſequie accompagnaſſero i
funerali
delle caſate, & ſempre che uno era morto, ſi trouaua preſente per ordine tutta la mol­
titudine
, che era ſtata di quella famiglia, & gli ordini, & gradi con liſte di rame erano trapoſte
alle
imagini dipinte.
Erano ancho tra le porte, & ſogli delle porte le imagini de i grandiſſimi am­
mi
, & attaccate le ſpoglie de i nemici, lequali da chi compraua la caſa era lecito, che rotte
fuſſero
, & mutati i patroni reſtauano gli ornamenti delle caſe, & queſto era un grande ſtimolo,
che
le caſe, & i tetti ogni giorno rinfacciauano, che un dapoco patrone entraſſe nel trionfo d'al­
tri
.
Ecco che da queſto luogo ſi puo hauer il ſentimento di Vitr. & come nello Atrio era il Ta­
blino
, le imagini, & le statue.
Similmente Ouidio nella ottaua Elegia del primo de gli Amori di­
ce
.
Nec te dicipiant ueteris quinque Atria ceræ; Volendo dimoſtrare una grande, & antica no­
biltà
, a cui non baſtaſſero cinque Atrij per porre le imagini di cera de i maggiori.
L'uſo adunque
di
queſti Atrij, & delle parti loro come Ale & Tablini, è di gia manifeſto per le parole di queſti
buoni
autori.
Per procedere adunque ordinatamente nel diſegno de gli Atrij, & nel comparti­
mento
delle caſe, accioche egli s'intenda queſta materia riputata (come inuero è) da tutti diffi­
cillima
: Io dico, che biſogna prima uenire alla pianta, & con linee diſegnare l'Atrio in lunghez
za
, & larghezza ſecondo una di quelle proportioni, che ha poſto Vitr. o di un quadro & mezo,
o
diagonale, o d'un quadro & due terzi; & qui noi l'hauemo fatto d'un quadro & mezo incluſo
nelle
lettere A B C D.
Venimo poi al diſegno delle Ale, che ſono dalla deſtra, & dalla ſini­
ſtra
ſolamente, & ſono portichi, & colonnati: & perche dipendono dalla proportione della lun­
ghezza
dell' Atrio, accioche con eſſo ſiano proportionate, è neceſſario ſapere di quanti piedi ſia
la
lunghezza dello Atrio.
Qui adunque fatto hauemo l'Atrio lungo 80 piedi, la doue caderà ſotto
la
regola, che dice Vitr. che ſe lo Atrio ſarà lungo da 80 in 100 piedi, tutta la ſua lunghezza ſi
1partirà in 5 parti, & una di eſſe ſi darà alle Ale a queſto modo, che la quinta parte di 80 ſi diui­
de
in due parti eguali, & una ſi alla deſtra Ala, l'altra alla ſiniſtra, non ponendo però a que
ſto
conto la groſſezza delle colonne, percioche le Ale uenirebbero molto ſtrette.
La larghezza
adunque
delle Ale ſarà 8 piedi, perche 16 è un quinto di 80. Queſto Atrio adunque ſarà 80 pie
di
lungo & piedi 53 & mezo largo, & hauerà l'Ale di 8 piedi ſenza la groſſezza delle colon­
ne
.
L'altezza ueramente de gli Atrij è la iſteſſa in tutti, cioè ſi ſa ad uno iſteſſo modo, che le­
uando
un quarto della lunghezza il reſto ſi da all'altezza, cioè dal piano alla traue, che è la ca
tena
del tetto, che ſoſtenta l'arca, o la caſſa di tutto il colmo.
leuando adunque 20 di 80 dare­
mo
60 piedi all' altezza, di queſti 60 piedi faremo l'altezza delle colonne gli Architraui, Freg­
gi
e Cornici 53 piedi & oncie 16 ſaranno alte le Colonne con le Baſe, & capitelli loro, il resto
ſi
darà alli membri di ſopra, ci douemo merauigliare, ſe le colonne uengono coſi alte, percio­
che
la magnificenza di quelle caſe coſi ricercaua, & è propio loro l'altezza, & lunghezza, per
che
& Vitr. dice di ſotto {alta Atria,} & Virg. dice longa Atria. uoglio ricapitulare quello,
che
dice Plin. della grandezza, anzi luſſuria delle caſe de Romani nel trenteſimoſeſto, & nelde­
cimoſettimo
, & molto copioſamente ne parla il Budeo nel terzo, & quarto de Aſſe: ben dirò
per
far fede di quello, che io ho detto dell' altezza delle colonne, cioè che le ueniuano a pigliar ſu
le
cornici all' altezza del tetto, che Plin. dice.
Verum eſto, indulſerint publicis uoluntatibus,
etiam
ne tacuerint maximas earum, atque adeo duo de quadragenum pedum lucullei marmoris
in
Atrio Scauri collocari, nec clam illud, occulte<13>; factum eſt, ſatiſdari ſibi damni infecti egit
redemptor
cloacarum, cum in palatium extraherentur.
Da queſte parole dice il Budeo potemo
intendere
, che disfatto il Theatro che per un meſe ſolo era ſtato fabricato, foſſero state traportate
le
colonne grandiſſime nell' Atrio della caſa di Scauro, la qual' era nel palazzo: le altezze delle
colonne
adunque erano grandi, & però dice Vitr. che le traui liminari di quelle Ale ſono alte di
modo
, che le altezze ſieno eguali alle larghezze, cioè alle larghezze de gli Atrij, & però eſ­
ſendo
largo l'Atrio piedi 53 & oncie 16. Similmente dall' Architraue in terra ſaranno piedi 53
& oncie 16. Vitr. chiama queſte traui Liminari, prima per dimoſtrare, che non erano uolti ſo­
pra
quelle colonne dell' Atrio, dapoi perche hanno certa ſimiglianza con i Liminari.
diſegnato
l
'Atrio in altezza, lunghezza, & larghezza con la proportione delle Ale, egli uiene al Tabli­
no
.
Ma prima io ponerò il teſto di quanto fin hora s'è detto, laſciando il compartimento del­
l
'Architraue, Fregio, & Cornice, alle regole, poste nel Terzo Libro.
L'altezza de gli Atrij ſi deue alzare ſotto le traui tanto quanto tiene la lunghezza leuan­
done
uia la quarta parte.
Del reſtante ſi deue hauer riſpetto a i Lacunari, & all' Arca, che
è
ſopra le traui.
Alle Ale che ſono dalla deſtra, & dalla ſiniſtra la larghezza ſi dia in que­
ſto
modo, che ſe la lunghezza dell' Atrio ſarà da 30 a 40 piedi, ella ſia della terza parte, ſe
da
40 a 50 partita ſia in tre parti, & meza, delle quali una ſi dia alle Ale, ſe da 50 a 60 la
quarta
parte della lunghezza ſi conceda alle Ale, da piedi 60 ad 80 partiſcaſi la lunghezza
in
quattro parti & meza, & di queſte una parte ſia la larghezza delle Ale, da 80 fin 100 pie­
di
partita la lunghezza in cinque parti darà la iuſta larghezza delle Ale.
Le traui Limina­
ri
di quelle tanto altamente porre ſi deono, che le altezze ſiano equali alle larghezze.
Qui ſi uede un creſcere, & un ſcemare di proportioni mirabile, & chi uorrà bene conſiderare
ſecondo
le regole date da noi nel Terzo Libro, potrà conoſcere il mirabile artificio di queſte pro­
portioni
, & l'effetto diletteuole, che fanno.
quanto meno ſon lunghi gli Atrij, tanto maggior
proportione
è della larghezza dell' Ale: perche ſe le proportioni delle ale de gli Atrij minori fuſſe
ro
minori, molto ſtrette ſarebbono l'ale, & non hauriano del buono.
Io l'ho riuoltata in tutti i
modi
, mi pare di maſticare il pane ad altri, & queſto per dar cagione, che ſi fermino meglio i
denti
rompendo ancho eſſi le croſte.
Veramente con buona intentione l'ho fatto, perche ſe l'huo­
moda
ſe non ua diſcorrendo, & riuolgendo le coſe belle non fa frutto alcuno.
Hora uegniamo al
Tablino
, la cui miſura dipende dalla larghezza dello Atrio, ſi come la m fura delle ale dipende
1dalla lunghezza: & queſto meritamente, & con ragione, perche, ſi come le ale uanno per la
lunghezza
dell' Atrio, coſi il Tablino ua per la larghezza, & è in fronte dirimpetto alla porta.

Doue
è la lettera g.
Dice adunque Vitr.
Il Tablino, ſe la larghezza dello Atrio ſarà di piedi 20. leuandone la terza parte allo
ſpatio
ſuo ſi dia il reſtante; ſe da 30 a 40 ſi dia la metà della larghezza dello Atrio al Tabli
no
.
Ma quando da 40 a 60, partiſcaſi la larghezza dello Attio in 5. parti, & di queſte ſe ne
diano
due al Tablino, percioche gli Atrij minori non poſſono hauere le iſteſſe ragioni di
Simmetrie
con i maggiori, percioche ſe uſaremo le Simmetrie de i maggiori Atrij ne i mi
nori
, i Tablini nelle ale potranno hauer utile alcuno. Perche ſaranno troppo ſtrette,
& non ſeruiranno al biſogno.
Et ſe ancho prenderemo le proportioni de i minori ne i maggiori, quelli membri ſaran
no
in queſte fabriche guaſti, & ſmiſurati.
L'eſſempio è queſto. Se la proportione delle ale de gli Atrij lunghi 80 piedi (che è un quinto
della
lunghezza) ſarà pigliata nel miſurar le ale de gli Atrij di 30 piedi, le ale ſaranno troppo
ſtrette
, perche un quinto di 30 è ſei piedi, i quali partiti in due parti, faranno la larghezza delle
ale
di 3 piedi.
Similmente ſe la proportione delle ale de gli Atrij di 30 piedi ſarà preſa per for­
mar
le ale de gli Atrij di 80 piedi, che è un terzo della lunghezza, le ale ueniranno larghiſſime,
& ſproportionate.
Similmente ne i Tablini ſi deue ſeruare la proportione conueniente alla lar­
ghezza
de gli Atrij.
Vero è, che ſi come nell' Atrio piu lungo ſi pigliaua minore proportione
per
formar le ale, coſi nell' Atrio piu largo ſi piglia minor proportione per formar il Tablino ſuo.

Ecco
nell' Atrio largo 20 piedi ſi pigliano due terzi per la larghezza del Tablino, nell' Atrio lar­
go
da 30 fin 40 ſi piglia la metà, nell' Atrio largo da 40 fin 60 ſi piglia due quinti, & chinon ue
de
, che ſono piu due terzi, che la metà, & piu la metà, che due quinti.
Et però io ho penſato di douer ſcriuere partitamente le ragioni eſquiſite delle grandez
ze
per ſeruire all' utilità, & all' aſpetto.
All' utilità ci ſerue le ale larghe, perche quando fuſſero ſtrette, non ſi potrebbe paſſeggiare.
Similmente
il Tablino doue ſi pongono le ſtatue, & gli armari, eſſendo troppo ſtretto non hau­
rebbe
uſo alcuno.
All' aſpetto ſimilmente, perche una coſa guaſta, & ſmiſurata fa perdere la
uiſta
, & una riſtretta troppo l'occupa, & riſtrigne.
Se il Tablino preſo dall' Atrio largo 20
piedi
hau erà la proportione dell' Atrio di ſeſſanta niuno uſo hauerà il Tablino, perche ſarà largo
due
quinti, cioè 8 piedi, & ſe il Tablino preſo dall' Atrio di 60 piedi largo hauerà la proportio­
ne
dell' Atrio di 20 piedi, che ſon un terzo, egli ſarà troppo largo, perche ſarà di 4 piedi, & coſi
ancho
ſi offenderà l'aſpetto tornando d'un' Atrio in un Tablino poco minore dello Atrio.
Vitr.
non
ci lunghezza del Tablino, perche io penſo, che quella ſi deue fare, o ſecondo la quanti­
delle ſtatue, o ſecondo la qualità delle perſone, o pure come ricerca la proportione de gli Atrij,
ilche
è meglio.
L'altezza del Tablino alla traue eſſer deue con l'aggiunta dell' ottaua parte della lar­
ghezza
.
I Lacunari ſiano inalzati con l'aggiunta della terza parte della larghezza al­
l
'altezza.
Il Tablino adunque della noſtra pianta ſarà largo due quinti della larghezza dello Atrio, che ſo
no
piedi 22 poco piu, perche l'Atrio è largo piedi 53 & oncie 6. ſarà alto oltra i 22 piedi ancho
un
' ottauo di 22 fin all' Architraue: alla qual altezza ſi darà anche un terzo della larghezza del
Tablino
fin a i Lacunari; & coſi ſarà eſpedito l'Atrio, l'ale, & il Tablino quanto alle proportio­
ni
, & commenſurationi loro.
& perche gli antichi haueuano piu Atrij, Cauedi, Periſtili, Log­
gie
, & altri ſimiglianti membri, però ui erano le bocche, & gli anditi d'andar d'uno nell' al­
tro
, & però dice Vitr.
Le bocche a gli Atrij minori ſono per la larghezza del Tablino leuandone un terzo, ma
ai
maggiori per la metà.
1
Queſte bocche, che Vitr. Fauce, dimanda, erano anditi, & luoghi da paſſare da un luogo
all
' altro, (come ſtimo) mancaua loro i proprij adornamenti.
& perche ne i Tablini ſi pone­
uano
le ſtatue, però Vitr. ordina quanto alte ſi deono collocare con i loro ornamenti, e dice.
Le imagini ſimilmente eſſer deono poſte in quella altezza, che ſarà la larghezza del­
le
Ale.
Et qui nel noſtro Inpiede del Tablino le ſtatue ſono alte piedi otto, perche tanto è la larghez­
za
delle ale.
Il reſto è facile in Vitr. & compreſo ſotto le regole date nel Terzo, & nel Quar­
to
Libro.
Le larghezze delle porte deono eſſer proportionate all' altezza ſecondo che ricerca le
maniere
loro.
Le Doriche, come le Doriche, le Ioniche, come le Ioniche, ſian fatte,
come
nel quarto libro, parlando delle porte eſpoſte ſono le ragioni delle Simmetrie, Il
lume
dello impluuio largo per la larghezza dallo Atrio non meno d'un quarto, piu
d
'un terzo ſia laſciato.
Ma la lunghezza come dell' Atrio ſia fatta per la rata parte. I Pe­
riſtilij
per trauerſo la terza parte piu lunghi che di dentro.
le colonne tanto alte, quanto
ſaranno
larghi i portichi.
Gli intercolunni e ſpatij tra le colonne non ſiano diſtanti, me­
no
di tre, piu di quattro groſſezze di colonne.
Ma ſe nel Periſtilio all' uſanza Dorica ſi
faranno
le colonne, coſi ſi hanno a fare i moduli, come nel quarto libro io ho ſcritto del­
l
'ordine Dorico, accioche a que moduli, & alle ragioni de i Triglifi ſiano diſpoſti.
Queſti compartimenti, Moduli, & Simmetrie di traui, di porte, di colonne, & di maniere
ſono
ſtati nel terzo, & nel quarto libro aſſai chiar amente dimoſtrati, & con parole, & con di­
ſegni
, però ſi laſcia la lunghezza del dire, per fuggir il tedio, & per dare, che diſcorrere a gli
ſtudioſi
.
Io ho poſto la Pianta, & lo Impiè della caſa priuata, & ſi conoſcerà dal incontro del­
le
lettere.
Dei Triclini, Stanze, Eſſedre, & delle Libre­
rie
, & delle loro miſure.
Cap. V.
Qvanto ſarà la larghezza de i Triclini due uolte tanto eſſer deue la lunghezza.
Le
altezze di tutti i conclaui, che ſaranno piu lunghi, che larghi, deono eſ­
ſer
compartite in queſto modo, che poſta inſieme la lunghezza, & la larghez
za
, ſi pigli di quella ſomma la metà, & tanto ſi dia per l'altezza; ma ſe le
ſtanze
, & le Eſſedre ſaranno quadrate, aggiunta la metà alla larghezza, ſi farà l'altezza.

Le
ſtanze dette Pinacotheche, deono eſſer fatte come le Eſſedre con ampie grandezze.
Le
ſtanze
Corinthie, & di quattro colonne, & quelle che Egittie ſono chiamate habbiano la
ragione
delle miſure loro al ſopradetto modo de i Triclini.
Ma ſiano per la interpoſitione
delle
colonne piu ſpatioſe.
Hauendo trattato Vitr. fin qui delle parti communi de gli edifici, tratta hora delle propie, co­
me
ſono i cenaculi, le camere, i camerini, le ſale, & le ſtanze appartate.
Queſte hanno di­
uerſi
nomi preſi ſecondo la ſignificatione de i nomi Greci: & prima è il nome del Triclinio, che
era
luogo doue ſi cenaua, detto da tre letti, ſopra i quali ſteſi col comito ripoſandoſi mangiauano,
non
però ui dormiuano, & forſe eran ſimili a Maſtabe Turcheſchi.
da queſti letti le ſtanze erano
chiamate
Triclini, che in una ſtanza per l'ordinario erano apparecchiati, & ſi puo formare Di=
clinio
, Tetraclinio, & Decaclinio, doue ſono due, quattro, & dieci letti, & piu, o meno ſecon­
do
la diſpoſitione di quelli.
Il Filandro parla molto bene diffuſamente ſopra queſto luogo. Sta­
uano
da un lato ſolo della menſa, che era appreſſo il letto ſopra tre piedi, & anche ſopra uno,
& mutauano la tauola mutando l'imbandigioni, di modo, che leuata la prima uiuanda, era
portata
di peſo la ſeconda ſopra un' altra menſa.
Le donne per antico inſtituto ſedeuano a tauola,
1gli huomini, come ho detto, ſtauano ſteſi appoggiatiſul comito. Quando uoleuano mangiare i
ſerui
correuano, & gli leuauano le ſcarpe.
Per l'ordinario non piu di due ſtauano ſopra un let­
to
, ma ſecon do il numero de conuiuanti erano i letti.
La forma de quali preſa dallo antico è po­
ſta
dal Filandro, & ne ſono le carte ſtampate.
Conclaue ſi chiama ogni ſtanza ſerrata ſotto una
chiaue
, come ſono le camere, i triclini, & ogni habitatione.
Oeci ſono le ſtanze, doue ſi ſace­
uano
i conuiti, & le feſte, & doue le donne lauorauano, & noi le potemo nominare Sale, o Sa­
lotti
.
Eſſedra io chiamerei la Sala, o il luogo della audienza, & doue ſu'l mezo giorno ſi dor­
miua
la ſtate, & era luogo ſopra i giardini grande, & ſpatioſo detto coſi dalle ſedi, che iui erano.

Pinacothecha
era luogo, doue eran le tauole dipinte, ouero le ſcritture, & queſti luoghi cioè le
Eſſedre
, le Pinacotheche, & i Triclini erano fatti magnificamente, ornati di pitture, di
colonne
, di ſtucchi, & d'altre magnificenze.
Hora Vitruuio ci da la miſura, & la di­
ſpoſitione
di tutte, parte con regole generali, parte con regole particolari, & prima dice
de
i Triclini, i quali dice douer eſſer di due quadri, cioè la lunghezza, il doppio della
larghezza
, & in generale dice, che ogni conclaue deue eſſer alto la metà di quel tutto, che fa la
lungheza
, & la larghezza poſta inſieme, di modo che ſe la larghezza ſarà di ſei, la lunghezza
di
12. poſti inſieme 6. & 12. faran 18. la cui metà è 9. l'altezza adunque ſarà di noue: ma ſe le
Eſſedre
, o Sale ſaranno di forma quadrata, le altezze ſi deono fare d'un quadro, & mezo.
Le
Pinacotheche
, ſi deono fare di ampliſſime proportioni come di doppie, & di triple.
Le Sale al
modo
Corinthio nominate Tetraſtile, & ancho quelle, che ſono fatte al modo d'Egitto, ſeruano
le
proportioni de i Triclini, ma perche in eſſe ui ſono trapoſte delle colonne, però hanno ſpatij
maggiori
.
Ma che differenza ſia trale Corinthie, & le Egittie, Vitr. lo dichiara molto bene,
& dice.
Tra le Corinthie, & le Egittie ſi troua queſta differenza: le Corinthie hanno le colon­
ne
ſemplici, ouero poſte ſopra il poggio, ouero a baſſo, & hanno gli Architraui, e le co­
rone
di ſtucco, o d'opera di legno, & ancho ſopra le colonne il cielo, o uolta è curuo, a
ſeſta
ſchiacciato; Ma nelle Egittie ſono gli Architraui poſti ſopra le colonne, & da gli Ar
chitraui
a i pareti, che uanno a torno, è poſto il palco, & ſopra eſſo il tauolato, & paui­
mento
allo ſcoperto, ſi che ſi uada a torno; dapoi ſopra l'Architraue a piombo delle co­
lonne
di ſotto ſi pongono le colonne minori per la quarta parte, ſopra gli Architraui, &
ornamenti
delle quali uanno i ſoffittati adorni, & tra le colonne di ſopra ſi pongono le ſi­
neſtre
, & coſi pare quella ſimiglianza delle Baſiliche, & non de i Triclini Corinthij.
Le Sale Corinthie haueuano le colonne appreſſo il parete, & erano le colonne ſemplici, cioè
d
'un ordine, & ſopra eſſe non u'erano altre colonne, ma gli Architraui, & Cornici, come nella
Curia
di ſtucchi, & d'opere di biancheggiamento, ouero di legno.
Ma le Sale Egittie haueuano
il
parete a torno, & le colonne di dentro uia lontane dal muro, come le Baſiliche, & ſopra le
colonne
eran gli Architraui, & Corone, & gli ſpatij tra le colonne, & il parete era coperto di
pauimento
, il qual pauimento era ſcoperto di modo, che ſi poteua andare intorno la Sala allo
ſcoperto
, & ſopra l'Architraue erano delle altre colonne per un quarto minore di quelle, di ſotto,
che
tra queſte erano le fineſtre, che dauano lume alla parte di dentro, la quale parte haueua il ſof
fitto
alto, perche era ſopra gli Architraui, & le cornici delle ſeconde colonne, & in uero doue­
ua
eſſer coſa grandiſſima, e degna da uedere, & poteua ſeruire mirabilmente alla uiſta delle feſte,
& de i conuiti, che ſi faceuano in quelle Sale.
Somigliauano queſte Sale Egittie alle Baſiliche piu
preſto
, che à i Triclinij.
da queſte poi s'entraua in altre Sale, & in altre ſtanze, o fuſſero Triclini,
& conclaui, o altro, che fuſſe neceſſario alla commodità della caſa.
Vitr. ſeguita a darci altre
maniere
di ſtanze, & di alloggiamenti fatti alla Greca, che ancho quelli doueuano hauer del gran
de
; & il prudente Architetto potrà pigliare quanto gli parerà ſecondo l'uſo de noſtri tempi.
1
Delle Sale al modo de' Greci.
Cap
. VI.
Fannoſi ancho le Sale non al modo d'Italia, dette Cizicene da Greci. Que­
ſte
guardano uerſo Tramontana, & ſpecialmente a i prati, & uerdure, & han
no
le porte nel mezo, & ſono coſi lunghe, & larghe, che due Triclini con
quello
, che ui ua d'intorno, riguardandoſi all' incontro ui poſſono capire,
& hanno dalla deſtra, & dalla ſiniſtra i lumi delle fineſtre, che ſi aprono, & ſerrano, accio
che
egli ſi poſſa per gli ſpatij delle fineſtre dal tetto uedere i prati da lungi.
Le loro altez­
ze
ſiano aggiuntaui la metà delle larghezza.
In queſte maniere di edifici ſi deono fare tut
te
le ragioni delle miſure, che ſenza impedimento del luogo ſi potranno, & i lumi ſe non
ſaranno
oſcurati dalle altezze de i pareti ſacilmente ſaranno eſplicati, & sbrigati.
Ma ſe
dalla
ſtrettezza, ouero da altra neceſsità impediti ſaranno, allhora biſognerà con inge­
gno
, & prontezza torre, o aggiugnere delle miſure in modo, che le bellezze dell' opera
dalle
uere miſure non ſiano diſsimiglianti.
E queſta differenza tra le Sale Corinthie, & Egittie, che le Corinthie haueuano le colonne ſem
plici
, cioe d'un ordine, poſte, ouero ſopra il poggio a modo d'alcuni Tempy, ſecondo che egli ha
detto
nel terzo, ouero ſenza il poggio erano da terra leuate, & ſi ripoſauano in terra, & ſopra
le
colonne gli Architraui, & le cornici, o di legno, o ſtucco al modo, che egli ha detto al ſecondo
capo
del quinto parlando della Curia: ſopra u'erano i ſoffittatinon di tutto tondo, ma ſchiaccia­
ti
, erano però fatti a ſeſta, & que uolti erano portioni de circoli, noi chiamamo rimenati.
Ma
gli
Egittij uſauan ancho eſſi ſopra le colonne gli Architraui, ma ſopra quelle, che erano diſcoſte
dal
parete uerſo la parte di dentro poneuano la trauatura, che paſſaua da gli Architraui a i muri
d
'intorno: ſopra la trauatura il taſſello piano, & tauellato col pauimento ſcoperto, il qual pa
uimento
era dallo ſpatio delle colonne al muro d'intorno intorno, & ſi poteua caminarui ſopra al
lo
ſcoperto.
Ma ſopra l'Architraue a piombo delle colonne di ſotto, ſi poneua un'altro ordinè
di
colonne ſecondo la regola detta piu uolte, cioè, che le colonne di ſopra eran la quarta parte
delle
colonne di ſotto minori, & queste colonne haueuano ancho eſſe i loro Architraui, cornici,
e
i Lacunari ſecondo i Corinthij, & tra le colonne di ſopra erano le fineſtre di modo, che una Sa
la
Egittia haueua piu preſto della Baſilica, che del Triclinio.
Et qui due coſe douemo auuertire,
l
'luna come erano le Baſiliche, & come haueuano le fineſtre.
L'altra che queſto nome di Tricli­
nio
è uſato da Vitr. parlando delle Sale, & non fa differenza tra quelle ſtanze, che egli chiama=
Oeci
, & quelle che ſono Triclini nominate: però io direi, che Oeci ſono Triclini grandi, & Tri­
clini
oeci piccioli: quelli a publichi, queſti a priuati edifici, & ordinarij dedicati.
Hauendoci adunque
Vitr
. eſplicato queſta differenza, egli pone una uſanza di queſte ſale fatte alla Greca, & benche pa
re
, che le Corinthie ſiano Greche, et che le Egittie ancho ſiano ſtate uſate da Greci, & l'una, & l'al
tra
maniera fia ſtata preſa da Italiani.
nientedimeno io ſtimo, che queſte ſale, che egli nel preſen­
te
capo dice eſſer alla Greca, non fuſſero ſtate preſe da Italiani, ma che ſolo in Grecia s'uſaſſero.

Queſte
dice egli, che ſi chiamauano Cizicene, coſi dette da una terra de' Milesij nella Proponti­
de
.
Erano poſte al Settentrione, riguardauano i campi, & le uerdure, haueuano le porte nel
mezo
, capiuano due Triclinij con quello, che gli ſta intorno oppoſti l'uno all' altro, da i letti de
i
quali ſi poteuano uedere le uerdure per le fineſtre.
Le miſure di queſte ſale ſono bene da Vitr.
dichiarite
, ci accade figura, perche dalle figure ſoprapoſte, & dalle regole tante fiate dichia
rite
uno ſtudioſo, & diligente ne puo cauare la forma.
1
Ache parte del cielo ogni maniera di edificio deue guardare
accio
ſia utile, & ſana.
Cap. VII.
Hor noi dichiararemo con che proprictà le maniere de gli edifici all'uſo, & al­
le
parti del cielo commodamente poſsino riguardare.
I Triclini del uerno,
& i luoghi de i bagni riguardino quella parte, doue il Sole trammonta il uer­
no
, perche biſogna uſare il lume della ſera, & anche per queſto, perche il So
le
cadendo ha lo ſplendore oppoſto, & rimettendo il calore nel tempo ueſpertino intepe di
ſce
piu la regione d'intorno.
I Cubiculi, & le Librerie deono eſſer poſte all' Oriente,
perche
l'uſo uuole il lume mattutino, & ancho i libri non ſi guaſtano nelle librerie, perche
in
quelle, che ſono uerſo il Meriggie, ouero a Ponente le carte ſono guaſte da i Tarli, &
dall
' humore, perche i uenti humidi ſoprauegnenti li fanno generare, & gli notriſcono;
& ſpargendo gli ſpiriti humidi per la muffa corrompeno i uolumi.
I Triclinij di primaue
ra
, & d'Autunno ſi drizzano all' Oriente, perche l'impeto del Sole oppoſto andando di
lungo
uerſo l'Occidente fa quelle ſtanze di lumi circondate piu temperate in quel tempo,
che
ſi ſogliono adoperare.
Ma quelli della ſtate deono riguardare al Settentrione, perche
quella
parte, non come le altre, che nel ſolſtitio ſi fanno per lo calore ardenti, per eſ­
ſer
riuolta dal corſo del Sole, ſempre è freſca, & nell' uſo porge ſanità, & piacere.
Et co­
ſi
que luoghi, doue ſi hanno a ſaluare ſcritture, & tauole, o pitture, detti Pinacothechi,
oue
ſi fanno le coltre, o piumacci cuciti con diuerſi colori, & imbottiti, o doue ſi dipi­
gne
, biſogna che riguardino al Settentrione, accioche i colori di quelli per la fermezza,
& egualità de lumi ſiano nelle opere impermutabili.
Haueuano gli antichi molta auuertenza al Decoro, del quale parlato hauemo nel primo li­
bro
.
Similmente alla diſtributione, che ſerue all' uſo, perche Vitr. parla in queſto luogo di quel­
lo
, che ci accommoda, & parlerà di quello che ſta bene, & che conuiene a diuerſi gradi di per­
ſone
; Et inuero, (come io bo detto nel principio di queſto libro) Vitr. ha uoluto, che noi conſi­
deriamo
egualmente le coſe dette nel primo nelle opere publiche, & nelle priuate: perche quelle
erano
indifferenti, communi, & applicabili come i numeri, & le figure a diuerſe materie.

Quanto
adunque appartiene alla diſtributione, ſi uede nel preſente capo, che egli tratta a che parti
del
cielo, quali ſtanze douemo fabricare: perche ne habbiamo commodo, & utilità: per­
che
ſiano ſane.
Gli antichi mangiauano ſecondo le ſtagioni in diuerſe ſtanze, nella ſtate in luo­
ghi
uolti al Settentrione, & che haueuano acque, & uerdure: Il uerno haueuano il fuoco, la
facciata
piu calda, imparando da gli uccelli, che ſecondo le ſtagioni uanno mutando il luogo.
&
perche
non ſolamente douemo hauer cura della commodità delle perſone, ma anche della conſerua
tione
delle robbe, però molto bene douemo conſiderare di far le ſtanze per ſaluar le robbe, ilche in
queſto
capo di Vitr. è molto bene conſiderato, & ci laſcia da penſare piu oltra ſecondo l'occaſio­
ne
, imperoche egli non abbraccia ogni coſa, ma ci da tanto lume, che ci baſta, oltra che ne dirà
ancho
dapoi.
ci ſono anche le caſe de gli artefici, & de mercanti, che uendeno coſe, che hanno
b
ſogno d'eſſer conſeruate in propij luoghi, ſecondo le qualità delle merci.
Similmente le muni­
tioni
, i uiueri, le armi, & luoghi dall' oglio, dalle lane, delle ſpecierie, & de i frutti hanno le
loro
proprietà da eſſer conſiderate, perche poi niente ſia, che guaſti le robbe: ma queſte coſe non
cadono
in conſideratione nelle caſe de i grandi.
Seguita ancho un'altra diſtributione, che parti­
cipa
del Decoro, & dice.
1
De i propi luoghi de gli edifici, & priuati, & communi, &
delle
maniere conuenienti ad ogni qualità di perſone.
Cap. VIII.
Esſendo le ſtanze alle parti del cielo a queſto modo diſpoſte, allhora biſogna
auuertire
, con che ragione a i padri di famiglia i propij luoghi, & in che mo
do
i communi con gli ſtrani ſi deono fabricare: perche in queſti che propi ſo
no
, non è lecito, puo ognuno in esſi entrare ſe non è inuitato come ſo­
no
i Cubiculi, i Triclini, i Bagni, & le altre ſtanze, che hanno l'iſteſſe ragioni dell' uſo lo­
ro
.
Communi ſono quelli, ne i quali ancho chi non è chiamato del popolo, ui puo en­
trare
.
Queſti ſono l'entrate, i Cortili, i Periſtili, & quelle parti, che poſſono hauere l'uſo
iſteſſo
.
A quelli adunque, i quali ſono di ſorte commune, non ſono neceſſarie l'entrate ma­
gnifiche
, i Tablini, ne gli Atrij, perche queſti preſtano a gli altri quegli officij cercando,
che
da gli altri ſono cercati.
Ma quelli, che ſeruono alla utilità, & frutti della uilla, nelle en­
trate
delle loro caſe, deono hauere gli ſtabuli, & tauerne, & nelle caſe l'arche, e i granai, le
ſaluarobbe
, & le diſpenſe, che poſſono piu preſto eſſer per ſeruare i frutti, che a bellezza
& ornamento.
Coſi a publicani, a banchieri, ouero cambiatori ſi fanno le caſe piu commo­
de
, & piu belle, & piu ſicure dalle inſidie.
A gli huomini di palazzo, & a gli auuocati piu ele­
ganti
, & piu ſpatioſe, per poter riceuere, & admettere la moltitudine delle genti.
A nobili,
che
ne i magiſtrati, & ne gli honori deono a cittadini non mancare d'officio, ſi deue fare le
entrate
regali, e gli Atrij alti, & i portichi, o loggie amplisſime, & gli ſpatij da caminare
piu
larghi perfetti all' ornamento, e decoro.
Oltra di cio le Librerie, le Cancellarie, le
Baſiliche
non disſimiglianti da quello, che ricerca la magnificenza delle opere publiche:
perche
nelle lor caſe ſpeſſo ſi fanno, & i conſigli publici, & i priuati, & i giudici arbitri, &
compromeſsi
.
Se adunque con queſte ragioni ad ogni ſorte di perſone coſi ſaranno gli
edificij
diſpoſti, come del Decoro è ſtato ſcritto nel primo uolume, non ſarà coſa degna
di
riprenſione, perche haueranno ad ogni coſa commode, & ſenza menda le loro eſplica
tioni
.
Et di quelle coſe non ſolo ci ſaranno, nella citta le ragioni, ma ancho nella uilla.
Eccetto
, che nella Città gli Atrij ſono uicini alle porte, ma nella uilla, che quaſi imitano
le
cittadineſche, ſubito appreſſo le porte ſono i Periſtili, dapoi gli Atrij, che hanno i por
tichi
d'intorno con pauimenti, che riguardano uerſo le paleſtre, & i luoghi da paſteg­
giare
.
lo ho deſcritto diligentemente (come ho propoſto) in ſomma le ragioni di fare le
fabriche
cittadineſche nella Città.
Eſpedita la parte, che apparteneua alla Diſtributione, Vitruuio nel preſente capo ci dimoſtra
quanto
conuiene al Decoro, che altro non è, che un riſpetto alla dignità, & allo ſtato delle per
ſone
.
Fatta adunque la diſtintione delle perſone biſogna a ciaſuna ſecondo il grado ſuo fabricare,
& però altro compartimento hauera la caſa d'un Signore, altro quella del nobile, altro quella
del
populo.
Le parti delle caſe ſimilmente, ſiano ò communi, ò propie, deono riguardare alla
qualità
delle perſone.
Vſauano anticamente quelli, che con maggiore ſplendidezza uoleuano fabri
care
laſciar dinanzi alle porte un luogo uacuo, che non era parte della caſa, ma bene conduceua
alla
caſa, doue ſtauano i Clienti, & quelli, che ueniuano per ſalutar i grandi, fin che erano ad­
mesſi
, & ſi poteua dire, che erano in caſa, fuori di caſa.
Queſto luogo era detto Veſtibulo,
& era di gran dignità & adornato di loggie, & di ſpatij.
La ſua honeſtà era la uia, l'uſo, il poter
commodamente
aſpettare, il piacere, perche iui i giouani aſpettando i principali s'eſſercitauano
alla
palla, alle lotti, a ſaltare, & in altri eſſercitij giouanili.
Eranui le porte, prima le communi,
& queſta di ragione era una ſola ſplendida, e ricca, & adorna mir abilmente, & poi altre parti-
1colari, come quella, che ſeruiua al condurre le robbe in caſa, & quella del patrone ſecreta, per
la
quale egli ſenza eſſer ueduto poteua uſcire.
Et però dice Horatio. Atria ſeruantem poſtico
falle
clientem.
eraui l'entrata, l'Atrio, il Tablino, il Periſtilio per ordine. Le ſcale ſecondo la
dignità
& forma loro belliſſime, commodiſſime, e lucide, metteuano capo in ampie, & ſpacioſe
ſale
, che ſcopriuano il mare, i giardini, & le uerdure, & ſotto eſſe a piè piano erano molte log
gie
, & luoghi da audienze di modo, che niente ſi poteua deſiderare.
Laſcio ſtare la magnificen­
za
, che uſauano in ogni altra ſtanza, ne i dormitori, ne i cenacoli ſecondo le ſtagioni, nelle came
re
, ne i bagni, che ſarebbe coſa lunga a narrare.
Haueuano riguardo ad accommodar i foreſtie
ri
.
I grandi adunque haueuano ſecondo le lor qualità gli edificij, i mediocri, i mercanti, gli ar­
tefici
erano accommodati.
Le bottghe eſſer doueuano ſopra ſtrade correnti in belle uiſte, le mer­
ci
in moſtra, & inuitauano gli huomini a comprare.
Ecco adunque quanto chiaramente Vitr. ſi
laſcia
intendere per quello, che egli ha detto nel primo libro al ſecondo capo, quando egli dice,
parlando
del Decoro, beatis, & delicatis.
qui dice forenſibus autem, & diſertis. & la doue
egli
dice potentes, qui dice nobilibus, qui honores, magiſtratusque gerendo.
& c. Gli Atrij
in
Villa non erano alla prima entrata, ma dopo i periſtili, & haueuano i portichi d'intorno con
bei
pauimenti, & coſi ſi uede, che ancho d'intorno gli Atrij erano i portichi.
Et qui ſia fine del­
le
caſe priuate fatte nella Città.
Delle ragioni de i ruſticali edifici, & diſtintioni di molte par­
ti
di quelle.
Cap. IX.
Hora dirò de ruſticali edifici, come poſſono eſſer commodi all' uſo, & con
che
ragioni ſi deono fare.
prima ſi deue guardare alla ſalubrità dello aere, co
me
s'è detto nel primo libro di porre le Città.
Le grandezze loro ſecondo
la
miſura delle poſſeſsioni, & le copie de i frutti ſieno comparate; I cortili,
& le grandezze loro al numero delle pecore, & coſi quanti parà di buoi ſarà neceſſario
che
ui ſtiano biſognerà determinare.
Nel cortile la cucina in luogo caldiſsimo ſia po­
ſta
, & habbia congiunte le ſtalle de i buoi, le preſepi de i quali riguardino uerſo il fuoco,
& l'Oriente, perche i buoi guardando il fuoco, & il lume non ſi fanno ombroſi, & timidi,
& coſi gli agricoltori periti delle regioni, non penſano che biſogni, che i buoi riguardi­
no
altra parte del cielo, ſe non il naſcimento del Sole.
Le larghezze de i bouili non deo­
no
eſſer meno di piedi dieci, piu di quindici.
La lunghezza in modo, che ciaſcuno
par
di buoi non occupi piu di ſette piedi.
I Lauatoi ſiano congiunti alla cucina, perche
a
queſto modo non ſarà lontana la amminiſtratione della ruſtica lauatione.
Il Torchio
dell
' oglio ſia proſsimo alla cucina, perche coſi a frutti oleari ſarà commodo, Et habbia
congiunta
la cantina, i lumi della quale ſi torranno dal Settentrione, percioche hauendo
gli
da altra parte, doue il Sole poſſa ſcaldare, il uino, che ui ſarà dentro, confuſo, & meſ
colato
dal calore ſi farà debile, & men gagliardo, I luoghi dall' oglio ſi deono porre in
modo
, che habbiano il lume dal mezodì, & dalle parti calde, percioche l'oglio non ſi de
ue
aggiacciare: ma per la tepidità del calore aſſottigliarſi.
Le grandezze di que luoghi
deono
eſſer fatte ſecondo la ragione de i frutti: & il numero de i uaſi, i quali eſſendo di
miſura
di uenti anfore, deono per mezo occupare quattro piedi.
Ma il torchio ſe non è
ſtretto
con le uiti, ma con le ſtanghe, & col prelo, e le traui, che premeno, non ſia men
lungo
di quaranta piedi, & coſi ſarà a quelli, che lo uoltano lo ſpatio eſpedito, la larghez
za
ſua non ſia meno di piedi ſedici, perche coſi compiutamente ſi potrà da quelli, che fan­
no
l'oglio uoltare.
Ma ſe egli ſarà luogo per due preli, o calcatoi ſi diano uentiquattro
piedi
per la lunghezza.
Gli ouili, & le ſtalle per le capre ſi deono fare coſi grandi, che
1ciaſcuna pecora non meno di quattro piedie mezo, non piu di ſei poſſa occupare di lun­
ghezza
.
I Granai alzati al Settentrione, & all' Aquilone: perche a queſto modo i grani
non
potranno coſi preſto riſcaldarſi, ma dal uento raffreddati lungamente ſi conſeruaran­
no
, perche l'altre parti generano le pauigliole, & altre beſtiuolette, che ſono di nocu­
mento
a i grani.
Le ſtalle de caualli ſi porranno in luoghi caldiſsimi, pur che non guardi­
no
al foco, perche quando i giumenti ſono appreſſo al foco, ſi fanno horridi.
Et ancho
non
ſono inutili le tezze di buoi, o preſepi, che ſi dichino, che ſi mettono oltra la cucina
alla
ſcoperta uerſo Leuante, perche quando la inuernata al Cielo ſereno ſono in quelle con
dotti
, la mattina i buoi paſcendoſi diuentano piu graſsi.
I Granari, i Fenili, i luoghi da
riporre
i farri, i piſtrini; ſi deono fare oltra la caſa di uilla, accioche le caſe ſiano piu ſicu­
re
dal foco.
Ma ſe nelle fabriche di uilla ſi uorrà fare alcuna coſa piu delicata, dalle miſu­
re
delle caſe della Città ſopraſcritte ſi fabricherà in modo, che ſenza impedimento della
utilità
ruſticale ſia edificata.
Biſogna hauer cura, che tutti gli edifici ſiano luminoſi. A
quelli
di uilla, perche non hanno pareti de i uicini, che gli impediſca, facilmente ſi proue
de
.
Ma nelle Città, o le altezze de i pareti publichi, o le ſtrettezze del luogo con i loro
impedimenti
fanno le ſtanze oſcure.
Et però di queſto coſi ſi deue far eſperienza. Da
quella
parte, che ſi prende il lume, ſia tirata una linea, o ſilo dall' altezza del parete, che
par
' oſtare a quel luogo, dentro il quale biſogna poner il lume, & ſe da eſſa linea, quando
ſi
guarderà in alto ſi potrà uedere lo ampio ſpatio del puto cielo, in quel luogo ſarà il lu­
me
ſenza impedimento, ma ſe egli impediranno, o traui, o ſogliari, o palchi, apriſi dalla
parte
di ſopra, & coſi ui ſi metta il lume.
Et in ſomma noi douemo gouernarci in queſto
modo
, che da qualunque parte ſi puo uedere il lume del cielo, per quelle ſi deono laſcia­
re
i luoghi alle ſineſtre.
Et coſi gli edifici ſaranno lucidi. Ma l'uſo de i lumi grandiſsi­
mo
ne i Triclimi, & ne gli altri conclaui, come ne gli anditi, nelle diſceſe, nelle ſcale,
perche
in queſti luoghi ſpeſſo s'incontrano le perſone, che portano peſi addoſſo.
Io ho
eſplicato
quanto ho potuto le diſtributioni delle opere fatte al noſtro modo, accioche
oſcure
non ſiano a chi fabrica.
Non ha uoluto Vitr. laſciar a dietro la conſideratione della uilla, & delle fabriche fatte fuo­
ri
della Città, imperoche non meno era neceſſario queſto trattamento, che quello delle altre fa­
briche
.
Da Columella, Varrone, Catone, & Palladio ſi puo trarre copioſamente quello, che
appartiene
alla uilla, & perche quelli autori aſſai diſtinti, et copioſi ſono: io non uoglio a pompa
citare
i luoghi loro: aſſai mi ſarà dimoſtrare in Vitr. i precetti del quale ſono ſtati da alcuni di
quelli
beniſſimo oſſeruati.
Le fabriche di Villa eſſer deono in luoghi ſani, ſono piu libere, che
quelle
della Città, & molte commodità ſi deue hauere in quelle, & molte dalla natura cercar­
ne
.
Hanno piu, & meno stanze, ſecondo il grado de gli huomini tanto per gli familiari, quan­
to
per li foreſtieri.
Il mediocre, & baſſo ſi deue sforzare d'hauer in uilla buona ſtanza, accio la
moglie
ſtia piu uolentieri a gouernar le robbe, & attenda piu all' utile, che al piacere.
Al con­
trario
i ricchi, et grandi huomini habbiano dinanzi le ſtanze loro gli ſpatij da correre, & tornea­
re
le belle uerdure, ſiano difeſe da uapori, da uenti, da monti, che impediſceno non habbian le
ſtalle
, i letami ui cini, & ſia il tutto fabricato con dignità.
Le ſtanze del lauoratore, o del
Gaſtaldo
ſiano partite per le coſe, per gli huomini, per gli animali, per gli ſtrumenti.
L'Ara
ſia
al Sole, aperta, larga, battuta alquanto colma nel mezo, & uicina al coperto.
Il gaſtaldo
dorma
appreſſo la porta maeſtra, i lauoratori ne i luoghi, che ſiano pronti a gli ufficij loro.
La
cucina
ſi i ampia, chiara, ſicura dal fuoco: le ſaluarobbe commode: gli animali da lauoro, co­
me
ſono buoi, & caualli, ſiano in luoghi accommodati con le ragioni, che dice Vitr.
Similmente
gli
animali, che fruttano come ſono armenti di Porci, Pecore, Pollami, Vccelli, Peſci, Colombi, Le­
pri
, & altri ſimili animali, tutti deono ſecondo le qualità, e nature loro eſſer accomodati, & l'oſſer
uanze
di queſtecoſe molto bene ſi fanno auuertendo à quello, che ſi fa in diuerſi paeſi; & ponendoui
1eura, & induſtria. Il grano, & ogni ſeme marciſce per l'humido, impallidiſce perlo caldo, ammaſ
ſato
ſi riſtringe, & ſobboglie, e per toccar la calce ſi guasta, & pero ſia ſopra tauolato, ò in caua ſo
pra
la nuda terra, uerſo Borea, e Tramontana.
Le poma ſi conſeruano in luogo ſreddo, in caſ­
ſe
di legno rinchiuſe.
La Cantina ſott erra, rinchiuſa, lontana dal mezo , & da i uenti Meri
dionali
, & dallo ſtrepito, habbia il lume da leuante, ouero da Borea: ogni humore, uapore, &
fetore
eſſer le deue lontano: ſia pendente, & laſtricata in modo, che ſel uino ſi ſpande, poſſa eſ­
ſer
raccolto.
I uaſi del Vino ſiano capaciſſimi, & fermi. Gli inſtrumenti, che biſognano a gli
Agricoltori
ſiano in luoghi accommodati: il carro, i gioghi, l'aratro, le corbe dal fieno ſiano ſot­
to
il coperto al mezodi uerſo la cucina.
Al Torchio diaſi ſtanza capace, & conueniente, oue
ſi
ripongono i uaſi, le funi, i ceſti.
Sopra le traui del coperto ſi pongono i cratici, le pertiche, lo
ſtrame
, il canapo.
I buoi mangino al baſſo, a Caualli prendano lo ſtrame di ſopra, perche alzan­
do
la teſta l'aſciugano, perche hanno la teſta humida, però dinanzi la mangiatora non ſia il pare­
te
humido.
La Luna gli guaſta gli occhi. La Mula impazza in luogo caldo, baſſo, & oſuro.
Le
miſure delle ſtalle da buoi, & da pecore ſono poſte da Vitr.
Il Torchio antico forſe haueua
altra
maniera di quello, che uſamo noi a queſti tempi.
Poſti i precetti di tutte quelle coſe, che
alla
uilla ſono piu neceſſarie parla Vitr. de i lumi, & delle fineſtre.
Le quali in uilla ſono men impe
dite
, ma nella Città poſſono hauere motti contrari, a i quali ſi troua rimedio ogni uolta, che ſi con
ſidera
l'effetto del lume, & il cadimento, & doue uegna, perche è chiaro, che doue non puo ca
dere
il lume, egli non ſi puo hauere.
Le groſſezze de i pareti ſpeſſo l'impediſcono, però alcuni
hanno
tagliato il muro doue hanno a ſtare le fineſtre, cominciando dalla ſuperficie di fuori, &
üenendo
per la groſſezza del muro alla ſuperficie di dentro con un taglio pendente: & forſe Vitr.
non
è lontano da queſta opinione.
La doue adunque per dritta linea ſi puo tirare un filo allo ſco­
perto
, ſenza dubbio ſi puo hauere il lume: & quando queſto da i lati de i pareti non ſi poſſa fa­
re
, biſogna aprir di ſopra.
Auuertiamo adunque in queſta materia a i precetti di Vitr. eleg­
gendo
prima il luogo ſano, perche la doue ſi uuol far conto con l'inferno, non ſolamente l'en
trata
, ma la uita è dubbioſa, anzila morte è piu certa, che'l guadagno: dapoi con buon conſiglio
douemo
far le fabriche tanto grandi, quanto ricerca la poſſeſſiione, l'entrata, & la copia de i
frutti
.
Quanto alla poſſeſſione eſſer deue il modo, & la miſura, che è ottima in tutte le coſe, &
ſi
deue ſeruar quel precetto che dice, il campo douer eſſer piu debile, che l'Agricoltore: perche
ſe
biſogna ſoſtenerlo, & curarlo, quando l'Agricoltore non puo tanto, è neceſſario, che' l cam­
po
patiſca, & però men rende ſpeſſo una gran poſſeſſione poco, che una picciola molto coltiuata.

Si
che douemo tanto tenere, quanto potemo mantenere, accioche compramo i campi per goderli
noi
, & non per torgli ad altri, o per aggrauarci troppo, perche niente gioua il uoler poſſedere,
& non poter lauorare.
Quanto alle fabriche ſimilmente douemo ſchiuare di non incorrere nel
uitio
di Lucullo, & di Sceuola, de quali uno edificò in uilla molto piu riccamente di quello, che
richedeuano
le poſſeſſioni.
L'altro mancò de gran longa. All' uno di troppo ſpeſa, all' alltro di
non
poco danno fu cagione.
Queſto errore comincia a moltiplicare a i noſtri per la ſuperbia
de
gli huomini.
Le fabriche che non ſono baſtanti, fanno, che i frutti ſiguaſtino per la ſtret­
tezza
del luogo.
Deueſi adunque fabricare in modo, che la fabrica deſideri il fondo, non il
fondo
ricerchi la fabrica.
Il ſeſto capo di Columella, è al propoſito di queſto capo: il torchio,
l
'ara c'inſegna Catone & Palladio.
1
Delle diſpoſitioni de gli edificij, & delle parti loro ſecon­
do
i Greci, & de i nomi differenti, & molto da i co­
ſtumi
d'Italia lontani.
Cap. X.
Perche i Greci non uſano gli Atrij nelle entrate, però a noſtro modo non ſon
ſoliti
di fabricare, ma entrando dalla porta fanno gli anditi non molto larghi,
& dall' una parte le ſtalle de i caualli, & dall' altra le ſtanze de i portinari, &
ſabito
ſon finite l'entrate interiori: & queſto luogo tra due porte è detto,
Thirorio
, cioè Portorio, o Portale: dapoi è lo ingreſſo nel Periſtilio, ilquale ha il por­
tico
da tre parti, & in quella parte, che riguarda al Meriggie, hanno due pilaſtrate, o an­
te
tra ſe per molto ſpacio diſcoſte, ſopra lequali s'impongono le traui; & quanta diſtanza
è
tra le dette ante, tanto di quella toltane uia la terza parte, ſi allo ſpacio interiore.

Queſto
luogo da alcuni proſtàs, da altri paraſtas è nominato.
In que luoghi di dentro ſi
fanno
le ſtanze grandi, nelle quali le madri di famiglia con i lanifici ſiedono.
In quelli
anditi
dalla deſtra, & dalla ſiniſtra ui ſono i cubiculi, de i quali uno è detto Thalamo, l'al­
tro
Antithalamo: ma d'intorno a i portichi ſono i triclini ordinari, & i cubiculi anchora,
& le ſtanze per la famiglia, & queſta parte è detta Gineconiti, cioè Stanza delle donne.

A
queſte ſi congiugnono le caſe piu ampie, che hanno i Periſti i, ò colonnati piu ampi,
ne
i quali ſon quattro portichi di pari altezza, ouero quello, che riguarda al meriggie, è
fatto
di piu alte colonne, & quel colonnato d'intorno, che ha le colonne, & il portico
piu
alto ſi chiama Rhodiaco.
Quelle caſe hanno i ueſtibuli magnifichi, & le porte pro­
pie
con grandezza, & i portichi de i periſtili ornatiſsimamente ſoffittati, intonicati, & la­
uorati
di ſtucchi; & ne i portichi, che riguardano al ſettentrione hanno i Triclini, i Cizi­
ceni
, le cancellarie, ma uerſo il Leuante hanno le Librerie, uerſo Ponente le Eſſedre, & uer­
ſo
il mezo le Sale coſi grandi, che facilmente poſti in quelli, & acconci, quattro Triclini,
il
luogo è ſpacioſo ancho per uedere far le feſte, & per lo ſeruitio, & amminiſtratione.
In
queſte
Sale ſi ſanno i conuiti de gli huomini.
Perche ſecondo i coſtumi de Greci le matro­
ne
non ſedeuano a menſa.
Queſti Periſtili, ò Colonnati ſi chiamauano Andronitide. Perche
in
quelli ſtauano gli huomini ſenza eſſer diſturbati dalle donne.
Oltra di queſto dalla de­
ſtra
, & dalla ſiniſtra erano alcune caſette, che haueuano porte propie, Triclini, & cubi­
biculi
commodi, accioche i foreſtieri non ne i Periſtili, ma in quelle foreſterie allog­
giaſſero
.
Perche eſſendo ſtati i Greci piu dilicati, & de i beni di Fortuna piu accommo­
dati
, a foreſtieri, che ueniuano apparechiauano i Triclini, i Cubiculi, & le ſaluarobbe &
diſpenſe
, & il primo giorno gli inuitauano a cena; Il ſecondo gli mandauano pollame,
uuoua
, herbe, poma, & altre coſe di uilla, & però i Pittori imitando con le Pitture le co­
ſe
mandate a gli hoſpiti chiamauano quelle Xenia.
Coſi non pareua, che i padri di fami­
glia
nell' albergo fuſſero foreſtieri, hauendo in tali alloggiamenti una libertà ſecreta.
Tra
queſti
Periſtili, & alberghi erano gli anditi detti, meſaule, perche erano di mezo tra due
aule
, ma i noſtri chiamano quelle Androne.
Ma queſto è mirabile, perche queſto a
Greci
, a noſtri puo conuenire: perche i Greci chiamano Androne le ſtanze, doue man­
giano
gli huomini: perche iui non ſtanno le donne.
Et coſi anchora ſono altre coſe ſi­
miglianti
, come il Xiſto, il Prothiro, i Telamoni, & altre parti di queſta maniera.
Xi­
fto
ſecondo Greci, è un portico di ampia larghezza, doue il uerno s'effercitauano gli
thleti
.
Ma i noſtri chiamano Xiſti i luoghi ſcoperti da caminare, che i Greci chiamano
Peridromide
.
Appreſſo Greci Prothiri ſono i ueſtibuli inanzi le porte, ma noi chiamamo
Prothiri
quelli, che i Greci chiamano Diathiri.
Anchora ſe alcune figure uirili ſoſten-
1tano i mutuli, o le corone, i noſtri chiamano Telamoni, ma perche coſi le chiamino,
egli
non ſi troua ſcritto nelle hiſtorie: i Greci le chiamano Atlanti, perche nella hiſtoria
Atlante
è formato a ſoſtenere il mondo: perche coſtui primo fa, che con prontezza d'
nimo
hebbe cura di laſciare a gli huomini il corſo del Sole, & della Luna, i naſcimenti,
& gli occaſi di tutte le ſtelle, & le ragioni del girar del mondo, & per queſto da Pittori,
& ſtatuari è formato per quello beneficio ſoſtenere il mondo, & le ſue figliuole A tlanti­
de
, che noi chiamiamo Virgilie, & i Greci Pleiade con le ſtelle nel Cielo ſono conſecra­
te
.
io ho propoſte tali coſe, perche ſi muti la uſanza de i uocaboli, & del parlare; ma
perche
non ſiano aſcoſe, a chi ne uuole ſaper la ragione.
Io ho eſpoſto con che ragione ſi
fanno
le fabriche d'Italia, & di Grecia; & ho ſcritto delle miſure, & delle proportioni di
ciaſcuna
maniera.
Adunque perche della Bellezza, & del Decoro, è ſtato ſcritto di ſopra,
hora
ſi dirà della fermezza, in che modo poſſa durare ſenza difetto alla uecchiaia.
Pareua a Vitr, che l'huomo faclimente ſi poteſſe ingannare leggendo, o udendo i nomi Greci,
& i nomi Latini delle parti delle fabriche: perche tra quelli ui è non poca differenza: però per ri­
mediare
a queſto diſordine, egli ha uoluto in queſto luogo ragionare delle parti de gli edifici de i
Greci
, & eſponere i loro uocaboli molto differenti dalle uſanze Italiane.
Et però dice, che i Greci
non
uſano gli Atrij.
Credo io perche non haueuano quella occaſione, che haueuano Romani del­
la
grandezza: Benche ancho quelli non erano ſenza, perche faceuano le ſtanze delle donne belle,
& ſeparate da quelle de gli huomini.
Non uſando adunque gli Atrij, che appreſſo Rom. erano ap
preſſo
le porte: Subito che egli s'entraua in caſa era una entrata coperta non molto larga, che
da
una parte haueua i luoghi de i caualli, & dall'altra le ſtanze de portinari, & in fronte u'era
un
altra porta, & quel luogo che era tra una porta, & l'altra ſi chiamaua Thirorio, coſi detto
quaſi
ſpacio trale porte, & queſto era in luogo di Atrio, o di Veſtibulo: per la porta di dentro
entrauano
in un bel Periſtilio, o colonnato, ilquale haueua le colonne da tre lati, cioè dal lato del­
la
porta, & dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, ma nella fronte a dirimpetto della porta, che guar­
daua
al meriggie era una apritura ampliſſima, ſopra gli anguli della quale erano drizzate due
gran
pilaſtrate, che ſoſtentauano un traue maestro: ſotto queſta apritura, era uno ſpacio co­
perto
lungo un terzo meno dell'apritura, ma nel parete oppoſto, & da i lati erano le porte delle ſa­
le
grandi, doue ſtauano le matrone a lauorare, & dalla deſtra, & dalla ſiniſtra di queſte apri­
ture
eran poſti i cubiculi, cioè camere, & anticamere, o camini, che ſi chiamino al modo no­
ſtro
, ma d'intorno i portichi era quello, che dice Vit. chiaramente, i cubiculi, i tinelli, le ſtan­
ze
de famigliari.
Et queſta parte è quella, che appartiene alle donne. il reſto è de i comparti­
menti
delle ſtanze de gli huomini: il che è ancho manifeſto in Vit.
Seguita poi a dichiarire le dif­
ferenze
d'alcuni uocaboli uſati da Greci, & preſi in altra ſignificatione da Latini, & dona la
ſua
parte all'uſo, appreſſo il quale è la forza, & la norma del parlare: conuiene ad huomo
ſaldo
contender de nomi la, doue s'intende la coſa.
Noi ne noſtri commentari Latini piu ampia
mente
ragionamo di queſti nomi, conuenienti a Latini: perche hora ci puo baſtare hauerli nel tra­
ſcorſo
della interpretatione accennati.
Reſta qui, che io dica alcuna coſa del modo, che uſauano
gli
antichi per iſcaldarſi.
Io ho hauuto in queſta materia due coſe, prima l'Architetto, che fece
il
Palazzo d'Vrbino laſcia ſcritto, che la ragione, perche non hauemo gli eſſempi de i camini de
gli
antichi, è perche i camini ſtauano nella ſuprema parte della caſa, la qual era la prima a ro­
uinare
, però non ſi ha ueſtigio de camini, ſe non in pochi luoghi a pena conoſciuti: poi, ne
la
forma doue ſi trouano.
Ne è uno appreſſo Perugia ſopra il pianello in uno antico edificio,
che
haueua certi mezi circoli, ſopra i quali ſi ſedeua, & nel mezo una bocca tonda d'onde uſciua
il
fumo, era in uolto circondato da muri, largo ſei piedi, lungo otto come la figura, A. l'ultimo
è
a Baie appreſſo la piſcina di Nerone, che era in quadro di larghezza di piedi 19. per ogni faccia,
nel
cui mezo erano quattro colonne con lo Architraue, ſopra il quale erano le uolte d'altezza di
piedi
.
Io. ornate di belle figure di ſtucco, nel mezo era come una cuppoletta piramidale con un
1102[Figure 102]
buco in cima, di doue uſciua il fu
mo
.
Similmente non molto lon­
tano
da Ciuita uecchia ne è uno
quaſi
della iſteſſa grandezza, che
da
gli anguli uſciuano quatro
unodioni
, ſopra i quali ſi poſa­
uano
quattro Architraui, ſo­
pra
i quali era la Piramide del
camino
, d'onde uſciua il fumo,
& nel parete per ogni faccia
eran
due picciole fineſtre, con un
hemiciclo
in mezo doue poteua
ſtare
qualche figura: erano que­
gli
hemicicli alti dal pauimento
piedi
quattro.
L'altra coſa è, chi mi pare
ancho
, che ſia ſtato ritrouato
un
'altro modo, con il quale gli
antichiriſcaldauano
le loro ſtan
ze
, & è queſto.
Faceuano nel­
la
groſſezza del muro alcune
canne
, o trombe, per le quali il
calore
del foco, che era ſotto
quelle
ſtanze ſaliua, & uſciua
fuori
per certi ſpiragli, o bocche
fatte
nelle ſommità di quelle can
ne
, & quelle bocche ſi poteua­
no
otturare, accioche ſi poteſſe
piu
, & meno ſcaldare le ſtanze,
& darle piu, & meno del uapo­
re
.
con queſta ragione uogliono
alcuni
, che ſi poſſa dalle parti
inferiori
delle caſe raccogliere il
uento
, & farlo ſalire da luoghi
ſotterranei
per le canne alle habi
tationi
della ſtate: & nelle no­
ſtre
parti ſi trouano alcune fa­
briche
appreſſomonti, da i qua­
li
per luoghi rinchiuſi uenendo
gli
ſpiriti de i uenti, & aprendo­
ſipiu
, & meno alcune portelle,
egli
ſi fa le ſtanze freſce di modo,
che
la ſtate ci ſi fa un freſco mira
bile
.
Ma io non conſiglierei un
mio
amico, che eſſendo caldo
egli
entraſſe in lüoghi ſimili.

Mi
pare hauer letto, che gli
antichi
ſpendeſſero aſſai in cer­
te
conche di metallo lauorate,
nelle
quali ſi faceuano portare
1il foco uolendòſi ſcaldare: & io non dubito, che non ui accendeſſero delle coſe odorate, & che
non
uſaſſero de carboni, che non nuoceſſero.
A noſtri giorni è manifeſto quello ſi uſa, & come
nella
groſſezza de i muri ſi fanno i camini, i quali uſcendo con le lor canne fuori del tet­
to
portano il fumo nello ſpatio dall'aere.
doue egli ſi deue auuertire, che'l fumo poſſa ſeu­
za
impedimento de i contrari uenti uſcir fuori liberamente, & non tornare a dietro al­
l
'ingiu, perche le ſtanze ſi empirebbeno di fumo, delche niuna coſa è piu nociua a gli oc­
chi
: doue è andato in prouerbio.
Il fumo, & la mala donna caccia l'huo no di caſa. Io mi eſten
derei
in diſcriuere particolarmente molte coſe, le miſure, & i modi delle quali non ſono poſti da
Vitr
. ma ſapendo che presto uenirà in luce un libro delle caſe priuate, compoſio, & d ſegnato
dal
Palladio, & hauendo ueduto, che in quello non ſi puo deſiderare alcuna coſa, non ho uolu­
to
pigliare la fatica d'altri per mia.
Vero è, che ſtampato il ſuo libro, & douendo io riſtampare
di
nuouo il Vitruuio, mi sforzerò raccogliere breuemente i precetti di quello, accioche piu util­
mente
poſti nel mio Libro, l'huomo non habbia fatica di cercarli altroue, & ſappia da cui io gli
hauerò
pigliati.
Lui ſi ueder à una pratica mirabile del fabricare, gli ſparagni, & gli auantag­
gi
, & ſi comincierà dal principio de i fondamenti inſino al tetto, quanti, & quali deono eſſere i
pezzi
delle pietre, che uanno in opera, nelle Baſe, come ne i Capitelli, & altri membri, che
ui
uanno ſopra: ci ſaranno le miſure delle fineſtre, i diſegni de i camini, i modi di adornar le caſe
di
dentro, i legamenti de i legnami, i compartimenti delle ſcale d'ogni maniera, il cauamento de
i
pozzi, & delle chiauiche, & d'altri luoghi per le immonditie, le commodità, che uogliono
hauer
le caſe, le qualità di tutte le parti, come ſono Cantine, Magazini, Diſpenſe, Cucine, & fi
nalmente
tutto quello, che alla fabrica de priuati edifici puo appartenere, con le piante, gli inpiè,
profili
di tutte le caſe, & palazzi, che egli ha ordinati a diuerſi nobili, con l'aggiunta di alcu­
ni
belli edifici antichi ottimamente diſegnati.
Per il che io stimo, che a poco a poco l'Architet­
tura
aggrandita, & abbellita ſi laſcierà uedere nell'antica forma, & bellezza ſua, doue inna­
morati
gli-huomini della uenuſtà ſua, penſeranno molto bene prima, che comincino a fabricare,
& quello, che par loro bello, non conoſcendo piu oltre, col tempo gli uenirà in odio, & cono­
ſcendo
gli errori paſſati, biaſimeranno il non uoler hauer creduto a chi gli diceua il uero.
Et ſe
io
poſſo pregare, prego, & riprego ſpecialmente quelli della patria mia, che ſi ricordino, che non
mancando
loro le ricchezze, & il poter fare coſe honorate, uoglino ancho prouedere, che non
ſi
deſideri in eſſi l'ingegno, & il ſapere.
il che faranno, quando ſi perſuaderanno di non ſapere
quello
, che ueramente non ſanno, poſſono ſapere ſenza pratica, & fatica, & ſcienza.
Et ſe
gli
pare che l'uſanza delle loro fabriche gli debbia eſſer maeſtra, s'ingannano grandemente, per­
che
in fatti, è troppo uitioſa, & mala liſanza: & ſe pure uogliono conceder all'uſo alcuna co­
ſa
, il che anch'io concedo, di gratia ſiano contenti di laſciar moderare quell'uſo, da chi ſe ne in­
tende
, perche molto bene con pratica, & ragione ſi può acconciare una coſa, e temperarla in
modo
, che leuatole il male, ella ſi riduca ad una forma ragioneuole, e tolerabile, con auantag­
gio
dell'uſo, della commodità & della bellezza: & ſe una coſa bislonga è capace di dugento per­
ſone
ſgarbatamente, uoglino laſciar, che ſotto miglior figura ſi faccia lo iſteſſo effetto: & ſe uo­
gliono
un determinato numero di fineſtre in una ſtanza, ſiano contenti di laſciarle porre al ſuo luo
go
, con gli ordini dell'arte, perche importa molto alla bellezza, & non uiene impedito l'uſo di
quelle
.
Et ſe io potro porle lontane da gli angoli, non ſarà egli meglio, che porle ſopra gli angoli,
& indebolire la caſa?
Deue il padre di famiglia, conoſcendo quello gli fa biſogno, dire io uoglio
tante
ſtanze, e tante habitationi, queſte per me, & per la moglie, quelle per li figliuoli, queſte
altre
per li ſerui, quell'altre per la commodità: & poi laſciar allo Architetto, che egli compar­
tiſca
, & ponga al luogo ſuo, ſecondo l'ordine, diſpoſitione, & miſura, che ſi conuiene: ſar anno le
iſteſſe
, ſecondo il uoler del padrone, ma diſpoſte ordinatamente ſecondo i precetti dell'arte, &
quando
egli ſi uederà, che rieſcino, uenirà una certa concorrenza tra gli huomini di far bene,
con
biaſmo delle loro male, & inuecchiate uſanze, & conoſceranno, che non ſi naſce Architet-
1to, ma, che biſogna imparare, & conoſcere, & reggerſi con ragione, dalla quale chiunque fi­
dandoſi
dello ingegno ſuo, ſi parte, non conoſce mai il bello delle coſe, anzi ſtima il brutto bello,
i
cattiuo buono, & il mal fatto ordinato, & regolato.
Voglio ancho eſortare gli Architetti,
& Proti, che non uoglino applaudere, & aſſentire a padroni; Anzi, che gli dichino il uero,
& gli conſiglio bene, & amoreuolmente, & che penſino bene prima, che gli facciano ſpcndere i
dinari
, come altroue s'è detto, perche coſi facendo, ueramente meriteranno laude, & nome
conueniente
alla loro profeſſione.
Della fermezza & delle fondamenta delle fabri­
che
.
Cap. XI.
LE fabriche, che ſono a piè piano, ſe ſaranno fatte al modo eſpoſto da noi ne
gli
antedetti libri, quando ragionato hauemo delle mura della città, & del
Theatro
, ſenza dubbio dureranno eternamente: ma ſe uorremo ſotterra, &
in
uolti fabricare, douemo fare le fondamenta di quelle fabriche piu groſſe
di
quello, che è ſopra terra, & i pareti di quelli edificij, che ui ſtan ſopra, i pilaſtri, & le
colonne
ſiano collocate al mezo a piombo di quelle di ſotto, perche ripoſino ſul uiuo, &
riſpondino
al ſodo; perche ſei carichi de i pareti, & delle colonne ſaranno poſti in pen­
dente
, non potranno hauer continua fermezza.
Egli ſi troua tra le ruine de gli antichi edificij molti luoghi ſotterranei fatti a uolti con mara­
uiglioſo
lauoro, & di ineſtimabile grandezza, pero ſi puo deſiderare di ſapere il modo di fonda
re
que luoghi, & di uoltarli, & di farli in modo, che ſoſtentino i carichi grandi delle fabriche
grandi
, che gli ſtanno ſopra.
Pero Vitr. accioche anche in queſta parte noi non deſideriamo al­
cuna
coſa, tratta delle fondationi delle fabriche.
& perche ha trattato nel primo, & nel ter­
zo
, & nel quinto libro del fondare in que luoghi, doue le fabriche uanno a piè piano, egli ſi paſ­
ſa
leggiermente in queſto luogo la ragione di que fondamenti, riportandoſi a gli allegati luoghi.

Hora
piu copioſamente egli c'inſegna il modo di fondare per le fabriche ſotterra, & ci molti
precetti
.
l'uno è che le fondamenta di queſti edifici eſſer deono piu groſſe di quel, che ſono le fabri
che
di ſopra; l'altro che non douemo ſopraporre pilaſtro, colonna, che non cada a piombo
ſopra
muri, pilaſtri, o colonne di ſotto, perche egli è errore a non fare, che le coſe di ſopra naſ
chino
dal diſotto, perche porta pericolo di preſta ruina, quando un muro di ſopra attrauerſa una
ſtanza
, & non habbia il piede di ſotto, che naſca dal piano.
Di queſti errori & danni molti ne
ſono
nella città noſtra, nella quale a me pare che gli huomini per hora deono piu preſto eſſer au­
uertiti
, che non incorrino ne gli errori, che ammaeſtrati, che facciano belli, & ragioneuoli edi
fici
: benche eſſer non puo, che non fabrichino ſenza errore, quando non fabricheranno com ragio
ne
.
ma ſeguitiamo gli altri precetti di Vitr. il qual dice, che ſe uorremo aßicurarci, la doue ſono
ſogli
, limitari, & che da i lati habbiano erte, pilaſtri, & ſimil coſe, biſognerà, che ui ſottome
tiamo
alcuni rilaſci, ſopra iquali da i capi ſi poſano i limitari, et lo ſpacio di ſotto i limitari è uoto,
& non tocca da alcuna parte, cioè il limitare non poſa ſopra alcuna coſa, perche ſi ſpezzerebbe,
& percio dice che abbracciano tutto lo ſpacio.
Oltra di queſto ſe tra i ſogliari lungo i pilaſtri, e le ante ſaranno ſottopoſti i rilaſci, che
poſtes
detti ſono, non haueranno difetto: perche i limitari, & le traui eſſendo dalle fabri­
che
caricate nel mezo ſpaccate rompeno ſotto le piane le ſtrutture, o congiunture.
Ma
quando
ci ſaranno ſottopoſti, & come cunei ſoggetti i rilaſci, non laſcieranno le traui ſo­
praſedendo
a quelli, offenderla.
Deueſi anche procurare, che gli archi leuino i peſi con
le
diuiſioni de i cunei, di legamenti, che riſpondino al centro, perche quando gli archi ſa-
1ranno ſerrati da i cunei oltra le traui, & i capi de i ſopralimitari, prima la materia ſolleua­
ta
dal carico non ſi aprirà.
Dapoi ſe per la uecchiezza faranno alcun danno facilmente
ſenza
puntelli ſi potrà mutare. Queſto ſi uede in alcuni edifici in Roma, che ne i pareti ſono
gli
archi con i cunei riſpondenti al centro, & ſopra i limitari delle porte, & ſopra i ſogli delle fi­
neſtre
, i quali alleggeriſceno il peſo grandemente de i pareti, quando ſone ben fatti, & danno
commodità
di acconciare, & rimediare a i danni ſenza appuntellare, & ſenza far armature.
Similmente
quelli edifici, che ſi fanno a pilaſtrate, & con le diuiſioni de i cunei riſpon­
dendo
le congiunture al centro, ſi rinchiudo in arco.
Qui pare che Vitr. tocchi l'opera ruſtica, doue ſopra le porte i cunei di groſſe pietre in arco ſi
ſerrano
, & le bugne, che coſi chiamo le diuiſioni de i cunei, riſpondeno al centro, & accenna,
che
queſti lauori ſi fanno a pilaſtrate, cioè a colonne quadre, & hanno di ſopra gli archi, & le
fornici
, & non gli architraui, & ci un precetto degno da eſſer oſſeruato: imperoche dice,
che
le ultime pilaſtrate ſi deono fare di ſpatio piu larghe, che le mezane, & ne rende la ragio­
ne
.
Dice adunque.
In queſte fabriche fatte a pilaſtri, le ultime pilaſtrate ſi deono fare di ſpatio piu largo,
accioche
habbian forza di reſiſtere quando i pareti oppreſsi da i carichi per le congiuntu­
re
, che ſi ſtringono al centro, ſi allargheranno le impoſte, o quelle pietre, che ſtanno di
ſopra
oltra il cuneo di mezo.
Et però ſe le pilaſtrate angulari ſaranno di grandezza mag­
giore
, contenendo i cunei faranno l'opere piu ferme.
Dapoi che in tal coſe ſi hauerà
auuertito
di porui diligenza, allhora niente dimeno ſi deue oſſeruare, che tutto il reſto
della
muratura riſponda a piombo, pieghi in alcuna parte.
Ma grandiſsima deue eſ­
ſer
la cura delle fabriche, che ſi fanno al baſſo, & nelle fondamenta, percioche in quelle
l
'aſſunanza della terra ſuol partorire infiniti difetti, perche la terra non puo eſſer ſempre
dello
iſteſſo peſo, che ſuol eſſer nella ſtate, ma nel uerno riceuendo dalle pioggie la co­
pia
dell'acqua, creſce, & col peſo, & con la grandezza diſrompe, & ſcaccia ſpeſſo le ſepi
della
muratura: però accioche ſi dia rimedio a queſto mancamento, egli ſi ha da fare in
queſto
modo, che prima per la grandezza dell aſſunanza della terra, ſi faccia la groſſezza
della
muratura, dapoi nelle fronti ſiano poſti i contraforti o ſperoni, tanto diſtanti uno
dell
'altro, quanto eſſer deue l'altezza del fondamento; ma ſian della iſteſſa groſſezza del
fondamento
; ma dal baſſo tanto habbiano di piede, quanto eſſer deue groſſo il fondamen
to
, ma poi a poco a poco inalzandoſi ſi raſtremino tanto, che di ſopra ſiano coſi groſſe,
quanto
è groſſo il muro dell'opera che ſi fa.
Oltra di queſto dalla parte di dentro uerſo il
terreno
come denti congiunti al muro a guiſa di ſega ſian fatti, di modo, che ogni dente
tanto
ſia diſtante dal muro, quanto eſſer deue l'altezza del fondamento, & le murature di
queſti
denti ſiano della groſſezza del muro.
Similmente ſu le cantonate, quando ſi haue­
ranno
tirato dallo angulo di dentro, quanto occupa lo ſpatio dell'altezza del fondamento,
ſia
ſegnato da una parte, & l'altra, & da queſti ſegni ſia fatta una muratura Diagonale,
& del mezo di quella un'altra ſia congiunta con l'angulo del muro, coſi i denti, & le mu­
rature
Diagonale, che non laſcieranno che il muro calchi di tutta forza, ma partitanno
ritenendo
l'impeto dell'aſſunanza del terreno. Il preſente luogo dichiara, quello che nel
primo
libro s'è detto al quinto capo, & è facilmente eſpreſſo da Vitr. però non ci accade altra fi­
gura
.
Ma s'intende anche de gli ſperoni, che ſi metteno di fuori alle muraglie.
In che maniera le opere deono eſſer fatte ſenza difetto, & come deono eſſer auuertiti
quelli
, che cominciano, io ho eſpoſto.
Ma del modo di mutare le tegole, gli aſſeri,
i
tigni, non ſi deue hauer quel penſiero, che ſi ha delle ſopradette coſe; perche ageuol­
mente
ſi mutano, & però anche ſono ſtimate coſe ſode.
Io ho eſpoſto con che ragio­
ni
, & in che modo queſte coſe potranno eſſer ferme, & ordinate.
Ma non è in potere del
lo
Architetto di uſare, che materia li piace, perche non naſce in tutti i luoghi la copia
1d'ogni materia (come eſpoſto hauemo nel proſsimo libro.) Oltra che egli è in potere
del
patrone di edificare, o di quadrelli, o di cementi, o di quadrato ſaſſo.
L'approuare
adunque
di tutte le opere, è in tre parti conſiderato, imperoche egli ſi proua un'opera,
o
per la ſottigliezza dello artefice, o per la magnificenza, o per la diſpoſitione.
Quan­
do
ſi uedrà l'opera perfetta magnificamente con ogni potere, egli ſi lauderà la ſpeſa.

Ma
quando ſi uederà fatta ſottilmente ſi trouerà la manifattura del fabro: ma quando ſa­
bella, & hauerà autorità per le proportioni, & Simmetrie, il tutto tornerà a gloria del
lo
Architetto: & queſte coſe torneran bene quando l'Architetto & da gli arteſici, & da
gli
idioti ſopporterà eſſer conſigliato.
Percioche tutti gli huomini non ſolo gli Architet
ti
poſſono prouare quel, che è buono: ma ci è queſta differenza tra gli idioti, & gli Archi
tetti
, che lo idiota, ſe egli non uede la coſa fatta, non puo ſapere quello, che deue riuſci­
re
, ma lo Architetto, poi che inſieme hauerà nell'animo ordinato prima, che egli dia prin
cipio
, ha per certo quello, che eſſer deue, & di bellezza, & di uſo, & di decoro.
Io ho
ſcritto
diligentemente quanto ho potuto chiariſsimamente quelle coſe che io ho
penſato
eſſer utili a gli ediſicij, & come ſi deono fare.
Ma nel ſeguente uolume io eſpo­
nerò
delle politure di quelli, accioche ſiano eleganti, & ſenza uitio durino lungamente.
Qui altro non dico, ſe non, che con diligente cura ſi penſi a quello che Vitr. ha detto in fine
del
preſente libro.
Il fine del Seſto Libro.
1
IL SETTIMO LIBRO DELL' ARCHITETTVRA DI
M
. VITRVVIO.
Proemio.
ET prudentemente, & utilmente deliberarono inoſtri maggiori di laſciar
a
i poſteri per relatione de Commentari i penſieri de gli animi loro, ac­
cioche
non periſſero: ma in ogni eta creſcendo, & in luce mandati con
i
uolumi a poco a poco con la uecchiezza perueniſſero alla ſomma ſotti­
gliezza
delle dotrine.
Et però non di poche, ma d'infinite gratie a quel­
li
tenuti ſiamo, che non hanno con inuidia uoluto tacere, ma hanno pro­
curato
con ſcritti mandar a memoria ogni maniera di ſentimento: perche ſe coſi fatto
non
haueſſero; noi non haueremmo potuto ſapere, che coſe ſtate fuſſero fatte nella città
di
Troia; quale opinione Thalete, Democrito, Anaxagora, Xenofonte, & gli altri
Filoſofi
naturali haueſſero hauuto della natura delle coſe; & qual deliberatione della uita
haueſſero
a gli huomini laſciato Socrate, Platone, Ariſtotile, Zenone, Epicuro, & gli
altri
Filoſofanti: ouero qual coſa, & con che ragione Creſo, Aleſſandro, Dario, & gli
altri
Re fatto haueſſero, ſei maggiori noſtri, con gli amaeſtramenti alla memoria di tutti,
per
la poſterità non l'haueſſero ſcriuendo inalzate.
Et però ſi come a queſti ſi deue hauer
gratie
, coſi per lo contrario deono eſſer biaſimati coloro, i quali furando gli altrui ſcrit­
ti
, per ſuoi gli uanno publicando, & non ſi sforzano con i propi loro penſamenti di ſcriue­
re
, ma con inuidioſi coſtumi l'altrui opere uiolando ſi uantano, & però non ſolamente
ſono
degni di riprenſione, ma (perche hanno menato la lor uita con empi coſtumi) eſſer
deono
caſtigati.
Et però queſte coſe eſſere ſtate uendicate curionſamente da gli antichi ſi
dice
: gli eſiti de i quali ne i giudicij come fuſſero, non penſo che ſia fuori di propoſito eſ­
plicare
, come a noi ſono ſtati laſciati.
I Re Attalici indotti dalla dolcezza di ſapere le
ragioni
delle coſe, hauendo a commun diletto fatto una bella, & egregia libraria nella
Città
di Pergamo, Prolomeo d'ardente zelo di deſiderio incitato a quel tempo con non
minore
induſtria ſi forzò di farne una in Aleſſandria medeſimamente: & hauendo ciò
fatto
con ſomma dilgenza, non pensó che queſto fuſſe aſſai, ſe egli non haueſſe cercato di
accreſcerla
con nuoue ſemenze, & però conſacrò i giuochi alle Muſe, & ad Apollo, &
come
de gli Athleti, coſi a i uincitori de i communi ſcrittori ordinò premij, & ampi modi
di
eſſer honorati.
Poi che queſte coſe furono ordinate, & eſſendo il tempo da fare i giuo­
chi
, ſi doueua eleggere i giudici litterati, che quelli doueſſero approuare.
Il Re hauendone gia fatto, & eletto ſei, & non potendo coſi preſto ritrouare il ſetimo:
ſi
conſigliò con quelli, che erano ſopraſtanti alla libraria, & dimando loro ſe haueſſero
conoſciuto
alcuno, che fuſſe atto a queſto giudicio.
Riſpoſero, che era un certo detto Ariſtofane, ilquale con grande ſtudio, & con ſomma
diligenza
ogni giorno per ordine compiutamente tutti que libri leggeua.
Eſſendo adun­
que
nel ridotto de i giuochi partite le ſedi ſecretamente di coloro, che haueuano a giu­
dicare
, chiamato Ariſtofane con gli altri, in quel luogo, che gli fu conſegnato ſi poſe.

Introdutto
fu prima l'ordine de poeti al contraſto, e recitandoſi gli ſcritti loro tutto il
populo
con cenni addimandaua quello, che que giudici approuaſſero.
Eſſendo adunque
dimandate
da ogn'uno le oppinioni, ſei concorſero in una ſentenza iſteſſa, & quello, che
1haueuano auuertito eſſer ſommamente alla moltitudine piaciuto, a quello dauano il pri­
mo
premio, & a quello, che era dapoi, il ſecondo.
Ariſtofane eſſendogli richieſto il ſuo parere, uolle, che prima fuſſe pronunciato quello,
che
men diletto haueſſe dato al popolo.
Ma sdegnandoſi il Re, inſieme con gli altri, egli
ſi
leuò in piedi, & pregando impetrò, che gli fuſſe laſciato dire.
Et coſi fatto ſilentio di­
moſtrò
quel ſolo tra quelli eſſer poeta, & gli altri recitare le coſe aliene, & che biſognaua
che
i giudici approuaſſero gli ſcritti, & non i furti.
Merauigliandoſi il populo, & dubitando il Re, egli conſidatoſi nella memoria traſſe di
certi
armari infiniti uolumi, & comparandogli con le coſe recitate, isforzò quelli a confeſ­
ſare
d'hauerle rubbate, & però il Re uolle, che contra queſti ſi procedeſſe come di ladro­
nezzo
, & condannati con uergogna gli diede licenza, & adornò con grandiſsimi doni
Ariſtofane
dandogli il carico ſopra la ſua libreria.
Ne gli anni ſeguenti Zoilo uenne di
Macedonia
in Aleſſandria, dico quello, che hebbe il cognome di Flagellatore di Home­
ro
, e recitò i ſuoi uolumi al Re fatti contra la Iliade, & l'Odiſſea.
Perche uedendo Pto­
lemeo
il padre de i Poeti, & la guida della dolcezza del dire eſſer in aſſenza accuſato, & eſ­
ſer
da colui uituperato quello, che da tutte le genti era pregiato, sdegnatoſi non gli die­
de
alcuna rifpoſta.
Zoilo poi dimorando lungamente nel regno oppreſſo dal biſogno
mandò
ſottomano dimandando al Re, che gli fuſſe dato qualche coſa.
Diceſi che il
Re
riſpoſe.
Homero il quale è mancato mille anni auanti paſcere molti migliaia di perſo­
ne
, & però eſſer conueniente, che colui, che faceua profeſsione d'eſſer di miglior inge
gno
, poteſſe non ſolamente ſe ſteſſo, ma anchora piu gente nutrire.
& in ſomma ſi narra
la
morte di Zoilo, come di Parricidio condennato.
Altri dicono quello da Philadelfo
eſſer
ſtato in croce conſiccato, altri lapidato, altri a Smirna uiuo poſto in una pira: Del
le
quai coſe qualunque auuenuta gli ſia, degna certamente a i meriti fuoi è ſtata la pena,
perche
altro non merita colui, che in giudicio chiama quelli, de quali la riſpoſta non ſi
puo
nella lor preſenza dimoſtrare, che opinione habbiano hauuto ſcriuendo.
Maio ò
Ceſare
, mutati gli altrui indici trapoſto il nome mio ti moſtro queſto corpo, bia­
ſimando
gli altrui penſieri, per quello uoglio approuare, & lodare me ſteſſo, deſide­
ro
, che ſimile opinione ſia hauuta di me, perche niuna coſa ho detto, che da altri io non
habbia
cercato, & inteſo, & ſe coſa è, che dir ſi poſſa eſſer mia, la fatica, & lo ſtudio cer­
tamente
ſi puo dire.
Maio rendo infinite gratie a tutti gli ſerittori, che con l'acutezze
de
gli ingegni loro con l'età conferite, hanno in diuerſe maniere abondantiſsima copia
di
coſe preparato, dalle quali, come da fonti; cauando noi l'acqua, & traducendola al
propoſito
noſtro, piu feconde, & piu ſpedite forze hauendo nello ſcriuere, & in tali au­
tori
conſidatiſi, prendemo ardimento di far coſe nuoue.
Et però hauendo io da loro tal
principio
, pigliando quelle ragioni, che io ho ueduto eſſer al caſo mio apparecchiate, ho co
minciato
andar inante, perche prima Agatharco, mentre Eſchilo in Athene inſegnaua
la
Tragedia, fece la Scena dipinta, & di quella ne laſciò il Commentario.
Da queſto
ammonito
Democrito, & Anaxagora ſcriſſero della iſteſſa coſa, in che maniera biſogna
con
ragione naturale dal centro poſto in luogo certo corriſponder all'occhio, & alla drit
tura
de i raggi con le linee, accioche d'una coſa incerta le certe imagini delle fabriche nel
le
pitture delle Scene rendeſſero l'aſpetto loro, & quelle, che nelle fronti dritte, & ne i
piani
fuſſero figurate, ſcorzaſſero fuggendo, & pareſſero hauer rilieuo.
Dapoi Sileno fece
un
uolume delle miſure Doriche.
del Tempio Dorico di Giunone, che è in Samo ſcriſſe
Theodoro
.
Dello Ionico a Diana conſecrato in Efeſo, Cteſifonte, & Metagene. Di
quello
di Minerua in Priene, che è di lauoro lonico, ne parlò Phileo.
Di quello, che è
Dorico
in Athene pur di Minerua nella Rocca, lctimo, & Carpione. Theodoro Pho­
cefe
della Cuba, che è in Delfo.
Phileno delle miſure de i Sacri Tempij, & dello Arma-
1mento, che era al porto Pireo. Hermogene del Tempio Ionico di Diana, che è in Ma
gneſia
Pſeudodipteros, & di quello, che è a Teo di Bacco Monopteros.
Argelio del­
le
miſure Corinthie, & delle Ioniche ad Eſculapio in Tralli, il quale ſi dice eſſer di ſua
mano
.
Del Mauſoleo Satiro, & Pitheo, a i quali ueramente la felicità fece un grandiſ­
ſimo
dono, perche le arti loro ſtimate ſono hauer ſempre grandiſsime lodi, & fiorite con
tinuamente
, & hanno anchora dato mirabil opere ſecondo le coſe penſate da loro, perche
in
ciaſcuno lato del Mauſoleo a concorrenza ciaſcuno artefice ſi tolſe di ornare, & pro­
uare
la parte ſua, Leochare, Briaſſe, Scopa, & Praxitele, & altri ui mettono Timotheo,
la
eccellenza grande dell'arte de i quali conſtrinſe il nome di quella opera peruenire alla ſa
ma
de i ſette miracoli del mondo.
Molti ancho men nominati hanno ſcritto le regole
delle
proportionate miſure come Nexare, Theocide, Demofilo, Pollis, Leonida, Sila­
nio
, Melampo, Sarnaco, Eufranore.
Similmente delle machine, come Cliade, Archi­
ta
, Archimede, Cteſibio, Nimfodoro, Philo Bizantino, Diphilo, Charida, Polijdo,
Phitone
, Ageſiſtrato.
De i commentari de i quali quello, che io ho auuertito eſſer uti­
le
a queſte coſe raccolte ho ridutto in un corpo, & queſto ſpecialmente, perche io ho ue­
duto
molti uolumi ſopra queſta coſa da Greci, & pochi da noſtri eſſer dati in luce; perche
Fuſsitio
primo di tal coſe deliberò di dar in luce un mirabile uolume.
Et appreſſo Te­
rentio
Varrone ſcriſſe delle nuoue diſcipline, & un libro di Architettura.
Publio Set­
timio
ne fece due.
Et piu non è ſtato chi habbia dato opera a ſimile maniera di ſcritture,
eſſendo
ſtati i cittadini grandi Architetti, i quali hanno potuto ſcriuere non meno elegan
temente
de i ſopradetti, perche in Athene Antiſthene, & Calleſchro, & Antimachide, &
Dorino
Architetti poſero le fondamenta del Tempio, che faceua far Piſiſtrato di Gioue
Olimpio
: ma dapoi la morte di quello, per lo impedimento delle coſe publiche, lo laſcia
rono
imperfetto, & però da dugento anni dapoi Antiocho Re hauendo promeſſo la ſpe­
ſa
per quell'opera Coſſutio Cittadin Romano con gran prontezza, & ſomma cognitione
nobilmente
fece la Cella, & la collocatione delle colonne intorno il Dipteros, & la di­
ſtributione
de gli Architraui, & de gli altri ornamenti con proportionata miſura.
Queſta opera non ſolamente tra le uulgari, ma tra le poche è dalla magnificenza nomi­
nata
, perche in quattro parti ſono le diſpoſitioni de i luoghi ſacri ornate di marmo delle
quali
queſte con chiariſsima fama nominate ſono; le eccellenze delle quali, & i prudenti
apparati
de i loro penſieri hanno ne i ſeggi de i Dei gran merauiglia, & ſi fanno guardare.

Prima
il Tempio di Diana in Efeſo alla lonica fu fatto da Cteſifonte Gnoſio, & da Meta
gene
ſuo figliuolo, & poi Demetrio ſeruo di Diana, & Dafni Mileſio a Mileto fecero il
Tempio
d'Apollo con le miſure Ioniche, Ictimo alla Dorica a Cerere Eleuſina, & a Pro
ſerpina
fabricarono una cella di ſmiſurata grandezza, ſenza le colonne di fuori allo ſpatio
dell
'uſo de i ſacrificij, & quella dominando in Athene Demetrio Falereo, dapoi fu fatta
da
Philone d'aſpetto Proſtilos, & coſi accreſciuto il ueſtibulo laſciò lo ſpatio a quelli,
che
conſacrauano, & diede grande autorità all'opera.
In Aſti ſi dice ancho, che Coſſu­
tio
ſi pigliò la impreſa di far Gioue Olimpio con ampliſsimi moduli, & di miſure, &
proportioni
Corinthie, come s'è detto di ſopra, del qual niuno commentario è ſtato ri­
trouato
.
ſolamente da Coſſutio tal ſorte di ſcritti ſono da deſiderare, ma ancho da
Caio
Mutio, il quale confidatoſi nella ſua grande ſcienza, con legitime ordinationi del­
l
'arte conduſſe a fine il Tempio dell'honore, & della uirtù della cella Mariana, & le pro­
portioni
delle miſure, & de gli Architraui.
Quel Tempio ſe egli fuſſe ſtato fatto di marmo, accioche egli haueſſe hauuto come dal­
l
'arte la ſottigliezza, coſi dalla magnificenza, & dalle ſpeſe l'autorità, certamente tra le
prime
, & grandi opere ſarebbe nominato.
Ritrouandoſi adunque, & de gli antichi no
ſtri
non meno de i Greci eſſere ſtati grandi Architetti, & molti ancho di noſtra memoria
1& non hauendo quelli, ſe non poco ſcritto de i precetti dell'Architettura: io non ho pen­
ſato
di uoler con ſilentio paſſarmi, ma per ordine in ciaſcun libro trattar di ciaſcuna coſa,
& però hauendo io nel ſeſto con diligenza ſcritto le ragioni de i priuati edificij: in queſto
che
è ſettimo in ordine uoglio trattar de gli ornamenti, & eſprimere con che ragione hab­
biano
, & bellezza & ſtabilità.
Nel ſettimo Vitr. ci i precetti delle politure, & de gli adornamenti delle fabriche,
& non ſenza ragione ha poſto in queſto luogo la detta materia ſeguitando egli l'or­
dine
di natura, che prima pone le coſe in eſſere, & poi le adorna.
Hanno adun­
que
le parti de gli edifici i loro adornamenti, & prima i piani, dapoi i pareti, & fi­
nalmente
i tetti.
A i piani è neceſſario il pauimento, & ſuolo: a i muri l'intonicature, & i bian­
chimenti
, & le pitture: a i tetti & ſolari i ſoffittati, & ancho le pitture.
& perche le coſe eſſer
deono
non men belle, che durabili, però Vitr. abbraccia in queſto libro, & la fermezza, & lo
adornamento
, & adorna anche il preſente libro d'un belliſſimo proemio, il qual commenda la
uirtù
de paſſati, accuſa l'arroganza de gli imperiti, & rende gratitudine a i precettori.
Il proe­
mio
è facile, & pieno d'hiſtorie, & narrationi, & eſſempi, i quali io non uoglio confirmare con
altri
detti, che con quelli di Vitr. il reſto ancho del libro è facile per la maggior parte, però ci le
uerà
la fatica di lunga commentatione.
Tratta ne i primi quattro capi de gli adornamenti de i
pauimenti
, & dal quinto fin al ſettimo parla della ragione del dipignere, & del incroſtare de
marmi
, dal ſettimo fin al fine del libro parla de i colori naturali, & artificiali.
Noi ci fermaremo
doue
ſarà biſogno.
De i terrazzi. Cap. I.
Et prima comincierò a dire de gli ſgroſſamenti de i terrazzi, che ſono i princi­
pij
delle politure, & de gli ornamenti delle fabriche, accioche con maggior
cura
& prouedimento ſi guardi alla fermezza.
Se adunque egli ſi deue sgroſ­
ſare
, e terrazzare a piè piano cerchiſi il ſuolo ſe gli è tutto ſodo, & poi ſia
ſpianato
bene, & pareggiato, & ſe gli dia il terrazzo con la prima croſta.
Ma ſe tutto
il
luogo, o parte ſarà di terreno commoſſo, egli biſogna con gran cura, e diligenza raſſo­
darlo
, ſi che ſia ben battuto, & palificato.
Ma s'egli ſi uuole terrazzare ſopra i palchi, o
ſolari
, biſogna bene auuertire ſe ci è qualche parete, che non uenghi in ſu, che ſia fatto
ſotto
il pauimento, ma piu preſto rilaſciato habbia ſopra ſe il tauolato pendente, perche
uſcendo
il parete ſodo, ſeccandoſi le trauature, ouer dando in ſe per lo torcerſi, che fan­
no
, ſtando per ſodezza della fabrica, fa di neceſsità dalla deſtra, & dalla ſiniſtra lungo di ſe
le
fiſſure ne i pauimenti.
Ancho biſogna dar opera, che non ſiano meſcolate le tauole
di
Eſculo con quelle di Quercia, perche quelle di Quercia ſubito, che hanno riceuuto
l
'humore torcendoſi fanno le fiſſure ne i pauimenti.
Ma s'egli non ſi potrà hauere de
gli
Eſculi, & la neceſsità per biſogno ci coſtrignerà uſare la Quercia, coſi pare, che bi­
ſogni
operare, che quanto ſi puo ſi ſeghino ſottili; perche quanto meno haueranno di
forza
tanto piu facilmente conficcate con chiodi ſi teneranno inſieme?
Dapoi per ciaſcun
traue
nelle eſtreme parti dell'aſſe ſiano confitti due chiodi, accioche torcendoſi dall'una
parte
non poſsino gli anguli ſolleuare: perche del Cerro del Faggio, & del Farno niuno
puo
alla uecchiezza durare.
Fatti i tauolati ſe egli ci ſarà del Felice, ſe non della paglia ſia
ſotto
diſteſa, accioche il legname ſia difeſo da i danni della calce, allhora poi ui ſia meſſo
il
ſaſſo peſto non minore di quello, che puo empir la mano, & indottoui quello ſia sgroſ­
ſato
, & i mpoſtoui il terrazzo, ilquale ſe ſarà fatto di nuouo in tre parti di eſſo ne ſia una
1di calce, ma ſe di uecchio ſarà rifatto, riſponda la meſcolanza di cinque a due, dapoi ſi­
dato
il terrazzo, & peſtato con i baſtoni di legno da molti huomini, & beniſsimo raſſoe
dato
, & tutta queſta paſta non ſia meno alta, & groſſa di onze noue, ma poi di ſopra ui ſi
metta
l'anima di teſtole, cioè la croſta, o coperta piu reſiſtente, detta Nucleus, hauendo
la
meſcolanza a tre parti di quella d'una di calce, ſi che il pauimento non ſia di minor groſ­
ſezza
di ſei dita.
Sopra queſt'anima a ſquadra, & a liuello ſia ſteſo il pauimento o di ta­
glietti
di pietruccie, o di quadri grandi.
Quando quelli ſaranno poſti inſieme, & la ſo­
perficie
eminente uſcirà fuori, biſogna fregarli in modo, che eſſendo il pauimento di pie­
truccie
non ci ſiano alcuni rilieui, o gradi ſecondo quelle forme, che haueranno i pezzi,
o
tonde come ſcudi, o triangolari, o quadrate, o di ſei anguli, come i faui delle api, ma
ſian
poſti inſieme d rittamente, & il tutto ſia piano, & agguagliato.
Ma ſe'l pauimento ſa­
di quadri grandi biſogna, che habbian gli anguli eguali, & che niente eſca fuori della
ſpianatura
, perche quando gli anguli non ſaranno tutti egualmente piani, quella frega­
tura
non ſarà compitamente perfetta.
Et coſi ſe'l pauimento ſarà fatto a ſpiche di teſto­
le
, o di Teuertino deueſi fare con diligenza, ſi che non habbia canali, o rilieui, ma ſian di­
ſteſi
, & a rego la ſpianati.
Ma poi ſopra la fregatura quando ſaranno fatte liſcie, o polite,
ui
ſia criuellato il marmo, & di ſopra ui ſian indotte le cinte di calce, & di arena.

Ma
ne i pauimenti fatti alla ſcoperta biſogna uſar diligenza, che ſiano utili & buoni, per­
che
le trauature per l'humore creſcendo, ouero per lo ſecco ſcemando, o uſcendo di luo­
go
, col far panza mouendo ſi fanno i terrazzi difettoſi.
Oltra di queſto i freddi, i ghiac­
ci
, & l'acque non gli laſciano ſtar intieri: & però ſe la neceſsità uorrà, che ſi facciano, ac­
cio
non ſiano difettoſi biſogna operare in queſto modo.
Quando egli ſarà fatto il tauo­
lato
, biſogna ſopra farne un'altro attrauerſo, ilquale con chiodi conficcato faccia una ar­
matura
doppia alla trauamenta, dapoi ſia data la terza parte di teſtole piſte al terrazzo nuo
uo
, & due parti di calce a cinque di eſſo riſpondino nel mortaio.
Fatto il riempimento
poſto
ui ſia il terrazzo, & quello ben piſto non ſia men groſſo d'un piede, ma poi indot­
taui
l'anima, (come s'è detto di ſopra) ſia fatto il ſuolo, o pauimento di quadro grande, ha­
uendo
in dieci piedi due dita di colmo.
queſto pauimento ſe ſarà ben impaſtato, & iſpia­
nato
, ſarà da tutti i difetti ſicuro.
ma perche tra le commiſſure la materia non patiſca da i
ghiacci
, biſogna ogni anno auanti il uerno ſatiarlo di feccia d'oglio, perche a queſto mo
do
non laſcierà riceuere la brina del gelo, che cade. Qui Vitr. parla delli Terrazzi che ſi
fanno
allo ſcoperto ſopra le caſe.
Ma ſe egli ci parerà di uoler far queſto con piu diligenza,
ſiano
poſte le tegole di due piedi tra ſe commeſſe, ſopra il terrazzo ſottopoſtoui la ma­
teria
, hauendo in ogni lato delle loro commiſſure i canaletti larghi un dito, lequali poi
che
ſaranno congiunte, ſiano empite di calce, con oglio battuta, & ſiano fregate inſie­
me
le congiunture, & ben commeſſe, coſi la calce, che ſi attacherá ne i canali, indurandoſi,
non
laſcierà, ne acqua, ne altro trapaſſare tra quelle commiſſure: dapoi che coſi ſarà get­
tato
queſto terrazzo, egli iui ſi deue ſopra indure l'anima, & con baſtoni rammazzarla bene:
ma
di ſopra ſi deue pauimentare o di quadri, o a ſpiche di teſtole ſecondo, che è ſopraſcritto,
dandoli
il colmo.
Queſte coſe quando ſaranno fatte in queſto modo, non ſi guaſteranno.
Il primo luogo tra le politure tengono gli ſgroſſamenti, o Terrazzi, che ſi chiamino. Queſte
ſono
o a piè piano, o in ſolaro, & queſte, o coperte, o ſcoperte.
ſe ſono a piè piano, ouero il ter
reno
è moſſo, ouero è ſodo.
Di tutte queſte maniere Vitru. ci da i precetti. il terren ſodo deue
eſſer
iſpianato, & liuellato, & poi indurui ſopra il terrazzo con la prima co perta.
& qui do­
uemo
ſapere che gli antichi uſauano molta diligenza nel fare i pauimenti, perche poneuano mol­
te
mani di coſe per fare il ſuolo, cioè molte coperte una ſopra l'altra, comiciando dalla piu baſſa
croſta
con materia piu groſſa, & uenendo alla ſuperficie di ſopra ſempre con materia piu minuta,
auuertendo
ancho molto bene al tempo di fare i pauimenti, come io dirò dapoi.
Per fonda-
1mento adunque porre ſi deue (come dice Vitru.) di ſotto il ſaſſo non piu grande del pugno, oue­
ro
il quadrello; & queſto fondamento Vitru. chiama Statumen; & queſto inſieme con la mate­
ria
piu groſſa.
Ma ſe il terreno ſarà commoſſo, è neceſſario batterlo, & raſſodarlo molto
bene
, & con pali unirlo, accioche non s'allarghi, & faccia rompere, & crepare il pauimento,
nel
che biſogna uſare grandisſima diligenza, indi poi ſpianarlo, & far come di ſopra inducendoui
il
primo ſgroſſamento.
Ma ſe ne i palchi ſopra le trauature uorremo gettare i pauimenti, biſo­
gna
ſopra le traui porre un'ordine di tauole attrauerſate, & auuertire che la trauatura, & il
parete
, che ſoſtenta quel tauolato, ſia d'una ſorte di legname, o di pietra egualmente gagliarda,
& forte, accioche una parte ſoſtenendo il peſo, & l' altra cedendo, non faccia diſegualttà dal
che
ne naſca, che'l pauimento crepi, come ſi uede ſpeſſo, che da i capi delle trauature uicine al
parete
, perche in que luoghi il capo del traue è forte per eſſer uicino al centro, doue egli s'appog­
gia
, & nel mezo è debile, perilche la materia del mezo dando luogo ſi rilaſcia da i capi, & fa le
crepature
ne i pauimenti.
Nelle trauature, & tauolati biſogna auuertire di non meſcolare le­
gname
di piu ſorte, perche in diuerſi legni, è diuerſa natura, uno è coſi ſaldo, come l'altro, dal
che
ne naſceno i difetti de i Pauimenti.
Per la iſteſſa ragione ſopra la trauatura, o tauolato biſogna porui della paglia, o del Felice,
perche
la calce, che entra nel terrazzo non guaſti il legname, & coſi gettar biſogna il primo fon­
damento
di pietra non meno di quanto cape la mano, & ſgroſſare col Terrazzo.
Vſauano due ſor­
ti
di Terrazzo, il nuouo, che ſi fa di pietra allhora pesta, o di teſtole aggiugnendoui una parte di
calcina
, a due di quelle, & il uecchio rinouato fatto di pauimenti gia ruinati, nella cui meſcolan­
za
ui ua a cinque di Terrazzo due di calcina.
Gettato il terrazzo, è neceſſario batterlo bene,
però
a queſto officio gli antichi eleggeuano un numero di huomini fin a dieci, perche ſi poteuano
accommodare
in una ſtanza, che uno non impediua l'altro, & ſi faceuano tante decurie, cioè tan­
ti
dieci huomini, quanti era neceſſario, di modo, che uno commandaua, & ſopraſtaua a dieci.
103[Figure 103]
Queſto modo di battere, raſſodare, & ſpianare
il
terrazzo noi chiamamo, Orſare.
L'altez­
za
, o groſſezza di quella materia coſi peſta, &
battuta
eſſer deue non meno di once noue, che
Vitr
. dice Dodrante, & queſto è il primo ſgroſ­
ſamento
, & la prima croſta, o letto del paui­
mento
.
Sopra il quale di piu ſottile, & minuta
materia
ſi deue iudurre un altra mano, che co­
me
anima, & ſodezza eſſer s'intende, & è di
teſtola
ben piſtata, che di due parti, habbia
una
di calce.
Sopra queſta croſta s'induce il
pauimento
, o di pietra cotta, o d'altra pietra,
& queſta, o ſarà minuta come muſaico, o di qua
dri
grandi, ſecondo la grandezza, o bellezza,
che
ſi deſidera: ben ſi deſidera opera, che le pie­
tre
di che forma ſiano, o quadretti, o ritondi
come
ſcudi, che Vitr. dice Scutulis, o Triangu­
lari
, o di ſei anguli, che Vitr. chiama Faui, per­
che
i Faui, & le caſelle delle api ſono in ſei an­
guli
, o di che figura ſi ſieno, ſian tutte eguali
in
un piano unite, & ſi ſcontrino a punto, che
una
non ſia piu alta dell'altra, che i lati, & gli
anguli
ſieno uniti, ilche ſi fa con il fregarli mol
to
bene, & liſciarli con diligenza.
Vſauano
1104[Figure 104]
gli antichi alcune croſte fatte di arena, & di
calce
, & minute teſtole, nellequali ui andaua
la
quarta parte di Teuertino piſto: uſauano an­
che
alcuni quadrelli groſſi un dito, larghi due,
lunghi
altrettanto, che ſtauano in taglio, aſſi­
migliando
le ſpiche.
queſte polite figure, & lu­
ſire
erano ſi, che non ſi uedeuano le commiſſu­
re
, una minima pietra, che uſciſſe de i termi­
ni
: però erano mirabilmente piane, & diſteſe,
& ſpecialmente uaghe.
coſi eſpongono gli altri:
ma
io dico che uanno altramente.
queſie erano
nel
pauimento poſte, accioche l'acqua, & l'hu­
midità
non paſſaſſe alla trauatura, erano piane,
& ſopra queſte era una mirabil croſta di mar­
mo
peſto d'arena, & di calce, che Vitr. chiama Lorica aſſai ben groſſa, laquale copriua quel la­
uoro
fatto a ſpiche, come ſi uede nelle ruine antiche, & quel lauoro a ſpiche non è come pone il
Filandro
, ma come è per la proſſima figura dimoſtrato, ſecondo l'eſſempio tolto dallo antico, &
erano
della grandezza di queſto quadro che contiene la figura, & groſſe un'oncia: & queſte coſe
ſi
uſauano al coperto.
Maſotto l'aere ui biſognaua altra manifattura, eſſendoui maggior pe­
ricolo
per li ghiacci, per la humidità, & per l'ardore: però biſogna fare due mani di tauolati
uno
attrauerſo dell'altro, che ſiano ben inchiodati inſieme, dipoi col terrazzo nuouo biſogna me­
ſcolar
due parti di teſtola piſta, & due parti di calce a cinque riſpondino nella meſcolanza, che ſi
fa
col detto terrazzo.
Fatto il letto di ſotto indur ui biſogna la ſeconda croſta alta un piede, ſo­
pra
laquale ui ua l'anima, ſopra l'anima il pauimento come è ſtato detto, che nel mezo ſia gonfio,
& colmo ſi, che in dieci piedi habbia due dita di colmo: ilqual pauimento ſia fatto, di quadri groſ­
ſi
due dita, con queſta manifattura noi potemo aſſicurarci dal danno delle pioggie, & de i ghiacci.

Ma
per le politure, & ſpianamenti egli ſi piglia un pezzo di piombo, o di ſelice, di molto peſo
ſpianato
, & quello con funi tirato ſu, & giu, di qua, & di la ſopra il pauimento ſpargendoui ſem
pre
della arena aſpera, & dell'acqua iſpiana il tutto: & ſe gli anguli, & le linee del ſelicato non
ſono
conformi, queſto non ſi puo far commodamente: & ſe'l pauimento, è con oglio di lino frega­
to
rende un luſtro, come ſe fuſſe di uetro.
Similmente ſarà buono ſpargerui della Amurca, o
gettarui
piu uolte ſopra dell'acqua, nellaquale ſia ſtata eſtinta la calce: & ſe uuoi acconciare un
terrazzo
rotto prendi una parte di tegole piſte, & due di bolo armeno, & incorpora con raſa
preſſo
al fuoco, & ſcaldato che harai il terrazzo, gettaui ſopra queſta materia, & poi con un
ferro
caldo ſtendila gentilmente.
Et coſi farai ancho ſe col marmo poluerizato meſcolerai cal­
cina
bianca cruda in acqua bogliente, & laſciata ſeccare.
Fatto queſto tre, o quattro fiate impa­
ſterai
con latte, & con quel colore, che ti piacerà di dare.
& ſe uoleſſi far parere l'opera di mu­
ſaico
, poni la detta materia nelle forme, dandoli quel color che ti piace, ma poi dalli l'oglio cal­
do
, ouero impaſta con colla di cacio il marmo tamigiato, pur che la colla ſia ſtemprata con chia­
ra
d'uuoua ben battuta, poi ui metti la calce, & impaſta.
Di macer ar la calce per biancheggiare, & coprirei
pareti
.
Cap. II.
Qvando dal penſiero di far i pauimenti ci ſaremo partiti, allhora biſogna dichia
rire
il modo di biancheggiare, & polire le opere; & queſto è per ſucceder be­
ne
, quando molto tempo inanzi il biſogno i pezzi di buoniſsima calce, & le
ſcheggie
ſaranno nell'acqua mollificate, & macerate, accioche ſe alcuna ſcheg
1gia ſarà poco cotta nella fornace per la lunga maceratione coſtretta dal liquore a sbogli­
re
, ſia con una egualità digeſta.
Perche quando ſi piglia la calce non macerata, ma nuoua,
& ſreſca, dapoi che è data a i pareti hauendo ciotole o pietruccie crude aſcoſe manda fuori
alcune
puſtule, & queſte ciotole quando nell'opera poi ſono rotte egualmente, & mace­
rate
diſcioglieno, & disfanno le politezze delle coperte.
Ma poi che ſi hauerà ben pro­
uiſto
alla maceratione della calce, & ciò con diligenza ſarà nell'opera preparato, pigliſi
una
Aſcia, {Che noi cazzuola, altri zapetta chiamano,} & ſi come ſi ſpiana, & poliſce il
legname
, con la ſpiana, coſi la calce macerata nella foſſa ſia aſciata, & riuoltata con la ca­
zuola
, ſe le pietruccie ſi ſentiranno dare in quello ſtrumento, ſegno ſarà che la calce non
è
ben temperata, ma quando il ferro ſi trarrà fuori ſecco, & netto, ſi moſtrerà quella ua­
nida
, & ſitibonda, ma quando ſarà graſſa, & ben macerata attaccata come colla a quel fer­
ro
, darà ottimo inditio di eſſere ottimamente temperata.
Fatte, & preparate queſte coſe
trouati
gli ſtrumenti, et l'armatura, ſiano e ſpedite le diſpoſitioni de i uolti nelle ſtanze,
quando
ſia, che non uogliamo fare i ſoffitti.
Nel ſecondo capo Vitr. c'inſegna a preparare la calce, accioche commodamente la potiamo
uſare
alle coperte, & biancheggiamenti de i pareti, & coſi eſpediti i pauimenti, & loro bellezze
uiene
ad ornar i muri.
Io nel ſecondo libro ho detto a baſtanza della calce, & quello, che ini se
detto
, rende piu facile il preſente luogo, che da ſe ancho è piano, però eſponeremo il ſeguente, che
adorna
i uolti, & i pareti.
Della diſpoſitione de i uolti. del modo di coprire, & d'in­
croſtar
i muri.
Cap. III.
Qvando adunque ſarà biſogno fabricar'a uolti, coſi fare ſi deue. Siano diſpo­
ſti
gli Aſſeri, o trauicelli dritti diſtanti non piu di due piedi l'uno dall'altro, &
queſti
ſiano di Cipreſſo, perche quelli di Abete preſto ſono da i tarli, & dal­
la
uecchiez za conſumati: quelli Aſſeri quando ſaranno a torno diſpoſti in for
ma
ritonda ſiano congiunti alle traui, o coperti, & conficcati con chiodi di ferro diſpo­
ſte
per ordine le catene, le quali ſiano fatte di quella materia, alla quale tarli, uec­
chiezza
, humore poſſa far danno, come il Boſſo, il Ginepro, l'Oliuo, il Roucre, il
Cipreſſo
, & altri ſimiglianti, eccetto, che di Quercia.
Perche la Quercia torcendoſi nel­
le
opere, doue è poſta, ſi fende.
Diſpoſti che ſaranno ordinatamente quei trauicelli, a
quelli
ſi deue legare le canne Greche peſte, come richiede la forma del uolto, con alcune
reſte
fatte di Sparto Hiſpanico.
Similmente ſopra la curuatura ui ſia indotta la materia
di
calce, & d'arena meſcolata, accioche ſe qualche gocciola caderà dal tauolato, o da i
tetti
, facilmente ſi poſſa ſoſtenere.
Ma ſe non ui ſarà copia di canne Greche, biſognerà
pigliare
delle cannuccie ſottili de paludi, & legarle inſieme, & di quelle far le mataſſe, &
le
reſti quanto lunghe ſi conuiene, ma di continuata groſſezza, pure che tra due nodi non
ſia
diſtanza de i legamenti piu di due piedi, & queſte mataſſe (come s'è ſcritto di ſopra)
ſiano
a gli Aſſeri, e trauicelli legate, & in eſſe conficcate ſiano le Spatelle di legno; &
l
'altre coſe tutte ſiano eſpedite (come s'è detto di ſopra.) Diſpoſte poi le curuature, &
conteſte
, ſia il loro cielo ſmaltato & coperto politamente, & con l'arena ſgroſſato, da­
poi
con creta, o marmo polito.
Poi che i uolti ſaranno politi, ſi deono porre le cornici,
lequali
ſi deono fare quanto piu ſi puo ſottili, & leggieri, perche eſſendo grandi per lo
peſo
ſi ſtaccano, ſi poſſono ſoſtenere.
In queſte per modo alcuno non ſi deue meſco­
lare
il geſſo, ma con criuellato marmo deono eſſer ad un modo egualmente tirate, accio­
che
facendo preſa, laſcino l'opera ad un tempo ſeccarſi.
Egli ſi deue ancho nel far i uol-
1ti ſchiuare la diſpoſitione de gli antichi, perche i piani delle loro cornici, per lo gran peſo
minacciando
erano pericoloſi.
Delle cornici altre ſono ſchiette, altre ornate. Nei
conclaui
doue ſono aſſai lucerne; ouero il fuoco ſtanno meglio le ſchiette, accioche piu
facilmente
ſi poſsino nettare, ma ne i luoghi della ſtate, & nelle eſſedre, doue non è fu­
mo
, caligine puo far danno, ſtan bene le ornate, perche ſempre le coſe bianche, per
la
ſoperbia, & grandezza del candore, non ſolamente da i propi luoghi doue ſono, ma da
gli
altri edifici uicini pigliano il fumo.
Fatte, & eſpedite le cornici biſogna imboccare
molto
bene i pareti, & lgroſſarli, & ſeccandoſi quella ſgroſſatura ſian indotte le dritture
dello
arenato, di modo, che le lunghezze ſiano a linea, le altezze a piombo, gli anguli a
ſquadra
, perche la maniera delle coperte a queſto modo ſarà preparata per le pitture.

Cominciandoſi
a ſeccare la detta croſta, di nuouo ſe le dia un'altra di ſopra, & coſi quanto
piu
fondata ſarà la drittura dello arenato, tanto piu ferma ſarà la ſodezza della intonicatu­
ra
.
Quando poi il parete dopo la prima ſgroſſatura con tre croſte almeno di arena ſarà
formato
, allhora ſi faranno le ſpianature con grano di marmo, pur che la materia ſia tem­
perata
in modo, che quando ſarà impaſtata non ſi attacchi al badile, ma il ferro netto dal
mortaio
tratto ne ſia.
Indottoui il grano, & ſeccandoſi, ſia data un'altra intonicatura
leggiermente
, la quale ben battuta, & fregata ſottilmente ſi dia.
Quando adunque i pa­
reti
con tre coperte di arena, & di marmo aſſodati ſaranno, fiſſure, altro difetto po
tranno
riceuere.
Ma le ſodezze fondate, & fermate con le battiture di baſtoni, & con la
ferma
bianchezza del marmo liſciate, poſtoui ſopra i colori con le politure, manderanno
fuori
eccellenti bellezze.
Quando i colori con diligenza ſono indotti ſopra le coperte non
bene
aſciutte, per queſto non ſputano, ma ſtanno fermi, perche la calce nelle fornaci
aſciugato
l'humore, & per le ſue rarità diuenuta uota, aſtretta dalla ſiccità, tira l'humo­
re
a ſe delle coſe, che per ſorte la toccano, & inſieme aſſodandoſi per le meſcolanze fatte
di
coſe d'altra uirtù, concorrendoui i ſemi, & i principij in ciaſcuno membro, che ella ſia
formata
ſeccandoſi, tale diuiene, che pare, che habbia le propie qualità della ſua maniera,
& però le coperte, che ſon ben fatte, per la uecchiezza diuentano aſpre, lauate rila­
ſciano
i colori, ſe forſe non ſaranno con diligenza date nel ſecco.
Quando adunque in
queſto
modo, come è ſopradetto, i pareti ſaranno coperti potranno hauere, & fermezza,
& ſplendore, & forza di durare eternamente; ma quando ſarà data una coperta di arena,
& una di minuto marmo ſolamente, potendo poco quella ſottigliezza ſi rompe, puo
per
la debolezza della groſſezza ſua conſeruare nelle politure il propio ſplendore: Perche
come
lo ſpecchio d'argento tirato di ſottil lametta ritiene incerta, & debil luſtrezza, &
quello
, che è di piu ſoda temperatura formato, riceuendo in ſe con fermo potere la poli­
tezza
, rende luſtre nello aſpetto, & certe le imagini a i riguardanti: coſi le coperte fatte
di
materia ſottile, non ſolamente fanno le ſiſſure, ma ſi guaſtano preſtamente, ma quelle
che
ſon fondate con piu croſte di arena, & con ſodezza di marmo, fatte piu ſode, & con
frequente
politezze battute, & liſciate, non ſolamente luſtre ſi fanno, ma anchora riman­
dano
fuori le imagini a i riguardanti, I copritori de i Greci uſando queſte ragioni non
tanto
fanno le loro opere ferme, ma ancho nel mortaio con calce, & arena meſcolata con
molti
huomini peſtano la materia con pezzi di legno, & coſi ben battuta a concorrenza
la
mettono in opera.
Dal che è nato, che molti uſano in luogo di tauole da dipignere
quelle
croſte, che ſi leuano da i pareti, & quelli coperti con le diuiſioni delle tauole, &
de
gli ſpecchi hanno d'intorno a ſe gli ſporti eſpreſsi dalle coſe.
Ma ſe ne i graticci ſi haue­
ranno
a fare le coperte, nelle quali è neceſſario, che ſi facciano le fiſſure, ne i dritti, & tra
uerſi
trauicelli, (perche quando s'impaſtano di loto riceuono l'humore, & quando ſi ſec
cano
aſſottigliati fanno le fiſſure nelle croſte) accioche queſto difetto non auuegna, co­
ſi
ragioneuolmente ſi deue prouedere.
Quando tutto il parete ſarà impaſtato di loto,
1allhora in quell'opera ſiano le canne continue con chiodi muſcarij confitte, dapoi di nuo­
uo
indottoui il loto, ſe le prime canne ſaranno fitte per trauerſo, le ſeconde ſiano fitte per
dritto
, & coſi (come s'è di ſopra determinato) data ui ſia la croſta di arena, & di marmo
& d'ogni maniera di coperta, & coſi doppiamente eſſendo fitta la continuità delle canne
ne
i pareti con ordini trauerſi, peli, fiſſure è per fare in modo alcuno.
Tratta della diſpoſitione de i uolti, & queſto è neceſſario: imperoche male ſi potranno coprire,
& intonicare i uolti, ſe non ſaranno ſermi, & ben fatti; & atti a riceuere gli abbellimenti, &
le
intonicature, & però prima egli c'inſegna, come douemo far i uolti, perche ſcstentino gli or­
namenti
; come ſi deue, & di ſopra, & di ſotto di quelli ſmaltarli, & darli di bianco; & come
ſotto
quelli ſi hanno à fare le cornici, & ſotto le cornici, come ſi hanno ad intonicare, & bian­
cheggiare
i pareti: & finalmente ci moſtra come ſi habbiano a fare, & a coprire i pareti di cra­
ticij
.
Noi in uniuerſale parleremo de i uolti, accioche tutta la preſente materia ci ſia dinan­
zi
a gli occhi, & addurremo parte di quello, che dice l'Alberto nel terzo al 14. Capo. Va­
rie
ſono le maniere de i uolti, & delle camere: noi douemo cercare, che differenza ſia tra quel­
le
, & quali ſiano le linee de i contorni loro.
Le ſorti loro ſono la Fornice, la camera, l'hemiſpe­
ro
, & quelle uolte, che ſono parti di queste.
L'hemiſpero, o meza palla non uiene per ſua natu­
ra
ſe non dalle piante circolari.
La camera ſi deue alle piante quadrate. Le fornici conuengono
a
quegli edifici, che ſon quadrangolari, ma quel uolto, che è fatto a ſimiglianza d'un monte ca­
uato
, è detto fornice, che è un uolto lungo, & piegato in arco.
Imiginiamoci un parete larghiſ­
ſimo
, che dalla cima ſi uolti, & ſi pieghi, attrauerſo d'un portico.
Camera è come un'arco, che da
Mezo
a Tramontana ſi pieghi, & che ne habbia ſimilmente attrauerſato un'altro da
Leuante
a Ponente, & è a ſimiglianza delle corna piegate.
Hemiſpero è il concorſo di molti ar
chi
eguali in un centro del colmo di mezo.
Ci ſono ancho molte altre maniere di uolti, & di
archi
, che fanno mostra di figure di molti anguli, delle quali è una isteſſa ragione del uoltarli,
& tutte le predette maniere ſi fanno con la ragione, che ſi fa il parete, imperoche i ſostegni, &
l
'oſſa, che uengono ſino alla ſommità, deono leuarſi dall'oſſa del parete, ma ſecondo il modo loro
deono
nel parete eſſer'impoſti, cioè in quella forma, che uolemo dar al uolto, & queſte oſſa deo­
no
eſſer drizzate diſtanti una dall'altra, per un certo ſpatio.
Vitr. dice Aſſeri drizzati non
lontani
uno dall'altro piu di due piedi, & ſono trauicelli alti, & stretti, & dice queſti Aſſeri,
quando
ſar anno diſtribuiti ſecondo la forma del giro, cioè ſecondo quella maniera di uolto, che
uolemo
fare; deono con catene eſſer legati, queste catene ſono legature di legni poſte nelle ſom­
mità
di detti trauicelli, accioche ſi tenghino inſieme.
Siano questi inchiodati al tetto, & tauola­
to
di ſopra.
Et quegli ſpatij tra l'oſſa uuole l'Alberto, che ſiano riempiti: ma ui è differenza tra
gli
empimenti, che ſi fanno ne i pareti, o muri, da quelli, che ſi fanno tra queſte oſſa, impero­
che
nel muro uanno dritti a piombo, qui piegati, & torti, ſecondo la forma de i uolti.
uuole an­
che
, che l'oſſa ſian di pietra cotta di due piedi, & i riempimenti di leggieriſſima pietra, per non
caricare
il muro.
Dice poi, che per fare gli archi, & i uolti, è neceſſario l'armatura, che è
fatta
di legname ſecondo la forma, che ſi uuole.
ſopra questa ſi pongono le craticole di canne,
per
ſostenere quella materia di che ſi fa il uolto, fin che s'induriſca, uuole che la meza palla non
habbia
biſogno d'armatura, quelle forme, che uanno imitando quelle che ſon di molti anguli;
ma
bene fa biſogno d'una legatura, o teſſitura, che leghi strettiſſimamente le parti debili, con le
ferme
, & gagliarde, & iui commenda la forma dell' Hemiſpero.
dice poi, che la teſtuggine, la
camera
, la fornice hanno biſogno d'armature, raccomandando i primi ordini, & i capi de
gli
archi a fermiſſime imposte: & alcuni precetti d'intorno a questa materia, & di leuar l'ar­
mature
, & di riempir i uani, & di fortificar gli archi, i quali precetti ſono chiari a praticanti.

noi
uſiamo gli archi, & i uolti, le crocciere, le cube, i rimenati, le uolte a lunette ſecondo le na
ture
de gli edifici, come è noto.
Formata la camera, cioè quella curuatura di uolto, come ci
piace
, ſi copre il cielo di ſotto, & ſi di ſopra quello, che dice Vitr. dapoi ſi fanno le corni ci a
1rorno di stucco, & non ui entra geſſo di ſorte alcuna, ſotto le cornici, le quali deono eſſer leggie­
ri
, & di ſottil materia, & non hauer molto ſporto, perche non ſi rompino caricate dal peſo.
Si
deue
hauer cura d'intonic ar i pareti, & in questa parte è molto diffuſo il detto Alberto: ma noi
staremo
con Vitr. & diremo la ſua intentione da capo, la qual è di apparecchiare i uolti, & le
camere
, & dice, che egli ſi deue drizzare alcuni trauicelli distanti due piedi uno dall'altro, &
ſiano
di Cipreſſo per eſſer legno, che non ſi tarla, ſi guaſta, questi trauicelli deono eſſer com­
partiti
a torno la stanza con catene di legno fin al tauolato, o tetto con ſpeſſi chiodi di ferro con­
fitti
: uuole che queſte catene ſieno, o di Boſſo, o di Oliua, o di Cipreſſo, o di Rouere, ma non di
Quercia
, perche ſi fende, d'altro legname, che patiſca.
Fornite le legature, & diſposti i
trauicelli
, & confitti fin ſotto il tauolato, biſogna con ftore di ſparto Hiſpano, che è una ſorte di
giunco
, o con canne Greche, pistate; & ſono (penſo io) di quelle, che noi chiamiamo canne uere.
ſi adoperano ſimili uolti in Romagna, & ſi loro quella forma, che ſi uuole, perche queſta è
materia
, che ſi piega, & che ſi maneggia come ſi uuole, & coſi formato il cielo, ſi hanno due ſu
perficie
una di ſopra conueſſa, che guarda al tetto, l'altra di ſotto concaua, che guarda il paui­
mento
.
quella di ſopra è coperta con calce, & arena, & ſmaltata, accioche difenda la parte di
ſopra
delle goccie, che cadeſſero dal colmo, o dalle trauature.
Et coſiſarà eſpedita la parte di
ſopra
; & quando non ci fuſſino canne Greche, uſeremo le cannuccie delle paludi, delle quali ſi
faranno
come craticule inſieme legate, & annodate con cordicelle, o giunchi ritorti, pur che i
nodi
non ſieno distanti l'uno dall'altro piu di due piedi.
queste mataſſe, o craticule ſiano fitte
a
gli aſſeri, con pironi di legno, che Spathelle, o Cortelli ſi chiamano.
Quanto ueramente alla
parte
di ſotto ſi richiede, cioè ſotto il cielo, è darui la ſmaltatura di calce, & d'arena, & coſi
di
mano in mano coprire, & d'arena, & di marmo piſto.
Finalmente polito, & biancheggiato
il
uolto, ſi deono far le cornici d'intorno ſottiliſſime, & quanto ſi puo leggieri, & picciole, impe
roche
, ſe fuſſero grandi porterebbe pericolo, che per lo peſo non ſi ſtaccaſſero, & però biſogna
auuertire
di non farle di geſſo, ma di marmo criuellato, & dato egualmente di un tenore, &
d
'una groſſezza, & accioche ancho egualmente ſiſecchi, perche quando una parte preueniſſe
l
'altra, non egualmente ſi ſeccherebbeno.
La leggierezza loro difende anche gli habitanti dal
pericolo
, perche le cornici grandi, & larghe ſi poſſono per qualche accidente staccare, & ca­
der
adoſſo, a chi sta nelle camere.
Delle cornici altre ſi faceuano ſchiette, altre lauorate: le
ſchiette
ſtan bene in luoghi doue è fumo, lumi, & polue, accioche meglio ſi poſſino far nette,
Le
lauorate a fogliami, o a figure stan bene nelle sttanze della state, perche iui non ui è fumo,
lume
, & è coſa incredibile quanto il fumo delle alte stanze nuoca, benche lontane, tanta è la
ſoperbia
della bianchezza.
Fatte le cornici, & adornato il cielo, è neceſſario ancho adornare
& biancheggiar il muro della stanza, & apparecchiarlo alle pitture, però al parete ſi darà pri
ma
una groſſa ſmaltatura, ſopra la quale poi, che comincierà a ſeccare biſogna darle una ſmal­
tatura
di calce, & di arena fatta ſecondo quel compartimento, che ſi uorrà per dipignere, & ſian
l
'altezze del parete a piombo, le lunghezze a linea, gli anguli a ſquadra, come ueramente ſi troua
muri
di mille anni et piu fatti tanto eguali, che una riga tocca per tutto: tanto ſodi, che per tauole ſi
poſſono
uſare quelle intonicature, & ſcorze: tanto fini, che polite con un panno riſplendono come
ſpecchi
; & queſto naſceua, per che dauano piu croſte a i pareti, & uſauano infinita diligenza, dando
la
ſeguente ſcorza prima, che la precedente fuſſe a fatto ſecca: era la materia ben macerata, et pre
parata
molto tempo prima, che ſi metteſſe in opera; di qui naſceua, che i colori delle pitture non ſo
lo
riſplendeuano, & erano uaghi, ma ancho durauano eternamente, & s'incorporauano con quel
la
intonicatura, il che non auuenirebbe quando ſi deſſe una ſola mano di arenato, et una di granito.

Ma
perche ſpeſſo, o per neceſſità, o per non caricare tanto le fabriche, ſi ſogliono fare i pareti di
Craticci
, i quali per molti riſpetti poſſono eſſer difettoſi, però Vitr. ci i precetti ancho di farli
meglio
, che ſi puo, accioche durino, & non facciano fiſſure.
Il tutto è facile, però paſſaremo
ad
altro.
1
Delle politure, ne i luoghi humidi. Cap. IIII.
IO ho detto, con che ragioni ſi fanno le coperte ne i luoghi aſciutti, hora io
eſponerò
in che modo, accioche durino, far ſi conuegna le politezze, ne i
luoghi
humidi: & prima ne i conclaui, che ſaranno a piè piano cerca tre pie­
di
alto dal pauimento in luogo di arenato ſi dia la teſtola, & ſgroſſato, accio
che
le parti di quelle co perte non ſian guaſte dall'humore.
Ma ſe egli ſi trouerà alcuno
parete
, che per tutto ſia offeſo dall'humore, biſogna allontanarſi alquanto da quello, &
farne
un'altro tanto diſtante, quanto parerà conuenire alla coſa, & tra due pareti ſia tira­
to
un canale piu baſſo del piano del conclaue, & queſto canale sbocchi in qualche luogo:
& poi che egli ſarà fatto alquanto alto laſciati ui ſiano gli ſpiracoli, per che ſe l'humore
non
uſcirà per la bocca, ma uſcirà, o di ſotto, o di ſopra, ſi ſpargerà nella muratura nuo
ua
.
Fatte queſte coſe ſi dia lo primo ſgroſſamento al parete di teſtola, & poi drizzato, &
ſpianato
, & polito ſia.
Ma ſe'l luogo non patirà, che ſi faccia l'altra muratura, faccianſi
pure
i canali, & le bocche loro eſchino in luogo aperto, dapoi da una parte ſopra il margi
ne
del canale imponganſi tegole di due piedi, & dall'altra ſi drizzino i pilaſtrelli di quadrel
letti
di ott'oncie, ne i quali poſſan ſedere gli anguli di due tegole, & coſi quelli pilaſtri
ſiano
tanto diſtanti dal parete, che non paſsino un palmo, dapoi dal baſſo del parete in fino
alla
cima ſian fitte dritte le tegole oncinate, alle parti di dentro delle quali con diligenza ſia
data
la pece, accioche ſcaccino da ſe il liquore, & coſi di ſotto, & ſopra il uolto habbiano i
loro
ſpiracoli.
Allhora poi ſian biancheggiate con calce liquida in acqua, accio non rifiuti­
no
la ſmaltatura, & croſta di teſtola, perche per l'aridità preſa nelle fornaci, non poſſono
riceuere
la ſmaltatura, mantenerla, ſe la calce ſotto poſta, non incolla, & non attacca
l
'una, & l'altra coſa.
Indottoui quel primo ſgroſſamento, ſe le dia in luogo d'arenato la
teſtola
, & tutte le altre coſe, come s'è ſcritto di ſopra nelle ragioni delle intonicature: ma
gli
ornamenti della politura deono hauere propie, & particolari ragioni del Decoro, ac­
cioche
habbiano dignità conuenienti ſecondo la natura de i luoghi, come per le diffe­
renze
delle maniere.
Nelle ſtanze del uerno non è utile queſta compoſitione, la pittu­
ra
di grande ſpeſa, il ſottile ornamento de i uolti, di cornici, perche quelle coſe & dal fu
mo
, & dalla fuligine di molti lumi ſi guaſtano: ma in queſti ſopra i poggi deono le tauole
con
inchioſtro eſſer impennate, & polite trapoſtoui i cunei di ſilice, o di terra roſſa.

Quando
ſaranno eſplicate le camere pure, & polite ancho non ſarà diſpiaceuole l'uſo del­
le
ſtanze del uerno de i Greci; ſe alcuno ui uorrà por mente; & queſto uſo non è ſontuo­
ſo
, ma utile, perche egli ſi caua tra'l piano liuello del triclinio quaſi due piedi, & battuto
bene
il ſuolo, ſi ui , o'l terrazzo, o il pauimento di teſtole coſi colmato, che habbia le
bocche
nel canale.
Dapoi poſtoui ſopra i carboni, & calcati ſodamente, ui ſi da una ma­
teria
meſcolata di ſabbione, di calce, & di fauilla groſſa mezo piede poſta a regola, & a li­
uello
, & polito il piano con la cote, ſi fa la forma del pauimento nero, & coſi i conui­
ui
loro, quello, che da i uaſi, & da gli ſputi loro ſi manda a terra, ſubito caduto ſi ſecca,
& i ſerui, che gli miniſtrano, ſe bene ſaranno ſcalzi, non piglieranno freddo da tai pa­
uimenti
.
Qui ſi uede la mirabile induſtria, che uſauano gli anticht, accioche le loro fabriche duraſſero,
& ſi mant eneſſero belle, & ornate, imperoche anche la doue la natura del luogo poteua impedi­
ne
, o non patiua gli abbellimenti, con arte ſi sforzauano di rimediare: & per che non è coſa niu­
na
, che guaſti piu gli edifici, & le politure, che la humidità; non ha dubbio, che quando a quella
ſarà
ingeni o ſamen e prouiſto, che la bellezza non conſegua l'effetto ſuo: però hauendo Vitr. for­
uito
di darci i precetti di ab bellire, & biancheggiare le opere fatte in luoghi aſciutti, nel preſen-
1te capo c'inſegna a rimediare a i difetti de i luoghi humidi. Il difetto dell'humido uiene, o dal
baſſo
per lo terreno, o dall'alto per li muri, che ſiano appoggiati a monti, o a terreni piu alti.
Se
uiene
dal baſſo, biſognerà per le ſtanze a piè piano dal luogo, doue uorremo fare il pauimento ca­
uar
ſotto tre piedi, & riempire tutto il cauo di teſtole, & poi ſpianarlo bene.
queſta materia te­
nerà
il luogo ſempre aſciutto.
Ma ſe per ſorte alcun muro ſarà continuamente tocco dall'humo­
re
, allhora faremo un'altro muro ſottile diſcoſto da quello quanto ci parerà conueniente, & tra
que
muri ſi farà un canale piu baſſo alquanto del piano dalla ſtanza, ilquale sboccherà in luogo
aperto
, laſciandoui i ſuoi ſpiragli di ſopra, perche quando il canale fuſſe molto alto, & che non
ſe
gli faceſſe queſto rimedio, non ha dubbio, che'l tutto ammarcirebbe, & ſi diſcioglierebbe: bi­
ſogna
adunque dargli le ſue bocche di ſotto, & i ſuoi ſpiragli di ſopra.
Drizzato adunque il mu­
ro
al predetto modo, allhora potremo ſmaltarlo, intonicarlo, & polirlo.
Il medeſimo rimedio
c
'inſegna Plinio, & Palladio.
Ma ſe per ſorte il luogo non puo patire, che ſi faccia il muretto, ci
baſterà
farui i canali, che sbocchino in luogo aperto, & nelle margini di que canali da una par­
te
ſopraporui tegole alte due piedi, dall'altra farui alcuni muretti, o pilaſtrelli di mattoni di due
terzi
di piede, ſopra i quali ſi poſſan ſopraporre gli anguli di due tegole, & queſte tegole non ſian
diſtanti
dal parete principale piu d'un palmo, & coſi ſarà fornita la fabrica del canale, & la ſua
copritura
: & perche la humidità del muro principale poſſa entrare nel detto canale, biſogna lun
go
il muro dal piede alla ſommità conficcare delle tegole oncinate di modo, che come hamo una
entri
nell'altra, & ſiano queſte di dentrouia con ſomma diligenza impegolate, perche non rice­
uino
l'humidità, & coſi queſte tegole ſoppliranno al mancamento del muretto, & faranno lo iſteſ
ſo
effetto, perche tra quelle, & il muro principale ci è ſpatio conueniente, & la humidità del
muro
ua tra quelle tegole, & il muro, pure che di ſotto ſian le sboccature, & di ſopra gli ſpira­
gli
.
Fornita queſta intauellatura (dirò coſi) accioche riceua le imprimiture di teſtole, biſogna
ſmaltarla
di calce liquida, imperoche quella calce rimedia alla ſiccità delle tegole, lequali non
riceuerebbeno
le intonnicature, ſenza quella prima ſmaltatura.
Quello poi, che ſi debbia dipi­
gnere
in ſimili, & altri luoghi Vitr. con gran facilità, & con belli auuertimenti ci dimoſtra, però
mi
riporto alla interpretatione, nel che ſi conſidera quello, che appartiene al Decoro: parla poi
di
una uſanza Greca di fare i pauimenti, coſa bella, utile, & di poca ſpeſa, & nel teſto è mani­
feſta
.
Della ragione del dipignere ne gli edifi­
cy
.
Cap. V.
Agli altri conclaui, cioè di primauera, d'autunno, della ſtate, & gli atrij, & pe­
riſtili
da gli antichi ſtate ſono determinate alcune maniere di pitture, per cer­
ti
riſpetti; perche la pittura ſi fa imagine di quello, che è, & puo eſſer, come
dell
'huomo, dello edificio, della naue, & delle altre coſe, dalle forme dellequa
li
, & da i contorni de i corpi con figurata ſimiglianza ſi pigliano gli eſſempi.
Da queſto
gli
antichi, che ordinarono i principi delle politezze prima imitarono la diuerſità delle
croſte
di marmo, & le loro collocationi, & dipoi delle cornici, & de i uarij compartimenti
di
colore ceruleo, & di Minio.
Dopo intrarono a fare le figure de gli edificij, & delle co­
lonne
, & imitare gli ſporti, & i rilieui, de i frontiſpicij, & ne i luoghi aperti, come nelle eſ­
ſedre
per l'ampiezza de i pareti diſegnarono le fronti delle Scene all'uſanza Tragica ouero
Comica
, ouero Satirica: ma ne i luoghi da paſſeggiare per eſſere gli ſpacij lunghi ſi die­
dero
ad ornarli di uarietà di giardini eſprimendo le imagini di certe proprietà di paeſi:
perche
dipingono i porti, le Promontore, i Liti, i fiumi, le fonti, gli tratti delle acque,
i
tempij, i boſchi ſacri, i monti, le pecore, i paſtori, & in alcuni luoghi anche ſi fanno
pitture
piu degne, & che hanno piu fattura, che dimoſtrano anche coſe maggiori, come
1ſono i Simulacri de i Dei, le ordinate dichiarationi delle ſauole, le guerre Troiane, gli
errori
d'Vliſſe per li luoghi, & altre coſe, che ſono con ſimiglianti ragioni a quelli fatte
dalla
natura.
Ma quegli eſſempi, che erano tolti da gli antichi da coſe uere, hora ſono
con
maluaggie uſanze corrotti, & guaſti.
Perche nelle coperte de i muri ſi dipingono
piu
preſto i moſtri, che le certe imagini preſe da determinate coſe.
Perche in uece di co­
lonne
ui ſi pongono canne, & in luogo de faſtigi fanno gli arpagineti canalati con le fo­
glie
creſpe: Similmente i candellieri de i Tempietti, che ſoſtengono le figure, & ſopra
le
cime di quelli fan naſcere dalle radici i ritorti teneri con le uolute, che hanno ſenza ra­
gioni
le figurine, che ſopra ui ſiedono.
Similmente i ſioretti da i loro ſteli, che hanno me­
ze
figure, che eſcono da quelli, altre ſimiglianti a i capi humani, altre a i capi delle be­
ſtie
.
Ma tali coſe, ſono, poſſon eſſer, ſaranno giamai. Coſi adunque i cattiui
coſtumi
hanno conſtretto, che per inertia i mali giudici chiudino gli occhi alle uirtù del­
l
'arti: perche come puo eſſer che una canna ſoſtenti un coperto, ouero un candellieri, un
Tempietto
, & gli ornamenti d'un frontiſpicio, ouero un faſcetto di herba coſi ſottile, &
molle
ſoſtegna una figuretta, che ui ſtia ſopra ſedendo?
ouero che dalle radici, & fuſti
piccioli
, da una parte ſiano generati i fiori, & meze figure?
Ma benche gli huomini ue­
dino
tai coſe eſſer falſe, pure ſi dilettano, fanno conto ſe elle poſſono eſſer, ò : ma
le
menti offuſcate da i giudicij infermi non poſſono approuare, quello, che & con digni­
, & con riputatione del Decoro puo eſſer prouato: perche quelle pitture non deono
eſſer
approuate, che non ſaranno ſimili alla uerità, anche ſe bene ſaranno fatte belle
dall
'arte, però ſi deue far buon giudicio coſi preſto di quelle, ſe non haueranno certe ra
gioni
di argomento ſenza offeſa dichiarite.
Perche ancho a Tralli hauendo Apaturio
labandeo
con ſcielta, & buona mano finto una ſcena in un picciolo Theatro, che appreſſo
quelli
, ſi chiama Eccleſiaſtirio, & hauendo in quella fatto in luogo di colonne le figure,
& i Centauri, che ſoſtentauano gli Architraui, & i rotondi coperti, & le uolte prominenti
de
i frontiſpici, & le cornici ornate con capi Leonini: lequai coſe tutte hanno la ragione
de
i ſtillicidi, che uengono da i coperti.
Oltra di queſto nientedimeno ſopra quella ſcena
era
l'Epiſcenio, nelquale era l'ornato uario di tutto il tetto, i tholi, i pronai, di mezi fron=
tiſpici
.
Quando adunque l'aſpetto di quella ſcena compiaceua al uedere di tutti per l'
ſprezza
, & che di gia erano apparecchiati per approuar quell'opera.
Allhora ſalto fuori
Licinio
Matematico, & diſle gli Alabandei eſſere aſſai ſuegliati in tutte le coſe ciuili, ma
per
non molto gran peccato di non ſeruar il Decoro, eſſer giudicati poco ſaui, perche
tutte
le ſtatue, che ſono nel lor Gimnaſio, pareno trattar le cauſe: & quelle, che ſono nel
Foro
tener i diſchi, o correre, o giocar alla palla.
Et coſi lo ſtato delle figure ſenza De­
coro
tra le proprietà de i luoghi hauerli accreſciuto difetto della riputatione della città.

Ma
uediamo anche, che a noſtri tempi la ſcena di Apaturio non ci faccia Alabandei, oue­
ro
Abderiti: perche chi di uoi puo hauere le caſe ſopra le tegole de i tetti, ouero le colon­
ne
, ouero i frontiſpici: perche queſte coſe ſi pongono ſopra i taſſelli, & non ſopra le tego­
le
de i tetti.
Se adunque le coſe, che non poſſono hauere la uerità del fatto, ſaranno da
noi
approuate nelle pitture, uerremo anchora noi a conſentire, a quelle città, che per tali
difetti
ſono ſtate giudicate di poco ſapere.
Adunque Apaturio non hebbe ardimento
di
riſpondere alcuna coſa contra, ma leuò la ſcena, & mutatala alla ragione del uero, poi
che
fu acconcia, l'approuò.
O haueſſero uoluto i dei immortali, che Licinio fuſſe torna
to
uiuo, & correggeſſe queſta pazzia, & gli erranti ordini di queſte coperte.
Ma egli non
ſarà
fuor di propoſito eſplicare, perche la ragion falſa uinca la uerità: perche quello, che
affaticandoſi
gli antichi, & ponendoui induſtria tentauano di approuare con le arti, a no­
ſtri
giorni ſi conſegue con i colori, & con la uaghezza loro; & quella autorità, che la ſot­
tilita
dello artefice daua alle opere, hora la ſpeſa del patrone fa, che non ſia deſiderata: per-
1che chi è colui de gli antichi, che non habbia uſato parcamente come una medicina il Mi­
nio
?
Ma a i noſtri per tutto il piu delle uolte ſono di Minio tutti i pareti coperti, & ſe
gli
aggiugne anche, & ſe gli di Borace, d'Oſtro, d'Armenio, & queſte coſe quando ſi
danno
a i pareti, ſe ben non ſaranno poſte artificioſamente, & nientedimeno danno a gli
occhi
non ſo che di ſplendore, & perche ſono precioſe coſe, & uagliono aſſai, però ſono
eccettuate
dalle leggi, che dal patrone, & non da colui, che piglia l'opere ſono rappreſen
tate
.
Io ho eſpoſto aſſai quelle coſe, nellequali ho potuto far auuertito chi copre i pareti,
accioche
non cada in errore.
Hora dirò, come preparare ſi deono, come mi potrà uenir
in
mente, & perche da prima s'è detto della calce, hora ci reſta a parlare del marmo.
Quello, che biſogni dipigner in diuerſe ſtanze, accioche ſia ſeruato il Decoro, Vitr. ce lo ha di­
moſtrato
in parte nel precedente cap. & in parte hora ce lo inſegna.
Et dalla diffinitione della
pittura
, ua argomentando quello, che ſta bene: & poi riprende liberamente le uſanze de i pittori
de
i tempi ſuoi, come che habbiano deuiato molto dalla certa, & giuſta ragione de gli antichi.

Doue
grandemente s'oppone a quella maniera di pitture, che noi chiamamo Grotteſche, come co­
ſa
che non poſſa ſtare in modo alcuno.
perche ſe la pittura è una imitatione delle coſe, che ſono, o
che
poſſono eſſere, come potremo dire, che ſtia bene quello, che nelle Grotteſche ſi uede?
come ſo­
no
animali, che portano Tempij, colonne di cannuccie, a rtigli di moſtri, difformità di nature, miſti
di
uarie ſpecie: Certo ſi come la fantaſia nel ſogno ci rappreſenta confuſamente le imagini delle
coſe
, & ſpeſſo pone inſieme nature diuerſe: coſi potemo dire, che facciano le Grotteſche, lequali
ſenza
dubbio potemo nominare ſogni della pittura.
Simil coſa uedemo noi nell'arti del parlare,
imperoche
il Dialetico ſi forza di ſatisfare alla ragione, l'Oratore al ſenſo, & alla ragione, il Poe­
ta
alquanto piu al ſenſo, & al diletto, che alla ragione, il Sofiſta fa coſe moſtruoſe, & tali, quali
ci
rappreſenta la fantaſia, quando i noſtri ſentimenti ſono chiuſi dal ſonno.
Quanto , che ſia
da
lodare un ſofiſta, io lo laſcio giudicare, a chi ſa fare differenza tra il falſo, e'l uero, tra il ue­
ro
, e'l ueriſimile.
Et perche Vitr. è facile, & Plinio nel lib. XXXV. ci molto lume in que­
ſta
materia, io non farò altro a pompa, ma per quanto io dalle coſe uedute, & lette poſſo compren­
dere
trouo, che la pittura ſi come ogn' altra coſa, che ſi fa da gli huomini, prima deue hauere inten
tioni
, & rappreſentar qualche effetto, alquale effetto ſia indrizzata tutta la compoſitione, &
ſi
come le fauole denno eſſere utili alla uita de gli huomini, & la Muſica hauer deue la ſua inten­
tione
, coſi ancho la pittura.
Dapoi ſi uuol ben ſapere contornar le coſe, & hauere le Simmetrie
di
tutte le parti, & le riſpondenze di quelle traſe.
Et con il tutto indi le mouenze, & gli atti
tali
, che parino di coſe uiue, & non dipinte, & dimoſtrino gli affetti, & i coſtumi, ilche è di po­
chi
: in ſomma poi (che è coſa di pochiſſimi, & a noſtri non è a pena conſiderata, & è la per­
fettione
dell'arte) fare i contorni di modo dolci, & sfumati, che ancho s'intenda, quel che non ſi
uede
, anzi che l'occhio penſi di uedere, quello ch'egli non uede, che è un fuggir dolciſſimo una te­
nerezza
nell'Orizonte della uiſta noſtra, che è, & non è & che ſolo ſi fa con infinita pratica, &
che
diletta a chi non ſa piu oltra, & fa ſtupire, chi bene la intende.
Laſcio ſtare i colori conue­
nienti
, la meſcolanza di quelli, & la uaghezza, la morbidezza delle carni nelle imagini muliebri,
che
ſcuoprono i muſculi, ma in modo, che ſi intendino i panni, che fanno fede del nudo, le pieghe
dolci
, la ſueltezza, i lontani, gli ſcorzi, l'altezza della uiſta, & altre coſe, che ſono nel dipignere
ſommamente
accommodate: & uano ſaria, & fuori dell'inſtituto noſtro a uoler parlare piu diffu­
ſamente
: & chi ha conſiderato molte pitture di diuerſi ualenti huomini, & che ha ſentito ragiona
re
, & con diletto, & attentione ha aſcoltato gli altri, puo molto ben ſapere di quanta importan­
za
ſia, & quanto abbraccia quello, che io ho accennato.
il reſto di Vitr. è manifeſto ſino alla fine
del
libro, che io non ho uoluto aggiugnerui altro, parendomi, che Vitru. habbi aſſai chiaramente
parlato
.
Ci reſta hora a dire di molti ornamenti, che ſi fanno nella Città, come Piramidi, Obeli­
ſci
, Sepulcri, Titoli, Colonne, & altre coſe ſimili: ma hoggimai le coſe antiche di Roma ſono ſta­
te
miſurate piu uolte, & poste in luce da molti ualenti huomini, di modo che ſarà di minor fatica
1ueder a un tratto le pitture, & miſurarle, che leggere molte carte, che io potesſifare: Eſorto be­
ne
ogn'uno, che ſia ſtudioſo dell'antichità, & imitator de i buoni, & che ſi sforzi render ragione di
quello
, che egli fa, eſſercitandoſi nelle arti liberali & ſpecialmente nelle quattro diſcipline, che ſo­
no
quattro porte principali di tutti gli edifici, ſtrumenti, muentioni, che ſono ſtati, ſono, & che ſa­
ranno
; & chi anche uuole hauere qualche ammaeſtramento delle ſopradette coſe, legga nel nono
libro
di Leonbatiſta, & oſſerui i precetti ſuoi?
In che modo s'apparecchi il marmo per gli copri­
menti
.
Cap. VI.
Non di una ſteſſa maniera in ogni paeſe ſi genera il marmo, ma in alcuni luoghi
naſcono
le glebe come di ſale, che hanno le miche lucide, & riſplendenti, le
quali
piſte, & ammollite danno grande utilità nelle coperte, & nelle cornici:
ma
in quei luoghi, ne i quai non ſi trouano tai coſe; piſtanſi con i piſtelli di
ferro
, & ſi criuellano i cementi di marmo, o uero le ſcaglie, che cadeno dalle pietre taglia
te
da i marmorari, & queſte, cernite ſi parteno in tre maniere, & quella parte, che ſarà piu
grande
, (come ſi è detto di ſopra) con la calce ſi dia con l'arenato, dapoi la ſeguente, &
la
terza, che ſarà piu ſottile.
date queſte coſe, & con diligenza pareggiate, & liſciate, hab­
biaſi
ragione a dare i colori in guiſa, che mandino fuori lucenti raggi, & ſplendori, de i qua
li
queſta ſarà la prima differenza, & apparato.
De i colori, & prima dell'Ochrea. Cap. VII.
DE i colori alcuni ſono, che da lor ſteſsi naſcono in certi luoghi, & indi ſi caua
no
, altri da altre coſe inſieme poſte, & meſcolate, o temperate ſi compongo
no
, accioche dieno nelle opere utilità allo iſteſſo modo.
Ma eſponeremo
quelli
, che da ſe naſcenti ſi cauano, come è l'Ochrea.
Queſta in molti luo­
ghi
, come anche in Italia, ſi troua, Ma l'Attica è ottima, & queſta non ſi ha al tempo
noſtro
, perche in A thene le minere, doue ſi caua l'argento, quando haueuano le fami­
glie
; allhora ſi cauaua ſotterra per trouare lo argento: quando iui ſi trouaua la uena la ſe­
guitauano
come fuſſe ſtata d'Argento.
Et però gli antichi alle politezze dell'opere uſaro
no
una gran copia di Sile, & anche in molti luoghi ſi caua copioſamente la terra roſſa, ma
perfertamente
in pochi, come nel Ponto la Sinope, & in Egitto, & nell'iſole Baleari in
Hiſpagna
, meno in Lemno, l'entrate della qual iſola il Senato, & popolo Romano
conceſſe
a gli Athenieſi da eſſer godute.
Il Paretonio prende il nome da quei luoghi, do
ue
egli ſi caua, & con la iſteſſa ragione il Melino, perche la forza di quel metallo, ſi dice
eſſer
in Melo l'Iſola Ciclada.
La terra uerde naſce in molti luoghi, ma la perfetta nel­
l
'Iſola di Smirna.
Queſta i Greci Theodotia ſogliono chiamare, perche Theodoto ſi
chiamaua
colui, nel fondo del quale prima fu ritrouata quella ſorte di creta.
L'oropig­
mento
da Greci Arſenico nominato, ſi caua nel Ponto, & coſi in piu luoghi la Sandaraca,
ma
l'ottima in Ponto appreſſo il fiume Hipani, ha la ſua uena; ma in altre parti, come tra
i
confini di Magneſia, & di Efeſo ſono luoghi, d'onde ella ſi caua apparecchiata, ſi che
non
è biſogno macinarla, ma è coſi ſottile, come fuſſe con la mano trita, & criuellata.
L'Ochrea ſi chiama terra gialla, & ancho Ochrea uolgarmente; queſta ſi abbruſcia, perche
faccia
il fondo all'Ochrea non abbruſciata, però che ſi fa piu ſcura, & ruggia, ne uiene dalle par­
ti
di Leuante, & io ne ho trouato ancho nelle mie poſſeſſioni ne i monti di Triuigiana buoniſſima,
1& in gran copia. Sil attico, era un minerale di colore come alcuni uogliono dell'Ochrea, & non
fanno
anche differenza tra Ochrea & Sile, ma io ſtimo, che Ochrea ſi a nome generale, & Sile
ſpeciale
, però puo eſſer, che'l Sile fuſſe di una ſpecie di Ochrea; ma di colore alquanto diuerſo, ò
che
pendeſſe all'azurro, o al purpureo, & uiolino.
Rubrica, & Sinope ſono terre roſſe, noi
chiamiamo
la rubrica imbuoro, & in altri luoghi buoro, & queſte terre roſſe erano in que luo­
ghi
doue dice Vitr. buone, & perfette.
Il paretonio, & melino eran colori, quello bianco, &
queſto
giallo, la cagione perche coſi ſono chiamati è poſta da Vit.
La creta uerde, noi chiamia­
mo
terra uerde.
La ſandaraca è di colore di aranzo, noi chiamiamo minio fatto di biacca abbru
ſciata
, ma la ſandaraca era naſcente, & anche fatta ad arte come dirà Vitr. qui ſotto.
Delle ragioni del minio. Cap. VIII.
Hora io entrerò ad eſplicare le ragioni del Minio. Queſto prima ſi dice eſſere
ſtato
ritrouato ne i campi Cilbiani de gli Efeſij: il cui effetto, & la cui ragio­
ne
ne cauſa di gran merauiglia.
Cauaſi una Zoppa, detta Antrax, prima che
per
lo maneggiar ella diuenti Minio: la uena è di colore come ferro alquanto
piu
roſſo, hauendo intorno a ſe una poluere roſſa.
Quando ſi caua, per le percoſſe dei
ferri
manda fuori le lagrime d'argento uiuo, le quali ſubito da quelli, che cauano ſono
raccolte
.
Queſte zoppe aſſunate per la pienezza dell'humore, che hanno dentro ſi pon­
gono
nelle fornaci delle officine, accioche ſi ſecchino, & quel fumo, che dal uapore del
fuoco
ſi leua da quelle zoppe, quando ricade nel ſuolo del forno, è trouato eſſer argento
uiuo
.
Leuate uia le zoppe, quelle gocciole, che reſtano per la picciolezza loro non ſi
poſſono
raccorre, ma in un uaſo di acqua ſi fan correre, & iui ſi raunano, & ſi confonde­
no
inſieme; & queſte eſſendo di miſura di quattro ſeſtari, quando ſi peſano, ſi trouano eſ
ſer
cento libre: ma quando è inſieme tutto quello argento in un uaſo, ſe ſopra ui ſi po=
nerà
un peſo di cento, egli ſtarà di ſopra, potrà col ſuo peſo premere quel liquore,
ſcacciarlo
, diſsiparlo.
leuato il centenàio; ſe iui ſi ponerà uno ſcrupulo d'oro, non ſo
pranuoterà
, ma ſe ne anderà al fondo da ſe ſteſſo.
coſi non per la grandezza del peſo, ma
per
la qualità ſua ciaſcuna coſa eſſer coſi graue non ſi deue negare.
Et queſto è utile a mol
te
coſe, perche lo argento, il rame ſenza quello ſi puo dorare, che bene ſtia, &
quando
l'oro è conteſto in qualche ueſte, che conſumata per la uecchiezza, non ſi poſſa
piu
portare con honeſtà, pongaſi quel panno d'oro in uaſi di terra, & ſia nel foco abbru­
ſciato
.
La cenere ſi getta nell'acqua, alla quale ſi aggiugne l'argento uiuo, il quale a ſe
tira
tutte le miche dell'oro, & le sforza ad unirſi ſeco: uotata poi l'acqua, queſto s'in­
fonde
, & riuerſcia in un panno, & in quello è con le mani ſtruccato, l'argento eſce per
le
rarità del panno con il liquore, & l'oro per la ſtrettezza, & compreſsione raunato di
dentro
puro ſi ritroua.
Della temperatura del Minio. Cap. IX.
IO ritornerò hora alla temperatura del Minio, perche quelle zoppe eſſendo
aride
ſi piſtano con piſtelli di ferro, & ſi macinano, & con ſpeſſe lauature, &
cotture
ſi le fanno uenir i colori.
Quando adunque ſaranno mandate fuori
le
goccie dello argento uiuo, allhora ſi fa il Minio di natura tenera, & di for
za
debile, & per hauer laſciato l'argento uiuo, laſcia anche le uirtù naturali, che egli in ſe
teneua
.
Et però quando è dato nelle politure de i conclaui reſta nel ſuo colore ſenza di­
1fetti: ma in luoghi aperti come in periſtili, & eſſedre, & in altri ſimiglianti luoghi douell
Sole
, & la Luna poſſono mandare i raggi, & i lumi loro, quando da queſti il luogo è toc­
cato
, ſi guaſta, & perduta la uirtù del colore, ſi denigra.
Et però & molti altri, & Fabe­
rio
ſcriba hauendo uoluto hauere nel monte Auentino una bella, & ornata caſa, ne i peri­
ſtili
fece a tutti i pareti dar di Minio, i quali dopo trenta giorni diuentorno di brutto, &
diuerſo
colore, & però di ſubito conduſſe chi gli deſſe di altri colori.
Ma ſe alcuno farà
piu
ſottile, & uorrà, che la politezza del Minio ritegna il ſuo colore, quando il parete ſa­
polito, & ſecco, allhora dia col penello di cera punica liquefatta al fuoco temperata
con
alquanto oglio, dapoi poſti i carboni in un uaſe di ferro farà ſudare quella cera ſcaldan
dola
col parete, & farà ſi che la ſi ſtenda egualmente, dapoi con una candela, & con un
lenzuolo
netto la freghi, al modo che ſi nettano le nude ſtatue di marmo, & queſta opera­
tione
Grecamente ſi chiama Cauſis: coſi la coperta della cera punica non permette, che
lo
ſplendore della Luna, i raggi del Sole toccaudo leuino uia il colore da quelle politu­
re
.
Da quelle officine, che ſon alle caue de i metalli de gli Efeſij, per queſta cagione ſo­
no
ſtate traportate a Roma, perche queſta ſorte di uena è ſtata dapoi ritrouata ne i paeſi di
Spagna
, da i metalli delle quali ſi portano le zoppe, che per li Daciari a Roma ſi curano.

Et
queſte officine ſono tra il Tempio di Flora, & di Quirino.
Vitiaſi il Minio meſcolan­
doui
la calce, & ſe alcuno uorrà fare eſperienza, ſe egli ſarà uitiato, coſi biſogna prouare:
Pigliſi
una lama di ferro, o paletta che ſi dichi, ſopra eſſa ſi pona il Minio, & poſta al fo
co
, fin che la lama ſia affocata, quando di bianco ſi muta in nero, leuiſi la lama dal fuoco,
& ſe raffredato il Minio, ritornerà nel ſuo primo colore, ſenza dubbio ſi prouerà eſſer
ſenza
difetto, ma ſe egli reſterà nero dimoſtrerà eſſere uitiato.
Io ho detto quelle coſe,
che
mi ſono uenute in mente del Minio.
La Chriſocolla ſi porta da Macedonia, & ſi caua
da
que luoghi, che ſono proſsimi a i metalli di Rame.
Il Minio, & l'Endico, con eſſo i
uocaboli
ſi dimoſtra in che luoghi ſi generino.
Il Minio come dice Plin. è una ſorte di arena di colore del zafferano: la cera Punica dicono eſ­
ſer
cera bianca.
il modo di farla bianca è in Plin. al 21. libro, nel cap. 14. Chriſocolla è colla
da
oro, la dicono Eoraſo.
Il Minio è detto da un Fiume della Spagna coſi nominato. Indicum
da
noi è detto Endego, è di color Biauo ſcuro, ſi tingono i panni con quello, & ſi uſa anche nel­
le
pitture.
De i colori artificioſi. Cap. X.
Hora io entrerò a quelle coſe, che mutate con le tempre delle meſcolanze d'al­
tre
maniere riceueno le proprietà de i colori.
Et prima io dirò dello inchio
ſtro
, l'uſo del quale nelle opere ha grande neceſsità, accio manifeſte ſiano le
tempre
, in che modo con certe ragioni di artefici ſiano preparate.
Il luogo
edificato
, come il Laconico, & di marmo ſi poliſce, & ſi liſcia ſottilmente, dinanzi a
queſto
ſi fa una picciola fornace, che ha le apriture di dentro uerſo il Laconico, & la boc
ca
ſua di fuori ſi chiude, & abbaſſa con gran diligenza, accioche la fiamma diſsipata non
ſia
di fuori, nella fornace ſi pone della reſina, o raſa, & queſta bruciandola la forza del
fuoco
conſtrigne mandar fuori per le apriture tra il Laconico il fumo, il quale d'intorno
i
pareti, & la curuatura della camera ſi attacca: dapoi raccolto parte ſi compone battuto
co
la gomma all'uſo dello inchioſtro librario parte i copritori meſcolandoui della colla
uſano
ne i pareti.
Ma ſe non ſaranno queſte copie apparecchiate, coſi alla neceſsità ſi de­
ue
prouedere, ac cioche per lo aſpettare, & indugiare l'opera non ſia trattenuta.
Sian
abbruciate
le taglie, o ſcheggie della Tiglia, & fatti di eſſe i carboni ſiano eſtinti, & poi
1nel mortaio con la colla piſtati, & coſi ſi farà una tinta per coprire, che hauerà del buono.
Similmente
auuerrà ſe la feccia del uino ſeccata, & cotta ſarà nella fornace, & poi piſtata
con
la colla farà aſſai grato il colore dell'inchioſtro, & quanto piu ſi farà di miglior uino
non
ſolo farà imitare il colore dell'inchioſtro, ma anche dello Endego.
Delle tempre del color ceruleo. Cap. XI.
LE tempre dello Azurro prima ſono ſtate ritrouate in Aleſſandria. Dapoi Ve­
ſtorio
a pozzuolo ordinò che ſi faceſſe.
La ragione di quel colore, di che co­
ſa
ſia ſtata ritrouata, da merauigliare aſſai: perche egli ſi piſta l'arena col
fiore
del Nitro, coſi ſottilmente, che diuenta come farina, & meſcolata col
rame
di Cipro limato ſi bagna, accioche ſi tenga inſieme, dapoi riuoltandola con le mani
ſi
fanno palle, & ſi mettono inſieme di modo, che ſi ſecchino.
Queſte ſecche ſi compon
gono
in un uaſo di terra, che poi ſi mette in fornace, coſi il rame, & quell'arena quando
dalla
forza del fuoco bogliendo inſieme, ſi haueranno ſeccato dando a uicenda, & rice=
uendo
i ſudori, dalle loro propietà ſi parteno, & compoſti delle loro coſe per la gran for
za
del calore diuentano di color azurro.
Ma l'arena abbruciata, che nel coprire i pareti,
ha
non poca utilità, ſi tempra in queſto modo.
Cuoceſi una zoppa di pietra azurra buo­
na
ſi, che ſia dal fuoco, come il ferro affocata, quella con aceto ſi eſtingue, & diuenta di
color
purpureo.
Come ſi facciala ceruſa, il uerderame, & la San­
daraca
.
Cap. XII.
Della Ceruſa, & del Verderame, & che da noſtri Eruca ſi chiama, non è fuori
di
propoſito a dire in che modo ſi faccia.
I Rhodiotti mettendo ne i dogli le
limature
di piombo, ſpargono quelle di aceto, & ſopra quelle limature ui
mettono
le maſſe di piombo, & otturano con i coperchi ſi fattamente que
dogli
, che non poſſono reſpirare, dopo un certo tempo aprendogli ritrouano la Ceruſa,
o
Biacca, che ſi dichi dalle maſſe di piombo.
Et con la iſteſſa ragione ponendoui le la­
melle
di rame, fanno il Verderame, nominato Eruca.
Ma la Ceruſa cuocendoſi nella for
nace
, cangiato il ſuo colore allo incendio del fuoco diuenta Sandaraca. (Che noi minio
ch
amiamo.) Et gli huomini hanno imparato queſto dallo incendio fatto a caſo, & quel­
la
è di minor utilità, che quella, che nata da metalli ſi caua.
In che modo ſi faccia l'Oſtro eccellentißimo di tuttii
colori
artificiali.
Cap. XIII.
IO incomincierò hor'à dire dell'Oſtro, il quale ritiene & cariſsima, & eccel­
lentiſsima
ſuauità dell'aſpetto oltra i predetti colori.
Queſto ſi coglie dalle
marine
conchiglie, del quale ſi tigne la purpura, & di quello non ſon minori
le
merauiglie a chi conſidera, che delle altre nature delle coſe.
Percioche
non
ha il colore d'una maniera in tutti que luoghi, che naſce, ma dal corſo del Sole natu­
ralmente
ſi tempra.
Et però quello, che ſi raccoglie nel Ponto, & nella Gallia, per che
quelle
parti ſo no uicine al Settentrione, è nero.
A chi ua inanzi ſotto al Settentrione è li
1uido, quello, che ſi ha dall'Oriente, & occidente equinottiale è di colore uiolino; quel­
lo
, che ſi caua nelle parti di mezo è roſſo, & però queſto roſſo, ancho ſi genera nell'iſo
la
di Rhodi, & in altre parti, che ſono uicine al corſo del Sole.
Quelle conchiglie quan­
do
ſono raccolte, con ferri ſi fendono d'intorno, dalle quali percoſſe ne uiene la ſanie
purpurea
, come una lagrima, che goccia.
Cauata ne i mortai piſtandoſi ſi apparecchia,
& quello, che dalle teſte marine ſi caua per queſto è ſtato Oſtro nominato, & queſto per
la
ſalſugine preſto ſi fa ſitibondo, ſe egli d'intorno non ha il mele ſparſo. Hercole Ti­
rio
ſotto Minos ritrouò la tintura della porpora, che ſi chiama conchilium, eſſendoſi il ſuo ca­
ne
imbrattato di quella ſaeie le maſcelle, & la portò al Re di Phenicia il quale fu il primo che
portaſſe
la porpora.
De i colori purpurei. Cap. XIIII.
Fannoſi ancho i colori purpurei tinta la creta con la radice di Rubbia, & Hiſ­
gino
.
Et ſimilmente da i fiori ſi fanno altri colori, & però quando i tintori
uogliono
imitare il Sil Attico, gettando la uiola ſecca in un uaſo la fanno
bollire
con l'acqua, dapoi quando è temperata la gettano in una pezza, & con
le
mani ſtruccandola riceueno l'acqua di uiole colorita in un mortaio, & di quella infon­
dendoli
la creta roſſa, & piſtand ola fanno il colore del Sile Attico, con quella iſteſſa ra­
gione
temprando il uacinio, & con quella meſcolando fanno la purpura bella.
Et anche
chi
non puo per la careſtia uſare la chriſocolla tingono l'herba, che ſi chiama luteo di azur
ro
, & uſano un colore uerdiſsimo, & queſta ſi chiama infectiua, cioè tintura.
Appreſſo
per
la inopia del Endego tignendo la creta Selinuſia, ouer l'Annularia, & il uetro detto Hia
lo
imitano il colore dell'Endego.
Io ho ſcritto in queſto libro quanto mi è potuto uenir
in
mente con quali coſe, & con che ragione alla diſpoſitione della fermezza, & bellezza biſo
gna
far le pitture, & che forze habbiano in ſe tutti i colori.
In ſette uolumi adunque, termi
nate
ſono tutte le perfettioni delle fabriche, & dimoſtrato, che opportunità, & commo­
do
hauer debbiano.
Nel ſeguente io tratterò dell'acqua, in che modo ſi troui, doue non
è
, & con che ragione ſi conduca, & con che coſe ſi prouerà ſe ella è ſana, & idonea all'uſo.
La Rubia, è detta Ruggia, & ſi uſa uolgarmente da i tintori de panni. Hiſgino, & Vaci­
nio
, & Hiacintho, è una iſteſſa coſa.
La creta Selinuſia di color di latte, & l'Annularia è bian­
ca
.
nel reſto io non ho prouato que ſte coſe, uoglio empir il libro di ricette.
Il Fine del Settimo Libro.
1
LIBRO OTTAVO
DELL'ARCHITETTVRA DI
M
. VITRVVIO.
Proemio.
THALETE Mileſio, uno di ſette Sapienti diſſe, l'acqua eſſer principio di
tutte
le coſe.
Heraclito il fuoco; i Sacerdoti de i Magi l'acqua, & il
fuoco
.
Euripide auditore di Anaxagora, ilquale Filoſofo gli Athenieſi
Scenico
nominarono, lo aere, & la terra, & quella dalle pioggie celeſti
ingrauidata
hauere generato nel mondo i parti delle genti, & di tutti
gli
animali, & quelle coſe, che da quella foſſero prodotte, quando co­
ſtrette
dalla forza del tempo ſi diſcioglieſſero, in quella di nuouo ritornare, & quelle, che
di
aere naſceſſero, anche nelle parti del cielo cangiarſi nel riceuere alcuno difetto, ma mu­
tata
la loro diſſolutione ricadere nella iſteſſa proprietà, nellaquale erano per innanzi: Ma
Pithagora
, Empedocle, Epicarmo, & gli altri Fiſici, & Filoſofi queſti eſſer quattro prin­
cipij
ci propoſero, aere, fuoco, acqua, & terra, & le qualità di queſti tra ſe con naturale
forma
congiunte per le differenze delle coſe operare; & noi auuertimo non ſolamente le
coſe
, che naſceno da queſti principij, hauere il naſcimento loro, ma tutte le coſe non no­
trirſi
, creſcere, conſeruarſi ſenza la forza loro; percioche i corpi ſenza ſpirito ridon­
danti
non poſſono hauere la uita, ſe lo aere, che ui entra, non hauerà fatto del continuo
creſcendo
gli accreſcimenti, & le diminutioni. Cioèil reſpirare, che ſi fa col tirare il fiato
a
ſe, & mandarlo fuori.
Ma ſe egli non ſarà nel corpo anchora una giuſta miſura di ca­
lore
non ui ſarà lo ſpirito uitale, il poterſi fermamente drizzare in piedi; & le forze del
cibo
non potranno hauere la tempra della digeſtione: & però non notricandoſi i corpi di
terreſtre
cibo, mancherebbeno, & coſi dalla meſcolanza del principio terreno faranno
abbandonati
: & gli animali ſe ſaranno ſenza la poteſtà dell humore exhauſti, & aſciutti dal
liquore
de i ſuoi principij ſi ſeccheranno. Dice Ariſtotile, che noi ci notrimo di quelle co­
ſe
, delle quali ſiamo compoſti, & però i quattro elementi ſono neceſſari alla uita dell'huomo, per
che
di quelli il corpo è compoſto.
Et però la diuina Prouidenza non fece difficili, & care quelle coſe, che propiamente
erano
neceſſarie alle genti, come ſono le pretioſe pietre, l'oro, & l'argento, & le altre co­
ſe
, le quali il corpo, la natura deſidera: ma quelle coſe, ſenza le quali la uita de i mor
tali
non puo eſſer ſicura largamente alle mani pronte ci diede in ogni parte del mondo; &
però
di queſti principij ſe per caſo alcuna coſa ui manca di ſpirito, lo aere aſsignato per
reſtituirlo
, ciò preſta copioſamente.
Ma lo impeto del Sole apparecchiato, ad aiutarci
col
calore, & il fuoco ritrouato la uita piu ſicura ci rende, & coſi il frutto della terra pre­
ſtandoci
la copia del uiuere per gli ſoprabondanti deſiderij alleua, & nutriſce gli animali
paſcendoli
continuamente, & l'acqua non ſolameute per lo beuere, ma per l'uſo dandoci
infinite
neceſsita per eſſerci data per grande utilità ci rende: & da cio quelli, che all'uſan­
za
de gli Egittij trattano le coſe ſacre dimoſtrano tutte le coſe conſiſtere dalla forza del
liquore
, & però quando ricoprono i uaſi dell'acqua, i quali al ſacro Tempio con caſta re­
ligione
ſi portano, allhora inginocchiati con le mani al cielo ringratiano per tali ritroua­
menti
; la bontà diuina.
1
Replica Vitr. lc coſe dette nel ſecondo libro, al primo cap. circa i principij materiali
delle
coſe, ma con diuerſa intentione; perche nel ſecondo egli hauea animo di dimo­
ſtrare
gli effetti, che uengono dalla meſcolanza de i principij nelle coſe, come nella
calce
, ne i mattoni, nell' arena, nelle pietre, & ne gli alberi: ma quiui ha intentione
trattare
della natura, & dell'uſo dell'acque: & in uero ha ben ragione di adornare queſta ſua fati
ca
con il trattamento dell'acque: perche ſi come l'oro, & le gemme, & le pietre ſono pretioſe
per
la rarità loro, tutto che la natura humana habbia poco biſogno di quelle, coſi l'acqua è pre=
cioſa
per la neceſſità, & per l'uſo della uita: doue non immeritamente, & i ſaui, & i poeti, & i
ſacerdoti
hanno celebrato l'uſo dell'acqua.
& perche la città di Roma ha di gran lunga ſupera­
to
con l'opere, & con le condotte dell'acque tutto quello, che è ſtato altroue, però Vitru. oltra
l
'uſo uniuerſale dell'acque, per ſatisfare anche in queſta parte a i Romani, ha particolarmente
un
libro a queſta materia conſecrato, doue parla, & della natura dell'acqua, & dell'uſo.

Della
natura ne parla, nel ſecondo, terzo, & quarto cap. dell'uſo, nel primo, & ne gli altri.
quan
to
alla natura ci narra le proprietà dell'acque, le forze, & qualità ſeguendo una diletteuole hi­
ſtoria
naturale.
Quanto all'uſo, tralta della inuentione dell'acque, della elettione, del condurle,
& del conſeruarle.
Alla inuentione dona il primo capo. Alla elettione il quinto, perche non è
aſſai
trouare le acque, ma è neceſſario lo eleggere le buone, & ſalutifere.
al condurle, & conſer­
uarle
il ſeſto, & il ſettimo capo, inſegnandoci a liuellarle, & dimoſtrandoci gli ſtrumenti atti, et
i
modi di condurle, & coſi con grande utilità perfettione all'ottauo lib. ilquale io eſporrò ne:
luoghi
laſciando le digreſſioni, & la pompa ad altro tempo.
Della inuentione dell'acqua. Cap. I.
Esſendo adunque, & da i Fiſici, & da i Filoſofi, & da i Sacerdoti giudicato, tutte
le
coſe ſtare inſieme per la forza dell'acqua, io ho penſito (poi, che ne i primi
ſette
uolumi eſpoſte ſono le ragioni de gli edificij) in queſto douerſi delle in
uentioni
dell'acque trattare, & che forze habbino nelle propietà de luoghi, &
con
che ragioni ſi conduchino, & come anchora quella ſi proui. Conclude per dimoſtrare
la
ſua intentione, & in tre parole abbraccia un bel diſcorſo ſopra l'acque dicendo.
Perciò che
ella
è molto neceſſaria, & alla uita, & a i piaceri, & all'uſo quotidiano.
Alla uita egli l'ha dimoſtrato di ſopra: perche ſenza l'humore èimpeſſibile mantenerſi in ui­
ta
: al piacere; qui laſcio diſcorrere a chi ha ueduto bell ßimi ſiti, acque, ruſcelli, & fonti, di quan­
to
contento, & diletto ſia la uiſta di quelli: all'uſo, gli eſſerciti, gli aſſediati, gli artefici, le cam
pagne
, il mare, & la terra finalmente dimoſtra l'uſo dell'acque, però uerremo all'uſo ſeguitando la
intentione
, & l'ordine di Vit.
Ma quella ſarà piu facile ſe le fonti aperte, & correnti ſeranno.
Tratta della inuentione dell'acque, & rinchiude il ſuo diſcorſo in questa ſomma, che l'acque,
o
uero ſi trouano aperte, & dalla natura dimostrate, come ſono i Fonti, i Fiumi, & altre uene
aperte
, & manifeste, & però dice Vitru. Ma quella & c. o uero ſi trouano aſcoſe, & ſot­
terra
, & queste, o dalla forma, & faccia del luogo ſi trouano, & gli inditij ſono prima eſposti
da
Vitru. dicendo.
Ma ſe non correranno deueſi ſotterra cercare i capi, & raccoglierla. le quai coſe in
queſto
modo deono eſſere eſperimentate; che ſteſo in terra alcuno con i denti appoggia­
ti
prima, che il Sol naſca doue l'acqua ſi deue trouare, & poſto in terra il mento, & fermato
ſopra
un zocco piccolo ſi riguardi il paeſe d'intorno: perche in queſto modo fermato il
mento
la uiſta non anderà piu alto eleuata del biſogno, ma con certo fine i paeſi a liuella­
ta
altezza equale all'orizonte diſegnerà.
Allhora doue ſi ſcorgeranno gli humori in ſpeſ­
ſirſi
, & increſparſi inſieme, & in aere ſolleuarſi iui biſogna cauare, perche queſto ſegno
non
ſi puo fare in luogo ſecco.
1
Et pone il modo dicendo, che ſe alcuno la mattina a buona hora ſi ſtenderà in terra, & guar­
derà
per lo piano dell'orizonte, & uedrà alcuni fumi leuarſi dal terreno, & increſparſi come fa il
fumo
, che eſce dalle legna uerdi, quando hanno il fuoco di ſotto, prenderà inditio di acque, perche
doue
eſalano queſti uapori è ſegno, che abbonda l'humore, ilquale è tirato dal Sole, & queſto in­
ditio
prendono anche quelli, che cauano le minere, perciò che, & dalla quantità del uapore, &
dal
colore prendono argomento della qualità della minera; & uuole Palladio, che queſta proua ſi
faccia
nel meſe d'Agoſto.
leggi tutta queſta materia al ſettimo, & ottauo capo della ſua agricol­
tura
.
Posto questo naturale inditio uiene Vitr. ad eſponere quelli argomenti, che ſi cauano dalla
qualità
della terra, & dice.
Anche auuertir deue chi cerca l'acque, di che natura ſia il luo­
go
. Et ne rende la ragione dicendo. Perche certi, & determinati ſono i luoghi doue na­
ſcono
l'acque. Et ci eſpone la natura de i luoghi, il che è facile nell'autore, & non ha biſogno
di
noſtra dichiaratione.
Nella creta è ſottile, & poca, & non alta copia, & quella non di ottimo ſapore, & coſi
è
ſottile nel ſabbione diſciolto.
ma ſe ella ſi trouerà in luoghi piu baſsi ſarà fangoſa, & in­
ſuaue
.
Nella terra negra ſi trouano ſudori, & ſtille non groſſe, lequali raccolte per le
pioggie
del uerno ne gli ſpeſsi, & ſodi luoghi danno giu.
queſti ſono di ottimo ſapore.
Dalla
ghiara ueramente mediocri, & non certe uene ſi trouano, & queſte ſono di mirabil
ſoauità
, & coſi ancora dal ſabbione maſchio, dall'arena, & dal carbonchio piu certe, & piu
ſtabili
ſono le copie dell'acque, & queſte ſono di buon ſapore.
Dal ſaſſo roſſo, & abbon­
danti
, & buone uengono, ſe tra le uene non ſcorreranno, & non ſcoleranno, ma ſotto le
radici
de i monti, & ne i ſelici piu copioſi, & piu abbondanti, & queſte piu fredde, & piu
ſane
: ma ne i fonti campeſtri ſalſe ſono, graui, tepide & inſoaui, ſe non romperanno ue­
nendo
da i monti ſotterra nel mezo de i campi: & quelle hanno la ſoauità dell'acque mon
tane
, che ſono coperte d'intorno da gli alberi.
Ma i ſegnia che maniere di terre ſotto ſtan­
no
le acque, oltra i ſopraſcritti, queſti ſaranno: ſe egli ſi trouerà che ci naſca il ſottil Giun­
co
, la Salice erratica, l'Alno, il Vitice, l'Arundine, l'Hedere, & altre coſe ſimiglianti, che
non
poſſono uenire in luce, nutrirſi da ſe ſenza l'humore.
Sogliono le ſteſſe coſe eſſer
nate
nelle Lacune, le qua li ſtando anche oltra il reſto del campo riceuono l'acque delle
pioggie
, & per lo uerno ne i campi, & lungamente per la capacità conſeruano l'humore: al­
le
quai coſe non ſi deue dare fede, ma in quei paeſi, & in quelle terre, doue non ſono lagu­
ne
, & che naſcono per natura, & non per ſemente, iui ſi deue l'acqua cercare. Ma quello,
che
appartiene alla industria dell'huomo per trouar l'acque è toccato da Vitr. dicendo.
Ma in quei luoghi, ne i quali ſimili inuentioni non ſaranno ſignificate, in queſto modo
ſi
deono eſperimentare.
Cauiſi per ogni uerſo il luogo alto piedi tre, largo non meno di
piedi
cinque, & in eſſo poſto ſia uerſo il tramontar del Sole uno bacile di Rame, o di Piom
bo
, o uero una conca.
di queſti quello, che ſarà pronto uoglio, che ſi unga dentro di oglio,
& riuerſo ſi metta, & la bocca della caua ſia di canne, o di frondi coperta, & di ſopra ui ſi
metta
della terra, dipoi il giorno ſeguente ſia ſcoperta, & ſe nel uaſo ſaranno goccie, & ſu­
dori
queſto luogo hauerà dell'acqua.
Appreſſo ſe uno uaſo fatto di creta non cotta in
quella
caua con quella ragione ſarà coperto, & ſe quel luogo hauerà dell'acqua eſſendo
poi
ſcoperto, il uaſo ſarà humido, & anche ſi diſcioglierà dall'humore.
& ſe in quella caua
ſi
mettera una ciocca di lana, & nel ſeguente ſarà ſtruccata l'acqua di quella, dimoſtre­
quel luogo hauer copia di acqua.
Ne meno auuerrà ſe ui ſarà acconcia una lucerna, &
piena
d'oglio, & acceſa, & in quel luogo coperta, & nel di ſeguente non ſarà aſciugata, ma
hauerà
li auanzi dell'oglio, & del papero, & eſſa ſi trouerà humida, darà ſegno d'abbonda­
za
d'acqua.
per che ogni tepore a ſe tira gli humori: Anche, ſe in quel luogo ſarà fatto fuo­
co
, & molto riſcaldata la terra, & aduſta, & da ſe ſuſciterà un uapore nebuloſo, queſto
luogo
hauerà dell'acqua.
Poi che tai coſe in queſto modo tentate ſaranno, & ritrouati i
1ſegni ſopraſcritti, allhora in quel luogo ſi deue cauare il pozzo: & ſe egli ſi trouerà il capo
dell
'acqua, anche piu pozzi d'intorno ſi deono cauare, & tutti per una caua in un luogo
ſteſſo
ſi deono condurre. Argomenti del ſito, & forma del luogo.
Et queſte coſe ne i monti, nelle regioni Settentrionali ſpecialmente ſi deono cercare,
perciò
che in quelli, & piu dolci, & piu ſane, & piu copioſe ſono le acque: imperoche ſo­
no
riuolte dal corſo del Sole; & però in tai luoghi gli alberi ſono ſpeſsi, & le ſelue, & i
monti
hanno l'ombre loro oſtanti, che i raggi del Sole a terra diritti, non uenghino,
poſsino
aſciugare gli humori.
Gli ſpatij an che de i monti riceuono le pioggie, & per la
ſpeſſezza
delle ſelue iui le neui dall'ombre de gli alberi, & de i monti lungamente ſi conſer­
uano
, dapoi liquefatte colano per le uene della terra, & coſi peruengono alle intime ra­
dici
de i monti, da i quali erompeno gli ſcorrenti corſi de i fonti.
Al contrario ne i luo­
ghi
campeſtri, & piani, hauer non ſi poſſono le copie dell'acque, & ſe pure ſono, al meno
mal
ſane ſi trouano, per lo uehemente impeto del Sole, perche niuna ombra gli oſta, bo­
gliendo
aſciuga l'humore de i campi, & ſe iui ſono acque apparenti, di quelle la ſottiliſ­
ſima
parte dalla ſottile ſalubrità l'aere rimouendo, & leuando porta nello impeto del
cielo
, & quelle, che dure ſono, & grauiſsime, & inſuaui, quelle (dico) laſciate ſono ne i
fonti
campeſtri.
Non ſempre la natura con larghi fiumi, con ſpeſſe fonti, o con aperti inditij ci dimoſtra l'ab­
bondanza
dell'acque, ma ſpeſſo tra le uiſcere della terra, come ſangue nelle uene, raccoglie l'ac­
que
, & per luoghi aſcoſi, le conduce: però uolendo noi con induſtria ritrouare quello, che la na­
tura
ci tiene aſcoſ o, à quello prouede Vitr. nel preſente luogo, & ci inſegna di ritrouare gli indi­
tij
, quando la natura non ce li moſtraſſe, & a cauare i pozzi, ne i quali è d'auuertire, che non ſi
troua
l'acqua, ſe prima non ſi ua tanto ſotto, che ci ſtia il letto del fiume ſopra, & oltra di queſto
ci
uuole induſtria per fuggir il pericolo, che il terreno non cada, o che la eſalatione non ci offenda,
perche
bene ſpeſſo dal terreno cauato eſcono alcuni uenenoſi, & peſtiferi uapori, come ben ſanno
quelli
, che cauano le minere, a i quali in queſto caſo ſi deue dimandar conſiglio, & Vitru. con que­
ſto
ci conchiude il trattamento dell'inuentione dell'acque, & Plinio, & Palladio, & molti altri
ſe
ne hanno ſeruito à punto di questo libro.
Dell'acque delle pioggie. Cap. II.
Qui tratta della natura dell'acque, & prima delle piouane, & poi dell'altre.
Adunque l'acqua dalle pioggie raccolta è migliore, & piu ſana: imperoche pri­
ma
da uapori piu ſottili, & leggieri da tutte le fonti ſi ſceglie, dapoi per la com
motione
dello aere colandoſi, & disfacendoſi per le tempeſtati uerſo la terra
diſcende
.
Oltra che non coſi ſpeſſo ne i piani pioue, come ne i monti, & al­
le
ſommità, perche gli humori la mattina dal naſcimento del Sole commoſsi, uſciti dalla
terra
, in qualunque parte del cielo, che piegano, ſoſpingono lo aere, dapoi quando agita­
ti
ſono, accioche non ſi dia luogo, che uoto ſia, tirano dopo ſe l'onde dello aere, lequali
con
preſtezza, & forza gli uanno dietro.
In quel mezo lo aere precipitoſo ſcacciando
l
'humore, che gli ſta dinanzi in ogni luogo, fa che i ſoffi, gli impeti, & l'onde anche de i
uenti
creſchino grandemente; per il che poi gli humori da i uenti ſoſpinti, & inſieme ri­
ſtretti
per tutto portati ſono, & dalle fonti de i fiumi, dalle paludi, & dal mare, quando
ſono
dal caldo del Sole toccati, ſi cauano, & a queſto modo le nubi da terra ſi leuano, que­
ſte
rinforzate con lo aere, che ſi muoue, & ondeggia, quando peruengono a i luoghi alti, &
1rileuati, come ſono i monti, percioche in quelli impedimenti ſieramente s'incontrano,
per
eſſere dalle procelle cacciati, liquefacendoſi ſi dileguano, come graui, & pieni, che
ſono
, & a queſto modo ſopra la terra ſi diffondeno.
Ma che i uapori, le nebbie, & gli
humori
eſcano dalla terra: queſta ragione ci appare, perche la terra dentro di ſe raccoglie,
& calori feruenti, & ſpiriti uehementi, & anche freddi, & grande moltitudine di acque:
dapoi
quando per la notte ſi raffredda per le norturne tenebre naſceno i ſiati de i uenti, &
da
i luoghi humidi naſceno le nebbie, & ſi leuano in alto, onde poi naſcendo il ſole col
ſuo
calore tocca la terra, indi lo aere fortemente dal Sole riſcaldato con l'acque aſſotti­
gliate
leua gli humori dalla terra.
Appreſſo la ragione anche prenderemo l'eſſempio da i
bagni
, percioche niuna uolta, oue ſono i caldai, puo hauere i fonti di ſopra, ma il cielo,
che
è iui fabricato, per la bocca dal uapore del fuoco riſcaldato, leua l'acque da i pauimen
ti
, & quella ſeco porta nelle curuature delle uolte, & iui ſoſpeſa, & in pendente tiene: per
che
il caldo uapore di ſua natura ſempre in alto ſi caccia; & da prima perche è ſottile, &
lieue
non ſi rilaſcia, ma poi, che piu d'humore ſe li aggiunge, & piu denſo diuiene, come
da
maggior peſo grauato, non ſi puo piu ſoſtenere, ma gocciola ſopra le teſte di chi ſi la­
ua
; coſi dalla ſteſſa cagione l aere del cielo dal Sole riſcaldato, da tutti i luoghi a ſe tira gli
humori
, & quelli alle nubi raccoglie.
Imperoche coſi la terra toccata dal feruore, man­
da
fuori i uapori, come il corpo humano per lo caldo rilaſcia il ſudore: & di cio fede ci
fanno
i uenti, de i quali quelli, che ſono da freddiſsime parti generati, come è Borea, &
Tramontana
ſpirano nello aere ſpiriti attenuati per lo ſecco, ma l'Oſtro, & gli altri, che
dal
corſo del Sole prendeno le forze loro, humidiſsimi ſono, & ſempre ſeco portano le
pioue
, perche riſcaldati ſi parteno da regioni feruenti, & per tutto quaſi leuando furano
gli
humori, & coſi poi li diſpergeno alle parti ſettentrionali.
Ma che le predette coſe a
tal
modo ſi facciano, prendeſi argomento, & fede da i capi de fiumi, i quali nelle partico
lari
deſcrittioni de i luoghi dipinti, & da molti ſcritti nel giro della terra la piu parte, & í
piu
grandi ſi trouano uſcire dalle parti del ſetttentrione.
Prima nella India il Gange, &
lo
Indo naſceno dal monte Caucaſo; nella Siria il Tigre, & lo Eufrate; nell'Aſia, & nel
Ponto
, il Boriſtene, l'Hipani, la Tana, il Colchi, & il Phaſi; nella Gallia il Rodano;
nella
Borgogna il Reno; di qua dall'Alpi di Timauo, il ; nella Italia il Γeuere; nella
Mauruſia
, che da i noſtri è Mauritania nominata, dal monte Atlante il fiume Diri, il qua
le
nato dalla parte ſettentrionale ſcorre di lungo per l'occidente al lago Eptabolo, & mu­
tando
il nome Nigir ſi dimanda: dapoi dal lago Eptabolo ſotto diſerti monti paſſando per
i
luoghi meridionali ſorge, & entra nella palude Coloe, la quale circonda Meroe d'intor­
no
, che è il regno de gli Ethiopi meridiani; & da quelle paludi raggirandoſi per li fiumi
Aſtaſoba
, & Aſtabora, & molti altri per li monti peruiene alla cataratta, & da quella
precipitando
ſi giugne tra la Elephantida, & Siene, & in Egitto tra i campi di Thebe, &
iui
Nilo ſi chiama.
Ma che dalla Mauritania uenga il capo del Nilo da quello ſomamen­
te
ſi conoſce, che dall'altra parte del monte Atlante ci ſono altri capi, che ſimigliantemen
te
ſcorrendo uanno all'Oceano occidentale, & iui naſceno gl'Ichneumoni, & i Cocodril
li
, & altre ſimili nature di beſtie, & di peſci oltra gli Hippopotami.
Quando adunque ſia,
che
tutti i grandiſsimi fiumi nelle deſcrittioni del mondo ci pareno hauere origine dalle
parti
ſettentrionali, & i campi Africani, i quali dalle parti meridiane ſottopoſti ſono al
corſo
del Sole habbino in fatto naſcoſi gli humori, rari fiumi, & non molte fonti: reſta,
che
molto migliori ſi trouino i capi delle fonti, che alla Tramontana, & a Borea riguarda
no
; ſe però in luogo pieno di ſolfo non ſi incontrano, & che ci ſia dell'allume, o del bitu­
me
: imperoche ſi mutano allhora, & fuori mandano o acque calde, o fredde di cattiuo
odore
, & di triſto ſapore, perche dell'acqua calda non è alcuna proprietà, ma quando la
fredda
incorre in luogo ardente, bolle, et riſcaldata molto fuori per le uene eſce ſopra la
1terra, & però lungamente ſtar non puo, ma in poco tempo diuenta fredda, imperoche ſe
di
natura ſua calda fuſſe, il ſuo calore non ſi raffredderebbe; ma con tutto non ſe le rende
però
, il colore, il ſapore, l'odore di prima, perche egli è gia per la ſua rarità in­
tento
, & meſcolato.
Vitr. in queſto luogo è chiaro, & dice molte belle coſe, & ſpecialmente parlando del fiume
detto
Nigir, che hoggi ſi chiama il fiume di Senega, che per Aſrica ua uerſo ponente nell'Ocea­
no
, il quale fa gli ſteſſi effetti, che fa il Nilo, creſce, & produce gli animali, che ſopra il Nilo
ſi
uedono.
Narra la generatione delle pioggie, & con eſſempi lo dimostra, & parla della gene
ratione
delle fonti, et de i fiumi.
noi per diletto porremo qui ſotto i uerſi tratti delle noſtre meteore.
Chiunque niega che'l ualor celeſte
Formar
non poſſa la mondana cera,
Certo
ſua mente d'ignoranza ueſte.
Et ſe'l mio dir ſalda ragion'auera
Spero
moſtrar, ch'il lume, & l'influenza,
E
'l mouimento han qui lor forza uera.
Quando che'l Sol da noi fa ſua partenza.
Ouer
ritorna ad albergar col ſegno,
In
cui comincia a mostrar ſua potenza:
Chi non conoſce al uariar del ſegno
Delle
coſe uolubili, & non uede
Come
faccia il terren'hor uoto, hor pregno?
Quand'a mostrar ſua bella faccia riede
Non
è ſi arſiccio, & arido ceſpuglio
Che
non rinuerdi, & non ne faccia fede.
Ma quando poi piu bolle il caldo Giuglio,
Ogni
ſement'al maturar s'appresta
Per
far maggior ogninoſtro pecuglio.
D'indi trahendo la dorata creſta,
Laſciand
'i noſtri per contrari alberghi,
Gia
la morte dell'anno è manifeſta.
Nèſolpar, ch'alla uita in alto s'erghi,
O
per morir ſi pieghi ogni germoglio
S
'auien che'l Sol'o quiui, o altrou' alberghi;
Ma quand' anchor ſopr'il celeſte ſoglio
Alcun
pianeta i dritti raggi uibra,
Chabbia
uirtù contraria a fredddo ſcoglio:
Non equalmente i primi corpi libra,
Ma
i due piu lieui raddoppiando moue
Con
diſeguale, & ſtemperata libra.
Ma Saturno, & Mercurio fan lor proue
Contrarie
a quelle, & ſtando ſopra noi
Fan
che laterra, & l'acqua ſi rinoue.
Perche fredd'è lor forza, & fredde poi
Sono
le qualitati indi cadute
Per
gli humidi, & gelati influſſi ſuoi.
Non che nel ciel, ch'è padre di ſalute,
Ardor
', o gelo ſia, come qui baſſo,
Ma
perche tal è ſua forza, & uirtute.
dietro però dei uolger'il paſſo,
Se
dico gli elementi eſſer maggiori,
Perche
in queſto uerità trapaſſo.
Che ſe del fuoco accreſceno gli ardori
In
una parte, poi nell'altra ſono
Proportionatament
'ancho minori.
Et queſt'è di natura un largo dono,
Che
quant'iui ripiglia, qui ripone,
E
in cio concorda quell'eterno ſuono.
Ma noi ſeguend'il uer della ragione
Gia
cominciata, altronde piglieremo
Da
far piu forte noſtra oppenione.
Vedeſi adunque dal ualor ſupremo
Del
Ciel tirarſi in giro il fuoco, & l'onda
E
'l corpo, ch'ètra queſto, & quell'eſtremo.
Il calor grand' allhor molto piu abbonda,
Quando
la Luna nella parte oppoſta
Al
Sol dimoſtra la ſua faccia tonda.
L'antichiſſimo ſpirto, che s'accoſta
Alla
ruota maggior, ferma laterra,
Che
non riuolge lato, coſta,
Et quel pianeta, ch'è ſopra la guerra,
(Odi cagion di nuoua merauiglia,)
Tra
i primi corpi l'agguaglianza ſerra.
Appreſſo anchor la nobile famiglia,
I
metalli, le pietre, & l'altre coſe
Come
propie ricchezze in guarda piglia.
ſi puon dire le uirtuti aſcoſe
Ne
gli animai, nell'acque, & nelle piante,
Ch
'a merauiglia ſon merauiglioſe.
Laſciamo dunque a dietro il mondo errante,
Et
ſeguitiam'a dir, cio che da humore
Si
fa qua giu con apparenze tante.
Surge da terra l humido uapore
Tratto
dal Sol'alla men calda ſtanza,
Ea
poco a poco prende piu uigore.
E in queſto ſpatio fa gran rauranza
1Tanto, che ſi condenſa, & ſi riſtrigne
In
folta nebbia, & di nera ſembianza,
Il freddo è la cagion, che la coſtrigne
Come
ſponga, che d'acqua piena ſia
Spreme
l'humor, che la terra dipigne.
Tal'hor minute ſon le goccie in uia,
Tal
'hor piu groſſe, come che'l ſoggetto
Piu
copioſo, o meno ſi diſuia.
Et ſpeſſo l'aer puro in ſe riſtretto,
Da
potenza ſupern'in pioggia uolto,
Acqua
giu manda piena di diletto.
Queſta nel grembo della terr'accolto,
Pregna
la rende, ond'ella poi s'infiora,
E
in uerdeggiante gonna ha il ſen'in uolto.
Poſcia Vertunno, con Pomona, & Flora
E
'l padre Bacco, & mill'antichi numi,
Lodan
'il Sol, che ſi bell'anno honora.
Ma quando l' aer riuers'i ſuoi fiumi,
Come
da i monti delle nubi aperte,
Con
ſpauentoſi, e horribili coſtumi.
Et ſon le uoci ſtrepitoſe inſerte
Del
mormorar', e in ogni parte rugge
Con
fiamme ſparſe, mobili, & incerte:
Cio naſce dal ſoffiar, ch'intorno mugge,
Et
con gran forza indura il foſco nembo,
Ch
'impatiente del legame fugge.
Però ſi uede hor anguloſo, hor gembo
L
'aſpetto della nube intorno cinta
Da
ſi feroc', e impetuoſo lembo.
Ma perche ſia la mia ragion diſtinta,
Dirò
de ſegni della pioggia, & quali
Et
quanti ſon con maeſtreuol tinta.
Chi ued'il fumo con ſue turbid'ali
Salir
'al Cielo, & apparir in forma
Di
nebbia, o di uapori, o fumi tali',
Puo giudicar ſenz'hauer altra norma
Che
l'aer pregno a piouer s'apparecchi,
Che
raro in altra coſa ſi trasforma.
Quand'anche dietro a gli humidi, & rubecchi
Vapor
'il Sol roſſeggia in oriente,
Segn
'è di pioggia, & di ſuoi molli ſpecchi.
Il gracidar della fangoſa gente,
Et
d'alcun'uccelletti il canto moſtra
La
piu groſſa rugiada eſſer preſente.
L'auida pecorell'anche il dimoſtra
Col
ſuo morſo bramoſo, & l'arrogante
Moſca
, che ſempre uuol uincer la gioſtra,
Lo ſcintillar delle lucerne innante,
Inditio
d'acqua copioſa porge,
Et
l'humido del muro circoſtante.
Quando con men liquor'il fonte ſorge,
Et
con corſo men fort'il fium'è moſſo,
Vn
buon giuditio del piouer s'accorge.
Mill'altri ſegniſon, che dir non poſſo,
In
breue ſpatio, & da quei ſaui inteſi,
Ch
'affatican del mar l'humido doſſo.
Molti ne ſon da agricoltori appreſi,
Et
molti ancor dalle genti, che ſanno
L
'uſanza, & i costumi de paeſi,
Ch'è inanzi il caſo il ſucceſſo diranno.
CAPITOLO.
L'anima ſemplicetta, che diſcende
Dalla
celeſt'alla terrena ſtanza,
Aſſai
meno, che prim'il uero apprende,
Perche diſtolta dalla prim'uſanza,
Rinchiuſa
come Danae nel fondo,
Viue
della miſerrima ignoranza.
Il benigno ſuo padre, che nel mondo
Volle
mandarla del ſuo amore acceſo
Si
cangia in Oro lucid', & fecondo.
L'oro e'l ſaper', & il bel uero inteſo,
Che
da benigno influſſo nella mente
Fa
ricco l'huomo ſoura Mida, o Creſo.
Cos'il perduto bene tra la gente
Del
ſecolo ſi trou', & ſiracquiſta,
Ma
non ſenza fatica, o ſtudio ardente.
Ben'è la conoſcenza alquanto miſta
Da
fantaſime, & forme, che dal ſenſo
Naſcono
in noi dall'udit', & la uiſta.
Trouas'infine dallo ſtudio immenſo
Coſi
puro & purgato l'intelletto,
Che
rend'a Gioue l'honorato cenſo.
Queſto ſi uede chiar da quel, che ho detto,
Ch
'oltr' il bel uer delle notitie prime
Da
gli accidenti naſce il uer concetto.
Queſti n'han fatto con ſcienze opime
Tornar
delle materie, nelle quali
La
forza del calor uero s'imprime.
I lampi, le comete, i fuochi tali
Per
le coſe uiſibiliſon fatti
A
gl'intelletti de gli huomini eguali.
Et gli humidi uapor' anche ſon tratti
Per
l'accidente alla notitia noſtra,
Come
ſi fanno, & come ſon disfatti.
1
Hor ſegue quello, che mia muſa moſtra,
Della
rugiada dir', & della brina
Et
del reſto conſorm'a ſimil moſtra.
Dolce calor dalla luce diuina
Dolcemente
un uapor lieua dal piano,
Nella
parte dell'aer piu uicina.
La notte col ſuo freddo uelo, & piano
Reſtringe
quel uapor', & quell'inuoglie
In
gocciole connerſo a man'a mano.
Quest' all'herbette, a i fior', & alle foglie
Tremolando
s'accoſta, & nel mattino,
I
bei raggi del Sol, qual ſpecchio accoglie.
Simil uapor'fa il gelo mattutino;
Ma
perch'il gelo è piu potente, & forte,
Però
ſi strigne & diuenta piu fino.
Speſſo ſi ſono le perſone accorte
Ch
'al baſſo la rugiada ſi condenſa
Per
non eſſer calor, ch'alto la porte.
Perche ſedend'a diletteuol menſa
Ne
bei prati la ſera, hanno ſentito,
Che
tal uapor di ſotto ſi diſpenſa.
Il luogo, & la ſtagion fanno l'inuito
A
queſt'impreſſion, che ſpeſs' amaro
Et
ſpeß'ha dolc'il guſto, & ſaporito.
S'hebbe gia un cibo precioſo & caro,
Simil
alla rugiada, far per fede,
Quanto
puo il aielo con inditio chiaro.
Nella diſerta piaggia oue non uede
Naſcer
herbette il Sol', o ſorger fonte,
Fa
fatt'un popol d'ogni cibo herede.
Col guſto lor', & con le uoglie pronte
Vn
'eſca ſol'haueua ogni ſapore,
Odi
coſe incredibili, ma conte.
Er'un paeſe, ou'il diuin fauore
Conduceua
la gent'a Dio diletta,
Sott
'il ueſſillo d'un gran conduttore.
In quello in uece d'acqua pura, & neta,
Candido
latte, & dolce mel correa,
Ogni
coſa in ſuo grado era perfetta:
Ma giugner prima, ou'andar ſi douea
Senza
fatica, & camin aſpro, & pieno
D
'ogni diſagio, & mal non ſi potea.
Il popol ſi ſentiua uenir meno,
Et
della uita & delle ſue ſperanze,
Et
al mal dire non haueua freno.
Il capitano alle celeſti ſtanze
Gli
occhi, & le palme humilmente uolgendo,
Pregò
, ſecondo le ſue antiche uſanze.
Padre (dicea) del ciel ſe ben comprendo
Hauer
condotta la tua gente in loco,
Oue
la morte ſenza te n'attendo.
Tu, che partiſti gli elementi, e al fuoco
Seggio
ſublime, & piu capace deſti
E
'l troppo al mezo riduceſti, e'l poco:
Pur'io confido ne i miei uoti honeſti,
Che
ſon fondati nelle tue promeſſe,
Che
grat'il noſtro male non haureſti.
Meco ſon queſte genti, & io con eſſe,
Eſſe
alla mia, & io ſto alla tua uoce,
Voce
, che ſta nelle tue uoglie ſteſſe.
Ecco l'aſpro ſentier quanto lenoce,
Quant
'è l'error fallace delle ſtrade,
Quat
'è la fame indomita, & atroce.
Tu ſei la uia, tu ſei la ueritade,
Tu
ſei la uita, però dolce padre
Moſtraci
il uer camino per pietade.
Porg'il cibo bramato alle tue ſquadre,
Et
fa, che ſi comprenda, che ne ſei
Preſente
, con queſt'opere leggiadre.
Vdì la uoce il padre de gli Dei
Del
Capitan fedele, & ſuo gran duolo,
Moſtrò
quant'ama i buoni, & odia i rei.
Però chiamand'il ſuo beato ſtuolo
Quello
, ch'il ſuo uoler'in terra ſpiega,
Einnant
'ogn'hor li ſtà con dolce uolo.
Diſſegli, poi ch'al giuſto non ſi niega
Giuſta
dimanda, hor gite oue ſi ſerua
L
'ambroſia noſtra, e'l nettare ſi lega
Ne i uaſi eterni, in eterna conſerua:
Di
queſta ſopra la diſerta piaggia,
Oue
il popolo mio la fame ſnerua,
Tanta dal Ciel per ogni uerſo caggia,
Ch
'ogn'un'il ſeno ſi riempi, & goda
ui ſia tribu, ch'in copia non n'haggia.
Ecco una ſchiera di quei ſpirti ſnoda
Le
celeſti uiuande giu dal cielo,
Piouen
quell'eſca, per ch'ognun la roda.
L'afflitta turba, che dal chiaro uelo
Del
bel ſeren'intorno, uede & mira
Scender
'il dolce, & traſparente gelo,
Deſioſa la coglie, & pon giu l'ira,
Che
la fame nodriſce, & ſene ſatia
Con
merauiglia, & quanto puo reſpira.
L'alto ſtupor di coſi rara gratia
Conduce
a dir'ogn'un, che cos'è queſta?

Qual
boccanon fia ſtanca pria, che ſatia?
1
La uoglia ogni ſapor'in quella deſta,
Però
ſene contenta ogni palato,
Ogni
guſto s'aqueta, & ſene reſta.
Benedetto ſia'l Ciel, che ciò n'ha dato,
Et
ſe ben quella uolta fu corteſe,
Qualche
parte però n'ha anchor laſciato.
Ma ben benign'è l'aria in quel paeſe,
Che
cio ne manda per ſanar gl'infermi
Di
uari mali lor', & uarie offeſe:
Ma qui conuien che'l mio cantar ſi fermi.
CAPITOLO.
Com'il calor delle ſoperne ſpere
Leua
il uapor dalla terrena ſcorza,
Detto
s'è prima con ſentenze uere.
La bianca neue il uerno ſi rinforza
Come
ſuol far la ſtate la tempeſta,
In
cui uirtu maggior ſi moſtra, & forza.
Humido, & caldo fumo al Ciel ſi deſta
Et
nella meza region s'inalza
Riſtrett
'in nube chiara, & manifeſta.
Quella il uapor debilemente inalza,
Che
per eſſer ſottile, & gia diſperſo
Come
candida lana ſi diſcalza.
Onde s'imbianca tutto l'uniuerſo,
L
'aere pregno d'ogni intorno fiocca,
Le
bianche falde dell'humor conſperſo.
Ma con piu furia, & piu durezza tocca
La
grandine gelata i tetti, e i colmi,
Et
con horror, & ſtrepito trabocca.
Onde ſi ſpezzan con le uiti gli olmi,
Le
biade a terra uanno con durezza,
Del
gelido criſtal, ch'a dirlo duolmi.
Muor'ogni pianta alla temperie auuezza,
E
'l contadin di ſue ſperanze cade,
piu ſe ſteſſo o ſua famiglia apprezza.
Queſto ſtrano accidente allhor accade,
Quand
'ha piu forz'il Sol, però ch'ei lieua
L
'humor in altre piu fredde contrade.
Che non ſon quelle, oue ſi fa laneua,
La
brina, & la rugiada forza piglia
Per
queſto, & quel contrario, che l'aggreua.
di ciò prender dei piu merauiglia,
Perche
l'eſtate, piu che'l uerno gela,
La
regione ou'il uapor s'appiglia.
Ardon gli eſtremi, e'l mezo ſi congela,
potendo fuggir'i ſuoi nemici,
Riſtrett
'in ſe medeſimo ſi cela.
Dell'acque calde, et che forze hanno da diuerſi metalli don­
de
eſceno, & della natura di uary fonti, laghi, &
fiumare
.
Cap. III.
Sono alcune fonti ancora calde, dalle quali n'eſce acqua di ottimo ſapore, laqua
le
nel bere è coſi ſoaue, che non ſi diſidera quella delle fonti Camene, la
ſurgente
Martia.
Ma queſte da eſſa natura a queſta guiſa ſi fanno. Quan­
do
per lo allume, o per lo bitume, o ſolfo nel fondo ſi accende il fuoco me­
diante
l'ardore, la terra, che è d'intorno a quello bianca, & rouente diuiene, ma ſopra alla
ſuperficie
della terra manda fuori il feruido uapore, & coſi ſe alcune fonti in quei luoghi,
che
ſono di ſopra, naſceno di acque dolci offeſe, & rincontrate da quel uapore, boglio­
no
tra le uene, & in queſto modo eſceno fuori, ſenza che il loro uapore ſi guaſti.
Sono
ancho
di non buono ſapore, & odore alcune fonti fredde, lequali da luoghi inferiori dren
to
la terra naſcendo, paſſano per luoghi ardenti, & da queſti partendoſi, & tracorrendo
per
lungo ſpatio della terra raffreddati uengono di ſopra con l'odore, ſapore, & colore gua
ſto
, & corrotto, come ſi uede nella uia Tiburtina il fiume Albula, & nel piano Ardeatino
le
fonti fredde, che ſolforate ſi chiamano, dello ſteſſo odore: & coſi ſi uede in altri luoghi
ſimiglianti
: ma queſte tutto che fredde ſiano, pareno però bollire, percioche auuiene,
che
incontrandoſi di ſotto profondamente in luoghi alti, offeſi dall'humore, & dal fuoco,
che
tra ſe conuengono, con grande, & uehemente ſtrepito in ſe forti, & gagliardi ſpiriti
1uanno riceuendo, & coſi gonfi per la forza del uento, & sforzati bogliendo ſpeſſo fuori
eſceno
delle fonti loro; Ma di quelle fonti, che aperte non ſono; ma ouero da ſaſsi, ouero
da
qualche altra uiolenza ritenute ſono, per iſtrette uene ſono dalla forza dello ſpirito
mandate
fuori a i grandi, & rileuati grumi di terra, & però grandemente ſi inganna, chiun­
que
penſa di hauere i capi delle fonti, quando apreno loro le grandi foſſe in quella altezza,
che
ſono i grumi: imperò ſi come un uaſo di rame non ripieno ſino all'orlo ſuo, ma che
habbia
la miſura dell'acqua ſecondo la ſua capacità, di due delle tre parti quando il ſuo co
perchio
dal gran feruore del fuoco toccato uiene sforza l'acqua a riſcaldarſi bene, & quel­
la
per la ſua naturale rarità riceuendo in ſe la gagliarda enfiagione del caldo, non ſolo ri­
empie
il uaſo, ma con gli ſpiriti ſuoi alzando il coperchio, & uſcendo trabocca: ma leuato
il
coperchio, & eſſalati i ſuoi bogl<14>menti nello aperto aere, torna di nuouo al luogo ſuo:
al
ſimigliante modo quei capi delle fonti, quando ſono per le ſtrettezze compreſsi, & ri­
ſtretti
, con grande impeto uengono di ſopra gli ſpiriti dell'acqua, ma tantoſto, che riaper
ti
, & rillargati ſono uotati per la rarità, che nel liquore preuale, riſeggono, & tornano nella
proprietà
del ſuo giuſto peſo.
Ma ogni acqua calda per queſto è atta alle medicine, per­
ciò
che ricotta nelle coſe precedenti, riceue altra uirtute all'uſo humano; percioche le fon
ti
ſulfuree riſtorano le fatiche de nerui, riſcaldando, & ſucchiando con il loro calore i tri=
ſti
humori da i corpi.
Ma le fonti, che hanno dell'allume, quando riceueno alcuni corpi
dalla
paraliſi diſciolti, ouero da qualche sforzeuole infermità mantenendo il refrigerio
per
le aperte uene, riſtorano con forza contraria del caldo, & coſi continuando per que­
ſto
i corpi ſono rimeſsi nell'antica cura delle loro membra: Finalmente oue ſono le ac­
que
, che tengono del bitume, gli huomini poſſono purgare i difetti, che hanno dentro i
corpi
loro beuendone, & a queſto modo medicarſi.
Euui anche una ſorte di acqua fred­
da
nitroſa come a Penna, a Veſtina, a Cotilio, & in altri luoghi ſimili, che beuendone al­
cuno
ſi purga, & per lo uentre paſſando minuiſce, & ſcema la gonfiezza delle ſtrume.
Ma
doue
ſi caua l'oro, & l'argento, il ferro, il rame, il piombo, & altre ſimiglianti coſe alle det
te
, iui ſi trouano molte fonti, ma ſono ſommamente difettoſe, percioche hanno i uitij
contrari
a quell'acque calde, che uengono dal ſolfo, dallo allume, o dal bitume, & fanno
queſto
, che beuute quando entrano nel corpo, & uanno per le uene toccano i nerui, & le
giunture
, & quelli infiando gl'indurano i nerui.
A dunque per la enfiagione gonfiati per
lungo
ſi ritirano, & coſi fanno gli huomini doglioſi o per male di nerui, o per le podagre,
perche
hanno le ſottigliezze delle uene loro meſcolate di coſe duriſsime, ſpeſſe, & fred­
diſsime
.
Vn'altra ſorte di acqua ſi troua, laquale non hauendo a baſtanza le ſue uene chia­
re
, con la ſpuma ſua nuota come fiore nella ſommità ſimile al colore d'un uetro purpu­
reo
.
Queſte coſe mirabilmente auuertite ſono, & conſiderate in Athene, perche iui da ſi­
mili
luoghi, & fonti, & in Aſti, & al porto Pireo ſono condotte le ſurgenti canne, & di
quelle
niuno ne beue per quella cauſa, ma bene ſe ne ſerueno per lauare, & per altre biſo­
gna
, & beueno de i pozzi, & coſi ſchiuano i difetti di quelle fonti.
Hermolao nelle caſtigationi di Pli. aliij. del xxxi. legge non, & in Aſti ad portum Pireæum,
ma
Maſti uſque ad portum Pireæum, & dice, che Maſti ſono dette altramente, mammæ, & pa­
pillæ
, & ubera, quaſi mammelle, per lequali uengano l'acque, benche anche ſalua la prima let­
tione
, & per Aſti intende Athene.
Ma a Γroezzeno ciò non ſi puo fuggire, perche iui altra ſorte di acque non ſi troua, ſe
non
quella, che hanno i Cibdeli, & però in quella città o tutti, o la maggior parte ſono de
i
piedi cagioneuoli.
Ma in Tarſo città di Cilicia trouaſi un fiume nominato Cidnos, nel­
quale
i podagroſi tenendo le gambe a molle ſono ſolieuati dal dolore.
Oltra le dette co­
ſe
molte altre generationi di acque ſi trouano, che hanno le ſue proprietà, come in Sicilia,
il
ſiume Himera, ilquale uſcito dalla fonte in due rami ſi parte, & quel ramo, che ſi ſtende
1correndo uerſo il monte Ethna, perciò ch'egli paſſa per terreno di ſucco dolce, egli è d'
grandiſsima
dolcezza, l'altro ramo, che corre per quel piano, doue ſi caua il ſale, è di ſa­
por
ſalſo.
Similmente a Paretonio, & la doue è il uiaggio ad Hamone, & al Caſsio all'Egit
to
ſono laghi paluſtri di maniera ſalſi, che di ſopra hanno il ſale congelato.
Sono appreſ­
ſo
in molti altri luoghi, & fonti, & fiumi, & laghi, iquali paſſando oltra le caue del ſale, ne­
ceſſariamente
diuentano ſalati, altri penetrando per le uene graſſe della terra come unti
d
'oglio eſceno fuori come è a Soli caſtello della Cilicia il ſiume Lipari nominato, nel­
quale
chiunque ſi laua, o nuota ſi ungne dall'acqua, & coſi nella Ethiopia ſi troua un lago,
che
ugne gli huomini, che in eſſo nuotano; & in India ce n'è uno, che quando il cielo è ſe­
reno
manda una gran quantità di oglio.
Anchora a Cartagine è una fonte, ſopra la quale
nuota
l'oglio di odore come una ſcorza di cedro, del qual'oglio è uſanza di ugnere le pe­
core
: al Zante, & intorno a Durazzo, & Apollonia ſono fonti, che inſieme con l'acqua uo­
mitano
gran moltitudine di pece; a Babilonia è un grandiſsimo lago, che ſi chiama la pa­
lude
Aſphaltite, ha di ſopra il liquido bitume, che nuota, delqual bitume, & di pietra cot­
ta
fabricatone il muro Semiramis cinſe la gran Babilonia; coſi in Ioppe nella Siria, & nel­
l
'Arabia de Numidi ſi trouano laghi di ſmiſurata grandezza, i quali mandano fuori gran
maſſe
di bitume, che ſono poi tolte dalli habitatori di quei luoghi.
Ma ciò non è mara­
uiglioſo
, percioche in quei ſono molte piotraie di duro bitume.
Quando adunque l'ac­
qua
rompe fuori per la terra bituminoſa ſeco ne porta, & quando, che ella è uſcita fuori
della
terra, ſi ſceglie, & coſi da ſe ſcaccia il bitume: & coſi anche nella Cappadocia nella
uia
, che è tra Mazzaca, & Tuana, ſi troua un gran lago, nelquale ſe una paite di canne, o
d
'altra coſa è poſta dentro, & il ſeguente giorno cauata, quella parte, che ſarà ſtata cauata
ſi
trouerà di pietra, reſtando l'altra parte, che non hauerà toccato l'acqua nella ſua pro­
pria
natura.
Allo ſtoſſo modo a Hieropoli della Frigia bolle una moltitudine d'acqua
calda
, dellaquale ſe ne manda per le foſſe d'intorno a gli horti, & alle uigne.
Queſta a ca­
po
d'anno diuenta una croſta di pietra, & coſi ogni tanti anni gli habitatori di quei paeſi
facendo
i margini di terra dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, ui la ſciano andare quelle acque, &
con
quelle croſte fanno le ſiepi de i campi loto; & queſto pare, che naturalmente fatto ſia,
percioche
in quei luoghi, & in quella terra, doue naſce quel ſucco, ci ſta ſotto una quali­
ſimile alla natura del coagolo.
Dipoi quando la forza meſcolata eſce di ſopra per le
fonti
ſue, è sforzata riſtrignerſi, & appigliarſi dal Sole, & dalla calidità dell'aere, come ſi
uede
ne i piani delle ſaline.
Sono appreſſo fonti molto amare naſcenti da amaro ſucco
della
terra, come nel Ponto è il fiume Hipanis, ilquale dal ſuo capo per quaranta miglia
ſcorre
con acqua di dolciſsimo ſapore, dapoi quando giugne al luogo, che dalla foce ſua
è
lontano cento, & ſeſſanta miglia, con quello ſi meſcola un fonticello ben piccolo: Que­
ſto
fonticello, quando entra nel detto fiume, allhora fa, che tanta quantità di acque diuen
ta
amara, percioche per quella ſorte di terra, & per quelle uene, dallequali ſi caua la Sanda
raca
uſcendo quell'acqua amara diuiene, & tutte queſte coſe da diſsimiglianti ſapori preſi
dalla
proprietà del terreno per doue paſſano, chiaramente ſi fanno, come appare ne i frut­
ti
.
imperoche ſe le radici de gli alberi, o delle uiti, o dell'altre ſemenze mandaſſero i frutti
prendendo
il ſucco non dalle proprietà del terreno, ſenza dubbio il ſapor di tutti in ogni
luogo
, & in ogni parte ſarebbe d'una iſteſſa natura; ma uedemo pure, che l'lſola di Lesbo
fa
il uino Protropo; Meonia il uino detto Catacecaumenite, & Lidia il Melito, & Sicilia
il
Mamertino; Campagna il Falerno; Terracina, & Fondi i Cecubi; & in molti altri luo-­
ghi
di innumerabil moltitudine, & uarietà generarſi le ſorti, & le forze de i uini: lequali
non
altrimenti poſſano eſſer prodotte, ſe non quando l'humore terreno con le ſue pro­
prietà
de i ſapori infuſo nelle radici, nutre, & paſce la materia, per laquale uſcendo alla ci­
ma
diffonde il ſapore del frutto propio del luogo, & della ſorte ſua: che ſe la terra non fuſ-
1ſe diſsimile, & diftinta di uarietà d'humori, non ſarebbeno in Siria, & in Arabia nelle can­
ne
, & ne i giunchi, & nelle herbegli odori ſolamente: ancho gli alberi, che ci danno
l
'incenſo, quelle terre ci dariano i grani del pcpe, le glebe della mirra, a Cirene
nelle
bacchette naſcerebbe illaſſere: ma in tutte le regioni della terra, & in tutti i luoghi
tutte
le coſe d'una ſteſſa natura ſi produrrebbeno: ma ſecondo queſte diuerſità in uarij
luoghi
, & paeſi la inclinatione del mondo, & lo impeto del Sole o piu preſſo, o piu lonta­
no
facendo il corſo ſuo, genera tali humori di queſta natura, & quelle qualità non ſola­
mente
in quelle coſe ſi uedeno, ma nelle pecore, & negli armenti, & tai coſe non ci fareb­
beno
diſsimiglianza, ſe le proprietà di ciaſcun terrenno in paeſi diuerſi alla uirtu del Sole
non
fuſſero temperate.
Perche nella Beotia è il fiume Cephiſo, & il fiume detto Melas;
& tra i Lucani il Crate, a Troia il Xanto, & ne i campi de i Clazomeni, & di Erithrei, & di
Laodiceſi
ſono fonti, & fiumi, alliquali quando le pecore a i ſuoi tempi dell'anno s'appa­
recchiano
a concepere il parto, ogni giorno a bere a quei luoghi ſon cacciate, & da quello
è
, che auegna, che ſieno bianche, nientedimeno parturiſceno in alcuni luoghi gli animali
grigi
, in alcuni neri, in alcuni del colore del coruo.
& coſi quando la proprietà del liquore
entra
nel corpo, dentro ui ſemina la qualità meſcolata ſecondo la natura ſua, perche adun
que
ne i campi Troiani naſceno preſſo al fiume gli armenti ruffi, & le pecore grigie, però
ſi
dice che gli Ilieſi hanno chiamato quel fiume Xanto.
Trouanſi ancho alcune acque
mortifere
, lequali paſſando per un ſucco malefico della terra, riceueno in ſe la forza del
ueleno
: ſi come ſi dice d'una fonte di Terracina, laquale Nettuno ſi nominaua, dellaquale
chiunque
per inauertenza ne beueua, era della uita priuato: per laqual coſa diceſi, che gli
antichi
la otturorno: & appreſſo de i Greci in Thracia è un lago, che non ſolamente fa
morire
chi di quello ne beue, ma anche ciaſcuno, che iui ſi bagna.
Similmente in Teſſalia
è
una fonte, che ſcorre, della quale non ne guſta alcuno animale, altra ſorte di beſtia ſe
le
auicina.
appreſſo quella fonte è un'arbore di color purpureo; & coſinella Macedonia
la
doue è ſepulto Euripide dalla deſtra, & dalla ſiniſtra del monumento due riui concor­
reno
in uno, iui dall'una parte ſedendo i paſſaggieri per la bontà dell'acque ſogliono man
giare
; ma al riuo, che è dall'altra parte del monumento, niuno s'approſsima, perche egli
ſi
dice, ch'egli ha l'acqua ſua mortifera, & peſtilente.
Appreſſo ſi troua anche in Arcadia
Nonacri
nominato paeſe, che ne i monti ha freddiſsime acque da i ſaſsi ſtillanti, & quel­
l
'acqua coſi fredda è detta Stygos, & queſta in argento, in rame, in ferro puo eſſer
tenuta
, perche ogni uaſo di tali materie compoſto per quell'acqua ſi diſsipa, & diſcioglie;
ma
per conſeruare, & tenere quell'acqua non è coſa, che ſia buona, ſe non un'ugna di mu­
lo
.
queſt'acqua ſi dice eſſere ſtata mandata da Antipatro nella prouincia, doue Aleſſandro
ſi
trouaua, per Iolla ſuo figliuolo, & da lui con quell'acqne ſiſcriue eſſer ſtato ammazza­
to
il Re.
A queſto modo nelle Alpi, doue è il Regno di Cotto, è un'acqua, che chi la
guſta
di fatto cade.
Ma nel campo Faliſco alla uia Campana nel piano di Corneto è un
boſco
, nel quale naſce una fonte, doue appareno gli oſsi di biſcie, & di lacerte, & di al­
tri
ſerpenti giacere.
Ancora ſono alcune uene acide di fonti, come a Linceſte, & in Italia
a
Virena, in Campagna a Theano, & in molti altri luoghi, che hanno tal uirtù che beuute­
rompeno
le pietre nelle ueſiche, che naſceno ne i corpi humani; & cio farſi naturalmen­
te
appare per queſta cauſa, che il ſucco acre, & acido ſta ſotto queſta terra, per la quale
uſcendo
le uene s'intingono di quella acrezza, & coſi quando ſono entrate nel corpo diſ­
ſipano
quelle coſe, che trouano eſſer ſtate generate, & accreſciute dalla ſuſsidentia del­
l
'acqua.
Ma perche cauſa dalle coſe acide diſciolte, & partite ſieno tali pietre, noi pote­
mo
auuertir da queſto, che ſe alcuno porrà un'ouo nell'aceto, & ue lo laſcierà lungamen
te
, la ſcorza ſua diuenterà molle, & ſi diſcioglierà.
Similmente ſe il piombo, che è len­
tiſsimo
, & di gran peſo, ſarà poſto ſopra un uaſo, che dentro habbia dello aceto, & che
1il uaſo ſia ben coperto, & otturato, o illotato auuerrà, che il piombo ſi disfarà, & ſi farà la
biacca
.
Con le iſteſſe ragioni ſe del rame, che pure è di piu ſoda natura, che il piombo, ſi
farà
la medeſima proua, egli certamente ſi disfarà, & il uerde rame, o la ſua ruggine ne ca­
ueremo
.
Coſi la Perla, & i ſaſsi di ſelice, che per ferro, o per fuoco ſolo non ſi poſſono
disfare
, quando dal fuoco ſaranno riſcaldati, & ſparſoui ſopra dell'aceto, ſi diſcioglieran­
no
, & romperanno preſtamente.
Quando adunque uediamo tai coſe eſſer fatte dinanzi
a
gli occhi noſtri, potemo diſcorrere, per la fortezza del ſucco con le coſe acide poterſi
curare
quelli, che ſentono del mal di pietra.
Sonoui oltra di queſto anche delle fonti me­
ſcolate
come col uino, ſi come n'è una nella Paphlagonia, della quale chiunque ne beue,
ebro
ſenza uino diuenta.
Ma appreſſo gli Equicoli in Italia & nelle Alpi, nella natione
de
Medulli, ſi troua una ſorte di acqua, di cui, chi ne beue, diuiene gozzuto: & in Arca­
dia
è una città non ignobile di Clitoro, ne i cui campi è una Spilonca, dallaquale eſce un'
acqua
, che rende i beuitori abſtemij.
a quella fonte è uno Epigramma ſcolpito in pietra
di
queſto ſentimento in uerſi Greci, che quell'acqua non è buona per lauarſi dentro, & e
anche
nemica alle uite, concio ſia, che appreſſo quella fonte Melampo con ſacrifici pur­
gato
haueſſe la rabbia delle figlie di Preto, & ritornato haueſſe le menti di quelle uergini
nella
priſtina ſanità: lo Epigramma è qui ſotto ſcritto.
Se te Paſtor' al fonte di Clitoro
Et
la tua greggia ardente ſete ſprona,
Su'l mezo giorno porgine riſtoro
Col
ber'a quella, & alla tua perſona:
Anco la ferm'al diletteuol Choro
Delle
Naiade, & a quella piacer dona.
Ma per lauarti non entrar nell'acque
S
'il ber del uino giamai non ti ſpiacque
Fuggi la fonte mia ch'odia le uite,
Per
ciò ch'in quell'ogni bruttezza ſciolſe
Melampo delle figlie inacerbite
Di
Preto quando d' Argo ſi riuolſe
Verſo d' Arcadia le dure ſalite,
Ogni
ſordida coſa qui rauolſe,
Et l'attuffò con l'altre cos'immonde
Nel
mezo delle mie gia limpid'onde.
Trouaſi nell'Iſola Chios una fonte di natura, che fa pazzi, chi ne beue per inauuertenza,
& iui è ſcolpito un'epigramma di queſto tenore, che l'acqua di quella fonte è dolce, ma
chi
ne beucrà è per hauere i ſentimenti di pietra, & i uerſi ſono queſti.
Freſche ſon le mie acque, & dolci a bere,
Ma
ſe per caſo quelle beuerai
Di
pietra ti conuien la mente hauere.
A Suſe, nel qual paeſe è il regno de i Perſi, trouaſi uno fonticello, di cui chi ne bee,
perde
i denti, & in quello è ſcritto uno Epigramma, che ſignifica queſta ſentenza: buona
eſſer
l'acqua per bagnarſi, ma ſe alcuno di eſſa ne beuerà caderangli li denti dalle radici.

di
queſto Epigramma i uerſi ſon greci.
O paſſeggier uedi queſt'acque horrende,
Licito
è hauerne ſolo per lauarti:
Ma s'il freddo liquor nel uentre ſcende
Se
ben le ſomme labra uuoi toccarti
Preſto uedrai reſtar orfane, & priue
Di
denti, che n'andran, le tue gingiue
1
Della proprietà d'alcuni luoghi, & ſonti.
Cap. IIII.
Sono ancho in alcuni luoghi proprietà di ſonti, che fanno, che chi naſce in
que
luoghi ſiano di uoci mirabili a cantare; come in Tharſo, & a Magneſia, &
in
altre ſimili regioni, & è anche Zama città di Affrica, il cui circuito il Re
Iubacin
e di doppio muro, & iui ſi fabricò la caſa regale: da quella miglia
uenti
è il caſtello Iſmue, di cui le parti del territorio ſono chiuſe da incredibili proprie­
di natura: peroche eſſendo l'Affrica madre, & nutrice di fiere beſtie, & ſpecialmente di
ſerpenti
, ne i campi di quel caſtello niuna ne naſce, & ſe alcuna uolta per caſo iui è porta­
ta
, di ſubito ſe ne muore: ſolamente queſto iui ſi uede, ma anche ſe da quei luoghi, altro­
ue
la terra ſarà portata, farà il ſimile.
Queſta ſorte di terreno diceſi eſſere alle Iſole Ba­
leari
: ma quella terra ha un'altra uirtù piu marauiglioſa, la quale coſi eſſere ho inteſo.
C.
Giulio
ſigliuolo di Maſsiniſſa militò col padre Ceſ.
queſti meco alloggiò, per ilche mi era
neceſſario
nello ſtare, & uiuere inſieme ragionar'alcuna coſa, in queſto mezo eſſendo tra
noi
caduto ragionamento della forza dell'acqua, & delle ſue uirtuti, egli mi diſſe eſſer in
quella
terra fonti di natura tale, che quelli, che iui naſceuano, haueuano ottime uoci per
cantare
, & per queſta ragione ſempre mai comprauano i ſerui oltramarini belli, & le garzo
ne
da marito, & quelle inſieme poneuano, accioche quelli, che da loro naſceſſero non ſolo
haueſſero
bona uoce, ma fuſſero di bellezza non inuenuſta.
Quando adunque per natu­
ra
tanta uarietà a diuerſi luoghi diſtribuita ſia, che il corpo humano è in qualche parte
terreno
, & in eſſo molte ſorti d'humore ſi trouino, come del ſangue, del latte, del ſudore,
dell
'orina, delle lagrime, ſe in ſi poca particella di terreno ſi troua tante diuerſità di ſapo­
ri
, non è da marauigliarſi ſe in tanta grandezza di terra ſi trouano innumerabili uarietà di
ſughi
, per le uene delli quali la forza dell'acqua penetrando meſcolata uegna all'uſcire del­
le
fonti, & coſi da quello ſi faccia diuerſi, & diſeguali fonti nelle propie ſorti per la diffe­
renza
de i luoghi, & per la diſaguaglianza de i paeſi, & per le diſsimiglianti proprietà di
terreni
.
Delle coſe ſopradette ſono alcune, che io da me ho uedute, & conſiderate: ma le
altre
ne i libri Greci ho ritrouate ſcritte, de i quali ſcritti gli autori ſono Theophraſto,
Timeo
, Poſsidonio, Hegeſia, Herodoto, Ariſtide, Methodoro: i quali con grande uigilan
za
, & infinito ſtudio dichiarato hanno le proprietà de i luoghi, le uirtù dell'acque, le quali­
de i paeſi eſſer a queſto modo partite dalla inclinatione del cielo.
Di queſti autori ſe­
guendo
io i cominciamenti, o trattamenti, ho ſcritto in queſto libro quello, che ho pen­
ſato
eſſere a ſufficienza con la proprietà dell'acque, accio che piu facilmente da tai preſcrit
ti
gli huomini eleggino le fonti, con le quali poſsino all'uſo humano condurre le ſurgenti
acque
alle città, & alli tenitori.
Perche tra tutte le coſe pare, che niuna habbia tante neceſ­
ſitati
all'uſo, quanto ha l'acqua: imperoche ſe la natura di tutti gli animali ſarà priuata del
grano
, delle piante, della carne, della peſcaggione, ouero uſando ciaſcuna dell'altre coſe,
per
eſſa potrà difendere la uita ſua; ma ſenza l'acque, il corpo de gli animali, alcuna
uirtù
di cibo puo naſcere, ſoſtentarſi, eſſere apparecchiata; per ilche egli ſi deue con
gran
diligenza, & induſtria cercare, & eleggere le fonti alla ſalubrità dell'humana uita.
Dapoi, che ſi ſono l'acque ritrouate, era neceſſario prouarle, & eleggerle, ma perche la
elettione
preſuppone piu coſe propoſte, accioche di tutte la meglio ſi caui, però Vitru. dopo la in­
uentione
, ci ha propoſto innanzi diuerſe qualità, & nature di acque, accioche poi di quelle ſi eleg­
ga
il meglio, la onde hora uiene alle eſperienze, & proue dell'acque.
1
Degli eſperimenti dell'acqua. Cap. V.
LE eſperienze, & proue delle fonti in queſto modo ſi procacciano. Se ſaranno
correnti
, & aperte, prima, che ſi dia principio a códurle, deono eſſer guardati, &
molto
bene conſiderati i circonſtanti a quelle fonti, di che corporatura ſieno,
& ſe eglino ſi troueranno eſſer gagliardi di corpo, & chiari di colore, haue­
ranno
le gambe cagioneuoli, gli occhi lippi, certamente le fonti ſaranno approuate
molto
.
Similmente ſe di nuouo ſarà una fonte cauata, & poſto dell'acqua ſua in un uaſo
di
rame corinthio, o d'altra ſorte, che ſia di buon rame, & quell'acqua ſparſa non macchie­
, ſenza dubbio ella ſarà ottima: & coſi ſe in un bronzino ſarà poſta a bollire, & poi la­
ſciata
ripoſare, & dar giu, & nel fondo non laſcierà l'arena, o fondacchio, certamente
quell
'acqua ſarà prouata.
Allo iſteſſo modo ſe i legumi in un uaſo con quell'acqua ſi
porranno
al fuoco, & preſto ſi cuoceranno, ſi prenderà argomento, che quell'acqua ſarà
buona
, & ſana: & coſi niente manco di argomento ſi prenderà, ſe l'acqua della fonte ſarà
limpida
, & molto lucida: & ſe douunque ella andrà, ſi uedrà il muſco, ui naſcerà il
giunco
, ad alcuno modo quel luogo ſarà macchiato, o ſporcato, ma ſe ſarà chiaro, pu­
ro
, & bello alla uiſta, dimoſtrerà con queſti ſegni, che l'acqua ſarà ſottile, & di ſom­
ma
bontà.
Ritrouata, & eletta l'acqua è neceſſario condurla: ma perche nel condurla è neceſſario, che
l
'acqua diſcenda, & uenga ſecondo il ſuo corſo naturale al determinato luogo, però accioche que­
ſto
ſi eſpediſca bene Vitr. ci la forma di molti ſtrumenti da liuellare le acque, & fra molti ne
elegge
uno, come piu ſicuro, & di queſto la forma intera ſi uedrà chiara nella figura.
Liuel­
lare
adunque altro non è, che prendere l'altezza del luogo, doue l'acqua ſi troua, & compararla
con
l'altezza del luogo, doue ella ſi ha da condurre.
Del condurre, &' liuellare l'acque & de gli ſtrumenti buo­
ni
a tali effetti.
Cap. VI.
Hora del condurre le acque alle habitationi, & alla città, come fare acconcia­
mente
ſi deono, dimoſtrerò chiaramente.
Di queſto la prima ragione è il li­
uello
.
Queſti ſi ſuol fare con tali ſtrumenti, con lo traguardo, con i liuelli
da
acqua, & con quello ſtrumento, che ſi chiama Cherobate, & con queſto
piu
diligentemente, & ſicuramente ſi liuella, perche il traguardo, & il liuello acquario fal­
la
.
Il Chorobate è una riga lunga piedi uenti, La quale ha le braccia piegate da i capi
egualmente
fatte, & appoſte alle teſte della riga a ſquadra, & tra la regola, & le dette
braccia
da i cardini attaccati ſono alcuni trauerſi, che hanno i fili dritti a piombo, & da
ciaſcuna
parte i piombi pendenti dalla riga, i quali quando la riga ſarà fitta, & drizzata, &
con
quella toccheranno egualmente le linee della deſcrittione, dimoſtreranno eſſere po­
ſte
giuſtamente a liuello.
Ma ſe il uento l'impedirà, & per lo mouimento non potran­
no
eſſe linee dimoſtrare il uero, allhora ſarà biſogno, che habbino di ſo pra un canale lun­
go
piedi cinque, largo uno dito, alto un dito, & mezo, & in eſſo ſia l'acqua infuſa: & ſe
l
'acqua del canale egualmente toccherà di ſopra la libra, allhora ſaprai eſſere bene liuella­
ta
; & coſi quando con quello Chorobate ſarà liuellato, ſi ſaprà quanto hauerà di altezza.

Ma
chi leggerà i libri di Archimede forſe dirà, che non ſi puo drittamente liuellare l'ac­
qua
, percioche a lui piace, che l'acqua non ſia piana, ma di figura sferica, & iui hauere il
1centro ſuo, doue il mondo ha il ſuo: ma queſto è uero ſia l'acqua piana, o ſpherica, ne­
ceſſariamente
i capi del canale della riga egualmente ſoſterranno l'acqua, che ſe'l canale
ſarà
piegato in una parte, non ha dubio, che la parte piu alta non ſia, per hauer l'acqua
della
riga del canale alla bocca.
Percioche egli è neceſſario che doue l'acqua ſia infuſa,
habbia
nel mezo la gonfiezza, & la curuatura, ma i capi dalla deſtra, & dalla ſiniſtra ſaran­
no
egualmente librati.
La figura del Chorobate ſarà deſcritta nel fine del libro, & ſe
egli
ſarà la cima, o l'altezza grande piu facile ſarà il decorſo dell'acqua, ma ſe gli ſpatij ſa­
ranno
lacunoſi, biſogna prouederli co i muretti diſotto.
Se uuoi condur l'acqua auuertirai, che il luogo, alquale tu la uuoi condurre, ſia ſempre piu
baſſo
, che il luogo dal quale tu la conduci.
Metteti adunque a piè del fonte, & guarda per li
traguardi
del tuo quadrante al luogo deſtinato, in modo però, che il piombo cada giu dritto alla
linea
dell'Orizonte.
ſe la uiſta ti condurrà ſopra il luogo deſtinato ſappi, che l'acqua ſi potrà con­
durre
, altrimenti non ſi puo: ma ſe da rupi, o monti fuſſe impedita la tua uiſta farai molti ſegni, &
dall
'uno all'altro mirando ſempre al ſopra detto modo, tanto anderai inanzi, che da uno de i detti
luoghi
potrai uedere il luogo, del quale prima non haueui ueduta, come la preſente figura qui
dimoſtra
: nel reſto il liuellare dell'acque è a nostri Tempi ben conoſciuto, & lo eſſempio del Cho­
robate
è qui dipinto, & in ſomma oltra il capo, & l'origine ſua tu non puoi sforzare le acque,
cioè
da ſe non anderanno mai ſopra la fonte loro, & quando uuoi condurle per canali auertirai
di
fare i canali proportionatamente profondi, perche l'acqua non ſi inalzerà per la poca,
per
la molta profondità.
la figura è qui ſotto, & de gli ſtrumenti, & di quello modo di liuel­
lar
l'acqua.
B il Capo della FonteB c la prima mira
C d la ſeconda mira drieto al monte
D e la terza doue non ſi puo condur re
D f la quarta doue ſi puo condurre
H g f la condutta dell'acqua.
105[Figure 105]
CHOROBATE DA LIVELLAR LE ACQVE ET I PIANI.
1 Regola di piedi 20. 2 gli Anconi o Braccia. 3 Trauverſarij.
1
A quanti modi ſi conduchino le acque. Cap. VII.
106[Figure 106]
Atre modi ſi conduce l'acqua, prima con
riui
per canali fatti, dipoi con trombe di
piombo
, ouero con canne di terra, o cre­
ta
.
Se noi uſeremo i canali, neceſſario è fa
re
la muratura ſodiſsima, & il letto del riuo habbia il
ſuo
liuello alto niente manco di mezo piede in cento,
& queſte murature ſiano fatte a uolte, accioche il Sole
non
tocchi l'acqua, la quale poi che ſarà condotta alla
città
, facciaſi un caſtello, o conſerua dell'acque, al
quale
congiunte ſiano per trarne l'acque tre bocche,
& nel caſtello ſiano tre canne equalmente partite con­
giunte
a quelle pile, o gorne, accioche quando l'ac­
que
traboccheranno da gli eſtremi ricettaculi ridondi­
no
in quello di mezo, & coſi nel mezo ſi poneranno le
canne
in tutte le pile con le loro bocche, dall'altra ſi
manderanno
alli bagni, accioche diano la entrata ſua
al
popolo ogni tanti anni, & finalmente dalla terra nel
le
caſe de priuati coſi, che non manchi nel publico,
percioche
non potranno riuoltarle altroue, quando da
i
loro capi haueranno i proprij condutti, & queſte ſon
le
cauſe, per le quali io ho fatto queſta diuiſione, cioè
perche
quelli, che priuatamente tireranno le acque
nelle
ſue caſe difendano i condotti dell'acque per mezo
de
i publicani col pagarli le rendite.
Ma ſe tra la città,
& il capo della fonte ſaranno di mezo le montagne a
queſto
modo ſi deue liuellare: Cauinſi ſotto terra i luo
ghi
doue hanno a paſſare le acque, & ſiano liuellate alla
cima
, ſecondo che di ſopra s'è ſcritto: & ſe iui ſarà to­
fo
, o ſaſſo, tagliſi nel ſuo propio canale, ma ſe il ſuolo
ſarà
di terra, ouero arenoſo, faccianſi le bande con i
ſuoi
uolti ne i luoghi cauati: & coſi ſia l'acqua condot­
ta
, & i pozzi ſiano talmente fatti, che ſtiano tra due
Atti
.
Ma ſe con le canne di piombo l'acqua ſarà con­
dotta
, prima farai al capo di eſſa un caſtello, o conſer­
ua
d'acqua, dapoi ſecondo la quantità dell'acqua farai
le
lame delle canne, & queſte ſiano poſte dal primo ca­
ſtello
a quello, che è preſſo la città, ſiano le canne
fuſe
piu lunghe di x. piedi.
queſte lamette ſe ſaranno di
cento
dita per larghezza prima, che ſiano ritondate ſia
ciaſcuna
di peſo di libre mille dugento: & ſe ſaranno di
ottanta
dita, di nouecento ſeſſanta: ſe di cinquanta, ſia
no
di ſeicento libre; ſe di quaranta, ſiano di quattro­
cento
ottanta; ſe di trenta, ſiano di trecento ſeſſanta:
ſe
di uenti, ſiano di dugento quaranta; ſe di quindici, ſiano di cento ſeſſanta; ſe di dieci
ſiano
di cento uenti: ſe di otto, ſiano di nouantaſei; ſe di cinque ſiano di ſeſſanta, perche
1dal numero delle dita, che uanno nella larghezza delle piaſtre, prima, che ſiano piegate in
tondo
le canne prendono il nome delle loro grandezze, imperoche quella piaſtra, che ſa­
di cinquanta dita, quando ſi farà la canna di eſſa, chiameraſsi quinquagenaria, & allo
ſtefſo
modo le altre.
Et quella condotta di acque, che eſſer deue per canne di piombo
ha
queſta commodità, che ſe il capo ſarà liuellato al piano della città, & che i monti di
mezo
non ſaranno piu alti, che poſsino impedire il corſo, coſi ſarà neceſſario apparec­
chiare
di ſotto quelli ſpatij altre liuellationi, ſi come è ſtato dimoſtrato di ſopra ne i riui,
& ne i canali; ma ſe non ſarà lungo il circuito, uſeremo le uolte, & circondottioni: & ſe
le
ualli ſaranno continuate deueſi drizzare i corſi in luogo chino, & quando l'acqua ſarà
giunta
al baſſo non ſe le apparecchia di ſotto luogo troppo profondo, accioche il liuello
quanto
ſi puo uadi di lungo; & queſto è il uentre, che i Greci chiamano chilia; ma quan
do
uenirà alla contraria ſceſa per lo ſpatio lungo del uentre dolcemente ſi rileua, allhora
ſia
cacciata all'altezza della ſceſa: ma ſe nelle ualli non ſarà fatto il uentre, lo apparec=
chio
di ſotto ſarà a liuello, ma ſe ſarà torto, & piegato uſcirà fuori con impeto, & diſcior
le commiſſure delle canne: deonſi far'anche nel uentre ſpiramenti, per li quali la forza
dello
ſpirito ſia rilaſciata.
Quelli adunque, i quali condurranno le acque per le canne di
piombo
al detto modo con tai ragioni gentiliſsimamente potranno dare le ſcadute alle ac­
que
, & farle uoltare doue uorranno, & ſimilmente farne le conſerue, & cacciarle in alto
quanto
uorranno, & coſi con la ſteſſa uia quando dal capo delle fonti alle ſteſſe mura del­
la
città haueranno ben tolto il liuello dell'altezza tra dugento atti non ſarà inutile farui
un
'altra mano di caſtella, accioche ſe in qualche luogo le canne faceſſero danno non ſi hab
bia
a rompere o maccare tutta l'opera, & piu facilmente ſi conoſca doue è fatto il danno.

Deueſi
però auuertire, che quelle caſtella non ſi faccino nelle cadute, anche nel pia­
no
del uentre, la doue ſi hanno a cacciare le acque in ſu, in tutto nelle ualli, ma in
una
continuata aguaglianza.
Ma ſe con ſpeſa minore uorremo condurre l'acque a queſto
modo
faremo.
Faccianſi le trombe di teſtole niente meno groſſe di due dita, ma in mo­
do
, che da una parte ſieno ſmuſſate, accioche, una aſſaggiatamente entri nell'altra.
Da­
poila
doue ſono le commiſſure, & imboccature di quelle trombe deueſi otturare con cal­
ce
uiua battuta con l'oglio, & nel piegare del liuello del uentre nel nodo ſi deue porre una
pietra
di ſaſſo roſſo, & queſta forata, accioche l'ultima tromba, oue cade l'acqua ſia at­
taccata
con quella pietra, il ſimile ſi farà alla prima tromba uicina al liuellato uentre, &
nello
ſteſſo modo nell'oppoſta aſceſa l'ultima tromba del giuſtato uentre ſia ſmaltata nel
concauo
del ſaſſo roſſo, & la prima per doue ſi deue cacciare l'acqua, con ſimile ragione
ſia
appigliata, & coſi il liuellato piano delle trombe, & della caduta, & del ſalimento non
ſarà
inalzato, percioche ſuole alcuna fiata nella condotta dell'acque naſcere un gagliardo
ſpirito
, & tale, che anche rompa i ſaſsi, ſe da capo prima dolcemente, & con miſura non
ui
ſi darà l'acqua, & ne i nodi, & nelle pieghe non ſarà contenuta con buone legature, &
con
peſi, & ſaorne: il reſto poi ſi deue fare come detto hauemo delle canne di piombo.

Ancora
quando da prima l'acqua ſi , dal capo deueſi in quelle trombe porre della cene­
re
, accioche le commiſſure ſe alcune ſono male ſtuccate, ſiano con quella cenere ottura­
te
, & imboccate.
Hanno le condotte dell'acqua, che con trombe ſi fanno queſto com­
modo
, prima nell'opera ſe ci ſarà alcuno danno, ciaſcuno lo puo rifare, & l'acqua è mol
to
piu ſana, che paſſa per le canne di terra, che per le canne di piombo, perche dal piom­
bo
, come da quello da cui naſce la biacca pare, che prenda difetto, & ſi dice, che la biac­
ca
è nociua a i corpi humani, & coſi ſe dal piombo naſce alcuna coſa dannoſa, non è dub­
bio
, che ancho egli non ſarà ſano.
Lo eſſempio prender potemo da i maſtri del piombo,
che
ſempre ſono pallidi di colore, percioche quando nel fondere ſi fa il piombo, il ua­
pore
, che è in quello, entrando nelle membra, & ogni giorno abruciando ſucchia dalle
1membra loro la uirtù del ſangue; però non pare, che douemo condurre l'acqua con canne
di
piombo, ſe noi la uogliamo ſana, & buona.
Vedeſi ancho per lo uſo quotidiano, che
l
'acqua condotta per trombe è di piu dolce ſapore, percioche auuegna che ſi habbia un
grande
apparecchio di uaſi d'argento niente di meno ogn'uno uſa uaſi di terra cotta per
porui
l'acqua per la bontà del ſapore.
Ma ſe i fonti non ſono, da i quali ſi poſſa condurre
l
'acqua, neceſſario è cauare i pozzi, & nel cauarli non ſi debbe ſprezzare la ragione, ma
molto
bene con acutezza, & ſolertia d'ingegno deonſi conſiderare le ragioni naturali del­
le
coſe, imperoche la terra contiene in ſe molte, & diuerſe qualità, percioche ella è come
tutte
altre coſe di quattro principij compoſta, & prima è terrena, dapoi ha le fonti del­
l
'humore dell'acqua, è ſenza calore, d'onde il ſolfo, il bitume, & l'allume naſce, & in
fine
ha gli ſpiriti grandiſsimi dello aere, i quali uenendo peſanti per le uene della cauerno­
ſa
terra al cauamento de i pozzi, iui trouano gli huomini, che cauano, con naturale uapore
nelle
narici loro otturano gli ſpiriti animali, & coſi chi preſtamente da quei luoghi non ſi
toglie
, iui muore.
Ma con che ragione ſi poſſa queſto danno fuggire, coſi ſi dee fare.
Mandiſi
allo ingiu una lucerna acceſa, quella ſe ſtarà acceſa, ſenza pericolo ſi puo andare
al
baſſo; ma ſe per la forza del uapore ella ſarà eſtinta, allhora lungo il pozzo dalla deſtra,
& dalla ſiniſtra cauerannoſi gli ſpiraculi, da i quali come dalle narici gli ſpiriti uſcendo ſi
dilegueranno
, & quando in queſto modo haueremo operato, & ſaremo peruenuti all'ac­
qua
, allhora con la muratura deue eſſere il pozzo in tal modo circondato, che le uene
non
reſtino otturate.
Ma ſe i luoghi ſaranno duri, o che nel fondo di fatto non ſaranno
le
uene, allhora da i tetti, o da i luoghi di ſopra douemo raccogliere l'acqua copioſamen­
te
nelle opere di teſtole; & per fare queſte teſtole douemo prouedere prima di arena pu­
riſsima
, & aſpriſsima, il cemento ſia netto di ſelice non piu graue d'una libra, & ſia nel
mortaio
la calce fortiſsima meſcolata in modo, che a cinque parti d'arena due di calce ri­
ſpondino
; al mortaio ſia aggiunto poi il cemento di quello nella foſſa a liuello dell'altez­
za
, che ſi uuole hauere, con mazze di legno ferrate ſiano i pareti calcati, & battuti i pare­
ti
, il terreno di mezo ſia uotato al baſſo liuello de i pareti, & pareggiato il ſuolo dallo ſteſ
ſo
mortaio ſia battuto, & calcato il pauimento alla groſſezza, che ſi uuole, & quei luoghi
ſe
ſaranno doppi, o tripli, accioche colando l'acque ſi poſsino mutare, molto piu ſano ci
ſarà
l'uſo di eſſe, percioche il fango quando ha doue dar giu, l'acqua ſi fa piu chiara, & ſen
za
cattiui odori conſeruarà il ſapore, & ſe cio non fia deueſi aggiugnere il ſale, & aſſotti­
gliarſi
.
Io ho poſto in queſto libro quanto ho potuto raccorre delle uirtù, & uarietà del­
l
'acqua dimoſtrando le ſue utilità, & con che ragione la ſi poſſa condurre, & prouare.

Nel
ſeguente io ſcriuerò de i regolati ſtili da ombre, & delle ragioni de gli horologi.
Il Filandro in queſto libro dichiara molte belle coſe degne da eſſer lette per la dottrina, & co­
gnitione
che in eſſe ſi troua, però eſorto gli ſtudioſi a uederle, & a leuarmi la fatica di ſeruirmi
delle
coſe d'altri.
Ben dirò alcune coſe per dichiaratione dell'ultimo capo, la cui ſomma è que­
sta
.
Tratta in eſſo Vitr. di condur l'acque: & dice eſſer tre modi di condurle, per riui, o cana­
li
aperti, per canne di piombo, & per trombe di terra cotta: & dichiara come ſi habbia a fare
in
ciaſcun modo, & prima de i canali, & c'inſegna a dare la ſcaduta dell'acqua, & farli le ſue
conſerue
, & diſtribuirle all'uſo della città, & come ſi deono leuare gli impedimenti de i monti,
cauar
le ſpilonche, i tofi, i ſaſſi, & far i canali.
Nel condur l'acque per le canne di piombo, egli
c
'inſegna far le baſche, o caſtelli, che egli dica: ci la miſura delle canne, & quanto alla lun­
ghezza
, & quanto alla groſſezza: & ci moſtra come ſi habbia a condur l'acqua per monti, per
ualli
, & per pianure, & come ſi habbia a prouedere, che facilmente ſi acconci, doue le canne
far
an danno.
Diſcorre poi come, ſi habbia a reggere nel condur l'acque per trombe di teſtole,
& dimoſtra come quelle ſi hanno a porre & ſtagnar inſieme, & compara queſto modo di condur
l
'acqua al modo delle canne di piombo, dimoſtrando ch'è migliore & piu ſano, & di manco ſpe-
1ſa. Egli poi c'inſegna a cauare i pozzi, a tentar i uapori cattiui, che eſalano, a proueder, chel
terreno
non ci caſchi addoſſo, a raccore l'acqua diſperſa, a non laſciar perdere la raccolta, a for
tificare
i lati del pozzo, a far le banche, & a proueder, che l'acqua ſia buona.
& queſta è la
ſomma
della intentione di Vitr. & la mterpretatione è chiara: & Palladio, & Plinio pigliano
tutte
queſte coſe da Vitr.
Actus chiama Vitr. lo ſpatio di cento & uenti piedi. queſto raddoppià­
to
per lungo faceua un iugero.
Saburra è da noi detta la Saorna, che ſi da alle naui. Fauilla è
la
reliquia de gli eſtinti carboni.
Eſtuaria ſignificagli ſpiragli: il nome delle lame, è preſo dal
numero
delle dita, perche ſe prima, che ſi pieghino in tondo ſono larghe cento dita ſi chiamano
centenarie
.
ſe cinquanta quinquagenarie, & coſi nel resto. Ma de gli acquedutti copioſamen­
te
ne parla Frontino: Et da i libri di Herone ſi puo cauare molti belli modi & diletteuoli di ſeruir
ſi
delle acque: il qual libro forſe un giorno uſcirà emendato, et figurato come ſi deue.
Il Fine dell'Ottauo Libro.
1
LIBRO NONO
DELL' ARCHITETTVRA DI
M
. VITRVVIO.
Proemio.
I Maggiori de i Greci conſtituirono coſi grandi honori a quelli nobili
A
thleti, che uinto haueſſero i giuochi Olimpij, Pithij, Iſtmici, & Ne­
mei
, che non ſolamente ſtando quelli tra la moltitudine de gli huomi­
ni
ragunata, con la palma, & con la corona riportano lode, ma anche
ritornati
nelle patrie loro con uittoria trionfando nelle carrette ſono
dentro
delle mura, & delle loro patrie portati, & in uita loro per publi­
ca
deliberatione uiueno d'entrata.
Queſto adunque auuertendo io, prendo merauiglia,
perche
cagione non ſono attribuiti gli iſteſsi, & ancho piu grandi honori a gli ſcrittori, i
quali
del continuo a tutte le genti preſtano infinite utilità: imperoche piu degna coſa, &
piu
ragioneuole era, che queſto fuſſe ordinato, perche gli Athleti con lo eſſercitio fan­
no
i corpi loro piu robuſti: ma gli ſcrittori non ſolamente fanno perfetti i loro proprij
ſentimenti
, ma anchora di tutti apparecchiandogli ne i libri precetti, d'onde habbiano
ad
imparare, & rendere i loro animi piu acuti, & riſuegliati: perche di gratia mi ſi dica, di
che
giouamento è ſtato a gli huomini Milone Crotoniate, perche egli ſia ſtato inſupera­
bile
, & gli altri, che in quella maniera ſono ſtati uincitori?
ſe non che eſsi mentre uiſſero
hanno
tra ſuoi cittadini hauuto la nobilta.
Ma i precetti di Pithagora, di Democrito, di
Platone
, & di Ariſtotile, & di tutti gli altri ſaui tutto il giorno di perpetua induſtria orna
ti
, non ſolo a i loro cittadini, ma a tutte le genti freſchi, & fioriti frutti mandano in luce,
de
i quali coloro, che da i teneri anni con abondanza di dottrine ſi ſono ſatiati, hanno ot­
timi
ſentimenti della ſapienza, & danno alle città coſtumi della humanità, ragioni eguali,
& leggi.
Lequali coſe quando ſono lontane, niuna città puo ſtare, & conſeruarſi intiera.
Eſſendo
adunque dalla prudenza de gli ſcrittori coſi gran doni in priuato, & in publico
a
gli huomini apparecchiati, io penſo, che non pure ſi debbiano dare a quelli corone, &
palme
, ma anche per decreto deliberare di dargli trionfi, & di conſecrargli tra le ſedi de
gli
Dei.
Io narrerò alcuni eſſempi di molti loro penſieri, che ſono ſtati di gran gioua­
mento
a gli huomini per paſſare commodamente la uita loro, i quali chi uorrà riconoſce­
re
conuerrà confeſſare queſti eſſer degni di grandi honori, & prima io ponerò una ragio­
ne
di Platone tra molti utiliſsimi diſcorſi, in che maniera ella ſia ſtata da lui eſplicata.
Ispedite le ragioni che appartengono alle fabriche publiche, come priuate, hora ſi
uiene
alla ſeconda parte principale della Architettura detta Gnomonica: per la­
quale
ſi uedeno gli effetti, che fanno i lucenti corpi del cielo con i raggi loro nel
mondo
.
& perche la ragione della parte preſente ci leua da terra mentre contem­
pla
la diuinità del cielo con la grandezza, bellezza, & ſuo uelociſſimo mouimento, però Vitru.
pone
un proemio a ſimile trattamento conuenientiſſimo: parendogli, che quelli huomini, i quali
hanno
trouato le ſottiliſſime ragioni delle alte coſe digniſſimi ſieno de gli honori celeſti, perche
non
tanto alle dignità loro, quanto al beneficio commune hanno riguardato, & non in un tem­
po
, in una età, in un ſecolo ſolo, ma del continuo ſono, & ſaranno ſempre di perpetuo giouamen-
1to, & quanto è piu nobile, & piu preſtante l'animo del corpo, tanto è piu degna la uirtu d'ogni
altro
bene.
Felici adunque chiamar ſi poſſono quelli ſaui, che con belle, & ſottili inuentioni s'han
no
procacciato quella lode, & quella gloria, il frutto dellaquale, è paſſato in eterno beneficio del
mondo
, & tanto piu, quanto ci hanno moſtrato le coſe nobili, & precioſe: che ſi come è piu grato
all
'huomo, & piu giocondo uedere una minima parte delle loro amate coſe, che trattare le mem­
bra
di tutti gli altri corpi, coſi è piu degno ſapere una minima ragione delle alte, & rimote coſe,
che
entrare nella cognitione di molte, che ci ſono famigliari.
& però ben dice un poeta.
Veramente felici, & fortunate
Furon
quell'alme, a quai prima fu dato
Conoſcer
coſe belle, e pregiate:
Ben lor ſucceſſe quel penſier beato,
Che
fu di aſcender a i stellati chiostri,
Et
pareggiar con la uirtute il ſato.
Questo è credibil, che gli horrendi mo stri
Viinceſſer
de gli errori, & ch'ogni gioco,
Laſciaſſer
, che ammolliſce i petti nostri.
Non ſcaldò i cuori lor l'ardente foco
Di
Venere crudel, uino, o coſa
Che
impediſſe il lor corſo, o molto o poco.
Non la turba del foro litigioſa,
Non
la dura militia, non la uana
Ambitione
di gloria pompoſa.
L'ingordigia dell'oro empia e inhumana
Non
piegò punto gli animi di quelli,
Ch
'eran riuolti alla parte ſoprana.
Chiuorrà adunque comparare ſimili huomini a gli Athleti? chi a gladiatori od'altri, che per
uittorie
, o beneficij preſenti s'hanno obligati alcuni pochi?
Meritamente adunque douemo con
Vitr
. giudicare, che gli inuentori delle utili, & belle coſe meritino piu presto gli honori celesti,
che
quelli, i quali a tempo de Greci fiorirono di gloria per le forze del corpo dimostrate in que
giuochi
, che ad honore di diuerſi Dei, & heroi coſi pompoſamente, & con tanto concorſo di
popoli
ſi celebrauano, come erano i giuochi Olimpij in honore di Gioue, i Pithij in honore di
polline
, i Nemei in honore di Archimoro, gli Isthmici in honore di Palemone.
Ma laſciamo
quello
, che in Vitr. è manifesto, & uegnamo ad alcune belle inuentioni di alcuni antichi ſaui, &
prima
di Platone nel primo capo, poi di Pithagora nel ſecondo, & in fine di Archimede, di Era­
tosthene
, & di Archita nel ter zo: auuertendo che questo nome di Gnomonica ſi estende molto
piu
di quello, che Vitr. poteſſe intendere nel preſente luogo.
Il modo ritrouato da Platone per miſurare un campo
di
terra.
Cap. I.
SE il luogo ouero il campo di lati eguali ſarà quadrato, & biſogno fia di nuo­
uo
con lati eguali raddoppiarlo, perche queſto per numeri, o per moltipli­
catione
non ſi ritroua, però ſi puo fare con emendate deſcrittioni di linee.

Et
queſta è la dimoſtratione.
Certo è che uno quadro di dieci piedi per ogni
lato
, è piedi cento per quadro.
Se adunque è biſogno di raddoppiarlo, & fare uno ſpatio
di
ducento piedi, & che ſia di lati eguali; egli ſi deue cercare quanto ſi deue fare un lato
di
quello quadrato, accioche da quello alli raddoppiamenti dello ſpacio riſpondino du­
cento
piedi.
Queſto per uia di numeri niuno puo ritrouare: perche ſe egli ſi fa uno lato
di
quattordici piedi moltiplicando uerrà alla ſomma di cento nouanta ſei, ſe di quindici
farà
ducento, & uenticinque: & però, perche queſto per uia di numeri non ſi fa manife­
ſto
, egli ſi deue nel quadrato, che è di dieci piedi per ogni lato tirare una linea da uno an
gulo
all'altro in modo, che il quadrato ſia partito in due triangoli eguali, & ciaſcuno de
i
detti triangoli ſia di piedi cinquanta di piano.
Adunque ſecondo la lunghezza della de­
ſcritta
linea egli ſi deue fare uno piano quadrato di lati eguali: & coſi quanto grandi ſaran
no
i due trianguli nel quadrato minore di piedi cinquanta, con la linea diagonale diſe­
gnati
, tanto con quello iſteſſo numero di piedi, nel quadrato maggiore ſaranno deſcritti
1quatrro ttiangoli. Con quella ragione (come appare per la ſottopoſta figura) per uia
di
linee da Platone ſu fatto il raddoppiamento del campo quadrato.
Qui non ci è altro che dichiarire per hora, eſſendo Vitr. da ſe manifesto, & chiaro: impero­
che
il quadrato ſi raddoppia tirando la diagonale, & di quella ſacendo un lato del quadrato, che
deue
eſſer doppio al primo.
Ecco il quadrato a b c d. da eſſere raddoppiato, è di dieci piedi
per
lato.
La diagonale è, a b. che lo parte m due trianguli a d b. & a c b. di piedi
cinquanta
l'uno di piano.
Della diagonale a b. ſi fa un lato a b dfe. che è doppio al qua­
drato
a b c d.
Puo ben eſſere che la diagonale ſi troui per uia di numeri, ma ci potranno an­
che
entrare de i rotti, ilche non è al propoſito nostro.
Egli ſi ritruoua la diagonale a questo mo­
do
.
Moltiplica due lati del quadrato in ſe ciaſcuno ſeparatamente, & raccogli inſieme tutta
la
ſomma di quella moltiplicatione, & cauane di quella la radice quadrata, tanto ſarà la diago­
nale
.
Ecco ſia il quadrato a b c d. di piedi cinque per lato, moltiplica a b. in ſe, cioè cin­
que
uia cinque fa uenticinque, & coſi farai del lato b c. che farà ſimilmente uenticinque,
che
posti inſieme col primo uenticinque produce cinquanta.
la cui radice quadrata è 7 1/14 &
di
tanti piedi ſarà la diagonale.
ſimilmente farai nelle altre figure quadre di anguli dritti, co
me
nella figura e f g h.
Della ſquadra inuentione di Pitagor a per formare l'an­
gulo
giusto.
Cap. II.
Pitagora ſimilmente' dimoſtrò la ſquadra ritrouata ſenza opera di artefice alcu­
no
, & fece chiaro con quanto grande fatica i fabri facendola, a pena la poſſo­
no
al giuſto ridurre.
Queſta coſa con ragioni, & uie emendata, da ſuoi pre­
cetti
ſi manifeſta: perche ſe egli ſi prenderà tre regole, una di piedi tre, l'altra
di
quattro, la terza di cinque, & queſte regole compoſte ſiano, che con i capi ſi tocchino
inſieme
facendo una figura triangulare, condurranno la ſquadra giuſta; & alle lunghezze
di
ciaſcuna regola, ſi farà uno quadrato di lati eguali, dico, che del lato di tre piedi ſi fa­
un quadrato di noue piedi, & di quello, che ſarà di quattro piedi ſi farà uno quadrato
di
ſedici piedi, & di quello, che ſarà di cinque, ſe ne farà uno di uenticinque, & coſi quan­
to
di ſpacio ſarà occupato da due quadri, l'uno di tre, l'altro di quattro piedi per lato, tan
to
numero di piedi quadri uenirà dal quadrato tirato ſecondo il lato di cinque piedi.
Ha­
uendo
Pitagora ritrouato queſto, dubitando di non eſſere ſtato in quella inuentione
dalle
Muſe ammaeſtrato, riferendole grandiſsime gratie, ſi dice, che a quelle ſacrificio
fece
delle uittime: & quella ragione come in molte coſe, & in molte miſure è utile, coſi
negli
edificij per fare le ſcale, acciochei gradi ſieno di proportionata miſura, è molto eſpe
dita
: perche ſe l'altezza del palco da i capi della trauatura al liuello, & piano da baſſo ſarà
in
tre parti diuiſa, la aſceſa delle ſcale ſarà in cinque parti di quelle con giuſta lunghezza
de
i fuſti: perche quanto grandi ſaranno le tre parti dalla ſomma trauatura al liuello di ſot
to
, quattro di quelle ſi hanno a tirare in fuori, & ſcoſtarſi dal dritto: perche a queſto mo­
do
ſaranno moderate le collocationi de i gradi, & delle ſcale: & coſi anche di tal coſa ſa­
diſegnata la forma.
Pone Vitr. la inuentione della ſquadra, & l'utile, che ſi caua da quella. Pitagora huomo
diuino
in molte coſe fu lo inuentore della ragione della ſquadra, nel che egli trapaßò digran lun­
ga
la inuentione di molti artefici eccellenti, & però merita grandiſſima commendatione.
La ſqua
dra
ſi fa di tre righe poſte in triangolo, ſi che la lunghezza di una ſia di tre, dell'altra di quat­
tro
, della terza di cinque parti.
da queſta inuentione ſi comprende, che facendoſi tre quadri per
fetti
, ſecondo la lunghezza di ciaſcuna rigail quadro fatto dalla riga di cinque parti, ſarà tan-
1to grande, & capirà tanto, quanto i due quadri ſatti dalle due altre righe, come ſi uede per la fi­
gura
ſottoſcritta.
L'uſo della ſquadra in tutte ſorti di fabriche, & di edificij è molto utile, &
neceſſario
, & troppo ſarebbe lunga coſa il ragionarne partitamente: ma in ſomma queſto è, che
lo
angulo giuſto è miſura di tutte le coſe, la doue i Quadranti, i Raggi, i Triangoli, & ogni al­
tro
ſtrumento, col quale ſi miſura l'altezze, le lunghezze, & larghezze, tutti hanno la lor uir
nello angulo giuſto, che nella ſquadra, che norma ſi chiama è collocato: però Vitr. fuggendo
la
noia, ci porta ſolamente un mir abile uſo di quella, che è poſto nel proportionare le ſcale, &
le
ſalite di modo, che ſiano commode, & atte per montarui.
Noi, perche delle ſcale non haue­
mo
fatto mentione fin hora, ne ragionaremo al preſente.
Il porre le ſcale ricerca giudicio, &
iſperienza
piu che mediocre, perche è molto difficile di trouarle luogo, che non impediſca, o rub
bi
il compartimento delle ſtanze, però chi non uuole eſſere impedito dalle ſcale, non impediſca
egli
le ſcale, & proueda di darle un certo, & determinato ſpatio, accioche ſiano libere, & diſ­
obbligate
.
perche aſſai commode ſaranno, la doue daranno meno incommodo. Qui ſi ragiona
delle
ſcale, & ſalite de gli edificij, & non delle ſcale, che ſerueno all'uſo della guerra.
Delle ſca
le
adunque ſi hanno a conſiderare le maniere, il luogo, l'apriture, la figura, il numero de gradi,
& la requie.
Egli ſi aſcende al diſopra o per gradi, o per ſalite, & montate pendenti. Le montate ſi
uſano
ne i gran palagi, & caſe regali, & ſono molto commode, perche la ſalita ſi fa a poco a
poco
, ſenza grande mouimento, ſpecialmente quando ſi ha queſta uia di farle piu piane, che ſi
puo
, & a queſto modo ſi fanno anche le ſalite de i monti per opera de gli huomini.
Ma quelle
ſcale
, che hanno gradi deono eſſer ſimilmente commode, & luminoſe.
commode ſaranno quan­
do
ſi ſeruerà la proportione della qual diremo, & ſe daranno meno incommodo (come ho det­
to
) proportionate deono eſſer, & quanto a tutta la ſcala, & quanto a i gradi; alche fare ci gio
ua
la ragione, & la figura poſta da Vitr.
Luminoſe ſaranno, per la ragione detta altroue di pi­
gliar
i lumi, & per lo giudicio dello Architetto.
Il numero de i gradi, & de i ripoſi (perche
egli
ſi deue auuertire di non fare molti gradi ſenza requie di mezo) è ſecondo gli antichi, che non
ſi
facciano piu di ſette, o noue gradi ſenza un piano: per dar ripoſo a chi nel ſalire ſi ſtancaua,
perche cadendo alcuno, non cadeſſe da luogo molto alto, ma haueſſe doue fermarſi.
L'altez­
za
de i gradi, & i piani, ſi deono fare in modo, che quanto meno ſi puo il piede ſi affatichi alzan
doſi
: Non biſogna paſſare le miſure di Vitr. date nel terzo libro, cioè farli maggiori, ma bene
ci
tornerà a propoſito ne i priuati edificij accommodarli piu che ſi puo.
Le ſcale a lumaca ſpeſſo
danno
gran commodità a gli ediſicij perche non occupano molto luogo, ma ſono piu difficili, ſe ſi
fanno
per neceſſità.
Nella Lamagna per l'ordinario le ſcale ſono ne gli anguli de gli edificij, il
che
è difettoſo: perche fineſtra, nicchio, ſcala, apritura alcuna deue eſſer poſta ne
gli
anguli delle caſe, i quali anguli douendo eſſere ſodiſſimi, quando ſono aperti, s'indeboliſceuo.

In
ſomma il numero delle ſcale non è lodato, perche è di molto impedimento a tutta la fabrica,
& la moltitudine de i gradi aggraua lo edificio.
Hanno le ſcale tre apriture, una all'intratæ
dal
piedi, l'altra doue ſono i lumi, la terza è la riuſcita di ſopra.
Tutte deono eſſere ampie, &
magnifiche
, (intendo delle ſcale principali ſpecialmente) & quaſi deono inuitare le genti alla
ſalita
.
Però la prima entrata, & la bocca della ſcala deue eſſere in luogo, che ſubito ſi ueda
dentro
della entrata.
Il lume deue eſſer alto, perohe dia lume egualmente a tutti i gradi. Qui
ci
ſerue la ragione dell'ombra, & ſi troua che quella proportione, che hauerà l'ombra con tutta
l
'altezza della ſcala, la medeſma hauerà l'altezza d'un grado col piano d'un'altro.
La riuſcita
deue
riporci in luogo, che la ſala ſi ueda tutta egualmente, & i lumi delle fineſtre ci uenghino
nel
mezo, & di numero diſpari, & ſi conoſch i lo incontro delle porte delle ſtanze da una parte,
& dall'altra della ſala: & tanto ſia detto delle regole delle ſcale.
Ma mirabilmente s'impara
uedendoſi
le coſe fatte da gli antichi, & i belli auuertiment i, che hanno hauuto: come ſarebbe
nel
belliſſimo edificio della ritonda, doue le ſcale, che uanno di dentro uia ſe bene ſono a lumaca,
però
non uanno circolarmente, ma in triangolo, il che prouede a quelli, che gir ando patiſceno
1107[Figure 107]
1per la debolezza del capo, la uertigine. Similmente i gradi, che uanno ſu la tribuna di detto
Tempio
hanno i loro piani piegati in entro, perche ſe uno diſcendendo cadeſſe, hauendo il calca­
gno
piu baſſo, che la punta del piede, fuſſe forzato a dare in dietro, & non cadere inanzi.
Bel­
le
ſono anche le ſcale di alcuni moderni.
come ſi uede nel mirabile palazzo d'Vrbino, & anche
in
Roma le ſcale del palazzo.
& altroue, che ci portano molto lume, & ci fanno molto auuer­
titi
.
Hora quanto appartiene a Vitr. dico, che egli uuole, che dalla ſquadra ſi prenda la miſu­
ra
della ſcala.
Imperoche dal ſolaro al piano, per linea perpendicolare uuole, che lo ſpatio ſia
diuiſo
in tre parti, & di doue cade il piombo ſi tiri una linea in fuori, che ſia diuiſa m quattro
parti
eguali ciaſcuna a ciaſcuna delle tre.
Se adunque dall'altro capo del piano, ſarà tirata una
Linea
alta ſommit à della perpendicolare, che ſia di cinque parti, allhora compartendoſi i gradi ſo
pra
quella, ſarà la ſcala commoda, & proportionata, come ci moſtra la figura.
Delle ſcale a
lumaca
doueria ſimilmente Vitr. hauerne ragionato, ſe qui fuſſe ſtato il luogo ſuo.
Ma quello,
che
egli ha detto delle ſcale è ſtato per occaſione, & per dimoſtrare, l'uſo della ſquadra; & ſe be
ne
altroue non ne ha detto, non però ci ha laſciato ſenza occaſione di potere da noi trouare il mo
do
di farle.
Conuengono le ſcale dritte con le torte nella miſura, & commodità de i gradi: con­
uengono
nelle apriture, & in altre coſe, ma queſta è la differenza, che il fuſto delle ſcale dritte,
che
è detto, Scapo, da Vitr. è una linea dritta, che dalla ſommità al piano diſcende, come hipo­
tenuſa
, o diagonale: ma il fuſto delle ſcale a lumaca è dritto a piombo, & d'intorno a quello, co­
me
ad un perno ſono i gradi, benche anche ſifacciano le lumache ſenza fuſto.
Queſte ſcale erano
fatte
da gli antichi per ſalire a luoghi altißimi, come ſono colonne, piramidi, & altri grandiſſi­
mi
ed ficij.
Lapianta delle lumache è come una uoluta, la eleuatione ſi fa da certi punti della
uoluta
.
però Alberto Durero ce la inſegna nel primo libro della ſua Geometria. Noi hauemo meſ­
ſo
la figura, & la proſpettiua, inſieme con le ſopradette dimoſtrationi.
Come ſi poſſa conoſcer una portione d'argento meſ­
colata
con l'oro finita l'opera.
Cap. III.
Esſendo ſtate molte, & merauiglioſe inuentioni quelle di Archimede, di tutte
con
infinita ſolertia, quella, che io eſponciò, pare, che troppo ſia ſtata
eſpreſſa
.
Imperoche Ierone nobilitato della regia poteſtà nella città di Sira­
cuſa
, eſſendogli le coſe proſperamente ſucceſſe, & hauendo deliberato di por
re
al Tempio una corona d'oro uotiua, & di conſecrarla a i Dei immortali, per grandiſ­
ſimo
pretio la diede a fare, dando a colui, che ſi preſe il carico di farla, a peſo la quantità
dell
'oro.
Queſti al tempo debito approuò al Re l'opera ſottilmente fatta con le mani,
& parue che al giuſto peſo dell'oro reſtituiſſe la corona.
Ma poi, che fu inditiato, che
leuatone
una quantità di oro, altrettanto di argento in quella poſto haueſſe, Ierone ſde­
gnato
di eſſere ſtato sbeffato, potendo hauere la ragione, con che egli ſcopriſſe il fur­
to
, pregò Archimede, che prender uoleſſe la cura di riconoſcere il fatto, penſandoui
molto
ben ſopra.
Hauendoſi Archimede allhora preſo il penſiero di queſto, per caſo en
trò
in un bagno.
Et iui nel ſoglio diſceſo gli uenne ueduto, che quanto del corpo ſuo
ci
entraua dentro, tanto di acqua fuori del ſoglio ne uſciua.
per il che hauendo ritrouato
la
ragione di potere dimoſtrare la propoſta, non dimorò punto, ma uicito con grande al
legrezza
del ſoglio, & andando ignudo uerſo caſa, dimoſtraua ad alta uoce d'hauere ritro
uato
quello, che egli cercaua, perche correndo tutta uia gridaua in Greco.
Eurica, Eu­
rica
, cioè io ho trouato, io ho trouato.
Dapoi che egli hebbe l'ingreſſo di quella inuentio
ne
, fece due maſſe di peſo eguale ciaſcuna alla corona, delle quali una era d'oro, l'altra
di
argento, & hauendo queſto fatto, empì fin all'orlo d'acqua un ampio uaſo, & prima ui
1poſe dentro la maſſa dello argento, della quale, quanto entrò di grandezza tanto ne uſcl
di
humore, coſi trattone la maſſa rifuſe tanta acqua, che riempiſce il uaſo, hauendola col
ſeſtario
miſurata, ſi che all'iſteſſo modo di prima s'agguagliaſſe col labro.
Et da quello
egli
ritronò quanto ad un terminato peſo d'argento certa, & determinata miſura d'acqua
riſpondeſſe
.
Et hauendo queſto prouato depoſe la maſſa dell'oro nel uaſo ſimilmente
pieno
, & trattala fuori, con la iſteſſa ragione aggiuntaui la miſura, trouò, che non ci era
uſcita
tanta acqua, ma tanto meno, quanto in grandezza del corpo con lo iſteſſo peſo era la
maſſa
dell'oro minore della maſſa di argento in fine riempito il uaſo, & poſta nella iſteſſa
acqua
la corona, trouò, che piu di acqua era uſcita fuori per la corona, che per la maſſa
dell
'oro dello iſteſſo peſo.
& coſi facendo la ragione da quello, che era piu dalla corona,
che
dalla maſſa uſcito cópreſe, che iui era meſcolato l'oro con l'argento, & fece manifeſto
il
furto di colui, che s'haueua preſo il carico di far la corona.
Il fuoco tra tutti gli elementi è leggierißimo, perche (come s'è detto nel ſecondo libro) a tutti
gli
altri ſopra stà.
Grauiſſima è la terra, perche a tutti gli altri ſottogiace. L'aere, & l'ac­
qua
non ſono aſſolutamente graui, lieui, ma in riſpetto.
Perche l'aere all'acqua ſopraſcende.
alfuoco
diſcende; l'acqua ſale ſopra la terra, & cala nello aere.
Similmente le coſe compoſte
de
gli elementi hanno quel mouimento, che loro quello elemento, che preuale nella compoſi­
tione
.
La doue le coſe, che nell a mistura loro hanno piu dell'aere, o del fuoco, aſcendeno, co­
me
ſono i fumi, i uapori, le ſcintille, il fuoco materiale qua giu, & altre exhalationi, & ſpiriti.

Male
coſe, che hanno in ſe piu di acqua, o di terra, ſimuoueno a quella parte doue l'acqua, o
laterra
le inclina.
Oltra di queſto ogni elemento nel ſuo luogo naturale ripoſa, come l'acqua nel
luogo
dell'acqua, la terra nel luogo della terra, & ſimilmente gli altri.
Queſta compara­
tione
non riguarda alla quantità del peſo, ma alle ſpecie della grauità.
Perche altro è a dire, che
una
gran traue peſa piu, che una lametta di piombo, altro, che il piombo ſia piu graue del legno.

Perche
ſe bene la traue è maggiore in quantità di peſo, è però in quanto alla ſpecie di graui­
piu leggieri, percioche uedemo il piombo nell'a equa diſcendere, & il legno ſopranotare.
Ac­
cioche
adunque egli ſi poſſa ſapere le ſpecie della grauità, è neceſſario pigliare grandezze eguali
di
corpi perfetti, & ſe egli ſi trouerà, che ſiano dipeſo eguale, egli ſi potrà dire, che ſiano m
ſpecie
egualmente graui.
Ma ſe una qual ſi uoglia di quelle grandezze eguali ſarà di peſo maggio
re
, ſenza dubbio ſi potrà affermare, che il corpo di eſſa ſarà di ſpecie piu graue.
Ecco lo eſſem­
pio
.
Prendi tanto di marmo quanto di legno o di acqua: Io dico, che quanto alla grandezza, ue
derai
, che il marmo peſa piu che il legno, o l'acqua, & il legno leggieriſſimo, perche stà ſopra
l
'acqua, il marmo grauißimo, perche diſcende nell'acqua.
Però ſi puo concludere, che l'acqua
ſia
piu lieue del marmo, ma del legno in ſpecie piu graue.
La onde di due corpi diuerſi, & d'uno
isteſſo
peſo, quello ſarà maggiore di grandezza, che di ſpecie ſarà piu lieue di peſo.
Et però di
due
maſſe una d'oro, l'altra d'argento, che ſiano di peſo eguale, la maſſa di argento ſarà di mag­
gior
grandezza.
Da questa ragione aiutato Archimede ſcoprì il furto dell'orefice. Percioche
poſe
ciaſcuna maſſa ſeparatamente in un uaſo pieno d'acqua, & miſurò quanto d'acqua era uſci­
ta
del uaſo per l'una, & per l'altra maſſa, & uedendo, che per la maſſa d'argento era uſcita
piu
acqua, che per la maſſa d'oro, imperoche era di grandezza maggiore, preſe la corona lauo­
rata
, della quale egli a richieſta di Ierone faceua la proua.
La quale era pari di peſo a ciaſcu­
na
delle due maſſe, & la poſe nel uaſo, del quale uſcì piu acqua per la corona, che per la maſſa
d
'oro, & meno, che per la maſſa d'argento.
& regolato per la regola delle proportionali, co­
gnobbe
non ſolamente la corona eſſere stata falſificata, ma anche di quanto era ingannato Iero­
ne
.
La occaſione, che egli hebbe di ſi bella inuentione fu l'acqua, che uſci del uaſo, che Vitr.
chiama
, Solium, quando egli entrò nel uaſo per lauarſi.
& però moſſo da quel piacere, che
ſuol
partorire la inuentione, (come dice Vitr. nel primo libro al terzo capo) nudo correndo
gridaua
in Greco.
Eurica, Eurica, cioè ho trouato, ho trouato.
1
Hora transfcriamo la mente a i penſieri di Archita Tarentino, & di Erathoſtene Cire­
neo
, perche queſti huomini hanno ritrouato molte coſe dalle mathematice grate a gli huo
mini
.
Et benche habbian piacciuto nelle altre inuentioni, niente di manco nel conten­
dere
di una ſono ſtati ſoſpetti.
Percioche ciaſcuno con diuerſa ragione ſi è forzato di eſpli
care
quello che Apollo nelle riſpoſte in Delo haueua comandato: cioè, che raddoppiato
fuſſe
il numero de i piedi quadri, che haueua il ſuo altare, donde ne ſarebbe auuenuto,
che
chiunque ſi haueſſe in quella iſola ritrouato, fuſſe allhora dalla religione liberato.
Et
però
Archita con le deſcrittioni de i cilindri, Eratoſthene con la ragione inſtrumentale
del
meſolabio eſplicorno la iſteſſa coſa.
Dice Vitru. che lc inuentioni di Archita, & di Eratoſthene ſono ſtate grate a gli huomini, ma
trattando
amendue una queſtione iſteſſa, & forzandoſi ciaſcuno per diuerſe uie riſoluerl a, hanno
dato
ſoſpetto: non perche una quiſtione non ſi poſſa ſciogliere a diuerſi modi: ma perche le genti
che
non ſanno, uedendo, che Archita uſaua una uia, & Eratoſthene un'altra, ſoſpettauano per la
loro
concorrenza, penſando che guerreggiaſſero a proua.
come ſe uno pigliaße l'altezza d'una
torre
col quadrante, l'altro con lo ſpecchio, il terzo con due dardi, & l'altro in ſomma con l'
ſtrolabio
, o con il raggio mathematico, non ſapendo il uulgo, che di tutti queſti, & altri inſtru­
menti
fuſſe una ragione iſteſſa, preſa dalla proprietà, & forza de gli anguli, ſoſpicherebbe, che
quella
concorrenza de i miſuratori non intricaſſe il uero, con la diuerſità de gli inſtrumenti.
Il
medefimo
auuenne dalla concorrenza di Archita, & d Eratoſthene.
La proposta era come ſi
doueſſe
raddoppiare un cubo.
Cubo è corpo (come ho detto nel proemio del quinto libro) di ſei
faccie
, & di ſei lati eguali, come un dado; & ſi miſura, moltiplicando uno de' ſuoi lati in ſe ſteſſo,
& di nuouo moltiplicando il prodotto per lo isteſſo lato.
come per eſſempio ſi uede. Dato ci
ſia
il cubo di cui ciaſcuno de i lati ſia otto: moltiplica otto in ſe, ne uiene ſeſſanta quattro, molti­
plica
poi ſeſſantaquattro per otto, ne uiene cinquecento & dodici, & tanti piedi cubi ſaranno
nel
detto cubo.
Hauendoſi adunque formato il cubo di cinquecento & dodici piedi, biſogna ſe­
condo
la dimanda raddoppiarlo.
Alche fare cio ſerue il ſapere come tra due linee dritte, & di­
ſeguali
, che ci ſaranno propoſte, ne poſſiamo trouare due altre di mezo, che habbiano continua­
ta
proportione tra ſe, & con le prime. Per uolere adunque trouare queste linee proportionate,
undici
modi ci ſono ſtati propoſti da gli antichi.
Altri hanno uſato le dimostrationi mathemati­
che
ſolamente, altri anche hanno alle dimostratio ni aggiunti gli inſtrumenti.
Queſti inſtrumenti
conueniuano
nel nome, perche meſolabio era nome commune, che ſignifica instrumento da pi­
gliare
il mezo, imperoche con quello instrumento ſi trouano le linee proportionali di mezo alle
proposte
.
Archimede adunque usò lo meſolabio, & Platone ſimilmente. Archita fece alcune
dimoſtrationi
per uia di ſemicilindri, che fu giudicato eßer impoſſibile a farne inſtrumento, ben­
che
io ne ho ueduto, ſecondo la dimoſtratione di Archita molto ben fatti, & commodi all'uſo.

Io
eſponerò & le dimoſtrationi, & gli inſtrumenti, & moſtrerò come nel raddoppiamento del cu
bo
, ci ſerue la inuentione delle due proportionali proponendo prima la occaſione di ſi bella diman
da
: nellaquale ſi comprenderà l'utile grande, che ſono per prendere gli Architetti dalla inuentio­
ne
, & dal ſapere le dimoſtrationi, & dall'uſo di ſi belli ſtrumenti.
Egli ſi legge una Epiſtola di
Eratoſthene
al Re Ptolomeo ſcritta in queſto modo.
AL RE PTOLOMEO ERATOSTHENE SALVTE.
Egli ſi dice, che uno de gli antichi compoſitori di Tragedie introduce Minos a fabricare il ſe­
pulcro
a Glauco: & hauendoſi detto, che quello era di cento piedi per ogni lato, riſpoſe, queſta
è
picciola arca per un ſepulcro regale.
ſia dunque doppia, & non ſi muti il cubo. ueramente chi
uorrà
raddoppiare ogni lato in larghezza del ſepulcro, non parerà eſſer fuori di errore; perche ſe
ſi
raddoppieranno i lati, ogni piano riuſcirà quattro piu, & il ſodo otto piu.
Fu adunque diman-
1dato a i Geometri, in che modo stando quel ſodo nella iſteſſa figura, ſi poteſſe raddoppiarlo. &
queſta
dimanda fu detta.
il raddoppiamento del cubo. imperoche propoſtogli un cubo, cercaua
in
che modo poteſſero farne un doppio a quello.
Stando adunque molti lungamente in dabbio, pri­
mo
fu Hippocrate Chio, ilquale pensò, che ſe egli ſi trouaua, come propoſte due linee dritte, delle
quali
la maggiore fuſſe doppia alla minore, ſi pigliaſſe due altre di mezo proportionate in conti­
nua
proportione, che ageuolmente ſi raddoppiarebbe il cubo.
per ilche la difficultà di doppiare
il
cubo, & il dubbio propoſto adduſſe i mathematici, & gli auuolſe in una maggiore.
Non mol­
to
dapoi, ſi dice, che eſſendo a gli habitatori di Delo, che erano appeſtati, dall'oracolo impoſto,
che
raddoppiaſſero un certo altare, ſi uenne nella iſteſſa dubit atione & eſſendo ripreſi i geometri
da
Platone nell' Academia, che ſi penſaſſero di ritrouare quello, che era propoſto, quelli molto
piu
uolentieri ſi diedero alla fatica, & ritrouorno, che propoſte due linee biſognaua ritrouarne
due
altre di mezo.
ſi dice, che Archita Tarentino ritrouò la propoſta per uia di ſemicilindri, Eu
doxo
per linee piegate; Auuenne inuero, che queſti tutti con dimoſtrata ragione deſcriueſſero la
ſcientia
del ritrouare come tra due date linee dritte ſene poteſſero dare due in continua proportio
ne
.
ma non ritrouarono però come queſto ſi poteſſe ageuolmente operare con mani, & uſare con
inſtrumenti
: eccetto Menechmo, ilquale breuemente, & con oſcurità ritrouò non che.
Ma
noi
ci hauemo imaginato una facile inuentione, per uia d'inſtrumenti, con laquale non ſolamente
ſi
potranno ritrouare due linee di mezo a due propoſte & dritte in continua proportione, ma
quante
ci ſara in piacere di ritrouare.
con queſta inuentione, adunque potremo ridurre in cubo
ogni
corpo ſodo propoſto, che ſia ſotto linee parallele contenute, & ſimilmente transferite da
corpo
in corpo, & farne un ſimile, & accreſcerlo quanto ci piacerà, oſſeruando ſempre la iſteſ­
ſa
ſimiglianza: per ilche & i Tempij, & gli altari.
potremo anche & a miſura ridurre le miſure
delle
coſe liquide, & aride, come le metrete, i moggi, & al cubo transferirle con i lati de i qua­
li
ſi miſurano i uaſi capaci delle coſe liquide, & delle ſecche, accioche ſi ſappia quanto tengono.

In
ſomma la cognitione di queſta dimanda, è utile, & commoda a quelli, che uogliono raddop­
piare
o far maggiore tutti quelli ſtrumenti, che ſono per trarre dardi, pietre, o pali di ferro: per­
cioche
egli è neceſſario che ogni coſa creſca in larghezza, & grandezza con proportioni, o ſia­
no
fori, ò nerui, che ci entrano, o quello che occorre.
ſe pur uolemo, che il tutto creſca con pro­
portione
.
Ilche non ſi puo fare ſenza la inuentione del mezo. la dimoſtratione adunque & l'appa­
rato
del detto inſtrumento ti qui ſotto deſcritto, & prima la dimoſtratione.
Siano propoſte due linee dritte, & diſeguali, a b. & c d. cerchiamo tra queſte due ha­
uerne
due di mezo, che ſiano in continua proportione, cioè che ſi come ſi ha la prima alla ſecon­
da
, coſi egli ſi habbia la ſeconda alla terza, & la terza alla quarta.
faccianſi cadere le due li­
nee
dritte a b. & c d. ad anguli giusti ſopra la linea b d. & delle propoſte ſia maggiore
la
linea a b. & minore la c d. & dallo a al c uenga una linea, che tirata piu oltre ca­
da
ſopra la linea b d. nel punto e. uenghi anche dal punto.
a. ſopra la linea b d. una li­
nea
& ſia quella a f. & dal punto f. ſia tirata una linea parallela alla linea a b, & ſia
quella
, f g. che tagli la linea a c. nel punto g. ſia poi dal punto g tirata una linea al
punto
h. parallela alla linea a f. & ſia quella g h. che tagli la linea b d nel punto h.
ſopra
ilqual punto ſi drizzi una linea parallela alla linea a b, & ſia qnella h i. che tagli la
linea
a c. nel punto i. dal qual punto diſcenda una linea egualmente diſtante alla linea a f.
& termini nel punto d.
Fatto queſto per maggiore eſpreſſione chiameremo le linee a b. f g.
h
i. c d. le prime parallele, & le linee a f. g h. d i. le ſeconde parallele.
ſimilmente, ci
ſono
due gran triangoli l'uno è lo a b c. che ha lo angulo b. giuſto.
l'altro è lo a f e. quel­
lo
ſi chiamerà primo triangulo, queſto ſecondo triangolo.
nel primo adunque ci ſono quelli trian­
goli
fatti dalle prime parallele, & ſono, g f e. i h e. c d e. queſti, perche ſono di anguli
eguali
, come ſi ha per la uigeſima nona del primo di Euclide, ha mo i lati proportionali come ſi
ha
per la quarta del ſeſto.
ſimilmente perche i ſecondi triangoli fatti dalle ſeconde parallele ſo-
1no di lati eguali, ſcnza dubbio haueranno i lati proportionali. Adunque, ſi come nelle prime
parallele
hanno proportione tra ſe a e. ad a g. coſi hanno b e. ad e f. & ſi come a c.
ad
e g. ſi hanno nelle ſeconde parallele, coſi f e. ad e h. & di nuouo come nelle prime f
e
. ad e h. coſi g e. ad c i. ma nelle ſeconde parallele come g e. ad e i. coſi b c. ad
e
d. ſono adunque continue proportionali b c. e f. h e. e d. per la iſteſſa ragione ſi di­
moſtra
, che ſono continue proportionali, anche a b. f g. h i. d c. perche ſi come ſi ha b
e
. b f. coſi ſi ha a b. ad f g. & come f e. ad e h. coſi f g. ad h i. & come h
e
ad e d. coſi h i. à c d.
Date adunque due dritte linee a b. & c d. ritrouato baue­
mo
due di me zo continue proportionali, che ſono, f g. & h i. ilche era nostra intentione di
fare
.
Queſta è la opinione di Eratoſthene cerca la dimoſtratione: & ſe bene egli uuole, che la li­
nea
a b. & la c d. ſiano ad angoli dritti ſopra la linea b d. non è però, che non ſegua la
iſteſſa
concluſione in qualunque modo l'una, & l'altra linea cada ſopra la linea b d. pure che
amendue
facciano angoli ſimiglianti, & ſiano per ſimili cadimenti egualmente diſtanti: perche
tutto
è fondato ſopra queſta ragione, che, di quelli triangoli, che hanno gli angoli eguali, i lati ſo
no
proportionali.
In ſomma ſe noi uorremo trouare piu di due linee proportionali tra le due da­
te
a b. & c d. biſognerà ſecondo il ſopradetto modo formare piu linee parallele, delle
prime
come delle ſeconde.
Ma lo inſtrumento col quale ſi poſſa formare coſi bella proua ſecon­
do
Eratoſthene è queſto.
Piglia una piana di legno, o di rame piu lunga, che larga di figura qua­
drangulare
, & d'angoli dritti.
& ſia per eſſempio la tauola a b d c. aeconeia poi tre lamet­
te
ſopra di quella di q ualche materia ſoda ſottile, & polita, che ſiano quadrangolari, & di an­
guli
dritti, di modo, che una di quelle ſia ferma nel mezo della piana, ſi che non ſi poſſa mouere
alla deſtra, alla ſiniſtra, & ſia quella.
e f g h. habbia poi queſta lamett a ne gli angoli
ſuoi
, ne i punti e. & f. fitte due regole con i ſuoi pironi in modo, che ciaſcuna ſi poſſa uolge­
re
in ogni uerſo, & ſia una regola e m. & l'altra f n. ma l'altra lametta ſia K d e. che
ſia
con le teſte ſue in un canale nella piana ſi che poſſa ſcorrere uerſo la lametta e f g h. &
anche
a rimouer da quella, ſi che habbia i lati ſuoi paralleli al lato f h. della lametta ferma;
tenga
queſta lametta K d c. ſopra il punto K. una regola, che ſi poſſa uolgere & alzare,
& abbaſſare, come le altre & ſia quella K o. & poſſa eſſer parallela con le altre re­
gole
.
& i loro communi tagli, che fanno con la a g. f h. & l. ſiano nella iſteſſa dritta li­
nea
, m n o l. ſimilmente la a m. ſia eguale alla d K. perche la a m. inſenſibilmente
auanza
la d K.
Eſſendo queſte coſi ordinate tra due linee a b. & c d. ſi danno due di me­
zo
in continua proportione, che ſono e n, & f o. per le ſopradette ragioni.
Ma ſe per ſorte
le
due propoſte linee, come ſarebbe la s.
& la t. allequali biſogno ſia ritrouarne due di mezo
in
continua proportione, non ſaranno eguali a quelle linee, che ſono nello instrumento, a b &
r
d. facciaſi col mouere ſecondo il biſogno la lametta h d c. tirandola uerſo la lametta fer­
ma
, o allargandola, & ponendola ſempre egualmente distante: facciaſi dico, che ſi come ſi ha la
s
, alla t. coſi ſi habbia la a b alla r d. cioè ſe ſaranno la s, & la t tra ſe in proportio­
ne
doppia, o tripla, o ſeſquialtera, coſi ſiano tra ſela a b & la r d. perche alla a b. &
r
d. che ſono nello instrumento ritrouate, ritrouate ſi ſono due di mezo proportionate, ſeguita,
che
alla s & alla t. proposte trouate ſaranno due di mezo in continua proportione.
Quanto
piu
adunque artificioſo ſarà lo inſtrumento, & ben fatto, tanto piu facilmente ciſeruirà a ritro­
uare
le due proportionali; però le teste delle lamette, che ſi moueno entreranno ne i loro canali
aſſettate
, & ſi moueranno dolcemente.
Et ſe alcuno uorrà trouare piu di due linee proportio­
nali
, egli potrà con la aggiunta di piu regole, & lamette farlo commodamente.
& questa è ſta­
ta
la inuentione di Eratosthene.
Biſogna però auuertire, che le regole ſiano lunghe, perche quan
do
biſogna allargare le lamette poſſino aggiugnere a i tagli delle linee, che ſi uorranno proportio­
nare
, & tocchino il lato ſuperiore dello instrumento, come e m, f x, K u. anzi per dir me­
glio
ſiano tanto grandi quanto ſarebbe la diagonale della lametta e f g h, ouero poco piu.
1Reſta di dire con piu chiarezza, & facilità, come ſi debbia uſare queſto instrumento, cioè come
con
eſſo ſi poſſa tra due linee dritte ritrouarne due altre o piu proportionate, ſecondo la mente di
Eratoſthene
, & prima tra due due, & poi tra due piu proportionali.
Siano due linee dritte, a b.
c
d. cadino amendue ſopra una dritta in modo, che ſiano parallele.
& tanto ſi aggiugna alla
linea
c d, che ella ſia pari alla linea a b, il cui capo ſia e, & dallo a ſia tirata una linea
fin
allo e. ſiche ſi faccia una ſuperficie quadrangulare.
a b c. partiſcaſi poi la linea b c.
in
tre parti, una dellequali ſia la doue è la f. & alquanto piu inanzi dal punto f ſia ſegna­
to
il punto.
g. di modo, che dal b al g. ſia alquanto piu d'un terzo della linea b c. ſimil­
mente
nella linea a c. ſia ſegnato un punto tanto distante dallo a, quanto è il g. dal b. &
ſia
quello h. & ſi leghi poi il g. con lo a. & con lo h. & lo a. con il d. & la g h,
tagli
la a d nel punto.
i. ſimilmente ſi tagli tanto della linea a b. quanto è dal g. allo
i
. & ſia quello ſpacio b K, & dallo i al K. ſi tiri una linea fin'al toccamento della linea
g
a. & ſia iui ſegnato l. & perche per la trenteſima terza del primo d'Euclide la linea a b.
è
parallela alla linea g i h. & per lo preſupposto nostro le linee g i. & b h ſono eguali,
ne
ſegue, che la linea b g, ſia parallela alla linea i l.
Oltra di questo delle linee g c. &
h
e. ſi leuino due parti eguali alla parte i l. & ſiano quelle g m. & h n. & ſiano con­
giunte
i m. & m n. per la allegata propoſitione g l, & m i ſaranno parallele.
& ſimil
mente
g h. & m n.
Tagli anche la linea m n, la a d nel punto o. & ſia preſo tanto
della
linea b K, quanto è m o. & ſia quella parte b p. & dal punto o. uerſo il punto
p
. ſia tirata una linea, finche ella tocchi la linea.
i m. nel punto. que ſe adunque la linea
m
e ſarà eguale alla o que egli ſtarà bene.
ma ſe la m c. ſarà minore, adunque la b g ſa­
ſtata preſa maggiore del giusto.
però biſognerà pigliare la b g alquanto minore; & ſarà
da
ripigliare la iſteſſa deſcrittione, & tanto eſperimentare, che la parte o q ſia eguale alla
m
c. ſia adunque la m c. eguale alla o que adunque ſaranno parallele c o. & m que
per
lo preſuppoſto & per la trenteſima del primo de gli elementi.
finalmente le a b. g i. mo.
c
d. ſaranno le prime parallele.
ma l' a g. m i. c o. le ſeconde. Dico che alle linee a b.
c
d le di mezo proportionali ſaranno g i. & m o. ſiano adunque la a d & b c. tira­
te
in lungo, & cadino inſieme nel punto r. & perche per la ſimiglianza de i triangoli ſi como
è
la a r. alla r i. nelle prime parallele coſi è b r ad r g. oltra di questo alle ſeconde pa­
rallele
, ſi come è la a r. alla r i. coſi la g r. alla r m. & nelle prime parallele ſi come è
la
g r. alla r m. coſi la i r alla r o, & nelle ſeconde parallele come la i r alla r o.
coſi
la m r. alla r c. ſono adunque continue proportionali b r. r g. m r. r o.
Ma ſot­
to
la iſteſſa proportione anche è per la quarta del ſeſto de gli elementi, che ſi come è la a b
alla
g i coſi la g i alla m o. & la m o alla c d.
Tra due dunque dritte linee da to
a
b. & c d. ſi ſono trouate due continue proportionali di mezo, come biſognaua di ſare.
&
con
ſimili ragioni potremo ritrouarne quante uorremo.
& però per trouarne qui due di mezo pro­
portionali
la b f. ſarà un terzo della b c, per che la b g, è alquanto piu del terzo della
b
c. & non mai minore, eguale alla b f. & per trouarne tre di mezo proportionali, la
b
f ſarà un quarto della b c. & la b g alquanto maggiore della b f. & per trouarne
quattro
la b f ſarà un quinto della b c, & la b g ſarà alquanto maggiore della b f. cioè
un
quinto di eſſa b c, & coſi ſempre la b c. ſarà partita in una parte piu di quello, che ſono
le
linee mezane, che trouar uorremo, & ſempre la b f ſarà una di quelle parti, & la b g. al­
quanto
maggiore che la b f. & però ſi piglia la parte b f. che ſia a punto tante fiate della
b
c, accioche piu preſto ſi poſſa conietturare la grandezza della b c.
Quanto appartiene ad Archita dico, che la inuentione è difficile, & la dimostratione molto
ſottile
, di modo che molti hanno negato poterſi ritrouare inſtrumento conforme a quella dimoſtra
tione
.
N oi con quella facilità, che potremo dimoſtreremo la propoſta, i fondamenti dellaquale
ſono
ſparſi in molte propoſitioni, & Theoremi di Euclide, lequali propoſitioni è neceſſario ha-
1uerle per certe, perche troppo ſarebbe il ſciogliere ogni anello di ſi gran catena. Date ci ſiano
due
linee dritte, & ſia la a d maggiore, & la c. minore.
Tra lequali biſogna ritrouarne due
di
mezo proportionali.
Prendiamo adunque la maggiore, d'intorno laquale ſi faccia un circo­
lo
a b d f, nel qual circolo per la prima del terzo d'Euclide, ſi accommoderà una linea egua­
le
alla linea c. che ſia a b. laquale ſi ſtenda tanto oltre il circolo, che peruenga al punto p.
il
qual punto ſia lo estremo d'una linea, che deſcendendo tocchi il circolo nel punto d. & per­
uenga
al punto o. & ſia quella linea p d o. & a questa ne ſia tratta una egualmente diſtan
te
, che tagli la linea a d nel punto c. intendiſi poi uno ſemicilindro poſto dritto ſopra il ſe­
micircolo
a b d. intendiamo poi ſopra il parallelogrammo del ſemicilindro ſopra a d. che
ſia
deſcritto uno ſemicircolo, ilquale come uno parallelogrammo del ſemicilindro detto ſia ad an
goli
dritti ſopra il piano del circolo a b d f. queſto ſemicircolo girato dal punto, d al pun­
to
b. ſtando fermo nel punto.
a. che è termine del diametro a d, nel ſuo girare taglierà quel
la
ſoperficie cilindrica, & deſcriuerà una certa linea.
Oltra di queſto ſe ſtando ferma la linea
a
d il triangolo a p d. moſſo farà un moto contrario al ſemicircolo, ſenza dubbio egli deſcri
uer
à una ſoperficie conica della linea dritta a p. laquale nel girarſi ſi congiugne in qualche pun
to
di quella linea, che poco auanti fu deſcritta mediante il mouimento del ſemicircolo nella ſoper­
ficie
del ſemicilindro.
ſimilmente anche il b. circonſcriuerà un ſemicircolo nella ſoperficie del
cono
.
& finalmente il ſemicir colo a d e habbia il ſuo ſito dapoi, che egli ſarà moſſo la doue
cadendo
concorreno le linee.
& il triangolo, che ſi moue al contrario habbia il ſito d l a.
ſia
il punto del detto concadimeuto k. ſia anche per b deſcritto un ſemicircolo b m f. &
la
doue ſi taglia col ſemicircolo b d f a, ſia b f. indi dal punto k. a quel piano, che è del
ſemicircolo
b d a, cada una perpendicolare: certoè, che caderà nella circonferenza del cir­
colo
, perche il cilindro fu drizzato nel piano dello iſteſſo circolo.
Cada adunque, & ſia
k
i. & quella linea, che uiene dallo i. nello a. ſia congiunta con b f, nel punto. h.
Ma
perche l'uno & l'altro ſemicircolo d k a, & il b m f. è drizzato ſopra il piano del
circolo
a b d f. però il loro taglio commune m h. ſtà ad angoli giuſti ſopra il piano del
circolo
a b d f. adunque quello, che è ſotto b h f. cioè ſotto a h i. è eguale a quello,
che
uiene da h m, adunque per la conuerſione del corolario della ottaua del ſeſto de gli ele­
menti
, l'angulo a m i. è dritto.
& il triangolo a m i. è ſimile all'uno, & all'altro de i
triangoli
m a h. & a K d. & perche lo angulo d K a. è giusto per la trigeſima prima
del
terzo de gli elementi, perche per lo preſuppoſto egli è dentro nel ſemicirculo; & (ſi come è
stato
fatto manifesto) lo angulo a m i. è giusto.
adunque per la uigeſimanona del primo de
gli
elementi d K. & m i. ſono parallele.
& per la iſteſſa propoſitione k i, m h. ſono pa­
rallele
, percioche per lo preſupposto, & per quelle coſe, che ſono ſtate dimoſtrate K i. & m
b
. ſono perpendiculari, & ad angoli giusti al piano del circolo a b d f. adunque egli è pro­
portionale
, che ſi come è d a. ad a K. coſi ſia K a. ad a i. & i a ad a m. perche
i
triangoli da K.
K a i. i m a. ſono ſimili per la quarta del ſesto de gli elementi. conſe­
guentemente
adunque le quattro linee d a. a K. a i. & a m. ſono in continua proportio
ne
, & perche la a m. è eguale alla a h. la a m. ſarà eguale alla c.
per la commune ſen­
tentia
, che dice, che le coſe, che ſono eguali ad una coſa, ſono eguali tra ſe.
Date adunque
due
dritte linee a d. & c. ſono state ritrouate due di mezo proportionali, che ſono a K.
& a i. il che biſognaua fare. Ma pare a me, che piu preſto ci ſerua lo inſtrumento, che la dimoſtra
tione
, però imaginamo un circolo fatto nel piano come a b d f. & cheſopra ad anguli drit
ti
ui cada uno ſemicilindro, il quale ſi poſi ſopra il diametro a c d. del detto circolo, & che
nel
punto a. ſia dritto uno ſcmicircolo, che fermato nel detto punto a. ſi giri, & ſi entri &
eſca
nel ſemicilindro ſecondo il taglio, che egli farebbe, & che di ſopr a ui ſia un triangolo, oue­
ro
una quarta di circolo, dalla quale cadano le linee ſecondo il biſogno, & coſi ſi farà lo instru­
mento
, come ho ueduto da quelli ualent'buomini da Roma.
& perche quelli ſecondo le loro bel-
1le inuentioni daranno in luce, & questa, & altre belle coſe, io laſcierò il carieo a loro di publi­
carle
, hauendone molte gratie.
Hora uenirò alla dimoſtratione, & allo inſtrumento di Platone.
Lega
adunque le due dritte, tra le quali uuoi trouare le due di mezo proportionali ad angolo drit­
to
nel punto b. ſia la maggiore b g. & la minore e b.
Allunga poi l'una, & l'altra fuor
dello
angolo b. la maggiore uerſo il d. & la minore uerſo il c.
Et fa due anguli dritti trouan
do
il punto c. & il punto d. nelle loro linee conuenienti, & ſia uno angulo g c d. & l'al­
tro
c d e. dico, che tra le due dritte e b. & b g. hauerai proportionate due altre linee,
che
ſono b d. & b c. perche hauemo preſuppoſto, che lo angolo e d c. è dritto, & la
e
a. eſſer parallela alla c g. però ne ſegue per la uenteſima nona del primo, che lo angolo g
c
d. ſia giusto, & eguale allo angolo c d e. il quale ſimilmente preſupponemo eſſer giusto.

ma
la d b. per lo nostro componimento cade perpendicolare ſopra la c b e. ſimilmente la
c
b. è perpendicolare alla d b g. adunque per lo corolario della ottaua del ſesto, la b d. è
quella
linea proportionata, che cade nella e b. & la b c. & ſimilmente la linea b c. è la
mezana
proportionale tra la b d. & la b g. poſta adunque la ragione, & la proportione
commune
della linea b d. & della linea b c. ne ſeguita, che la g b. hauerà quello riſpet­
to
di comparatione alla linea b d. che hauerà la c b. alla e b. perche l'una, & l'altra ra­
gione
, come è ſtato manifesto, è come b d. à b c. per la undecima del quinto.
adunque ſi
me
g b. à b d. coſi b d. à b c. coſi la c d. alla b e.
Date adunque due linee, b g.
& c b. ſono state ritrouate due di mezo proportionali b d. & b c.
Et questa è la ragio­
ne
di Platone.
Ma lo inſtrumento è questo. Sia una ſquadra K m l. & in uno braccio di
quella
ſia accommodata una riga, che ſia n o. & che faccia con detto braccio gli angoli drit­
ti
, & ſi poſſa mouere hora uerſo il punto m. hora uerſo il punto e. fatto questo ſimpliciſſimo
instrumento
, & uolendo trouare le due proportionali di mezo alle due date, farai, che le due da
te
ſiano per eſſempio la e b. & la b g. come hauemo poſto nella dimoſtratione, congiunte
nel
punto b. ad angulo giusto & ſiano prolungate come di ſopra.
Allhora ſi piglia lo instru­
mento
, & coſi egli s'accommoda alle linee c b. & b g. che il lato K m. della ſquadra ca
da
ſopra il g. & lo angulo m. ſi uniſca alla linea b c. lo angulo o. ſia ſopra la linea b d.
& la regola mobile uenga per lo punto e. di modo, che il punto m. ſia ſoprapoſto al punto
c
. & il punto o. cada ſopra d. & coſi ordinato che hauerai, & acconcio lo instrumento,
hauerai
trouato tra le linee e b. & b g. due proportionate di mezo, cioè la b d. & la b
c
. del che la dimoſtratione è la isteſſa con quella di ſopra.
Nicomede uſaua un'altra dimostra
tione
, & formau a un'altro instrumento ſecondo quella dimoſtratione, & con grande ſottigliez­
za
d'inuentione ſuperando Eratoſthene è stato di gran giouamento alli ſtudioſi della Geometria.

Per
fare lo instrumento, piglia due righe, & ponle una ſopra l'altra ad angoli giusti di modo,
che
d'amendue ſia uno iſteſſo piano una ſia piu alta dell'altra, ma rappreſentino la lettera T. &
ſia
una di eſſe a b. dritta & l'altra c d. trauerſa.
facciaſi nella a b. un canale nel mezo, nel
quale
u'entri a coda di rondine, & ſotto ſquadra uno cuneo, che ſi poſſa ſpignere in ſu, & in giu
per
quel canale ſenza uſcir fuori: ſia poi nel mezo della riga c d. trauerſa per lnngo di eſſa una
linea
, & nella teſta di eſſa, doue è la lettera d. ſia posto un pirone, & ſia quello g h. ad an­
goli
dritti, il quale eſca alquanto fuori del piano della riga c d. ſia nel detto pirone un foro nel
quale
entri una regoletta, che ſia e f. la quale ſia congiunta nel cuneo, che era posto ſotto
ſquadra
nel canale della regola a b. & ſia il capo della detta regoletta K.
Se adunque moue­
rai
il cuneo per lo canale ouero uerſo il punto a. ouero uerſo il punto b. inſieme con la con­
giunta
regoletta, ſempre il punto e. ſimouerà per dritta linea, & la regoletta e f. penetran
do
per lo foro del pirone g h. entrerà, & uſcirà, & la dritta linea di mezo della regoletta e
f
. ſi mouerà col ſuo predetto mouimento per lo perno del ſuo pirone.
Egli ſi oſſerua finalmente,
che
lo ecceſſo e k. della regoletta e f. ſia ſempre lo iſteſſo, & della iſteſſa lunghezza. per
il
che ſe noi poneremo nel punto k. alcuna coſa, che poſſa ſegnare un piano ſottoposto mouen-
1108[Figure 108]
1109[Figure 109]
1110[Figure 110]
doſi la regoletta, egli ſi ſegnerà nel piano una linea piegata, come la l m n. la quale Nicome
de
chiama prima Conchoide. & lo ſpatio, che è tra e. & k. egli chiama grandezza della re
gola
.
& il punto d. polo. In queſta linea piegata dimostra Nicomede ritrouarſi tre proprietà
principali
.
L'una è che quanto piu la linea piegata l m n. ſi tira a lungo, tanto meno è diſtan
te
dalla dritta a b. come ſi uede, che il punto c. è piu lontano dalla linea a b. che il pun­
to
n. & il punto n. piu lontano, che il punto m. & finalmente il punto m. piu lontano,
che
il punto l. il che ſi uede chiar amente facendoſi cadere da i detti punti c n m l. le per­
pendicolari
ſopra la linea a b.
La ſeconda proprietà è queſta. che ſe tra la regola a b. &
la
linea piegata ſi tirerà una linea, quella finalmente taglierà la piegata.
Sia adunque la regola
a
b. il polo c. & nello interuallo d e. deſcritta la piegata detta conchoide, & tra quella,
& la regola a b. ſia tirata una linea dritta, che ſia f g h. dico, che la linea f g h. tira­
tataglierà
la piegata gia deſcritta.
Sia la detta linea f g h. parallela alla a b. o non ſia.
poſto
adunque prima, che ella ſia parallela, & facciaſi, che ſi come ſi ha la d g. alla g c.
coſi
ſi habbia la d e. ad un'altra come K. & poſto il centro c. & lo ſpatio K. tagli la cir­
conferenza
deſcritta nel punto f. la linea f g. & ſia congiunto c f. che tagli la a b. in
l
. egli è adunque ſi come la d g. ſi ha alla g c. coſi la l f. alla f c. ma ſi come è la d g.
alla
g c. coſi ſi haueua la d e. alla K. cioè alla c f. adunque d e. ſi trouerà eguale
alla
l f. il che non puo ſtare, perche a queſto modo la parte ſarebbe eguale al ſuo tutto.
Il che
ſi
fa manifeſto tirandoſi la c f. fin che la tagli la piegata deſcritta per e. nel punto o. per­
che
la l f o. dritta è eguale alla d e. per la diffinitione della conchoide.
adunque reſta, che
la
dritta f g h. tagli la piegata, ſe ella ſi tirerà uerſo le iſteſſe parti.
Ma non ſia parallela
quella
linea, che ſi tirerà tra laregola a b. & la piegata, & ſia quella m g n. & ſia tira­
taper
g. la parallela f g. alla regola a b. adunque la f g. concorrerà con la linea piega
ta
, & però molto piu ui concorrerà la m n.
Raccogliendo ſi adunque con lo inſtrumento, que­
ſte
proprietati, egli ſi ha da dimoſtrare l'utilità ſua al propoſito noſtro: ſe prima ſi addurra la ter­
zaproprietà
, che è queſta.
La dritta linea a b. & la prima piegata, o conchoide a quella de
ſcritta
non concorreranno mai, ſe bene fuſſero tirate in infinito.
Queſto facilmente ſi fa manife­
ſto
, ſe egli ſi auuertirà diligentemente alla forma dello inſtrumento col quale ſi fa la linea piegata.

Percioche
nella iſteſſa forma la linea di mezo della regola e f. nel deſcriuere la piegata ſem­
pre
taglia la dritta a b. nel punto e. per la qual coſa il punto k. non peruenirà mai alla li-
1nea a b. tutto che del continuo egli ſi faccia uicino alla a b. por la prima proprietà ſopra­
detta
.
Adunque la prima piegata, o conchoide, & la dritta linea, alla quale ella è deſcritta,
non
concorreranno mai, in tutto che ſiano tirate infinito, & del continuo ſi ſacciano piu uicine,
il
che biſognaua dimoſtrare.
Queſto aſſonto di Nicomede è utile alla ſeguente dimoſtratione.
Se
egli ſarà fatto uno angolo ad una dritta linea, che da una parte ſia infinita, & ſi uorrà tirare
da
un punto dato di fuori una linea dritta, la quale tagli due dritte cerca lo iſteſſo angolo, della
qual
dritta linea una particella compreſa tra due, che comprendeno l'angolo dato, ſia eguale alla
data
linea, egli ſi farà in queſto modo.
Sia la data linea a b. che dalla parte di b. uadi m
finito
, & ſopra quella ſia fatto il dato angolo b a g. & il punto fuori di a b. ſia c. & la
data
dritta ſia d. & da c. alla a b. ſia tirata la perpendicolare, che ſia c K. alla quale
ſia
aggiunto e f. eguale alla d. & mediante lo inſtrumento deſcritto di ſopra dal polo c. &
lo
ſpatio e f. alla regola a b. ſia deſcritta la linea piegata, o conchoide prima.
Adunque
per
la ſeconda proprietà, la linea a g. della prima conchoide tirata piu oltre concaderà con la
conchoide
f g. concaderà adunque in g. & la linea tirata c g. taglierà la a b. in h. di­
co
, che la g h. ſarà eguale alla d. il che ſi fa chiaro da quello, perche per la diffinitione della
conchoide
prima la linea g h è eguale alla linea e f. ma per quello, che hauemo preſuppoſto
la
e f. è eguale alla d. adunque per la commune ſentenza, che dice le coſe eſſer eguali tra ſe,
che
ad una iſteſſa ſono eguali.
La dritta g h. è eguale alla d. adunque ſi ha il propoſito ſo­
pra
detto.
Secondo Nicomede ſi troueranno le due proportionali di mezo tra due dritte a que­
ſto
modo.
Siano date due dritte a b. b c. appoſte ad angolo dritto, tra le quali biſogni tro­
uarne
due di mezo in continua proportione.
Sia compito il parallelogrammo a h c d. Sia
ciaſcuna
di quelle linee tagliata in due parti c d. in e. d a. in f. & ſia congiunta h e.
è
paſſi oltre fin che la cada in a d. prolongata, nel punto g. ma alla linea a d. cada f h.
ad
angoli dritti, & ſia prolongata a h. che ſia eguale alla c e. & ſia congiunta g h. alla
quale
ſia parallela a i. ſi che lo angolo k a i. ſia eguale allo angolo f g h. per lo prece­
dente
aſſonto.
Sia tirata una linea dritta g i k. che tagli a i. in i. & d a. nella parte
a
. prolongata ſopra k. di modo, che i k. ſia eguale ad a h. & congiunta k b. ſia tira­
ta
fin che cada ſopra la d c. prolongata in l.
dico, che ſi come ſi ha a b. ad a k. coſi
a
k. ad l c. & l c. à c b. perche c d. è tagliata in due parti in e. & a queſta ſi ap­
pone
k a. adunque per la ſeſta del ſecondo de gli elementi quello, che è ſotto d k a. con
quello
, che ſi fa della a f. è eguale a quello, che ſi fa della f k. Appongaſi il commune,
che
è tra f h. adunque quello, che è ſotto d K a. con quello che ſi fa di a f. & di f h.
cioè
con quello, che ſi fa di a g. è eguale a quello, che ſi fa di K f. & di f h. cioè a quello
che
è di k h. Et perche ſi come ſi ha l c. à c d. coſi ſia l b. à b K. & come l b. à
b
k. coſi ſi ha d a. ad a k. adunque ſi come ſi ha l c. à c d. coſi ſi ha d a. ad a k.
Ma della c d. è la metà la c e. & la a g. è doppia alla d a. perche per la quarta del ſe­
ſto
, ſi come ſi ha a b. à d e. coſi ſi ha g a. ad a d. per quello che ſi è ſuppoſto la b a.
è
doppia à d e. adunque la g a. è doppia alla a d. ſarà adunque, che ſi come l c. ſi ha
alla
c e. coſi g a. alla a k. per la eguale, & permutata proportione, per la uenteſima
terza
del quinto de gli elementi.
Ma come g a. ad a k. coſi & h i. ad i k. per la ſe
conda
del ſeſto de gli elementi.
Perche per la ſuppoſitione g h. & a i. ſono parallele. Et
componendo
per la decima ottaua del quinto, ſegue, che ſi come ſi ha.
La l e. alla c e. coſi
la
h k. alla k i. ma egli è ſtata poſta eguale la i k. alla c e. perche la i k. è egua­
le
alla a h. & la a h. alla c e. adunque la e l. è eguale alla h K. conſeguentemente
è
eguale quello, che naſce da l e. con quello che ſi fa di h K. & quello che ſi fa di l e. è
eguale
a quello, che ſi fa ſotto d l c. con quello, che ſi fa di c e. per la ſeſta del ſecondo de
gli
elementi.
Ma a quello, che ſi fa di h K. egli è ſtato dimostrato eſſer eguale, quello, che ſi
fa
ſotto d k a. con quello, che ſi fa di a h. delle quali quello, che è di c e. è eguale a
1quello, che uiene da a h. perche egli è ſtato poſto, che la a h. ſia eguale alla c e. ma per
la
ſententia commune, ſe dalle coſe eguali, ſi leueranno le eguali, il rimanente ſarà eguale.

Adunque
quello, che ſi fa ſotto d l c. è eguale a quello, che ſi fa ſotto d K a. ma per la
quartadecima
del ſeſto de gli elementi.
I lati de i parallelogrammi, che ſono eguali, & hanno
anche
gli anguli eguali, ſono reciprocamente proportionali.
adunque ſi come ſi hala l d. alla
d
k. coſi ſi ha la k a. alla c l. ma come d l. à d K. anche la a b. alla a K. &
la
l c. alla c b. & adunque ſi come a b. ad a k. coſi a K. ad l c. & eſſa l c.
alla
c b. Date adunque due dritte linee a b. & b c. ſono ſtate ritrouate due dimezo in
continua
proportione, che ſono a k. & l c. come era l'intento di fare. Altri modi ſono de
gli
antichi di ritrouare le due proportionali, come di Philopono, di Dione Bizantio, di Diocle,
di
Pappo nelle mecaniche, di Poro, di Menechmo, i quali modi, ne i commentari di Archime
de
ſi trouano, & il Vernero dottamente gli eſpone, i quali noi laſciamo per fuggir il tedio.
Venl
remo
adunque al modo di raddoppiare, & di moltiplicare i corpi, accioche l'uſo di coſi belle di­
moſtrationi
, & di tanti ſtrumenti ci ſia manifeſto.
Io uoglio adunque ad un proposto ſodo ſotto una data proportione farne un'altro ſimile. ſia
dunque il proposto ſodo a. Io uoglio farne uno, che habbia quella proportione con eſſo, che ha la li
nea
b. alla linea c. prendaſi una linea eguale ad uno lato del propoſto ſodo, & ſia quella d.
& come ſi ha la b. alla c. con la iſteſſa ragione ſi riferiſca la d. alla e. ſia doppia, o tripla
come
ſi uoglia.
& ſecondo alcuna delle ſoprapoſte dimoſtrationi, trouinſi due di mezo in
continua
proportione, & ſiano quelle f. & g. dapoi da alcuna dritta linea eguale alla f.
per
la uenteſima ſettima dell'undecimo de gli elementi ſi faccia un ſodo, & quello ſia h. ſimile,
& ſimilmente poſto, al propoſto ſodo a. & perche per la trenteſima terza dello iſteſſo libro,
ouero
per lo corollario della iſteſſa propoſitione, Se ſaranno quattro dritte linee proportionali,
ſi
come ſi ha la prima alla quarta, coſi egli ſi ha il ſodo, che uiene dalla prima, al ſodo, che i ſi
fa
della ſeconda ſimile, & ſimilmente deſcritto.
La ragione adunque del ſodo a. al ſimigliante
ſodo
h. è come d. ad e. ma per la ſuppoſitione la d. alla e. ha la ragione, che ha la b.
alla
c. dato adunque il ſodo a. ſotto la data ragione della b. alla c. è ſtato formato con ſi­
migliante
ſodo h. come era l'intento.
Ma perche alcuna fiata egli biſogna mutare, & ridurre
un
ſodo in un'altro, & proportionare piu corpi, però ſe uorremo fare un cubo eguale ad un dato
parallelipedo
ſi farà in queſto modo.
Sia dato un ſodo parallelipedo a b c d. la cui larghez
za
ſia a b. l'altezza b c. la lunghezza c d. gia biſogna al ſodo a b c d. ponere un cu
bo
eguale.
Trouiſi adunque per l'ultima del ſecondo de gli elementi il lato quadrato del piano
a
b c. cioè una linea dritta, il cui quadrato ſia eguale al piano a b c. la qual linea dritta
ſia
e. dapoi col mezo d'alcuna delle precedenti dimoſtrationi tra la e. & la c d. trouinſi due
proportionali
, che ſiano f. & g. dico che'l cubo della dritta linea f. ſarà eguale al dato pa­
rallelipedo
a b c d. imperoche per lo corolario della decima nona del ſeſto de gli elementi, il
quadrato
fatto dalla f. al quadrato fatto dalla e. è come il quadrato fatto dalla c d. al qua
drato
fatto dalla f. & perche per la trenteſima quarta dello undecimo de gli elementi, i ſodi
parallelipedi
, delle quali le baſe ſono reciproche di altezze ſono eguali, il cubo adunque fatto
dalla
f. è eguale al dato ſodo parallelipedo a b c d.
Da queſto ne naſce, che nelle colonne,
che
hanno lati, delle quali gli oppoſti piani ſono paralleli, & altri piani parallelogrammi per la
ſopradetta
ragione facilmente ſi poſſono conuertire in cubi.
perche uno parallelipedo, che ha per
baſa
uno quadrato eguale ad una baſa laterata, & è di eguale altezza alla colonna, è eguale al
la
iſteſſa colonna.
Egli ſi dimoſtra anche, come ſi poſſa fare eguale ad un dato cubo ſotto una da
ta
altezza, un ſodo parallelipedo.
Sia la data altezza la dritta linea a. & il dato cubo b.
gia
biſogna ſotto l'altezza a. alzare un parallelipedo, che ſia eguale al dato cubo b. ſia la
c
. eguale ad un lato del cubo b. & per la undecima del ſeſto de gli elementi ſia la meza propor
tionale
e.
Dico adunque, che il parallelipedo la cui baſe ſia eguale al quadrato fatto dalla e.
1& l'altezza eguale alla a. ſarà eguale al dato cubo b. & perche per la conſtruttione, le tre
linee
ſono in continua proportione, cioè la e. la c. & la d. adunque per lo corolario del­
la
decima nona del ſeſto, il quadrato, che uiene dalla c. al quadrato, che uiene dalla e. è co
me
la c. alla d. cioè come la a. alla c. perche per la ſuppoſitione, ſi come ſi ha la a. al­
la
c. coſi ſi ha la c. alla d. ma il quadrato, che uiene dalla c. è la baſa del cubo b. & il
quadrato
, che uiene dalla e. è la baſa del parallelipedo, che ſi deue fare: adunque per la tren
teſima
quarta dell'undecimo de gli elementi, il parallelipedo ſodo, che ha la baſa eguale al qua
drato
e. & l'altezza eguale alla data a. è eguale al dato cubo b. il che biſognaua dimoſtra
re
.
Qui biſognerebbe anchora andar uagando, & dimoſtrare, come diuerſe figure, & corpi ſi
mutano
in altre forme, & come non ſolo ſi raddoppiano, ma ſi uanno triplicando, & multipli­
cando
, ſe i principij dati fin qui non ci ſeriuſſero, però torneremo a Vitr. il qual dice.
Concioſia coſa adunque, che con ſi gran piaceri delle dottrine tali coſe ſiano ſtate auuer
tite
, & naturalmente ſiano forzati di mouerſi per le inuentioni di ciaſcuna coſa, conſide­
randone
gli effetti, mentre che io con attentione riguardo a molte coſe, io prendo non
poca
ammiratione de i uolumi compoſti da Democrito d'intorno alla natura delle coſe,
& di quel ſuo commentario intitolato chirotonito.
nel quale anche egli uſaua lo anello, ſi
gillando
con cera fatta di Minio quelle coſe, che egli haueua ſperimentate.
Io qui leggerei cirocinnauos, perche ciros ſignificaua la cera, & cinnauos le imagini, che ten
gono
gli ſtatuarij dinanzi a gli occhi, coſi Democrito nella cera imprimendo le ſue iſperienze, per
ricordarſene
, ſe le teneua dinanzi a gli occhi.
Et quelle note erano come commentarij, perche
commetteuano
alla mente le iſperienze.
Plinio legge Cirocineta. Filandro interpreta, commen
tario
di coſe ſcielte: a me pare miglior lettione quella, che io dico, perche Vitruuio medeſmo qua
ſi
lo dichiara dicendo. {Nel quale egli uſaua lo anello ſigillando con cera tinta di minio, quelle co
ſe
, le quali egli haueua ſperimentate.} Certo è che Democrito ſegnaua in cera roſſa le coſe pro­
uate
, per tenerſele a memoria, coſi ſolemo noi nelle margini de libri ſegnare con qualche colore
le
coſe ſcielte, per hauerle pronte.
Segue Vitr.
Le inuentioni adunque di quegli huomini non ſolamente ſono ſtate apparecchiate a
corregere
i coſtumi, ma ancho alla perpetua utilità di ciaſcuno.
Ma il grido, & la gran­
dezza
de gli Athleti in breue tempo con corpi loro inuecchia in modo, che quando
grandemente
fioriſceno, dapoi nella poſterità poſſono queſti, come fanno le coſe pen
ſate
da gli huomini ſaui con belli ammaeſtramenti giouare alla uita humana.
Ma non ſi
dando
i debiti honori a i coſtumi, a i precetti de i ualenti ſcrittori, & guardando le
menti
piu alto, che l'aere con i gradi delle memorie al cielo ſolleuate a forza fanno, che
eternamente
non ſolo le ſententie, ma le imagini loro a poſteri ſiano conoſciute.
Et pe­
chi ha la mente adorna de i piaceri delle lettere, non puo non hauere nel petto ſuo con­
ſecrato
, come di Dei, il ſimulacro di Ennio poeta: Et quelli che aſsiduamente prende­
no
piacere de i uerſi di Accio, non tanto la uirtù delle parole, ma anche la figura ſua pare,
che
ſeco habbiano preſente; & coſi molti, che dopo la memoria noſtra naſceranno, pare
ranno
diſputare con Lucretio della natura delle coſe, come ſe egli fuſſe preſente: Et ſi­
milmente
dell'arte del dire con Cicerone.
& molti de i poſteri ragioneranno con Varro­
ne
della lingua latina.
Et molti amatori della cognitione diliberando con i ſaui de i Gre­
ci
molte coſe, pareranno eſſer con quelli in ſecreti ragionamenti.
Et in ſomma le ſenten
ze
de i buoni ſcrittori eſſendo in fiore ſtando i corpi lontani, quando ſono addotte ne i
conſigli
, & nelle diſputationi hanno maggiore autorità, che quelle de i preſenti.
Per
il
che io o Ceſare confidatomi in queſti autori, & preſi i loro ſentimenti, & conſigli ho
ſcritto
queſti uolumi, & ne i primi ſette ho trattato de gli edificij, nell'ottauo delle acque
& in queſto delle ragioni de i Gnomoni, come ſtate ſono da i raggi del Sole nel mondo
per
le ombre de i Gnomoni ritrouate, & con che ragioni ſi allungano, & accorciano dirò
chiaramente
.
1
Conclude Vitr. la ſua lunga digreſſione, & pare, che fin qui ſia ſtato il proemio del preſen­
te
libro, il quale per la diuerſità delle coſe forſe è ſtato in molte parti diuiſo; il tutto è non meno
facile
, che degno da eſſer posto in opera, come coſa piena di utiliſſimi precetti a chi ſi diletta di
ſapere
, & di conſeruare nella memoria le coſe imparate.
Della ragione de i Gnomoni ritrouati per l'ombra
da
i raggi del Sole.
Et del mondo. Et de i
pianeti
.
Cap. IIII.
Qvelle coſe adunque con diuina mente ſono ſtate acquiſtate, & ſeco hanno a
chi
le conſidera grande ammiratione, che l'ombra nello equinottio fatta dal
Gnomone
è di altra grandezza in Athene, di altra in Aleſſandria, di altra in
Roma
: quella iſteſſa è in Piacenza, che è in altri luoghi della terra.
Et pe­
ſono molto differenti le deſcrittioni de gli horologi per la mutatione de i paeſi, perche
dalle
grandezze dell'ombre equinottiali ſi diſegnano le forme de gli analemmi, de i qua­
li
ſi fanno le deſcrittioni delle hore, ſecondo la ragione de i luoghi, & delle ombre de
i
Gnomoni.
Mirabile dottrina è quella, che ci da Vitr. nel preſente libro delle coſe della Aſtronomia: &
piu
mirabile è la breuità ſua: però il preſente trattato ſi deue paſſare con diligenza, & auuerti­
mento
non mediocre: imperoche in quello ſi tocca breuiſſimamente quello, che in molti uolumi
da
molti è ſtato raccolto.
Et perche non ci ſia confuſione, diremo ordinatamente ogni coſa po­
nendo
le parole di Vitr. le quali non parole, ma ſentenze, & concluſioni ſi poſſono meritamente
nominare
.
Tratta adunque nel preſente libro della ragione de gli horologi da Sole, & delle om­
bre
: & perche ombra non è ſenon doue è il corpo luminoſo, i cui raggi ſono impediti dal corpo
opaco
, però tratta de i corpi celeſti, che fanno lume, & per queſta occaſione abbraccia il moui­
mento
del cielo, la figura, & la miſura del tutto.
Introduce il ſuo trattamento in questo modo:
che
uedendo noi, quando il giorno, & la notte ſon eguali, il qual tempo ſi chiama equinottio,
che
uiene due fiate l'anno di Marzo, & di Settembre, non intendendo di quelli, che ſtanno ſotto
l
'equinottiale, perche l'hanno ſempre: di quelli, che ſtanno ſotto i poli, perche non l'hanno
mai
, inquanto, che ſiano dodici hore il , & dodici la notte: uedendo dico, che al tempo de gli
equinottij
ſul mezo , in diuerſi luoghi l'ombra è diuerſamente proportionata a gli edificij, albe
ri
, ſtili, & a tutte le coſe leuate da terra, & dritte, imperoche da que tempi in alcuni luoghi
l
'ombra è pari alle coſe, che la fanno, in altri è maggiore, in altri è minore, grande occaſione
hauemo
da merauigliarci, & però per naturale inſtinto ci diamo a cercar d'onde uegna la diuerſi­
dell'ombre; & uedendo che queſta mutatione non puo uenire ſe non dalla diuerſità dell'altezza
del
Sole, che a quelli tempi ad alcuni è piu alto, ad alcuni è piu baſſo, cominciamo ad inuestiga­
re
il corſo del Sole, & coſi quello, che non potemo fare nel cielo, deſcriuemo in terra con linee,
& con figure, ſeruando intiera la ragione del tutto.
Et chi è tanto ſottile, & ingenioſo, che tro
ui
ſimili deſcrittioni ſi puo uer amente dire, che egli ſia d'intelletto diuino, & che le ſue inuentio­
ni
ſiano piu preſto diuine, che humane, & queſto ha detto Vitr. fin qui.
Dichiara poi come ſi
chiama
quella deſcrittione di linee, che ſi fa per dimoſtrare il corſo del Sole, & dice, che ſi chia
ma
Analemma, & diffiniſce, che coſa è Analemma, dicendo.
Analemma è ragione cerca­
ta
dal corſo del Sole, & dall'ombra creſcente, trouata dalla oſſeruatione del ſoleſtitio del
uerno
, dalla quale per ragioni d'Architettura, & per deſcrittioni del compaſſo è ſtato ritro
uato
lo effetto nel mondo.
1
Cominciauano gli antichi l'anno dal ſoleſtitio del uerno, che uiene di Decembre; queſto chia­
mauano
bruma.
auuertirono a quel tempo che ſul mezo l'ombra del Gnomone era piu lunga,
che
ne gli altri tempi nel mezo ; però concludeuano, che a quel tempo il Sole fuſſe piu baſſo.

Deſcriuendo
adunque nel piano de i circoli & drizzando i Gnomoni, cioè ſtili da ombre ſopra il
piano
tirauano linee da i deſcritti circoli alla punta dello ſtile, & continuando quelle linee rap­
preſentauano
l'ombre fin ſul piano proportionando l'ombre con lo ſtile, il quale perche ſtaua ad an
goli
dritti ſopra il piano.
però ſi chiama Gnomone, & coſi di giorno in giorno ſul mezo pren­
deuano
la altezza del Sole, che dal tempo della bruma al tempo della ſtate ogni giorno piu s'in­
nalzaua
, & coſi concludendo l'altezza del Sole meridiana, ne faceuano nel piano la deſcrittio­
ne
, & il diſegno moſtrando in terra gli effetti del Cielo; queſta deſcrittione era detta Analem­
ma
, che è come uno ripigliamento del corſo del Sole, per formarne gli horologi, ſecondo la diuer
ſità
de i paeſi.
Prendeuano le altezze del Sole, & le ombre meridiane, perche il circolo meri­
diano
è piu certo, & piu oſſeruabile, che gli altri.
Ma perche nella diffinitione dello Analem­
ma
Vitr. ha detto, {è ſtato ritrouato lo effetto nel mondo.} però per queſta occaſione egli di­
chiara
, che coſa è Mondo.
Mondo è un grandiſsimo concetto della natura di tutte le coſe, & il Cielo figura­
to
di ſtelle.
Due coſe abbraccia il mondo, la prima è il Cielo, la ſeconda è tutto quello, che dal Cielo è
compreſo
, la doue i moderni nella diuiſione della sfera hanno detto la regione elementare, & la
celeſte
.
Era neceſſario porui il cielo, perche nel cielo ſono posti i corpi luminoſi, i raggi de i qua
li
fanno gli effetti nel Mondo: il Mondo adunque è un grandiſſimo, & ſommo concetto di tutte le
coſe
, perche è perfetto, & quella coſa è perfetta a cui niente manca, & niente ſe le puo aggiu­
gnere
.
Al Mondo adunque perche è fatto di tulta la materia, perche abbraccia ogni coſa, per­
che
ha principio, mezo, & fine, perche contiene, & non è contenuto, ſi conuiene il nome di per­
fetto
: il che Vitr. gli attribuiſce, dicendo, conceptio ſumma, perche ſe è ſomma oltra di quello
non
ſi troua coſa, & in quello il tutto è compreſo.
Il Mondo adunque è ungrandiſſimo abbrac­
ciamento
di tutte le nature, di quelle, che ſono atte a patire, & ariceuere qualche impreſſione
come
ſono gli elementi, & i miſti perfetti, & imperfetti, di quelle, che hanno uirtù di fare, &
d
'influire, come ſono i corpi celeſti.
Et queſte nature ſono una dentro l'altra, accioche queſta ce
ra
mondana poſſa eſſer formata dalle forme celeſti, che Vitr. dice.
Cielo di ſtelle figurato, del
quale
egli ragionando dice.
Queſto cielo continuamente ſi uolge d'intorno la terra, & il
mare
, per gli ultimi cardini del ſuo perno, che aſſe è nominato.
Laſcia Vitr. la prima parte della diffinitione del mondo, perche non fa per hora al propoſito:
Et
tratta della ſeconda, che è il Cielo.
Et in poche parole dice molte coſe, che ſi dichiareranno
diſtintamente
.
Che il cielo ſi muoua egli è manifeſto al ſenſo, per la mutatione del luogo, che fan­
no
i corpi celeſti, che mai non ſi fermano.
E anche notiſſimo, che il mouimento ſia circolare d'in
torno
il mare, & la terra, & che ſi uolga ſopra un perno imaginato ne i cardini ſuoi.
Perche
ſe
il cielo abbraccia ogni coſa, ogni luogo, ogni ſpatio, ſe altrimenti ſi moueſſe, che in giro, o
non
fuſſe di forma circolare, certamente laſciarebbe fuori di ſe o ſpatio, o uoto; il che non è ra­
gioneuole
.
Oltra di queſto molti altri accidenti ſono, per li quali noi uenimo in cognitione, che
il
cielo ſi giri a tondo, & che ſia di figura ſimile al ſuo mouimento, de i quali ne ſono pieni uolu­
mi
, & ſe ne ſanno eſperienze con gli inſtrumenti.
Et perche noi uedemo un continuo mouimento
per
un uerſo, però c'imaginamo due ſtabiliſſimi punti oppoſti per diametro, da i quali imaginamo,
che
paſſi per lo centro una linea, & quelli punti ſono detti cardini, perche quaſi come ſopra i
ſuoi
cardini il cielo ſopra quelli ſi uolge.
Queſti cardini ſi chiamano poli da'Greci. ma la linea
imaginata
, che dall'uno all'altro cardine paſſa per lo centro del Mondo, è detta aſſe o perno.
I
cui
eſtremi ſono i cardini, o poli del Mondo.
Ma cio che di punti, di linee, & di circoli nel cielo ſi
dice
, tutto è detto per maggior dichiaratione, & non perche ueramente ſi trouino nel cielo come
1uogliono alcuni, che ne i poli ſia la uirtu di muouere, il che rifiuta Ariſtot. nel libro del mouimen
to
de gli animali, argoment ando, che queſto non puo eſſere eſſendo i poli ſenza grandezza aleu­
na
, anzi punti indiuiſibili: & forſe dal detto di Ariſtot.
potemo correggere quello, che dice Vit.
il
quale però come Architetto ſi deue ſcuſare, quando dice.
Perche in tali luoghi la uirtù della natura coſi ha come Architetto fabricato, & ha fitto
i
cardini, come centri uno in queſto mondo di ſopra del mare, & della terra, & l'altro di
la
al contrario ſotterra nelle parti meridiane, & iui d'intorno a que cardini come d'intor­
no
a centri ha fatto le rotelle come a torno perfette, lequali ſono da i Greci nominati po­
li
: per lequali eternamente con uelociſsimo corſo il cielo ſi gira: & coſi la terra col mare
in
luogo di centro è ſtata collocata nel mezo.
Due ſono i Poli, & cardini, i quali per diametro nel mondo opposti ſono, ma che uno ſia di ſo­
pra
, & l'altro di ſotto non è, ſe non per riſpetto a gli habitanti della terra, però biſogna inten­
dere
, che Vitr. doueua dire a queſto modo; & caſo che egli non lo dica, come ſi puo uedere dicen­
do
egli, che la natura coſi gli ha poſti, che uno ſia di ſopra & l'altro di ſotto, è neceſſario, che noi
intendiamo
drittamente.
perche quelli, che ſtanno ſotto l'equinottiale, non hanno un polo piu ele­
uato
dell'altro; ſimilmente quelli, che ſtanno di la dal mezo hanno il loro polo eleuato ſopra l'
rizonte
, che a noi habitanti di qua dal mezo è depreſſo.
& il nostro a loro è meridiano come il
loro
a noi; però queſto ſito, di che parla Vitr. ſi deue intendere in riſpetto, & non aſſolutamente,
però
(ſi come dice Vitr.) la terra col mare nel mezo in luogo di centro è ſtata naturalmente
collocata
: certo è, che in alcune parti un polo ſarà eleuato, & l'altro depreſſo: & in alcuni l'uno,
& l'altro ſarà egualmente nel piano dell'Orizonte: la doue eſſendo concluſo da tutti gli aſtrono­
mi
, che ſtando l'huomo in qual ſito ſi uoglia ſopra la terra, ſempre il piano del ſuo Orizonte diui­
de
il cielo in due parti eguali, et tutti quaſi gli inſtrumenti, che ſi uſano, uſanſi in modo, come ſe
l
'hnomo fuſſe nel centro della terra; è neceſſario di concludere, & che la terra ſia a guiſa di
centro
nel mezo del mondo, & che egualmente partito ſia quello, che ſi uede da quello, che non
ſi
uede con la ſoperficie dell'Orizonte.
Hauendo adunque noi due punti come termini fiſſi, ſopra i
quali
il cielo ſi gira, ſeguita Vitr. a deſcriuere il cielo con altri ſegni.
& dice
Eſſendo queſte coſe dalla natura diſpoſte in modo, che dalla parte ſettentrionale hab­
bia
il centro piu eleuato da terra con l'altezza ſua, & nella parte del mezo ſottopoſto a
i
luoghi inferiori ſia dalla terra oſcurato, indi a trauerſo per mezo il mondo ui è formata
una
zona a guiſa di circolo cinta con do dici ſegni piegata alla parte del mezo , laqual
forma
diſegni con certa diſpoſitione di ſtelle agguagliandone dodici parti, ci eſpreſſa
iui
la figuratione, che ui dipinſe la natura.
Volendo Vitr. eſprimere molte coſe diuenta alquanto oſcuro per la durezza del dire. Veden­
do
noi il certo, & continuato uolgimento del cielo da Leuante a Ponente, trouato hauemo i due
poli
, & l'aſſe in certi, & determinati luoghi.
Conſiderando poi il mouimento, che fa il Sole in
uno
anno, & che hora naſce in una parte dell'Orizonte, & da un uento, hora in un'altra, &
che
ſul mezo hora s'auuicina piu al punto che ci ſopraſtà, hora è piu baſſo, & che uaria i gior
ni
, & le notti egualmente, ſapemo, che per queſte coſe auuertite bene, & oßeruate, gli antichi
hanno
trouato la obliqua uia del Sole, per laquale andando egli con moto contrario al primo di
giorno
in giorno faccia tutta quella ſenſibile mutatione.
ſimilmente auuertendo il corſo de gli al­
tri
pianeti ſeguitare la uia del Sole, ma non coſi egualmente ſtargli appreſſo, diedero nome a
quella
uia, per laquale il Sole, & gli altri pianeti paſſauano, & la chiamarono cinta, o zona,
perche
ſi come una cinta cignendo non ſolo s'aggira con una ſemplice linea, ma tiene larghezza,
coſi
la uia de i pianeti è ſtata imaginata & circolare, & larga, & è stata conoſciuta piegar da
una
parte all'uno de i Poli, & dall'altra, all'altro, & abbracciare tutto il cielo; cioè, eſſere uno
de
i circoli maggiori.
& in quella anche ſono ſtate conoſciute alcune compagnie di stelle, alle­
quali
è ſtato imposto nome di ſegni; & perche ſono dodici.
Vitr. le chiama dodici parti pareggia
1te, perche ſono di trenta gradi per ſegno, di trecento & ſeſſanta, ne i quali per piu commodità
hanno
partito i circoli.
La uia de i pianeti è ſtata da' Greci detta Zodiaco, & da i Latini ſigni­
fero
, perche in eſſa ſono i ſegni.
La uia del Sole è stata nominata Eclittica, perche ſopra eſſa
ſtando
il Sole, & la Luna in certe diſtanze, ſi fanno gli Eclißi, cioè i mancamenti, & le oſcura­
tioni
loro.
Il Zodiaco ha larghezza, perche il corſo de pianeti la richiede. & nella ſua circon­
ferenza
è diuiſo anche egli in 360 parti. la uia del Sole detta Eclittica, è nel mezo della lar­
ghezza
del Zodiaco.
& le linee, che ſono gli eſtremi della larghezza del Zodiaco ſono distanti
ſei
gradi ciaſcuna dalla Eclittica, in modo, che ſei gradi di quà, & ſei di fanno dodici gradi del
Zodiaco
in larghezza, oltra la quale non caminano i pianeti: Benche Venere, & Marte per la
grandezza
de i loro Epicicli (come dicono alcuni contemplatiui) eſchino poi fuori; ma questo
auuiene
di raro.
Ilche forſe ha dato luogo alla fauola di Venere, & di Marte. Chiamaſi il Zo­
diaco
circolo obliquo, perche non aſcende, diſcende regolarmente ſecondo le ſue parti, & per­
che
con tutte le parti ſue non è egualmente distante da i poli del Mondo; oltra che non taglia
con
giusti angoli gli altri circoli celeſti.
Ma quello, che dice Vitr. {Eſſendo queste coſe coſi dal­
la
natura diſpoſte.} Queſto non è per natura: ma per riſpetto de gli Orizonti, che ſi mutano ſe­
condo
i ſiti, benche per natura ſia il Cielo, in que due punti, che Vitru. chiama centri, fermato.

Le
conditioni della zona, che dice Vitr. ſono prima che è larga, dapoi è piegata uerſo i poli, oltra
di
queſto è formata di deci ſegni, & benche la natura habbia fatto quelle ſtelle, però gli oſſerua­
tori
le hanno coſi compartite, & gli Aſtronomi ne danno le lor cauſe.
I ſegni ſono dodici, ciaſcu­
no
de' quali è dato al ſuo meſe.
però i meſi ſono dodici. tengono i ſegni trenta gradi per uno ſe­
condo
una conſideratione, però l'anno è denominato da trecento et ſeſſanta giorni, & di quel piu,
che
il Sole ananza ogni giorno col ſuo mouimento contrario al mouimento del primo cielo.
on­
de
Vitru. dice.
Et però quelli ſegni lucenti col mondo, & con il reſtante ornamento delle ſtelle giran­
doſi
d'intorno la terra, & il mare fanno il corſo loro ſecondo la ritondezza del cielo.
Ma
tutte
le coſe che ſi uedeno, & che non ſi uedeno ſono formate con la neceſsità de i tempi,
& delle ſtagioni, delliquali tempi ſei ſegni ſopra la terra col Cielo uanno uagando, & gli
altri
ſotto la terra dall'ombra di quella ſono oſcurati.
ma ſei di queſti ſempre ſopra la ter­
ra
ſi muoueno; perche quanto una parte dell'ultimo ſegno forzata dalla depreſsione col
ſuo
girare andando ſotto ſi occulta, tanto dalla contraria parte dalla neceſsità del girarſi
ſopra
leuata col mouimento circolare uſcendo da luoghi non manifeſti, & oſcuri ſe ne
uiene
in luce; perche una forza, & una iſteſſa neceſsità fa l'Oriente, & l'Occidente.
Cioè perche una forza, & una iſteſſa neceſſità fa, che l'una parte aſcenda, & che l'altra diſcen
da
.
Imouimenti de i Cieli ſono due per molti accidenti conoſciuti, l'uno è da Leuante, a Po­
nente
, come ſi uede ogni giorno leuare, è tramontare il Sole, & l'altre ſtelle.
Queſto mouimento
è
detto primo, & diurno, ſopra del quale non è coſa ſenſibile, & in termine di hore uentiquattro
ſi
gira perfettamente facendo lo ſpacio d'un giorno naturalé.
ſi che il Sole fa lo anno; la Luna
il
meſe; il primo mouimento i giorni.
Di queſto primo mouimento, delquale niuno altro è piu ue
loce
, ha parlato Vitr. fin qui: & ha detto, che per quel mouimento ſei ſegni del Zodiaco ſempre
ſtanno
ſopra l'Orizonte, & ſei ſempre di ſotto.
Queſto è uero, perche in ogni Orizonte tanto di
giorno
, quanto di notte naſce uno ſemicircolo del Zodiaco, nelquale ſono ſei ſegni: & ne muore,
o
cade l'altro, nelquale ſono ſei altri ſegni: & eſſendo il Zodiaco uno de i circoli maggiori della
Sfera
, ſempre in ogni Orizonte una metà è ſopra, & l'altra ſotto, & quanto cade di una, tanto
ſi
leua dell'altra.
Ma quelli ſegni eſſendo in numero dodici, & tenendo ciaſcuno la duodecima parte
del
mondo, & andando egli continuamente dal Leuante al Ponente; Allhora per quelli ſe­
gni
con mouimento contrario, la Luna, la ſtella di Mercurio, & di Venere, il Sole, & coſi
la
ſtella di Marte, di Gioue, & di Saturno come per ſalita de gradi, montando ciaſcuno
1 not transcribed
1 cuno ſpatio di tempo s'allont anauano dalla isteſſa stella, & di nuouo dopo alcun tempo riterna­
uano
alla isteſſa; ilche dalla Luna, il cui corſo è piu ueloce, ſi puo piu preſto conoſcere oſſeruando
la
congiuntione, ouero lo ſpatio, nel quale eſſa a qualche stella cono ſciuta ritorna: eſſaminando
tante
fiate, quante uerſo Leuante s'allontana, finche ſi ueda di ſuo proprio mouimento ritornata
alla
isteſſa stella.
in questa maniera adunque è stato ritrouato il ſecondo mouimento contrario
al
primo.
La quinta concluſione era, che con diuerſa grandezza di giri ciaſcuno de i pianeti ſa­
ceua
il corſo ſuo.
Hauendo Vitr. numerato di ſopra i ſette pianeti, Saturno, Gioue, Marte, il So­
le
, Venere, Mercurio, & la Luna: i caratteri de i quali ſono questi per ordine. <01>.
<04>. <05>.
<06>. <07>. <09>. <08>. ſi dichiara la detta concluſione, con lunga indottione da Vitruuio in
questo
modo.
La Luna in giorni uentiotto, & quaſi un'hora girandoſia torno il Cielo, & ritornando
a
quel ſegno, d'onde prima ſi moſſe, compie il meſe Lunare: ma il Sole paſſa per lo ſpacio
d
'un ſegno, che è la duodecima parte del Cielo in un meſe, la doue in dodici meſi, andan
do
per lo ſpacio di dodici ſegni, quando ritorna al ſegno, donde prima ſi partì, compie
lo
ſpacio d'un'anno; & quel giro, che fa la Luna tredicí fiate in dodici meſi, il Sole miſura
ne
i medeſimi ſegni una fiata.
Poi che Vitr. ci ha dimostrato, che ſi truoua diuerſità ne i mouimenti de i cieli quanto a i ter­
mini
del mouimento, hora egli ci dimostra eſſere diuerſità nella tardezza, & nella uelocità, &
determina
gli ſpacij del tempo, ne i quali ciaſcuno fa il ſuo mouimento.
Noi per maggior chia­
rezza
proponeremo alcune coſe dell'ordine, del numero, della poſitione, del ſito, & del mouimen
to
delle sfere celeſti.
Otto ſono i cieli, o per dir meglio tutta la machina celeſte contiene otto gi­
ri
di cieli ſeparati, contigui, & concentrici, oltra i quali non è mouimento alcuno, ſe non imagi­
nato
per ſaluar le apparenze.
ſette cieli ſi danno a i ſette pianeti gia numerati: il piu proſſimo
alla
terra è la Luna, il piu lontano, Saturno.
l'ottauo cielo è delle ſtelle fiſſe, detto firmamento,
ilquale
è grandiſſimo, & capace di tutti i predetti cieli.
Queſto numero è ſtato compreſo dalla
uelocità
delle ſtelle inferiori, & dalla tardezza delle ſuperiori.
perche le ſtelle de i cieli di ſopra
(intendo delle erranti) uanno piu tarde, che quelle di ſotto, cioè uogliono piu tempo a raggirarſi,
perche
fanno maggior uiaggio, conformandoſi al primo mouimento.
Euui un'altro argomento,
che
ſi piglia dalla occultatione de i corpi piu alti, percioche eſſendo noi nel piu baſſo luogo, non è
dubbio
, che quello, che ci è piu uicino a gli occhi non cuopra, o non occulti quello, che ſta di ſo­
pra
, quando ſi trapone tra la noſtra uiſta, & il corpo ſuperiore: Aggiugnendoui quella differen
za
, che è tra il luogo, a cui peruiene la noſtra uiſta, da quello, doue è ueramente la ſtella, o il pia­
neta
.
laqual differenza ſi ſuol chiamare, diuerſità dell'aſpetto, laquale non è altro, che un'arco
d
'un circolo grande, che ci paſſa ſopra la teſta, compreſo da due linee, dellequali una imaginiamo,
che
ſi parta dal centro del mondo: l'altra dall'occhio noſtro, che è nella ſuperficie della terra, &
paſſi
per lo centro della ſtella ueduta, & termini nello arco predetto.
Quella linea, che ſi parte
dal
centro della terra, & paſſando per lo centro della ſtella termina nell'arco imaginato del Zo­
diaco
, è detta linea del uero luogo, perche è dimoſtratrice, & indice del uero luogo della ſtella
Ma
quella linea, che ua dall'occhio per lo centro della ſtella al Zodiaco è detta, linea dell'apparen
za
, come quella, che dimoſtra il luogo apparente.
perilche lo angulo compreſo ſotto quelle dritte
linee
ſarà la quantità della diuerſità, laquale ſarà tanto maggiore, quanto la ſtella ſarà piu baſ­
ſa
, & piu uicina all'Orizonte.
imperoche ſtandoci la ſtella ſopra il capo, non ſi uede alcuna diuer
ſità
, perche amendue le linee, & quella del uero luogo, & quella dell'apparenza diuentano una
ſola
.
però ſimil diuerſità nella Luna, è grandißima: picciola nel Sole: in Marte apena ſi uede; &
ne
i pianeti di ſopra non ſi comprende, perche ſono lontanißimi: & la figura delle dette coſe, è
qui
appreſſo.
La Luna adunque & c.a. il centro del mondo.
b. l'occhio nella ſuperficie della terra.
1 not transcribed111[Figure 111]
1 ſpacio, che il Sole dimora ſotto uno de i dodici ſegni, & coſi uno meſi ſarà la duodecima parte
dell
'anno.
Egli ſi chiama meſe lo ſpacio, che è da una congiuntione all'altra, che è di giorni uen­
tinoue
è mezo, poco piu.
Finalmente meſe ſi chiama quel tempo, che pone la Luna in girar tutto
il
Zodiaco andando di ſegno in ſegno, ilche dice Vitru. che ſi fa in giorni uentiotto, & quaſi un'ho
ra
.
& questo ſi puo chiamare anno Lunare, benche Vitr. lo chiami meſe Lunare. io ponerò qui
ſotto
una tauola distinta di tutti i mouimenti de i cieli ſecondo la oſſeruatione de i moderni, i quali
per
ſeruare alcune apparenze hanno aggiunto all'ottauo altri cieli.
TAVOLA DEL MOVIMENTO DE I CIELI.
112[Figure 112]
Ma la ſtella di Mercurio & la ſtella di Venere girandoſi d'intorno i raggi del Sole, &
coronando
con i uiaggi loro il Sole, a guiſa di centro fanno i ritorni, & le dimore, & an­
che
con le ſtationi loro per quella giratione dimorano ne gli ſpacij de i ſegni.
& che que­
ſto
ſia uero, ſi fa chiaro dalla ſtella di Venere, percioche ſeguitando ella il Sole, & appa­
rendoci
dopo il tramontar di quello, & rilucendo chiariſsimamente, ſi chiama per queſto
Veſperugine
: ma in altri tempi andandogli inanzi, & leuandoſi inanzi il giorno, ſi chia­
ma
Lucifer.
& per quello alcune fiate piu giorni dimorano in un ſegno, alcune fiate piu
preſto
entrano in un'altro, & però perche non compieno egualmente il numero de i gior­
1ni in ciaſcuno de i ſegni, quanto prima hanno ritardato, tanto con piu ueloce corſo paſ­
ſando
agguagliano il camino, & lo pareggiano perfettamente.
& coſi naſce, che auegna
che
dimorino in alcuni ſegni, niente di meno poi che ſi tolgono dalla neceſsità della tar­
danza
, preſtamente conſeguiſceno il giuſto circoito.
Ma la ſtella di Mercurio coſi paſ­
ſa
il corſo ſuo nel cielo, che correndo per gli ſpacij de i ſegni in giorni trecentoſeſſanta
ritorna
a quel ſegno d'onde prima ſi moſſe.
& il ſuo uiaggio coſi ſi agguaglia, che cerca
trenta
giorni in ogni ſegno ha la ragione del numero ſuo.
Ma Venere quando è libera
dall
'i npedimento de i raggi del Sole, in trenta giorni trapaſſa lo ſpacio d'un ſegno.
quan­
to
meno in giorni quaranta in ciaſcun ſegno patiſce; poi che hauerà fatto la ſua ſtatione
reſtituiſce
quella ſomma di numero dimorando in un ſegno.
& però hauendo Venere mi­
ſurato
lo intiero circuito del cielo in quattrocento & ottantacinque giorni, torna di nuo­
uo
allo iſteſſo ſegno, di doue cominciò il ſuo uiaggio.
In queſta parte Vitr. è difficile, non concorda con gli altri, & forſe è ſcorretto il testo. Pli­
nio
che ſuole pigliare le facciate intiere da Vitr. in queſta parte è tutto diuerſo.
Vitr. pone i pia­
neti
neceſſitati tardare, gli ſcioglie dalla neceſſità, & quaſi slegandoli uuole, che pareggino con
la
uelocità del corſo quel uiaggio, che haurebbeno fatto, ſe ſempre fuſſe stato loro conceſſa la
libertà
di caminare.
ci dichiara (come ſi conuiene) con approuate dimostrationi, donde na­
ſce
questa neceßità, & donde uegna la loro libertà: però neceſſario ci pare di darne alquanto di
lume
con quelle coſe, che dopo Vitr. con belli fondamenti ſono ſtate da gli ſtudioſi delle coſe ritro­
uate
.
& però la neceßità ci conduce a fare quello, che uoleuamo fuggire. Dichiareremo adunque
alcuni
termini, che fanno al propoſito nostro.
& ſono queſti. Epiciclo, Deferente, Eccentrico, Con­
centrico
, Giogo, opposto al Giogo, lunghezza media dello Eccentrico, lunghezza media dello
Epiciclo
, Stato, Ritorno, Progreſſo, Argomento, Agguagliamento.
Epiciclo adunque è quello,
che
da Tolomeo ſi chiama circolo della diuerſità, che è una picciola ſpera imaginata come aggiun
ta
alla ſpera maggiore, che coſi uuole dire la parola Greca; d'intorno la cui circonferenza uoglio
no
gli Astronomi, che ſi uolga il corpo del pianeta, il cui centro è nella circconferenza della ſpe­
ra
che porta il pianeta, ouero lo Epiciclo uerſo Oriente, detto Deferente, il qual deferente, non
ha
lo isteſſo centro, col centro del mondo, & però egli ſi chiama Eccentrico, cioè fuori del centro.
ſi come ſi chiama concentrico quel circolo, che ha lo isteſſo centro con quello del mondo. però uo­
lendo
noi nel piano formare lo Epiciclo, & il Deferente: imaginiamo il centro.
c. dal quale na­
ſce
una linea, l'altro capo dellaquale ſia a, & ſia lo a. centro dello Epiciclo.
Faccia que­
ſto
capo.
a. un giro perfetto, ſtando fermo l'altro nel punto. c. dico che formerà nel piano
una
ſuperficie, laquale ſi fa per la circonferenza del Deferente.
coſi forma il Sole la Eclittica,
che
è come Deferente del Sole, dallaquale ſono diſtanti i Deferenti de gli altri pianeti, & piega­
no
da i lati.
& la isteſſa linea prolungata fin alla concaua ſoperficie del primo cielo, diſegna in
quella
una circonferenza dello isteſſo nome.
il centro dello Epiciclo è ſempre nella circonferenza
del
Deferente posto adunque un piede del compaſſo nel punto a. & allargato l'altro fin che
tocchi
il centro del pianeta.
d. girando ſi a torno ſi farà lo Epiciclo. Stando adunque le gia
dette
coſe, non è alcuno, che non ueda, che la circonferenza del Deferente, & la circonferenza
dello
Epiciclo non ſiano d ſegualmente distanti dal centro del mondo.
f. Dapoi gli Astronomi
hanno
trouato diuerſi uocaboli alle parti dello Epiciclo, ſecondo le distanze loro dal centro del
mondo
.
uolendo con quelle dimoſtrarci, come ſi ſalua la diuerſità delle apparenze, la doue quel
punto
, che è nella circonferenza del Deferente, o dello Epiciclo piu rimoto dal centro del mon­
do
, chiamano auge, che uuol dire ſommità; & però Cicerone lo chiama Iugum.
& quel punto, che
per
diametro s'oppone al giogo, nominarono, l'oppoſto del giogo.
Et perche al Sole non danno Epi
ciclo
, ma Deferente, però quel punto, che nel Deferente ſarà oppoſto al giogo, ſimilmente ſi chia­
merà
, l'oppoſito del giogo.
Giogo, cima, auge, abſides ſono parole d'una iſteſſa coſa. Lunghezza
media
dello Eccentrico è la metà del Diametro.
Lunghezza media dello Epiciclo è lo ſpacio,
1che è da un centro all'altro. ſi chiamano lunghezze medie riſpetto, che quel punto, che è rimo­
tißimo
dal centro del mondo, che ſi chiama giogo, è detto anche lunghezza piu lontana, & quel
lo
, che è uicinißimo al detto centro, che chiamano opposto al giogo, è detto lunghezza piu ui­
cina
dello Eccentrico, ouero dello Epiciclo.
Queſti due punti ſono termini d'una linea dritta,
che
paſſa per amendue i centri, laquale ſi chiama linea del giogo: percioche è dimostratrice del
giogo
.
la onde ſi come nello Eccentrico la maggior lontananza è tanto piu del ſemidiametro del
lo
Eccentrico, quanto è lo ſpacio, che è tra uno centro & l'altro: coſi la minore è tanto meno del
ſemidiametro
, quanto quella è di piu: & il ſemidiametro è la lunghezza media.
Similmente nello
Epiciclo
la lunghezza maggiore ſarà tanto piu d'uno ſpacio, che è tra uno centro, & l'altro, quan
to
è il ſemidiametro dello Epiciclo: & tanto dallo iſteſſo ſpacio ſarà ſuperata la minore.
la onde
lo
ſpacio che ſarà tra l'uno centro, & l'altro ſarà la diſtanza di mezo, che media lunghezza ſi
chiama
.
percioche è molto ragioneuole, che la lunghezza media ſia tanto meno della maggiore,
quanto
eſſa è di piu della minore.
Chi bene conſidera quello, che fin hora s'è detto, comprenderà,
che
tanto nello Eccentrico, quanto nello Epiciclo qualunque punto, quanto ſi trouerà nella cir­
conferenza
piu rimoto & diſcosto dalla lunghezza maggiore, tanto ſarà piu uicino al centro del
mondo
: & quelli punti, che ſaranno egualmente diſtanti dal punto del giogo, ſaranno anche egual
mente
diſtanti dal centro del mondo.
Da queste coſe ſi ha tutta la diuerſità del mouimento, che
ci
appare, cioè con queſte deſcrittioni ſi ſalua la diuerſità di tutte le apparenze, & però molto
cautamente
ſi deono intendere questi uocaboli, perche ſono ſtati ritrouati per dare ad intendere
le
coſe del cielo a quel modo, che ſi puo: perche non ſi troua, Epiciclo, ne Giogo, Deferen­
te
, altra coſa ſimigliante nel mondo.
Vediamo adunque come ſi troua la diuerſità de i mo­
uimenti
.
Ma prima poniamo la figura delle coſe dette.
a b. è il deferente.
c. il centro del deferente.
d e. lo epiciclo.
a. il centro dello epiciclo.
f. il centro del mondo.
a. il giogo del deferente.
b. l'oppoſto al giogo.
d. il giogo dell'epiciclo.
113[Figure 113]
Poniamo caſo, che'l pianeta ſi moua portato immediate dal
ſuo
Epiciclo, benche egli ſi moua egualmente ſopra il ſuo cen­
tro
, non dimeno pare, che egli muti il ſuo tenore ſopra qualun­
que
altro punto, che ſia nel cerchio, & ſimilmente ſopra il cen
tro
del mondo.
Queſta mutatione ſi ſalua per ragione di proſpettiua, imperoche posto, che mol­
te
coſe ſi mouino con eguale uelocità, pure quelle che ſono piu lontane da noi pareno men ueloci,
che
le piu uiciue.
Et però hauendo compreſo gli Aſtronomi, che il Sole in diuerſi luoghi del Zo­
diaco
, diuerſamente ſi muoue, & uolendo ſaluare tanta diuerſità, & non uolendo attribuire ad
un
corpo ſi nobile tanta diſagguaglianza, ſi hanno imaginato diuerſi cerchi, i centri de i quali
non
fuſſero gli iſteſſi, col centro del Mondo.
Egli adunque adiuiene, che piu lenta ci appare una
ſtella
, eſſendo nel giogo, che lontana dal giogo, perche nel giogo è piu rimota.
Ecci un'altro
modo
di diuerſità nel mouimento, perche ſe il pianeta dallo epiciclo, & lo epiciclo dal concentri
co
portato fuſſe, non però ſarebbe meno la diuerſità, imperoche il pianeta portato dall'uno, &
l
' altro uerſo leuante, ſenza dubbio andrebbe piu ueloce, che ſe fuſſe portato dal concentrico ſo­
lo
, & per lo epiciclo ſe ne steſſe, o ſe ne tornaſſe a dietro, percioche nel toccamento di quelle li­
nee
, che ſi parteno dal centro, & uanno all'epiciclo, pare che la ſtella, quanto al mouimento del
lo
epiciclo, ſi ſtia, ma in una metà della circonferenza pare, che uada inanzi, & nell'altra,
1che torni in dietro. Ecco lo eſſempio. Imaginiamo, che uno cauallo corra intorno un cerchio.
grandiſſimo
, & l'huomo fuori, & lontano dal cerchio ftia a guardare, certo è che quel cauallo
gli
parer à hora tardo, hora ueloce, hora fermo, hora andar inanzi, hora tornar a dietro ben­
che
egualmente egli ſi muoua.
Et queſto adiuiene per la natura del circolo, che è fatto di contra­
rij
.
Come dice Ariſtotile nelle Mechaniche. Coſi il pianeta nell'arco di ſopra il contatto di que­
ſte
linee, parerà fermo a noi, che ſtiamo al baſſo, ma nel reſto della circonferenza nel luogo op­
poſto
al giogo ci parerà uelociſſimo, & ſimilmente nel giogo al piu lento.
Ma nello arco di ſo­
pra
dello epiciclo dapoi il contatto delle linee, i luminari ſono portati da leuante a ponente, ma
nell
'arco inferiore ſono portati col deferente: Ma gli altri pianeti ſono portati con mouimento con
trario
, dalche adiuiene, che il mouimento del pianeta è composto di due mouimenti, l'uno è del
lo
epiciclo, l'altro del diferente, come ſe uno fuſſe da una galera portato inanzi, & egli in quel
mezo
andaſſe a torno i fori, la doue ſe l'uno, & l'altro mouimento ſarà uerſo leuante allhora eſ­
ſendo
il pianeta da due mouimenti portato, piu uelocemente ſi mouerà, come ſe uno da una gale­
ra
portato inanzi, egli ſimilmente andaſſe da poppa a prora.
Ma ſe'l pianeta anderà con moui­
menti
contrarij, ſe quelli ſaranno eguali, cioè che tanto per uno andaſſe inanzi, quanto per l'al­
tro
andaſſe in dietro, parerà, che egli ſtia: come ſe uno caminaſſe tanto uerſo la poppa, quanto
dalla
galera fuſſe inanzi portato.
Ma ſe ſaranno diſeguali uincerà il piu ueloce: però ſe il moui­
mento
del deferente ſarà piu gagliardo, che il mouimento dello epiciclo, il pianeta anderà uerſo
Leuante
: ma ſe ſarà il contrario, il pianeta anderà uerſo ponente, & a questo modo ſarà retro­
grado
: come ſe uno tornaſſe in dietro meno di quello, che è portato inanzi dalla galera, parerà
pure
, che egli uadi inanzi, ma ſe piu ſi contraporrà, parerà, che ritorni, & però lo ſtare, & il
regreſſo
, auuiene alli cinque pianetinello arco inferiore dello epiciclo, percioche in que luoghi ſo­
no
dallo epiciclo portati contra il mouimento del deferente.
Et auuiene, che in alcuni luoghi il
mouimento
dello epiciclo ſia pari, & in alcuni piu ueloce del mouimento del deferente.
Ma al
Sole
, & alla Luna, lo ſtato auuenirebbe nello arco di ſopra dello epiciclo, perche in quel luo­
go
lo epiciclo ua contra il deferente, ma perche non lo uince, gli è pare, però al Sole, & alla
Luna
non ſida ſtato nèregreſſo, come accenna Vitr.
Daremo adunque al Sole ouero il deferente
eccentrico
ſolamente, ouero lo epiciclo col concentrico: imperoche ſe il Sole nella circonferenza
di
ſopra dello epiciclo è portato da leuante a ponente, & che il mouimento dello epiciclo ſia tan­
to
ſimile al mouimento dello eccentrico, quanto del concentrico, come è dallo ſpatio de i centri,
al
ſemidiametro dello epiciclo, in qual ſi uoglia modi di due, ne ha da ſeguire la iſteſſa apparenza
del
mouimento.
Ma perche il modo dello eccentrico ſi contenta di un ſolo mouimento, però èsta­
to
preferito, & eletto piu presto, che il modo dello epiciclo.
Ma come ſia ſtata conoſciuta la di
stanza
de i centri, & il luogo del giogo dirò breuemente.
Quattro punti principali ſono conſide
rati
nel zodiaco, due ſono stati attribuiti a gli equinottij, due a i ſolstitij, che ſono di mezo tra
gli
equinottij.
dalla conſideratione de gli ſpatij, & de i mouimenti come de i tempi, è stata cono­
ſciuta
la distanza de i centri, & il luogo del giogo.
Ecco imaginiamoci due linee una, che ſi par
ga
dal centro del deferente del Sole, che peruenga al centro del Sole, l'altra egualmente distante,
dal
centro del mondo fin al zodiaco, che è la linea del mezano mouimento, certo è che mentre
queste
linee ſaranno intorno girate, ſerueranno uno isteſſo tenore, perche la linea del uero moui
mento
è quella, che trapaſſa dal centro del mondo, per lo centro del Sole, & peruiene fin al zo­
diaco
.
& quell'arco, che è tra la linea del uero, & la linea del mezano mouimento, è detto
l
'agguaglianza del Sole.
& nel giogo, & nello opposto al giogo è nullo perche le due linee concor 114[Figure 114]
1 115[Figure 115] reno in una. 116[Figure 116] Ma nelle lunghezze mezane proportionalmen­
te
è grandiſſimo, & ne i punti dal giogo egualmente distanti
ſono
gli agguagliamenti eguali, & tanto maggiori, quanto
ſono
piu uicini alla lunghezza piu lunga.
Il mezano moui­
mento
adunque dal principio dello Ariete, ſecondo l'ordine
de
i ſegni, ſe ne ua fin alla linea del mezano mouimento, ſi
come
il uero mouimento è fin alla linea del uero mouimen­
to
: d'indi cominciando ſi conduce: la doue lo argomento del Sole, o quello arco del zo­
diaco
, che è intercetto dalla linea del giogo dello eccentrico ſecondo l'ordine de i ſegni, & la li­
nea
del mezano mouimento; & è coſi chiamato, perche da quello ſi argomenta l'angulo dello ag
guagliamento
, il che quando è nel ſemicircolo inferiore, la linea del mezano mouimento, ua
inanzi
la linea del uero: ma quando paſſa il ſemicircolo, allhora precede la linea del mezano mo
uimento
.
& però di ſopra ſi ſottragge, & qui ſi aggiugne al mezano mouimento, accioche ſi
poſſa
cauare il uero mouimento.
ma per hora laſcierò, che il lettore ricorra al Maurolico, che
pur
troppo mi pare hauere l'altrui opra operato, biſogna bene auuertire di porre in qualche prin
cipio
la radice del mezano mouimento, ſopra la quale egli ſi poſſa in quello inſtante, che uole-
a b g. lo eccentrico d. il ſuo centro.
e. il centro del mondo.
a d g. la linea del giogo.
b. il centro del ſole.
e z. la linea del mezano mouimento parallela alla li­
nea
b d.e h. la linea del uero mouimento.
b e z. angolo è l'equatione.
117[Figure 117]
mo calculare il mezano mouimento del ſole. Da queſta
radice
ſi ua oſſeruando il uero mouimento, ſecondo la ſcien
za
de i triangoli piani.
Imperoche da tre linee, che lega
no
tre centri cioè quello del mondo, quello del deferente,
& quello del ſole tre angoli ſi uedeno nel triangolo da eſſer
a b g. il concentrico d. il ſuo centro.
t z. lo eccentrico h. il ſuo centro.
e z. lo epiciclo g. il ſuo centro.
d h. & g z. eguali.
d z. parallelogrammo.
Il mouimento.
del concentrico a d g.del epiciclo.
e g z.
dello eccentrico t h z. ouero t d g.del giogo dello eccentrico a d z.Gli angoli t h z.
& e g z. ſono eguali.
L'angolo a d g. eguale a gli angoli.
a d t.t d g.formato, l'uno è l'angolo dello agguagliamento, gli altri due ſono quelli, che formano le due li-
1nee, l'una del uero, l'altra del mezano mouimento con la line a del giogo: & eſſendocl manifeſta
quella
proportione, che hanno tra ſe due lati di queſto triangolo, l'uno de quali è il ſemidiametro
dello
eccentrico, & l'altro quello ſpatio, che eſce dal centro, egli adiuiene, che propoſtoci uno
qual
ſi uoglia de i triangoli ſar anno manifeſti anche gli altri.
Per il che concludemo, che o datoci
il
mezano mouimento, o il uero, o l'agguagliamento ciaſcuno da ſe, quanto prima uno di quelli
ci
ſarà manifeſto, egli ſi potrà conoſcere anche i due.
Tutte queſte coſe ſono coſi deſcritte per ſal
uar
le apparenze, la irregolarità del mouimento del Sole d'intorno al centro del mondo, & per
istabilire
un certo, & determinato conto dello isteſſo mouimento, come per la figura ſi dimostra
ſegnata
O.
Poi che hauemo detto del Sole; ſeguita, che ſi conſideri il mouimento della Luna, &
ſua
diuerſità, & uero luogo.
Dico adunque, che il uero luogo della Luna ſi fa manifeſto per lo
ecliſſe
di quella.
Imperoche chi bene auuertiſce al principio, & al fine dello ecliſſe, egli ſiha
lo
inſtante del mezo, nel quale la Luna è giuſtamente per diametro oppoſta al Sole.
La doue eſſen
doci
noto per le coſe gia dimoſtrate il luogo del Sole, non ha dubbio, che non ſiamo per ſapere il
luogo
della Luna: & queſta è la piu ſicura uia, che ſia.
Ma la diuerſità del ſuo mouimento è ſta­
ta
oſſeruata, poi che s'hebbe ueduto, che nello iſteſſo luogo del zodiaco la Luna non era ſempre
ueloce
ad un modo, & che in diuerſi modi era riferita al Sole: & però diedero la prima diuerſi­
allo epiciclo, & l'altra allo eccentrico.
Quattro punti ſono nello epiciclo, in uno la Luna è ue
lociſſima
; percioche il deferente concorre con lo epiciclo ad una iſteſſa parte: ma nello oppoſto è
tardiſſima
, percioche lo epiciclo molto repugna al deferente.
Ma ne i due punti di mezo la Lu­
na
ſi moue temperatamente.
Queſti quattro punti coſi partiſceno lo epiciclo, che nella prima par
te
il mouimento è uelociſſimo, nell'altramediocremente ſi rallenta, nella terza è tardiſſimo, nel­
la
quarta mediocremente ſi appreſta.
Da queſta diuerſità ſi ha compreſo da quali parti dello epi
ciclo
la Luna ſi muoua, & in quanto ſpatio di tempo ſi raggira d'intorno lo epiciclo.
& per haue­
re
piu preciſamente queſto tempo, gli ſpeculatori eleſſero due eccliſſi della Luna, ne i quali la Lu­
na
ſimilmente, & con egualità ſi moueſſe, ſeruando nell'uno, & nell'altro ecliſſe la medeſima
diuerſità
del mouimento, di modo, che fuſſero certi, che la Luna fuſſe nello iſteſſo luogo dello epi
ciclo
.
Da queſta oſſeruanza ſono ſtati certificati, che nello ſpatio di due ecliſſi la Luna haueua
fornito
il numero delle ſue intiere riuolutioni: percioche era ritornata a quello iſteſſo luogo del­
lo
epiciclo, & finalmente haueua perfetto il numero de i meſi Lunari, eſſendo tornata al luogo
oppoſto
del Sole.
Allhora adunque haueremo conoſciuto il numero delle riuolutioni dello epici­
clo
, quando ci ſarà manifeſto lo ſpatio di una riuolutione: auenga che non coſi preciſamente.

per
queſto anche ci puo eſſere aſcoſo il numero de i meſi Lunari, ogni fiata, che potre­
mo
hauere il numero della uolta, & della piena della Luna.
& per lo ſpatio del tem­
po
tra un'ecliſſe, & l'altro partito nel numero de i meſi Lunari haueremo la quanti­
del meſe Lunare.
& perche nel detto meſe la Luna compie una riuolutione della lunghezza
& ui aggiugne tanto diſpatio, quanto in quello iſteſſo meſe il Sole ſi moue: però tutto quel circo
lo
intiero con il detto mouimento del Sole partito nel numero de i giorni del meſe lunare con' i ſuoi
minuti
, ci darà ad intendere quanto ſia il diurno mouimento della Luna.
Ouero per ſapere lo
isteſſo
mouimento diurno della Luna ſi puo al numero delle riuolutioni fatte nel detto ſpatio di due
ecliſſi
aggiugnere il mouimento del Sole fatto nel detto ſpatio, & raccogliere tutto il mouimento
della
Luna fatto in quello ſpatio, & partirlo nel numero de i giorni di quello ſpatio.
Et di piu lo
intiero
circolo partito nel numero de i giorni Lunari, & de i minuti ſimilmente il numero de i gra­
di
delle riuolutioni del predetto ſpatio partito nel numero de i giorni dello iſteſſo ſpatio, ci fa ma­
nifeſto
quanto per ogni giorno la Luna ſi diparta dal Sole, che tanto uuol dire, quanto il moui
mento
d'un giorno della Luna, è di piu del mouimento del Sole.
altrimenti il numero delle
riuolutioni
della Luna nello epiciclo conuertito in gradi, & partito nel numero de i gradi dello in
teruallo
, ci farà conoſcer, quanto ſi muoue nello epiciclo ogni la Luna.
In queſto mo­
do
ſi comprende il mouimento della lunghezza eſſer'ogni giorno di gradi 15. minuti 10. ſe-
1onde 15. Et il mouimento dello epiciclo eſſere gradi 3. minuti 3. ſeconde 54. Lungo ſareb­
be
a ricapitular tutto quello, che nella ſpeculatione della Luna ſi puo dire.
Però riportandoſi a gli
ſcrittori
, paſſaremo a gli altri pianeti, & prima a i due ſottopoſti al Sole, cioè a Mercurio, & a Ve
nere
.
Dico adunque, che gli Aſtronomi hanno auuertito questi due pianeti partirſi dal Sole, &
allontanarſi
fino a certi termini dall'una parte, & dall'altra, & nel mezo del loro andare,
& del loro ritorno congiugnerſi con il Sole, ma quando erano da i lati del Sole, nelle loro ſtationi
ritrouarſi
diſcoſtiſſimi dal Sole, & però concluſero, che ſimil progreſſo, & regreſſo, ſi doueua
ſaluare
con lo epiciclo dimodo, che lo centro dello epiciclo col Sole a torno ſi moueſſe, & che
l
'uno, & l'altro pianeta dal Sole ſi allontanaſſe tanto, quanto daua loro la lunghezza dello epi­
ciclo
: ma perche raccogliendo inſieme, due contrarie, & grandiſſime diſtanze de i detti pianeti
dal
Sole, trouarono come non in ogni luogo ſi ſeruaua la iſteſſa quantità, & che quella ſomma non
poteua
creſcere, ſe non per lo accoſtarſi dello epiciclo, ſcemare, ſe non per appartamento del
lo
epiciclo, per lo quale lo epiciclo hora ſi accoſtaſſe, hora ſi allontanaſſe dal centro del Mondo.

Però
conceſſero a i due pianeti inferiori, & lo eccentrico, & lo epiciclo.
con queſta conditione,
che
lo eccentrico ſempre portaſſe lo epiciclo a torno col Sole, & quello, iſteſſo fuſſe mezano moui
mento
del Sole; & del pianeta, & lo epiciclo portaſſe il pianeta di qua, & di la rimouendo dal
Sole
, & molto bene quadraſſe, per ſaluare i regreſſi, & i mouimenti delle larghezze.
Hora per
ſapere
, in che modo ſi habbia la quantità del mouimento io dico, che biſogna oſſeruare il luogo
del
pianeta nel punto del zodiaco, & aſpettare tanto, che di nuouo il pianeta ritorni allo iſteſſo
luogo
, con queſta conditione, che egli ſia in diſtanza eguale dal luogo di mezo del Sole nell'uno,
& l'altro luogo.
Percioche allhora il pianeta hauerà fornito le intiere riuolutioni dell'uno, &
l
'altro mouimento prima nello eccentrico, perche il punto dello epiciclo ſarà ritornato allo iſteſſo
punto
, poi nello epiciclo, perche tornato il pianeta alla diſtanza iſteſſa del Sole, hauerà anche ri­
trouato
lo iſteſſo punto dello epiciclo.
Per queſte oſſeruationi ſi hauerà il tempo traſcorſo, & il
numero
delle riuolutioni: imperochene i tre pianeti di ſopra, quante ſaranno ſtate le riuolutioni
dello
epiciclo, & le riuolutioni dello eccentrico, ponendo inſieme il numero di queſte, & di quel­
le
, tanto nello ſteſſo tempo ſaranno ſtate le riuolutioni del Sole.
ma ne i due inferiori il numero
delle
riuolutioni dello eccentrico, è lo iſteſſo, col numero delle riuolutioni del Sole.
nello iſteſſo
tempo
ſimilmente il numero delle riuolutioni ſarà dello epiciclo, conoſciuto, ſubito che ſarà da
noi
appreſſo il uero conoſciuto il tempo d'una riuolutione.
La onde il numero delle riuolutioni
moltiplicato
per trecento, & ſeſſanta produrrà gradi, & il numero de i gradi partito per
lo
numero de i giorni dello ſpatio delle fatte oſſeruationi, ci darà quantità del mouimen­
to
diurno.
Ma che ordine ne i progreſſi, & ne i ritorni, & quale neceſſità loro ſia, di­
breuemente, auuertendo prima, che la diuerſità, o contrarietà di queſta apparenza
con
uno di due modi ſi puo ſaluare: o che ſi dia al pianeta ſolo il deferente eccentrico, ouero lo
epiciclo
col deferente concentrico: cioè che a quel modo, che in ciaſcuno de i tre pianeti ſuperio­
ri
, raccolti inſieme i mouimenti dello epiciclo del concentrico, & del pianeta nello epiciclo, ſie­
no
eguali al mezano mouimento del Sole, ma il centro dello ecceatrico ſi muoua inſieme col Sole
ſecondo
l'ordine de i ſegni, & il pianeta ſi muoua con quella uelocità con la quale ſi muoue lo epi­
ciclo
nel concentrico, in modo, che quella linea, che uiene dal centro, che è parallela a quella li
nea
, che è tirata dal centro dello eccentrico al centro del pianeta, termini il mezano mouimento
del
pianeta, & queſto ſi oſſerua ne i tre ſuperiori.
Ma ne i due inferiori pongaſi il mouimen­
to
dello epiciclo nel concentrico eguale al mezano mouimento del Sole: ma il mouimento del pia­
neta
nello epiciclo, & il mouimento del centro dello eccentrico ſia eguale alla ſomma raccolta dal
mezo
mouimento del Sole, & da quel mouimento, che fa il pianeta nello epiciclo: & il pianeta
ſimilmente
ſi muoua con la iſteſſa uelocità, con la quale ſi muoue lo epiciclo nel concentrico, con
la
iſteſſa conditione ſopradetta, cioè in modo, che quella linea, che uiene dal centro, che è paral
lela
alla linea tirata dal centro dello eccentrico al centro del pianeta, termini il mezano moui-
1mento del pianeta. Et anche aggiuntaui queſta conditione in quanto a tutti, che i diametri dello
eccentrico
, & del conceutrico, ſiano proportionati al ſemidiametro dello epiciclo.
& alla uſcita
del
centro, & coſi all'uno, & all'altro modo nelle ſtelle erranti ſi potria difendere la ragione del
progreſſo
, & del regreſſo quanto alla diuerſità, & uarietà.
Ma come per lunga iſperienza gli
oſſeruatori
delle ſtelle hanno compreſo questa prima diuerſirà uariarſi da una ſeconda diuerſità,
però
fu neceſſario dare la prima diuerſità allo epiciclo, & difendere la ſeconda col Deferente.

Ma
quella ſola coſa era aſſai baſteuole a fare, che i Deferenti di tutti i pianeti non faceſſero uno
iſteſſo
centro, cioè la ſingularità del mouimento, perche i concentrici communicano il mouimen­
to
il ſuperiore allo inferiore.
Ma questa communicatione non è ſtata auuertita ne i proprij mo­
uimenti
de i pianeti, però non è ſtato poſſibile di dare loro i concentrici.
118[Figure 118]
h K. lo epiciclo b. il ſuo centro.
h. il ſuo giogo. n. l'oppoſto.
K. il punto della prima dimora.
c. il centro del Mondo.
o. il punto della ſeconda dimora.
h l K. l'arco della prima dimora.
h K o. l'arco della ſeconda dimora.
K n o. l'arco del regreſſo.
o h K. l'arco della direttione.
Ma accioche egli s'intenda a quali pianeti ſi dia il progreſſo, dirò, che
douemo
imaginare due linee dritte tirate dal centro, l'una, che termini nelle
parti
orientali dello epiciclo, l'altra nelle occidentali.
A queſto modo quan
to
al mouimento del pianeta nello epiciclo ſolamente, la ſtella, che anderà
per
l'arco di ſopra i due punti del toccamento delle dette linee, ſi dirà andar
inanzi
, & far progreſſo.
Perche ella in quel luogo ſarà portata uerſo l'orien
te
?
ma nello arco inferiore ſi dirà retrograda, o far regreſſo, perche ritorne
mouendoſi alla contraria parte: ma ſtando ne i predetti punti, ſi dirà, che
dimori
, & stia: perche nel punto orientale di dritta ſi farà retrograda, &
nello
occidentale di retrograda ſi farà dritta.
Benche queſte coſe per lo contrario ſono conſidera
te
nel Sole, & nella Luna.
La qual ragione ſarebbe a baſtanza cerca il regreſſo, & progreſſo,
ſe
il pianeta non ſi trouaſſe con altro mouimento, che col mouimento dello epiciclo.
Ma perche
mentre
il pianeta ſi riuolge nello epiciclo, anche lo epiciclo dallo eccentrico è portato, però che
appreſſo
i detti punti del toccamento il pianeta, benche quanto al riuolgimento dello epiciclo ſia
in
dimora, niente di meno è portato dallo eccentrico uerſo oriente, & coſi anchora è diretto: &
però
è neceſſario, che i punti delle dimore ſiano alquanto inferiori a quelli punti, che le predette
linee
fanno nel toccamento, le quali noi dicemmo partirſi dal centro: & coſi quelle linee non toc
cando
, ma tagliando, & partendo lo epiciclo ne i loro tagli fanno i punti della dimora.
Et però
egli
è neceſſario, che quelli punti ſiano in quella parte della circonferenza dello epiciclo, done il
mouimento
retrogrado al pianeta nello epiciclo coſi contraſta col mouimento del Deferente, che
quanto
il pianeta è portato all'occidente dallo epiciclo tanto lo epiciclo ſia ritornato dal Deferen
te
uerſo l'Oriente.
Et a queſto modo il pianeta portato da eguali ma contrarij mouimenti, pare,
che
egli ſaccia dimora: Et però il pianeta nel punto dello stato orientale, che è detto prima dimo
ra
, comincia a ritornare; imperoche in quel luogo il mouimento del pianeta nello epiciclo comin­
cia
auanzare il mouimento dello epiciclo nel Deferente.
ma nel punto della dimora occidentale,
che
ſi chiama ſeconda dimora il pianeta ritorna allo andar auanti, & al progreſſo, percioche il
mouimento
del pianeta, nello epiciclo ſi rallenta.
Et queste coſe dalla figura ſono manifeste.
1
Ma la ſtella di Marte uagando ſeicento, & ottanta tre giorni per gli ſpatij de i ſegni per
uiene
la doue cominciando da prima haueua fatto il ſuo corſo.
Et in que ſegni, che piu
uclocemente
traſcorre, poi che hauerà fatto la ſua dimora, riempie la ragione del nume­
ro
de i giorni.
Ma la ſtella di Gioue aſcendendo con piu moderati gradi contra il corſo
del
Mondo, miſura ogni ſegno quaſi in trecento, & ſeſſanta cinque giorni, & ſta per an­
ni
undici, & giorni trecento, & ſeſſanta tre, & ritorna in quel ſegno, nel quale dodici an
ni
prima ſi trouaua.
Saturno ueramente per meſi uentinoue, & alquanti giorni di piu paſ
ſando
per un ſegno in uentinoue anni, & quaſi cento & ſeſſanta giorni uiene reſtituito in
quel
ſegno, di doue trent'anni prima ſi moſſe: & d'indi naſce, che quanto egli è men lon­
tano
dall'ultimo cielo, tanto piu ſpatio di circoito ſacendo, appare piu lento de gli altri.
Quanto dice Vitr. è manifesto, dalle ſue iſteſſe parole: ma come s'intenda da noi quello, che
egli
ha detto, per le ſoprapoſte ſpeculationi ſi conoſce.
Ma quelli pianeti, iquali ſopra il corſo del Sole fanno i giri loro ſpecialmente quando
ſaranno
in quel triangolo, nel quale ſarà il Sole, allhora non uanno inanzi, ma douendo
ritornare
dimorano ſin tanto, che il Sole partendo da quello paſſerà in altro ſegno.
Pare che Vitr. tratti in queſto luogo de gli aſpetti, & delle occultationi delle ſtelle, ragionan
do
de i progreſſi, & delle dimore, & ne rende le cauſe a modo ſuo; & rifiuta le altrui opinioni.

Ma
noi ſecondo la propoſta intentione diremo delle apparenze, & de gli aſpetti, orti, & occaſi,
accoſtandoci
al dotto Maurolico.
Conſideramo adunque il Sole in quattro luoghi principali ter­
minati
dall'Orizonte, & dal meridiano, il primo in Oriente, il ſecondo nel mezo del cielo di ſo­
pra
, il terzo in Occidente, l'ultimo nel mezo del cielo di ſotto.
stando adunque il Sole in uno di
questi
quattro punti, ſe egli starà in Oriente, & anche la ſtella ſarà in Oriente, chiameremo quel­
lo
ſtato mattutino; ſe al mezo , Meridiano; ſe all'occidente, Veſpertino; ſe alla meza notte, in­
tempeſto
, per uſare il nome de i Latini.
A queſto modo ciaſcuno ſito de i quattro della ſtella in
quattro
modi ſi riferirà al Sole.
La doue ſedici ſaranno le habitudini delle stelle al Sole. Di quel­
le
habitudini la meridiana è, ma non ſi uede: imperoche la preſentia del Sole debilita lo aſpetto,
& però uera non apparente ſi chiama.
ma il riſpetto della meza notte è, & ſi uede ſempre ec­
cetto
quando ſotterra la ſtella è nel mezo del cielo.
E dico, & ſi uede, perche di notte ogni ſtel­
la
ſi puo uedere nell'Orizonte, ouero ſopra la terra.
& però & uera, & apparente la chiamere­
mo
.
Finalmente l'habitudine mattutina, o Veſpertina della ſtella ſopra la terra, o nell'Orizon­
te
è, ma non ſi uede, perche il raggio del Sole, che sta nell'Orizonte, ce la toglie.
potrà ben eſſere,
che
la ſi ueda, ſe il Sole ſarà tanto ſotto l'Orizonte, che la ſua luce indebolita, o non tanto ga­
gliarda
, ceda, ouero allhora cominci, o ceſſi di cedere al raggio delle ſtelle.
in quel caſo l'habitu­
dine
delle ſtelle è chiamata apparente o prima, o poi del naſcimento mattutino.
l'orto adunque
mattutino
della ſtella, che prima appare, è delto apparenza, uiſta, o irradiatione prima mattuti
na
. & l'ultimo, pur mattutino, è chiamato apparenza, uiſta, o irradiatione ultima mattuti­
na
.
ſimilmente l'occaſo ueſpertino, che prima ci appare, ſarà detto apparenza, uiſta, o irra­
diatione
prima ueſpertina, & l'ultimo, ultima apparenza, uiſta, o irradiatione ueſperti
na
.
Chiamanſi orti, & occaſi delle ſtelle riſpetto, che ſi cominciano a uedere, o non ue­
dere
, apparere, & occultarſi uſcendo ouero entrando ne i raggi del Sole.
Hora dirò a qua­
li
ſtelle occorreno ſimili effetti di apparenze: imperoche altrimenti auuengono a quelle, che
ſono
piu tarde, altrimenti a quelle, che ſono piu ueloci del Sole.
Le ſtelle fiſſe adunque, & i tre
ſuperiori
, perche ſono ſopra del Sole, poco prima dell'occaſo uero ueſpertino mancano dopo il
Sole
, & ſi poſſono uedere.
ma dapoi auicinandoſi il Sole, a quelle uerſo l'Oriente, perche il Sole
è
piu ueloce, fanno nell'Orizonte occidentale l'ultima apparenza ueſpertina.
ouero ſi aſcondeno,
fin
che dopo l'orto uero mattutino, partendoſi il Sole uerſo l'Oriente facciano nell'Orizonte a Le­
uante
la prima apparenza mattutina.
Ma la Luna, per qualche ſpacio auanti il naſcimento mat­
tutino
, ſi puo uedere prima, che leui il Sole, ma auuicinandoſi al Sole uerſo Leuante eſſendo ella
1piu ueloce fa l'ultima apparenza mattutina a Leuante, & ſi leua dallo aſpetto noſtro, finche do­
po
il uero occaſo ueſpertino, laſciando il Sole, faccia a Ponente la prima apparenza ueſpertina.

Ma
Venere, & Mercurio, che ſono hora piu tardi, hora piu ueloci del Sole, fanno il medeſimo,
che
fanno i tre di ſopra, & anche quello, che fa la Luna.
imperoche fanno, & la prima, & l'ul­
tima
apparenza, tanto ueſpertina, quanto mattutina; ma i tre ſuperiori fanno l'ultima apparen­
za
ueſpertina, & poi ſubito la prima mattutina uerſo la ſommità dello epiciclo.
Ma Venere, &
Mercurio
fanno le iſteſſe eſſendo retrogradi, & nella parte oppoſta al giogo: perche queſti due
fanno
l'ultima apparenza mattutina, & poco dapoi la prima ueſpertina appreſſo il giogo dello
epiciclo
.
ilche fa anche la Luna, ma nel giogo del ſuo Deferente. Et queſto piace ad alcu­
ni
che coſi ſia.
Cioè i progreſſi, et le dimore, le apparenze, et le occultationi hanno queſta cagione ſecondo alcuni.
Perche dicono che il Sole, quando è per una certa diſtanza piu lontano, fa che con non
chiari
ſentieri errando le ſtelle con oſcure dimore ſiano impedite.
Vogliono che la lontananza del Sole impediſca, & ritegna le ſtelle, & auuicinandoſi il Sole ſia
no
liberate, & ſciolte.
queſta ragione da ſe ua giu, & Vitr. la impugna, dicendo.
Ma a noi non pare, che coſi ſia, perche lo ſplendore del Sole ſi laſcia molto ben uedere,
& è manifeſto ſenza alcuna oſcuratione per tutto il mondo.
in modo, che egli ci appare
anche
quando quelle ſtelle fanno i ritorni, & le dimore loro.
ſe adunque per tanti ſpacij la
noſtra
uiſta puo queſto auuertire, perche cagione giudicamo noi, che a quelli diuini ſplen
dori
delle ſtelle ſi poſſa opponere alcuna oſcurità.
Questa è buona ragione cerca l'apparenza delle ſtelle, ma non ſatisfa alle dimore, & ritorni
come
s'è detto.
Anzi piu preſto quella ragione farà chiaro a noi, che ſi come il feruore a ſe tira tutte le
coſe
, come uedemo i frutti per lo calore leuarſi da terra, & creſcere; & i uapori delle acque,
delle
fonti, per l'arco celeſte eſſer attratti, coſi per la iſteſſa ragione lo impeto, & la forza
del
Sole mandando fuori i raggi, & ſtendendoli in forma triangolare, a ſe tira le ſtelle,
che
gli uanno drieto, & quaſi raffrenando quelle, che gli correno inante, & ritenendole
non
le laſcia paſſar piu oltra, ma le forza di ritornare a ſe, & fermarſi nel ſegno d'un'al­
tro
triangolo.
Queſta ragione di Vitru. è piu preſto da Architetto, che da Filoſofo. imperoche, chi direbbe,
che
'l Sole raffrenaſſe, o rilaſciaſſe i mouimenti del Cielo, come con un freno?
che neceſſità ſcio­
glierebbe
i pianeti da quella forzac perche, (ſe queſto fuſſe) non potremmo noi uedere tutti i
pianeti
, & tutte le stelle raccolte in una maſſa?
Non è ragioneuole che i corpi celeſti ſiano ſot­
topoſti
a queſti accidenti, anzi è meno conueniente, che questo auuenga, che la predetta ragio­
ne
di quelli, che danno alcuni ſecreti, & oſcuri ſentieri alle ſtelle.
Ma laſciamo andare queſte co­
ſe
, & torniamo a Vitr. ilquale dalla riſpoſta, & ſolutione della dimanda fatta di ſopra, toglie oc­
caſione
, di leuare una dubitatione, laquale egli pone, & è queſta.
Forſe alcuno puo diſiderare di ſapere, perche cagione il Sole dal quinto ſegno lontano
da
ſe piu preſto che dal ſecondo, ouero dal terzo, che gli ſono piu uicini ritenga i piane­
ti
in queſti feruori.
io come pare, che queſto auegna, eſponerò. I raggi del Sole ſi ſten­
deno
con linee, come è la forma d'un triangolo, che habbia i lati eguali.
& ciò non è piu
meno, che al quinto ſegno lontano da ſe.
ſe adunque ſparſi andaſſero in giro uagando
per
tutto il mondo, ſi ſtendeſſero dritti, a guiſa di triangoli, le coſe che piu uicine gli
fuſſero
, abbruciarebbeno, & queſto pare, che Euripide poeta Greco habbia molto bene
conſiderato
dicendo, che quelle coſe, che ſono piu rimote dal Sole ardeno molto piu ga­
gliardamente
.
& però ſcriue nella Fauola intitolata Fetonte, in queſto modo.
Arde le coſe, che ſon piu rimote.
Et le uicine piu temprate laſcia.
1
Se adunque, & lo effetto, & la ragione, & la teſtimonianza dello antico poeta dimoſtra
queſto
eſſer uero, io non penſo, che biſogni fare altro giudicio di quello, che di ſopra
detto
hauemo di queſta coſa.
Se il Sole ritiene piu feruore quando manda i raggi triangolari, ragione è (dice Vitr.) che a ſe
tiri
piu gagliardamente le ſtelle, & quelle raffreni dal corſo loro.
Ma perche ragione queſto auen
ga
, cioè che piu presto il Sole faccta queſto effetto nello ſpacio di cinque ſegni, ch'è lo ſpacio d'uno
lato
del triangolo (eſcludendo però il quinto ſegno) che dal ſecondo, ouer dal terzo, che ſono piu
uicini
, egli dimanda, & riſponde a ſe ſteſſo.
Et la proua è preſa dello effetto, dalla ragione, & dal
testimonio
di Euripide antico poeta.
Ma perche tutta queſta materia compreſa dalla ragione di
Vitr
. ci pare, che biſogno habbia di maggior chiarezza, però diremo quanto ſi ha da Plinio nel
ſecondo
libro, doue egli parla di queſta mutatione, della quale Vitr. in queſto luogo ne cerca la ra
gione
, & dice in queſto modo.
Del che ſeparatamente ſi deue renderne conto. Le ſtelle percoſ­
ſe
nella parte, che detto hauemo, & dal raggio del Sole triangolare, ſono ritenute, che non poſſono
tener
dritto il corſo loro, & dalla forza del catore ſono ſolleuate, ma questo non coſi preſto ſi
puo
comprendere dalla uiſta nostra, & però pare, che ſtiano, donde poi è ſtato preſo il nome di Sta
tione
.
Dapoi la forza dello iſteſſo raggio ua inanzi, & il uapore le forza tornare adietro, come
ripercoſſe
da quello.
Eſpone uno de moderni questo luogo, & dice. Dichiamo auanti, che altro
ſi
dica, la intentione di Plinio, In ſomma pigliando lo eſſempio dal monte Etna, iui ſi pone il uapo
re
del fuoco concetto nel fondo della terra, manda fuori le pietre affocate, coſi il Sole ſcaccia le
ſtelle
, che ſe gli trouano appreſſo i luoghi baſſi, & uicini alla terra: ma in queſta parte, queſto man
ca
allo eſſempio predetto, percioche alle pietre non ſoprauiene da luogo alto altro uapore, che le
faccia
ritornare al fondo, perche di natura loro diſcendeno: ma il Sole di nuouo ſoprauiene col ſuo
uapore
, & rincalza le ſtelle uerſo la terra.
Queſta ragione dice Plinio, eſſer ſua priuata, & non
di
altri, ſecondo che dice il predetto autore.
Ma poi pare, che egli ſi mar auigli di Plinio, perche
la
predetta opinione molto prima da Vitruuio nel preſente luogo è ſtata dichiarita.
Tanta diuer­
ſitàuiene
alle ſtelle, percioche i raggi del Sole in altro tempo ſottentrano, et ſcacciano quelle in alto,
& in altro tempo ſormontano, & quelle deprimeno a terra.
Queſta opinione dice il predetto, ſi
puo
con molte, & euidenti coſe rifiutare.
Tra le quali queſta ne è una, in che modo puo ſtare, che
il
Sole, che è piu baſſo alle ſpere delle ſtelle, ſoprauenga alle ſtelle, & le ſcacci, & le forzi a tornare;
che
ſe fuſſero tutte le ſtelle in una ſuperficie d'una ſpera, il Sole però ſtando preſſo terra nel naſce­
re
, o nel cadere, potrebbe tirare la ſtella, che fuſſe in alto, ouero nella ſua ſtatione.
Oltra di que­
ſto
, come ſi puo imaginare, che i corpi celeſti, che per natura hanno i mouimenti loro, ſiano all'im
perio
ſolo del Sole ſcacciati, & quello imperio non ſia moderato, ma uiolento?
coſa che eternamen
te
non potrebbe durare.
Appreſſo ſi aggiugne, che non ſi conuiene transferire a ſcacciamenti
fortuiti
, quelle coſe, che indubitatamente ſono riferite a que' giri, come a ſeſta ordinati.
Et però
molto
bene conuengono Plinio, & Vitruuio in queſto paſſo, & ua giu anche la dubitatione, &
la
ſolutione di Vitr. ſecondo i modi da noi eſpoſti di ſopra.
Ma la ſtella di Gioue, correndo tra la ſtella di Saturno, & di Marte, fa maggior uiag­
gio
, che Marte, & minor, che Saturno.
Et ſimilmente le altre ſtelle, quanto piu ſono lon­
tane
dall'ultimo cielo, & piu uicine alla terra ſi uolgeno, tanto piu preſto pare che ſini­
ſchino
i corſi loro.
perche ciaſcuna di quelle facendo minor giro, piu ſpeſſo ſottentrando
paſſa
quella, che è di ſopra; a ſimiglianza di quello che auuenirebbe ſe in una ruota di boc
calaio
, poſte fuſſero ſette formiche, & fuſſero fatti tanti canali nel piano della ruota, prima
d
'intorno al centro, dapoi a poco a poco creſceſſero & maggiori fuſſero appreſſo la eſtre­
mità
, che ne i detti canali fuſſero conſtrette le formiche a raggirarſi, caminando tutta uia
la
ruota nella parte contraria, egli è neceſſario che quelle formiche per tanto di meno ua­
dino
contra la uolta della ruota; & quella, che ſarà piu uicina al centro nel ſuo canale ſa­
piu preſta a dar la uolta ſua: & quella, che farà l'ultima, & maggior circonferenza del-
1la ruota, benche ſia egualmente ueloce, nientedimeno per la grandezza del giro, che ella
ha
da fare, ponerà molto piu tempo in fornire il corſo ſuo.
Simigliantemente le ſtelle,
che
uanno contra il corſo del Mondo, di loro proprio mouimento fanno i proprij giri,
ma
uolgendoſi il cielo con ſoprauanzi ſono riportate in dietro per la quottidiana circu­
latione
del tempo.
Quello che dice Vitr. in queſto luogo è facile, & bello, & è ſtato uſurpato da i poſteriori per da
re
ad intendere il contrario mouimento delle ſpere de i pianeti.
Ma che ſiano delle ſtelle altre temperate, altre feruenti, altre fredde; queſta pare, che
ſia
la ragione, che ogni fuoco ha la ſiamma ſua che aſcende il Sole adunque abbrucian­
do
con i raggi ſuoi la parte etherea, che ha di ſopra, la fa rouente. Rouente, cioè come
ferro
, che bogliente eſce dal fuoco.
In que luoghi ha la ſtella di Marte il ſuo corſo: & però quella ſtella ſi fa feruente dal
corſo
del Sole.
Ma la ſtella di Saturno, perche è proſsima alla eſtremità del mondo, &
tocca
le congelate parti del cielo, è grandemente fredda: & da queſto procede, che do­
uendo
Gioue traſcorrere tra queſta, & quella, dal freddo, & dal calore di quelli, come nel
mezo
, tiene effetti conuenienti, & ſommamente temperati.
Tutta uia Vitr. ua ragionando da Architetto, però non è, che ci affatichiamo in contradirgli,
hauendo
per certo, che freddo, caldo, qualità ſimile, paßione, ſia in que' celeſti, & lumi­
noſi
corpi, i quali ſono ſtimati di fuoco, perche riſplendeno; ma in uero ſono inalterabili, & impati­
bili
, , perche riſplendono, ſi deue ſtimare, che ſiano di fuoco.
Imperoche molti animali, & molte
ſcorze
d'alberi, & molte squame di peſci riluceno a merauiglia, però hanno in ſe fuoco alcuno.

Et
ſe quella ſtella è detta feruente, & queſta fredda, non è ſe non, perche hanno uirtù di produrre qua
giu
ſimili effetti.
La doue lo influſſo non è altro, che occulta qualità de i corpi celeſti, che non puo
eſſer
impedita da alcuno corpo trapoſto.
Io ho eſpoſto, come ho da mici precettori hauuto, della zona ornata de i dodici ſegni,
& delle ſette ſtelle, & della loro contraria fatica, con che ragione, & con che numeri paſ
ſano
di ſegno in ſegno, & finiſceno il corſo loro.
Hora io dirò, come creſca, & ſcemi
la
Luna, in quel modo, che da i maggiori ci è ſtato laſciato.
Beroſo, che dalla citta, ouero
dalla
natione de i Caldei uenne in Aſia, & fece paleſe la diſciplina de Caldei, coſi ha con­
fermato
.
che la Luna è da una metà come una palla lucente & acceſa, & dall'altra è di co­
lore
celeſte, & quando ella facendo il ſuo giro, ſottentra al cerchio del Sole allhora è da
i
raggi & dallo impeto del calore attratta, & fatta rouente: perche il ſuo lume ha pro­
prietà
col lume del Sole: & come richiamata, & riuolta riguarda le parti di ſopra al­
lhora
la parte della Luna ci appare oſcura, imperoche per la aſsimiglianza dello aere, non
è
rouente: & quando ſta a perpendicolo de i raggi del Sole diceua Beroſo, che tutta la
parte
luminoſa era ritenuta uerſo la parte di ſopra, & allhora ſi chiamaua prima Luna.
ma
poi
che paſſando piu oltre ella andaua alle parti Orientali del cielo abandonata dalla for­
za
del Sole.
La eſtrema parte della ſua chiarezza con molto ſottil filo mandaua a terra il
ſuo
ſplendore: & coſi per quella cagione era detta ſeconda Luna.
& continuando ogni
giorno
a rimettere, & rilaſciare il ſuo giramento, era detta Terza, & Quarta Luna.
Ma
nel
ſettimo giorno ſtando il Sole a Leuante, & tenendo la Luna le parti di mezo tra Le­
uante
, & Ponente, perche con la metà per lo ſpacio del Cielo è diſtante dal Sole, ſimilmen
te
hauerà la metà della ſua chiarezza riuolta alla terra.
Ma quando tra'l Sole, & la Luna
ſarà
la diſtanza di tutto lo ſpa cio del cielo, & che il Sole tramontando riguarderà il cer­
chio
della naſcente Luna, perche ſarà molto diſtante da iraggi del Sole, rilaſciata nel
quarto
decimo giorno, manderà lo ſplendore da tutta la ruota della faccia ſua.
& ne i ſe­
guenti
giorni continuamente ſcemando alla perfettione, & compimento del meſe Luna
re
, con i ſuoi giri, & con eſſer riuocata dal Sole, ſottentrerà col corſo ſuo la ruota, & i
1raggi ſuoi faranno le ragioni del meſe. Ma io eſponerò in che modo Ariſtarco Samio
Mathematico
ci ha laſciato gli ammaeſtramenti della uarietà della iſteſſa Luna con gran­
de
prontezza d'ingegno.
Non ci è aſcoſo la Luna non hauere da ſe lume alcuno, ma eſſe­
re
come uno ſpecchio, & riceuere il ſuo ſplendore dallo impeto del Sole.
imperoche tra
le
ſette ſtelle la Luna fa il corſo ſuo breuiſsimo, piu uicino alla terra.
Adunque ogni me­
ſe
ella ſi oſcura ſotto la ruota, & i raggi del Sole il primo giorno prima che ella gli paſsi
& quando è col Sole, ſi chiama nuoua Luna.
Ma il di ſeguente dal quale è nominata ſe­
conda
, trapaſſando il Sole porge una ſottile apparenza della ſua rotondità: quando poi
per
tre giorni s'allontana dal Sole creſce, & piu è illuminata.
Ma partendo ogni giorno,
giunta
al ſettimo eſſendo lontana dal cadente Sole d'intorno a mezo il Cielo luce per la
metà
, & è illuminata quella parte, che riguarda al Sole.
ma nel decimo quarto giorno eſ­
ſendo
per diametro nello ſpacio del mondo dal Sole diſcoſta, ſi fa piena, & naſce, quan­
do
tramonta il Sole, imperoche diſtante per tutto lo ſpacio del mondo è contrapoſta, &
dallo
impeto del Sole riceue il lume di tutto il ſuo cerchio.
Ma naſcendo il Sole alli 17
giorni
, la Luna è abbaſſata all'occidente, & nel uenteſimo primo, quando è leuato il So­
le
, la Luna tiene quaſi le parti di mezo il Cielo, & ha lucida quella parte, che riguarda il
Sole
, & nelle altre è oſcura, & coſi caminando ogni giorno quaſi al uenteſimo ottauo ſot
tentra
a raggi del Sole, & compie le ragioni de i meſi.
Hora io dirò come il Sole en­
trando
ne i ſegni in ciaſcun meſe fa creſcere, & ſcemare gli ſpatij de i giorni, & del­
le
hore.
A me pare che la opinione di Beroſo concorra in una con quella di Ariſtarco. Ben è uero, che
c
'è differenza, perche Peroſo uuole, che la metà della Luna ſia lucida, & che quella ſia ſempre ri­
uolta
al Sole, & queſto puo ſtare, ſe egli intende, che la metà ſia lucida, o uedendola, o non ueden­
dola
noi.
Et Ariſtarco uuole, che tutto il lume, che ha la Luna uenghi dal Sole, la qual opinione è
migliore
, & è stata admeſſa.
Dico adunque in ſomma, che la Luna congiunta col Sole non ſi ue­
de
, perche ha la faccia illuminata riuolta al Sole, & la oſcura a noi.
ma diſcoſtandoſi ogni giorno
dal
Sole, il Sole percuote una parte della Luna con i raggi ſuoi, & perche noi ſiamo di mezo, comin
ciamo
a uedere la parte illuminata, & ne' primi giorni poco ne uedemo, però quello aſpetto ſi chia
ma
Lunato, & in Greco Monoidis.
Ma nel ſettimo quando ella è per una quarta del cielo lonta­
na
dal Sole, quella faccia ſi uede meza, & però in Greco è detta Dicotomos, cioè bipartita: allonta
nandoſi
poi piu dal Sole, & riuoltando a noi piu della metà della faccia illuminata, è detta Amphi
cirtos
, cioè curua d'amendue le parti.
finalmente nella oppoſitione dimoſtrando tutta intiera la ſua
ritondezza
illuminata, è detta Panſelinos, cioè tutta Luna, o piena Luna, et noi dicemo la Luna ha
fatto
il tondo.
ritornando poi al Sole, di giorno, in giorno ſi ua naſcondendo, finche di nuouo ſia ſot­
topoſta
al Sole, doue ſi dice, che la Luna , ouero ſi chiama la congiuntione: & queſto ci puo baſta­
re
per lo intendimento della preſente materia.
La quale fornita Vitr. ci propone di dire come i
giorni
s'accortano, & s'allungano, & le hore, mentre il Sole ua di ſegno in ſegno, & dicendo, che
gli
ſpacij delle hore ſi fanno maggiori, & minori, ci dinota, che gli antichi partiuano ciaſcun gior­
no
in dodici parti eguali, però ne ſeguitaua, che le hore del giorno della ſtate, erano maggiori, che
le
hore diurne del uerno, & quella proportione, che ſi ſeruaua nel partire i giorni, la medeſima ſi
ſeruaua
in partire le notti, & quelle hore conueniuano con le hore ordinarie, & con tutte altre ſor
ti
di hore, ſolamente al tempo de gli Equinottij.
ſcemauano le hore dal tempo che il Sole entraua
in
Cancro, fin che entraua in Capricorno: ma creſceuano dal Capricorno al Cancro.
Con que­
ſto
auuertimento s'intenderà piu facilmente, quanto dice Vitr.
1
Del corſo del Sole per li dodici ſegni. Cap. V.
IL Sole adunque quando entra nel ſegno del Montone, & traſcorre la ottaua
parte
di quello, fa lo equinottio di primauera.
ma andando piu oltra alla co
da
del Toro, & alle Stelle Vergilie, dalle quali auanza la prima metà del To
ro
, corre in maggiore, & piu ampio ſpatio del Cielo, della metà uerſo la par
te
Settentrionale.
Partendoſi poi dal Toro quando entra ne i Gemelli, naſcendo le Ver­
gilie
, creſce anchora piu ſopra la terra, & fa maggiori gli ſpatij de i giorni.
indi da i Gemel
li
, quando entra nel Cancro, il quale occupa lunghiſsimo ſpatio del Cielo, giunto all'ot­
taua
parte fa il tempo del Solſtitio, & caminando peruiene al capo, & al petto del Leo­
ne
.
Perche quelle partiſono attribuite al Cancro. Ma dal petto del Leone, & da i termi
ni
del Cancro l'uſcita del Sole correndo alle altre parti del Leone, ſcema la grandezza de i
giorni
, & de i giri, & ritorna in corſo eguale a quello, che egli faceua, quando cra ne i
Gemelli
.
indi poi paſſando dal Leone alla Vergine, & andando piu oltre al ſeno della ue­
ſte
di quella in quello reſtrigne i giri ſuoi, & gli pareggia con quelli, che egli faceua eſ­
ſendo
nel Toro.
Vſcito di Vergine per lo ſeno della ueſte di quella che occupa le prime
parti
della Bilancia, nella ottaua parte della Bilancia fa lo equinottio dello Autunno.

Et
quel corſo è pari al corſo gia fatto nel Montone.
Ma entrando poi il Sole nello Scor­
pione
cadendo le Vergilie, andando piu inanzi uerſo le parti meridiane ſcema la lunghez­
za
de i giorni.
Venendo poſcia dallo Scorpione al Sagittario, quando egli entra nelle par
ti
anteriori di quello paſſa piu ſtretto corſo del giorno.
Ma cominciando dalle coſcie di
dentro
del Sagittario, le quali parti ſono attribuite al Capricorno, giunto alla ottaua par
te
fa un breuiſsimo ſpatio del Cielo, & d'indi dalla breuità de i giorni quel tempo è detto
Bruma
, & i giorni brumali.
Ma paſſando dal Capricorno all'Acquario creſce, & aggua
glia
con la lunghezza del lo ſpatio del Sagittario.
Dallo Acquario, quando è entrato
ne
Peſci ſpirando il uento Fauonio acquiſta corſo eguale allo Scorpione.
& coſi il Sole an
dando
per que ſegni a certi, & determinati tempi fa creſcere, & ſcemate gli ſpatij de i gior
ni
, & delle hore.
Ma io dirò delle altre conſtellationi, che ſono ornate di ſtelle dalla ſini
ſtra
, & dalla deſtra della zona de i ſegni, della parte meridiana, & ſettentrionale del
Mondo
.
Quiui ci rende Vitr. la ragione del creſcere, & del calare de i giorni, ma breuemente, &
piu
presto ci eſpone lo effetto, che fa il Sole nel Mondo entrando di ſegno in ſegno cercando la quan
tità
de i giorni: benche la ragione ſia queſta, che il Sole ſopra terra di ſegno in ſegno faccia mag­
giori
, & minori archi del Cielo.
Però noi ſaldaremo anche queſta partita, dicendone la cagio­
ne
intieramente.
percioche quando a noi creſceno i giorni, ad altri uanno ſcemando, però doue­
mo
abbraciare tutta la cauſa di tale effetto, & non quella, che a noi habitanti di qua dallo equi
nottiale
ſerue ſolamente.
In due modi adunque s'intende giorno. prima lo ſpatio, che fa il Sole
col
Mondo girando una fiata nel termine di hore uentiquattro; & queſta è l'ordinaria ſignificatio
ne
di queſto nome preſo uulgarmente.
Imperoche gli eſperti Aſtronomi, al giro di hore uenti­
quattro
, danno quello di piu, che il Sole ha fatto in quel tempo col ſuo mouimento contrario a
quello
del Mondo.
è merauiglia ſe in questo ſpatio è compreſa anche la notte; perche riſpetto
a
tutto il Mondo ſempre luce il Sole, & fa giorno in qualche luogo.
L'altra ſignificatione è,
che
per giorno s'intende quello ſpatio, che in alcun luogo il Sole ſta ſopra l'orizonte.
nel primo mo
do
comincia il giorno al mezo , & termina al mezo ſeguente.
Percioche a qualunque habi
tanti
della terra stando fermo, doue egli ſi troua ogni giorno dell'anno il Sole peruiene al mezo
ſopra uno isteſſo circolo, che paſſa da un polo all'altro, per lo punto, che gli sta ſopra il capo,
1il qual punto è detto Zenith. & il circolo è chiamato Meridiano. Imperoche quando il Sole ſi
troua
in alcun punto di quello, quando è ſopra terra, ſempre è mezo : & benche diuerſi habbia
no
diuerſi Meridiani, a ciaſcuno però il ſuo è uniforme.
Ma i punti del leuare, & del trammon
tar
del Sole, ſi uanno ſempre uariando.
Perche ſi uede, che il Sole hora naſce al uero leuante;
hora
di qua, hora di la.
Et coſi tramonta in diuerſi punti dell'orizonte. Per ſapere adunque
la
diuerſità de i giorni, egli biſogna auuertire, che il Sole non ſale ogni giorno egualmente ſopra
terra
, dal che uiene, che un giorno non è eguale allo altro.
Ben è uero, che ne gli isteſſi graai di
appartamento
dallo equinottiale, ne i quali il Sole ogni aſcende, in quelli ſi pone alla parte op­
posta
, & per breue, o lungo, che ſia il giorno ſtando l'huomo in un luogo, il Sole gli uiene ogni
(come ho detto) ad uno isteſſo meridiano, ſenza che egli pieghi mai in parte alcuna.
per
questo
affermo, che ad uno isteſſo tempo ſia il mezo a tutti gli habitatori della terra, ma dico
bene
, che quanto uno è piu leuantino, tanto piu presto gli naſce il Sole, & tanto piu presto gli
uiene
al ſuo meridiano.
La doue egli ſi puo hauere per queſta ragione, che quando ad al um è
mezo
, ad altri è il principio, ad altri il fine del giorno, & ad altri la notte, & eſſendo la terra,
come
alcuni uogliono di leghe ſeimila di circuito, il corpo del Sole per ogni hora del naturale
fa
per la ritondezza dell'acqua, & della terra leghe ducento & ſeſſantadue.
La onde per queſto
conto
guardando noi, che hora è di giorno in un paeſe ſaperemo, che hora ſia in ogni altra parte;
ſapendo
la distanza delle leghe, che è da un luogo all'altro da leuante a ponente.
Hora ponia­
mo
il Sole nel principio del Montone, che è punto equinottiale: benche Vitr. lo mette nella otta­
ua
parte, (il che come s'intenda dirò poi) & che cominci a montare: & imaginiamo, che il
principio
, & il fine del giorno ſia, quando ſu'l Labro, o ſu l'orlo dell'orizonte da leuante, & da
Ponente
ſi troui il centro del corpo ſolare: Io dico il giorno eſſer pari alla notte: perche il Sole
diſegna
una metà del ſuo giro ſopra l'orizonte, & l'altra metà di ſotto, & dimora tanto di ſopra
quanto
di ſotto.
Facciamo poi, che il Sole ſi muoua di ſuo mouimento uerſo i ſegni, che ſono di
qua
dalla linea equinottiale riſpetto a noi, che ſono il Montone, il Toro, i Gemelli, il Cancro, il
Leone
, & la Vergine, detti da Vitr.
Settentrionali; Io dico che i giorni ſi faranno a poco a poco
maggiori
, fin che il Sole peruenga al ſegno del Cancro, di doue egli comincia ad abbaſſarſi, &
ritorna
in dietro: però è detto Tropico: cioè circolo di ritorno: che è quello, che noi imaginiamo,
che
farebbe il Sole, ſe egli quando entra nel Cancro girando per un giorno intiero, laſciaſſe un ſe
gno
manifeſto nel Cielo: ſi come chiamano equinottiale, quel circolo, che ſegnandolo il Sole in
un
entrando nel Montone, o nella Bilancia, egli moſtraſſe i ſuoi ueſtigi.
il Sole adunque comin
cia
a diſcendere dal Tropico, & non fa l'arco diurno coſi grande.
Et perche pare, che a quel
tempo
il Sole faccia poco mouimento, il che ci appare, per la poca mutatione delle ombre, però
quel
tempo è delto Solſtitio.
Quiui adunque il giorno è lunghiſſimo a quelli, che ſtanno di qua
dallo
equinottiale, & la notte è breuiſſima; & tanto è piu lungo il & piu breue la notte,
quanto
è piu torto, & obliquo l'orizonte, perche il Sole fa maggior ſalita a quelli, che hanno
l
'orizonte piu obliquo, & dimora piu ſopra la terra, & però lo ſpatio della luce è maggiore.

La
onde facilmente ſi corregge il teſto di Vitr. la doue egli dice. {Ad Cancrum, qui breuiſſi­
mum
tenet cœli ſpatium.} percioche uuol dire, longiſſimum, riſpetto al Sole, che nel principio
del
Cancro fa maggior uiaggio ſopra l'Orizonte riſpetto a noi, & l'arco diurno è piu grande,
che
ſia in tutto l'anno.
Diſcendendo poi dal Solſtitio ne i ſeguenti ſegni, i giorni uanno ſceman­
do
.
perche gli archi diurni ſono piu baßi, & minori, fin che egli peruiene alla Bilancia, nel cui
principio
di nuouo il giorno ſi fa eguale alla notte: Et ſi fa il ſecondo equinottio, detto equinottio
dell
'Autunno, ſi come il primo ſi diceua equinottio della prima uera.
Et diſcendendo tutta uia
ne
i ſeguenti ſegni i giorni ſi ſcortano, per le ſopradette cagioni, fin che entri nel Capricorno, do­
ue
ſi fa l'altro Solſtitio, che da i buoni antichi è detto Bruma, dalla breuità de i giorni.
Stando
adunque
il Sole nel ſegno brumale, le notti ſono piu lunghe, che ſiano in tutto l'anno a quelli,
che
ſtanno di qua dallo equinottiale, & i giorni conſeguentemente ſono piu breui.
Ma a quelli,
1che ſono di la dallo equinottiale auuiene al contrario, percioche gli archi diurni ſi fanno mag­
giori
, & il Sole girando per quelli, ſta piu ſopra l'Orizonte, & i notturni ſi fanno mino­
ri
.
Ritornando poi dal Capricorno, (perche iui anche è l'altro circolo del ritorno,) per­
che
il Sole comincia a prendere maggior ſalita, i giorni ſi fanno maggiori, ſin che un'altra
fiata
ſi pareggino con la notte rientrando nel Montone.
Et queſto è quanto ha uolu­
to
dire Vitruuio accennando nel traſcorſo molte belle coſe.
Tra le quali una è l'ordine
de
i ſegni, & il modo delle figure loro; & queſto dico accioche gli artefici, che fanno
le
ſpere, imparino a poner bene i ſegni celeſti, perche il Sole entra nel Montone per la teſta
ſua
.
dietro il Montone è la coda del Toro, & coſi ua ſeguitando, come dice Vitruuio. L'altra
coſa
è che dal Montone per ordine fin alla Bilancia i ſegni, che iui ſono ſi chiamano Settentrio­
nali
.
& quelli, che ſono dalla Bilancia al Montone ſi chiamano Meridionali. perche quelli ſono
di
qua dallo equinottiale uerſo il Settentrione, doue ſiamo noi: quelli di la uerſo le parti Meridia­
ne
; dico riſpetto a noi.
Imperoche i ſegni Meridiani a noi, che ſtiamo di qua dalla linea, ſono
ſegni
del Sole di la, & i ſegni, che a noi ſono Settentrionali, a quelli ſono Meridiani.
Dice an­
che
di piu, che l'uno, & l'altro equinottio, & l'uno, & l'altro Solſtitio ſi fanno nelle parti ot­
taue
de i loro ſegni, il che come s'intenda il moderno autore ſopracitato, nel predetto luogo di
Plinio
dice.
Gli antichi per conoſcere il circolo obliquo riguardarono, quando in due tempi di­
uerſi
i giorni fuſſero eguali alla notte.
Et conſiderando anche due grandiſſime diſaguaglianze de
i
giorni, l'una nel uerno, l'altra nella ſtate, quando il Sole ſi ritroua, ne i punti del ritorno.
Et
cio
fecero con giudicio, & bene, penſando, che tra queſti termini il Sole andaſſe ſeruando uno
iſteſſo
tenore di uiaggio, non interrompendolo piu in un luogo, che in un'altro, & coſi parue lo­
ro
, che bene fuſſero, che quelli ſpatij fuſſero congiunti ſotto la circonferenza d'un continuate
cerchio
.
Et coſi haueuano quattro principij di quattro quarte del circolo obliquo, che in que­
sto
modo fu prima detto.
da queſto prendendo altri argomenti partirono quel cerchio in dodici par
ti
eguali, immutabili m ogni ſecolo: ma poi per fare la loro inuentione memorabile a ſe ſteſſi, &
a
i poſteri diſegnarono quel circolo, con alcune copie di ſtelle, che iui eſſer compreſero non in mo­
do
, che ogni imagine, coſi da loro figurata occupaſſe a punto la duodecima parte, ma in quanto
fuſſero
uicine al detto cerchio.
Et coſi chiamarono Montone, Toro, & gli altri ſegni. Et da
queſto
l'obliquo cerchio ha preſo il nome di zodiaco, ouero di ſignifero.
Et che le imagini non oc
cupaſſero
la terza parte del zodiaco a punto, ce lo da ad intendere Vitr. dicendo, che il capo,
& il petto del Leone è attribuito al Cancro: & che il ſeno della ueſte della Vergine ba le prime
parti
della Bilancia, & altre ſimili coſe.
Hora eſponendo Vitruuio dicemo, che le prime
parti
del Montone, che fin alle corna ſi eſtendeno a gradi ſei, & minuti trenta, cioè ſei parti,
& meza delle dodici, nelle quali è partito egualmente il zodiaco, & le ultime fin alla coda di eſ­
ſo
Montone hanno gradi uentiſette, ci ſono uenti, & mezo, che tanto ſi eſtende queſta imagine
per
lungo di queſto numero la ottaua parte è 2. & mezo con le quali il Montone auanza la
egualità
de i giorni.
Il ſimile s'intende de gli altri ſegni. & benche queſto coſi a pun
to
non ſia, niente dimeno ci puo baſtare la uicinanza.
Columella nel nono benche approui
la
opinione de Hipparco dicendo, che gli equinottij, & Solſtitij ſi fanno nelle prime parti de i ſe­
gni
, però egli ſegue Eudo xo, & Mirone antichi aſtronomi, che diceuano, che gli equinottij, &
i
Solſtitij ſi faceuano nelle ottaue parti de i ſegni: come dice Vitru. poſero questo gli antichi,
ſeguitando
la conſuetudine: imperoche que giorni erano dedicati a certi ſacrificij, & nominati
per
ſacre ceremonie, & quella opinione era ſtata accettata da gli huomini uolgari.
Eanche da
oſſeruare
in Vitr. & la riſpondenza de i giorni, quando il Sole è in un ſegno, con quelli quando
egli
è in un'altro.
Et pero dice, che il Leone riſponde a Gemelli, la Virgine al Toro; la Bilancia
al
Montone: & coſi gli altri, perche egli è una iſteſſa ragione dello andare, & del ritorno: &
conclude
, che coſi come i giorni uanno creſcendo, & ſcemando, coſi creſceno, & ſcemano gli
ſpatij
delle hore eſſendo quella proportione della parte alla parte, che è del tutto al tutto.
Ma
1accioche ſi dia chiara, & uniuerſal dimoſtratione, diremo, che in ogni Orizonte tanto di giorno,
quanto
di notte, ſia queſto, & quella langhi, o breui quanto ſi uoglia.
La metà del Zodiaco ſa
le
ſopra, & l'altra ſcende, come detto hauemo.
di giorno, quando monta quella, che comincian
do
dal luogo oue ſi truoua il Sole, ſecondo l'ordine de i ſegni ſi ſa innanzi, & l'altra tramon­
ta
: cioè quella, che, comincia dal luogo oppoſto, doue ſi truoua il Sole: & per lo contrario di
notte
quella aſcende, & queſta diſcende.
Et queſto è ragioneuole, perche eſſendo (come detto
hauemo
) l'Orizonte, & il Zodiaco due cerchi de i maggiori, neceſſario è, che l'uno, & l'altro ſi
taglino
in due parti eguali; Adunque tanto di giorno, quanto di notte ſei ſegni naſceno, & ſei ca
deno
.
Però nello obliquo Orizonte, a quelli, che ſono di qua dalla linea nel giorno dello equinot
tio
di Primauera monta la metà del Zodiaco, che declina uerſo il Polo manifeſto, che contiene i
ſegni
dal Montone alla Pilancia; & per lo contrario nel dello equinottio dell'Autunno mon­
tando
l'altra metà, quella diſcende.
Ma quella metà del Zodiaco, che comincia col punto del
Solſtitio
della ſtate in grandiſſimo ſpatio monta, & in breuißimo diſcende.
& nel punto della Bru
ma
, quella metà, che in breuißimo ſpatio aſcende in lunghißimo diſcende, perche naſce tanto
nella
notte della ſtate, quanto nel del uerno breuißimo: & diſcende tanto nel dell'eſtate,
quanto
nella notte del uerno lunghißima.
La onde gli habitanti ſotto i circoli polari, la metà
del
Zodiaco, che comincia col punto del Solſtitio coſi come nello ſpatio di hore uentiquattro ſi le­
ua
, coſi in uno inſtante ſi pone: & per lo contrario l'altra, come in uno inſtante ſi leua, coſi in
hore
uentiqnattro ſi pone.
La doue quanto una metà del Zodiaco prende il principio ſuo piu uici
no
al piu alto Solſtitio, tanto ſale in maggiore ſpatio di tempo, & in minore ſi pone: Et coſi due
metà
, che cominciano con un punto da un Solſtitio egualmente rimote, con eguali ſpatij di tempo
montano
, & ſi corcano, perche naſceno, & cadeno con giorni, & notti eguali.
Et ſe due me­
del Zodiaco cominciano da due punti oppoſti, in quel tempo, che una ſale, l'altra ſi po­
ne
, perche lo iſteſſo , che una leua, l'altra cade: & nella iſteſſa notte, che
una
monta, l'altra trammonta: per il che, quelle metà, che naſceno con punti da uno equinottio
egualmente
distanti, in quanto tempo, che una ſi leua l'altra cade.
Et queſto è quello, che dice
Vitr
. che a i giorni de i Gemelli, ſono pari i giorni del Leone.
Qui ſotto ciſarà una tauola, che
ci
dimoſtra di grado in grado la lunghezza de i giorni cominciando ſotto l'equinottiale, fin ſotto
il
Polo.
Et coſi quanto ſono i giorni lunghi al tempo del Solſtitio, tanto ſono le notti al tempo della
bruma
: di modo che in tutto l'anno, tanto è lo ſpacio del giorno, quanto è lo ſpacio della notte.

Volendo
adunque noi ſapere quanto ſia il maggiore in ciaſcun paeſe, ſi ricorrerà alla predetta
tauola
, doue nel primo ordine ſi ritrouerà l'altezza del Polo: nel ſecondo all'incontro la grandez
za
del giorno ſecondo le hore: & nel terzo i minuti; & nel quarto le ſeconde.
Ma che il mondo
ſia
habitato, fin la doue ſono ſei meſi di giorno, & ſei di notte: queſto è gia manifeſto per la pra­
tica
de gli huomini, & per gli ſcritti di molti.
La natura ha prouiſto a quelli. La Luna con lo
ſuo
ſplendore ſpeſſo gli uiſita: i crepuſculi gli ſono lunghi tanto la ſera, quanto la mattina: il So­
le
dimorandogli molto ſopra la terra gli laſcia la ſua impreßione: il paeſe è coperto da i uenti con
la
grandezza de i monti: il ſito è incuruato, che riceue meglio il calore: iui è il mare, che pure
per
la ſalſuggine ſua inditio di qualche aduſtione: iui ſi trouano le pelli finiſſime, gli huomini
grandi
ſono gagliardi, & robuſti; & ſi come il mare gli ſomminiſtra gran quantità di peſce, coſi
la
terra non ſi ſdegna di produrre herbe, & metalli in gran quantità, di modo che gli antichi i
quali
non haueuano ueduto piu inanzi ſono stati dapoi ſenza lor frutto dalla eſperienza conuin­
ti
.
Ma torniamo al propoſito. & dichiamo breuemente quello, che è ſtato oſſeruato del moui­
mento
del Sole, nelle quarte del Zodiaco.
Il Sole adunque ua per la prima quarta del Zodiaco in
giorni
nouantaquattro, hore dodici: & del ſuo Eccentrico gradi nouanta tre, minuti noue.
Va per
la
ſeconda, che è la quarta eſtiua in giorni nouanta due, & hore dodici: & del ſuo Eccentrico
gradi
nouanta uno, minuti undici.
ua per la terza in giorni ottantaotto, & del ſuo Eccentrico
1 119[Figure 119]
1gradi ottanta ſei, minuti quarantauno. per la quarta del uerno in giorni nouanta, hore due,
minuti
cinquanta cinque, ſeconde due, & del ſuo Eccentrico gradi ottanta otto, minuti nouanta­
noue
.
fa la metà ſettentrionale del Zodiaco in giorni centoottanta ſette, l'altra in giorni cento ſet­
tanta
otto, hore cinquanta cinque, minuti cinquantacinque, ſeconde dodici.
La doue andando
per
la metà Settentrionale pone giorni otto, hore dieciotto, minuti quattro, ſeconde quaranta otto
di
piu, che andando per la metà meridiana.
Hora io dirò delle altre conſtellationi, che ſono dalla deſtra, & dalla ſiniſtra della zona
dei
ſegni diſpoſte, & figurate di ſtelle dal Settentrione, & dal Meriggie.
Propone Vitr. quello, che egli fare intende, dapoi che egli ci ha eſplicato il corſo del Sole, il
creſcere
, il ſcemare de gli ſpacij diurni, & delle hore: & dice uolerci dimoſtrare il ſito delle stel­
le
poſte di qua, & di la dal Zodiaco, percioche eſſendo alcune imagini nella larghezza del Zodia­
co
, alcune fuori, & hauendo detto di quelle, che ſono nella larghezza del Zodiaco, quali, quan­
te
, & come ſtiano: uuole trattare di quelle, che ſono di quà, & di del Zodiaco: & prima tratta
di
quelle, che ſono dalla parte Settentrionale, chiamando ſydera le conſtellationi, cioè le imagini
intiere
compoſte di piu ſtelle: & ſtella una ſola ſtella.
Delle constellationi, che ſono dalla parte Settentrio­
nale
.
Cap. VI.
IL Settentrione, ilquale i Greci chiamano Arcton, ouero Helicen, ha dietro di
ſe
poſto il Guardiano: da quello non molto lontana è la Vergine, ſopra il
cui
homero deſtro è poſta una lucidiſsima ſtella, che i Latini chiamano Pro­
uindemiam
: i Greci Protrygetum; & la ſua apparenza è piu preſto ſplendida,
che
colorita: euui un'altra ſtella a dirimpetto tra le ginocchia del Guardiano dell'Orſa,
che
è dettà Arcturo, & iui è dedicato all'incontro del capo del Settentrione attrauerſato
ai
piedi de i Gemelli il Carrettieri, & ſta ſopra la ſommità del corno del Toro.
parimen­
te
nella ſommità del Corno ſiniſtro del Toro alli piedi del Carrettieri tiene una ſtella da
una
parte, che ſi chiama la mano del Carrettieri, doue ſono i Capretti, & la Capra.
Vitr. non ſolamente pone le imagini celeſti, che ſono raunanze di molte ſtelle dette da lui con­
ſtellationi
, ma ancho qualche stella ſegnalata da ſe: meno le pone tutte, ma ſolamente quelle,
che
per gli orti, & occaſi loro ſono uedute, & conoſciute.
però ſi uede che Vitr. ha hauuto inten
tione
di eſponere quello, che appare ſopra il nostro hemiſpero, & però ha ragionato prima de i poli
del
mondo in quel modo, come per legge perpetua il ſettentrione ſteſſe diſopra, & l'antarctico di
ſotto
.
In queſto trattamento ci ſono molte ſcorrettioni del testo. Va a torno una carta fatta con
il
conſiglio, & con l'opera di tre ualent'huomini, Giouanni Stabio, Alberto Durero, & il Volpaia
Fiorentino
, nella quale ſono tutte le imagini celesti, fatte con estrema diligenza, ſecondo il ſito lo
ro
, col numero delle stelle, che le adornano, & la quantità, & grandezza loro, & anche ci ſono le
ſtelle
ſeparate dalle imagini, & molte ui ſono aggiunte per relatione di nauiganti, che appartengo
no
all'altro polo.
ma noi in uece di quella tauola, ne poneremo un'altra non di pittura, ma di nume­
ri
, dimoſtrando per quella, quali imagini ſiano ſettentrionali, & quali dalla parte del mezo ,
& che latitudine s'habbiano, cioè quanto ſiano dalla eclittica diſcoste uerſo i poli del mondo, &
che
longitudine, cioè quanto ſiano lontane dal principio del Montone, per la lunghezza del Zo­
diaco
, & ſi dimoſtrerà le loro quantità, & qualità; perche altre ſono piu lucenti, altre meno, &
altre
maggiori, & altre minori, altre uanno al mezo del Cielo con un ſegno, altre con un'altro.

Questa
tauola è ſtata calculata del 1520. con ſomma diligentia dallo Eccellente Meſſer Federi­
co
Delfino mio precettore.
Io, & per l'obligo, & per l'affettione, che gli ho portato, & per la ra
gione
, & per l'autorità ſua ho uoluto riportarmi alla ſua calculatione, & dare in luce, quella ho-
1norata fatica. però nel fine del libro è poſta la detta tauola, alla quale rimetto i lettori. Gli an­
tichi
poſero quar antaotto imagini, & cognobbero mille, & uintidue ſtelle.
Vero è che alcuni han
no
uoluto fare d'una imagine piu parti, & però hanno paſſato il numero predetto.
Tolomeo ne
mette
quarantaotto.
Queste ſono chiamate tanto dalle coſe animate, quanto dalle coſe inanima
te
; & tanto dalle ragioneuoli, quanto da quelle, che mancano di ragione; & tanto dalle fiere, quan
to
dalle domestiche, di terra, come di mare, & questo dico con grande merauiglia, come i Gre­
ci
(ſe i Greci ſono ſtati, et non altri piu antichi) habbiano hauuto tanta autorità, che con tanto con
ſenſo
di ognuno habbiano empito il cielo delle lor fauole, che confirmate dapoi per niun modo ſo­
no
ſtate mutate.
Ma in fine l'aduiatione de i cortegiani, & la uoglia de i primi ordinatori, come
Poeti
, & Aſtronomi, per fare eterna memoria d'alcune coſe notabili, o per adulare a i loro ſigno­
ri
, hanno ritrouato luoghi nel cielo da collocarui le coſe amate da quelli, la doue non poterono
glino
mai ſalire.
Come Virgilio poſe tra gli artigli dello Scorpione la ſtella di Ceſare. Ma è co­
ſa
mirabile, che i Greci, od'altri habbiano hauuto tanto priuilegio di empire il cielo de i nomi delle
loro
ſceler atezze, & che le fauole loro ſiano ſtate accettate ne i canoni, & nelle regole di deſcri
uere
il cielo.
Fanno mentione di que' nomi anche le ſacre lettere, come Iob parlando della poten
tia
di Dio dice.
Il quale fa l'Arcturo, & l'Orione, & le Hiade, & le parti interiori dell'Oſtro. Et
in
un'altro luogo Dio dice di ſe ſteſſo a Iob.
Potrai tu riunire le riſplendide stelle Pleiade? ouero
diſſipare
il giro d'Arcturo?
Produci tu Lucifero nel tempo ſuo, o fai tu naſcere ſopra l'Orizonte
la
ſtella detta Veſpero?
Ma i Greci od'altri, che ſiano ſtati primi inuentori, temendo che la leggie­
rezza
delle loro ribalderie, non ſi dileguaſſe, le uollero inchiodare nel cielo.
però cantano alcuni.
Gioue infiammato d'amoroſo ardore
Delle
figlie de gli huomini s'acceſe
Hauendo
a noia l'immortal conteſe
Dell
'orgoglioſa moglie, e ſuo furore.
Vide Caliſto, che era ſul fiore
Di
ſua bellezza, onde tra noi diſceſe,
Et
dopo i dolci baci, e le conteſe
Dolci
di lei, ne reſto uincitore.
Giunon geloſa piena di disdegno
Piglia
la bella giouane, e ſtratiata
Che
l'hebbe, in Orſa horribil la conuerſe.
L'infelice ne diè co'l ruggir ſegno
Per
le ſelue d'Arcadia, ma leuata
Per
la pietà di Gioue al Cielo s'erſe.
Le imagini, che ſono uerſo il Settentrione ſono prima poſte da Vitruuio, & dice, che quel Setten
trione
, che da Greci è detto Arctos, ouero Helice, che altro non è, che l'Orſa maggiore, che altri
dalla
figura hanno chiamato il Carro: ha dietro di ſe il custode, o Guardiano, o Bootes, che ſe gli di
ca
, ſotto il quale non molto lontano è il ſegno della Vergine, che per Aſtrea, o per la Giuſtitia ſi
pone
, ſopra la cui deſtra ſpalla ſi uede una lucidiſſima ſtella, che ſi chiama Antiuindemia, per­
che
quando naſce, cioè quando eſce da i raggi del Sole, promette la maturità della uindemia.
della
cui
materia ſegni manifeſti ſono gli acini dell'uua mutati di colore.
Queſta ſtella è ſimile al ferro af
focato
, però Vitruuio dice, che è piu preſto candens, cioè rouente, che colorata.
perche gli ſcrittori
gli
danno uno mir abile ſplendore.
I Greci la chiamano Protrygetum, che in latino prouindemia,
ſi
dice.
Oltra di queſto tra le ginocchia del Guardiano è la stella nominata Arcturo, dalla quale
alcuni
hanno chiamato Arcturo tutta la imagine del Guardiano.
Ecco che Vitru. non ſolo tocca
le
imagini, constellationi, asteriſmi, ſegni, & figure, che tutto è uno, ma anche le stelle ſole &
ſeparate
, (come detto hauemo.) ſeguita poi l'Auriga, carrettieri, Ericthonio, & Orſilocho det­
to
, il ſito delquale è dinanzi al capo dell'orſa maggiore, & le sta attrauerſato in modo, che ſe
1l'Orſa ſcorreſſe, gli urterebbe nel capo. sta egli ſopra il destro corno del Toro, per mezo i piedi
de
i Gemelli, ſopra la cui ſpalla ſiniſtra è una ſtella, che ſi chiama la Capra.
queſta pare che ri­
guardi
due picciole stelle, che ſono nella ſiniſtra del carrettieri, & ſi chiamano i Capretti.
però
to
leggerei Vitr. in questo modo. { Itemque in ſummo cornu læuo ad Aurigæ pedes una tenet
parte
stellam, quæ appellatur Aurigæ manus, in qua hædi.
capra uero læuo humero. } & poi
comincia
. { Tauri quidem, & Arietis inſuper.} Adunque ſopra la cima del ſinistro corno
del
Toro l'Auriga ſtende una mano, nellaquale ſono due ſtelle nominate i Capretti, & tiene ſopra
il
ſinistro humero una stella detta la Capra.
& poi ſeguita.
Sopra le parti del Toro, & del Montone con le ſue deſtre parti Perſeo ſi ritroua, ſot­
tentrando
alla baſe delle ſtelle nominate Vergilie.
& con le piu ſiniſtre il capo del Monto
ne
appoggiando la deſtra mano al ſimulacro di Caſsiopea, & tiene ſopra l'Auriga per la
cima
il capo gorgoneo ponendolo ſotto a i piedi di Andromeda.
& ſopra Andromeda, &
ſopra
il ſuo uentre ſono i caualli.
Et qui ancho è il teſto ſcorretto, perche le parole di Vitr. non hanno relatione construt­
tione
, & la uerità è, che ſopra di Andromeda ci ſono due caualli, uno alato, che ſi pone per lo
cauallo
Pegaſeo: & l'altro è la parte dinanzi d'uno cauallo, cioè il capo, & il petto, & il uentre
dello
alato è ſopra il capo d'Andromeda.
Tiene anche il detto cauallo una stella ſopua la ſpina
aſſai
notabile, & però Vitr. potrebbe dire.
Ci ſono anche i Peſci ſopra Andromeda, & il uentre di quel cauallo, che è ſopra la ſpi­
na
dell'altro cauallo, ma nel uentre del primo è una lucidiſsima ſtella, che termina il detto
uentre
, & la teſta di Andromeda.
Ma la mano deſtra di Andromeda è poſta ſopra il ſimu­
lacro
di Caſsiopea, & la ſiniſtra ſopra il peſce Aquilonare.
ſimilmente l'Aquario ſopra il
capo
del cauallo, & le unghie del cauallo toccano le ginochia d'Aquario. Però nella fi­
guratione
di quelli ualent'huomini il Cauallo deue hauere i piedi riuolti all'altra parte.
Sopra Caſsiopea per mezo il Capricorno in alto è poſta l'Aquila, & il Delſino, dopo i
quali
è la Saetta, & alquanto dietro alla ſaetta è l'uccello.
la cui deſtra penna tocca la ma­
no
di Cepheo, & il ſcettro: ma la ſiniſtra di Cepheo ſta ſopra la imagine di Caſsiopea fer­
mata
.
ſotto la coda dell'uccello ſono coperti i piedi del cauallo. Qui s'intende del mezo
cauallo
. D'indi ſono le imagini del Sagittario, dello Scorpione, & della Bilancia.
Se Vitru. haueſſe con nomi ſeparati distinto i due caualli, chiamando l'uno Equus, l'altro
quiculus
, ouero protome hippus, come dicono i Greci, non ci haurebbe laſciato difficultà: oltra
che
dicendo di ſopra, che l'Aquila è molto lontana dal ſimul acro di Caſſiopea, & che le unghie
del
cauallo toccano le ginocchia dello Aquario, & poi dicendo, che ſotto la coda dell'uccello
ſono
coperti i piedi del cauallo, egli ci da ad intender, che non ſi ragiona d'un ſolo cauallo: ma
il
tutto s'acconcia per la lettione, & la deſcrittione de i buoni autori.
Di ſopra poi il ſerpente tocca con la cima del roſtro la corona, nel mezo del quale è
l
'Ophiuco, o Serpentario, che tiene il Serpente in mano, calcando col piè ſiniſtro la fron
te
dello Scorpione.
ma alla metà del capo dell Ophiuco, non molto lontano è il capo del
lo
Ingenocchiato.
detto Aeſſo. Che Hercole, Theſeo, Tamiri, Orpheo, Prometheo, Ixione,
Cetheo
, Lycata ſi chiama.
Ma le cime delle lor teſte, ſono piu facili ad eſſer conoſciute, imperoche ſono formate
di
ſtelle aſſai lucenti.
Ma il piede dello Ingenocchiato ſi ferma a quella tempia del capo
di
quel Serpente, che è tra l'Orſe, che Settentrioni ſi chiamano.
Ma quello, che dice Vitr. { Parue per eos flectitur Delphinus, } non accorda col detto de
gli
altri, perche il Delfino è lontano dallo ingenocchiato; ſe forſe non ſi legge. {Vbi parue per os
fl
tur Delphinus contra uolucris rostrum est.
propoſita lyra. }
Ma doue per la bocca breuemente ſi piega il Delphino contra il'roſtro dell'uccello è
propoſta
la Lyra.
tra gli homeri dello ingenocchiato, & del Guardiano è adorna la co-
1rona. ma nel cerchio Settentrionale poſte ſono le due Orſe.
Dapoi che Vitr. ci ha ragionato di quelle stelle, & di quelle imagini, che ſono tra il Tropico,
& il circolo Settentrionale, egli entra a quelle, che ſono dentro del circolo Settentrionale, &
questo
fa ſeparatamente perche quelle parti ſono piu neceſſarie da eſſer conoſciute, perche a com
modi
humani piu opportune ſi ueggono.
Deſcriue adunque partitamente il circolo Settentriona­
le
, la figura, & la collocatione dell'Orſa, & del Dracone, che la cigne, & dice.
Nel circolo Settentrionale ſono poſte le due Orſe, che ſi uoltano le ſpalle, & hanno i
petti
riuolti in altra parte.
la minore Cinoſura, la maggiore Helice è detta dai Greci;
Guardano
amendue allo in giu, & la coda dell'una, è uolta uerſo il capo dell'altra; per­
cioche
i capi dell'una, & dell'altra dalla cima loro uſcendo per le code ſoprauanzandoſi
tra
quelli, è ſteſo il Serpente, o Dracone, che ſi dichi.
Dal fine del quale è la ſtella lumino­
ſa
, quella, che ſi chiama il polo, che è d'intorno al capo dell'Orſa maggiore.
perche quel­
la
, che è uicina al Dracone ſi uolge d'intorno al ſuo capo.
Qui ſi uede lo errore di molti, che hanno dipinto l'Orſe, & il Dracone, perche la figura del
Dracone
, non è di quella maniera contorta, come ſi dipigne.
& quelli, che l'hanno oſſeruato con
diligenza
, non hanno trouato, che le stelle apparino nel cielo, nel modo, che ſono dipinte, l'or
ſa
maggiore appreſſo la testa del Dracone, la minore appreſſo la coda.
ma per lo contrario la
maggiore
è appreſſo la coda, & la minore è appreſſo le ſpire, come Arato ci dimostra, dicendo.
Qui fan di Gioue le notrici chiaro
Helice
& Cinoſura, quella Greci
Guida
per l'alto mar, queſta Fenici.

Helice
è tutta chiara, & haſue ſtelle
Di
maggior lume, & digrandezza adorna.

Et
quando il Sol nell'ocean' s'aſconde
Quella
di ſette fiamme adorna ſplende,
Ma
a marinari è piu fedel quell'altra,
Percioche
tutta in breue giro accolta
Al
fido polo ſi riuolge, & mai
(Purche ueduta ſia) non ſi ritroua
Alle
naui de' Sidoni fallace.
Tra queſte a guiſa di ſpezzato lume
Il
fiero Drago ſi tramette, e uolge
Et
quinci, & quindi l'un & l'altra auanza
Helice
con la coda, & poi torcendo.

A
Cinoſura piega, & doue punta
Con
la ſua coda iui la testa pone
Helice
, & oltra Cinoſura ſtende
Le
Sue ritorte pieghe, e alzato a drieto
Guarda
l'Orſa maggior col capo ardito.

Ardeno
gli occhi, & l'affocate tempie
Di
fiamme acceſe ſono, e'l mento ſolo
Arde
d'un fiero lume.
La tramontana, della quale ſi ſerueno i noſtri marinari, è quella ſtella, che è l'ultima nella co­
da
dell'Orſa minore.
imaginiamo una linea dritta dalle ultime due ſtelle dell'Orſa maggiore, cioè
dalle
ruote di dietro del carro, che uedi fin alla proßima ſtella che ſe le fa incontra, iui è la ſtella
uicina
al polo del mondo, che ſi chiama ſtella del mare.
la Tramontana adunque è la prima del­
le
ſtelle, che fanno l'Orſa minore.
Queſte ſono ſette stelle aſſai chiare, tre di eſſe fanno un corno,
che
ſi piglia per lo temone dal carro, quattro poi fanno il quadrato ſecondo il ſito di quattro
ruote
, ſi muoueno d'intorno il polo con egual diſtanza in termine di hore uentiquattro da Leuan­
ite
a Ponente.
& la Tramontana per eſſer piu uicina al polo fa minor giro. & per quella, eſſendo
l
polo inuiſibile ſi conoſce l'altezza del polo ſopra l'Orizonte, & il luogo del polo ſi conoſce per
un
'altra ſtella delle stelle, che è la piu lucida delle due guardie nominate: & quella stella è det­
ta
horologiale, perche girando come ruota di horologio, a conoſcere in ogni tempo dell'an­
no
, che hora ſia della notte.
come dimostrano gli horologi fatti per la notte. le tre stelle, che ſo­
no
con le mani ſegnate nella ſeguente figura uengono nello horologio notturno a dritto d'una re­
gula
, che ſi applica al centro dello horologio.
1 120[Figure 120]
Et il ſerpente d'intorno la teſta della Cinoſura diſteſo è poſto, & ua di lungo per dritto
ſino
a i ſuoi piedi, & quiui intorto, & ripiegato alzandoſi ſi riuolta dal capo dell'Orſa mi­
nore
alla maggiore contra il roſtro di quella, & la tempia della ſua teſta.
Cioè il Serpente ſi ſtende d'intorno alla testa dell'Orſa minore, & iui alquanto ſi piega, dapoi
ſi
raddrizza fin a i piedi dell'Orſa predetta, & iui di nuouo ſi ritorce, & riuolge il capo uerſo
la
teſta dell'Orſa minore: ſi come dalle bocche, & foci de i fiumi alle fonti loro Tolomeo c'in­
ſegna
, le uolte, & i giri de i fiumi, coſi Vitr. ci deſcriue, quelle parti del Dracone, che ſono dritte,
& quelle che danno uolta, però io leggerei Vitru. questo modo. {Vnà uero (cioe inſieme)
circum
Cynoſuræ caput, iniesta eſt flexu (cioe la il ſerpente piegato) porrestaque proxime eius
pedes
(cioe dell'Orſa minore) hæc autem (cioe alli piedi dell'Orſa minore) intorta replicataque
e
st (cioe il ſerpente) ſe attollens reflectitur. } & il reſtante.
Anche ſopra la coda dell'Orſa minore ſono i piedi di Cepheo, & iui alla ſommità del
Montone
, ſono le ſtelle che fanno il triangulo di lati eguali.
Coſi intendo. { ibique ad ſummum cacumen in ſuper Arietis ſignum ſunt stellæ, quæ faciunt
triangulum
paribus lateribus. } Lequali parole ſono poste da Vitr. molto intricatamente, per
deſcriuere
con breuità come ſtiano quelle stelle.
il Triangolo dalla ſimiglianza della lettera gre­
ca
Δ è detto delta.
Ma molte ſono le ſtelle confuſe del Settentrione minore, & del ſimulacro di Caſsiopea.
Confuſe egli intende, che non fanno alcuna figuratione, come d'intorno al Montone cinque:
d
'intorno al Toro undici: d'intorno a Gemelli ſette.
ouero confuſe non coſi lucenti, ouero dell'ul­
tima
grandezza.
ma a me piace pin la prima intelligenza. Conclude poi Vitru. quello, che ha
detto
, & propone quello, che deue dire.
Io ho eſpoſto fin qui quelle ſtelle, che ſono nel cielo diſpoſte alla deſtra dell'Oriente
tra
la zona de i ſegni, & le conſtellationi de i Settentrioni; hora io eſplicherò quelle che ſo
no
alla ſiniſtra dell'Oriente, & delle parti del mezo dalla natura diſtribuite.
1
Delle. stelle che ſono dal Zodiaco al mezo .
Cap. VII.
Primieramente ſotto il Capricorno è il Peſce Auſtrale, che da lungi riguarda
Cepheo
con la coda, & da quello al Sagittario il luogo è uoto.
il Thuribolo
è
ſotto l'artiglio di Scorpione.
ma le prime parti del Centauro ſono uicine
alla
Bilancia, & allo Scorpione.
Tengono in mano quel ſimulacro, che i peri
ti
chiamano la beſtia delle ſtelle.
Lungo la Vergine, il Leone, & il Cancro, ſta il Serpente,
ilquale
porgendo una ſquadra di ſtelle intorto ſotto cigne lo ſpacio del Cancro, alzando
il
roſtro uerſo il Leone, & nel mezo del corpo ſoſtiene la Tazza ſottoponendo la coda alla
mano
della Vergine, nellaquale è il Coruo.
Ma quelle ſtelle, che ſono ſopra le ſpalle egual
mente
riluceno.
ma alla parte di dentro al uentre del Serpente ſotto la coda è ſottopoſto
il
Centauro.
Appreſſo la Tazza, & il Leone è la naue d'Argo, la cui prora è oſcurata, ma l'al
bero
, & quelle parti, che ſono intorno il temone appareno eminenti.
& eſſa nauicella, &
la
poppa, è congiunta per la ſommità della coda del cane. Et qui s'intende del Cane
maggiore
.
Ma il Cane minore ſeguita i Gemelli, & all'incontro è il capo del Serpente, & il mag­
gior
Cane ſeguita il minore.
Douemo auuertire, che quando Vitr. dice, che il minor Cane ſeguita i Gemelli, intende, che il
minor
cane è a dirimpetto ſopra i Gemelli, perche l'ordine di Vitr. è di porre le imagini di quà, et
di
dal Zodiaco, accompagnandole con i ſegni del Zodiaco, accioche ſi ſappia il ſito loro nel cie­
lo
.
& però douemo auuertire a queſto in tutto il trattamento diſopra, & di ſotto, ilche bene con­
ſiderato
ci leuerà la fatica d'intendere molte coſe.
Ma Orione è attrauerſato, ſottopoſto, è fiaccato ſotto l'unghia del Toro, & tiene con la
ſiniſtra
la claua, alzando l'altra mano ſopra i Gemelli.
Ma appreſſo la ſua pianta è il Cane,
poco
lontano che perſeguita il Lepore.
Ma al Montone, & a i Peſci, è ſottopoſta la Ba­
lena
, dalla cui teſta ordinatamente è diſpoſto un ſottile ſpargimento di ſtelle, ad amendue
i
peſci, che Grecamente Hermidone è detto.
Plinio chiama commiſſura de i peſci quella, che i Greci chiamano Hermidone, altri l'hanno
chiamata
cinta, o legame.
altri lino, o filo. percioche pare, che annodi la parte Settentriona­
le
, con la parte meridiana.
Hermidone uuol dire, piacere, o diletto di Mercurio, ma con difficul­
ſi tragge dal commento di Arato questa coſa.
Et per grande ſpacio uerſo la parte di dentro ſchiacciato il nodo de i Peſci tocca la ſom
ma
creſta della Balena.
Cioè il detto nodo entra molto dentro nella parte auſtrale, & come i giri de i ſerpenti per­
uiene
fino alla ſommit à della cresta della Balena.
puo anche ſtare, che nel latino non ci uoglia eſ­
ſere
quella parola, Serpentium, ouero, che in luogo di Serpentium, dica piſcium.
Ma il fiume Eridano con una apparenza di ſtelle piglia il capo della ſua fonte dal ſini­
ſtro
piede d'Orione.
Ma quella acqua, che ſi dice eſſere ſparta dallo Aquario ſcorre tra
la
teſta del Peſce Auſtrale, & la coda della Balena.
Io ho eſpoſto quelli ſimulacri di ſtel­
le
, che dalla natura, & dalla mente diuina diſegnate come piacque a Democrito inueſtiga­
tore
della natura, ſono ſtate figurate, & formate nel mondo.
Ma non tutti però da me ſo­
no
ſtati poſti, ma ſolamente quelli, de i quali potemo auuertire gli orti, & gli occaſi, &
quelli
con gli occhi uedere.
imperoche, ſi come i Settentrioni girandoſi d'intorno al car­
dine
dello aſſe non tramontano, uanno ſotto l'Orizonte, coſi d'intorno al cardine
meridiano
, che per la inclinatione del mondo è ſotto la terra, girandoſi, & naſconden-
1doſi, le ſtelle non hanno le ſalite ſopra terra: & però le loro figurationi per lo impedimen
to
della terra non ci ſono manifeſte.
Di queſto ci inditio la ſtella di Canopo, che a
queſte
parti non è conoſciuta, come ſi ha per relatione di mercanti, che alle eſtreme par­
ti
dello Egitto, & a quelle, che ſono ui cine a gli ultimi termini della terra ſtati ſono.
Si eſcuſa Vitr. perche non ha posto tutte le constellationi, & figure, douendo parlarne come
ſi
deue, ſenza hauere alcun riſpetto al ſuo Orizonte, & alla inclinatione del cielo, che è nelle re
gioni
di qua dallo Equinottiale: & dice hauer uoluto trattare di quelle imagini, & d quelle
stelle
, che ci ſono note per gli orti, & occaſi loro, dicendo che ne ſono alcune, che mai non ſi le=
uano
, & alcune che mai non tramontano.
& prende l'argomento dalla stella detta Canopo. la­
quale
è una stella posta nel ſeguente remo della naue, coſi nominata dall'Iſola Canopo, doue pri­
ma
fu conoſciuta.
Quelli che ſi parteno dalla Arabia Petrea uerſo l'Azania per dritto naui­
gando
al meriggie uanno contra la stella Canopo, che in que luoghi è nominata ca allo.
& ſi
chiama
in quella lingua ſuhel.
cioè incendio, & queſto per la moltitudine, & grandezza del ſuo
ſplendore
, & de i ſuoi raggi.
Questa riſplende (come dice Plinio) alla Iſola Traprobana. Era
questa
stella al tempo di Tolomeo in gradi dieciſette, min. dieci di Gemini.
ha di latitudine Meri­
diana
gradi ſettantacinque, & di declinatione gradi cinquantauno, min. trentaquattro.
Questa
stella
non ſi uede in Italia.
a Rhodi è uiciniſſima all'Orizonte un quarto di ſegno, pare alzata
in
Aleſſandria, & coſi piu s'inalza a gli habitanti uerſo le parti meridiane.
Ma chi uoleſſe ſa­
pere
quali ſiano quelle stelle, che ſi poßino uedere ſott o la inclination del cielo, doue ſono, fac­
cia
una tauola dello Aſtrolabio, alla ſua eleuatione di polo, & nel centro di eſſa ponga uno pie­
de
della ſesta & l'altro allarghi fino all'Orizonte, & faccia uno circolo, quel circolo ſarà il mi­
nore
, che ſi poſſa uedere ſopra l'Orizonte, & quello che è fuori forza è che ſia ſotto l'
rizonte
.
Quattro ſtelle poſte in croce ſono ſegni dell'altro polo. delle quali ne fa mentio­
ne
Dante nel primo capo del purgatorio.
doue chiama il ſito ſettentrionale uedouo, perche è
priuo
di mirarle.
Queſte quattro ſtelle ſono in una macchia come è la uia galatea, non ſono poſte
nelle
imagini predette, meno nel zodiaco; i nauiganti le chiamano crociere, & quella del pie­
de
è maggiore & piu riſplendente delle altre.
per quella ſi conoſce quale è la teſta, & quali ſo­
no
le braccia della croce, & quando il piede è ſu l'orlo dell'orizonte, & che il capo è drit­
to
, il piede ſta appartato dal polo gradi trenta, da queſta ſi prende l'altezza dell'altro polo, &
ſi
piglia in modo che ſe l'altezza, che di eſſa ſi piglia ſarà di quella trenta, colui che la piglia ſarà
nello
equiuottiale: ſe piu di trenta, quel di piu ſta appartato dalla equinottiale, alla parte di Ostro:
ſe
meno, quel tanto ſta appartato dalla linea alla parte di Tramontana, come è ſtato da i nauigan­
ti
di que mari oſſeruato, conclude poi Vitr.
Del giramento del mondo intorno la terra, & della diſpoſitione de i dodici ſegni, &
della
parte Settentrionale, & meridiana, delle ſtelle, come egli ſia perfetto, ne ho dato
ammaeſtramento
.
imperoche dal girare del mondo, & dal contrario mouimento del So
le
ne i ſegni, & dalle ombre fatte da Gnomoni, al tempo de gli equinottij, ſi trouano le
ragioni
de gli analemmi.
Ma le altre coſe, cioè, che effetti habbiano i dodici ſegni, &
le
cinque ſtelle, & il Sole, & la Luna, quanto appartiene alla ragione della Aſtrologia, ſi
deono
concedere a i diſcorſi de i Caldei.
imperoche è proprio loro il diſcorſo de i naſci­
menti
, perche poſſono & le antipaſſate, & le future coſe dalle ragioni delle ſtelle far ma­
nifeſte
.
& le loro inuentioni, che hanno laſciate in iſcritto, dimoſtrano con che ſolertia,
& con che acutezza d'ingegno, habbiano ragionato, & quanto grandi ſiano ſtati quelli,
che
dalla natione Caldea ſono uenuti.
il primo fu Beroſo, che nell'Iſola, & nella città di
Coo
ſedeſſe, & iui apriſſe le ſcole, inſegnando la loro diſciplina.
Dapoi fu lo ſtudente
Antipatro
, & Archinapolo, ilquale non dal punto del naſcimento, ma dalla concettione
laſciò
manifeſte le ragioni delle natiuità.
Ma delle coſe naturali Thalete Mileſio, Anaxa­
gora
Clazomenio, Pithagora Samio, Xenofane Colophonio, Democrito Abderita, con
1che ragioni la natura ſi reggeua, & in che modo & che effetti habbiano, laſciarono mol­
to
bene conſiderato.
Le inuentioni de i quali hauendo ſeguitato Eudoio, Eude­
mo
, Calliſto, Melo, Philippo, Hipparcho, Arato, & gli altri, trouarono per Aſtrologia,
gli
orti, & gli occaſi delle ſtelle, & le ſignificationi delle tempeſte, & le diſcipline de gli
inſtrumenti
detti parapegmi, & a i poſteri le laſciarono.
Le ſcienze de i quali deono eſſere
ammirate
da gli huomini, perche ſono ſtati di tanta cura, & diligenza, che pareno mol­
to
prima con diuina mente annunciare le ſigniſicationi delle tempeſte che hanno a
uenire
.
per le quali coſe a i penſieri & ſtudi di quelle ſi deono attribuire tali ìnuentioni.
Conclude Vitr. quanto egli ha detto fin qui. ui è da affaticarſi altrimenti, perche nel ſeguen
te
capo, ſi dichiarerà minutamente ogni coſa al propoſito.
Parapegmi erano inſtrumenti artifi­
cioſi
, con i quali ſi trouaua il ſito delle ſtelle, per fare le natiuità de gli huomini.
come tauole d'
ſtrolabio
, horoſcopi, & altre ſimili coſe.
Delle ragioni de gli Horologi, & delle ombre de Gno­
moni
al tempo equinottiale a Roma, & in alcu
ni
altri luoghi.
Cap. VIII.
MA noi da quelli ſtudi coſi douemo ſeparare la ragione de gli Horologi, &
eſplicare
la breuità, & lunghezza de i giorni di meſe in meſe.
Vitruuio comincia dopo una lunga digreſſione, benche neceſſaria, a trattare del­
lo
Analemma, che è fondamento della Gnomonica, & non c'inſegna in queſto trat
tamento
di fare alcuno horologio, ma bene ci ſeuopre la uia, come ſi poſſono formare.
Tolo­
meo
fa un trattato dello Analemma: & Federico Commandino molto dottamente lo eſpone, &
per
queſta, & per altra cagione ſe gli deue hauere molte gratie; poi che per utilità commune egli
ſi
affatica.
Io in questo propoſito riconoſcendo le honoreuolifatiche ſue, laſciandogli però le di
moſtrationi
mathematiche, mi sforzerò quanto per me ſi potrà facilmente dichiarire lo Analem­
ma
, & l'uſo di quello.
Ripigliamo adunque da capo la uniuerſale intentione di Vitr. accioche
piu
facilmente s'intenda quanto ſi conuiene di queſta utile, commoda, & honeſta operatione.
In­
tende
adunque Vitr. trattare della ſeconda parte principale dell'Architettura, che da i Greci
Gnomonica
è chiamata.
La ragione di queſto nome è tratta dal Gnomone: & Gnomone uuol di­
re
ſquadra, o coſa drizzata a ſquadra.
Soleuano gli antichi conoſcere le parti del giorno, & le
hore
dalle lunghezze delle ombre gettate nel piano da gli ſtili in quello drizzati, & quella cogni­
tione
Gnomonica dal Gnomone denominarono.
Perche il Gnomone dimoſtratore delle ombre
drizzato
a ſquadra, cioè ad anguli giuſti ſopra alcun piano daua inditio per uia di ombre delle ho­
re
, perche d'intorno al Gnomone erano diſegnate diuerſe ombre in diuerſi tempi dall'anno, & in
diuerſe
hore del giorno.
Queſta diſegnatione era chiamata da gli antichi, Analemma, quaſi ri­
pigliamento
, perche prima, che ſi uenga a fare alcuuo horologio, biſogna pigliare in diſegno gli
effetti
, che fa il Sole, & il Gnomone con l'ombra, ne i piani opposti.
i quali piani ſono i luo­
ghi
doue ſi hanno a fare gli horologi.
Queſta cognitione adunque del corſo del Sole, & de gli
effetti
nel mondo fatti per li ſuoiraggi, per mezo delle ombre gettate dal Gnomone ne i piani de
gli
horologi, ſi chiama Gnomonica: & la deſcrittione, o diſegno di quelle linee fatte dalla eſtremità
de
gli ſtili, ſi chiama Analemma, & lo ſtile drizzato a ſquadra ſopra i piani, ſi chiama Gnomone,
ouero
Schiotir, che uuol dire indagator dell'ombra.
come dice Vit. nel primo lib. al Cap. 6. Et ſi co
me
nelle maniere di fabricare i Tempij ſi piglia prima il modulo col quale ſi miſura il tutlo, coſi nel
formare
de gli horologi biſogna fare lo Analemma, il quale è come modulo de gli horologi.
Hora
per
piu facile intelligenza dirò coſa, che bene conſiderata, & appreſa darà un lume mirabile al
1preſente diſcorſo, & giouerà in molte altre coſe degne; & ſpecialmente nella proſpettiua, ſi co­
me
nel noſtro trattato della ſcenographia hauemo chiaramente eſplicato.
Appreſſo le figure,
che
ſerueno a i matematici, ne ha una, che da quelli è detta Cono.
& perche ſappiamo, che figu­
ra
ſia, & come ſi faccia, imaginamo un punto, ſotto del quale ſia un circolo, & da quel punto
cada
una linea alla circonferenza del circolo, & ſtando fermo il punto, la linea ſi muoua d'intor
no
alla circonferenza, fin che ritorni al punto di doue ſi moſſe: dicono, che il Cono ſi forma a
quel
modo: & quella figura altri hanno chiamata piramide, benche impropriamente.
Sia adun
que
il punto a. & il circolo b c d. & dal punto a. fermo, ſi parta la linea a b. & ſi giri
per
la circonferenza del circolo b c d. fin che ritorni al punto b. dico, che ella ſormerà la
figura
predetta, che Cono è chiamata.
Cada poi dal punto a. al punto e. che è il centro del
circolo
, una linea dritta; queſta ſi chiama aſſe, o perno del Cono.
& il punto a. cima, & il
circolo
b c d. baſa del Cono.
da queſto anche ſi forma una ſuperficie detta Conica: & queſta
non
è altro, che una figura fatta di due ſoperficie oppoſte per la cima del Cono, l'una, & l'altra
121[Figure 121]
delle quali creſce in infinito per la
deſcrittione
fatta da una dritta li­
nea
tirata uerſo l'una, & l'altra
parte
.
come ſi uede nella figura,
doue
la prima ſoperficie a b c d.
la
oppoſta per la cima e. e f g.
le
due linee tirate uerſo l'una, &
l
'altra parte ſono c e. f b. che
imaginiamo
andare in infinito, &
tutta
queſta figuratione è detta Co­
nica
ſoperficie.
Queſte coſe ſiano
bene
mandate a memoria & poſte
nella
imaginatione, perche ci ſerui
ranno
mirabilmente al formare lo
Analemma
.
La ſoperficie conica
adunque
puo riceuere diuerſi tagli
o
ſettioni (come ſi dica) perche
puo
eſſer tagliata in due parti, per
dritto
lungo l'aſſe, dalla cima al
baſſo
, & puo anche eſſer tagliata
altra
mente, ſe è tagliata dalla cima al baſſo lungo l'aſſe, l'apritura di quel taglio ſarà uno trian­
golo
di dritte linee.
Ma ſe è tagliato altrimenti, ouero è tagliato a trauerſo con uno taglio egual
mente
diſtante alla baſa.
ouero in altro modo ſe è tagliato con un taglio trauerſo egualmente di­
ſtante
alla baſa, l'apritura di quel taglio dimoſtrer à un circolo, ſe uer amente il taglio non ſi farà
per
la cima lungo l'aſſe, meno atrauerſo, allhora l'apritura di quel taglio dimoſtrerà una linea
piegata
e torta, la quale da Mathematici è detta ſestione, o taglio conico.
Questa ſi fa diuerſa­
mente
, & ha diuerſi nomi, come particolarmente ne diremo qui ſotto.
Et ci ſeruiremo della fa­
cilità
di Alberto Durero, benche ci ſiano, de gli altri modi.
Dico adunque, che appreſſo le pre
dette
ſestioni, o tagli, ue n'è uno, che taglia il cono egualmente distante all'aſſe del cono.
ne è
anche
uno, che taglia il cono con un taglio egualmente distante al lato del cono.
& finalmente
un
'altro, che taglia il cono a trauerſo, che non toglie coſa alcuna della baſa del cono, ma bene
le
è piu uicino in una parte, che nell'altra, le apriture di questi tre tagli dimostrano alcune linee
piegate
, che non ſono circoli, portioni di circoli, & ſi chiamano diuerſamente, perche quel
taglio
, che è egualmente distante all'aſſe fa nell'apritura ſua la linea detta hiperbole, quello, che
t
aglia il cono con un taglio egualmente distante ad un lato del cono, fa nell'apritura ſua una li-
1nea piegata, che è detta parabole. & in fine il terzo taglio trauerſo fa la linea detta ellipſe. Sia
adunque
il cono a b c d e. Il taglio del quale ſia f g h. egualmente distante al lato del
cono
, dico che'l fondamento, & la pianta del detto cono ſarà il circolo b c d e. nel centro
a
. & la apritura del taglio ſarà la linea g f h. detta parabole.
il che come ſi faccia, il Dure
ro
c'inſegna, & dice.
Sia diuiſo il taglio f g h. in dodici parti eguali, dal punto f. al punto
h
. & ſiano apposti i numeri ne i punti delle diuiſioni 1. 2. 3. 4. fin 11. & paſſino per li
punti
delle diuiſioni linee dritte egualmente diſtanti alla baſe del cono, & da gli isteſſi punti cadi
no
linee dritte ad anguli dritti ſopra la baſa del cono, & ſarà formato il cono con le ſue diuiſioni,
le
quali tutte ſi riporteranno nel fondamento, o pianta, che dire uogliamo in questo modo.
Fac­
ciaſi
un circolo il diametro, del quale ſia la linea b c d e. del cono.
& ſia il circolo b c d
e
. il centro del quale ſia a. ſia il circolo b c d e. posto ſotto il cono, ſi che l'aſſe gli cada
nel
centro a. fin al punto e. di ſotto.
& ſimilmente cadino ſopra quel circolo tutte le linee
egualmente
diſtanti all'aſſe i punti delle diuiſioni fatte nel taglio del cono, & ſiano ſegnate nel fon
damento
le dette linee con le lettere, & con i numeri corriſpondenti alle lettere, & a i numeri ſe­
gnati
nel cono g h f. 1 2 3 4. fin 11. Fatto queſto per incontro, biſogna tagliare le det
te
linee con proportione, accioche egli ſi poſſa formare la linea parabole.
il che farai a queſto mo
do
.
Piglia dal cono la lunghezza della linea del taglio ſegnato 11. dico della linea egualmente di
ſtante
alla baſa del cono, & poſto un piede del compaſſo nel centro a. del fondamento, farai tan
to
di circolo, che tagli la linea ſegnata 11. nel fondamento. Il ſimile farai riportando dal cono
nel
fondamento tutte le altre linee ſegnate con gli altri numeri, fin al punto 1. & a queſto mo­
do
hauerai formato la pianta della parabole.
L'apritura della quale ſi caua dalla pianta in que­
ſto
modo.
Piglia dalla pianta la lunghezza della linea g h. & riportala in un piano; & ca­
da
ad anguli giuſti ſopra quella una linea tanto lunga, quanto è il taglio f g. nel cono.
& la ci
ma
ſua ſia f.
Partiſcaſi poi la detta linea in tante parti in quante è diuiſa la linea del taglio f g.
nel
cono, & ſiano ſegnate quelle diuiſioni con i numeri corriſpondenti, & per quelli paſſino linee
egualmente
distanti alla linea g h. come uedi.
ſopra queſte linee egualmente diſtanti ſi hanno a
riportare
i tagli proportionati dal fondamento.
Et però ſopra la linea ſegnata 11. ſi riporta
dal
fondamento la lunghezza ſegnata nella linea 11. dalla circonferenza corriſpondente, & il
ſimile
ſi ſa delle altre linee.
& finito, che hauerai di ſegnare quelle linee proportionate della pa­
rabola
, legherai con una linea tutti quelli punti, & a queſto modo ſarà formata la parabole,
come
dimoſtra la figura.
con quella intelligentia da i tagli, & da i fondamenti delle altre linee po
trai
ſolo guardando nella figura conoſcere quanto ſi deue fare, per tirare proportionatamente, &
la
hiperbole, & la elliſſe.
Hora perche ſi ſappia a che fine ſiano ſtate propoſte queſte figure, io dico, che il Sole girando
di
giorno in giorno manda i raggi ſuoi nel Gnomone, la cima del quale imaginaremo, che ſia la ci
ma
del cono, & il circolo, che fa il Sole ſia la baſa del cono, & i raggi che ſi parteno dal corpo
del
Sole ſia quella linea, che girandoſi a torno deſcriua il cono.
ſe uorremo ben conſiderare que­
sto
effetto, che fa il Sole con i ragginel Gnomone, uederemo, che egli fa una ſuperficie conica,
perche
è una ſuperficie fatta di due ſuperficie opposte per la cima del cono, l'una è dal circolo,
che
fa il Sole fin alla punta del Gnomone, l'altra è dalla punta del Gnomone in giu nella parte op­
poſta
, la quale anderebbe in infinito, ſe non gli ſi opponeſſe un piano.
Et perche queſto piano ſe
gli
oppone diuerſamente, & taglia quei raggi della ſuperficie conica inferiore, però biſogna conſi
derare
la proprietà di que tagli; perche fanno diuerſe linee.
Piano intendo il piano ſopra il
qual
ſi fa l'horologio, il qual piano, hora è egualmente diſtante dall'Orizonte: come ſe uoglia­
mo
fare un horologio in terra piana, hora è drizzato ſopra l'Orizonte, ouero ad anguli dritti, co
me
ſono i muri de gli edificij.
Ouero è piegato come i tetti delle caſe. & perche questi piani ſe­
guitano
la diuerſità de gli Orizonti, però tagliano diuerſamente la ſuperſicie conica.
Dal che
ne
naſce, che l'ombra della cima del Gnomone in detti piani, hora deſcriue una linea dritta, hora
1122[Figure 122]
1un circolo, hora la parabole, hora la hiperbole, hora la ellipſe. il che come ſia dirò breuemen­
te
.
Il Sole ouero ſi truoua nello equinottiale, ouero fuori dello equinottionale. Se egli ſi truoua
nello
equinottiale, egli caminando d'intorno a quel circolo, & gettando i raggi ſuoi nel Gnomo­
ne
, farà in ogni piano di horologio, che la cima del Gnomone con l'ombra deſcriuerà una linea
dritta
in quel giorno, che egli è nello equinottiale: & però in tutti gli horologi de piani eguali, lo
equinottiale
è ſegnato con una linea dritta.
& la ragione è, perche la cima del Gnomone è nel pia
no
dello equinottiale, & però l'ombre mandate dal Gnomone, non ſi partiranno da quello nel tem
po
dello equinottio.
Et però ſaranno terminate dal taglio commune di quel piano dell'horologio,
& dello equinottiale, come praticando ſi conoſcerà chiaramente.
Girando adunque il Sole nello
equinottiale
, & mandando i raggi ſuoi alla cima del Gnomone, l'ombra, che uiene dalla detta
cima
deſcriuerà in ogni piano eguale una linea dritta, la quale ſarà egualmente diſtante al taglio
commune
dello equinottiale, & di quel piano doue ſi ſtende l'ombra, che è il piano dell'horolo­
gio
.
Ma perche il Sole per lo mouimento del primo cielo fa ogni giorno un circolo egualmente di
ſtante
dallo equinottiale, & per lo obliquo ſuo mouimento s'allentana dallo equinottiale: però
non
eſſendo egli nell'equinoltiale puo auuenire, che il piano, ſopra il quale è mandata l'ombra dal­
la
cima del Gnomone ſi tagli con quel circolo, per lo quale il Sole ſi gira.
& puo anche eſſere,
che
non ſi tagli.
Imaginiamo, che il Sole ogni giorno ſalendo, & girando laſci nel cielo i ueſti­
gij
del ſuo camino come di fuoco, & deſcriua un circolo.
queſto circolo ouero ſarà tutto ſopra
terra
, ouero parte ſotto, & parte di ſopra.
Se ſarà parte di ſotto, & parte di ſopra, il che non
è
altro, che tagliare il piano dell'horologio, allhora la eſtremità dell'ombra del Gnomone deſcri­
uerà
nel piano la hiperbole.
ma ſe quel circolo ſarà tutto di ſopra, ouero toccherà il piano, oue­
ro
non lo toccherà.
Se lo toccherà l'ombra del Gnomone, deſcriuerà nel piano la linea detta pa
rabole
.
Se non lo toccherà ouero al piano dello horologio ſarà egualmente diſtante, ouero .
Se
ſarà egualmente diſtante, l'ombra deſcriuerà nel piano un circolo.
ſe non ſarà egualmente di­
ſtante
, ma piu uicino in una parte, che nell'altra, l'ombra della cima del Gnomone deſcriuerà
nel
piano la linea ellipſe.
ci deue sbigottire la nouità di queſti uocaboli, quando ſia in poter no
ſtro
intendere molto bene le coſe con eſſempi materiali, però eſſorto, che con i circoli della ſpera
ſi
proui quanto ho detto, ponendogli ſopra qualche piano con quelle portioni, che ſtanno ſopra di­
uerſi
Orizonti, & drizzando il Gnomone, che nella cima habbia una orecchia mobile, per la qua
le
poſſi paſſare un filo di ferro ſottile, il quale poſſi peruenire alle circonferenze de i circoli della
ſpera
, & girarſi ſtando il ferro nella cima del Gnomone dentro l'orecchia.
come uedi nella ſotto­
poſta
figura.
doue a. è la cima del Gnomone, con la ſua orecchia b c d. il circolo ſopra la
123[Figure 123]
terra, per il quale c'imaginiamo, che il Sole ca
mini
è f. il filo di ferro, che paſſa per l'orec­
chia
del Gnomone, che imaginiamo, che ſia il
raggio
del Sole.
& ſia il Sole nel punto e. cer
to
è, che l'ombra del Gnomone peruenirà al
punto
f. ſia adunque fatto iui un punto.
&
mouaſi
il Sole, & peruenga al punto h. & ſi
milmente
ſia poſto al punto e. del fil di ferro
in
h. certo è che la punta f. toccherà un'al
tro
punto nel piano, & ſia quello 1. ſeguitan
do
poi nel punto K. del circolo, & ponendo
iui
il Sole, & la punta del ferro e. ſi toccherà
il
piano dall'altra punta in l.
& accortandoſi
l
'ombra piu, che il Sole s'innalza, & ſeguitan
do
lo iſteſſo ordine ponendo il Sole in diuerſe par
ti
di quel circolo come in m o que ſi diſegne-
1ranno diuerſi punti nel piano i quali legati inſieme faranno le antedette linee, ſecondo il ſito di
que
circoli, & la diuerſità de i tagli del piano.
Gettati queſti fondamenti, & bene conſiderati
potremo
ſicuramente andare alla deſcrittione dello Analemma, & perche nella deſcrittione de
gli
Analemmi ci ſono alcuni circoli, che ſono communi, alcuni proprij: dirò quali ſiano, & co­
me
s'intendino, & che oſficij habbino.
Però per ragionarne con quella facilità, che ſi puo mag
giore
: dico, che ognuno da ſe s'imagini di ſtare in piedi nel mezo d'una campagna larghiſſima ha
uendo
gli occhi uolti drittamente al mezo , & ſtia con le mani in croce: certo è che la ſiniſtra
dimoſtrerà
il Leuante, la deſtra il Ponente, et dietro alle ſpalle hauerà la Tramontana: imaginia­
mo
, che quel piano doue egli ſta dritto nel mezo, ſi eſtenda d'intorno tanto, che peruenghi alla
circonſerenza
del cielo, certo è, che egli diuiderà il mondo in due parti eguali, & l'una parte ſa
di ſopra quel piano, & l'altra ſotto.
Queſto piano adunque ſi chiama Orizonte, cioè termi­
natore
, perche termina gli hemiſperi, & diuide quello, che è ſopra da quello, che è ſotto.
Ima­
ginian
o poi un'altro piano circolare, che la ſua circonferenza cominci dalla ſiniſtra al punto di
Leuante
, & ci uenga al punto, che ci ſta ſopra la teſta, peruenga alla deſtra al punto di Ponente,
& paſſando di ſotto per lo punto, che ſta oppoſto al punto, che ci ſta ſopra la teſta, fin che giu­
gna
al punto di Leuante, doue cominciò: queſto piano ſi chiama uerticale, la cui proprietà è di ſe
parare
la parte Settentrionale dalla parte del mezo , come l'Orizonte partiua la parte di ſotto
da
quella di ſopra.
Imaginiamo finalmente, che dalla parte doue ſono uolti gli occhi, dal punto
dell
'Orizonte ſi leui la circonferenza d'un'altro piano, & paſſi per lo punto, che ci ſtaſopra il ca
po
, & cada a Tramontana al piano dell'Orizonte dietro le noſtre ſpalle, & giriſotto la terra fin
che
ritorni al luogo doue ſi moſſe, queſto circolo ſi chiama Meridiano, la cui proprietà è di ſepa­
rare
la parte di Leuante, da quella di Ponente.
Queſti tre piani circolari Orizonte, Verticale,
& Meridiano ſi tagliano inſieme con anguli giusti; l'Orizonte col Meridiano ſi taglia ne i punti
eſtremi
dell'Orizonte dinanzi, & di dietro a noi: l'Orizonte col uerticale ſi taglia ne i punti di Le
uante
, & di Ponente dalla deſtra, & dalla ſiniſtra: il Verticale col Meridiano ſi taglia ne i puu­
ti
oppoſti, de i quali uno ci ſta ſopra la teſta, l'altro nella parte di ſotto all'hemiſpero.
Queſte
imaginationi
ſono facili, & quaſi ſenſibili, & ſi fanno per ponere certi termini, da i quali par­
tendoſi
, ouero a i quali uicinandoſi il Sole ſappiamo dargli il ſuo ſito per uedere, che effetti egli
faccia
con i raggiſuoi dando ne i Gnomoni, & mutando l'ombre di tempo in tempo, & d'hora in
hora
.
Hanno i marinari le iſteſſe, o ſimili imaginationi nelle diuiſioni de i uenti, & nel drizza­
re
de i lor uiaggi.
Hauendo noi adunque inteſo gli officij, & le propriet à di queſti tre piani circo
lari
, & ſapendoſi a che fine ſono imaginati, conoſceremo, che tuttitre ſono neceſſarij, & com­
muni
nelle deſcrittioni di tutti gli Analemmi per la fermezza, & ſtabilità de i termini, che
hanno
.
Oltra di queſto è da ſapere, che ſi come queſti tre piani ſi tagliano ad anguli dritti,
coſi
i loro diametri imaginati ſi tagliano ad anguli dritti, nel centro del mondo.
Et
qui
due coſe ſono da eſſer conſiderate con merauiglia.
L'una è che non ſi puo ritrouare
piu
di tre linee, o diametri, che cadino a ſquadra in un punto l'una ſopra l'altra: &
per
queſta ragione, ſi pigliano i tre predetti piani con i loro diametri nelle deſcrittioni de gli Ana­
lemmi
, come coſe determinate: l'altra coſa è, che la diuina prouidentia con diuina proportione
ha
poſto il Sole in ſito, & diſtanzatanto conueniente, che gli inſtrumenti, de i quali l'huomo ſi
ſerue
per miſurare le coſe del cielo, ſenza notabile diuerſità ci preſtano quell'uſo come l'huomo fuſ
ſe
nel centro del mondo: coſi imaginiamo, che la punta del Gnomone ſia nel centro del mondo.

Ma
torniamo al propoſito.
Di queſti diametri adunque il taglio, che fa l'Orizonte col Meridiano, ſi
chiama
ſestione o taglio Meridiano.
& quello, che fa il Meridiano col Verticale, ſi chiama Gno­
mone
per la detta ragione: ma quel taglio, che fa l'Orizonte col Verticale, ſi chiama ſestione equi
nottiale
, perche iui ſi tagliano l'Orizonte, il Verticale, & l'Equinottiale, che ſono tutti tre de i
circoli
maggiori della ſpera.
Queſte conſiderationi adunque, con quelle de i tagli del cono ci da­
ranno
le regole di fare gli horologi in qualunque piano, con qual ſi uoglia ſorte di hore, uolti in
1che parte ci piaccia, perche de i piani, ſopra i quali ſi deſcriueno gli horologi, altri ſono egual­
mente
diſtanti all'Orizonte, altri dritti a ſquadra ſopra l'Orizonte, altri piegati, & pen­
denti
.
Similmente alcuni ſono uolti alli quattro uenti principali, altri declinano dalle
facciate
, alcuni anchora ſono ueramente piani, & eguali, alcuni torti, concaui, conueſſi,
o
in altro modo formati.
Parimente ad alcuni piace di ſegnare le hore de gli antichi, che erano
in
ogni giorno dodici.
ad altri dilettano le hore dette Aſtronomiche, che cominciano dal mezo .
Sono
altre genti, che uogliono l'hore dal tramontar, altri dal leuar del Sole.
& è in poter di
ognuno
, che ſappia le ragioni, cominciare doue gli piace, o da terza, o da ueſpro il ſuo giorno.
lo
laſcio
ad altri la cura di fare gli inſtrumenti da pigliare le faccìate, le declinationi, & le inclina­
tioni
de i piani, perche queſto hoggi mai è manifeſto ad ognuno mediocremente ammaeſtrato per
la
commodità del boſſolo.
Veniamo adunque a Vitruuio, & ricordandoci delle coſe dette, for­
miamo
lo Analemma.
Dice adunque Vitruuio; che egli uuole ſeparare dalla ragione di quegli
ſtudi
, che abbracciano le natiuità de gli huomini, & che predicono le ſorti humane, la ragione de
gli
horologi, & eſplicare le breuità, & le lunghezze de i giorni di meſe in meſe.
Per intelligen­
za
delle quali coſe, ſi deue imaginare, che quando il Sole è nel principio del Montone, o della Bi­
lancia
, egli ſi lieua al uero punto di Leuante, & ſi corca al uero punto di Ponente, & in quel
mezo
, che egli ua da Leuante a Ponente, egli s'inalza a poco a poco fin al mezo .
& dal me­
zo
uerſo Ponente egualmente ſi abbaſſa, & ſe egli laſciaſſe in quel nel cielo un'orma uiſibi­
le
del ſuo corſo come l'arco celeſte, egli ſi uederebbe ſopra l'Orizonte un mezo circolo, il quale ſi
chiama
equinottiale, & l'altro mezo circolo ſta ſotto l'Orizonte.
hora perche nel tempo del me
zo
, ſecondo la diuerſità de gli Orizonti il Sole ad altri è piu alto, ad altri è piu baſſo, però
l
'ombra de i Gnomoni ſarà diuerſamente proportionata a i Gnomoni ſecondo l'altezza, o baſſezza
del
Sole nel mezo al tempo dello equinottio; perche quanto il Sole è piu alto, tanto minore è
l
'ombra del Gnomone drizzato ſopra il piano dell'Orizonte, & quanto è piu baſſo tanto ſi fa piu
lunga
l'ombra nel detto piano.
Ma quando è giuſto tra'l punto dell'Orizonte nel taglio Meridia­
no
, & il punto, che ci sta ſopra la teſta, le lunghezze dell'ombre ſono pari al Gnomone.
però
chi
poteſſe miſurare l'ombra in quel tempo, che'l Sole è alto gradi quar antacinque, che è la metà
della
quarta tra'l punto, che ci ſoprasta, & l'Orizonte, egli trouarebbe, che le coſe, che fanno
l
'ombra ſarebbeno pari all'ombra.
di queſti auuertimenti hoggi mai ne ſono piene le carte, però
torniamo
a Vitruuio il qual dice.
Ma noi da quelli ſtudi coſi deuemo ſeparare la ragione de gli horologi, & eſplicare le
breuità
, & le lunghezze de i giorni di meſe in meſe, imperoche il Sole al tempo dello equi
nottio
raggirandoſi nel Montone, o nella Bilancia di noue parti del Gnomone otto ne
fa
di ombra, in quella inclinatione, che è a Roma.
Et in Athene tre parti ſono dell'om­
bra
di quattro del Gnomone, ma a Rhodi a ſette cinque riſpondeno: a Taranto noue ad
undici
, in Aleſſandria tre a einque, & coſi in tutti gli altri luoghi altre ombre equinottia­
li
ad altro modo per natura ſi truouano ſeparate.
Diuerſe ſono le lunghezze delle ombre al tempo dell'equinottio nel mezo ſecondo la diuerſa
inclinatione
del cielo.
per inclinatione Vitru. intende il riſpetto, che ha il polo ſopra l'Orizonte
ouero
la eleuatione dello equmottiale o latitudine, che ſi dica, & diſtanza dal punto, che ci ſta
ſopra
la teſta, perche quanto piu l'huomo ſi parte dalla linea equinottiale, tanto piu ſe gli leua il
polo
, & abbaſſa la linea.
come ſi uede nella ſottoſcritta figura doue ſe poneremo la linea <19>
ſotto
il punto que che è il punto che ſta ſopra la teſta, i poli c. & f. ſaranno nel labro dell'Ori
zonte
.
ſegnato g h. ma ſe poneremo il punto <19> ſotto il numero 10. uederemo, che il polo c.
ſarà
ſopra l'Orizonte leuato al numero 10. che uuole dire dieci gradi, che tanti ſono apunto,
quanti
il punto, che ſopraſta, è diſcoſto dall'equinottiale.
diuerſe adunque ſono le inclinationi del
cielo
, ſecondo la diuerſità de gli Orizonti.
A Roma adunque, ſe il Gnomone ſarà di noue parti,
o
palmi, o d'altra miſura, l'ombra, che egli farà nel mezo al tempo dello equinottio ſarà lunga
1124[Figure 124]
otto parti, o palmi, ſe uuoi che ſiano palmi. Ma in
Athene
, perche Athene sta in altra inclinatione, ſe'l
Gnomone
ſarà di quattro parti, l'ombra ſarà di tre.
con
la
iſteſſa ragione in Aleſſandria, & a Rodi, & in al­
tri
luoghi uanno uariando le ombre Meridiane al tem­
po
de gli equinottij.
dal che anche ſi puo ſapere a chi
ſi
leua il Sole piu alto ſul mezo , perche proportio­
nandoſi
le ombre al Gnomone, dalla proportione del­
l
'ombra al Gnomone ſi fa l'altezza.
Ecco l'ombra del
Gnomoue
in Athene è minore un terzo del Gnomone,
& in Roma un'ottauo, & perche quanto il Sole è piu
alto
, tanto l'ombra dritta è minore, però ſi conclude,
che
il Sole ſia piu alto in Athene ſul mezo al tempo
dello
eqninottio, che a Roma; & tanto piu alto quan­
to
è l'ombra minore d'una ſubſeſquiterza dell'ombra
d
'una ſubſbſquiottaua.
Et però in ogni luogo, che noi uorremo fare
gli
horologi, douemo pigliare l'ombra equi—
nottiale
.
Comincia Vitr. ad inſegnarci, come ſi habbia a fare lo Analemma; & perche un ſolo Ana­
lemma
non ci puo ſeruire per tutto, ſe non quanto apartiene a quelli circoli, che ſono communi a
tutti
gli Analemmi (come io ho detto di ſopra) perche ſono differenti le ombre equinottiali; pe­
ne piglia uno, che c'inſegna di ſare quello, che ſerue a Roma.
dando prima una regola genera
le
, che in qualunque luogo uolemo fare gli horologi, biſogna auuertire all'ombra equinottiale,
& intende di quell'ombra, che ſi fa ſul mezo dal Gnomone al tempo dell'equinottio, perche
dalla
detta ombra ſi piglia anche la ragione dell'ombra Meridiana fatta, quando il Sole entra in al
tri
ſegni, come ci ſarà manifeſto qui ſotto.
Et ſe ſaranno, come è a Roma, noue le parti del Gnomone, & otto le parti dell'om­
bra
, egli ſi farà nel piano una linea dritta, ſopra la quale ne cadera un'altra a ſquadra, che ſi
chiama
Gnomone, & dalla linea del piano da piedi del Gnomone ſi miſurano noue ſpatij
fin
alla cima, & doue termina la nona parte in ſu quel punto ſi faccia il centro con la lette­
ra
.
a. & aperta la ſeſta da quel centro alla linea del piano a piedi del Gnomone doue ſarà
la
lettera.
b. ſi faccia un circolo, che ſi chiama il Meridiano. Dapoi delle noue parti,
che
ſono dal piano alla cima del Gnomone, la doue è il centro ſe ne pigliano otto, le qua
li
ſi ſegnano dal piede del Gnomone ſopra la linea del piano, doue è la lettera.
o. queſto
termine
ſarà dell'ombra Meridiana equinottiale del Gnomone, & da quel ſegno doue
è
la lettera.
c. per lo centro. a. ſia tirata una linea doue ſerà il raggio equinottia—
le
del Sole.
Lo Analemma per Roma ſi fa in queſto modo. prima egli ſi tira una linea in un piano, la qua­
le
non è Orizonte, ma è quel piano ſopra lo quale è drizzato il Gnomone, & è il piano dell'horo­
logio
egualmente diſtante all'Orizonte: ſopra quella linea del piano ſi drizza il Gnomone di quel­
la
grandezza, che l'huomo uuole, poi ſi fa centro la cima del Gnomone, & allargata la ſeſta
quanto
è lungo il Gnomone, ſi fa un circolo, che rappreſenta il Meridiano, ſopra il quale
s
'imagina, che ſia il Sole nel mezo al tempo dello equinottio.
Hauemo dunque fin hora il
piano
, doue batte l'ombra, il Gnomone, che fa l'ombra, & il Meridiano, nel quale ſi ha da ritro­
uare
il Sole.
Biſogna poi pigliare la lunghezza dell'ombra, il che ſi fa in queſto modo (parlando
della
inclinatione di Roma) ſapendoſi, che di noue parti, nelle quali è diuiſo il Gnomone, otto ſi
danno
all'ombra, ſi partirà il Gnomone in noue parti, & dal piede ſuo lungo la linea del piano
1ſe ne poneranno otto, & tanto ſarà la lunghezza dell'ombra meridiana al tempo dello equinot­
tio
nella inclinatione di Roma.
dapoi dal termine dell'ombra nel piano ſi tirerà una linea alla ci­
ma
del Gnomone, la quale peruenghi al Meridiano, & la doue quella linea toccherà la cinconfe
renza
del Meridiano, c'imaginaremo, che ſia il Sole al tempo dello equinottio nel mezo di quella
linea
, per queſta cagione ſi chiama raggio equinottiale, perche rappreſenta il raggio equinottia
le
Meridiano, & termina la lunghezza dell'ombra.
125[Figure 125]
Allhora allargando la ſeſta dal centro alla linea del piano ſia ſegnato con egual diſtan­
tia
dalla ſiniſtra doue è la lettera.
e. & dalla deſtra doue è ia lettera i. nell'ultimo giro
del
circolo, & per lo centro ſia tirata una linea in modo, che ſi facciano due eguali ſemi­
circoli
; queſta linea da i Mathematici è detta Orizonte.
Poteua dire in due parole quello, che ha detto in molte, cioè uolendo formare l'Orizonte tira
uno
diametro, che paſſi per la cima del Gnomone, & ſia egualmente diſtante alla linea del piano.

auuertirai
nella figura, che la lettera e. & i. per inauuertenza della ſtampa deueno eſſer mu
tate
.
imperoche la e. deue eſſere doue è la i. & la i. doue è la e.
Dapoi egli ſi deue pigliare la quintadecima parte di tutta la circonferenza, & la doue il
raggio
equinottiale taglia il Meridiano, doue ſara la lettera f. iui ſi ha da ponere la ſeſta,
& ſegnare dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, doue ſono le lettere g. & h. & poi da queſti
punti
, & per lo centro ſi hanno a tirare le linee fino alla linea del piano, doue ſono le let­
tere
r. & t. & a queſto modo ſarà il raggio del Sole uno della ſtate; & l'altro del
uerno
.
1
Vitruuio uuole porre nel ſuo analemma il raggio del Solſtitio, & della bruma, che ſono gli
eſtremi
del corſo del Sole, & troua queſti per la maggior declinatione del Sole, laquale egli fa di
parti
uentiquattro, che è la quintadecima di tutto il meridiano, che s'intende eſſer diuiſo in
parti
trecento & ſeſſanta.
la cui quintadecima è uentiquattro; ma i poſteriori hanno trouato il
maggior
appartamento del Sole, che chiamano declinatione, eſſere di gradi uentitre & mezo.

quello
, che Tolomeo trouò di parti uentitre, minuti cinquanta uno, & ſeconde uenti.
poſto adun
que
il piede della ſesta la doue il raggio equinottiale taglia il meridiano doue è la lettera f. con
la
larghezza della quintadecima parte ſi fanno i punti de i tropici di quà, & di della lettera
f
. nel meridiauo, & ſi ſegna da una parte g. & dall'altra h. & poi ſi tirano da i detti punti
le
lince, che paſſano per lo centro, che è la cima del gnomone, lequali deono peruenire alla linea
del
piano da una parte, & alla circonferenza del meridiano dall'altra.
di queſte linee una rappre
ſenta
il raggio meridiano, quando il Sole entra nel Cancro, & l'altra il raggio meridiano, quando
il
Sole entra nel Capricorno.
& però una è detta raggio della ſtate, & l'altra raggio del uerno.
del
raggio della ſtate l'ombra ſarà b r. & del raggio del uerno l'ombra ſarà b t. tra questi
termini
è rinchiuſa la declinatione del Sole.
Hora ueniremo a ritrouare i raggi, & le ombre
fatte
ſul mezo , quando il Sole entra ne gli altri ſegni: ma prima pone nello Analemma l'aſ­
ſe
del mondo.
Incontra la lettera e. ſarà la lettera i. doue la linea, che paſſa per lo centro tocca la
circonferenza
.
& contra g & h. ſaranno le lettere k. & l. & contra c. & f. & a.
ſarà
la lettera n. allhora poi ſi deono tirare i diametri da g. ad l. & da h. a k. & quel
diametro
che ſarà di ſotto ſarà della parte eſtiua, & quello, che ſarà di ſopra ſarà della
parte
del uerno.
I termini dell'Orizonte ſono e & i. i termini de i tropici g & h. che deono eſſer con­
giunti
con linee alla parte opposta ne i punti K & l. & quelle linee Vitru. chiama diametri,
perche
hanno ad eſſere diametri de i loro circoli, come ſi uederà.
però dice.
Queſti diametri ſi deono partire egualmente nel mezo doue ſaranno le lettere m. &
o
. & iui ſi deono notare i centri, & per quelli, & per lo centro ſi deue tirare una linea
alla
eſtrema circonferenza, doue ſaranno le lettere p & que queſta linea caderà dritta­
mente
ſopra il raggio equinottiale, & per ragioni Matematiche queſta linea ſarà chiama­
to
Aſſe.
& da gli iſteſsi centri allargata la ſeſta alle eſtremità de i diametri, ſi deſcriuino
due
ſemicircoli, de i quali uno ſarà per la parte della ſtate, l'altro per la parte del uerno.
Ecco che a poco a poco Vitruuio ci rappreſenta la ſphera con tutti i circoli neceſſarij allo
Analemma
.
E adunque l'aſſe, & il perno del mondo q m a o p. il tropico del Cancro ſo­
pra
il diametro r o K. il tropico del Capricorno ſopra il diametro g m l. il raggio dello
equinottiale
c f a n. l'Orizonte e a i. il meridiano f q n p.
Dapoi in quelle punti, doue le linee egualmente diſtanti tagliano quella linea, che è
chiamata
Orizonte, nella piu deſtra parte ſarà la lettera s.
nella piu ſiniſtra la lettera u.
Cioe doue i diametri de i tropici tagliano l'Orizonte ſia ſegnato s. da una parte, & u dal
l
'altra, & quiui ſi deue auuertire, che quelli tagli dimostrano quanta circonferenza di quelli circoli
sta
ſopra l'Orizonte, & quanta ſta di ſotto, dalche ſi comprende la lunghezza del giorno mag­
giore
, & del minore, che ſia in quella inclinatione, per laquale ſi farà l'horologio.
Et dalla deſtra parte di uno ſemicircolo, doue è la lettera g. biſogna tirare una linea
egualmente
diſtante allo aſſe, fin al ſiniſtro ſemicircolo, doue è la lettera.
h. & queſta
linea
ſi chiama lacotomus.
Cioè linea, che partiſce o taglia la larghezza, ouero la profondità, imperoche ella ua da uno
tropico
all'altro, et abbraccia tutto lo ſpacio della declinatione, ouero apartamento del Sole dallo
equinottiale
, nel quale ſpatio hanno a stare i raggi del Sole di meſe in meſe.
Et allhora ſi deue ponere il centro del compaſſo, doue quella linea egualmente diſtan-
1te allo aſſe è tagliata dal raggio equinottiale, doue è la lettera x. & ſi deue allargare ſin
doue
il raggio eſtiuo taglia la circonferenza, doue è la lettera h. & dal centro equinot­
tiale
allo ſpacio eſtiuo ſi faccia la circonferenza del circolo menſale, ilquale è detto Mo­
nacho
.
& a queſto modo ſarà formato lo Analemma.
La linea della larghezza detta lacotomus, è diametro di quel circolo, dalquale ſi trouano i
raggi
meridiani di meſe in meſe, ilquale è detto monachus.
& io penſo che uoglia dire Minachos,
come
quello, che contenga i raggi meridiani di meſe in meſe.
altri lo hanno chiamato miniæus,
che
Vitr. dice menſtruo, & io ho detto menſale.
queſto circolo adunque ſi fa mettendo il piedi
del
compaſſo doue la linea della larghezza detta lacotomus taglia il raggio meridiano equinot­
tiale
, & allargandolo ad uno de i punti della maggior declinatione, ouero appartamento del So­
le
dallo equinottiale.
Queſto circolo ſi diuide in dodici parti eguali, ſe uogliamo ſolamente i
raggi
meridiani di ſegno in ſegno, perche uolendo i raggi meridiani del mezo de i ſegni, o di dieci
in
dieci gradi, o piu o meno, biſognerà partire il detto circolo in piu parti ſecondo il propoſito
noſtro
.
Diuiſo adunque il detto circolo in dodici parti, ſi deue tirare per ciaſcuna diuiſione corri­
ſpondente
a i diametri de gli altri ſegni, alla circonferenza del meridiano, egualmente diſtanti al­
li
diametri de i tropici, & doue quelli diametri toccheranno il meridiano, iui ſaranno i punti, da
i
quali per la cima del Gnomone ſi tireranno le linee, & i raggi fin alla linea del piano, & in que­
sto
modo ſarà formato lo Analemma.
Dapoi che haueremo deſcritto lo Analemma con la ſua dichiaratione, o per le linee del
uerno
, o per le linee eſtiue, o per le equinottiali, o per le di meſe in meſe: Allhora ſi deo­
no
diſegnare le ragioni delle hore da gli Analemmi.
& in quel caſo ci ſaranno molte ua­
rietà
, & maniere di horologi, & con queſte artificioſe ragioni ſaranno deſcritte.
Non ſolamente da i raggi equinottiali egli ſi puo cominciare a fare gli analemmi, ma da qua­
lunque
altro raggio di ſegno.
perche ſe egli ſi piglia il raggio eſtiuo, o quello del uerno, nella ſua
altezza
meridiana, egli ſi ſa, che il raggio equinottiale è lontano da quelli gradi uenti tre, &
mezo
, & ſapendoſi la declinatione d'ogni raggio dallo equinottiale, ſi puo facilmente da un
raggio
ponere gli altri.
Ma di tutte le figure, & deſcrittioni di tutte quelle uarietà, è un ſolo effetto, cioè che
il
giorno equinottiale, il brumale, & il Solſtitio ſia partito in dodici parti.
Vitruuio chiaramente dimoſtra in questo luogo, che gli antichi uſauano di partire il giorno o
lungo
, o breue che egli fuſſe, in dodici parti: però faceuano gli horologi con questa intentione,
di
dimoſtrare le dodici parti del giorno.
ilche anche ſi caua dalle ſacre lettere, doue ſi dice, in­
terrogando
: non ſono dodici le hore del giorno?
queste hore ſi chiamauano chicrichè, & mira­
uano
al dominio de i pianeti in quelle hore: & altri le hanno dette hore planetarie, altri hore in
eguali
.
ma laſciamo i nomi, & uegnamo alle coſe. Di tutte adunque le figure, & deſcrittioni di
tutte
quelle uarietà è un ſolo effetto.
ma di quali uarietà intende Vitru. ſe una ſola ſorte di hore ſi
pone
?
Riſpondo, che ſe bene uſauano una ſorte di hore la uarietà naſceua da i piani, ne i quali ſi
formauano
gli horologi, & dalle figure, che piaceuano ad alcuni inuentori; come dirà Vitr. nel
ſeguente
capo.
ma come dallo Analemma ſi caui queſto ſolo effetto, che egli dice, cioè, che il gior­
no
equinottiale, quello del uerno, che egli dice brumale, & quello della ſtate, che egli chiama
Solſtitio
, ſia partito in dodici parti dirò distintamente, poi che hauerò udito la eſcuſatione di Vit.
Lequali coſe non impaurito dalla pigritia ho laſciato a dietro, ma perche ſcriuendo io
molte
coſe non offendeſſe.
Ma ſolamente eſponerò, da chi ſono ſtate ritrouate molte ſor­
ti
, & molte deſcrittioni di horologi: hora io poſſo ritrouarne altre da me, mi pare
conueniente
, che io debbia uſurpare quelle de gli altri, & attribuirle a me: & però io dirò
queſte
coſe, che ci ſono ſtate laſciate, & da chi ſono ſtate ritrouate.
Ecco la modestia grande di Vitr. & la candidezza dell'animo ſuo, dallaquale ſono molti mol
to
lontani a i nostri: ne i quali uedemo tanti quadranti, raggi, anella, regole, cilindri, horoſco-
1pi, planisferi, torqueti, hemicicli, balle, horologi, & inſtrumenti, che gia tante centinaia d'anni
ſouo
ſtate ritrouate, & pure con nuoui argomenti, & titoli, & aggiunte di poca importanza ſi
danno
in luce, come proprie, & non piu imaginate da altri: & tant'oltre è andata la inuidia,
ouero
la ſuperbia di alcuni, che ſe bene hanno inteſo mirabilmente le ragioni delle coſe, però
ſtudioſamente
hanno uoluto con oſcuri modi, & uie intricate dimoſtrare ouero adombrare per dir
meglio
, la cognitione Gnomonica.
& hanno leuato il diletto, che ſi ha nello imparare, & nella
facilità
, anzi hanno con le loro difficultà ſcacciato i lettori delle opere loro: & quello, che han­
no
deſiderato ſommamente, che cra di acquiſtar credito di ſapere con la oſcurità dello inſegnar,
non
hanno conſeguito: non è per queſto, che non douemo hauere molte gratie a quelli, che hanno
dato
molti auuertimenti, & che hanno uſato modi facili, accioche gli huomini, che non hanno
tempo
di ſtudiare, & che non ſono ſpeculatiui poſſino eſſercitare, & uſare nelle occorrenze loro
queſte
inuentioni.
Ripigliando adunque il mio diſcorſo, & stando fermo nelle uie di Tolomeo,
& del predetto Commandino, quanto piu facilmente potrò, farò manifeſto tutto quello, che apar­
tiene
alla deſcrittione, & all'uſo dello Analemma.
laſciando (come ho detto) le dimostrationi
mathematice
ad altri.
Non ha dubbio, che il Sole in tempi, & hore diuerſe, ſi ritroua in ſiti
& altezze diuerſe.
non uedemo noi la estate, che per due, o tre hore egli ſta tra Leuante & Tra
montana
, la mattina, & per tanto ſpacio ſta tra Ponente, & Tramontana le ultime hore del gior
no
?
non uedemo ancho il Sole in alcune hore eſſere tra Leuante, & mezo , & alcune tra'l me­
zo
& il Ponente: hora piu alto, hora piu baſſo?
però ſe uogliamo far conoſcere il ſuo uero ſito,
(ilche è neceſſario per ſapere gli effetti, che egli fa mandando iraggi ſuoi per la cima del Gnomo­
ne
fin a i piani oppoſti,) biſogna imaginarſi molte linee, diuerſi circoli, ſi fermi come mobili,
& diuerſi anguli, accioche per quelli, come per craticole de pittori, ſi dia ad intendere la poſitio­
ne
, & il ſito del raggio ſolare: & perche a uoglia noſtra potemo fare gli horologi in diuerſi
piani
poſti diuerſamente, come in terra, in muro, & dritti, & piegati, cioè ne i piani Orizontali, uer
ticali
, meridiani detti di ſopra: però è neceſſario ſapere quali circoli, quali linee, & quali angu­
li
ci ſerueno ad un piano, & quali ad un'altro.
la doue poſti quelli tre piani imaginati, che ſono
termini
fermi, biſogna che ne imaginamo tre altri, che ſi muouino ciaſcuno ſopr a il ſuo diametro,
di
modo che ſia un'Orizonte fermo, & un Orizonte mobile, & un uerticale ſimilmente, & un
meridiano
fermi, & un'uerticale, & un meridiano mobile, & che l'Orizonte mobile ſi uolga ſopra
il
diametro del Orizonte fermo come ſopra un perno, & coſi il uerticale, & il meridiano mobili ſi
girino
d'intorno i diametri de i loro fermi.
gia ſapemo quali ſiano i diametri di que piani, perche il
diametro
dell'Orizonte ua da Leuante a Ponente, il diametro del uerticale ua dal punto, che ci
ſta
ſopra, a quello, che ci ſta ſotto, & il diametro del meridiano è la linea meridiana iſteſſa.
ſe
adunque
l'Orizonte ſi ha da girare biſogna, che una met à di eſſo ſi alzi ſopra terra, & l'altra ſi
abbaſſi
.
ſe il uerticale ſi ha da mouere, biſogna che una metà di eſſo uadi inanzi, & l'altra in die­
tro
.
ſe'l meridiano ſi ha da mouere, biſogna che una metà ſi pieghi uerſo l'Orizonte, & l'altra me
aſcenda.
Fatto queſto fondamento, poniamo il Sole in ſirocco alto da terra gradi quaranta,
facciamo
, che l'Orizonte mobile laſci il fermo, & ſi alzi tanto, che egli tocchi il centro del corpo
del
Sole.
facciamo anche che il uerticale mobile ſi faccia tanto inanzi laſciando il fermo, che an­
cho
egli tocchi il Sole; & finalmente facciamo, che il meridiano mobile ſi abbaſſi fin tanto, che
ancho
egli tocchi il Sole con la ſua circonferenza al modo de gli altri: certo è, che tutti que
piani
mobili ſi taglieranno in quel punto, doue eſſi tagliano il Sole, cioè in quel punto, dalquale il
Sole
manda il ſuo raggio.
hora uediamo, che effetti facciano que circoli, che ſimuoueno, & a che
fine
ſi ſono imaginati: & prima ſi dica in che conuengono tutti: dico che conuengono in queſto,
che
partendo ciaſcuno dal ſuo fermo piano corriſpondente inſieme col Sole fanno due anguli
l
'uno di linee dritte, l'altro de i piani di que circoli, cioè ciaſcuno mobile col ſuo fermo fa un'an­
gulo
.
& perche gli anguli ſi miſurano dalla circonferenza, però altra circonferenza ſarà com­
preſa
ſotto gli anguli fatti dalle linee dritte, altra da gli anguli fatti da i piani di que circoli,
1cioè de i mobili, & de i fermi: & l'uno, & l'altro di quelli anguli èneceſſario per dimostrare il
uero
ſito del Sole, cioè l'altezza del Sole, & la parte di doue egli manda il ſuo raggio.
Hora
pigliamo
ſeparatamente ciaſcuno et ſtiamo nel ſopraposto eſſempio.
ſia dunque il Sole a ſirocco,
& facciamo, che il uerticale mobile ſi faccia inanzi, & ritroui il Sole: dico che per queſto moui­
mento
ſi fanno due anguli, uno di linee dritte, l'altro del piano del uerticale fermo, et del piano del
uerticale
mobile.
l'angulo di linee dritte è fatto dal raggio del Sole, & dal diametro del uertica­
le
, cioè dal Gnomone.
& la circonferenza, che comprende queſto angulo, è quell'arco del uerti­
cale
mobile tra il punto, che ci ſta ſopra la teſta, & il Sole.
& eſſendo una quarta di circolo dal­
l
'Orizonte al punto che ci ſta ſopra la teſta, ſeguita, che il reſtante dell'arco predetto dal punto,
che
ci ſta ſopra, al punto doue ſta il Sole, ſia l'altezza del Sole ſopra l'orizonte: però ſe quello ar­
co
'ſarà di gradi cinquanta, il Sole ſarà alto gradi quaranta, che è il compimento della quarta,
che
è dal punto, che ci ſopraſtà, fin all'orizonte: & però la cognitione di queſto angulo ci con­
duce
a ſapere l'altezza del Sole, dalla quale ſi caua la lunghezza dell'ombre, come s'è detto.

Ma
l'angulo fatto da i piani di quelli circoli, cioè del uerticale mobile, & del fermo, è compreſo
dalla
circonferenza dell'orizonte, che è dal punto del uero Leuante al punto, che fa il uertica­
le
mobile doue egli taglia l'orizonte, & que sto arco ſi chiama latitudine del Sole, ouero arco
orizontale
.
la cognitione di queſto angulo ci ſerue a conoſcere in qual parte pieghi l'ombra del
Gnomone
, perche l'ombra ua ſempre alla parte opposta del raggio del Sole, per ilche ſe il Sole
è
a ſirocco, l'ombra ua a Maeſtro, ſe è a Garbino, l'ombra ua a Greco.
Ecco adunque gli effetti,
che
fa il uerticale mobile, & a che fine egli ſia imaginato.
questi due anguli ſono neceſſarij al
fare
de gli horologi ne i piani orizontali, perche a queſti piani ci ſerue la lunghezza dell'ombra,
& la latitudine.
Hora uegnamo al meridiano mobile, & facciamo che ancho egli ritroui il So­
le
a ſirocco, partendoſi dal meridiano fermo.
Queſto anche fara due anguli, de i quali, quello
di
linee dritte è fatto dal raggio del Sole, & dal diametro del meridiano, la cui circonferenza è
compreſa
dal punto del meridiano fermo al punto, doue ſi troua il Sole.
ilche determina l'altez­
za
del Sole ſopra il piano uerticale.
Ma l'angulo fatto da i piani di que circoli è compre­
ſo
dalla declinatione del meridiano mobile dal meridiano fermo nel circolo uerticale, & l'una
& l'altra di queſte circonferenze è neceſſaria per determinare il ſito del raggio, come nel piano
uerticale
, alquale & il meridiano fermo, & il mobile ſono dritti, perche dal restante della cir­
conferenza
compreſa o che comprende l'angulo tutto di linee dritte, ſi ſa l'altezza del Sole ſo­
pra
il piano dell'horologio uerticale.
& dalla circonferenza, che comprende l'angulo fatto da
quelli
piani meridiani, cioè del mobile & del fermo, nel uerticale ſi ſa in qual parte pieghi l'om­
bra
fatta dal Gnomone nel piano uerticale.
Finalmente uenendo all'orizonte mobile, & faccia­
mo
, che egli ſi leui a ſirocco fin doue è il Sole; io dico che ancho egli farà due anguli.
quello di
linee
dritte ſarà fatto dal raggio del Sole, & dal diametro dello equinottiale, che è lo iſteſſo col
diametro
dell'orizonte, & ci darà l'altezza del Sole & è compreſo dalla circonferenza, doue
ſi
troua il Sole, fin al punto del diametro dell'orizonte.
& quello fatto da que due piani, cioè del­
l
'orizonte mobile, & del fermo, è compreſo nella circonferenza del meridiano tra'l punto doue
è
il Sole, & il punto doue il meridiano taglia l'orizonte ci darà la parte doue piega l'ombra, nel
horologio
fatto nel piano del meridiano.
& tanto ſia detto d'intorno a gli effetti, & alla neceſ­
ſità
di que tre piani ſi fermi come mobili, & de i loro anguli di linee dritte, come di quelli pia
ni
, & dell'uſo loro a diuerſi piani di horologi.
Hora uenirò alla deſcrittione dello Analemma,
& dimoſtrerò il modo di fare lo Analemma, & l'uſo di quello, ſecondo il mio primo propoſito,
eſortando
quanto piu poſſo ciaſcuno alla conſideratione, & alla pratica delle ſopradette coſe,
perche
l'huomo poſſa ſicuramente porſi alla operatione ſapendo i principij delle coſe.
Sia fatto
un
circolo, ilquale ci ſerua per meridiano, & ſia a b c d. nel centro e partito in quattro
parti
eguali per due diametri, a d. & b c. & ſia a d per lo diametro dello equinottiale,
& b c per l'aſſe del mondo, ſi che b. ſia per lo polo di ſopra, & c per lo polo di ſotto.
ſia
1diuiſa la quarta a b in parti nouanta, & ſiano dal punto a numerate parti uentitre & me­
za
, & doue terminano ſia posto f. ſiano anche numerate dal punto a parti 20, & minu­
ti
12, & iui ſia fatto il punto o. & finalmente dal punto a ſiano numerate parti undici,
& meza & ſia nel termine poſto k. ſiano poi riportate quelle diſtanze f. o. k. ſotto il pun-
126[Figure 126]
to a, ſi che a f. ſia a
h
. & a o ſia a que et
a
k. ſia a m. il mede­
ſimo
ſi faccia nella parte
oppoſta
dal punto d tan­
to
di ſopra quanto di ſot­
to
, ſi che g riſponda ad
f
. p ad o. l. à K. n
ad
m. r. à que & i ad
h
. ſiano poi tirate le linee
f
g. o p. K l. m n. q
r
. h s.
queſte linee ci ſer
ueno
per diametri di que
circoli
o giri, che fa il So­
le
quando egli ſi troua ne i
principij
de i ſegni del Zo­
diaco
, di modo, che il dia­
metro
f g. è il diametro
di
quel circolo, che fa il So
le
quando egli entrà nel
Cancro
, & h i. è il dia­
metro
del circolo del Ca­
pricorno
. ſi come o p. di
Gemini
, & di Leone. k l
del
Toro, & della Vergi­
ne
.
m n. di Peſci & di
Scorpione
, q r di Aqua
rio
, & Sagittario, & que­
ſte
diſtanze ſono preſe dal
la
declinatione del Sole, che per la tauola di detta declinatione ci ſono manifeſte.
ouero per la li­
nea
lacotomus, & per lo circolo Monachus detti da Vitr. & per le iſteſſe uie, cioe della tauola
della
declinatione del Sole, o della diuiſione del circolo detto monachus, ſi poſſono fare tutti i dia­
metri
di grado in grado, o di cinque in cinque, o di dieci in dieci, come piu ci piacerà, di tutti i cir­
coli
& giri del Sole quando egli è nelle parti de i ſegni.
uero è, che per non fare confuſione di mol
te
linee ci ſeruiremo di quattro diametri, cioè dell'equinottiale, del tropico uerſo il polo di ſopra,
& del diametro del Toro pure uerſo il polo, & del diametro del Saggittario di ſotto; perche la
ragione
di uno ſarà la iſteſſa con la ragione dell'altro, come dirò di ſotto.
ſiano adunque ſopra i
predetti
diametri tirati i ſemicircoli, ſi che i centri loro ſiano la doue detti diametri tagliano l'aſ­
ſe
del mondo, la doue e s.
ſarà il centro del ſemicircolo fatto ſopra f g. & t. ſarà il cen­
tro
del ſemicircolo fatto ſopra il diametro q r. & queſti ſono i circoli, & i diametri communi
ad
ogni Analemma.
ma perche ſono diuerſe inclinationi del cielo, però uolendo fare lo Analem­
ma
per una inclinatione del cielo.
biſogna porui de gli altri circoli, come è il uerticale, & l'orizon­
te
.
ilche come ſi habbia a fare dirò qui ſotto. Egli biſogna adunque ſapere la altezza del polo a
quel
luogo, per loquale ſi ha da fare l'horologio, come ſe noi uogliamo fare un'horologio per ſer-
1uirci alla inclinatione di Vinetia, biſogna ſapere quanto ſe le leua il polo, & numerare la detta
altezza
dal punto b. che è il polo di ſopra uerſo il punto d. & far punto nel meridiano, doue
è
la lettera x. che tanti gradi a punto ſi leua il polo alla detta inclinatione, che ſouo gradi qua
ranta
cinque.
tira poi dal punto x per lo centro e, alla parte oppoſta doue è la lettera y. il
diametro
dell'orizonte, ilquale ſarà x & y.
Sia poi tirato il diametro del uerticale, che tagli
il
diametro dell'orizonte ad anguli dritti, & ſia quello z e &.
finito queſto biſogna tirare ſo­
pra
i diametri de i detti circoli o ſemicircoli linee dritte ad anguli giuſti, la doue i detti diametri
tagliano
l'orizonte, perche iui ſono i tagli communi dell'orizonte, & di quelle portioni di circoli,
& dimoſtrano quanta parte di quelli circoli ſtia ſopra l'orizonte & quanta di ſotto.
ſia adunque
ſegnato
2. la doue il diametro f g. taglia l'orizonte. & 4 la doue il diametro K l taglia
127[Figure 127]
l'orizonte, & 6 finalmente la doue
il
diametro q r taglia l'orizonte,
et
da i detti punti 2. 4. 6. ſiano ti­
rate
le linee ad anguli giuſti ſopra i
loro
diametri, fin che peruenghino al
le
circonferenze ciaſcuna del ſuo cir
colo
corriſpondente.
però 1. 2. ca­
derà
ſopra il diametro f s g. & 4.
3
caderà ſopra il diametro K t l.
& finalmente 5. 6. caderà ſopra
il
diametro q u r. queſti adunque
ſono
i communi tagli di quelli circo­
li
, & dell'orizonte.
Et ſe imaginere­
mo
il ſemicircolo g i f intiero cir­
colo
, egli ci rappreſenterà tutto il
circolo
del tropico del cancro.
& la
linea
1. 2. diuenteràparte dell'
rizonte
, & l'altra parte anderà a
trouar
la circonferenza del detto
circolo
, ſi che tutta quella portione
di
quel circolo, che ſarà ſopra la det
ta
linea s'intenderà eſſer ſopra l'ori­
zonte
come dall'i.
ad f. & dall'
f
all'altro capo della linea 1. 2.
la doue ella è tagliata dal detto cir­
colo
del Cancro, & quella parte, che
farà
di ſotto s'intenderà eſſer ſotto l'orizonte, come è dalla i al g. di modo che i. ſarà il ter­
mine
della parte di ſopra, & della parte di ſotto l'orizonte, di quel ſemicircolo.
& ſe la linea 1.
2
. ſarà prolungata alla circonferenza intiera del detto circolo, la parte da g al taglio della det­
ta
linea con la circonferenza dimoſtrerà il reſtante di quello, che è ſotto l'orizonte, come poco da
poì
ci ſarà manifeſto.
ſinule conſideratione ſi fa ſopra il diametro K t l. & ſopra il diametro
q
u r. perche le portioni di quelli ſemicircoli ci ſono manifeſte dal taglio di quelle linee dritte,
che
cadeno ſopra i detti diametri.
Pigliamo adunque in altro luogo il circolo fatto ſopra il dia­
metro
f s g. & ſia i f 7 g. & ſia i dalla deſtra, f di ſopra. 7. dalla ſiniſtra, & g.
di
ſotto.
& riſpondi la i. al Leuante, & 7. a Ponente. hora è neceſſario ſapere che hore tu
uuoi
ſegnare nello horologio, o le antiche, o le aſtronomiche, od altre, perche diuerſamente par­
tirai
il detto circolo, ſecondo la diuerſità della ſorte delle hore, che uuoi fare.
Io darò l'eſſempio
ordinatamente
di tutte le ſorti di hore, & prima delle antiche, lequali erano dodici in ogni gior-
1no. Diuiderai adunque la portione del circolo del tropico compreſa da i f 7 ſopra l'orizonte
in
dodici parti eguali, & ſimilmente la portione i g 7 in dodici parti eguali & nel punto. 1.
ſegna 12. & tanto di ſopra i quanto di ſotto nella prima diuiſione ſegna 11. nella ſeconda
10
, nella terza 9. nella quarta. 8. nella quinta. 7. nella ſesta, la doue ſono le lettere. f.
& g. 6. nella ſettima 5. nella ottaua 4. nella nona 3. nella decima 2. nella undecima. 1.
& a queſto modo hauerai partito le portioni del circolo del tropico. ti deue mouere, che la
portione
1 g 7 che è ſotto l'orizonte, ci ſerua per la diuiſione del minor giorno, perche ſe la
conſidererai
come portione del tropico del Capricorno, uederai la diuiſione eſſer giuſta, perche la
portione
della notte della eſtate è ſimile alla portione del giorno del uerno, con ſimile ragione po­
trai
trarre dallo Analemma i cicorli intieri de i ſegni, & diuiderli come hai fatto il circolo del
Tropico
, & uederai in ogni ſegno quanto ſia lungo il giorno, ſe uorrai ſegnare altra ſorte di hore,
che
le antiche, come ſi uederà di ſotto.
Diuiſo adunque il circolo del tropico al modo ſopradet­
to
, biſogna da ciaſcuna diuiſione fatta nella circonferenza far cadere linee ad anguli dritti ſopra
il
diametro f g. per dimostrare anche i tagli delle portioni delle hore nel piano.
però da 11.
& 1. caderà una linea al diametro f g. ne i punti 11. & 1. & da 10 & 2. ne cade­
un'altra ne i punti 10 & 2. corriſpondenti. & coſi di mano in mano fin che ſarà partito
128[Figure 128]
1il diametro f g. nelle ſue portioni. & queſto non hauemo uoluto fare nello Analemma per non
confondere
con la moltitudine delle linee.
Hora biſogna cauare dallo Analemma le altezze del
Sole
in ogni hora per ſapere le lunghezze delle ombre.
Piglia dallo Analemma il meridiano a
b
c d. & il diametro del tropico f g. partito ſecondo le diuiſioni della figura precedente ſe­
gnata
O. & l'orizonte x e y. nel modo, che egli ſta nello Analemma.
& fa paſſare per le
diuiſioni
del diametro del tropico del Cancro linee egualmente distanti all'orizonte x e y. che
da
una parte tocchino la circonferenza del meridiano, & dall'altra il diametro del tropico f g.
ſegna
poi nel meridiano a b c d. i numeri riportati dal diametro del tropico, 11. 10. 9.
8
. 7. 6. 5. 4. 3. 2. 1. tanto di ſopra quanto di ſotto l'orizonte. eſpedita questa diuiſione
determinerai
la lunghezza del Gnomone, & quella ponerai di ſotto dal centro e. doue s'inten
de
eſſer la punta del Gnomone, al punto z.
doue s'intende, che ſia il piede del Gnomone, nel dia­
metro
z &.
che è il diametro del uerticale. di modo che la lunghezza dello stile ſia e z &
per
lo punto z farai paſſare la línea del piano ſopra la quale ſta il Gnomone, & ſi a quella T.
Z
. V. per tirare adunque la lunghezza delle ombre biſogna tirare le linee dalle hore ſegnate
nel
meridiano, che paſſino per la, cima del Gnomone, doue è la lettera e. & peruenghino alla
linea
del piano T. Z. V. & le lunghezze delle ombre ſi miſurano dal punto z.
che è il pie­
di
del Gnomone ſopra la linea del piano.
come uedi qui appreſſo ſegnato. & il diametro del uer­
ticale
ſegna nella linea del piano l'ombra della ſesta hora, che è l'hora del mezo .
poi, che egli ſi
ba
ritrouato le lunghezze delle ombre del tropico del cancro.
con la isteſſa ragione ſi piglieran­
no
le lunghezze delle ombre fatte quando il Sole è nel tropico del Capricorno.
perche egli ſi tra­
ſporta
la lunghezza del Gnomone dalla lettera e ſopra il uerticale, & anche ſi traſporta la li­
ne
a del piano ſopra laquale ſi fanno cadere le linee delle hore ſegnate ſopra il meridiano nella par­
te
di ſotto l'orizonte.
ſia adunqua e R la lunghezza del Gnomone e z poſta nel diametro del
uerticale
z &.
& ſia tirata la linea del piano S R que & dalli punti delle hore ſegnate nel
meridiano
ſotto l'orizonte x e r. ſiano tirate linee, che paßino per lo centro e. & peruen­
ghino
nella linea del piano S R que & ſiano ſegnati i numeri corriſpondenti alle hore ſegnate
nel
meridiano, & a questo modo ſi haueranno le lunghezze delle ombre fatte nelle hore del uer­
no
.
& questi ſono gli anguli fatti di linee dritte dal uerticale, che ſi muoue, come hauemo detto:
perche
il raggio del Sole nel diametro del uerticale, che è il Gnomone, & fa che il Gnomone
getta
l'ombre ſopra il piano dell'horologio.
Cireſta hora a determinare l'arco orizontale, cioè
la
latitudine dell'ombra, ilche ſi fa a questo modo.
Prima per fuggire la confuſione delle linee.
farai
il circolo a b c d. come di ſopra, nelquale ui ponerai il diametro del uerticale, z e
& l'orizonte x e y. il diametro del tropico f g. con le ſue diuiſioni preſe dalla figura ſegna
ta
.
O. & poi farai cadere dalle diuiſioni del detto diametro del tropico f g. linee egualmente
diſtanti
al diametro del uerticale z e &.
fin ſopra l'orizonte x e y. doue noterai i nume­
ri
corriſpondenti a i numeri delle hore ſegnate nel diametro del tropico; & queſte linee peruenghi­
no
alla circonferenza del Meridiano fornito queſto anderai alla figura ſegnata O. doue ſono le
diuiſioni
di tutto il tropico, & comincia dalle undici ſegnate nella circonferenza, & poſto un pie
di
del compaſſe nelle undici ſegnate nella circonferenza del tropico allargato fin alle undici ſegna
to
ſopra il diametro di detto tropico riporterai queſta lunghezza nella figura ſeguente ſopra la li­
nea
delle undici hore ponendo un piede del compaſſo ſopra il punto ſegnato 11. & 1. nell'Ori­
zonte
x e y. & l'altro ſopra la detta linea delle undici, & nel termine farai punto 11. Si­
milmente
piglia dalla figura O. la lunghezza della linea delle 10. & riportala in queſta figu­
ra
ſopra la linea ſegnata 10. & doue termina, ſegna 10. & parimente riporterai tutte le li­
nee
delle hore fatte nella figura O. in queſta, ſegnando come hai fatto delle 11. & 1. &
delle
10. & 2. & queſto farai tanto di ſopra quanto di ſotto l'Orizonte, perche ci ſeruirà a
gli
archi Orizontali delle hore del uerno.
Hora biſogna ritrouare gli archi Orizontali, il che fa­
rai
a queſto modo.
Poni la riga nel centro e. & nel punto 11. & 1. ſopra la linea delle
1undici, & una, & doue ella taglia il Meridiano fa punto 11. & 1. queſto ſarà l'arco Orizon
tale
compreſo dalla circonferenza z. 11. Similmente piglia l'arco Orizontale delle dieci. &
delle
due ponendo la riga ſopra il centro e. & ſopra i punti 10. & 2. della linea 10. &
2
. & doue la riga taglia il Meridiano ſegna 10. & 2. perche l'arco compreſo tra z. &
10
. & 2. è l'arco Orizontale delle 10. & delle 2. con ſimile ordine piglierai gli archi Ori
zontali
delle altre hore, & gli noterai ſopra il Meridiano come hai fatto delle 11. & 1. & del
le
10. & 2. queſti archi ſono compreſi tra l'Orizonte fermo, & il Verticale mobile, come ho
detto
, & ſono le circonferenze, che comprendeno gli anguli fatti da due piani, cioè dal Ver­
ticale
mobile, & dal fermo, come ci è manifeſto per le coſe dette di ſopra.
Eſpedite
tutte
queſte coſe, egli ſi uenirà alla fabrica dell'horologio in queſto modo.
Farai un
circolo
della grandezza del Meridiano gia poſto nello Analemma, & ſia quello a b c
d
. in queſto circolo il diametro b c. ci ſerue per la linea Meridiana.
& il diametro a d.
ci
ſerue per la linea del piano.
ma biſogna tirare queſta linea del piano occulta. Sia il centro e.
doue
la linea del piano taglia la Meridiana, & doue s'imagina, che ſia il Gnomone.
piglia poi
la
diſtanza, che è dal punto z.
alle undici nel Meridiano nella figura antecedente ſegnata I. &
riportala
dal punto d. uerſo il punto c. nel punto H. & tira poi dal centro a. al punto H.
una
linea occulta.
Similmente riporterai la detta diſtanza dal punto a. uerſo il punto c. nel
punto
M.
Queſte diſtanze d H. & a M. ſono gli archi Orizontali della undecima, et della prima
hora
; ſi che d H. è della undecima, & a M. della prima.
Piglia poi la lunghezza dell'ombra
della
undecima hora dalla figura doue ſegnaſti le lunghezze delle hore dal punto z.
ſopra la li­
nea
del piano uerſo il punto T. al punto 11. & riportala nell'horologio dal centro e. ſopra
le
linee e H. & e M. & ſegna 11. & 1. Piglia poi lo arco Orizontale delle 10. & del
le
2. dalla figura precedente dal punto 2. al punto 10. & riportala nell'horologio ſotto il
punto
d. dall'una parte, & ſotto il punto a. dall'altra ne i punti N O. a i quali dal centro
e
. tirerai le linee e N. & e O.
Quiui gli ſpatij, che ſono da N d. & da o. ad a. ſono gli
archi
Orizontali di quelle hore cioè delle 10. & delle 2. Piglia poi la lunghezza dell'ombra
delle
10. & delle 2. dalla ſopra poſta figura O. & riportala dal centro e. ſopra le dette li­
nee
e N. & e o. & ne i punti doue termina la lunghezza dell'ombre ſegna ſopra la e N.
10
. & ſoprala e o. 2. con ſimile ragione procederai nel ponere le altre hore, & di altri ar­
chi
Orizontali, & le altre lunghezze delle hore, & uederai riuſcire la linea della hiperbole ſe le
gherai
tutti que punti con una linea.
Il ſimile ſi fa a ponere gli archi Orizontali delle hore del­
l
'altro tropico, cioè del Capricorno.
perche anche quelli ſi pigliano dalla antecedente figura I.
con
le diſtanze dal punto 2. alle hore ſegnate dalla deſtra del taglio commune dell'Orizonte,
& del piano come uedi.
& a queſto modo nella parte contraria ti riuſcirà la linea hiperbole
oppoſta
a quella, che faceſti nelle hore del Cancro.
& ſegnata che l hauerai con i ſuoi punti, o
numeri
tirerai le linee da una hiperbole all'altra, & a queſto modo hauerai ſegnato l'horologio
con
le hore de gli antichi.
come nella figura V. uederai. & ſe uorrai porui le hiperbole fatte
da
gli altri ſegni, & hore, lo farai con la iſteſſa ragione.
& ſempre l'equinottiale ti porgerà una
linea
dritta, la quale ſarà tanto diſtante dal Gnomone, quanto ſarà longa l'ombra equinottiale
ſu
'l mezo ſopra la linea del piano.
ma in queſta eleuatione di polo alla inclinatione di Vinetia
la
linea equinottiale ſarà tanto diſtante dal Gnomone, quanto è alto il Gnomone.
Io ho uoluto
ponere
tanti circoli ſeparatamente per dimoſtrare ſenza confuſione come ſi fa lo Analemma fini­
to
, dal quale ſi caua la ragione, & la pratica di fare l'horologio.
Però ſe uuoi fare lo Analem
ma
intiero, diſegnerai ſelamente in qualche materia ſoda o pietra, o legno, o rame quelli circo­
li
, che ſi richiedeno in ogni Analemma, come è il Meridiano, i diametri di tutti i paralleli, cioè
de
i tropici, & de gli altri ſegni, col diametro dello equinottiale, & poi uolendo fare l'horologio
a
quella inclinatione di cielo, che ti piace, farai l'Orizonte, & il Verticale, & le diuiſioni ſi del
le
altezze del Sole, come de gli archi Orizontali di modo, che ſi poſſino leuar uia, poi che ti ha-
1129[Figure 129]
1uerai ſeruito, & uſerai ogni diligenza di riportare le linee dallo Analemma all'horologio che fai.
ma
piu imparerai praticando, & conſiderando le coſe dette, che altri poſſino con parole deſcriue
re
.
Con ſimiglianti ragioni deſcriuerai gli horologi con le altre maniere di hore. come uedi nelle
ſottoſcritte
figure.
& queſto ſia detto a baſtanza de gli horologi fatti nel piano egualmente diſtan
te
all Orizonte.
La figura V. è per l'horologio dalle hore de gli antichi T. E. F. per le ho­
re
dal mezo .
G. l'horologio con le hore dal mezo . H. L. K. per lo horologio con le ho­
re
dall'occaſo.
M. l'horologio dall'occaſo.
130[Figure 130]
Hora ſi dimoſtrerà come dallo Analemma ſi caua il modo di fare gli horologi ne i piani Verti­
cali
.
Gia detto hauemo, che il piano Verticale è quello, che ſepara la parte Meridiana, dalla
ettentrio
nale, & però gli horologi fatti in quel piano, che rappreſenta il Verticale, riguarde­
anno
al mezo , & al Settentrione.
Si come adunque nel deſcriuere gli horologi ne i piani
1egualmente diſtanti ci ſiamo ſernito di due circonferenze, per ſapere, & la lunghezza delle om­
bre
, & la larghezza Orizontale; coſi nella deſcrittione de gli horologi fatti nel piano Verticale
ci
ſeruiremo di due altre circonferenze, l'una delle quali ci dimoſtrerà l'altezza del Sole in ogni
hora
ſopra il detto piano, dalla quale ſi conoſcerà la lunghezza delle ombre fatte dal Gnomone;
& però è detta circonferenza horaria.
L'altra ci ſeruirà per la larghezza dell'ombra, cioè per
la
diſtanza del Verticale.
da queſte circonferenze adunque ſi tragge il modo di tirare le linee ne i
piani
de gli horologi, che altro non è, che deſcriuere l'horologio.
le circonferenze adunque det­
te
horarie, ſi cauano dal Meridiano mobile a questo modo.
& prima nello equinottiale. Sia adun
que
a b g d. ſopra'l centro e. ſi che a b. ſia il taglio commune del Meridiano, & dell'Orizon
te
, & g d. ſia il diametro del Verticale & zeh.
il diametro dello equinottiale, & ſia t z.
una
delle quarte dello equinottiale, che è ſopra l'Orizonte.
Sia poi partita la detta quarta t
z
.
in ſei parti eguali, che ſono le diuiſioni delle hore equinottiali, perche una ſola quarta ci puo
baſtare
.
cadino poi ſopra il diametro dello equinottiale da ciaſcuna diuiſione della quarta t z.
le
linee, che diuideranno il ſemidiametro ze.
& ſiano tutte quelle linee notate K l. hora per
ſapere
le circonferenze, o gli archi delle hore, per conoſcere quanto ſia alto il Sole ogni hora ſo­
pra
il piano Verticale, accioche egli ſi poſſa conoſcere la lunghezza delle ombre, biſogna de i
punti
ſegnati L. tirare linee egualmente diſtanti al diametro del uerticale g e d. fin'alla circon
ferenza
del Meridiano compreſa dalle lettere g 2. & doue termineranno quelle linee, ſi deue po
nere
i numeri delle hore, che per eſſempio qui notate ſono ſecondo le hore de gli antichi 11. 10.
9
. 8. 7. 6. alle quali riſpondeno 1. 2. 3. 4. 5. & 12. poi è poſto al punto g. del
Verticale
.
hora l'arco, che è dal punto g. alla undecima, & alla prima hora dimoſtra l'altez
za
del Sole ſopra il piano g e d. del Verticale, alla undecima, & alla prima hora.
Similmen­
te
l'arco da g. alla decima, & alla ſeconda hora dimoſtra l'altezza del Sole, a quella hora ſo­
pra
il Verticale.
& ſimil modo intenderai del reſtante. & hauerai gli archi ouero le circonferen
ze
horarie, che ti dimoſtreranno l'altezza del Sole d'hora in hora ſopra il piano del Verticale,
quando
il Sole è nello equinottiale.
& ſe uorrai ſegnare altre ſorti d'hore ti potrai ſeruire ponen­
do
in luogo delle hore de gli antichi, quelle, che ti piaceranno.
Perche tiſeruirà la iſteſſa diuiſio­
ne
, eſſendo, che tutte le ſorti d'hore s'incontrano ſu l'equinottiale.
Si che ſe ti piaceranno l ho­
re
dal mezo nota ſopra g. 6. ſopra 11. & 1. 5. & 7. ſopra 10. & 2. 4. & 8.
ſopra 9. & 3. 3. & 9. ſopra 4 et 8. 2. & 10. ſopra 5. & 7. 1. & 11. & ſopra
2
. 12. che è il mezo . Se uorrai le Italiane, ſopra g. nota 24. & ua ſeguendo 23. 22.
21
. 20. 19. & 10. ſopra z. & ritornando ſegnerai 17. 16. 15. 14. 13. 12. &
ſe
uorrai le hore dal naſcer del Sole.
Segnerai ſopra g. 12. & ſeguitando 1. 2. 3. 4. 5.
6
. ritornerai a dietro 7. 8. 9. 10. 11. 12. fatto queſto, tirerai la linea del piano Verti­
cale
, che ſia n m. che tagli la linea a b. in o. tanto lontana dal punto o. quanto porta la
lunghezza
del Gnomone, & dalle hore ſegnate nel Meridiano tirerai le linee delle hore, che paſ­
ſino
per lo centro, & che è la ponta del Gnomone, & peruengono fin al piano n m. con quella
ragione
, che faceſti ne gli horologi fatti nel piano dell'Orizonte, quelle linee ti moſtreranno le lun
ghezze
delle ombre.
Hora per ritrouare gli archi Verticali cioè le circonferenze, che dimoſtrano le larghezze del
le
ombre ſopra il piano Verticale, biſogna tirare da i punti L. linee egualmente diſtanti al dia­
metro
a e b. che caſchino ad anguli dritti ſopra il diametro del Verticale g e d. ne i punti p h.
& peruenghino alla circonferenza del Meridiano.
Et poi ponere un piede del compaſſo ne i pun­
ti
L. & l'altro nelli punti K. & riportare quelle lunghezze ad una ad una ſopra le linee tra­
uerſe
ſegnate p. ponendo l'un piede nelli punti p. & l'altro ſopra le dette linee: & doue termi
nano
ſegnare que hora ſi deue ponere la riga ſopra il centro e. & ſopra i punti que ad uno ad
uno
, & doue le linee, che paſſano per li punti que tagliano la circonferenza a g. iui far punto r.
le
circonferenze adunque & gli archi tra'l Verticale doue è g. & i punti r. ſono le circonfe-
1renze Verticali, dalle quali ſi miſurano le larghezze delle'ombre. & ciaſcuna riſponde alla
ſua
hora propria.
Et queſti partimenti ci ſeruiranno dapoi. Ma per ſapere le dette circonfe­
renze
, cioè l'horaria, & la uerticale, che ci ſerueno quando il Sole è ne i tropici, o in qualche
altro
ſegno: farai in un'altro luogo il circolo a g b d. nel centro e. doue i diametri medeſimi ci
ſerueno
come nella precedente figura.
Siano poi tirati i diametri de i tropici t u. x y. ſopra
i
quali ſiano tirati i ſemicircoli come nello Analemma.
& fatte le diuiſioni ſecondo le ſorti delle
hore
, come di ſopra s' è detto, nelle circonferenze, come ne i diametri: Sia ſimilmente, come
poco
auanti tirata la linea del piano uerticale m o n. & cominciamo dal ſemicircolo del tro­
pico
del Capricorno x y. doue le linee delle hore antiche ſono ſegnate con i numeri loro 1. 2.
3
. 4. 5. 6. & di ritorno 7. 8. 9. 10. 11. 12. & il taglio dell'Orizonte, & del detto
tropico
è ſegnato t K. ſia poſto adunque l'un piede del compaſſo ſopra il punto k. & allarga­
to
l'altro al punto t. & la larghezza ſia riportata dal punto K. ſopra il Meridiano al punto
t
. ſia poi fatto centro K. & ſpatio k. 11. & 1. riportato quello ſopra il Meridiano, ſtando
fermo
il compaſſo nel punto K. & ſia ſegnato 11. & 1. perche queſto è l'arco horario della
undecima
, & della prima hora.
& tanto è il Sole alto ſopra il Verticale g d. quanto è l'arco
g
11. & ſimilmente poſto l'un piede nel punto k. & l'altro nella hora 10. & 2. & ripor
tata
quella larghezza nel Meridiano, come s'è fatto, ſi ſegnerà 10. & 2. & tanto ſarà la
circonferenza
horaria, ſopra il detto piano, quanto è da g. a 10. & 2. con queſto modo pi­
glierai
le circonferenze horarie delle altre hore, & le riporterai nel Meridiano.
& dalle dette hore
ſegnate
nel Meridiano farai paſſare le linee per lo centro e. & quelle ti daranno le larghezze,
delle
ombre di quelle hore ſopra il piano del uerticale m o n.
Hora iſpedite le circonferenze ho
rarie
ſeguitano le uerticali, le quali ſi pigliano in queſto modo.
Paſſino per li punti ſegnati con la
lettera
i. linee egualmente diſtanti al diametro a e b. che cadino ad anguli giuſti ſopra il dia
metro
g e d. ne i punti p. & peruenghino alla circonferenza del Meridiano.
& ſiano ripor
tate
le lunghezze 1. 11. & 1. 1. 10. & 2. 1. 9. & 3. 1. 8. & 4. 1. 7. & 5.
ſopra le dette linee dalli punti ſegnati p. corriſpondenti, & ſegnati con la lettera ſ. da i quali
& dal centro e. ſi tireranno le linee alla circonferenza, doue ſi ſegnerà con la lettera t. &
quelli
archi, cheſaranno compreſi tra la lettera g. & la lettera t. ſaranno le circonferenze
uerticali
, che dimoſtreranno le larghezze dell'ombre ogni hora ſopra il piano uerticale.
con ſimi
le
modo, & uia riporterai dal ſemicircolo r u. del tropico del Cancro le circonferenze horarie,
& uerticali pigliando le lunghezze, & le larghezze delle ombre, & poi diſcenderai al diſegna­
re
dell'horologio nel piano del uerticale con le hore antiche.
il che farai in queſto modo. farai il
circolo
a b c d. che rappreſenti il piano uerticale a b. & il centro ſia e. & i dametri
a
c b d. di modo, che a. ſia all'occidente, b. & c. all'oriente.
Sia poi preſa dalla figura
I
. la diſtanza o i. & riportata in quella figura dal punto e. uerſo il b. ſopra la linea e b.
nel
punto f. per lo quale ſia tirata una linea egualmente diſtante al diametro a e c. & ſia
quella
linea g f h. la quale ci ſerue per lo diametro dello equinottiale.
Piglia poi dalla detta
figura
I. gli archi ouero le baſſezze delle ombre, & riportale dal centro e. alla detta linea
g
f h. ouero le circonferenze uerticali di qua & di la dal punto d. & quelle linee, che ueni
ranno
dal punto o. alla circonferenza preſa di qua, & di la dal punto d. taglieranno l'equi
nottiale
ne i punti conuenienti alle hore ſue: auuertendo, che biſogna tirare le dette linee occulte
& ſolo ſignare i punti manifeſti nello equinottiale.
Hora per ſegnare le hore ne gli altri circoli
equidiſtanti
, piglierai prima le circonferenze uerticali dalla figura precedente II. del tropico del
Capricorno
al punto g. & le riporteraì da queſta nella circonferenza di qua & di la dal punto d.
& tirerai le linee occulte dal punto e. alla circonferenza detta ne i punti di qua, & di la, dal
punto
d. & ſopra quelle dal punto e. riporterai le lunghezze delle ombre in ciaſcun'hora cor
riſpondente
.
& farai i ſuoi punti. dalli quali, per li punti ſegnati nello equinottiale tirerai le linee
delle
hore nel ſuo horologio fin'alla circonferenza, eccetto quelle, che ſaranno terminate dalla li
1uea del Cancro. la quale ſi fa con la lunghezza delle ombre tratta dalla figura 11. ſecondo che
ſi
è detto.
& a queſto modo ſopra la linea del mezo ſegnerai 6. dalla ſiniſtra 5. 4. 3. 2.
& 1. & dalla deſtra 7. 8. 9. 10. 11. 12. & queſto horologio ſarà nel piano del uerti­
cale
, che guarda al mezo .
Et perche la ſtate il Sole paſſa i termini di Leuante et Ponente, & ua
uerſo
tramontana.
però biſognerà nel piano del uerticale, che guarda tramontana ſegnare quelle
hore
, che ui uanno, che ſaranno la prima, & la ſeconda, la mattina, & la undecima, & la decima
la
ſera.
il che farai con lo aiuto del Meridiano. Percioche ſe tirerai a lungo la linea della hiperbo
le
, che lega inſieme i termini delle hore del Capricorno, & ſimilmente tirerai in lungo le linee della
undecima
, & della prima della decima, & della ſeconda, hora tu hauerai deſcritto le hore, che
uanno
alla parte Settentrionale nell'horologio fatto nel piano del uerticale.
& con lo iſteſſo ordi­
ne
farai gli altri horologi uerticali con le hore a tuo piacere, come praticando auuertirai meglio
di
quello, che ſi puo inſegnar con parole, tirando le linee delle hore, che ſono uerſo il Settentrione,
nell
'horologio Settentrionale.
& le Meridiane nel Meridiano. le figure delle quali ſono qui ſotto
poſte
.
Seruendoci in tutti la figura I. perche in tutte le ſorti di hore ci ſerue la iſteſſa diuiſione
dello
equinottiale.
Gli horologi fatti nel piano del Meridiano ſi pigliano dallo Analemma come gli altri; & per­
che
l'officio del Meridiano è di ſeparare la parte di Leuante, dalla parte di Ponente, però anche
di
queſti horelogi l'uno riguarderà a Leuante, & l'altro a Ponente.
Et per fargli ci ſeruiranno
due
circonferenze, delle quali l'una (come hauemo detto) cimoſtrerà l'altezza del Sole ſopra il
piano
del Meridiano, dal che ſi caueranno le lunghezze delle ombre.
L'altra ci moſtrerà le lar
ghezze
delle ombre, ſecondo le diſtanze del Sole, dal detto piano.
& questa circonferenza ſi
chiamerà
Meridiana, & quella ſecondo gli antichi ſepartita in noſtra lingua, & ectemoria in
Greco
, quaſi di ſei parti, ſecondo ſei ſiti, che ha l'Orizonte mobile riſpetto alle hore de gli antichi.

Sia
adunque fatta la diuiſione de i tropici, come nello Analemma de i ſemicircoli, come de i dia
metri
: & le portioni delle hore ne i ſemicircoli ſiano con i numeri delle hore de gli antichi nota­
te
.
Sia il ſemicircolo del Capricorno di ſotto ſegnato x y. & il ſemicircolo del Cancro di ſopra,
ſegnato
z.
&. et la doue ſopra i diametri de i ſemicircoli terminano le linee delle hore ſia poſto n.
Per
ſapere adunque le circonferenze Meridiane per la larghezza delle ombre, biſogna tirare linee
dal
centro e. che paſſino per li punti n. & peruenghino alla circonferenza del Meridiano a
b
c d. come per eſſempio tirerai una linea occulta dal centro e. che paſſi per lo primo punto
n
. della linea delle hore prima, & undecima, & che peruenghi alla circonferenza al punto o.
l
'arco adunque, & la circonferenza a o. è l'arco, & la circonferenza Meridiana della pri­
ma
, & della undecima hora.
Similmente ſe dal centro e. per lo punto del ſecondo n. che è
dell
'hora decima, & ſeconda, paſſerà una linea fin alla' circonferenza al punto i. la circonfe­
renza
a i. ci ſeruirà per la diſtanza, & per la latitudine dell'ombra della decima, & della
ſeconda
hora.
A queſto modo ſi caueranno le circonferenze d'hora in hora, & a u. ſarà la
circonferenza
Meridiana delle hore terza, & nona.
a l. delle hore quarta, & ottaua. a r.
delle
hore quinta & ſettima.
Ma la ſeſta hora, che è l'hora Meridiana, non cade ſopra quel pia­
no
, perche è il piano iſteſſo.
Ma gli archi, & le circonferenze ſepartite, per la altezza del So
le
, & lunghezza delle ombre ſi pigliano in queſto modo.
Sia centro il primo n. & ſpatio n.
11
. 1. & ſtando fermo il piede del compaſſo nel centro n. ſia uoltato l'altro piede ſopra il
Meridiano
, & fatto punto 11. 1. la circonferenza, che ſarà tra 11. 1. & lo punto o.
ſarà
la circonferenza ſepartita delle hore prima, & undecima.
poſto poi il centro nel ſecondo n.
& iſpatio n. 10. 2. ſtando fermo il piede nel punto n. & uoltato l'altro, ſia ſegnato ſopra'l
Meridiano
10. 2. & la circonferenza compreſa tra 10. 2. & il punto e. ſarà l'arco del­
l
'altezza del Sole ſopra detto piano.
con ſimile uia ſi piglieranno le circonferenze ſepartite delle
altre
hore, nel tropico del Capricorno di ſotto, come nel tropico del Cancro diſopra, come uedi
nella
figura ſegnata A. & per accommodare nell'horologio le dette circonferenze, & per fug-
1131[Figure 131]
1gire la confuſione, egli ſi farà la figura ſegnata B. Sia adunque fatio il circolo o p q n. che
rappreſenti
il Meridiano, & ſia partito in quattro quarte per due diametri o n. & p que ſia
preſo
nel diametro p que la lunghezza del Gnomone, che uuoi dal punto e. al punto t. di
ſotto
come di ſopra.
& paßino per li punti t. linee egualmente diſtanti al diametro o n. che
ſiano
r t ſ.
queſte ſerueno per li piani, ſopra li quali ſi ſtendeno le ombre. per ponere adunque le
lunghezze
delle ombre d'hora in hora ſopra i detti piani, piglierai dalla figura A. le circonfe­
renze
ſepartite delle hore, & le riporterai nella figura B. quelle del tropico del Cancro nella
quarta
n p. dal punto n. & quelle del tropico del Capricorno nella quarta n que dal punto
n
. & noterai i numeri delle hore riſpondenti, da i quali tirerai le linee per lo centro e. fin al pia
no
oppoſto r t ſ.
doue quelle del Cancro ſaranno ſegnate ſopra la linea r ſ t. di ſotto, &
quelle
del Capricorno nella linea r ſ t. di ſopra il diametro o e n.
Volendo poi fare l'horolo
gio
, che guarda a Leuante, farai il circolo ſegnato C. che ſia a b c d. nel centro e. & i dia
metri
ſiano a c. commune taglio di eſſo Meridiano, & dell'Orizonte, & b d. commune ta
glio
di eſſo Meridiano, & del uerticale, ſi che il punto a. ſia uolto al mezo , & il punto c.
at
Settentrione.
dapoi ſia tirato un'altro diametro tra la quarta a d. che ſia f g. commune
taglio
dello equinottiale, & del Meridiano.
il qual diametro ſia tanto alto ſopra il punto a.
quanto
l'equinottiale poſto nello Analemma ſopra l'Orizonte.
In queſta figura ſegnata C. tu
dei
riportare gli archi ouero le circonferenze Meridiane, & prima quelle del tropico del Capri­
corno
a o. a i. a l. a u. a r. dal punto a. della figura C. nella circonferenza a f.
& notare o i l u n. & poi quelle del tropico del Cancro c o. c i. c l. c u. c r. dal
punto
c. uerſo il punto d. & notare i numeri delle hore corriſpondenti, & tutto queſto farai
con
lettere, & linee, che ſi poſſino leuare.
Iſpedite queſte diuiſioni nella figura C. tirerai le li­
nee
dalli punti o. i. l. u. r. che paſſino per lo centro e. nella parte oppoſta, quelle del Can
cro
, come quelle del Capricorno.
& piglierai le lunghezze delle ombre dalla figura B. & le ri­
porterai
n ella figura C. dal centro e. nelle linee corriſpondenti alle hore, che uuoi traportare:
a
queſto modo farai l'horologio tirando da i punti del tropico del Cancro a i punti del tropico del
Capricorno
le linee delle hore, che taglieranno il diametro f g. ne i luoghi ſuoi come uedi nella
figura
C.
Con la iſteſſa ragione ſi fanno gli horologi nel piano Meridiano uolto a Ponente, ma
traportando
il tutto nella quarta a b. & ſegnando le hore dopo il mezo , che ſono 11. 10.
9
. 8. 7. come nella figura D. ſi puo uedere.
A. Analemma per gli horologij che riguardano a Leuante, ouero a Ponente, donde ſi caua
la
latitudine.
B. come ſi cauano le altezze del Sole per cauare le lunghezze dell'ombre.
C. horologio da leuante con le hore de gli antichi.
D. horologio occidentale con le hore de gli antichi.
E. horologio dall'Oriente con le hore dal mezo .
F. horologio occidentale, con le hore dal mezo .
G. horologio occidentale con le hore dopo'l mezo .
H. horologio Orientale dalle hore dell'occaſo inanzi mezo .
1 132[Figure 132]
1
Cia ſi ſono iſpediti gli horologi faiti nelli piani dell'Orizonte, del uerticale, & del Meridiano
con
l'aiuto delle circonferenze, & de gli anguli dimoſtratori delle lunghezze, & delle larghez­
ze
delle ombre: hora ſi dimoſtrerà il modo di fare gli horologi nel piano dello equinottiale, il che
ſarà
facile, & diletteuole.
Sia il Meridiano a b c d. con i diametri a c. b d. che ſita­
glino
ad anguli dritti, & ſia ac. per lo diametro dello equinottiale, ſopra il quale ſiano i diametri:
de
gli altri circoli egualmente diſtanti, come è nello Analemma.
f K. il diametro del Cancro, & del
Capricorno
.
h m. de Gemelli, & del Sagittario. g i. del Toro, & della Vergine. Sia ſopra la
linea
e b. preſa la lunghezza del Gnomone e z.
& per lo punto z. paſſi la linea l o. ſo­
pra
la quale per lo centro e. dalli punti f h g. cadino le linee g e t. h e ſ.
f e r. ſi che
z
r. ſarà la lunghezza dell'ombra, quando il Sole ſarà nel tropico del Cancro, ouero del Capri
corno
.
z ſ. ne i Gemelli, & nel Sagittario. z t. nel Toro, & nella Vergine. Piglia poi dalla
figura
A. lo ſpatio z t. & fa il ctrcolo a b c d. ſopra il centro e. dentro del quale ne
farai
un'altro preſa la diſtanza z ſ.
dalla figura A. & quello ſarà f g h i. dentro del
quale
ne far ai un'altro preſa la diſtanza z r. dalla fignra A. & ſia quello k l m n. que­
ſti
tre circoli rappreſentano nel piano equinottiale i circoli de i ſegni preſi nella figura A. per le
lunghezze
delle ombre fatte nella linea del piano l z o.
Sia poi diuiſo il minor circolo in due
parti
diſeguali, ſi che la maggiore ſia k l m. per la portione del Cancro, che ſta ſopra l'Ori­
zonte
.
& la minore K n m. per la portione del Cancro, che ſta ſopra l'Orizonte, & la
minore
k n m. per la portione del Capricorno, & tirata la linea k m. ſi che gli
eſtremi
ſuoi tocchino la eſtrema circonferenza del circolo maggiore ne i punti a c. queſta li­
nea
a f k m h c. ſarà il taglio commune di quel piano, & dell'Orizonte. Per ſegnare adun­
que
l'horologio, ſe uuoi le hore antiche, partirai ciaſcuna portione in dodici parti cominciando
dal
taglio di quel piano con l'Orizonte nel minor circolo da m. & nel maggiore dal c. & le­
gherai
i punti dell circolo maggiore con quelli del minore.
Ma ſe uorrai le hore dal mezo co­
mincia
la tua diuiſione dal Meridiano nel b. del circolo maggiore, & nello l. del minore.

Et
ſe uuoi le hore dall'occaſo comincia a partire dal punto.
c. del circolo maggiore, & dal
punto
m. del minore ſi di ſotto come di ſopra.
come ſi è fatto ne gli horologi fatti nel piano
egualmente
diſtante all'orizonte.
il riuerſo di queſto horologio ti dimoſtrerà le hore preſe dal na­
ſcer
del Sole.
& ſe uoleſſi le hore del circolo egualmente diſtante allo Equinottiale ne i quindici
gradi
di Ariete o di Vergine, biſognerebbe ponere nella figura.
A. il diametro di quel circolo,
doue
è la lettera.
que & dal punto. que far paſſare una linea per lo centro. e. fin alla linea
del
piano l z o. & pigliare la lunghezza dell'ombra, & farne un circolo d'intorno a gli altri,
& partirlo allo iſteſſo modo, & prolungare le linee delle hore alla ſua circonferenza.
& in que­
ſti
ſopra detti horologi, ne ſaranno due, uno che riguarderà al polo di ſopra, il quale è poſto nel­
la
portione a b c. & l'altro, che riguarda al polo di ſotto che è posto nella portione a d c.
& nell'uno & nell'altro ſi pone il Gnomone ad anguli dritti nel centro e.Fin hora hauemo eſpoſto come dallo Analemma ſi cauano gli horologi, che ſi fanno ne i pia­
ni
egualmente diſtanti a i circoli fermi, cioè orizonte, uerticale, & meridiano: ſeguita, che ſi di­
moſtri
, come ne gli iſteßi piani de i circoli gia detti, che ſi muoueno, ſi fanno gli horologi, che pie­
gati
, ouero inclinati ſi chiamano; perche riſpetto ad alcun piano de i circoli fermi non gli ſono ad
anguli
dritti.
Ecco lo eſſempio. L'horologio fatto ſopra il piano uerticale mobile, riſpetto al­
l
'orizonte fermo gli è ad anguli giuſti, ma riſpetto al meridiano fermo & al uerticale fermo, non
gli
è ad anguli giuſti: ſimilmente l'horologio fatto ſopra il piano dell'Orizonte mobile riſpetto al
meridiano
fermo gli è ad anguli giuſti, ma riſpetto all'Orizonte fermo non gli cade ſopra ad an­
guli
giuſti.
Finalmente l'horologio fatto ſopra il piano del meridiano mobile, non cade ad anguli
dritti
, ſopra l'orizonte fermo, ſopra il meridiano fermo.
Conuengono tutti gli horologi
piegati
in queſto, che ſono doppi, cioè ſi poſſono fare ne i piani oppoſti, cioè di ſotto & di ſopra,
di
quà, & di , & come dal dritto, & dal rouerſcio.
prima gli horologi piegati all'orizonte, &
1133[Figure 133]
1dritti al meridiano, hanno una faccia che riguarda al di ſopra, & l' altra al di ſotto, gli horolo­
gi
fatti nel piano del uerticale mobile hanno una facciata che declina d al meridiano da una par­
te
, & l'altra, che declina dall'altra.
& finalmente gli horologi fatti nel piano del meridiano mo­
bile
hanno ancho il dritto, & riuerſcio.
Conuengono ancho tutti in queſto, che ciaſcuno ſi caua
dallo
Analemma.
Gli orizontali piegati ſi ſerueno delle circonferenze, che dimoſtrano le lun­
ghezze
, & le larghezze delle ombre, ſi come ſi ſerueno gli horologi fatti nel piano egualmente
diſtante
all'orizonte.
il medeſmo fanno gli horologi piegati all'orizonte, & al meridiano. & il
medeſimo
fanno gli horologi uerticali piegati.
Egli ſarà adunque neceſſario con gli inſtrumenti
pigliare
le piegature, ouero le inclinationi, & declinationi de i piani, ſopra i quali ſi haueran­
no
a formare gli horologi, de i quali inſtrumenti ne ſono molti, che hanno ſeritto: ma io per non
eſſer
piu lungo, & per dare occaſione a gli ſtudioſi di affaticarſi, & per laſciare ad altri le dimo­
ſtrationi
matematiche, rimando i lettori allo Analemma di Tolomeo dottamente eſplicato dal ſo­
pradetto
Commandino.
Della ragione de gli borologi, & dell'uſo, & della in­
uentione
loro, & quali ſieno stati gli in­
uentori
.
Cap. IX.
Egli ſi dice, che Beroſo Caldeo ritrouò l'horologio, che ſi caua da un quadra­
to
, & ſerue ad una inclinatione di cielo.
La ſcafa, ouero lo hemiſpero Ari­
ſtarco
Samio.
il medeſimo ritrouò il Diſco nel piano. la Ragna fu inuentio­
ne
di Eudoxo Aſtronomo, altri dicono d'Apollonio: il Plintho, ouero il La­
cunare
, che è ancho nel circo Flamminio, di Scopa Siracuſano: Parmenione fece gli ho­
rologi
ſecondo le relationi delle iſtorie: Ad ogni Clima Thcodoſio, & Andrea fecero gli
horologi
.
Patrocle ritrouò il Pelecino; Dioniſoporo il Cono: Apollonio la Faretra: & al­
tre
maniere trouarono i ſopraſcritti, & altri, come è il Gonarche, l'Engonato, & l'Antibo
reo
.
& coſi dalle maniere predette molti laſciarono come ſi haueſſero a formare gli horo­
logi
da uiaggio, & che ſtanno appeſi.
da i libri de i quali, ſe alcuno uorrà, (pure, che ſi
ſappia
la deſcrittione de gli Analemmi) potrà ritrouarne le deſcrittioni.
Gli horologi ritrouati da gli antichi, & poſti quiui da Vitruuio, ſi poſſono imaginare da quelli,
che
intendeno bene i circoli della ſpera, & che ſanno la ragione de gli Analemmi, perche poi puo
ciaſcuno
accommodargli qualunque forma gli piace.
Beroſo ( come io ſtimo ) trouò l'horologio
cauato
in un quadrato con i circoli paralleli, & le hore ad una eleuatione.
ſi come Ariſtarco
lo
fece in una meza ſpera; che noi per fare gli horologi uſiamo come inſtrumento, uolendo fare
gli
horologi in piani diuerſi.
il diſco era un uaſo cauato, ritondo, ma non di fatto ritondo come è
lo
hemiſpero.
la Aragna, il tronco, & gli altri horologi che ſi chiamano con queſti nomi, che rap
preſentano
forme naturali, ouero artificiali, de i quali altri a i di noſtri ne hanno fatto ſotto for
me
di foglie d'alberi, di croci, di ſtelle, di naui, & noi di animali quadrupedi, & di uccelli, ſi fan­
no
con le ragioni della eleuatione del Sole, delle proportioni dell'ombre, & de gli archi orizonta­
li
.
di queſti gli Analemmi ſono al uolgo aſcoſi, ſi come ſono aſcoſe le uirtù delle ruote, & i con­
trapeſine
gli instrumenti: ma ſolo ſi uede di fuori lo effetto loro merauiglioſo.
però l' Aragna po­
teua
eſſere uno horologio, che haueße le linee delle hore attrauerſate da i circoli, che dimoſtraſ­
ſero
le altezze del Sole, ſecondo la lunghezza dell'ombre, & la altezza del Gnomone.
come ſo­
no
gli horologi fatti nel piano dello Equinottiale poſti di ſopra ſegnati B. C. D. E.
Il Plintho
era
un zocco, ouero un tronco nel quale ſi poteua fare in diuerſe faccie gli horologi dritti, &
piegati
.
alla Faretra ſimigliauano gli horologi orientali, & occidentali fatti nel piano del meri-
1diano, come hauemo detto di ſopra. Parmenione ſecondo le eleuationi del polo in diuerſi paeſi
bauute
per relatione di perſone, ouero di ſcrittori accommodaua gli horologi, la doue ancho Theo
doſio
, & Andrea fecero gli horologi uniuerſali, che ſeruiuano ad ogni inclinatione, o clima,
che
ſi dica.
perche ogni horologio fermo, che ſia fatto nel piano dello Equinottiale, o nel piano
dell
'aſſe del monde alzato, ouero abbaſſato ſopra la quarta del circolo alla eleuatione del polo,
ouero
dello equinottiale, & che ſia diuiſo in parti uentiquattro, ci ſeruirà in ogni paeſe.
Fannoſi
anche
horologi per ogni clima, che ſi uoltano al corſo del Sole, come è quello di Ciouanni Sta­
bio
, & quello di Pietro Appiano.
lo Analemma di quelli è lo iſteſſo con lo Analemma di Vitr.
con
alcune aggiunte del Munſthero & di Orontio.
ma è coſa trouata da gli antichi. come è il pla­
nisferio
del Roias, & le coſe del Sconero.
Pelecino è detto dalla forma di ſecure, che io crederei,
che
fuſſero gli horologi, che hanno le hiperbole, cioè i paralleli de i ſegni, come ſono gli horologi
fatti
nel piano orizontale, & nel piano uerticale poſti di ſopra.
Il Cono è formato da una rego­
la
, che ſi parte dal centro, & ſi ſtende nello hemiſpero di ſotto, fin all'eſtreme declinationi de i
tropici
.
& le estremità di quello non terminano in alcuna oppoſta ſuperficie. Puo anche eſſer il
Trigono
Zodiaco deſcritto dal Munſtero.
Ma quello, che dice Vitr. Gonarche, Engonaton, &
Antiboreo
, penſo io, che fuſſero horologi, che haueſſero riſpetto à qualche imagine celeſte, oue­
ro
alle parti del cielo, ouero alla notte, che tutti però ſi pigliauano da i proprij Analemmi.

L
'horologio, che Compaſſo è detto, è di quelli, che ſogliono portare ſeco i uiandanti.
le anella, i
Cilindri
, i quadranti, i circoli piani, ſono di quelli, che ſtanno appeſi, de i quali ne ſono pieni i
libri
de gli horologiografi.
& coſi fa fine Vitru. alla materia de gli horologi da Sole detta Gno­
monica
.
Noi di piu de gli antichi hauemo gli horologi da ruote, o da ſpennole & quelli d'
rena
, che ſono mirabili, quelli per lo ingegno dello artefice, queſti per la commodità, & facilità
loro
.
Ciſono anche horologi da fuoco fatti in lucerne, de i quali ne parla Herone, che moſtrano
le
hore al conſumare dell'oglio.
ci ſono ancho horologi da acqua, de i quali ragiona Vit. dicendo.
Oltra di queſto da gli iſteſsi ſcrittori ſi ſono cercate le ragioni de gli horologi da ac­
qua
: & primamente da Cteſibio Aleſſandrino, ilquale trouò gli ſpiriti naturali, & le coſe
da
uento.
Ma è coſa degna, che gli ſtudioſi conoſchino come ſiano ſtate queſte coſe inue­
ſtigate
, & cercate.
Cteſibio nacque in Aleſſandria, & fu figliuolo d'un barbieri: eſſendo
coſtui
eccellente oltra gli altri d'induſtria, & d'ingegno, diceſi, che ſi dilettaua grandemen
te
di coſe artificioſe: imperoche uolendo, che nella bottega di ſuo padre uno ſpecchio
pendeſſe
in modo, che quando egli fuſſe tratto fuori, & ritornaſſe in ſu, fuſſe una cordi­
cella
ſottile aſcoſa, che tiraſſe il peſo a baſſo, coſi fece l'ordigno.
Egli conficcò ſotto uno
traue
un canale di legno, & iui poſe le taglie, o girelle che ſi dichino, & per lo canale con
duſſe
la cordicella picciola in uno angulo.
iui fece le canne, per lequali dalla cordicella man
giu una palla di piombo, dalche nacque, che il peſo andando allo in giu, per le ſtret­
tezze
delle canne premeua con la uelocità del calare la denſità dello aere.
& ſcacciando
per
la bocca delle canne la frequentia dello aere raſſodata per quella compreſsione nello
aperto
aere, & col toccamento, o percoſſa eſprimeua chiaramente il ſuono.
Era uno ruotolo, nel quale erano inuolte due cordicelle per uno uerſo, i capi dellequali pen­
deuano
da una parte, & all'uno de capi era appeſo uno ſpecchio, all'altro non u'era attacato al­
cuna
coſa, ma egli ſi laſciaua per tirare, & uoltare il ruotolo.
tirando adunque, & ſuogliendoſi
il
ruotolo, ancho lo ſpecchio tirando peſaua, & ſuolgeua l'altro capo, coſi ueniua giu, ma la­
ſciando
il capo, il ruotolo ſi riuolgeua, & inuoltaua le cordicelle, & coſi il peſo andaua allo in
ſu
.
Ma come queſto ſi poteſſe fare, io dico, che nel mezo del ruotolo era un'altra cordicella auol­
ta
al contrario delle due, allaquale era attac ato un peſo, il quale peſando piu dello ſpecchio, quan
do
ſi rilaſciaua il capo della cordicella, il peſo, che era prima ſalito calaua al baſſo, perche la ſua
cordicella
ſi ſuolgeua, & lo ſpecch o ſaliua, perche la ſua cordicella, s'inuolgeua.
la cordicella
adunque
, che teneua il peſo, era condotta naſcoſamente per un canale di legno ad un angulo
1della bottega, che il peſo era in una tromba aſſettato di modo, che calando giu premeua lo acre
nella
tromba, & lo aere oppreſſo uſciua con impeto, & faceua ſonare la tromba.
Hauendo adunque Cteſibio auuertito, che dallo tirare, & dallo ſcacciare dello aere,
naſceuano
gli ſpiriti, & le uoci, uſando queſti auuertimenti come principij, fu il primo,
che
ordinaſſe le machine Hidrauliche, & le eſpreſsioni delle acque da ſe mouentiſi, & le
machine
tratte dalla ragione del dritto, & del circolar mouimento, & molte altre manie­
re
di gentilezze, tra le quali egli eſplicò gli apparecchi de gli horologi da acqua.
Faceua Cteſibio molte belle coſe moſſo da que principij, che gli moſtrò forſe il caſo, perche ue­
dendo
, che lo aere ſcacciato, & depreſſo con ſuono, & rumore uſciua dalle trombe in luogo aper
to
, egli con l'acque rinchiuſe, & che non poteuano reſpirare, faceua le machine, & le coſe, che
da
ſe ſi moueuano, che automata ſi chian
ano, & gli horologi d'acqua, & rappreſentaua le uoci
de
gli uccelli, inalzaua l'acque, ſpremeua diuerſi liquori da una bocca ſola di uaſo, & in propor­
tione
mandaua fuori i liquori, faceua anche de gli Organi.
Primieramente Cteſibio fece uno cauo d'oro, o d'una gemma forata, perche quelle co
ſe
ſi conſumano per la percoſſa dell'acqua, ne riceuono bruttezze, che le otturino.
Et
per
quel cauo influendo l'acqua egualmente ſollieua un ſecchiello riuerſcio, Phello, o
Timpano
nominato, nelqual è poſta una regola, & un Timpano, che ſi uolta con denti
eguali
.
queſti dentelli ſpignendo l'uno l'altro fanno fare certi piccioli mouimenti, & ri­
uolgimenti
.
ſimilmente ci ſono ancho altre regole, & altri Timpani dentati allo iſteſſo
modo
, che da un mouimento forzati uoltandoſi fanno effetti, & diuerſità di mouimenti,
ne
i quali ſi muouono le figurine, ſi uoltano le mete, ſi tirano pietruccie, ouero oua, ſuo­
nano
le trombe, & ſi fanno altre coſe per bellezza oltra il propoſito.
In queſte machine
ancho
ouero in una colonna, ouero in un pilaſtro ſi deſcriuono le hore, lequali una figu­
rina
uſcendo dal baſſo di una uerga dimoſtra per tutto il giorno, & l'aggiunta, o la leua­
ta
de i cunei ogni , & ogni meſe forza a far le breuità, & le lunghezze delle hore.
Ma il rin
chiuder
dell'acque, accioche ſi temprino queſti ſtrumenti ſi fa in queſto modo.
Si fanno
due
mete, una ſoda, & una concaua fatte al torno di modo, che una poſſa entrar nell'al­
tra
, & con la iſteſſa regola lo allargarſi, & lo ſtrignerſi di quelle mete faccia il corſo del­
l
'acqua, che uiene in que uaſi o gagliardo, o debile.
Coſi con queſte ragioni, & machi­
nationi
ſi compongono gli horologi all'uſo del uerno.
Ma ſe per l'aggiunta, per lo leua­
re
de i cunei, non ſaranno approuate le breuità, o gli accreſcimenti de i giorni, perche
ſpeſſo
i cunei ſono difettoſi, egli biſogncrà sbrigarſi in queſto modo.
Egli ſi deſcriuerà
attrauerſo
d'una colonnella le hore preſe dallo Analemma, & fondamento loro, & ſi con
ficcheranno
nella colonnella le linee de i meſi, facendoſi quella colonnella in modo, che ella
ſi
poſſa girare, accioche uolgendoſi la colonna continuamente alla figurina, & alla uerga,
dellaqual
uerga la figurina uſcendo dimoſtra l'hore, faccia le breuità, & gli accreſcimenti
delle
hore ſecondo ciaſcun meſe.
Fannoſi ancho gli horologi del uerno, che detti ſono
Anaporici
, d'un'altra ſorte: & ſi fanno con queſte ragioni.
Si diſpongono le hore di uer­
ghe
di rame dal centro nella fronte diſpoſte dalla deſcrittione dello Analemma, in quella
deſcrittione
ſono circondati i circoli, che terminano gli ſpacij de i meſi.
Drieto queſte
uirgule
, ſia poſto un Timpano, nelquale ſia deſcritto, & dipinto il cielo, & il circolo dei
ſegni
, & la deſcrittione di quel circolo ſia figurata da i dodici ſegni celeſti, dal cui centro
è
formato lo ſpatio di ciaſcun ſegno, uno magggiore, l'altro minore, Ma dalla parte di
dietro
a mezo il Timpano è incluio, & ſerrato un perno, che ſi gira, & in quell'aſſe è una
catena
molle di rame in uolta, dallaqual pende da una parte un ſecchiello, Phellos, o Tim
pano
, che ſi dica, ilquale è alzato dall'acqua, dall'altra di egual peſo del ſecchiello è una
ſaccoma
di ſaorna.
Coſi quanto il ſecchielo ſarà ſolleuato dall'acqua, tanto abbaſſan­
doſi
il contrapeſo uolgerà il perno, & il perno uolterà il Timpano, il cui giro fa alcuna
1uolta maggior parte del circolo de i ſegni, alcuna uolta minore: nelle riuolutioni ſue ſian
a
ſuoi tempi diſegnate le proprietà delle hore, perche in ogni ſegno ſono i caui perfetti del
numero
de i giorni di ciaſcun meſe, la cui bolla, che ne gli horologi pare che tenga la ima
gine
del Sole, dimoſtra gli ſpacii delle hore.
quella bolla traportata di foro in foro fa il
corſo
ſuo del meſe compiuto.
Adunque ſi come il Sole andando per lo ſpacio de i ſegni
allarga
, & riſtrigne i giorni, & l'hore: coſi la bolla ne gli horologi per li punti contra il gi­
ro
del centro del Timpano ogni giorno quando è traportata in alcuni tempi in piu lar­
ghi
, in alcuni in piu ſtretti ſpacij con i termini de i meſi fa le imagini delle hore, & de i
giorni
.
Ma per la adminiſtratione dell'acqua, in che modo ella ſi tempri alla ragione,
coſi
biſogna fare.
Drieto alla fronte dell horologio ſia poſto di dentro un caſtello, o
conſerua
d'acqua, nelquale per una canna uadi l'acqua: queſti nel fondo habbia un cauo,
& a quello ſia affitto un Timpano di rame, che habbia un foro, per loquale u'entri l'ac­
qua
, che uiene dal caſtello, & in quello ſia un timpano minore fatto con i cardini al tor­
no
con maſchio, & femina tra ſe conſtretti di modo, che il timpano minere come un ma
nico
girandoſi nel maggiore uada aſſettato, & dolcemente.
Ma il labro del timpano
maggiore
ſia ſegnato con trecentoſeſſantacinque punti egualmente diſtanti uno dall'al­
tro
: ma il minor cerchiello nell'ultima ſua circonferenza habbia fitto una lenguella, la
cui
cima ſi drizzi uerſo la parte de i punti, & in quel cerchiello ſia temprato un foro da
quella
parte doue l'acqua influiſce nel timpano, & conſerua l'adminiſtratione.
quando
adunque
nel labro del timpano maggiore ſaranno le forme de i ſegni celeſti, ſia quello im
mobile
, & nella ſommità habbia formato il ſegno del Cancro.
al perpendicolo delquale,
da
baſſo ſia il Capricorno, dalla deſtra di chi guarda la Bilancia, dalla ſiniſtra il ſegno del
Montone
, & coſi gli altri ſegni tra gli ſpacij loro ſiano diſegnati al modo, che ſi uedono
in
cielo.
Adunque quando il Sole farà nel cerchiello del Capricorno, la lenguella nella
parte
del maggior timpano toccando ogni ciaſcuno punto del Capricorno hauendo il
gran
peſo dell'acqua corrente a piombo uelocemente per lo foro del cerchiello lo ſcaccie
al uaſo, allhora quello riceuendo quell'acqua (perche preſto ſi empie) abbreuia, & con­
tragge
gli ſpatij minori de i giorni & delle hore.
Ma quando col quottidiano girare la
lenguella
nel timpano maggiore entra nello Acquario, il foro uiene a perpendicolo, & per
lo
corſo gagliardo dell'acqua è forzata piu tardamente mandarla fuori: coſi con quanto
men
ueloce corſo il uaſo riceue l'acqua egli dilata gli ſpacij delle hore.
ma ſalendo per li
punti
d'Aquario, & di Peſci come per gradi, il foro del cerchiello toccando l'ottaua par
te
del Montone preſta l'hore equinottiali all'acqua temprata, che ſale.
Ma dal Montone
per
gli ſpacij del Toro, & de Gemelli ſalendo a gli altri punti del Cancro andando per lo
foro
o timpano della ottaua parte, & da quello tornando in altezza, ſi debilita di forze, &
coſi
piu tardamente uſcendo l'acqua allunga gli ſpacij con la dimora, & fale hore ſolſti­
tiali
nel ſegno del Cancro.
Vuole Vitr. che gli Equinottij, & i Solſtitij ſi facciano in otto gradi de i lor ſegni, & comincia
l
' anno quando il Sol entra in Capricorno.
Ma quando egli inclina dal Cancro, & ua per Leone, & Vergine, ritornando a i punti
della
ottaua parte della Bilancia, & di grado in grado abbreuiando gli ſpacij, egli accor­
cia
le hore, & coſi peruenendo a i punti della Bilancia, di nuouo rende l hore equinottia­
li
.
Ma per gli ſpacij dello Scorpione, & del Sagittario piu procliuemente deprimendoſi
il
foro ritornando col girarſi alla ottaua parte del Capricorno con la celerità dell'acqua,
che
ſale è reſtituito alle breuità delle hore brumali.
Quanto piu commodamente ho po­
tuto
, io ho con diligenza ſcritto, che ragioni ſiano nelle deſcrittioni de gli horologi, &
de
gli apparati loro, accioche ageuolmente ſi poſsino uſare.
Reſta che io diſcorra ſo­
pra
le machine, & principij loro, & però io comincierò a ſcriuere di queſte coſe nel ſe­
1guente uolume, accioche ſia perfetto, & finito il corpo emendato dell'Archittetura.
Molte belle inuentioni ſono ſtate quelle di Cteſibio, et uoleſſe Iddio, che il tempo non ce le haueſſe
rubbate
.
Noi eſponeremo la mente di Vitru. con quella facilità, & breuità, che ſi puo in coſe
tanto
difficili.
Lo Analemma deſcritto di ſopra ſar à il modulo del nostro horologio. piglia adun
que
la linea lacotomus h g. & quella ſia il diametro d'una colonella fatta giuſtamente al tor­
no
.
il circolo de i meſi r. c. g. ſarà la circonferenza della colonnella. questo diuiderai in 12
parti
eguali nell'ultima ſua circonferenza ſopra la teſta della colonella: & da ciaſcun punto del­
la
diuiſione laſcierai cader a piombo lungo la colonnella le lince fin'all'altra teſta.
queſte diuideran
no
lo ſtipite della colonella in dodici parti eguali deputate a gli ſpatij de i dodici ſegni.
una di quel
le
linee, che caderà dalla teſta della line a lacotomus ſeruirà al principio del Cancro, l'altra, che
caderà
dall'altra parte ſeruirà al principio del Capricorno.
tirata poi una linea ſopra la teſta del­
la
colonnella in croce, alla linea lacotomus, una di quelle linee, che caderà dall'una delle teſte ci
ſeruirà
al principio del Montone, l'altra al principio della Bilancia.
ma le altre linee, che cade­
ranno
da gli altri punti, ci ſeruiranno a i principij de gli altrimeſi, come fanno le linee tirate nei
cilindri
.
Diſegnerai anche uolendo di grado in grado le linee per ogni ſegno al modo ſopra poſto,
piglia
poi dallo Analemma lo ſpatio che è dallo a. all' n. ſopra l'equinottiale, & quello diuide
rai
in dodici parti eguali. Il ſimile farai dello ſpatio dallo a all'x. & quelle parti ſiano trapor­
tate
nella colonnella ſopra le linee del Montone, & della Bilancia.
ſimilmente piglia dallo Ana­
lemma
lo ſpatio, che è da y al K. & dallò ſ al g. che è quello iſteſſo, & partirailo in 12
parti
eguali, & quelle traporterai dallo Analemma alle linee del Cancro, & del Capricorno nel
la
colonnella: ma quelle del Cancro comincierai a ſegnar dal baſſo, & anderai all'inſu: & quel­
le
del Capricorno ſegnerai al contrario dal diſopra al baſſo.
Il ſimile farai tirando nello Analem
ma
iraggi de gli altri ſegni, & quella parte de i diametri, che ſarà ſopra l'Orizonte e a i. par
tir
ai in dodici parti, & quelle traporterai nella colonnella alle ſue propie linee.
ſimilmente il re­
ſtante
de i diametri ſotto l'Orizonte partir ai in dodici parti, & quelli traporterai, come le altre
nella
colonnella, & tutti quelli punti delle diuiſioni fatte legherai con linee.
queſte linee ſaranno
le
linee delle hore creſcenti per ordine, & ſcemanti ſecondo il corſo del Sole.
però le aggiugnerai
i
loro numeri di ſotto, & i caratteri, o le figure de i ſegni celeſti, al ſuo luogo, come ſifa ne i ci­
lindri
.
Drizzerai queſta colonnella ſopra un piano, & con un perno nel mezo centro dal baſſo
la
poner ai in un foro di modo, che la ſi poſſa girare, ma prima circonderai il piede della colonna
con
un cerchiello dentato a torno di 360 denti, accioche ſtando la colonna dritta una ruota posta
in
piano dentata ſimilmente ogni giorno faccia, che la colonnella ſi muoua un grado: ma la ruota
piana
ſarà moſſa da un'altra ruota pur in piano da un dentello, che nell'uno de capi del ſuo perno
ſi
pone: & queſta ruota è girata da un'altra con pari denti, ma poſta in coltello, & è dentata in
fronte
, tal che ognuna di loro girerà una uolta il giorno, ſecondo che ſi mouerà il ſuo perno, il
qual
perno hauendo inuolta una fune dall'uno de i ſuoi capi hauerà un ſecchiello riuerſcio, & dal­
l
'altra un contrapeſo dipeſo eguale.
Ma il ſecchiello ſarà in un uaſo, nel quale u'entrerà l'acqua
che
caderà giu da un'altro uaſo, & coſi montando l'acqua, ſi ſolleuerà il ſeccbiello, & il contra
peſo
farà girar il perno, il perno girerà il Timpano, o la ruota in coltello, & quella in coltello
mouerà
la ruota poſta in piano, la quale con lo dentello, che hauerà in capo del ſuo perno, darà il
mouimento
a quella, che ogni giorno mouerà la colonnella un grado; & coſi in capo l'anno la co
lonnella
hauerà fatto un giro.
Ma per dimoſtrar le bore, egli biſogna temperar l'acqua in que­
ſto
modo.
Fa tornire due Mete, o coni di rame con diligenza, una delle quali ſi farà uota, &
ſarà
come femina, la quale nella ſua punta hauerà un foro ſottile fatto in un cauetto d'oro, o
d
'una Gemma: l'altra Meta ſarà ſoda, & come maſchio entrerà nella femina, & hauerà attac­
cata
una regola dritta nel mezo dalla parte piu groſſa, la quale hauerà nel mezo per lungo una
apritura
, nella qual apritura hanno ad entrar alcuni cunei maggiori, o minori ſecondo il biſogno
della
carcatura, o tempra dell'acqua.
Et la femina ſia accommodata in un ordimento, o telaro
1di legname, come nella figura ſi uede; & la regola, o manico del maſcolo ſia retto, & gouerna­
to
da due regiſtri, & cunei come il diſegno dimoſtra.
Siano poſte queſte Mete in modo, che dal
di
ſopra da un uaſo, che Vitr. chiama caſtello, ui cada l'acqua dentro: io dico, che ſel maſchi,
col
ponerui de i cunei ſarà alzato fuori della femina, quanto piu d'acqua entrerà nella femina o
entrando
l'acqua con maggior impeto, tanto piu ne uſcirà di ſotto dal Cauetto in un uaſo per que­
ſto
apparcchiato.
Si che uolendo noi, che eſca piu acqua biſognerà ſegnar il cunco, o porui
uno
maggiore, o aggiugnerui de gli altri di modo, che la iſteſſa regola attaccata al maſchio lo le
ui
piu, o meno ſecondo il biſogno.
l'acqua adunque diſcendendo in un uaſo alzerà uno ſecchiello
r
. uerſo, ſu il quale poſerà una regola o uerg a mobile, dalla quale uſcira una figurina, che uolta
ta
uerſo le hore diſegnate nella colonnella alzandoſi, & abbaſſandoſi ſecondo la tempra dell'ac­
qua
, dimoſtrer à ogni giorno le hore, mentre la colonnella dar à uolta un grado ogni .
Et quan­
do
i giorni comincieranno a declinare, non ſi piglierà piu l'acqua dal caſtello, ma ſi apriranno le
Mete
che ſaranno in fondo del uaſo, per le quali con i loro cunei accommodati al diſcreſcere de i
giorni
uſcirà l'acqua del uaſo, & attaccando il ſecchiello al capo del contrapeſo, & il contrape­
ſo
a quello, che era attaccato il ſecchiello, per lo calar dell'acqua nel uaſo il ſecchiello ſi abbaſ­
ſerà
, & la figurina ancor lei ſiuenirà abbaſſando, & moſtrerà l'hore, & i gradi da i ſegni di gior
no
, in giorno, come è detto di ſopra.
L'altra forma di horologio è belliſſima, & molto artifi­
cioſa
, & utile alla dimoſtratione delle coſe celeſti, & ſifa in queſto modo, & è diuiſo queſto trat
tamento
da Vitr. in due parti, l'una è la compoſitione dello horologio, l'altra è la tempra del­
l
'acqua: ſimilmente la compoſitione dello horologio è diuiſa in due parti, l'una è la deſcrittione
delle
hore, l'altra è la deſcrittione del Cielo, & del Zodiaco: la deſcrittione delle hore è preſa
dallo
Analemma, ma Vitr. non inſegna a che modo: ſimilmente ancho egli non c'inſegna il modo
di
deſcriuere il cielo, & il Zodiaco, però partitamente io eſponerò ſecondo, che io la intendo.

Lo
Analemma adunque ſi piglia dalla sfera poſta in piano con ragione di proſpettiua, ſecondo,
che
ſi deſcriue una tauola dello Aſtrolabio.
Il modo è queſto. Sia fatto un circolo a b c d.
in
quattro parti da due diametri diuiſo.
Queſto circolo rappreſenta il tropico del Capricorno,
dentro
del quale ſi ha a formare, & lo equinottiale, & il tropico del Cancro, i quali circoli ſo­
no
minori per ragione di proſpettiua, perche noi ſe imaginamo di tener l'occhio noſtro nel polo op
poſto
al noſtro, & guardar uerſo il noſtro polo: certo è che il circolo del Capricorno ci uerrà pri­
ma
incontro, dapoi uerrà l'equinottiale, & in fin il tropico del Cancro, & ancho il tropico del
Capricorno
ci parer à maggiore, perche ſi uederàſotto maggior angulo, & per eſſer piu uicino
all
'occhio, & il tropico del Cancro ci parerà minore, & per eſſer piu lontano ſi uederà ſotto an­
gulo
piu ſtretto, & coſi l'equinottiale ſarà maggiore del tropico del Cancro, & minore del tropi
co
del Capricorno per le iſteſſe ragioni, & queſto ſi deue auuertire, perche è coſa bella, & ſecre­
ta
.
Il reſto ſi fanel modo, che ſi deſcriueno le tauole de gli Aſtrolabi, ouero le reti; al che fare
io
mi riporto a chi ne ha ſcritto con diligenza.
Dapoi per ſegnar le hore ſi diuideno tutti gli ar­
chi
de i circoli fatti di ſopra l'orizonte ciaſcuno in dodici parti eguali, & coſi gli archi di ſotto in
dodici
parti, & per la regola di trouar il centro de i tre punti ſi legano inſieme i punti de i tropici
con
i punti equinottiali, i primi con i primi, i ſecondi con i ſecondi, & coſi per ordine.
& a que­
ſto
modo ſaranno ſegnate le hore: le quali Vitr. uuole che ſiano fatte di uerghe di rame, perche
ſotto
di eſſe ui ha da andare un Timpano, che ha il Zodiaco, & il Cielo diſegnato, però accioche
ſi
ueda di ſotto, è neceſſario far queſte uirgule, i cui quadretti io ho adombrati, perche s'inten­
da
, che ſono tagliati, & forati.
Dapoi queſto egli ſi fa un Timpano, & ſe gli dipigne ſopra le
Stelle
& il Zodiaco.
questi ſimilmente è preſo dalla rete dello Aſtrolabio. ſolamente ſegnerai
i
principij de i ſegni, ma ancho i gradi, & in ogni grado farai un foro nella circonferenza della
Eclittica
, nel qual foro di giorno in giorno traſporterai la bolla, che Vitr. intende per lo Sole,
che
moſtra le hore ne gli horologi: il Timpano coſi diſegnato ſarà poſto drieto le linee delle hore,
& ogni ſi uolta compiutamente una uolta, ma la bolla ſtando ferma per un nel grado, &
1nel foro di quel Segno doue ſi troua il Sole moſtrerà l'arco diurno, & le hore, ſecondo il creſce­
re
, & il calar da i giorni, & delle hore: il Timpano ſi uolge (come s'è detto) di ſopra, hauen­
do
nel mezo fitto un fuſo, d'intorno il quale è una catena molle come dice Vitr. cioè di anelli ritor
ti
, & corti come la lettera S. di modo, che la ſi uolga facilmente, et da uno capo ha uno ſecchiello
& dall'altro un contrapeſo di peſo eguale al ſecchiello, il qual ſecchiello eſſendo dall'acqua ſolle­
nato
fa che la catena ſi ſuolge, & il fuſo ſi muoue, & il fuſo moſſo uolta il Timpano.
Ma come
egli
ſi habbia a temprar l'acqua, accioche ogni giorno ſi ueda queſta differenza delle hore Vitr.
ce
lo inſegna.
La tempra dell'acqua ſi fa in queſto modo. Egli ſi fa drieto la fronte dell'horologio una con­
ſerua
dell'acqua, laquale Vitru. qui & altroue chiama caſtellum.
a questo caſtello ſi fa un foro
di
ſotto, accio l'acqua poſſa uſcire.
a quel foro è congiunto un Timpano, & ancho egli ha un fo­
ro
, per lo quale entra l'acqua in eſſo dal caſtello, queſti ſarà di quella grandezza ſecondo che
ricerca
la grandezza dello horologio, la materia delquale è di rame riſpetto all'acqua, che egli
tiene
del continuo.
queſti è immobile, & ha ſegnato nella ſua circonferenza di tanti punti, quanti
ſono
giorni all'anno: & ancho egli ſi puo fare un Zodiaco, i gradi de i ſegni delquale riſpondino a
i
giorni de i meſi, ſecondo che egli ſi puo trarre dalle tauole del mouimento del Sole.
diſegnato ſia
nella
ſommità il Cancro, dalla deſtra di colui, che guarda, la Libra, dalla ſiniſtra il Montone, di
ſotto
il Capricorno, & tra questi ſiano al luogo ſuo deſcritti gli altri ſegni, & i gradi loro a iqua
li
diſotto ſiano i giorni, i numeri, & i meſi riſpondenti a i loro propi ſegni.
Tira poi una linea a
perpendicolo
dal Cancro al Capricorno, laquale è come diametro del Timpano.
partirai poi la
circonferenza
del detto Timpano in parti noue eguali, & ſecondo la larghezza di una ſi fa il ſe­
midiametro
d'un'altro Timpano picciolo, della circonferenza delquale ſi fanno otto parti, & ſe­
condo
la distanza d'una di quelle ſi allarga la ſeſta, & ſi pone un piede di eſſa nel mezo del Tim­
pano
grande, & ſi fa un circolo di quella grandezza, & il ſimile ſi fa nel Timpano picciolo.
que­
ſto
circolo ſi parte in parti ſette eguali, una dellequali ſi parte in quattordici, una dellequali ſi
riporta
dal centro del Timpano picciolo ſopra il diametro, & iui ſi fa punto uerſo la parte inferio
re
, & ſi tira da quel centro una circonferenza tanto quanto è una delle ſette parti, & questo ſi
fa
ancho nel Timpano grande, & è queſto circolo come uno eccentrico, & tra queſto circolo ec­
centrico
& l'altro concentrico dalla parte di ſopra, ſi fa un foro nel Timpano grande ritondo, dal
quale
eſce l'acqua, che ua poi nel Timpano picciolo, nelquale Timpano picciolo ſono diſegnati i
medeſimi
circoli cioè lo eccentrico, & concentrico, & quelli partiti con certe linee, accioche per
quelle
paſſi l'acqua dal Timpano maggiore piu & meno ſecondo il biſogno.
le altezze o uacui de
i
Timpani ſi far anno ſecondo la capacità dell'acqua, che richiede l'horologio.
nel coltello, & ta
glio
, o fronte, che ſi dica, del Timpano minore ſi fa un foro, che Vitr. chiama Orbiculo, alquale è
attaccata
una lenguella.
da queſto foro eſce l'acqua in un uaſo ſottopoſto. Questi timpani ſono
poſti
inſieme con i cardini loro fatti a torno di modo, che uno entri nell'altro, come maſchio, &
femina
, & il Timpano picciolo ſia col piano ſuo forato coſi congiunto, & aſſettato col piano del
Timpano
maggiore, che niuna coſa di mezo ui poſſa entrare: & a questa ſimiglianza Vitru. dice
che
ſono i galletti: o i bocchini aſſaggiati alle coſe.
Egli accaderà adunque, che uolendo noi tem­
prar
l'acqua, la lenguella, che è congiunta al foro del Timpano minore, drizzata da ſe con l'arti­
ficio
dell'acqua di giorno in giorno al ſegno, & al giorno corrente deſcritto nel Timpano maggio
re
, hauendo in quella parte il foro del Timpano minore hora dritto, hora piegato, hora a perpen­
dicolo
, ſecondo, che ricercherà il ſito di quel giorno, manderà fuori piu, & meno acqua in un
uaſo
di ſotto, nelquale ſarà il ſecchiello attaccato alla catena, come di ſopra s'è detto, & riuol­
gerà
ogni giorno il perno, & il perno il Timpano dello horologio, & quello ſecondo il biſogno:
& benche pare che Vitr. uoglia, che la bolla, che tiene la imagine del Sole, ſia à mano traſpor­
tata
di foro in foro contra il giro del Timpano, nientedimeno l'ingenioſo M.
Franceſco Marcoli­
no
ha tronato il modo di fare, che la lenguella, che nella parte dinanzi dimoſtra l'hore (che noi
1chiamiamo raggio) ritorni a drieto ogni un grado; & perche Vitru. uuole, che nel Timpano,
che
dimoſtra l'aſcendere, & diſcendere de i ſegni ſopra la terra, ſiano ſegnati i giorni de i meſi, li­
quali
per eſſere trecentoſeſſant acinque, ha fatto nella circonferenza del detto Timpano, o Ruo­
ta
, che chiamiamo noi trecentoſeſſantacinque denti partiti egualmente, come dice Vitru.
& co­
me
uuole eſſo Autore, gli ha poſto nel mezo il ſuo cardine, che ſerue per maſchio, & femina; &
di
poi ha formato un'altro Timpano, o pur ruota (come dicemo noi) della grandezza della ſo­
pradetta
, & nel coltello, o circonferenza ſua, che uolemo dire, ha fatto denti trecentoſeſſantaſei,
deſtinti
di egual portione; & queſta ruot a ha anchor lei il ſuo cardine maſchio, & femina, il­
quale
non è coſi detto da Vitr. ſenza gran conſideratione: & nel foro di queſto perno entra il per­
no
principale confitto, & ſtretto di modo che girando ditto perno per uirtù della tempra dell'ac­
qua
ſi giri queſta ruota con eſſo lui come ſe fuſſero una coſa medeſima; & dipoi nel perno di que­
ſta
ruota, ſi pone la ruota, nella qual ſon ſegnati i giorni di ciaſcun meſe, & i ſegni celeſti; le­
quali
ruote, girando il perno, girano inſieme in un rocchello moſſo da dette ruote, & gir ando
continuamente
di compagnia, quella che ha un dente di piu reſta ogni un grado in drieto, il
134[Figure 134]
1
I Timpani poſti all incontro ſerueno alla facciata dello borologio ſeguente; Quello di ſotto è immobile & l'altro gira moſſo dall'artificio de l'acqua.
135[Figure 135]
1136[Figure 136]
1perno dellaquale uuole auanzare fuori della faccia dello horologio eſſendo grande per il manco
mezo
piede, & nella ſua ſommit à fi a accommadata la lenguella della lunghezza quanto farà di
biſogno
, nella qual ſaranno ſegnati i gradi de i ſegni da un tropico all'altro, laquale ſeruirà a mo­
ſtrare
l'hore, & il corſo de i ſegni & i gradi il uerno, come dice Vitru.
Et mettendoſi la lenguella
al
perno dell'altra ruota, ilquale ſarà piu corto quattro dita, moſtrerà il creſcere de i giorni.
&
i
corſi de i ſegni, & i gradi, & l'hore di tutta la ſtate: perche ſi come l'altra ruota per lo dente
di
piu, moſtra il calar de i giorni, queſta per lo dente di manco con la lenguella moſtrerà il cre­
ſcere
de i giorni, & il calar delle notti: Auuertendo che nella lenguella ua accommodato un Sole, o
bolla
come dice Vitr. mobile da poterſi traportare ogni giorno in detta lenguella nel grado del
ſegno
del giorno corrente, come fa la lenguella della tempra dell'acqua da ſe.
Io uedo quanta
difficultà
ſi troua in uoler deſcriuere queſte coſe, ma poi che conſidero, come quando la coſa ſa­
inteſa, ſi prenderà guſto mirabile, uoglio creder, che ogni fatica ci parer à dolse, & ſoaue, ri­
mettendomi
ſempre al miglior giudicio.
137[Figure 137]
1 138[Figure 138]
Queſte due figure ſono poſte per moſtrare le parti occulte de i Timpani, che ſerueno per la
tempera
dell'acqua; & uanno congiunte inſieme, come nella paſſata figura ſi uede.
Il Fine del libro Nono.
1
LIBRO DECIMO DELL' ARCHITETTVRA DI
M
. VITRVVIO.
PROEMIO.
DICESI che in Efeſo nobile, & ampia città di Greci è ſtata da i loro
maggiori
con dura conditione, ma con ragione non iniqua un'antica leg
ge
ordinata: percioche l'Architetto quando piglia a fare un'opera publi
ca
, promette prima quanta ſpeſa ui ha d'andare.
fatta la ſtima al magi­
ſtrato
ſi obligano i ſuoi beni, fin che l'opera ſia finita, la quale fornita,
quando
la ſpeſa riſponde a punto a quanto s'è detto, con decreti, & ho­
nori
l'Architetto uiene ornato; & ſimilmente ſe non piu del quarto ſi ſpende, quello ag­
giugner
ſi deue alla ſtima, & ſi riſtora del publico, & egli à niuna pena è tenuto: ma quan
do
piu della quarta parte ſi ſpende, egli ſi piglia il dinaro de i ſuoi beni al fornimento del­
l
'opera.
Dio uoleſſe, che i dei immortali fatto haueſſero, che non ſolamente alle publi­
che
, ma alle priuate fabriche quella legge fuſſe ſtata al popolo Romano ordinata, perche
non
ſenza caſtigo gli ignoranti ci aſſaſsinerebbeno, ma ſolamente quegli, che con ſotti­
gliezza
delle dottrine prudenti ſono, ſenza dubbio farebbeno profeſsione d'Architettura,
i padri di famiglia indotti ſarebbeno a gettar infinite ſpeſe, perche poi da i loro beni
ſcacciati
foſſero, & gli Architetti conſtretti dal timor della pena piu diligentemente il con
to
della ſpeſa faceſſero, accioche i padri di famiglia, a quello, che prouiſto haueſſero, o
poco
piu aggiugnendo, drizzaſſero la forma delle fabriche loro: percioche colui, che puo
prouedere
di quattrocento, ſe accreſcierà cento piu, hauendo ſperanza di condur l'ope­
ra
a compimento, con diletto, & piacere, è trattenuto: ma chi aggrauato dalla metà
della
ſpeſa, o di piu, perduta la ſperanza, & gettata la ſpeſa rotto il tutto con animo di­
ſperato
, è conſtretto a laſciar ogni coſa.
pur queſto difetto è ne gli edifici, ma ancho
ne
i doni, che dal magiſtrato ſi danno al foro de i gladiatori, & alle ſcene de i giuochi, a
i
quali dimora, indugio ſi concede, ma la neceſsità con prefiſſo tempo di fornirgli
conſtrigne
, come ſono le ſedi de gli ſpettacoli, & il porui delle tende, & tutte quelle co­
ſe
, che all'uſanze della ſcena, al ueder del popolo con fattura, & apparato ſi fanno.
In
queſte
coſe ueramente biſogna hauer del buono, & penſarui ben ſopra, perche niuna di
queſte
coſe ſi puo fare ſenza induſtria, & manifattura, & ſenza uaria, & riſuegliata uiuaci
di ſtudi.
Perche adunque tai coſe ordinate ſono a queſto modo non pare, che ſia fuori
di
propoſito, prima che ſi dia principio alle opere, che cautamente, & con diligenza ſi
eſpediſchino
le ragioni loro.
Quando adunque la legge, la conſuetudine ci puo for
zare
a queſto, & ogni anno i Pretori, & gli Edili per li giuochi apparecchiar deono le ma
chine
, ho giudicato non alieno, poi che ne i libri paſſati s'è detto de gli edifici, in que­
ſto
, che ha la ſomma terminatione del corpo dell' Architettura, eſponer con precetti,
quali
ſiano i principij ordinati delle machine a queſto conuenienti.
1
Hora condotti ſiamo all'ultimo lauoro, come dice Dante, & cireſta la terza parte
principale
dell' Architettura poſta nella cognitione, & nella diſpoſitione delle ma
chine
, & de gli ſtrumenti; bella utile, & merauiglioſa pratica; imperoche chi è
quello
, che non guardi con ſtupore un huomo ſopra le forze ſue aiutato da un piccio
lo
ſtrumento leuare con grandiſſima ageuolezza un peſo ſmiſurato?
con debil fune artificioſamen­
te
riuolta ſolleuare un ſaſſo appari d'un monte ponderoſo?
chi non legge con merauiglia le coſe fat
te
da Archimede?
chi non pauenta all'horribile inuentione dell'Artiglierie, le quali & col ſuo­
no
, & con l'empito, & con gli effetti imitando i tuoni, i baleni, & i fulmini, con infernal tor­
mento
ſono laſtrage del genere humano?
Ma laſciamo i terrori da parte: quanta utilità di gra­
tia
, quanto piacere ci preſta la inuentione delle ruote, il modo di alzar l'acque, gli ſtrumenti
da
fiato, le coſe che da ſe ſi muoueno?
& quello che fa la natura, perche niente ſia di uoto? Non
è
dunque che noi merauiglia prendiamo, ſe queſta è una parte delle principali dell'Architettura.

Di
queſta adun que tratta Vitr. nel decimo, & ultimo libro ſecondo la promeſſa fattaci per inan­
zi
.
Di queſta ancho ne ragioneremo noi quanto al preſente negotio ſtimeremo biſognare: Auuer
tendo
prima (ſecondo che ne gli altri libri fatto hauemo) a gli utili precetti dati da Vitr. nel proe
mio
di queſto libro: nel quale, Dio uoleſſe, che ſi come ſi truoua un mirabile prouedimento, coſi
eglifoſſe
oſſeruato ſempre, & ſi oſſeruaſſe tuttauia: perche eſſendo ſtata una legge in Efeſo, che
gli
Architetti laude, & honore meritaſſero, quando la ſpeſa delle fabriche non fuſſe maggiore,
di
quello, che predetto haueſſero, & di danno, et biaſimo fuſſero debitori, quando oltra la quar
ta
parte eccedeſſe il primo computo: ſapendo gli huomini, che fabricar uoleſſero di che morte ha
ueſſero
a morire, o non ſi laſcierebbero imbarcare, eſſendo la ſpeſa maggiore delle forze loro, o a
tempo
prouederebbono al biſogno, & non ſi farebbe quello, che a i noſtri molti fanno, che per una
certa
uanità (credo io) con priuate forze cominciano caſe regali, & ſe ne reſtano ſul bello, ha
uendo
però fornilo, & adornato con quella ſpeſa, che ſi puo maggiore le parti fatte con i ſtucchi,
oro
, pitture, è guarnimenti tali, che ſe il tutto a que principii riſpondeſſe, non baſterebbe un re­
gno
a dargli compimento, di modo, che quello, che è fatto, ſi getta, & quello, che ſi deue fare,
s
'abandona.
Ma laſciamo quelli parere, o eſſer quello, che parer, o eſſer uogliono, confidando­
ci
noi ne i precetti, & ne i pareri de i buoni, crediamo (come altre fiate s'è detto) che i meglio
ſpeſi
dinari ſono que primi, che ſi danno a un buon' Architetto, perche da quella prima ſpeſa ogni
coſa
prende un buono inuiamento, & douendoſi ſpendere di molte migliaia di ſcudi, eſſer non ſi
deue
parco, a chi ben conſiglia, per aſſicurarſi quanto piu ſi puo, & per l'utile, & per l'hono­
re
.
Quella legge adunque, che dice Vitr. eſſer ſtata in Efeſo con dura conditione, ma con giuſta
ragione
ordinata, ſtaria bene a i noſtri giorni, & in quelle coſe ancho, doue è piu ſubita occaſio­
ne
di ſpendere, piu pericolo di deliberare, & men commodità di uederne il conto, come è ne gli
apparati
delle feſte, & de i giuochi publici, nelle ſcene, & ne i concieri, che ſi fanno a tempo,
ne
iquali i Romani del publico ſpendeuano gran quantità di dinari, doue è neceſſario hauere fede­
li
, & ingenioſi miniſtri, ſuegliati inuentori, & eſſercitati Architetti delle coſe: che trouino la fa
cilità
, & non uadino per la lunga.
Hora per fuggire queſta ignoranza, o uanità, è neceſſario
ſapere
come ua tutta la materia preſente, doue dopo il proemio ſi ragiona delle machine, & de
gli
inſtrumenti; ſi di quelli, che hanno riguardo a gli ſtudi della pace, de i quali alcuni ſono per
commodo
, alcuni per diletto, come di quelli, che hanno riſpetto alle coſe della guerra: la doue
nel
primo Cupo Vitr. diffiniſce che coſa è machina: quale differenza è tra machina, & instru­
mento
: diſtingue le ſorti delle machine: & tratta dell'origine di quelle.
Et dal ſecondo fin al no­
no
parla delle machine da leuar, & tirar i peſi, & ci eſplica la ragione di diuerſi modi apparte­
nenti
a peſi: dal nono fin al terzodecimo ci da gli ammaeſtramenti di far molte ruote, & artificii
da
alzar, & uotar l'acque, da macinare, & da far'altre ſimiglianti coſe utili; dalle quali par­
tendoſi
dal terzodecimo fin al quintodecimo ci dimoſtra la ragione difar le machine hidraulice,
che
ſono organi con ragioni muſicali compoſti, che piaceuolmente per uia d'acqua, & di ſpirito
1mandano fuori dolci concenti: & ci dichiara poi il modo di miſurare il uiaggio fatto o in carret­
ta
, o in naue.
& poſto fine a queſti ragionamenti paſſa a quelle machine, che ci ſerueno a i biſo­
gni
della guerra, & a i ſoprastanti pericoli, trattando dal quintodecimo fin all'ultimo di' quelle
machine
, che tirano ſaette, dardi, & pietre, & di quelle, che ſcuoteno, & rompeno le mura­
glie
ſecondo l'uſanza de ſuoi tempi, & coſi conchiude, & fine all'opera hauendo pienamente
atteſo
a quello, che egli ci ha promeſſo: di modo che non ſarebbe condennato dalla legge nelle ſpe
ſe
, anzi lodato, & honorato ne reſterebbe.
Noi ſecondo l'uſanza noſtra ridurremo tutta la pre
ſente
materia ſotto un'aſpetto, & diſtinguendo partitamente il tutto aiutaremo con l'ordine la in
telligenza
, & la memoria di chi legge.
Facendo adunque la natura alcune coſe contra la utili
de gli huomini, & operando ſempre ad uno isteſſo modo, è neceſſario che a questa contrarietà
ſi
troui un modo, che pieghi la natura al biſogno, & all'uſo humano.
Questo modo è riposto
nell
'aiuto dell' Arte, con la quale ſi uince la natura in quelle coſe, nelle quali eſſa natura uince
noi
.
Ecco quanto ci contraſta la natura ne i peſi, & nelle grandezze delle coſe, & ſe non fuſſe
l
'ingegno dall'arte guidato, chi potrebbe alzare, tirare, & condurre le moli grandiſſime degli
ſmiſurati
marmi, drizzar le colonne, le mete, & gli obeliſci?
chi uarar le naui, chi tirarle in
terra
?
chi paſſar le portate di groſſe barche con i tragetti? certamente non baſterebbeno le for­
ze
humane.
però bello è il ſapere la cagione, da che opera ſi poſſa, & fabricare tanta uarietà
di
machine, & de ſtrumenti.
Queſta conſideratione è posta & alternata ſotto due ſcienze, per
cioche
tiene riſpetto con la ſcienza naturale, riceuendo da quella il ſuo ſoggetto, perche l'arte
non
opera ſe non in qualche coſa materiale, come è il legno, il ferro, la pietra, & altre coſe: &
è
poſta ſotto la mathematica, perche le belle, & ſottili ragioni, & dimostrationi da quella rice­
ue
.
& ſi come il ſoggetto è mutabile, & uariabile come coſa di natura, coſi la ragione è ferma,
& immutabile, come coſa d'intelletto, ſi cangia al uariar della materia, imperoche la ragio­
ne
del circolo (come altroue s'è detto) è quella iſteſſa in qualunque materia ella ſi troui, il difet
to
uiene dal ſoggetto, come dalla forma il perfetto.
Però conſiderar douemo con gran diligenza
donde
uegna il mancamento, & la perfettione.
Le qualità della materia ſono diuerſe, nate dalla
meſcolanza
de i principii, perche da quelli uiene il raro, il denſo, il graue, il lieue, il groſſo, il
ſottile
, l'aſpro, il molle, illiquido, il duro, il tenace, & altre qualità principali, & meno prin
cipali
, che aiutano, o impediſceno la materia a riceuere la intentione dell'arte, come per euiden
te
proua tutto ſi conoſce: & ſi uede ancho una figura eſſer piu atta al mouimento, che l'altra:
la
grandezza ancho & il peſo portano ſeco molti commodi, & incommodi, perche tutte le coſe ſo
no
ne i propi termini rinchiuſe, & da eſſa natura con eterna legge coſtrette.
Dalla ſcienzanatu­
rale
adunque ſi hauerà il ſoggetto, & le qualità ſue.
Ma ragionando della forma io dico, che i
merauiglioſi
effetti uengono da merauiglioſe cagioni.
Non è egli mir abile leuare un grandißimo
peſo
con aggiugnerli ancho altro peſo?
che una ruota per mezo d'un'altra, che al contrario di
quella
ſi muoue, dia ilſuo mouimento ad una terza ruota?
che in certe diſtanze, & grandezze
una
coſa rieſca, che oltra que termini non puo riuſcire?
ſono in uero tai coſe merauiglioſe, però
non
è fuori di ragione, ſe egli ſi troua qualche proprieta di natura mirabile, che di cio ſia cagio­
ne
, però ſaper potremo, che tutto naſce dalla leua, & la leua dalla ſtadera, & la ſtadera
dalla
bilancia, & la bilancia finalmente dalla proprietà del circolo: imperoche il circo­
lo
ha in ſe coſe, che la natura altroue non ſuole porre inſieme, & queſte ſono molte contrarietà,
dalle
quali uengono que grandi effetti, che ſiuedeno.
Ecco ſe il circolo ſi muoue, non iſta fermo
il
centro?
mobile, & fermo non ſono contrari? della iſteſſa circonferenza non aſcende egli una
parte
, & l'altra diſcende?
ſu & giu non ſono contrari? la linea circolare, non è ella & curua
& conueſſa ſenza latitudine?
queſti non ſono contrari, eſſendo tra quelli il dritto di mezo? &
le
parti di quella linea, che uien dal centro non ſono in una iſteſſa linea & ueloci, & tarde?
quan
to
ſono, o uicine, o lontane dal centro, che è immobile.
hora ueloce & tardo non ſono contra­
ri
?
ſi ueramente. Quando adunque ſia, che il circolo habbia in ſe tante contrarietà, & tali,
1quali la natura delle coſe altroue non patiſce, non è egli mirabil queſto? ma queſto non è dal uul­
go
conoſciuto, però molto piu egli ſtupiſce uedendo alcuni effetti, & non ſapendo da che procedi­
no
, eſſendo que mouimenti artificioſamente naſcoſi.
Ma perche noi non andiamo col uulgo, in­
tender
douemo, che tutti queſti effetti finalmente ſi riduceno alla ragione del circolo.
Abbrac­
ciando
adunque noi il diletteuole, & il merauiglioſo, che uiene dalla natura, & dall'arte, dice­
mo
che ſopra tutte le machine o ſtrumenti hauemo a conſiderare la origine, la diuiſione, le rego
le
.
L'origine è dalla neceſſità, che muoue gli huomini per accommodarſi a i lor biſogni, la natu­
ra
gli inſegna o proponendogli gli eſſempi de gli animali, da i quali pare, che molti artifici poſſo­
no
hauer principio, o la continua giratione del mondo, che Vitr. dice eſſer come una machinatio­
ne
; & però ancho ſi chiama la machina del mondo: il caſo ancho ne apporta, & l'ingegno del­
l
'huomo, che dal caſo prende argomento, come ſi puo diſcorrere: & queſto ci puo baſtare all'ori
gine
.
Ma quanto alla diuiſione dico, che delle machine altre da ſe ſi muoueno; queſte automata
da
Greci dette ſono; altre da ſe non ſi muouono, di quelle altre dette ſono ſtatà da Greci, cioè fer
me
, altre hypagonta, cioè ſotto condotte, perche hanno ſotto di ſe alcune coſe, che le danno il
mouimento
.
Dell'una, & dell'altra maniera ne tratta Herone, & c'inſegna prima a fare un tem
pio
ritondo, nel quale ſia un Bacco, che con una mano tenga una tazza, & con l'altra il Tirſo,
appreſſo
ui ſia una Panthera, & un'altare, & d'intorno le Bacche con Timpani, & con Cem­
bali
, & ſopra la teſtudine del Tempio una uittoria alata, & coronata, doue ad un tempo ſi ac­
cenda
il fuoco ſopra l'altare, Bacco uerſi dalla tazzail latte, dal Tirſo il uino ſopra la Panthera,
le
Bacche d'intorno danzando facciano rumori con que cembali, & la Vittoria ſuoni una tromba,
& ſi giri battendo l'ali.
In un' altra diſpoſitione inſegna a far caminar le figurine, & andar, & tor
nare
, & girarſi, & fermarſi ſecondo il biſogno, Ma di quelle machine, che da ſe non ſi muoue­
no
, cioè che non hanno dentro di ſe il principio del loro mouimento, altre ſi muoueno da coſe ina­
nimate
, altre da coſe animate.
le prime dal uento, o dall'acqua moſſe ſono, come battiferri, ſe­
ghe
, molini, mantici, & altri edifici, che dell'acqua ſi ſerueno: le ſeconde dallo aere hanno il
pincipio
loro.
queſt'aere, o è rinchiuſo, o libero: ſe rinchiuſo, dimoſtra molti mir abili effetti ne i
uaſi
ſpirabili, de i quali ne tratta il medeſimo Herone: ſe l'aere è libero, i molini da uento, alcu
ne
machine hidraulice, gli ſpiedi, & altre coſe di piacere ſi fanno con l'aiuto di quello.
Ma ſe le
machine
ſono moſſe da animali, queſti ſono o ſenza ragione come buoi, caualli; che tirano carri,
uolgono
ruote: o ſono con ragione come gli huomini, i quali muoueno molte machine, & molti
ſtromenti
, ſi per le occorrenze della pace, come per li biſogni della guerra, come ne tratta Vitr.
& altroue quelli, che ſcritto hanno dell'arte militare.
la onde per tirare, condurre, & alzare i
peſi
, le taglie, le manouelle, le ſtadere, le bilancie, le ruote, gli argani, & per aſcendere in
luoghi
alti ſono le ſcale di molte maniere armate, & diſarmate, & per battere, roinare, et tirar
da
lunge erano anticamente le baleſtre maggiori, & minori, gli arieti, le teſtuggini, le torri,
che
ſopra ruote andauano, & a i noſtri tempi le artiglierie: & in ſomma molte altre machine tro
uate
ſi ſono, molte andate in diſuſo, & molte ſi troueranno per l'auuenire: le ragioni delle quali
compreſe
ſaranno ſotto le regole, & oſſeruationi, che qui ſotto ſi poneranno.
Et queſta è l'uni­
uerſale
diuiſione delle machine; benche Vitr. habbia hauuto riguardo alle piu importanti, come
nel
ſeguente primo capo uederemo.
1
Che coſa è machina, in che è differente dall'iſtru­
mento
, & della origine, & neceßità di
quella
.
Cap. I.
LA machina è una perpetua & continuata congiuntione di materia, che ha
grandiſsima
forza a i mouimenti de i peſi.
Diffiniſce in queſto Capo Vitr. & dichiara che coſa è machina, come ella ſi muo­
ue
, quante & quali maniere di machine ſi trouano: che differenza è tra machina,
& iſtrumento: che origine, & donde gli huomini hanno tolto le machine, & gli ſtrumenti.

Quanto
adunque appartiene alla diffinitione egli dice, che Machina è una continente, o continua
ta
congiuntione di materia, cioè di legno, che ha grandiſſime forze a i mouimenti de i peſi.
Et la
ragione
dimoſtratrice del modo di fare le machine, è detta ſcienza, o arte mecanica, non però è
ſotto
quello intendimento, che'l uulgo abbraccia, chiamando mecanica ogni arte uile, che ſia,
perche
queſta è detta dalla machinatione, & diſcorſo che ſi fa prima nella mente, & che poi re­
gola
le opere artificioſe per leuar i peſi, ſalir a i luoghi alti, ſcuoter le mura, & far quelle coſe
all
'humana commodità, che la natura operando ad uno iſteſſo modo, come fa, non ci puo preſta­
re
.
Queſta cognitione adunque ci da la regola di legare inſieme, o congiugnere molti legni per leua­
re
i grandiſſimi peſi; & ſe bene in queſte machine ui ua del ferro, non è però poſto come principal
materia
delle machine.
Biſogna adunque, che la machina ſia di legno, o di qualche materia, che ſite
gna
inſieme in qualche modo, altrimenti non ſi farebbe effetto, perche le coſe ſeparate non poſſo­
no
tender ad alcun fine unitamente.
La ſollecitudine adunque, & il penſiero, che ſi ha di piegar la
natura
a noſtra utilità, ci fa machinare: però uolendo noi tirar le pietre ſopra fabriche et alzar
l
'acque, che tutte ſono coſe, che di natura loro reſiſteno all'uſo noſtro, è forza, che con la fanta­
ſia
, che è principio delle arti, dal fine inueſtigamo la compoſitione dello inſtrumento, la doue la
fantaſia
prendendo alcun lume dallo intelletto habituato nelle mathematice, ua ritrouando
una
coſa dopo l'altra, & legando inſieme per communicari mouimenti, fa quello, che pare am­
mirabile
al uulgo, & però dice Vitr. dopo la diffinitione materiale della machina.
Quella ſi
muoue
per arte con molti circuiti de giri. Cioè la forma, & il principio delle machine è il
moto
circolare.
Io ci uedo in questo luogo da dire, come in tutte le machine ci ſia il moto circo­
lare
, perche Vitru. dice qui ſotto, che la machina da ſalir in alto non di arte, ma di ardimento ſi
gloria
: & ſimilmente ſi uede in quella ſorte di machine, che egli chiama ſpiritali, che non ci ſono
giri
, mouimenti circolari ſe non in alcune ſpecie, come ſi uede in IIerone; oltra che la diffinitio­
ne
della machina non par conuenire a tutte queſte ſpecie: imperoche non pare, che ogni machina
ſia
per muouer i peſi, meno ſi faccia di legno, come appare nella diuiſione delle machine posta
di
ſopra: & ſe uolemo dire, che Vitr. ha diffinito quelle machine, lequali ſono di mouimenti cir­
colari
composte, come uorremo noi intender, che egli habbia diuiſo le machine, & fattoci tre
maniere
, una trattoria, come egli chiama, una ſpirabile, una da ſalire: Io uorrei pure ſaluar que
sto
modo.
Però ſe noi intendemo che la machina è una continuata congiuntione di materia, &
per
materia non ſolo s'intende legno, ma qualunque altra coſa, di che ſi fa la machina, queſto po­
trà
forſe paſſare.
ma come può conuenire, che tutte le machine habbiano grandiſſime forze a i
mouimenti
de i peſi, ſe machine ancho chiamati ſono que uaſi ſpirabili?
che peſo è in quelle? che
mouimento
?
Io dico che per peſo non ſolo s'intende quella grauità, che hanno le coſe pondero­
ſe
, & grandi, ma ancho quel momento, & quella inclinatione naturale di andar ciaſcuna al ſuo
proprio
luogo: & quando artificioſamente ſi costrigne una coſa graue a ſalire, & che la natura
piu
preſto, che dar il uacuo conſente, che gli elementi oltra la loro inclinatione, o aſcendino, o di-
1ſcendino, certamente queſta è una gran uirtù, & ſorza: & questo conſtrignere gli elementi è con
ſomma
ſolertia dall'arte ſtato ritrouato: la doue ancho nelle machine ſpirabili ſi uede questo, &
ſimilmente
nelle machine fatte per aſcendere, imperoche egli è contra la inclinatione naturale,
che
un corpo terrestre, o di acqua ſalga in alto, & che uno con funi, & ruote ſi leui alle cime de
gli
altiſsimi palazzi: & ſe bene queſto artificio ſi puo gloriare piu di ardire, che di arte, non è egli
però
un mirabile artificio?
poi che ſi uede la diuerſità delle ſcale da montar ſopra le muraglie
con
tanti artificii fabricate, che & difendeno i ſalitori, & offendeno chi contrasta, & portano
incredibili
peſi, mouendoſi con ruote, & hauendo quello, che dice Vitr.
Alle artigliarie ſimilmen­
te
conuiene la diffinitione della machina, come chiaramente ſi uede, ſi perche è una congiuntione
di
materia, ſi perche ne i peſi fa effetti stupendi ſecondo l'ordine dell'uniuerſo: & in ſomma non è
ſtrumento
, machina, che in qualche modo non partecipi de i mouimenti dritti, o circolari; il­
che
ancho qui ſotto ſarà da Vitr. con bella indottione confirmato, però con diligenza auuertir
douemo
alle coſe dette da Vitr. & non ci ſmarrire al primo tratto, ſe egli non ſi fa incontra ogni
coſa
.
Diuidonſi ſecondo Vitr. le machine a queſto modo.
Vna ſorte di machine è per aſcendere; queſta è detta in Greco acrouaticon, quaſi an­
damento
all'inſu: l'altra ſpiritale, che da i medeſimi, è detta pneumaticon: la terza è da tì­
rare
, detta uanauſon. A queſti tre membri ſi riduceno tutte le altre machine, & tutti gli
altri
ſtrumenti.
uediamo noi che coſa è ciaſcuna di queſte ſecondo Vitr.
Quella ſorte, che è per aſcendere, è quando le machine ſaranno poſte in modo, che
drizzati
in piede i trauicelli, & inſieme ordinatamente colligati i trauerſi, ſi aſcenda ſenza
pericolo
a guardare l'apparato. Quiui pone quelle ſcale, che s'appoggiano alle muraglie,
dellequali
ne i libri della militia ſi tratta, & tutto il da gli ingenioſi ſoldati ſi trouano a uari mo
di
fabricate, perche ancho in queste non è meno l'audacia, che l'arte; et di eſſe ne tratta V alturio.
& ſono per guardare che coſa fanno gli aſſediati.
Ma la maniera ſpiritale è quando lo ſprito ſcacciato con l'eſpreſsioni, & le percoſſe, &
le
uoci ſono coniſtrumenti epreſſe. Molto piu abbraccia queſt' arte, che le machine hidrau­
lice
, come ſi uede in Herone, doue oltra gli organi, oltra le uoci, & i canti de gli uccelletti, oltra i
fiſchi
de i ſerpenti, & i ſuoni delle trombe, che egli a fare con instrumenti ci dimostra, ci ſono an­
cho
altri artificii, doue uoce, ſuono ſi ſente, come è il uotar diuerſi liquori per una isteſſa
canna
, & quelli hora in una proportione, hora in un'altra: il far ſalir l'acqua, lo ſpruzzare di
odoriferi
liquori le genti, & altre coſe, che ſenza ſuono ſi fanno, che però tutte conuengono in
queſto
, che in eſſe è lo ſpirito, cioè l'aere ſcacciato con l'eſpreſſioni.
Finalmente la maniera da tirare, è quella, quando con le machine ſi tirano i peſi, oue­
ro
alzati ſi ripongono. Et questo è facile. dapoi Vitr. compara inſieme queſte machine & dice.
La ragione di aſcendere ſi gloria non di arte, ma di audacia, & quella con catene, tra­
uerſi
, & legature annodate, & con appoggi è contenuta: ma quella che entra con la po­
teſtà
dello ſpirito con le ſottilità dell'arte conſegue belli, & ſcielti effetti: Ma quella, che
al
tirar de i peſi ci ſerue, ha in ſe commodi maggiori, & occaſioni piene di magnificenza
all
'uſo de gli huomini, & nell'operare con prudenza ritiene grandiſsime uirtù.
Adunque di queſte tre maniere una ſi uanta di audacia, l'altra di ſottigliezza, la terza di uti­
lità
.
Della prima non ne parla Vitr. laſciandola (come egli dice nel fine di questo libro) a i ſol­
dati
eſperti, che fanno le ſcale ſecondo il biſogno.
Di quella di mezo ne parla; & ne parla, quan­
do
c'inſegna la machina di Cteſibio, & la machina hidraulica.
& della terza ne parla nel reſto.
Queſta
terza adunque che trattoria è da Vitr. nominata, nell'operare puo hauer biſogno di mol­
to
apparecchio, & per cio fa effetti maggiori, & per questo dice, che ſi dimanda machina.
puo
ancho
eſſer che ſi contenti d'un'opera ſola, & biſogno non habbia di tanta fattura, faccia ſi
grandi
effetti; & queſta dice Vitr. che opera con instrumenti, però ci fa differenza dicendo.
Di queſte trattorie altre ſi muoueno con machine, altre con inſtrumenti, & pare, che
1tra machina & ſtrumento ci ſia queſta differenza, che biſogna che le machine con piu
opere
, ouero con forza maggiore conſeguano gli effetti loro, come le baliſte, & i preli
de
i torcolari: ma gli ſtrumenti col prudente toccamento d'un'opera fanno quello, che
s
'hanno propoſto di ſare, come ſono gli inuolgimenti de gli ſcorpioni, & de i circo­
li
diſeguali.
Tutta la machina ſi chiama balista, o torculare. all'una & all'altra è neceſſario, che ci ſia
altra
fattura, come il torchio è quella traue, che preme l'una, detta prelo, & Vitru. ci ha inſe­
gnato
di fare il torculare nel ſeſto libro al nono capo: ſimigliante coſa eſſer douea nello ſcarica­
re
della baliſta, come ſono le ſtanghe, & i molinelli: però queſte ſono dette machine, perche hanno
biſogno
di piu opere, come strumenti ſi chiamano gli ſcorpioni, & le catapulte, che con un'opera
fanno
gli effetti loro.
Aniſocicli ſono circoli della uite, o coclea che ſi dica. & perche ne gli ſcor­
pioni
erano alcuni fili ritorti, prima raccolti & poi rilaſciati che ſpingeuano le ſaette, quando ſi
ſcaricauano
, però Vitr. dice Aniſocicli.
i capelli delle donne ſoſpeſi fanno certe anella, che ſi poſ­
ſono
chiamare Aniſocicli. ma io chiamerei con queſto nome le uide.
A dunque et gli ſtrumenti, & la ragione delle machine ſono neceſſari all'uſo, ſenza iqua­
li
niuna coſa puo eſſer eſpedita. Dell'uſo delle machine, & de gli ſtrumenti è coſa manifeſta,
però
ueniremo all'origine.
dice adunque Vitr.
Ogni machinatione è prima nata dalla natura delle coſe, & ordinata dalla maeſtra uer­
ſatione
del mondo.
Conſideriamo prima la continuata natura del Sole, della Luna, & del­
le
altre cinque ſtelle: lequali ſe ſenza machinatione ſi giraſſero, noi non haueremo hauuto
in
terra la luce, la maturità de i frutti: & però hauendo i maggiori noſtri bene poſto
mente
a queſto, dalla natura delle coſe preſo hanno gli eſſempi, & quelli imitando indot­
ti
dalle diuine coſe hanno perfettamente eſplicato molti commodi alla uita.
Et però ac­
cioche
fuſſero piu ſpediti, altre coſe con machine, & co i loro uolgimenti, altre con iſtru
menti
ſi apparecchiarono.
Et coſi quelle coſe, che auuertirono eſſer utili all'uſo de mor­
tali
, con iſtudi, arti, & inſtituti a poco a poco cercarono per uia di dottrine aumentare.

Attendiamo
di gratia alla prima inuentione di neceſsità che è il ueſtire, con l'amminiſtra
tione
de uari ſtrumenti, i congiugnimenti delle tele con la trama, & l'ordimento non ſola­
mente
coprendo i corpi noſtri ci difendeno, ma ancho ci accreſceno l'honeſtà dell'orna­
mento
.
Copia del cibo non haueremmo hauuta, ſe ſtati ritrouati non fuſſero i gioghi, & gli
aratri
per li buoi, & per tutti i giumenti: la nettezza dell'oglio, 'l frutto delle uiti al
piacer
noſtro haueremmo potuto hauere, ſe non fuſſe ſtato l'apparecchio de i molinelli, de i
preli
, & delle ſtanghe del torchio.
Et le condotte di quelle non ſariano, ſe non fuſſero
ſtate
ritrouate le machinationi de i carri, & delle carrette per terra, & delle naui per ac­
qua
.
Similmente l'eſſamine delle ſtadere, & bilancie con i peſi ritrouato caua la uita con
giuſti
coſtumi dalla iniquità de gli huomini.
Et coſi ſono inumerabili tempre di machi­
ne
, dellequali non ci pare neceſſario il diſputarne, perche ci uanno ogni per le mani, co­
me
ſono le ruote, i mantici de fabri, le carrette, i cocchi, i torni, & tutte l'altre coſe, che
per
uſanza hanno all'utilità communi occaſioni: però cominciaremo ad eſplicar quelle
coſe
, che di raro ci uengono per le mani, accioche ſiano manifeſte.
A me pare, che chiaramente interpretato io habbia, ciò che da Vitru. è ſtato detto d'intorno
all
'origine, & uſo delle machine, pero ſi uenirà alla eſpoſitione del ſecondo cap.
1
Delle machinationi trattorie de i ſacrï tempÿ, & delle
opere
publiche.
Cap. II.
Primamente ordineremo quelle coſe, che ne i ſacri Tempij, & alla perfettione
delle
opere publiche ſi apparecchiano: lequali a queſto modo ſi fanno.
D riz
zanſi
tre trauicelli ſecondo la grandezza de i peſi.
queſti dalle teſte di ſopra
congiunti
da un pirone, & da baſſo allargati ſi drizzano poſte le funi dalle te­
ſte
, & con quelle atorno diſpoſte ſi tengono dritti.
legaſi nella ſommicà una taglia det­
ta
da alcuni recamo.
nella taglia ſono due rotelle, che ne i loro pernuzzi ſi uolgono: per
la
rotella di ſopra ſi fa paſſar il menale, queſta fune dapoi ſi manda a baſſo, & ſi fa andar a
torno
la rotella della taglia inferiore, & ſi riporta alla rotella di ſotto della taglia ſuperio­
re
, & coſi diſcende alla inferiore, & nel ſuo buco ſi lega il capo della fune, l'altro capo
dellaquale
è riportato tra i piedi della machina: & ne i pianuzzi quadrati delle traui di die­
tro
, la doue ſon allargati, ſi ficcano l'orecchie, o manichi detti chelonia, ne i quali ſi met­
teno
i capi de i molinelli, accioche con facilità que perni ſi uoltino.
Ma que molinelli
hanno
preſſo i capi loro i buchi temprati in modo, che in eſsi poſſono accommodarſi le
ſtanghe
: ma alla taglia di ſotto ſi legano gli uncini di ferro, i denti de i quali s'accom­
modano
ne i ſaſsi forati.
quando adunque la fune ha il capo legato al molinello, & che le
ſtanghe
menando quello lo uoltano, queſto effetto ne naſce, che la fune uolgendoſi a
torno
il molinello ſi ſtende, & coſi inalza i peſi all'altezza, che ſi uuole, & a que luoghi, do­
ue
ſi hanno a collocare.
Qui Vitru. ci dimoſtra come ſi fanno gli ſtrumenti da leuar i peſi, & porli doue fa biſo­
gno
nelle fabriche de i Tempii, & delle opere publiche.
& prima ci parla della taglia, che
egli
troclea, o ricamo dimanda: il piu ſemplice modo è drizzare una caualletta, o gauerna che
ſi
dica, di traui, o antennelle, per uſare i nomi del noſtro Arſenale, accio meglio ſi pigli la
pratica
di tai coſe.
Queſta gauerna ſi fa pigliandoſi tre traui della groſſezza, che puo ba­
ſtare
a ſoſtener i peſi.
queſti ſi drizzano, & diſopra ſi legano inſieme con pironi, che fibu­
le
da Vitru. detti ſono, & i piedi di ſotto s'allargano: Piglianſi poi due taglie, che cuſelle
altroue
ſi chiamano, la forma delle quali per la figura ſi manifeſta, che ſono alcune girelle,
che
orbiculi da Vitru. raggi da noi dette ſono, che nel taglio dritto la loro circonferenza
hanno
un canale, nelquale s'inueſte il menale, da Vitru. ductario fune chiamato.
Le girelle, o
raggi
hanno nel mezo un buco, doue ui entra un pernuzzo, che aſſiculo da Vitru. marſione ſi
chiama
da noi: queſti trapaſſa per lo raggio, che è poſto fra un legno tagliato, & cauato, &
ſopra
quello ſi uolge.
Attacaſi adunque una taglia alla parte di ſopra, & l'altra ſi ſerua per
porla
di ſotto, & l'ordimento è tale.
Egliſi piglia la fune, & un capo di eſſa ſi tramette nel
canale
del raggio di ſopra, dapoi ſi cala al piu baſſo raggio della taglia di ſotto, & trapaſſa­
to
per lo ſuo canale, ſi riporta al raggio di ſotto della taglia ſuperiore, & fattolo paſſare, ſi ca­
la
nel raggio di ſopra della taglia inferiore, & iui ſi lega l altro capo della fune, che in abando­
no
ſi laſcia; o perche con le mani a forza tirato ſia, o ſi raccommanda ad un molinello, ilqua­
le
tra i piedi della gauerna, nelle orecchie, che Vitru. Chelonia, noi caſtignole, o gattelli
chiamamo
ſi uolge, con alcune ſtanghe, o manouelle, o pironi, che ſi dichino, che uectes da
Vitru
. dette ſono, che entrano nelle teſte del molinello.
i peſi ſi attaccano ad alcuni uncini, che
noi
ganzi chiamamo, & Vitru. forcipi li dimanda.
Queſti ſono alla taglia di ſotto attacca­
ti
, congiunti, come dimoſtra la figura A. & il reſto è chiaro per la figura B. doue è la taglia
di
ſopra, & per la figura C. doue è la caualletta, che ancho ponte da alcuni è detta, & alla
figura
.
D. doue è il molinello, & le ſorti de molinelli, argani, o naſpi, che ſuccule, & erga-
1139[Figure 139]
ta da latini, o greci ſi chiamano, ſono alle fi­
gure
E. F. ſi come le ſorti de i ganzi, uncini
o
forcipi ſono alle figure.
I. K. L. Poſto
dunque
la pratica delle taglie uenirò alla ra­
gione
di eſſe, accioche ci ſia noto la coſa ſignifi­
cata
, & quella che ſignifica: La fabrica è il
diſcorſo
, l'effetto, & la cagione delle coſe.
Non
è
dubbio che ſe ad una ſemplice fune ſi attacca
un
peſo, poniam caſo di mille libre, che tutta la
fatica
& ſorza non ſia unit amente da quella
fune
ſoſtenuta, che poi ſe la delta fune ſarà rad­
doppiata
& a quella una taglia d'un raggio ap­
poſta
doue penda quel peſo, che la fune non
ſia
per hauer il doppio meno di fatica, & il
doppio
meno di forza non baſti ad alzar quel
peſo
: hor che ſarà poi, ſe ci ſaranno due taglie,
o
piu?
o ſe ſi moltiplicheranno i raggi? non ſi
partirà
quel peſo in piu parti?
non ſi maneg­
giarà
piu ageuolmente?
non ci uorrà molto
menor
forze a tirarlo?
certo ſi, & di modo, che
ſe
'l primo raddoppiamento leua la metà del pe­
ſo
, il ſecondo alquale reſta una metà, leuerà uia
la
metà di quella metà che ſarà la quarta parte
ditutto
'l peſo, & dalla quarta parte della forza
di
prima ſarà il detto peſo leuato: la doue ſe non
fuſſe
la grauità delle funi, l'aſprezza de i rag­
gi
, & la tardezza del moto per li molti ra­
uolgimenti
della fune, che ſono i difetti non del­
la
forma, ma della materia, un fanciullo pre­
ftamente
alzarebbe un ſmiſurato peſo: ma dar
il
ſapone alle funi, l'ugnere i raggi, il far be­
ne
le taglie con i raggi dritti, l'acconciar i me­
nali
, che non s'intrichino, o rodino inſieme, eſ­
ſendo
i pernuzzi a miſura, & proportionati,
fanno
ageuoli queſte fatiche, & tanto piu ſe
gli
aggiugnemo i molinelli, che leuano la lor par
te
del peſo, & della fatica, come il moltiplicar
delle
taglie, & de i raggi, & queſti ancho piu
ageuolmente
ſi muoueno, quanto le loro ſtan­
ghe
ſono maggiori, perche la lunghezza ſi al­
lontana
dal centro, che è immobile, & impe­
diſce
il mouimento: & tanto ſia detto della ra­
gione
delle taglie.
1
De diuerſi uocaboli delle machine, & come ſi
drizzano
.
Cap. III.
Oveſta ragione di machinatione, che ſi riuolge con tre raggi, ſi chiama triſpa­
ſtos
: ma quando nella taglia di ſotto due raggi, & nella diſopra tre ſi ruota­
no
, pentaſpaſton.
Ma ſe per peſi maggiori ſi apparecchieranno le machine,
allhora
ſarà neceſſario uſare le traui, & piu lunghe, & piu groſſe, & con la
medeſma
antedetta ragione da i capi di ſopra legarle, & congiungerle con le loro fibbie, &
pironi
, & di ſotto con molinello accommodarle.
Perche (come ho detto) la moltitudine delle taglie, & de i raggi in piu parti diuide il peſo:
però
la doue ſi ha a leuar peſo maggiore, è neceſſario l'opera di piu taglie, & de piu raggi, &
dal
numero de i raggi ſar anno le machine nominate.
Però ſe per tre raggi ſarà ordita la fune,
quella
machina ſarà detta triſpaſton, quaſi da tre raggi tirato: ſe la taglia di ſotto hauerà due rag
gi
, & la di ſopra tre, da i cinque raggi pentaſpaston ſarà detta, i latini i uolgari hanno la
felicità
de Greci nel compor questi nomi.
Fannoſi le taglie con piu raggi, altre ne hanno un
ordine
, altre due, & altre piu, come ſi uede nelle figure.
Ma bella coſa è l'ordimento delle fu­
ni
, come bene è da i praticanti conoſciuto, & le figure lo dimostrano.
Hora uediamo come ſi
drizzano
in piedi queſte gauerne, ò ponti, ò cauallette, che ſi dichino.
Eſplicate le predette coſe ſiano dinanzi alle machine ammollate quelle funi, che antarie
dette
ſono, & ſopra le ſpale della machina diſpoſti ſiano per lungo i ritegni, & ſe non ſarà do
ue
legarli, & raccommandarli, ſiano conficcati i pali dritti, & fermati col batterli bene a tor
no
, & iui ſiano le funi legate.
Dapoi ſia una taglia al capo di ſopra della machina con
una
corda legata, & da quello ſian riportate le corde al palo, & d'intorno a quella taglia;
che
è al palo alligata, ſi meni la fune cerca il ſuo raggio, & poi riportata ſia alla taglia,
che
al capo della machina, & d'intorno il raggio dalla ſommità trapaſſata la fune diſcenda
& ritorni al molinello, che è nella machina da baſſo, & iui ſia legato: coſi forzato il mo­
linello
dalle ſtange ſi uolgerà, & da ſe ſenza pericolo drizzerà la machina: coſi diſpoſte le
funi
d'intorno, & i ritegni attaccati a i pali con piu ampio mo do ſarà la machina colloca­
ta
: ma le taglie, & i menali al ſopradetto modo ſaranno ordite.
Modi di annodare le funi.
140[Figure 140]
Vitr. c'inſegna a drizzar le machine, & chi haueduto come s'inalbora le naui, puo inten-
1der quello, che egli dice. io eſponerò la mente ſua piu facilmente, che ſi puo. Per drizzare adun
que
la machina ſi ferma il piede di eſſa ad un palo, ouero ad altra coſa ſtabile, accioche la machi
na
ui punti dentro.
Alla testa ſi legan non meno di due funi, accioche una uada dalla deſtra, l'al
tra
dalla ſiniſtra & queſte credo io che da Vitr. antarie, & da Creci protoni, & da i marinari
ſartie
dette ſono: ſtendeſi poi per la lunghezza della machina un'altra fune, la quale s'inuefte in
una
taglia di ſopra, & un'altra di ſotto: dapoi questo è alquanto diſcoſto l'argana, o il molinel­
lo
, al quale ſi riporta la fune predetta, che da noi codetta ſi chiama, ſi come la taglia da piedi,
è
nominata paſtecca.
tirandoſi adunque ſopra il molinello, & uolgendoſi quella fune, ſi drizzerà
la
machina apuntandoſi al palo, & drizzata, che ſarà, ſi reggerà poi al piacer noſtro con le fu­
ni
, che ſaranno dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, perche ammollando l'una, è tirando l'altra, ſi pie
gherà
doue ſarà biſogno.
Ma perche le dette funi biſogno hanno di eſſere raccommandate ad al
cuna
coſa, però douemo cauare una foſſa quadrata molto a fondo: iui ſi ſtende uno traue, al qua­
le
ſi annoda la fune, che eſce dal ſuolo, ſopra queſto tronco attrauerſati ſono de gli altri pezzi
ſopra
i quali ſi calca la terra, & coſi teniranno bene: uero è che pare, che Vitr. uoglia, che a
que
pali, che eſceno della terra, ſi attacchi una taglia, credo queſto per ammollare piu commoda
mente
le funi.
Ma l'ordimento de i menali, & delle taglie ſi ſarà al modo ſopradetto.
Diuna machina ſimile alla ſopr apoſta a cui ſi com
metteno
coſe maggiori mutato ſolo il moli­
nello
in un Timpano.
Cap. IIII.
MA ſe porre in opera uorremo coſe di maggior peſo, o grandezza, non douemo
fidarci
de molinelli: ma ſi come il mol nello nelle orecchie è contenuto, co­
ſi
in queſto caſo biſogna, che nelle orecchie u'entri un perno, nel mezo del
quale
ci ſia un Timpano, che alcuni ruota, i Greci Ampheureſin, altri Peri­
trochio
detto hanno, & in queſte machine le taglie uanno ad un'altro modo: perche & di
ſotto
, & di ſopra hanno due ordini de raggi, & in tal modo il menale ſi fa trapaſſare nel
foro
della taglia di ſotto, che i due capi ſieno eguali quando la fune ſarà ſteſa, & iui lungo
la
taglia inferiore attorchiata una cordicella, et legate amendue le parti della fune ſieno con
tenute
in modo, che non poſsino uſcire dalla deſtra, dalla ſiniſtra: fatto queſto i
capi
della fune ſi riportano alla taglia di ſopra nella parte eſteriore, & ſono mandati giu
dal
d'intorno de'raggi inferiori di quella & ritornano di nuouo a baſſo, & s'inueſteno nel
la
taglia diſotto a raggi dalla parte interiore, & ſi riportano dalla deſtra, & dalla ſiniſtra
al
Timpano che è nel perno, & iui ſi annodano: dipoi d'intorno al Timpano un'altra fune
ſi
riporta all'argana.
queſta uoltata a torno riuolgendo il Timpano, & il perno, fa che le
funi
legate al perno ſi ſtendino parimente, & coſi dolcemente ſenza pericolo leuano i pe­
ſi
.
Ma ſe la machina hauerà un Timpano maggiore, o nel mezo, o in una eſtremità cal­
candoui
in eſſo gli huomini, ſenza la manifattura dell'argana potrà hauer.
effetti piu
eſpediti
.
Tutta la difficultà d'intender bene l'artificio della ſopraſcritta machina, è poſta nell'ordimento
delle
funi.
Vitr. dice prima l'effetto ſuo, che è di leuar peſi di maggior importanza, che la ma­
china
poſta al ſecondo Cap.
Poi dimoſtra il modo di fabricarla: chiama egli colloſſicotera quelle
coſe
che & di peſo, & di grandezza eccedono l'ordinario: ſi come coloſſi dette ſono le grandiſſi­
me
ſtatue, & che ſono di molto maggior miſura della conſueta.
Drizzaſi la caualletta di groſſi,
& alti traui al modo ſopradetto: poi ſi fanno due taglie di quattro raggi per una, due diſotto &
due
di ſopra al pari, una di quelle, alla qual ſi attacca l'uncino hauer deue un buco da baſſo,
1che paſſi al contrario de i pernuzzi de i ſuoi raggi, l'altra legar ſi deue al capo di ſopra della ma­
china
.
L'ordimento è queſto. ſi fa paſſare il menale per lo foro della taglia di ſotto, di modo che
i
capi di eſſo ſiano eguali da una parte, & dall'altra.
queſti eſſer deono riportati alla taglia di ſo­
pra
, & inueſtiti dalla parte di fuori ne i raggi di ſotto: ma perche ſtian fermi, & tenghino drit­
te
le taglie, prima che s'inueſtino, è neceſſario legarli con una cordicella attorchiata, & anno­
data
, che gli tenga dritti lungo la taglia.
Paſſati adunque i due capi per liraggi di ſotto della ta
glia
ſuperiore dal di fuori, ſi mandano a baſſo, & ſi fan paſſare dalla parte di dentro della taglia
per
li raggi di ſotto, & di nuouo ſi riportano alla taglia di ſopra, & ſi fan paſſare dal di fuori per
li
raggi di ſopra, & mandati giu ſi fan paſſare dal di dentro per li raggi di ſopra della taglia infe­
riore
, dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, & d'indi al perno del Timpano ſtrettamente ſi legano: per­
che
eſſendo a torno del Timpano inuolta un'altra fune, & riportata all'organa, ne ſegue, che ri
uolta
a torno riuolgendoſi il Timpano, & il perno, le funi legate a torno il perno parimente ſi ſten
dino
, & coſi dolcemente leuano i grandiſſimi peſi.
Et ſe il Timpano fuſſe maggiore ſi potrebhe le
uar
la manifattura dell'argana, perche gli huomini col calcarui dentro lo farebbeno girare ageuol
mente
, perche nelle grandiſſime ruote calcando gli huomini ſi mouono grandiſſimi peſicon una fune
riuolta
, perche è quella proportione del diametro della ruota al diametro del perno, che è del pe­
ſo
alzato, al peſo, & alla forza de gli buomini, che ſono dentro la ruota, & però le ſtange del­
l
'argane eſſer deono lunghe, accioche ſecondo la proportione della lunghezza ciaſcuno de i capi lo
ro
ſcemi il peſo, la doue ſe raddoppiate ſaranno, riduranno il peſo alla metà, & quattro alla
quarta
parte: di modo, che ſe con una ſtanga d'un braccio quattr' buomini moueranno cento li­
bre
di peſo, egli auerrà, che con quattro ſtanghe di ſei braccia, i medeſmi ne leueranno due mila
& quattrocento, ſottratta però la giunta del peſo delle ſtanghe, il che importa poco.
La figura
della
machina, è al ſuo luogo.
D'un'altra ſorte di machina da tirare. Cap. V.
Evui un'altra ſorte di machina aſſai artificioſa, & accommodata alla preſtezza
ma
il porſi a farla, è opera di periti; imperoche egli è un traue, che ſi drizza
in
piedi, & da quattro parti con ritegni tenuto, ſotto i ritegni ſi conficcano
due
manichi, a i quali con funi ſi lega una taglia, ſotto la quale è poſto un re
golo
due piedi lungo, largo ſei dita, groſſo quattro.
le taglie hanno per larghezza tre or­
dini
di raggi, & coſi tre menali nella ſommità della machina ſi legano, & dipoi ſe riporta­
no
alla taglia da baſſo, & ſi fan paſſare dalla parte di dentro per li ſuoi raggi di ſopra, d'in­
di
ſi riportano alla taglia di ſopra, & s'inueſteno per la parte di fuori nelia di dentro ne i
raggi
di ſotto, quando ſaranno per la parte di dentro ſceſi, & per li ſecondi raggi ſi trapor
tano
nella parte di fuori, & ſi riportano di ſopra a i ſecondi raggi trapaſſati tornano al
baſſo
, & dal baſſo ſi riportano al capo, & inueſtiti ne i primi raggi di ſopra, ritornano a i
piedi
della machina.
Ma nella radice di quella ſi pone la terza taglia da Greci Epagon da
noſtri
Artemon nominata.
legaſi queſta alla radice della machina, & ha tre raggi, per li
quali
trapoſte le funi ſi danno a gli huomini, che le tirino, & cóſi tirandole tre ordini
d
'huomini ſenz'argana preſtamente alzano il peſo.
Queſta ſorte di machina ſi chiama
poliſpaſton
, imperoche per molti circuiti de raggi ci da & preſtezza, & facilità grande,
& il drizzare d'un traue ſolo porta ſeco queſta utilità, che prima quanto ſi uuole, & in
che
parte ſi uuole, & dalla deſtra, & dalla ſiniſtra puo deponere il peſo.
Le ragioni del­
le
ſopraſcritte machine non ſolo alle dette coſe, ma a caricare, & ſcarirar le naui fono ap
parecchiate
; ſtando altre di quelle dritte, altre piane poſte ne parettoli, che ſi uoltano, &
ancho
ſenza drizzar le traui nel piano con la iſteſſa ragione temprate le funi, & le taglie ſi
tirano
le naui in terra.
1
Bella, & ſottile ragione & inuentione di machina ci propone Vitr. & c'inſegna il modo di ſar
la
, l'ordimento delle funi, l'accommodarla per tir ar i peſi, il uocabolo, & l'uſo d'eſſa.
Dapoi
ci
fa auuertiti, come a molti modi, & per molti effetti ci potemo ſeruire delle ragioni delle machi
ne
ſopradette.
Preſuppone egli che drizziamo la machina, come s'è detto, & dice, che l'uſo è
per
far preſto, & che è artificioſa, & opera di perſone pratiche.
Drizzaſi un traue, da capo
del
quale ſi legano quattro funi, che egli chiama retinacoli, noi ſartie, queste ſi laſciano andar
in
terra, & ſi raccommandano a pali, come di ſopra.
l'ufficio di queſte funi è tenir dritta la ma­
china
, che non pieghi piu in una parte, che in un'altra.
ſotto queſte funi, o ſartie, o ritegni,
che
ſieno, la doue di ſopra legate ſono, ſi conficcano nelli lati del traue due manichi, tra quali è po
ſta
una taglia, & a quelli ben legata, ma ſotto la taglia, come per letto, è una piana di lunghez
za
di due piedi, larga ſei dita, groſſa quattro.
l'effetto di queſta, è tener dritta la taglia, & lon
tana
dal traue, accioche ſi poſſa far commodamente l'ordimento delle funi.
Tre taglie ui uanno,
due
delle quali hanno nella larghezza loro tre ordini di raggi, come ti moſtra la figura.
l'ordi­
mento
delle funi è queſto.
piglianſi tre menali, & ſi legano bene alla ſommità della machina al
traue
, i capi di quelli ſi laſciano andar giu, & per la parte di dentro della taglia di ſotto ſi fanno
paſſare
tutti tre ordinatamente ne i raggi di ſopra, cioè del primo ordine, paſſati che ſono tutti
tre
ſe riportano alla taglia di ſopra, & ſi fan paſſare dalla parte di fuori nella parte di dentro per
li
raggi di ſotto, & coſi diſcendeno per la parte di dentro, & s'inueſteno nel ſecondo ordine de i
raggi
, & paſſano alla parte difuori, queſti di nouo ſi riportano alla taglia di ſopra al ſecondo or­
dine
de i raggi & trapaſſati che ſono calano giu, & dal terzo ordine de raggi, ſi riportano al ca­
po
della machina, & inueſtiti, che ſono nell'ordine de i raggi di ſopra tutti tre i detti menali, ca
lano
al piè della machina, doue è legata la terza taglia, che da Greci è detta Epagon da latini
Artemon
, da noi Paſtecca: queſta hatre ſoli raggi al pari, ne i quali uanno i tre menali, o co­
dette
che ſi dicano, queſti ſi danno a perſone, che li tirano a tre per capo, doue con facilità ſi le­
uano
i peſi, & la figura lo dimoſtra in una mano de i raggi nudi, perche meglio s'intenda, & da i
praticanti
ſarà bene inteſa: Et queſta ſorte di machina dalla moltitudine de i raggi è detta poliſpa
ſton
.
L'effetto è tale, che ammollando destramente quelli ritegni, & ſartie, ſi puo far piegare in
che
parte ſi uuole, & deporre i peſi, doue torna bene.
Ma l'uſo di tutte le predette machine,
quando
per li loro uerſi accommodate ſaranno, ſi estende in piu fattioni: imperoche & per carica
re
, & per ſcaricare le naui ſon buone.
l'arbore della naue ci ſerue & le funi ſue, & quando il
peſo
è alzato al pari della costa del nauilio, ſi fa andar il nauilio alla parte, & in banda, & coſi
il
peſo ſi ſcarica, o in terra, o in altro nauilio minore.
le medeſime machine steſe in terra, & or­
dinate
uarano le naui, & le t<14>rano in acqua.
il tutto è posto in bene accommodarle, & aſſicu­
rarle
ne i manichi, & in quelli strumenti che Vitr. chiama Carcheſi, che ſono, per quanto sti­
mo
io, certi strumenti, doue entrano le stanghe, che uoltano i perni delle ruote, ode i Timpani,
o
de naſpi.
altri dicono, che hanno la figura della lettera Δ, ma forſe ſono ſimili a quelli, che noi
chiamamo
parettoli, ſopra i quali ſi uolta una bocca di fuoco per tirar in ogni uerſo, come ſi ue­
de
nelle naui, & nelle galere, & nella figura.
D'una ingenioſa ragione di Cteſifonte, per con­
durre
i peſi.
Cap. VI.
Non è alieno dall'inſtituto noſtro eſponere una ingenioſa inuentione di Cteſi­
fonte
: percioche uolendo coſtui condurre dalle botteghe de i tagliapietra in
Efeſo
al Tempio di Diana i fuſti delle colonne, non fidandoſi ne i carri per la
grandezza
de i peſi, & per le uie de i campi molli temendo, che le ruote non
1fondaſſero troppo, in queſto modo tentò di fare. Egli poſe inſieme quattro pezzi di le­
gno
molto bene commeſsi groſsi quattro dita, due trauerſi trapoſti tra due lunghi quan­
to
erano i fuſti delle colonne, & nelle teſte de i fuſti impiombò molto bene i pironi di fer­
ro
, che Cnodaces detti ſono a guiſa di pernuzzi, & in que legni poſe gli anelli, ne i quali
haueſſero
ad entrar i detti pironi, & con baſtoni di elce legò le teſte.
I pironi adunque
rinchiuſi
ne i cerchielli liberamente ſi poteano tanto riuoltare, che mentre i buoi ſottopo­
ſti
tirauano i fuſti delle colonne uolgendoſi ne i pironi, & ne i cerchielli ſenza fine ſi gua­
uano
.
Hauendo poi a queſto modo condotto tutti i fuſti, & eſſendo neceſſario tirar an­
cho
gli architraui, il figliuolo di Cteſifonte Metagene nominato, traportò quella ragio­
ne
della condotta de i fuſti alla condotta de gli architraui: imperoche egli fece ruote gran
di
da dodici piedi, & con la iſteſſa ragione con pironi è cerchielli ſerrò nel mezo di quelle
ruote
i capi de gli architraui, & coſi eſſendo tirati que legni da buoi rinchiuſi ne i cerchiel
li
, i pironi uolgeuano le ruote, & gli architraui ſerrati come perni nelle ruote, con la iſteſ
ſa
ragione, che condotti furono i fuſti delle colonne, peruennero al luogo doue ſi fabr­
caua
.
l'eſſempio di tal coſa è come quando nelle paleſtre ſi ſpianano con i cilindri i luoghi
doue
ſi camina: però queſto haurebbe potuto fare ſe il luogo non fuſſe ſtato uicino,
perche
da i tagliapietra al Tempio non ui ha piu d'otto miglia, ui è alcuna diſceſa, ma
il
tutto è piano campeſtre.
La interpretatione, & la pratica fa manifesto quello, che dice Vitr. & cilindro era una pietra
di
forma di colonna per iſpianare, & orſare, come dicemo noi i terrazzi.
Ma quanto biſogni
prima
penſarci ſopra, auanti che ſi dia principio a tali impreſe di condurre le coſe grandi Vitr. ci
dimoſtra
in un bello eſſempio dicendo.
Ma a noſtri giorni eſſendo nel Tempio, doue era il coloſſo d'Apollo per uecchiezza rot
ta
la baſa, & temendoſi, che la ſtatua non ruinaſſe, & ſi rompeſſe, conduſſero chi dalle
iſteſſe
petraie tagliaſſero la baſa.
Paconio ſi preſe il carico. Era queſta baſa lunga dodici
piedi
, larga otto, alta ſei, queſta Paconio gonfio di uanagloria non come Metagene ten
di condurre, ma con la iſteſſa ragione ad un'altro modo ordinò di fare una machina:
imperoche
egli fece le ruote alte 15 piedi, nelle quali rinchiuſei capi della pietra, dapoi a
torno
la pietra da ruota a ruota ui acconciò fuſi groſsi due dita in modo, che tra fuſo è fi­
ſo
non era la diſtanza d'un piede: oltra di queſto d'intorno a i fuſi circondò una fune, &
poſtoui
ſotto i buoi tiraua la fune, & coſi ſciogliendoſi la fune uoltaua le ruote; ma non
poteua
per dritto tirarle, perche la machina uſciua hora in una parte, hora in un'altra, dal
che
egli era forzato di nuouo tirarla indietro, & coſi Paconio tirando, è ritirando con­
ſumò
il dinaio, ſi che egli non hebbe poi da pagare.
Et queſto luogo è ancho facile, perche Paconio fece un rocchello, come dicemo noi, nel quale
ſerrò
la pietra, & la corda, che era d'intorno al detto rocchello ſi uolgeua hora in un luogo ho­
rain
un'altro, & però non poteua tirar dritto, ma quanto tiraua inanzi, tanto la machina ſi tor
ceua
, & per drizzarla, tanto era neceſſario tirarla in dietro, & coſi la fatica era uana, come
quella
di Siſifo, per la colpa della uanità ſua, leggi Leone al ſeſto delſeſto.
Come trouato s'habbia la petraia, della quale fu fatto il
Tempio
di Diana Efeſia.
Cap. VII.
IO uſcirò alquanto di propoſito, & dirò come trouate furono queſte petraie.
Piſſodoro
ſu paſtore, & praticaua in queſti luoghi, Penſando gli Efeſi di far
un
Tempio a Diana, & deliberando di ſeruirſi del marmo di Paro, Preconeſ­
ſo
, Heraclea, & di Thaſo, auuenne, che in quel tempo Piſſodoro cacciate a
1i paſcoli le pecore in que luoghi, & iui concorrendo due montoni per urtarſi l'un l'altro
ſenza
incontro ſi trapaſſarono, & con empito l'uno percoſſe il ſaſſo con le corna, dal qua­
le
ſeagliò una pietra di bianchiſsimo colore.
Dal che ſi dice, che Piſſodoro laſciaſſe le pe
core
ne i monti, & portaſſe correndo quella croſta in Efeſo allhora quando di cio ſpecial
mente
conſultauano.
coſi deliberaron di honorarlo grandemente, & gli mutarono il no­
me
, che in uece di Piſſodoro fuſſe Euangelo (cioe buon nuncio) nominato, & fin'al di
d
'hoggi ogni canti meſi il magiſtrato di Efeſo ſi conduce in quel luogo, & gli fa ſacrificio:
& caſo che cio fuſſe da quello pretermeſſo, è tenuto alla pena.
La uanagloria ingannò Paconio, l arte aiutò Cteſifonte, & Metagene, il caſo fece fauore a
Piſſodoro
.
Et Vitr. ci ha recreati con queſta digreſſione uedendoci hauere ſtanca, & intricata
la
ſantaſia con ruote, corde, timpani, argani, et girelle.
Hora egli paſſa dopo la fabrica al di­
ſcorſo
, & fa ſopra le dette coſe una belliſſima conſideratione dicendo.
Del mouimento dritto, & circolare che ſi richiede a le­
uar
i peſi.
Cap. VIII.
Delle ragioni, con le quali ſi tirano i peſi breuemente io ho eſpoſto quelle coſe,
che
io ho giudicate neceſſarie.
Vitr. nel primo Cap. di queſto libro ha detto, che machina era una continua colli
gatione
di legname, che hauea uirtù grande a muouere i peſi.
Queſto fin hora egli
ci
ha dimoſtrato.
Ha detto ancho, che la machina ſi muoue con artificio di molti giri: questa
parte
hora egli ci eſpone, alche douemo por mente, per eſſer il fondamento di tutti gli artificij,
oltra
che ci farà intender molte belle coſe delle Mecaniche di Ariſtotile.
Dice adunque.
Delle ragioni da tirar i peſi, quelle coſe io ho breuemente eſpoſto, che io ho giudica­
te
neceſſarie, i mouimenti, & le uirtù delle quali due coſe diuerſe, & tra ſe diſsimili come
conuengono
, coſi ſono principij a due operationi, uno di que principij, è il mouimento
dritto
, Euthia da Greci nominato: l'altro è il mouimento circolare chiamato Cyclotis,
ma
inuero il dritto ſenza il circolare, il circolare ſenza il dritto puo fare, che i peſi
ſi
leuino.
La propoſitione di Vitr. è queſta, che il mouimento dritto, & il circolare, benche ſiano due co
ſe
diuerſe, & che ſimiglianza tra ſe non habbiano, pure concorreno a fare i merauiglioſi effet­
ti
, che tutto uedemo nell'alzar i peſi, uno può ſtar ſenza l'altro: ma come cio adiuegna
Vitr
. daſe ſteſſo l'eſpone, dicendo.
Ma come quello, che io ho detto, s'intenda, eſponerò. Entrano i pernuzzi ne i raggi
come
centri, & nelle taglie ſi pongono, per queſti raggi la fune ſi uolge con dritti tiri, &
poſta
nel molinello per lo riuolgimento delle ſtanghe fa, che i peſi ſi leuino in alto, & i
cardini
del molinello come centri del dritto ne i gattelli collocati & ne i ſuoi buchi po­
ſte
le ſtanghe uoltandoſi in giro le teſte a ragione di torno alzano i peſi.
Per indottione proua Vitr. che il dritto, & il circolare entrano a i mouimenti delle coſe, &
prima
ne gli ſtrumenti delle taglie, ſtanghe, et molinelli, perche i giri, i raggi gli auolgimenti ri­
ſpondeno
al circolare, le funi, le stanghe i perni riſpondeno al dritto nelle ſopraposte machine,
dapoi
ne gli altri ſtrumenti, come qui ſotto dimoſtra dicendo.
Similmente come la ſtanga, o leua di ferro quando è appoſta al peſo, quello, che
non
puo da molte mani eſſer leuato, ſottopoſto a guiſa di centro, per dritto quello, ſo­
pra
che ſi ferma la manouella, che hypomochlion da Greci è detta, quaſi ſotto ſtanga,
& poſta ſotto il peſo, la manouella, o lenguella della ſtanga, & calcato il capo di quella
dalle
forze d'un huomo ſolo, quel peſo ſi leua.
1
Molte questioni pertinenti alle Mecaniche di Arist. in poche parole poſte, & riſolute ſono da
Vitr
. in questo luogo.
Però conſider ar biſogna le regole generali, & i principij di tutte. In
ogni
artificioſo mouimento ſono quattro coſe il peſo, la forza, che lo muoue, lo strumento, con
che
ſi muoue, detto Vectis Latinamente, Mochlion in Greco, Leua in Volgare, & quello ſopra
che
ſi ferma la Leua Hypomochlion in Greco, Preſſio in Latino, & Sottoleua direi in Volgare.

tutte
queste coſe dalla stadera alla bilancia, & dalla bilancia alla ragione del circolo ſi uanno ri
ducendo
.
Oſſeruaſi adunque, che le parti piu lontane dal centro fanno maggiore, piu presto,
& piu euidente effetto, che le uicine, perche ſono piu lontane dallo immobile, & meno parteci­
pano
della natura del centro, doue ſono meno impedite eſſendo lontane dal centro, & quelli peſi,
che
ſono da i capi piu lontani dal centro, per le loro naturali inclinalioni, tendendo al baſſo ſono
meno
impediti, & piu presto drizzano al perpendicolo, che li piu uicini, & però in ogni stru­
mento
conſiderar ſi deue, o il centro, o quello, che come centro ſi piglia.
Nella bilancia adun­
que
, & nella stadera il centro è quel punto del pirone, che trapaſſa l'orecchia, che anſa, & la
lenguella
, che Eſſame è nominata.
Questo luogo del centro, è come la ſottoleua, perche ſopra
quello
ſi ferma la leua, & nella bilancia le braccia, o raggi, che Scapi da i Latini ſi dicono,
rappreſentano
la leua, che ſono come linee, che ſi parteno dal centro.
Quando adunque questi
raggi
ſono eguali di grandezza, & di peſo le teste loro, eſſendo la bilancia ſoſpeſa, non piegano
una
piu dell'altra, ma ſono egualmente distanti dal piano: ma quando ſe le peſo da uno de capi
forza
è, che trabocchi la bilancia: & piu presto traboccherà, & con minor peſo quando il rag
gio
ſarà maggiore, & il peſo piu lontano dal centro per la ſopradetta ragione: però diceſi nelle
Mecaniche
, che le bilancie, che hanno i fusti maggiori ſono piu certe, cioè piu presto.
& con
minor
peſo bilanciano, & piu certo dimoſtrano il peſo, percioche per ogni lieue aggiunta ſi muo­
ueno
, & in egual, o minore ſpatio di tempo, fanno maggiore ſpatio di luogo.
Ma biſogna inten
dere
, che tutte le coſe ſian pari, & che la materia ſia uniforme, & eguale per tutto di peſo, &
di
lunghezza.
Prendeſi la lunghezza de i raggi dal punto di mezo, che per centro, o ſottoleua
ſi
pone.
ſtender ai due raggi eguali mouendoſi i capi di quelli uno all'ingiu, & l'altro all'inſu co­
mincieranno
a diſegnare un circolo ad uno iſteſſo tempo, & ciaſcuno parimente finir à la ſua metà
del
circolo quando ſaranno peruenuti l'uno al luogo dell'altro, ma ſe i raggi della bilancia non ſa­
ranno
di pari lunghezza, mouendoſi al ſopradetto modo, ſegneranno circoli diſeguali, ſi che il rag
gio
maggiore farebbe circonferenza maggiore, quando gli laſciaſſe un ſegno, & però mouendoſi
l
'uno, & l'altro capo ad un iſteſſo tempo, piu ueloce mouimento farebbe il capo maggiore.
Que­
ſto
s'intende della bilancia, o ſia ella ſoſpeſa dal diſopra, come ſi uſa per la piu parte, o ſia ſoſte­
nuto
con un piè di ſotto come la figura lo dimoſtra.
Euui un'altra maniera di bilancia, che piu
preſto
meza bilancia ſi puo chiamare, & è detta ſtadera.
Queſta ba i raggi ſuoi diſeguali, & do
ue
è il minore, iui ſi attacano i peſi.
In queſta è il centro, o la ſottoleua, come nella bilancia,
doue
è la lenguella.
l'altro raggio è maggiore, & ſi ſegna con d uerſi punti, ſopra i quali ua
giocando
un peſo mobile detto il marco, ma da latini equipondio, & da Greci sferoma, affine,
che
hora piu uicino, hora piu lontano al punto di mezo, leui i maggiori, & i minori peſi.
queſti
riſponde
alla forza, che muoue, che come forte mano calca il raggio maggiore nella ſtadera, il ſi
mile
fa il ſecondo peſo del braccio minore, & ſe egli ſi mutaſſe l'orecchie & la lenguella alla ſta­
dera
, ſi puo dire, che ella fuſſe piu bilancie, & per molte bilancie ſi puo uſare uariandoſi i luo­
ghi
delle orecchie, & delle lenguelle per lo leuare di diuerſi peſi.
Quanto adunque è piu uicina
la
orecchia, & la lenguella alla lance, che è quella catena, doue ſi attacca il peſo, tanto piu
ſi
leua il peſo, che è in eſſa lance, percioche la linea, che è dall'orecchia al marco è maggio­
re
.
Ecco adunque come la stadera, & la bilancia ſiriduceno alla ragione del circolo. ſimil­
mente
la leua ſi riduce alla isteſſa ragione, perche la leua è come il raggio della b lancia, la ſot­
toleua
come il centro, il peſo riſponde alla coſa moſſa, & la mano di chi calca, a colui, che muo­
ue
, & quanto è maggiore la stanga dal punto, oue ella ſi ferma, tanto piu facilmente ſi muoue il
1peſo per le dette ragioni; di qui naſce, che apunt ando un legno a mezo nelle ginocchia, & tenen­
doſi
i capi di quello con le mani, quanto piu lontane ſi teniranno le mani dal ginocchio, che è co­
me
centro, tanto piu facilmente ſi romperà il legno.
ſimil effetto ne naſcerebbe, ſe egli ſi calcaſſe
un
capo del legno col piede, & diſtante da quello ſi teneſſero le mani.
Et ancho entrando un po­
co
di cugno in un groſſo, & duro zocco, & percotendoſi con un maglio quel cugno, facilmente
ſi
ſpczzail legno, perche il cugno è come la leua, anzi come due, una di ſotto l'altra di ſopra,
& quelle parti del zocco, che ſono tocche da quelle ſono come centri, & ſottoleue: & la forza di
chi
percote è il mouente, & quella parte del legno, che tocca dalla punta del cugno, riſponde al pe
ſo
da eſſer leuato.
Similmente quelle forbici, che hanno imanichi maggiori tagliano, o rompe­
no
piu presto le coſe dure, che le minori, & finalmente tutte le queſtioni mecaniche d'intorno a
peſi
ſi riduceno a queſte ragioni, come a chi conſidera puo eſſer manifeſto: però hauendo noia ba­
stanza
diſcorſo ſopra il preſente capo, ſeguiteremo Vitruuio, il quale hauendo prouato nella leua
il
mouimento dritto, & detto l'effetto di eſſa, ſeguita a dirne la ragione.
Et queſto naſce perche la parte dinanzi piu corta della leua entra ſotto il peſo da quella
parte
della ſottoleua, che è come centro, & il capo della leua, che è piu lontano dal centro
mentre
che è calcato facendo il mouimento circolare coſtrigne col calcare con poca for­
za
porre in bilico un grandiſsimo peſo.
Il mouimento dritto prouato di ſopra ha biſogno del mouimento circolare. questo proua Vi­
tru
. nella leua, ilche ſi uede chiaro, percioche tanto il capo del raggio minore, quanto del mag­
giore
diſegna i circoli, come nella bilancia s' è dimostrato.
Simigliantemente ſe la lenguella della leua di ferro ſarà poſta ſotto il peſo, & che il ca­
po
col calcare non a baſſo, ma per lo contrario in alto ſarà leuato, la lenguella apuntan­
doſi
nel piano della terra hauerà quello in luogo di peſo, & l'angulo del peſo in luogo di
ſottoleua
, & coſi non tanto facilmente, quanto per la ſottoleua alzerà, nientedimeno all'op
poſto
del peſo nel carico ſarà commoſſo.
Quello, che dice Vitr. benche con modo difficile detto ſia, però ſi puo intendere a queſto modo,
che
non ſolamente la leua ſi adopera calcando uno de capi ſtandoui ſotto eſſa leua, & alzando il
peſo
, come egli ha detto di ſopra: ma alcuna fiata per ſpigner un peſo, ſi punta la lenguella del­
la
leua ſotto eſſo nella terra, laqual lenguella è ferrata, & propiamente è la leua della ſtanga, &
l
'altro capo ſi alza con le mani, di modo che quel punto del peſo, che ha da eſſer ſpìnto, è come
centro
, & ſottoleua, & la terra è come il peſo, & il carico, & ſe bene a queſto modo ſi ſpigne
un
peſo, non però coſi facilmente è moſſo, come quando l'uno de capi s'inalza: & la figura di
quanto
s' è detto è al fine del preſente capo.
Dalle ſopradette coſe Vitr. conclude.
Adunque ſe la lenguella della leua è poſta ſopra la ſottoleua, ſottentrerà al peſo con la
parte
maggiore della ſtanga, & il capo di quella ſarà calcato piu uicino al centro non
potrà
alzar'il peſo, ſe non (ſi come è ſtato ſopraſcritto) il bilico, & l'eſſame della leua ſarà
piu
lungo dalla parte della teſta, & non ſarà fatto appreſſo il peſo.
Nella leua, come ho detto è il capo, & è quella parte che ſi calca con le mani, & la leng uella,
che
è quella parte, che ſott' entra al peſo ferrata da capo, tutta la leua è in due raggi partita, da
quel
punto, che tocca la ſottoleua.
ſe adunque da quel punto alla lenguella ſarà il raggio piu lun­
go
, che dallo iſteſſo punto al capo, non ſi potrà leuar il peſo, & la ragione è in pronto, perche il
raggio
maggiore rappreſenta la linea maggiore, che ſi parte dal centro, & però fa piu mouimen­
io
: & queſto ſi proua da Vitr. in questo modo, quando egli dice.
Et queſto ſi puo conſiderare dalle ſtadere, perche quando la orecchia è uicinal al capo,
doue
pende la lance, nelqual luogo ella è come centro, & che il marco, o romano, detto
equipondio
, nell'altra parte del fuſto uagando per li ſegni, quanto è piu lontano con­
dotto
, ſe ben fuſſe preſſo all'eſtremo del fufto, ancho con men pari peſo agguaglia il pe­
ſo
, che è dall'altra parte, ſe bene è grandiſsimo, & queſto adiuiene per lo bilanciar del fu-
1ſto, & perche la leua è lontana dal centro. Et con la picciolezza del marco piu debile
leuando
in un momento maggior forza di peſo ſenza uehemenza dolcemente conſtrigne
dal
baſſo al diſopra leuarſi.
Queſto ancho s'intende, per le coſe dette diſopra da nol, quando dimostrato hauemo, che co­
ſa
è stadera, che parti habbia, & che effetti faccia.
Ariſt. nella uigeſima quinta questione diman
da
.
Perche cagione la ſtadera con un picciol marco peſa grandißimi peſi, concioſia che tutta la
ſtadera
altro non ſia, che meza bilancia, perche da una parte ſola pende la lance, allaquale ſi
appende
il peſo, dall' altra ſenza lance, è la ſtadera.
Scioglieſi la dimanda, che la stadera ci rap­
preſent
a & la bilancia, & la leua, imperoche è ſimile alla bilancia, quando ciaſcuna orecchia,
& lenguella puo mutar luogo ſecondo la quantità de i peſi, che uolemo leuare, & mutando il
luogo
, & facendo dinerſi centri, da una parte è la lance, ouer uncino doue s'appende il peſo, dal­
l
'altra è il marco, in luogo dell'altra lance, ilquale tira il peſo, che è nella lance, & a queſto mo­
do
la ſtadera è come la bilancia, & però fa gli effetti iſteßi per leisteſſe ragioni, & accioche una
stadera
eſſer poſſa diuerſe bilancie, ſe le pone diuerſe orecchie, & lenguelle, cioè ſi mutano i
centri
, doue la ſi tiene: uero è che quando peſamo una coſa, ella è come una ſola bilancia, per­
che
ha un centro ſolo, & due raggi, ma noi mutando il peſo mutiamo il centro, perche il marco
non
calca egualmente eſſendo piu uicino, o piu lontano al centro, imperoche quando peſamo al­
cuna
coſa, quanto piu il centro, doue è l'orecchia, è uicino al peſo, tanto piu ſi leua, perche la li­
nea
, cioè il fusto, che è dal centro al marco ſi fa maggiore.
Ecco adunque le ragioni della bilan­
cia
ritrouate nella stadera, che da Arist. è Phalange nominata.
S'aßimiglia anche alla leua, &
è
come una leua riuerſcia, perche ha dal di ſopra la ſottoleua, o preßione che ſi dica, che è la do­
ue
è il centro, ha la forza, che muoue, che è il marco, che calca il fusto, & calcando è neceſſa­
rio
, che il peſo, che è dall'altra parte faccia mutatione, & puo eſſer, che mutandoſi i centri ſi fac­
ciano
piu leue, come ſi faceuano piu bilancie.
Vero è che per l'ordinario alle stadere non ſi fan­
no
piu, che due trutine, cioè non ſi muta il centro ſe non in due luoghi, & quando ſi u a quella
trutina
, o quelle orecchie, che ſono uicine alla lance dicemo peſar alla groſſa, perche i ſegni, & le
croci
nel fusto ſegnati ſono piu larghi, ma quando uſamo il centro piu rimoto dicemo peſare alla
ſottile
, & i ſegni ſono piu uicini.
chiamaſi stadera, perche in luogo dell'altra lance sta il marco.
Et
tanto detto ſia della stadera.
Ancho ſi come il nocchiero d'una gran naue da carico tenendo l'anſa del temone, oiax
detta
da greci, in un momento con una mano per la ragione del centro calcando artificio
ſamente
uolge la naue carica di peſi grandiſsimi, di merci, & d'altre coſe neceſſarie.
Ariſtotile nella quinta queſtione dimanda, perche cagione eſſendo il gouerno picciolo & poſto
nella
eſtremità della naue, ha però tanta forza, che tenendo un'huomo l'anſa di quello nelle mani,
& uolgendola deſtramente, faccia tanto mouimento nelle naui di grandißimo carico.
Riſponde
dicendo
, che cio aduiene, perche il timone, & gouerno è come la leua, il mare come il peſo, il Noc
chiero
come la forza mouente, la ſottoleua ſono que cardini ne i quali è posto il temone, & il car
dine
è come centro di quel giro, che dall'eſtremità del temone dall'una, & l'altra parte è diſegna­
to
.
il temone adunque taglia il mare per dritto, & ſcacciandolo da un lato muoue la naue per tor
to
, & per questo eſſendo l'acqua come il peſo, il temone che per lo contrario ſi punta piega la
naue
, perche il centro, & l'appoggio era riuolto al contrario, alquale eſſendo la naue congiun­
ta
, di neceßità la naue lo ſeguita, di modo che ſe'l mare è ſcacciato dalla deſtra, il cardine ua alla
ſiniſtra
, & la naue ſeguita il cardine.
Mail temone ſi pone da poppa nella eſtremità della naue,
& non altroue, percioche ogni picciolo mouimento, che ſi fa da un'eſtremo, quanto maggior è
lo
ſpacio all'altro eſtremo, fa tanto maggior mouimento in quello, percioche le baſe, che rinchiu­
dono
quelle linee, che da uno angulo uengono, quanto piu lunghe ſono le linee tanto ſono maggio­
ri
.
Sia lo angulo A. le linee, che uengono da quell'angulo ſiano A C. & A D. la baſa.
C
D. non ha dubbio, che ſe le linee ſaranno allungate come dallo A. all' F. & dallo A.
1all' H. la baſa F H. non habbia ad eſſer maggiore, che la baſa. C D. quando adunque
ſi
far à un breue mouimento dalla poppa, per la lunghezza della naue da poppa à prora, la
ſiremita
della prora hauerà ſegnato gran parte di circonferenza, & maggiore di quella, che bau­
rebbe
ſegnato la lunghezza della poppa dell'albero, & però ſta bene, che il teinone, che è prin­
cipio
nel mouimento, & come angulo ſia ſu l'estremo.
Et ancho le uele alzate a mezo l'albero non danno tanta celerità alla naue, quanto ſe ſo
no
alzate le antenne alla ſommità: & la ragione è queſta, perche ſtando nella ſommità non
fono
uicine al piede dell'albero, che in quel luogo è in uece di centro, ma nella ſommità
piu
lontane, & da quello piu rimote pigliano le uele il uento.
Adunque ſi come la leua
ſottopoſta
al peſo, ſe per la metà è calcata, è piu dura nell'opera: ma quando il ſuo capo
eſtremo
è calcato, & menato alza facilmente il peſo, coſi eſſendo le uele a mezo albero
hanno
minor uirtù, ma quelle, che alla cima poſte ſono allontanandoſi dal centro, benche
il
uento non ſia piu gagliardo, ma lo iſteſſo calcando, o ſpignendo la cima sforza la na­
ue
andar piu innanzi.
Con lo iſteſſo uento, & con la medeſima uela anderà la naue piu forte eſſendo ghindata l'an­
tenna
alla ſommità dell'albero, che al mezo, la ragione è come nella ſesta queſtione ſi uede, per­
che
l'albero è come la leua; il piede, la doue ſi ferma, è come il centro, & ſottoleua; il peſo è la
naue
; il mouimento è il uento: ſe adunque il mouente calca, ò ſpigne le parti lontane dal centro
piu
facilmente muoue, che uicino al centro.
Ancho i remi con le ſtrope legati alli ſchermi ſpinti, & ritirati con le mani, allontanan­
doſi
dal centro le pale di eſsi nell'onde del mare con grande forza ſpingono la naue innan­
zi
, che è di ſopra mentre che la prora taglia la rarità del liquore.
Il remo è come leua, lo ſchermo come ſottoleua, il mare come peſo, ſecondo che ſi uede nella
quarta
dimanda: le braccia della leua ſono l'uno dallo ſchermo all'acqua, l'altro dallo ſchermo
alle
mani del galeotto: l'effetto è lo isteſſo della leua, & della bilancia, cerca le braccia maggio­
ri
, & minori, come è gia manifeſto.
I grandi peſi parimente quando portati ſono da quattro o ſei, che portano le lettiche,
ſono
poſti in bilico per li centri di mezo delle ſtanghe, accioche con una certa propor­
tione
partito il carico ciaſcuno de i baſtaggi porti col collo egual parte del peſo indiuiſo,
perche
le parti di mezo delle ſtanghe, nellequali s'inueſteno le cigne, a i collari de porta­
tori
ſono fitte, & terminate con chiodi, accioche non ſcorrino di quà, & di : perche
quando
oltra i conſini del centro ſi muoueno, premeno il collo di colui, che gli è piu ui­
cino
, ſi come nella ſtadera il marco, quando con l'eſſame ha i termini del peſare.
Dimanda Ariſt. nella uigeſimanona queſtione, donde naſce, che ſe due portano uno iſteſſo ca­
rico
ſopra una ſtanga, non egualmente ſono oppreſſi, ſe il peſo non è nel mezo, ma piu s'affatica
colui
, che è piu uicino al peſo ? riſponde che la ſtanga è in uece di due leue, la cui ſottoleua riuer­
ſcia
è il peſo, l'eſtremità della leua ſono le parti della ſtanga, che ſi uoltano uerſo i portatori, de
i
quali uno è in luogo del peſo, che nella leua ſi deue muouere, & l'altro è in uece della forza, che
muoue
, & però il braccio piu lungo della leua è quello che è calcato, & l'altro è come quello,
che
è ſotto il peſo, & ſe bene l'uno, & l'altro è oppreſſo, nientedimeno è piu oppreſſo quello,
che
è piu uicino al peſo, perche quello, che è piu lontano alza piu la parte ſua, come che gli ſia
piu
facile l'alzarla eſſendo piu lunga, & dal centro piu rimota; ma ſe il peſo steſſe nel mezo, la
fatica
con egual portione diuiſa ſarebbe, & tanto leuarebbe l'uno, quanto l'altro eſſendo egual­
mente
dal centro lontani.
Per la iſteſſa ragione i giumenti, che ſono ſotto il giogo, con egual fatica tirano i peſi,
quando
legati ſono in modo, che i loro colli ſiano egualmente diſtanti dal mezo, la doue
ſi
lega il giogo: ma quando di quelli ſono le forze diſeguali, & uno eſſendo piu gagliardo
preme
l'altro, allhora facendoſi trapaſſare la corregia, ſi fa una parte del giogo piu lunga,
1laqualc aiuta il giumento piu debile: coſi nelle ſtanghe, come ne i gioghi, quando le cigne
non
ſono nel mezo, ma fanno quella parte, dallaquale paſſa la cigna piu corta, & l'altra
piu
lunga: Con la iſteſſa ragione, ſe per quel centro doue è la cigna trappaſſata, l'uno &
l
'altro capo del giogo ſarà uoltato a torno, la parte piu luuga ſarà maggiore, & la piu cor­
ta
minore il ſuo giro.
Queſto è facile per le coſe dette di ſopra, però uolendo Vitru. dare una uniuerſale concluſione
prouata
da i primi principij, dice ſeguitando la ſua indottione.
Et ſi come le ruote minori hanno i mouimenti loro piu duri, & piu difficili, coſi le ſtan
ghe
, & i gioghi in quelle parti doue hanno minor diſtanza dal centro alle teſte loro pre­
meno
con difficultà i colli, & quelle, che hanno dallo iſteſſo centro ſpatij piu lontani, al­
legeriſceno
di peſo i portatori, & in ſomma & queſte coſe gia dette al predetto modo ri­
ceueno
i loro mouimenti col dritto, & col circolare, & ancho i carri, le carrette, i timpa­
ni
, le ruote, le uide, gli ſcorpioni, le baliſte, i calcatoi de i torchi & le altre machine con
le
iſteſſe ragioni per lo dritto centro, & per lo circolare riuoltate fanno gli effetti ſecon­
do
la noſtra intentione.
A me pare che Vitru. de i principij posti da lui, 'egli habbia proposto la ragione di tutte le ma­
chine
trouate, & che ſi poſſono trouare cerca l'alzare, il tirare, & lo ſpignere de i peſi, che
ſotto
un'iſteſſo nome di machina trattoria è contenuto: Laſcia questa bella conſideratione a gli
ingenioſi
, che il dritto, & il circolare mouimento, è principio di tutte le coſe dette, & che chi
ſaperà
in eſſe conoſcere il peſo, la leua, la ſottoleua, & la uirtù mouente, comparando queſte co­
ſe
inſieme, potrà render conto, & ſatisfare a tutte le dimande fatte nella preſente materia.
A
noi
reſta dire alcuna coſa d'intorno le ruote de carri, & cerca le uide, che hanno grandiſsime for­
ze
, & quaſi incredibili, & dirò quello che dice il Cardano nel libro decimo ſettimo della ſottili­
delle coſe.
Dice egli adunque con ſimiglianti ragioni ſi fanno le uide. Sia la uida a b.
cioè
quella che egli Coclea dimanda, & il maſchio cioè la uida c d, laquale ſi gira a'torno co­
me
ſi ſuole: ſia il manico giunto al maſchio e f. ilqual ſi uolge col perno g h. facilmente
per
la detta ragione delle ſtanghe, giunto ſia dal baſſo del maſchio a piombo un peſo di cento li­
bre
, & ſia m. uoltando ſi adunque il perno g h. egli ſi tirerà k l in ſu, & il peſo m. ande­
all'inſu, & per lo contrario uoltato il perno.
g h. & con la ragione iſteſſa ſi ſpignerà K l.
& piegherà il ferro opposto di una groſſezza incredibile, Ci reſta a dimostrare, che il peſo. m.
ſi
poſſa muouere, & con che ragione, perche eßendo centomila libre di peſo, & ſoſtenendo cia­
ſcuna
ſpira, o anello della uida il ſuo peſo, ſe ſaranno dieci uolte, o ſpire in ciaſcuna ſaranno dieci­
mila
libre, tanto rittengono di peſo in ciaſcuna ſpira, quanta è la proportione della ritondità alla
fune
, a cui è ſoſpeſo m. quanto adunque piu ſpire ſaranno, & piu ſtrette, & maggiori, tanto piu
lieue
ſi farà il peſo m. & il mouimento piu facile, benche piu tardo.
Adunque nello ſpacio di
due
braccia ſi puo fare una uida, con le ſpire tanto larghe, & coſi baſſe, che il peſo.
m. puo da
un
fanciullo di dieci anni eſſer alzato, ma come ho detto, quanto piu facilmete tanto piu lentamen
te
ſi mouerà.
Quando adunque ſarà tirato appreſſo la lunghezza l k. biſognerà ſoſpender il
peſo
a quelle coſe, che ſoſtentano la machina a i punti.
n. & o. & coſi cauata con il contra­
rio
mouimento. k l. appenderemo il peſo, & di nuouo tiraremo, & l'alzaremo tanto quanto è
lo
ſpacio k l. finche ſpeſſo legando il peſo, o ſia naue la trarremo del mare, o del fiume: & ſi­
mile
, o tale penſar douemo, che fuſſe lo strumento, con che Archimede tirò in merauiglia di ſe
la
leggierezza de Greci, perche a queſto modo un fanciullo potrà tirare una naue carica, che
uinti
gioghi di buoi non la potrian muouere.
ella è di acciaio duriſſimo, perche non ſi torca, leg­
geriſſimo
accio non ſia impedita, ſoda, & unta di oglio, perche l'oglio fa ſcorrere, & non laſcia
irruginire
: & quanto lo ſtrumento è minore, tanto piu ci da merauigliare.
Ma paßiamo a i
carri
.
quelli, che hanno ruote maggiori in terra molle con facilità, & preſto ſi muoueno, perche
il
fango, che s'accoſta, tocca minima parte delle ruote, & meno impediſce, & ſempre la ruota
1maggiore fa piu ſpacio la, doue ella ſia ſofficiente al peſo, & quanto le ruote ſaranne di numero
minore
, il uiaggio ſi fa piu preſto.
perche le molte ſe ſono picciole, con minor circuito fanno mi­
nor
ſpacio.
Se grandi, alla forza aggiungono ancho il peſo, però abbracciano piu ſpacio, &
perciò
ſono piu tarde al mouimento.
Però gl Imperatori Romani ſi faceuano portare ne i carri
di
due ruote, perche la doue il peſo non è molto graue, o con piu caualli ſi tira, o il uiaggio ſi fa
piu
preſto, & per queſto le artiglierie ſi tirano ſopra due ruote.
Di nuouo la ragione della facilità
a
queſto è del tutto contraria, perche nel ſodo piu ruote, & picciole fanno alla facilità, perche
il
peſo ſi comparte per le ruote, dalche ſi fa l'aggiunta, & non la moltiplicatione di quelle pro­
portioni
.
Ecco l'eſſempio. moltiplicate tra ſe ſei doppie, rendeno la ragione di ſeſſantaquattro ad
uno
, ma le iſteſſe giunte inſieme fanno duodecupla, perche è gran differenza tra il moltiplicar,
& il ſommare delle proportioni.
Se una ruota adunque porta il peſo di ſeſſantaquattro libre, tan­
to
uale in ſei ruote dodici.
ſimilmente non ſolo dal numero, ma ancho dalla picciolezza ſi prende
aiuto
, perche quanto piu tarde, tanto piu facilmente ſi muoueno.
Si ancho la terza ragione
della
facilità, quando il perno non è tanto oppreſſo, piu facilmente eſſendo libero ſi riuolge, &
coſi
ua ſeguitando.
ma noi poneremo qui ſotto la figura di tutte le ſoprapoſte coſe, & del preſen­
te
, & de i paſſati capitoli.
F la Taglia di ſopra, & il luogo doue ella ſi lega.
L la Taglia di ſotto detta Artemone, et Paſtecca, & in Creco Epagon.
<19> il Peſo.
A la Leua, che s'appunta in terra, & lenguella è detto il ſuo capo.
3 il Peſo.
1 la ſottoleua detta Hypomochlium, & Preſſio in latino.
2 la leua, o manouella detta Vectis in latino, Mochlion in Greco.
V il Marco, in latino detto Equipondium, in Greco Sferoma.
Q S Lances.
X Lances.
R Anſa, Examen, Lenguella.
8 Cuneus, Cugno.
7 9 Stanga. 10 Peſo.
H G Manico o ſtanga.
M Peſo.
O N Coclea la Vida.
D i Pali.
L doue ſi attacca la Paſtecca detta Artemo.C Chelonia le orecchie.
F la Regola.
B Antarij funes le Sartie.
E il luogo de i Menali.
X la Bilancia appoggiata.
1 141[Figure 141]
1
Delle ſorti de gli strumenti da cauar l'acque, & prima
del
Timpano.
Cap. IX.
Hora de gli ſtrumenti dirò, iquali ſtati ſono ritrouati per cauar l'acqua, eſpo­
nendo
la uarietà loro, & prima io ragioncrò del timpano.
Queſti non mol­
to
alto leua l'acqua, ma molto eſpeditamente ne caua una gran quantità.
gli
ſi
fa un perno a torno, o a ſeſta, con le teſte ferrate, queſti nel mezo ha un tim­
pano
di tauole fermate & poſte inſieme, & ſi pone ſopra alcuni legni dritti, che dalle teſte
hanno
certi cerchielli di lame di ferro, doue ſi poſa il perno, ma nel cauo di quel timpa­
no
poſte ſono dentro per trauerſo otto tauole, che con uno de capi loro toccano il per­
no
, & con l'altro l'eſtrema circonferenza del timpano.
queſte tauole comparteno la parte
di
dentro del timpano con ſpacij eguali.
D'intorno alla fronte, cioè per taglio, o colello
del
timpano, ſi conſiccano certe tauole laſciandoui l'aperture di mezo piede, accioche l'ac­
qua
poſsi entrar nel timpano: ſimilmente lungo il perno ſi laſciano i buchi, che colomba­
ri
detti ſono, cauati come'canali nello ſpacio di ciaſcuno di que compartimenti, & que­
ſto
timpano quando è bene impegolato, & ſtoppato, come ſi fan le naui, è uoltato da gli
huomini
, che lo calcano, & riceuendo l'acqua per le apriture, che ſono nella fronte del
timpano
manda quella per li buchi, o colombari del perno, & coſi ſottopoſtoui un labro,
dalqual
eſce un canale, o gorna che dir uogliamo, ſi una gran copia d'acqua, & ſi ſum­
miniſtra
, & per adacquar gli horti, & per le ſaline.
Ma quando ſarà biſogno alzar l'acqua
piu
alto, la iſteſſa ragione ſi permuterà in queſto modo.
Faremo una ruota d'intorno al
perno
della grandezza, che all'altezza, doue farà biſogno poſſa conuenire.
D'intorno al­
l
'eſtremo lato della ruota ſi conſiccheranno i ſecchielli, modioli nominati; queſti eſſer
deono
quadrati, & con cera, & pece raſſodati: & coſi uoltandoſi la ruota da quelli, che
la
calcheranno, i ſecchielli, che ſaranno pieni portati alla ſommità di nuouo ritornando a
baſſo
uoteranno da ſe nella conſerua per queſto apparecchiata, che caſtello ſi chiama, uo
teranno
dico quell'acqua, che haueranno ſeco in alto portata.
Ma ſe a piu alti luoghi ſi
douerà
dar l'acqua, nel perno della ſteſſa ruota ſi porrà una catena di ferro raddoppiata,
& riuolta, & ſi calerà al baſſo liuello dell'acqua.
a queſta catena ſaranno appoſti i ſecchiel­
li
pendenti di rame di tenuta d'un congio: & coſi il uoltar della ruota inuolgendo la cate­
na
nel perno, alzerà alla ſommità, que' ſecchielli, i quali alzati ſopra il perno ſaranno con­
ſtretti
a riuerſciarſi, & uotare nella conſerua, quell'acqua, che haueranno portata.
Et la interpretatione, & le figure, & l'hauer inteſo le coſe piu difficili, & il uederne ordina­
riamente
gli eſſempi mi leuan la fatica di commentare queſto, & altri capi di Vitr. ben dirò che
in
queſta ultima ruota la catena con i ſecchielli puo eſſer poſta ſul taglio della ruota, perche an­
cho
piu alto leuerà l'acqua, come io ho ueduto a Bruggie terra della Fiandra.
ma quella è uolta­
ta
da un cauallo, con altre ruote.
Delle Ruote, & Timpani per macinar la fari­
na
.
Cap. X.
Fannoſi ancho ne i ſiumi le ruote con le iſteſſe ragioni, che di ſopra ſcritto ha­
uemo
.
D'intorno alle fronti loro s'affigeno le pinne: lequali quando toc­
che
ſono dall'impeto dell'acqua fanno a forza andando inanzi, che la ruota ſi
uolga
, & coſi con i ſecchielli riceuendo l'acqua, & riportandola di ſopra ſen-
1za opera di huomini, che la calchino, dallo ſpigner del ſiume danno quello, che è neceſſa­
rio
all'uſo.
Con la iſteſſa ragione ancho le machine dette Hidraule ſi uolgeno, nellequali
ſono
tutte quelle coſe, che nell'altre machine ſi trouano, eccetto che dall'una delle teſte
del
perno hanno un timpano dentato, & rinchiuſo, che a piombo è drizzato in colello
con
la ruota parimente ſi uolge.
lungo quel timpano ce n'è un'altro maggiore, anch'egli
dentato
, & poſto in piano, dalquale è contenuto il perno, che da capo ha il ferro, che con
tiene
la mola detto ſubſcude, & coſi i denti di quel timpano, che è rinchiuſo nel perno ſpi­
gnendo
i denti del timpano, che è poſto in piano fanno andar a torno la mola.
nellaqual
machina
ſtando appeſo il tramoggio, che infundibulo è detto, ſumminiſtra il formento
alle
mole, & con l'iſteſſa giratione frange il grano, & ſi fa la farina.
L'uſo ſimilmente, & la figura, con la chiarezza della interpretatione ci dimoſtra quanto è
ſopradetto
.
hora ueniremo a piu ingenioſe inuentioni.
Della uida, che alza gran copia d'acqua, ma non
ſi
alto.
Cap. XI.
Evui ancho la ragione della Vida, che caua molt'acqua, ma non l'alza tanto,
quanto
la ruota, & la forma di quella in queſto modo ſi ordina.
Pigliaſi un
traue
, che ſia tante dita groſſo, quanti piedi ha da eſſer lungo, & ſi fa tondo a
ſeſta
; i ſuoi capi per lo circuito loro ſi parteno in quarti, o uero in ottaui, ſe
ſi
uuole, tirando le linee da un capo all'altro, & queſte linee coſi poſte ſono, che drizzato
il
traue in piedi a piombo riſpondino le linee de i capi drittamente l'una con l'altra, & da­
poi
da queſte, che fatte ſono ſu le teſte, da una teſta all'altra per la lunghezza del traue ſia­
no
tirate le linee conuenienti in modo, che quanto grande ſarà l'ottaua parte nel circuito
delle
teſte del traue, tanto ſiano diſtanti le linee tirate per la lunghezza del traue, & coſi
& nella circonferenza delle teſte, & nella lunghezza ſaranno gli ſpacij eguali.
dapoi nelle
linee
deſcritte per lungo ſegnar ſi deono quegli ſpacij, & terminarli con incrocciamenti &
ſegni
manifeſti.
Fatto queſto con diligenza, ſi piglia una piana di ſelice, o di uitice {che
Agnocaſto
è detto} queſta piana, è come una ſcorza fleſsibile, unta poi di liquida pece ſi
conficca
nel primo punto d'una di quelle linee tirate per lungo, dapoi ſi riporta al ſecon­
do
punto della ſeguente linea, & coſi di mano in mano ſi ua riuolgendo per ordine toccan
do
tutti i punti, & finalmente partendoſi dal primo punto, & uenendo all'ottauo di quella
linea
, nellaquale la ſua prima parte era conſiccata, peruiene a quel modo: quanto obliqua
mente
ella procede per lo ſpacio, & per gli otto punti, tanto nella lunghezza uiene uerſo
l
'ottauo punto, & con quella iſteſſa ragione per ogni ſpacio della lunghezza, & per ciaſcun
ſegno
della ritondità per torto conficcate le regole per le otto diuiſioni fatte nella groſſez
za
del traue, fanno i canali obliqui, & una giuſta, & naturale imitatione della uida.
Dapoi
per
lo iſteſſo ueſtigio altre piane ſi conficcano una ſopra l'altra unte di liquida pece, &
s
'inalzano fin'a tanto, che la groſſezza di quel colmo ſia per l'ottaua parte della lunghez­
za
: ſopra quelle d'intorno ſi conficcano alcune tauole, che copreno quello inuoglio, &
ſe
le la pece copioſamente, & con cerchi di ferro ſi legano, accioche per la forza dell'ac
qua
non ſi ſciolgano.
Ma i capi del traue circondati ſono, & contenuti da lame, & chiodi
di
ferro, & in quelli ſono ficcati i pironi, o gli ſtili di ferro, & dalla deſtra, & dalla ſiniſtra
della
uida ſono drizzati i pali, che da i capi dall'una, & l'altra parte hanno fitti i loro trauer­
ſi
, ne i quali ſono i buchi circondati, & inueſtiti di ferro, ne i quali entrano gli ſtili, & coli
la
uida calcando gli huomini ſi uolge.
Ma il drizzarla, & il farla piegare quanto ſi deue, ſi
fa
nel modo, che ſta il triangolo Pitagorico che ha lo angulo dritto, cioe ſecondo la ragio
1ne della ſquadra ella riſponda in modo, che la lunghezza della uida ſia partita in cinque
parti
, & per tre di quelle s'inalzi il capo della uida, & coſi ne ſeguirà, che dal punto a piom
bo
di quel capo alle nari da baſſo della uida lo ſpacio ſarà di quattro parti.
Ma con che ra­
gione
cio eſſer fatto biſogni nel fine del libro ci ſarà con la ſua figura dimoſtrato.
Io ho ueduto queſto ſtrumento fare una mirabilißima proua nelle noſtre paludi per ſeccar l'ac
que
, che in eſſe colano, & di piu io ho ueduto, che eſſendo le paludi preſſo il ſiume di Erenta la
ruota
, che uolgeua la uida era posta ſopra il fiume di modo, che l'acqua uolgendo la ruota, faceua,
che
altre ruote, & rocchelli, che dal perno di quella alquanto diſcosti erano, ſi moueſſero, & deſ­
ſero
uolta alla uida, che dalla palude cauando l'acqua la faceua cader in un uaſo ſottoposto da
cui
n'uſciua un canale di legno, per loquale l'acqua cauata, ſe ne andaua nel fiume.
Altri uoglio­
no
, che ſi poſſa con la isteſſa acqua dar mouimento ad una ruota, che uolga la uida continuamen­
te
dopo il primo mouimento, coſi ſarebbe un moto quaſi perpetuo.
Ma io ſtimo che ci uogliano
altre
conſiderationi, però ſeruiamoci per adacquare i campi come faceuano gli Egittij, ſecondo
che
riferiſce Diodoro nel primo libro.
& dice, che fu inuentione di Archimede. La fabrica di
queſta
machina posta da Vitr. è non men bella, che facile, non men facile, che utile, & s'intende
per
la nostra interpretatione, & per la figura deſcritta da noi.
Io ho ſcritto quanto piu chiaramente ho potuto, accioche tai coſe manifeſte ſiano di
che
materia ſi facciano gli ſtrumenti da cauar l'acqua, & con che ragioni ſi facciano, &
con
quai coſe riceuendo il mouimento con i lor giri preſtino infiniti commodi.
Della machina fatta da Cteſibio, che alza l'acqua
molto
in alto.
Cap. XII.
Seguita, che faccia la dimoſtratione della machina di Cteſibio, laquale alza
molto
l'acqua.
Quella ſi fa di rame, a piè dellaquale ſono due moggetti al­
quanto
diſtanti, liquali hanno le lor canne, o trombe (& ſono in modo di
forchelle
) ad uno iſteſſo modo attaccate, & concorrenti amendue in un ca­
tino
tra quelle poſto nel mezo.
in queſto catino por ſi deono le animelle di legno, o di
quoio
poſte alle bocche di ſopra delle canne ſottilmente congiunte, accioche turando i
fori
delle dette bocche, non laſcino uſcire quello, che con il ſoffiare ſarà nel catino man
dato
.
ſopra'l catino c'è una penola come un tramoggio riuerſo, che con una fibbia col
catino
trapaſſatoui un cugno, è ſaldata, accioche la forza del gonfiamento dell'acqua, non
la
coſtringa alzarſi: di ſopra c'è una fiſtola (che tromba ſi chiama) ſaldata, & dritta.
i mog­
getti
ueramente da baſſo tra le narici trapoſti hanno i perni, o animelle ſopra i buchi di
quelle
, che ſono ne i fondi loro, & coſi dal diſopra ne i moggetti entrando i maſchi fatti
al
torno, & unti d'oglio, rinchiuſi & bene aſſaggiati con ſtanghe ſi uolgeno: queſti di quà,
& di con frequenti mouimenti premendo, mentre che i perni otturano l'aere, & l'acqua,
che
iui ſi troua fanno forza a i buchi, & ſcacciano l'acqua per le narici delle canne nel ca­
tino
ſoffiando per le preſsioni, che ſi fanno, dal catino la penola riceuendo l'acqua lo ſpi­
rito
, manda fuori per la tromba ſoperiore l'acqua, & coſi da baſſo poſta la conſerua, & il
luogo
capace per riceuer l'acqua, ella ſi ſumminiſtra alle ſaline.
queſta ſola ragione
di
Creſibio ſi dice eſſer ſtata prontamente ritrouata, & fabricata, ma ancho di piu, & al­
tre
di uarie maniere, che ſi moſtrano forzate dall'humore con le preſsioni dallo ſpirito
mandar
in luce gli effetti preſtati dalla natura, come ſono delle merle, che col mouimen­
to
mandano fuori i ſuoni, & le coſe che ſi auicinano, che finalmente muoueno le figurine
che
beueno, & altre coſe, che con diletto luſingano gli occhi, & le orecchie: dellequali io
ho
ſcelto quelle, che io ho giudicato grandemente utili, & neceſſarie, & quelle, che non
1142[Figure 142]
1ſono utili, & commode al biſogno della uita, ma al piacere delle delicie, ſi potranno tro­
uare
da quelli, che di eſſe deſideroſi ſaranno, dai commentari di Cteſibio.
143[Figure 143]
Cteſibio molto commendato in diuerſi luoghi trouò una machina mirabile da alzar l'acqua,
& questa è tra le machine ſpiritali collocata.
Vitruuio prima ne fa la dimostratione della pra­
tica
, dipoi commenda Cteſibio di diuerſe inuentioni.
Quanto adunque aſpetta alla fabrica, io di­
co
, che ſi apparecchia un catino, o uero una conca di rame, laquale ha un coperchio di rame det­
to
Penula da Vitr. che è come un tramoggio riuerſo, dalla cui ſommità eſce una tromba, & il tut­
to
è bene ſtagnato, & ſaldato inſieme, accioche la uiolenza dell'acqua non l'apra, o rompa.
nel
fondo
del catino ſono due bocche da Vitr.
Narici nominate coperte di quoio, o di legno in modo,
che
quel quoio, o legno ſi puo alzare, & abbaſſare, ſi come ſi uede ne i folli, o mantici; Queſti le­
gni
Vitr. aſſi, noi animelle chiamamo, & ſi leuano uerſo il coperchio, ma quando ſono calcati dal­
l
'acqua, che è dentro il catino, otturano le bocche, allequali ſono ſaldate due canne dette da Vitr.
fiſtule
, che partitamente ſtendendoſi una dalla deſtra, l'altra dalla ſiniſtra, ſono inſerte, & ſtagna
te
preſſo i fondi d'alcuni ſecchi, che Vitr.
Modioli ſuol nominare, ne i fondi de i quali ſono le ani­
melle
come nel catino.
Entra poi dal diſopra de i detti ſecchielli un maſcolo per ciaſcuno tornito,
& unto bene, & aſſaggiato a punto, come ſi uede nel gonfietto della palla da uento.
queſti ma­
ſcoli
da i manichi loro di ſopra hanno, o ſtanghe, o leue, o altra coſa che gli alzano, & abbaſſano
come
dimostra la figura, & Vitr. lo laſcia alla uoglia di chi fa queſta machina.
Quando adunque
ſi
leua un maſcolo ſtando l'altro a baſſo, l'acqua per una bocca del ſecchio la doue è l'animella
nel
fondo ſott'entra ſeguitando l'aere, accio non ſi, dia uoto, & quaſi aſſorbita empie il ſecchiel­
lo
, mentre l'aere eſce per la canna.
quando poi ſi abbaſſa il detto maſcolo, egli calca l'acqua, &
quella
non potendo uſcire per la bocca di ſotto eſſendo quella dall'animella otturata, quanto piu
ſi
calca, tanto aſcende per la canna, & entra nel catino.
in queſto mezo dall'altro ſecchiello alzan
doſi
il maſcolo, l'acqua entra per la ſua bocca, & lo riempie, & di nuouo abbaſſandoſi calca l'ac-
1qua, & la fa ſalire per la ſua canna nel catino, & iui trouando l'altr' acqua, & non potendo quel­
la
tornar a baſſo, eſſendo le bocche dal quoio otturate, ſale, & boglie mirabilmente, & eſce per
la
tromba di ſopra, & ſi fa andare doue l'h uom uuole: & questa è la fabrica della machina ri­
trouata
da Cteſibio, alla cui ſimiglianza fatte ſono le trombe, che ſeccano, & uotano le naui,
quando
fanno acqua: bella, & utile inuentione, ſi come diletteuoli ſon quelle, che dice Vitru. eſ­
ſer
state per diletto da Cteſibio ritrouate, doue ſi fanno ſaltare, & cantar gli uccelletti, & con
l
'approßimarſi d'alcune coſe, ſi fanno, che gli animali beuino, & le figure ſi muouino come ne di­
moſtra
Herone.
Eenche quella parola Engibbata, ouero è ſcorretta, o uuole dir altro.
Delle machine Hidraulice con le quali ſi fanno gli
Organi
.
Cap. XIII.
IO non laſcierò a dietro di toccare quanto piu breuemente potrò, & con ſcrit
tura
conſeguire a punto, cio che aſpetta alla ragione delle machine Hidrauli
ce
.
Egli ſi fa una baſa di legno ben collegata, & congiunta inſieme, in quel
la
ſi pone un'arca di rame, ſopra la baſa dalla deſtra, & dalla finiſtra ſi drizza­
no
alcune regole poſte inſieme a modo di ſcala, in queſte ſi includeno alcuni moggetti di
rame
con i loro cerchielli mobili fatti ſottilmente al torno, queſti nel mezo hanno le lor
braccia
di ferro conficcate, & lor fuſaioli con i manichi, congiunte & riuolte in pelli di la
na
.
Dipoi nel piano di ſopra ci ſono i fori circa tre dita grandi uicino a quali, ne i lor fu­
ſaioli
poſti ſono i Delfini di rame, che dalla bocca loro pendenti hanno dalle catene i cem
bali
, che calano di ſotto i fori de i moggetti nell'arca doue è ripoſta l'acqua, iui è come
un
tramoggio riuerſo, ſotto il quale ſono certi taſſelli alti cerca tre dita, i quali liuellano
lo
ſpatio da baſſo poſto, tra i labri inferiori del forno, & il fondo dell'arca.
Queſta fabrica di machina è difficile, & oſcura, il che Vitr. afferma nel fine del preſente Ca­
po
, benche egli dica hauerla chiaramente eſpoſta, & nel principio del medeſimo capo ci promet­
ta
di uoler ciò fare, & toccar la coſa, quanto piu uicino ſi puo: ma con ſomma breuità, & io ſtimo
che
egli cio fatto habbia, & eſſeguito, auenga che altri dica, che queſta forma di Vitr. ſia piu
presto
per un modello, che per una eſquiſita dimoſtratione, affermando che Nerone tanto ſi di­
lettaua
di queſte machine Hidraulice, che conteneuano l'acqua, & per piu canne mandando
fuori
l'aere con l'acqua inſieme faccuano un tremante ſuono, che tra i pericoli della uita, & del­
lo
imperio, tra gli abbuttinamenti de i ſoldati, & de i capitani, nel ſopraſtante, & manifeſto
pericolo
, non laſciaua il penſiero, & la cura di quelle: & che poi eſſendo diuulgati i libri di Vi
truuio
, Nerone non l'haueſſe coſi care, poi che con uulgata ragione fuſſero fabricate.
Et a
me
pare, che ſe bene minutamente Vitr. non ci eſpone tutte le coſe, che entrano nella detta ma­
china
, come egli ancho non ha fatto nelle altre, preſupponendole aſſai manifeſte, pure ci dia tan
to
lume, che con la induſtria, & con la diligenza ſi puo fare quello, che egli c'inſegna: perche
ancho
ſe uogliamo deſcriuere la fattura de gli Organi noſtri, che uſiamo, conoſceremo chiaramen
te
, che non potremo coſi minutamente dimoſtrare l'artificio loro, che non ci reſti difficultà ap­
preſſo
quelli, che di queſti ſimili ſtrumenti non fanno profeſſione, & non ne hanno pratica: tan­
to
piu ci deue parere ſtrano l'antichità, per la proprietà de uocaboli, per la nouità delle coſe,
che
ſono diſuſate; benche l'organo di Vitr. conuegna in molte coſe con l'organo, che uſiamo, per­
che
nell'uno, & nell'altro, è una iſteſſa intentione di ſonare mediante l'aere, di dar le uie allo ſpi­
rito
per certi canali, che entri nelle canne, che quelle ſi otturino, & aprino al piacer noſtro, che
s
'accordino in proportione di muſica, che ſiano diuerſe, & facciano diuerſi ſuoni, & ſimili coſe,
che
di neceſſità ſono in queſti organi, & in quelli, benche altrimenti ſi facciano.
Percioche io
non
trouo, che gli antichi uſaſſero i mantici, benche ſi ſeruiſſero di coſe, che faceuano lo iſteſſo
1effetto riceuendo l'aere, & lo ſpirito, & ſcacciandolo ſecondo il biſogno, come nella machina di
Cteſibio
dimoſtrato hauemo.
Herone ſimilmente deſcriue una machina Hidraulica, la quale in­
ſieme
con altre coſe, è quaſi in mano d'ogni ſtudioſo, & noi per diletto poſto hauemo nella lingua
noſtra
i libri di quello autore.
Per eſponere adunque quanto s'intende dalle parole di Vitr. &
quello
, che con la induſtria, & lume dello ingenioſo Marcolino hauemo: Io dico, che per fare
la
machina Hidraulica biſogna prima fare un baſamento di legname, affine che ſopra eſſo tutto
l
'apparecchio dell'Organo ſi fermi, & ſpecialmente un' arca, o uaſo di rame, nel quale ſi ha da
por
l'acqua, dapoi ſopra la baſa dalla deſtra, & dalla ſiniſtra dalle teſte ſi drizzano alcune rego
le
contenute inſieme da altre attrauerſate a modo di ſcala, & ſono come un telaro della machina.

in
queſte regole ſi ſerrano alcuni moggetti di Rame, come quelli della machina Cteſibica ſoprapo
ſta
.
queſti hanno i lor fondelli, o cerchielli mobili fatti a torno con diligenza, & ſono come ma­
ſcoli
, che entrano ne i moggetti, anzi come que legni, che entrano ne i gonfietti delle palle da
uento
, & ſono inueſtiti di lana, o di feltro, & di pezze come i gonfietti.
queſti moggetti ſon drit
, & uengono a riferire nell'arca di rame, hanno di ſopra i manichi, & le catene, che calano in
eſſi
a modo delle trombe di naue.
queſte catene eſceno dalla bocca di alcuni Delfini coſi formati
per
adornamento, & ſono coſi chiamati dal mouimento loro, che ſi raſſomiglia allo effetto, che
fanno
i Delfini nel ſuo apparire fuori & rituffarſi nell'acqua; & è uero, & coſi come noi chia­
miamo
gallo quello ſtrumento, che ſi uolge in una canna, & apre la uia all'acqua, che eſce di
qualche
uaſo, coſi quel delfino cra uno strumento, dalla bocca del quale pendeuano le catene, le
quali
catene erano attaccate ad una ſtanga, la qual era bilicata, & ſtaua in uccello, come dice­
mo
noi, nel mezo ſopra una regola dritta.
Nell'arca di rame era come un tramoggio riuerſo
alzato
dal fondo dell'arca tre dita con certi taſſelli, & queſto ſi faceua per tenir il tramoggio
alzato
dal fondo dell'arca, accioche l'acqua ui poteſſe entrare di ſotto uia.
queſto tramogio non
haueua
fondo, & l'acqua, che er a nell'arca, era poſta per premer l'aere, che entraua per alcu
ne
canne nel tramogio, ſi come nelle piue paſtorali ſi preme il quoio, che ritiene il fiato, & coſi
queſt
' acqua oppreſſa dallo aere lo ſcacciaua con forza all'inſu per una tromba, che era in capo
del
tramoggio, la qual tromba portaua lo fiato, & lo ſpirito in una caſſetta, della quale Vitru.
parla
in queſto modo.
Sopra la teſta gli è una caſſetta ben ſerrata, & congiunta che ſoſtenta il capo della ma­
china
detta il Canone muſicale, nella cui lunghezza ſi fanno quattro canali ſe lo ſtrumen
to
eſſer deue di quattro corde, ſei ſe di ſei, otto, ſe di otto.
in ciaſcun canale poſti ſono i
ſuoi
bocchini rinchiuſi con manichi di ferro.
queſti manichi quando ſi torceno, o dan
uolta
, apreno le nari dall'arca ne i canali, & da i canali il canone per trauerſo ha diſpoſti
i
ſuoi fori, o buchi, che riſpondeno, & s'incontrano nelle nari, che ſono nella tauola di
ſopra
, la qual tauola in Greco Pinax, da noi ſommiero è detta.
Tra la tauola, & il regi­
ſtro
trapoſte ſono alcune regole forate allo iſteſſo modo, & unte di oglio, accioche facil­
mente
ſi ſpignino, & di nuouo ſiano tirate dentro.
l'effetto di queſti è otturare i buchi,
& perche ſono da i lati, però da Greci pleuritide ſono detti.
di queſte lo andare, & il ritor
no
ottura altri di que fori, & altri apre.
Similmente queſte regole hanno attaccati, & fit
ti
i loro cerchielli di ferro congiunti con le pinne ( che taſti chiamamo, ) le quali quando
toccati
ſono muoueno le regole.
Sopra la tauola contenuti ſono i buchi, per li quali da i
canali
eſce il fiato, & lo ſpirito.
Alle regole incollati ſono gli anelli, ne i quali rinchiuſe
ſono
le lenguelle di tutti gli organi.
Bello Artificio è queſto, & degno di conſider atione. ſopra la canna del tramoggio nella te­
ſta
è congiunta una caſſetta di legno, queſta riceue il fiato, che uiene dalla tromba, o canna del tra­
moggio
, & lo riſerua per mandarlo in alcuni canali fatti ſopra una regola larga al numero de i re
gistri
.
Queſti canali, che ſono per la lunghezza del canone, hanno per trauerſo alcuni fori,
ſopra
il componimento di queſta regola con i canali & fori ſuoi ui è una tauola, che copre ogni co-
1ſa & ſerra (dirò coſi) per tutto, & copre il canone; queſta è detta il ſommiero, & ba tanti
fori
nella ſoperficie ſua di ſopra, quanti ſono i fori fatti ne i canali, & ſi ſcontrano beniſſimo; que
ſti
fori ſono fatti ſecondo il numero delle canne, che ſuonano, le quali canne ſtanno dritte ne i buchi
del
ſommiero; hauendo noi adunque i canali ſorati, & la tauola forata com riſpondenti fori: Interpone
mo
alcune regole tra la tauola, & i canali, le quali paſſano da un lato all'altro, & ſono ſimilmente
forate
con fori riſpondenti alli fori del canale, & del ſommiero; ma ſono fatte in modo, che calcando i
loro
man chi, che uenghino in fuori ſi poſſino riuolgere, & col ſuo uolgimento facciano rincontrare
i
loro buchi com i buchi de i canali, & del ſommiero, accioche il fiato poſſa uſcir alle canne dell'orga
no
. i manichi uer amente ſono come catenazzi in forma di tre membri.
Hanno queſti manichi attacca
ti
alcune anella, nelle quali ſi ſerrano le lenguelle di tutti i detti strumenti, cioè di tutti i taſti; queste
lenguelle
erano come pendole, o di duro corno, o di lamette, & erano per ordine lungo lo strumen­
to
diſposte, & collocate obliquamente, fatte in forma di foglia di porro, i Greci le chiamano Spa
telle
, Vitr. dalla forma loro le chiama lenguelle.
A i capi loro erano attaccate alcune funi pic­
ciole
, o catenelle, le quali ſi legauano a i manichi delle regole, le quali eſſendo toccate & depreſ
tirauano per le funi i capi delle lenguelle, & contra la piega loro le uolgeuano, che poi laſciati
i
manichi ritornauano al ſuo luogo, & uolgendo le regole faceuano, che i lor buchi uon ſi incon­
trauano
piu con i buchi del canale, & del ſommiero, ſi come toccandoſi, que manichi le regole ſi
uolgeuano
, & riportauano i buchi all'incontro uno dell'altro, & quelle regole al modo, che ſi
uſa
ſi chiamano taſti.
Ma a i moggetti ſono le canne continuamente congiunte con i capi di legno, che per­
uengono
alle nari, che ſon nella caſſetta, nelle quali ſono le animelle tornite, & iui poſte
affine
, che riceuendo la caſſetta il fiato, otturando i fori non lo laſcino piu tornare: coſi
quando
ſi alzano le ſtanghe, i manichi tirano a baſſo i fondi de i moggetti, & i delfini, che
ſono
ne i fuſaioli calando nella boccai cembali riempieno gli ſpatij de i moggetti, & i ma
nichi
alzando i fondi dentro i moggetti per la gran forza, & per lo ſpeſſo battere, otturan
do
i fori, che ſono ſopra i cembali, fanno andar per forza lo aere, che iui è per lo calcare
coſtretto
, nelle canne, per le quali egli ua ne i capi di legno, & per le ſue ceruici nell'ar­
ca
, ma per lo forte mouimento delle ſtanghe il fiato ſpeſſo compreſſo entra per le apertu­
re
de i bocchini, & empie i canali di uento.
Di qui naſce, che quando i taſti toccati con
le
mani ſcacciano, & ritirano continuamente le regole otturando i fori di una, & apren­
do
a uicenda i fori dell'altra, fanno uſcire i ſuoni ſecondo le regole muſicali con molte ua­
rietà
di moduli, & d'harmonie.
Io mi ho forzato quanto ho potuto, che una coſa oſcu­
ra
chiaramente ſia ſcritta.
Ma queſta non è ragion facile, eſpedita da eſſer capita ſe non
da
quelli, che in tali coſe ſono eſſercitati.
Ma ſe alcuno per gli ſcritti hauerà poco inte­
ſo
, quando conoſceranno la coſa come ella ſta ueramente, ritroueranno il tutto eſſer ſta­
to
ſottilmente, & curioſamente ordinato.
I moggetti hanno le lor canne congiunte dalle bande, le quali canne ſi riferiſceno nel tramog
gio
, perche in eſſo portano il fiato: hanno queſti moggetti le lor animelle prima nel fondo poſte di
dentro
uia, per le quali ſi tira lo aere, come per buchi de i mantici, dapoi dal piede doue ſono at­
taccate
le canne nella bocca loro hanno ancho le altre animelle, che s'apreno, accioche quando
l
'aere è tirato ne i moggetti, & poi calcato con i fondelli le animelle del fondo ſi chiudino, &
quelle
delle canne ſi aprino, & lo aere entri nelle fiſtule, che uanno al tramoggio, le quali deo­
no
eſſer con i capi loro ſtagnate nel tramoggio, come ſi è detto della machma di Cteſibio.
Al­
zando
adunque le ſtanghe, che hanno le catene, che ſoſtentano i cembali entranti ne i moggetti,
ſi
aſſorbe l'aere per le animelle di ſotto, & calcando poi l'aere è ſpinto per le canne nel tramog­
gio
, & aſcende per la canna del tramoggio alla caſſetta, & ui entra dentro.
apronſi i bocchi­
ni
, che Epiſtemi ſono detti da Vitr. dalla caſſetta a i canali, ne i quali entra lo aere, ma non pri­
ma
egli ua a far ſuonare le canne, che non ſi tocchi con le dita i taſti, cioè i manichi delle regole,
1perche biſogna col toccar di que manichi uolger le regole, che entrano tra il canone, & il ſom­
miero
, accioche tutti i buchi s'incontrino, & ſia libera paſſata dello aere alle canne.
Io dirò che
Vitr
. non ha laſciato coſa pertinente a queſta deſcrittione ſaluo che la deſcrittione delle lenguelle'
ma
era coſa nota come erano, & come ſi faceuano, però egli la preſuppone, & dicendo lenguel
la
parla di una coſa allhora conoſciuta.
l'acqua ſcaccia lo aere, & fa quello effetto, che fa il
piombo
ſopra i mantici de gli organi noſtri.
Con che ragione ſi miſur a il uiaggio fatto, o in
carretta
, o in naue.
Cap. XIIII.
Traportiamo hora il penſier noſtro di ſcriuere ad una non inutile ragione, ma
con
grande ptontezza dataci da noſtri maggiori, con che uia quelli, che ſic­
deno
in carretta, o nauigando ſaper poſsino quanti miglia di camino habbia­
no
fatto.
Et queſto ſi fa coſi. Sieno le ruote della carretta larghe lungo il
diametro
quattro piedi, & due dita.
Et queſto ſi fa accioche hauendo la ruota in ſe un
certo
, & determinato luogo, & da quello cominci andando inanzia girarſi, & peruenen­
do
a quel ſegno certo & determinato, doue ella cominciò girarſi, habbia finito ancho un
certo
, & determinato ſpatio di piedi dodici, & mezo.
Poi che queſte coſe coſi apparec­
chiate
ſaranno allhora nel moggetto della ruota alla parte di dentro ſia fermamente rin­
chiuſo
un Timpano, il quale fuori della fronte della ſua ritondezza porgi un eminente
dentello
.
Dapoi dal diſopra del caſſero della carretta confitta ſia una caſſa, che habbia un
timpano
, che ſi muoua poſto in coltello, & ſia nel ſuo pernuzzo rinchiuſo.
Nella fronte
del
detto Timpano ſiano i denti egualmente compartiti di numero di quattrocento, &
conuenghino
queſti incontrandoſi nel dentello del Timpano inferiore.
Dapoi al Timpa
no
di ſopra da un lato confitto ſia un'altro dentello, che uenghi fuori oltra gli altri denti.

Egli
ſi fa ancho il terzo Timpano dentato con la iſteſſa ragione, & è poſto piano in un'al­
tra
caſſa, che habbia i denti, che riſpondino a quel dentello, il quale è confitto nel lato
del
ſecondo Timpano, dapoi nel Timpano, che è poſto in piano faccianſi buchi per poco
piu
, o poco meno delle miglia di quello, che per lo uiaggio d'un giorno ſi puo paſſare,
perche
non ci darà impedimento.
In ciaſcuno di queſti buchi poſti ſiano alcuni ſaſſolini
ritondi
, & nella caſſa di quel Timpano facciaſi un foro, che habbia un canale, per lo qua­
le
que ſaſſolini cader poſsino nel caſſero della carretta, que ſaſſolini dico, che ſaranno po­
ſti
in quel Timpano, quando uenuti ſaranno dritto ſopra quel luogo, caderà ciaſcuno
in
un uaſo di rame, ſottopoſto, & coſi, quando ſia che la ruota andando inanzi muoua
inſieme
il Timpano di ſotto, & il ſuo dentello in ogni giro conſtringa paſſare i dentelli
del
Timpano di ſopra, ella farà, che eſſendo uoltato il Timpano di ſotto quattrocento
fiate
, quel di ſopra ſarà uoltato una ſola; & il dentello, che gli è dal lato confitto, farà an
dare
inanzi un dentello del Timpano, che ſta nel piano.
Quando adunque per quattro­
cento
giri del Timpano inferiori, ſi uolterà una fiata quel di ſopra, lo andare inanzi ſarà di
cinquemila
piedi, & di mille paſsi, & da quello quante palle cadute ſaranno ſonando, tan
ti
miglia ci daranno ad intendere, che haueremo fatti.
Ma il numero delle palle dal baſſo
raccolto
ci dimoſtrerà la ſomma de i miglia fatti dal uiaggio d'un giorno.
Aſſai facile è la ſopraſcritta dimoſtratione, pure che con ragione Arithmetica inteſa ſia, pe­
per maggiore dichiaratione ſi dirà, che queſto artificio di miſurare il uiaggio andando in car­
retta
conſiſte nella grandezza delle ruote, la qual grandezza eſſer deue certa di miſura conoſciu­
ta
.
Quando adunque ſia, che dal diametro ſi conoſca la circonferenza del circolo, egli è neceſ­
ſario
far le ruote d'un diametro certo, & miſurato, però Vitr. fa i diametri delle ruote di quat-
1tro piedi, & due dita, di dodeci che uanno a far un piede, però ſono la ſeſta d'un piede, accioche
la
circonferenza della ruota ſia manifeſta, & intende per queſto, che la circonferenza uolga do­
dici
piedi & mezo, entrando il diametro tre fiate nella circonferenza del circolo.
eſſendo adun­
que
la ruota di dodici piedi & mezo di circonferenza, & poſto un ſegno in eſſa doue ella tocca la
terra
, & facendola girare ſopra la terra, fin che il medeſimo ſegno ritornial luogo di prima, ha­
uerà
ſcorſo lo ſpatio di dodici piedi & mezo.
Se adunque ogni compito giro di ruota, mi da dodi­
ci
piedi, & mezo di terreno, uolgendoſi la ruota quattrocento fiate, mi darà cinque mila piedi;
&se uanno viuticinque piedi per paſſo, mi darà mille paſſi, & mille paſſi mi danno un miglio.

Ma
accioche ſi conoſca quante fiate la ruota ſi uolga, non ſolamente con gli occhi, ma con l'orec
chie
, Vitruuio ce lo inſegna facilmente, come ſi uede nel teſto, & la figura piu chiaramente
lo
dimoſtra.
Similmente nel nauigare mutando alcune coſe ſi fanno queſti artificij, perche ſi fa paſ­
ſare
per li lati delle bande della naue un perno, il qual con le ſue teſte eſce per le parti eſte­
riori
della naue, nelle quali s'impongono le ruote di quattro piedi, & un ſeſto di diametro.

queſte
ruote nelle fronti loro hanno le lor pinne, che toccano l'acqua, nella metà del per
no
: Dentro della naue al mezo c'è un Timpano, con undentello, che eſce dalla ſua cir­
conferenza
, iui appreſſo euui una caſſa col ſuo Timpano dentato di quattrocento dentelli
egualmente
diſtanti, & conuenienti al dentello di quel Timpano, che è poſto nel perno;
ha
di piu un dentello nel ſuo lato, che ſporta in fuori oltra la ritondità ſua, & c'è un'altro
Timpano
piano, confitto in un'altra caſſa dentato allo iſteſſo modo: coſi il dentello con­
fitto
al lato di quel Timpano, che ſta in coltello urtando in que dentelli di quel timpano,
che
ſta in piano, per ogni uolta che egli da a torno, facendo andar uno di que dentelli uol
ge
il Timpano, che è poſto in piano, nel quale ſono i fori, doue ſi ripongono i ſaſſolin
ritondi
: & nella caſſa del detto Timpano ſi caua un foro, che ha un canale, per lo quale il
ſaſſolino
liberato dall'oſtaculo, cadendo in un uaſo di rame, ne farà ſegno col ſuono, &
coſi
la naue ſpinta, o da remi, o da uento toccando le pinne delle ruote l'acqua contraria
forzate
da grandi ſpinte a drieto uolteranno le ruote, le quali uolgendoſi danno di uolta
al
perno, il perno uolgerà il Timpano, del quale eſſendo il dentello raggirato, per ogni
giro
, che egli dia a torno urtando in un dentello del Timpano ſecondo lo farà fare mode
rati
giri, & coſi poi che le ruote uoltate ſaranno dalle pinne quattrocento fiate, faranno
dar
'una uolta ſola al Timpano poſto in plano per lo incontro del dentello poſto nel lato
di
quel Timpano, che è in coltello.
Il giro adunque del Timpano piano quante fiate ue
nirà
per mezo il foro manderà fuori i ſaſſo lini per lo canale, & coſi & col ſuono, & col nu
mero
dimoſtrerà gli ſpatij delle miglia della nauigatione.
Queſto artificio è ſimile a quello della carretta, ma io uedo, che puo eſſer impedito il gir ar del­
le
ruote, o per l'acqua, o per altri accidenti, però io laſcio che la pruoua ſia quella, che lo con­
fermi
.
La figura ci dimoſtrerà quanto è ſcritto, & dell'organo, & della miſura del uiaggio, per
che
queſte ſono coſe, che la ſcrittura non puo a pieno dimoſtrare, però biſogna che la pittura le
ponga
dinanzi a gli occhi, & molto piu puo un buon ingegno capire di quello, che dimoſtra la pit
tura
, & ſe al buon ingegno fuſſe aggiunta la pratica di fare altre ſimili machinationi, non ha dub
bio
, che la ſcrittura ſola gli baſterebbe, ma inuero biſogna naſcerci, & hauere inclinatione na­
turale
, & diletto di operare.
Et qui fa fine Vitr. di trattare di quelle coſe, che appartengono
all
'utile, & al diletto de gli huomini al tempo, che ſono ſenza ſoſpetto, & in pace.
alle quali co
ſe
io potrei a pompa molte coſe aggiugnere di quelle, che mette Herone, ma egli mi pare, che ſi­
mili
artificij deono eſſer tenuti in reputatione, perche da molti, che non intendeno ſono tenuti ui­
li
, & hauuti in poco pregio.
Ma non ſanno di quanto grande utilità puo eſſer il ſaperne render
conto
, & quante coſe, che non ſono poſte da gli autori, ſi poſſono ritrouare a beneficio del mor­
do
per gli ſcritti di quelli, eſſendo (come io ho detto nel primo libro) gran uirtù, & gran forza
1poſta ne i principij, come ancho chiaramente ſi ha potuto comprendere dal diſcorſo fatto di ſopra
nel
preſente libro circa le machine, come in tutte la ragione del mouimento dritto è cirolare, &
come
la merauiglio ſa natura del circolo ſeruando in ſe molte contrarietà, ci cauſa di fare quel
le
marauiglioſe opere, che fanno conſentire la natura repugnante delle coſe alle uoglie de gli buo
mini
: per il che io non potrei a baſtanza fare auuertiti gli Architetti, & quelli, che uogliono
fare
molte belle, & utili machinationi a commodo delle genti, che debbiano continuamente pen­
ſare
, & ripenſare & machinare (dirò coſi) ſopra i principij poſti da Vitr. & da noi, & molto
prima
da Ariſtotile nelle ſue mecaniche, le quali pare che ſiano ſtate leuate di peſo, & traporta
te
da Vitr. in un ſolo capitolo, benche con ſomma breuità, ſecondo il coſtume di queſto autore,
come
ancho s' è ueduto nel nono libro, nel diſcorſo de i mouimenti de i Cieli', & del trattamento
de
gli horologi, & poco di ſopra nella deſcrittione della machina Hidraulica.
nel che ſi uede il
ſuo
mirabile giudicio (come io ho detto piu uolte) nella ſcielta delle coſe, perche le minute, le or
dinarie
, le uſitate & facili ſono ſtate laſciate; le belle, le importanti, le difficili, & le ſcielte ſo­
no
ſtate elette, & propoſte, & eſposte alla intelligenza delle genti.
Ma tempo è che ſeguitamo
l
'inſtituto noſtro, & eſſeguiamo l'ultima parte, che ci reſta a fornire tutto il corpo della Archi­
tettura
, che è quella parte, delle machine, che ci ſerue all'uſo della guerra.
144[Figure 144]
A. Aqua in arca ærea depreſſa. B. Delfini ærei. C. Modioli ærei. i Moggetti di Rame.
D
.
Le Regole in forma di ſcala. E. Taxilli, taſſelli di tre dita alti. F. Cathenæ Cymbala te­
nentes
.
G. Infundibulum inuerſum. Tramoggio detto Phigeus. H. Fiſtulæ, le Canne pea
1145[Figure 145]
1le quali, lo aere delli Moggetti entra nel Tramoggio. I. Veltes, Stanghe. K. Manubria,
Manichi
, che ogni uolta che ſi preme li Taſti ſi uoltano, & apreno le Nari, che mandano il uen­
to
alle canne de l'Organo, che ſuonano.
L. Pinnæ ſub quibus ſub lingulæ omnium organorum. i.
i
taſti e lenguelle.
O. Le Regole tra'l Sommiero detto Pinax, & i regiſtri. P. Pinna depreſ­
ſa
, un taſto calcato.
que Tabula, il Sommiero. R. La Figura de i taſti ſeparata perche me­
glio
s'intenda.
S. Lingulæ, lenguelle. T. Ceruicula, il collo, o la canna. V. L'acqua
cacciata
in ſu tra L'arca il Tramoggio dal uento delli Moggetti.
X. Pars arcæ, parti dell' arca.
Quelli
punti nella forma de i Tasti ſeparate, ſono fori del Sommier, che danno il uento alle canne.
Delle ragioni delle Catapulte, & de gli ſcorpio­
ni
.
Cap. XV.
Hora io eſponerò con che miſure apparecchiar ſi poſsino quelle coſe, che ſtate
ſono
ritrouate a i preſidi della guerra, & alla neceſsità della conſeruatione,
& ſalute de mortali, che ſono le ragioni de gli ſcorpioni, Catapulte, & Ba­
liſte
, & prima dirò delle Catapulte, & de gli Scorpioni.
Dalla propoſta
lunghezza
della ſaetta, che in queſti ſtrumenti ſi tira, tutta la loro proportione ſi ragio­
na
: & prima la grandezza de i fori, che ſono ne i loro capitelli, è per la nona parte di eſſa,
& queſti fori ſono quelli, per li quali ſi ſtendeno i nerui torti, i quali deono legare le brac­
cia
delle Catapulte.
Ma i capitelli di que fori eſſer deono della ſottoſcritta altezza, & lar­
ghezza
, le tauole che ſono di ſopra, & di ſotto dal capitello, che Paralelle dette ſono
tanto
ſono groſſe, quanto è uno di que fori, larghe per uno & noue parti, ma ne gli eſtre­
mi
per un foro & mezo.
Ma le erte dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, quelle, che Paraſtate ſi
chiamano
, oltra i cardini alte ſono quattro fori, groſſe cinque, i cardini per mezo foro, &
un
quarto, dal foro all'erta di mezo ſimilmente ſia lo ſpacio di mezo foro, & un quarto, la
larghezza
dell'erta di mezo per un foro e—la groſſezza d'un foro, & lo ſpacio doue ſi po­
ne
la ſaetta nel mezo dell'erta per la quarta parte d'un foro.
Ma le cantonate, che ſono a
torno
de i lati, & nelle fronti, conficcate eſſer deono con lame di ferro, o pironi di rame,
o
chiodi, la lunghezza del canale, che in Greco è detta Strix, eſſer deue di fori diecenoue,
la
lunghezza de i regoli, che alcuni buccule appellano, che ſi conſiccano dalla deſtra, &
dalla
ſiniſtra del canale eſſer deue di fori diciotto, & l'altezza d'un foro, & coſi la groſſezza,
& ſi affiggeno due regole, nellequali entra un molinello, ilquale è lungo tre fori, largo
mezo
, & la groſſezza della bocchetta, che ſi affige, ſi chiama Camillum, o ſecondo alcuni
Locullamento
con i cardini ſottoſquadra, & d'un foro, l'altezza ſua di mezo foro, la lun­
gheza
del molinello è di noue fori, la groſſezza della Scutula di noue fori.
Et la lunghez­
za
di quella parte che è detta, Epitoxis, è di mezo foro & d'un ottauo della metà, la groſ­
ſezza
d'un'ottauo.
Similmente l'orecchia, o il manochio, è lungo tre fori, largo & groſ­
ſo
mezo foro, & un quarto, la lunghezzi del fondo del canale è di ſedici fori, la groſſez­
za
di noue parti, & la larghezza della metà, & d'un quarto, la colonnella, & la baſa nel pia­
no
di otto fori, la larghezza del zocco doue ſi pone la colonnella, è di mezo foro, & d'un
ottauo
della metà, la groſſezza è della duodecima, & della ottaua parte d'un foro, la lun­
ghezza
della colonnella al cardine è di dodici fori, & noue parti, la larghezza di mezo fo­
ro
, & d'un quarto della metà, la groſſezza è d'un terzo, & d'un quarto d'un foro.
Di quel­
la
ſono tre capreoli, o chiauette, la lunghezza de' quali è per noue fori, la larghezza per
mezo
, & noue parti, la groſſezza per un'ottauo, la lunghezza del cardine di noue parti d'un
foro
, la lunghezza del capo della colonna d'un foro & mezo &.——————
————la
groſſezza d'un foro, la colonna minore di dietro, che da Greci è detta
1Antibaſi è di fori otto, la larghezza di.——la groſſezza di.—la ſottopoſta de forl
dodici
, & ſia della iſteſſa groſſezza, & larghezza.
ſopra la minor colonna c' è una orrec­
chia
, o letto che ſi dica, o ſcagnello, di fori——l'altezza di fori——la larghezza di fo­
ri
, i——de i naſpi ſono di fori, la groſſezza d'un foro.
-la larghezza di——& la
groſſezza
di——ma alli trauerſi con i cardini, ſi da la lunghezza di fori dieci, la larghez
za
di quindeci <15> <14> & la groſſezza di dieci—la lunghezza del braccio di fori——la
groſſezza
delle radice————————————Queſte coſe con
tali
proportioni, o aggiugnendo, o ſcemando ſi fanno, perche ſe i capitelli, che Anatoni
ſi
dicono, ſaranno piu alti della larghezza, allhora ſi deue leuare delle braccia, accioche
quanto
piu rimeſſo ſarà il tuono per l'altezza del capitello, la cortezza del braccio faccia
il
colpo maggiore, ſe'l capitello ſarà men alto, che Catatono ſi dice, perche è piu forte,
deono
le braccia eſſer piu lunghe, accioche piu facilmente ſi reggano.
imperoche ſi co­
me
la leua, quando è lunga quattro piedi, quello che ſi alza da cinque huomini, fatta poi
di
otto piedi, da due ſolamente ſi leua: coſi le braccia quanto piu lunghe ſono tanto piu
molli
, & quanto piu corte, tanto piu duramente ſi maneggiano.
Qui biſogno è bene che Iddio ci aiuti, percioche la ſcrittura di Vitr. diſegno d'alcuno,
forma
antica ſi troua di queste machine; io dico al modo da Vitr. deſeritto; & lo ing egnarſi è
pericoloſo
, imperoche molto bene diſcorrendo ſi potrebbe fare alcuno di quelli ſtrumenti, per ti­
rar
ſaßi, o ſaette, ma che fuſſero a punto come Vitru. ci deſcriue, ſarebbe coſa grande, oltra che
le
ragioni de i medeſimi ſtrumenti col tempo dopo Vitr. ſi ſono mutati, perche la proua, & l'uſo
nelle
coſe della guerra, come in molte altre fa mutar le forme de gli ſtrumenti, & a nostri giorni
quelle
machine ſono del tutto poſte in diſuſo, però io credo che io ſarò degno di eſcuſatione, ſe io
non
entrerò in fantaſia di eſponer quelle coſe, che per la difficultà loro, anzi per la impoßibilità
ſono
tali, che hanno fatto leuare da queſta impreſa huomini di piu alto ingegno, & di maggiore
eſperienza
che non ho io.
Dirò bene che dal fine cioè dallo effetto, che ſi uuol fare, ſi puo troua­
re
ogni ſtrumento, come nella preſente occaſione.
Baliſta, Catapulte, & Scorpione ſono ſiru­
menti
da tirar pietre grandi, & ſaette: certo è che dalla intentione, & dal fine potemo prepa­
rare
ſimili strumenti, conſiderando, che per far colpo gagliardo & lontano, & per tirar gran
peſo
, ci biſogna grandi for ze, & tali for ze, che ſian dall'arte ordinate, percioche nel muouere i
gran
peſi la natura è contraria a gli huomini, come detto bauemo.
all' arte dunque appartiene or­
dinare
tali ſtrumenti, che tirati a forza, & rilaſciati con uiolenza mandino i peſi lontani, & ciò
non
ſi puo fare ſenza chiaui, carcature, o leue, lequali habbiano doue appuntarſi, & fatte ſieno
con
proportione riſpondente al peſo, che ſi deue trarre, & però dalla natura del peſo ſi la pro­
portione
della grandezza a tutte le parti dello inſtrumento: adunque il modulo, che nelle fabri­
che
ſi piglia ſarà conſiderato ancho nella parte delle machine, & pero la ſimmetria, & l'ordine
ſi
richiede ancho in queſta parte, & ſimilmente la diſpoſitione, il decoro, & la bellezza dello
aſpetto
, & l'altre coſe poſte da Vitr. nel Primo libro.
Dalla lunghezza adunque della ſaetta, o
dal
peſo della pietra con ragione ſi deue pigliar la miſura di queſte machine, come ancho dal peſo
della
palla ſi forma il pezzo, ſi la carcatura, & ſi tempra l'artigliaria de noſtri tempi, perche
è
neceſſario, che ci ſia proportione tra quello, che muoue, & la coſa, che è moſſa, la doue chiara­
mente
ſi proua, che una pagliuzza, uno ſmiſurato peſo puo eſſer da un'huomo ſenz'altro in­
ſtrumento
tirato, perche in quello c' è il meno, in queſto il piu ſenza proportione tra il mouente, et
la
coſa, che è moſſa: & perche la ſaeita, & la pietra deue eſſer accommodata ad alcuna parte,
però
ſe gli fa il ſuo letto, & il ſuo canale: & perche la fune, il neruo, ò altro, che ſpigne la ſaet­
ta
deue eſſer con ragione ſteſo & tirato, & annodato a qualche coſa, & quella ſimilmente ad
altra
parte, che la coſtringa, & quella ferma eſſer deue, & unita con altre parti ad un' effetto, ac­
ciò
ſe le conuegna la diffinitione della machina, però ci naſce la neceßità di tutte le parti de tali
ſtrumenti
come ſono i trauerſi, le erte, le chiauette, le tauole, i perni, i cardini, i canali, i regoli, o
1naſpi, le leue, le orecchie, le braccia, i capitelli, le colonnelle, i fori, le bocchette, & altre coſe
che
Vitru. dice, le miſure dellequali in eſſo per il tempo, & per la negligentia di molti ſono an­
date
, benche la ragione, & il perche di eſſe cireſti pigliandoſi il tutto dalla ragione della Leua,
& della Bilancia.
I nomi uer amente, & i uocaboli di queſti ſtrumenti, o machine ſono tolte da
qualche
ſimiglianza delle coſe, o da qualche effetto, o uero fantaſia, come appreſſo di noi Schiop­
po
, & Bombarda, dal ſuono, Arcobuſo dalla forma, Paſſauolante, Baſiliſco, & Falconetto da
gli
effetti: coſi Baliſta dal tirare, Scorpione, perche con ſottil punta di ſaetta daua la morte, &
forſe
quella era auelenata, & Catapulta ſimilmente dalla celerità del colpo, & Arcubalista, &
altre
coſe ſrmili, & dalla forma, & da gli effetti er ano nominate.
& a imitatione di uno di tali
ſtrumenti
gia molti anni ne fu formato uno tutto di ferro (in picciola forma con le corde di ner­
uo
) che in molte parti ſi conforma con la narratione di Vitru. il quale è in una delle ſale dello ar­
mamento
dello Eccellentiſſimo Conſilio di X.
Laſcierò adunque che il tempo ci porti qualche lu­
me
, perche ancho da gli autori Greci non ſi puo cauare coſa, che buona ſia, ſe bene ſono gli iſteßi
che
cita Vitru.
Delle ragioni delle Baliſte. Cap. XVI.
IO ho detto delle ragioni delle Catapulte, & di che membri, & con che pro­
portioni
ſi facciano.
Ma la ragione delle Baliſte ſono uarie, & differenti,
però
tutte ſono ad uno effetto drizzate, perche altre con ſtanghe, altre con
molinelli
, alcune con molte taglie, & con molti raggi, alcune con argane,
& altre con ruote & Timpani ſono tirate.
Ma con tutto queſto niuna Baliſta ſi fa ſe non
ſecondo
la propoſta grandezza del ſaſſo, che da tale ſtrumento ſi manda: però della ragio
ne
di quelle non è ageuole a tutti, & eſpedita coſa trattarne, ſe non a qulli, che hanno
l
'arte di numerare, & moltiplicare, perche ſi fanno ne i capi alcun fori, per gli ſpatij de i
quali
tirate ſono & caricate, con capello di donna ſpecialmente, o con neruo le funi, le
quali
ſi pigliano dalla proportione della grandezza del peſo di quel ſaſſo, che ha da eſſer
tirato
dalla Baliſta.
Si come dalla lunghezza della ſaetta detto hauemo pigliarſi la miſura
delle
Catapulte.
Ma accioche ancho quelli, che non hanno le ragioni della Geometria,
& della Arithmetica poſsino eſpeditamente operare, perche nel pericolo della guerra non
ſiano
occupati nel penſarui ſopra, io farò manifeſto riducendo la coſa alla ragione de i no
ſtri
peſi quelle coſe, che io ho hauute per certe, & quelle, che in parte io ho appreſe da
mei
precettori, & con quali coſe i peſi de i Greci habbian riſpetto a i moduli ſommaria­
mente
io ſon per eſponere.
Si puo creder molto a Vitr. in queſta materia, percioche egli era prepoſto all' artigliarie, &
all
' apparato delle Baliſte, Scorpioni, & delle Catapulte, ſecondo che egli afferma nella dedica­
tione
del libro.
Potemo ancho uedere quanto neceſſario ſia all' Architetto la cognitione del­
l
' Arithmetica, & della Geometria, come egli ha detto nel primo libro, perche le proportioni de
numeri
, & le ſolutioni delle coſe, che con numeri non ſi poſſono fare, ma ſi bene per uia di linee,
come
prouato hauemo nel nono libro, uengono dall' arte del numerare, & dall' arte del miſurare:
& qui ci ſerue quella dimanda di trouare le linee di mezo proportionali a dua date, ſecondo che
dice
Archimede, & Vitr. delle ragioni loro.
1
Della proportione delle pietre, che ſi deono trarre al foro
della
balista.
Cap. XVII.
Qvella Baliſta, che deue mandar fuori una pietra di due libre hauerà il foro del
ſuo
capitello di cinque dita, ſe di quattro libre, dita ſei, ſedi otto, dita ſette,
& noue parti, ſe di dieci, dita otto, & noue parti, ſe di uenti, dita dieci, & no
ue
parti, ſe di quaranta, dita dodici & mezo & K. ſe di ſeſſanta dita tredici,
& l'ottaua parte d'un dito, ſe di ottanta dita quindeci, & noue parti d'un dito.
Se di cen
to
& uenti, piedi uno & mezo, & d'un dito & mezo <15> <14> ſe di cento & ottanta, piedi due
& dita cinque, ſe di ducento libre piedi due, & dita ſei, ſe di ducento & dieci, piedi
due
, & dita ſette <15> <14> ſe di ducento & cinquanta, piedi due dita undeci & mezo.
Determi
nata
la grandezza del foro facciaſi una Scutula detta da Greci Peritritos, che per lunghez­
za
ſia due fori, & della duodecima, & ottaua parte d'un foro, la larghezza due fori, &
della
ſeſta parte d'un foro.
Partiſcaſi la metà della diſegnata linea, & poiche ſarà partito
ſiano
ritirate, & raſtremate le ultime parti di quella forma di modo, che quella linea hab
bia
la ſua torta diſegnatione per la ſeſta parte della lunghezza, ma di larghezza la doue è la
ſua
piega habbia la quarta parte.
Ma la doue è la curuatura, la doue gli anguli con i capi
loro
ſportano in fuori, & i fori ſi deono uoltare, & il raſtremamento deue tornar in die­
tro
per la ſeſta parte della larghezza.
Il foro ſi fa di forma alquanto lunghetta tanto, quan
to
è groſſo l'Epizige.
poi che coſi ſarà formato partiſcaſi a torno di modo, che ell'habbia
la
eſtrema curuatura dolcemente uoltata <15> <14> la groſſezza ſia d'un foro.
Facianſi i mog
getti
di fori 11 & mezo, la larghezza 59 <15> <14> la groſſezza oltra quello, che entra nel foro
ſia
di fori 51, all'ultimo della larghezza ſia di fori 15. la.
lunghezza delle erte ſia di fori
V
S 5. la curuatura per la metà d'un foro, la groſſezza.
u. d'un foro & LX. parte egli ſi da
di
piu alla larghezza quanto s'è fatto appreſſo il foro nella deſcrittione in larghezza, &
groſſezza
la.
V. parte di un foro. L'altezza la quarta parte, la lunghezza della regola che
è
nella menſa è di fori otto, la larghezza, & la groſſezza, per la metà del foro.
la groſſez­
za
del Cardine 112 <15> <14>.
groſſezza del foro 199 <15> <14> la curuatura della regola 15 K la
larghezza
, & groſſezza della regola eſteriore tanto, la lunghezza, che ci darà la uerſura
della
formatione, & la larghezza dell'erta, & la ſua curuatura K.
Ma le regole di ſe pra ſa­
ranno
eguali alle regole di ſotto.
K. le menſe del trauerſo di fori uuK la lunghezza del Fu­
ſtodel
Climaciclo di fori tredici <15> <14> la groſſezza di tre K lo ſpatio di mezo largo una
quarta
d'un foro.
<15> la groſſezza un'ottaua <15> <14> K. la parte di ſopra del Climaciclo che
è
uicina congiunta alla menſa per tutta la ſua lunghezza ſi parte in cinque parti, delle qua­
li
due ſi danno a quel membro, che i Greci chiamano Chilon <15> la larghezza 5. la groſſezza
9
<15>.
la lunghezza di tre fori & mezo K. le parti prominenti del chilo di mezo foro, quel
la
del Plenthigomato di 3. d'un foro, & d'un Sicilico.
Et quello, che è a i perni, che ſi
chiama
la Fronte trauerſa è di tre fori, la larghezza delle regole di dentro 5. d'un foro, la
groſſezza
3 K. il riempimento dell'orecchia che è per coprire la Securina s'intende K. la
larghezzza
, del fuſto del Climaciclo 25. la groſſezza di fori dodici K. la groſſezza del qua
drato
, che è preſſo al Climaciclo F S d'un foro, ne gli eſtremi K. ma il diametro dell'aſſe
ritondo
ſarà eguale al chilo, alle chiauette.
5. manco una ſeſtadecima K. la lunghezza del
l
'anteridio di fori F 1119, la larghezza 5 <15>: d'un foro, la groſſezza di ſopra 2 K. la baſa,
ſi
chiama eſcara per lunghezza è di fori <15> la contrabaſa di fori quattro <15> <14> la larghezza,
& groſſezza dell'una, & dell'altra <15> <14> d'un foro, ſi caccia a mezo una colonna di altez­
1za K. la cui larghezza, & groſſezza è d'un foro, & mezo, ma l'altezza non ha proportio­
ne
di foro, ma ſarà baſtante quello, che ſarà neceſſario all'uſo <15> <14> d'un braccio, la lun­
ghezza
di fori VI <15> <14> la groſſezza nella radice ne gli eſtremi F.
Io ho eſpoſto quelle ſim­
metrie
trattando delle Baliſte, & delle Catapulte, che io ho giudicato ſommamente cſpe
dite
, ma come ſi carchino, & tirino con funi torte di neruo, & di capelli, quanto potrò
con
i ſcritti abbracciare non laſcierò.
Et qui che potemo noi dire in tanta ſcorrettione di teſto? in tanta confuſione di miſure, & in
tanta
oſcurità di uocaboli?
Mirabile era certo queſta machina tirando fin ducento è cinquanta li
bre
di peſo, & ci uoleua una grandiſſima manifattura, di parti & membri di eſſa.
Delle tempre, et carcature delle Baliste, et delle Ca­
tapulte
.
Cap. VXIII.
Piglianſi traui lunghiſsimi ſopra i quali ſi conficcano i gattelli, dentro de quali
uanno
i naſpi, ma per mezo gli ſpatij di quelle traui ſi ta gliano dentro le for­
me
, nelle quali s'inueſtono i capitelli delle Catapulte, & con cugni ſono fer
mati
, & tenuti accioche nel caricarle, & tirarle non ſi muouino.
Piglianſi
poi
i moggetti di rame, & quelli ſi metteno dentro ne i capitelli, dentro i quali uanno i
cugnetti
di ferro detti da Greci Epiſchidi: oltra di queſto ui ſi pongono le anſe delle cor­
de
, & ſi fanno paſſare dall'altra parte, & d'indi ſi riportano a i naſpi, inuolgendoſi nelle
ſtanghe
, accioche per quelle ſteſe, & tirate le corde quando con le mani ſaranno toc­
che
, habbian eguale riſpondenza di ſuono nell'una, & l'altra parte, & quando hauere­
mo
fatto queſto, allhora con cugni a i fori, ſi ſerrano di modo, che non poſſono piu am­
mollarſi
, & coſi fatti paſſare dall'altra parte con la iſteſſa ragione con le ſtanghe ſi ſtende­
no
per li naſpi, fin che ſuonino egualmente, & coſi con i ferramenti de i cugni ſi tempra­
no
le Catapulte al ſuono con udito, & orecchia muſicale.
Queſto accennò Vitr. nel primo libro uolendo, che lo Architetto haueſſe qualche ragione di
Muſica
: perche ſe è quella proportione da ſuono, a ſuono, che è da ſpatio a ſpatio, non prima
ſerrar
ſi deono i fori poſti ne i capi, per li quali ſi tirano le funi torte, che rendino ſuoni eguali,
& allhora renderanno ſuoni eguali, che ci ſarà parità di ſpatij, & eguale tiramento dalla de­
ſtra
, & dalla ſinistra delle funi: & quando queſto dall'orecchia ſarà udito, allhora ſarà molto
bene
temperata la carcatura, & il colpo ſarà dritto & giuſto, come la ragione ci dimoſtra.
Delle coſe da oppugnare, et da difendere, et pri­
ma
della inuentione dello Ariete et della
ſua
machina.
Cap. XIX.
IO ho detto quello, che io ho potuto di queſte coſe. Reſtami dire delle ma­
chine
da battere, & da oppugnare in che modo con machinationi i uittorioſi
capitani
, & le città eſſer poſsino difeſe.
Prima quanto appartiene alla oppu­
gnatione
, coſi ſi dice eſſer'ſtato ritrouato l'Ariete.
I Carthagineſi per oppu­
gnar
Gade s'accamparono, & hauendo prima preſo il caſtello ſi sforzarono di gettarlo a
terra
, ma poi che non haueuano ferramenti per roinarlo preſero una traue, & queſta con
1le mani ſoſtenendo, & urtando con uno de capi continuamente andauano ſcalcinando la
ſommità
del muro, & ſmantellando i primi corſi delle pietre a poco a poco leuarono tut­
ta
la difeſa.
Dapoi accadè, che un certo fabro di Tiria detto Pefaſmeno indutto da que
ſta
ragione, & inuentione, drizzata un'antenna da quella ne ſoſpeſe un'altra per trauerſo
in
bilancia, & coſi tirando indietro, & ſpignendo inanzi con gran colpi roinò il muro de
i
Gaditani.
Ma Cetra Calcedonio fece prima un baſamento di legno poſto ſopra ruote,
& poi ſopra ui fabricò con traui dritti, & con chiaui, & trauerſi uno ſteccato, & in queſti
ſoſpeſe
, & appiccò l'Ariete, & di corami di buoi fece la coperta, accioche piu ſicuri foſſe­
ro
quelli, che nella machina poſti fuſſero a batter la muraglia, & queſta ſorte di machina
per
eſſer alquanto tarda ne i forzi ſuoi, fu dal detto Teſtudine Arietaria nominata.
Poſti
adunque
da prima queſti gradi, a tal ſorte di machina, auuenne dapoi che quando Philip­
po
figliuolo d'Aminta ſi poſe all'aſſedio, & a batter Bizantio, che Polindo Theſſalo ui ag­
giunſe
molte ſorti, & molte facilità, dalqual poi impararono Diade, & Cherea, che anda­
rono
al ſoldo con Aleſſandro.
Perche Diade ne i ſuoi ſcritti dimoſtra hauer trouato le
torri
, che andauano, lequali ancho disfatte ſolea portar nello eſſercito.
Oltra di que­
ſto
egli trouò la Triuella, la machina aſcendente, per laquale a piè piano ſi poteua paſſa­
re
alla muraglia.
Et ancho trouò il Coruo, che roinaua le mura, detto Grue da alcuni.
Similmente
uſaua lo Ariete con le ruote di ſotto, le ragioni delquale egli ci laſciò ſcritte,
& dice, che la piu picciola torre non deue eſſer men alta di cubiti ſeſſanta, larga 17, raſtre­
mata
di ſopra la quinta parte del ſuo diſotto, & che le erte da baſſo di dieci parti d'un pie­
de
, & di ſopra di mezo piede ſi douean fare, & che biſogna fare quella torre di dieci ta­
uolati
, & che per ogni lato hauer deue le ſue fineſtre.
Ma la torre piu grande doueua eſ­
ſer
alta 120 cubiti, larga 22 & mezo <15> <23> & ràſtremata di ſopra ſimilmente la quinta
parte
<15>: i ſuoi dritti o erte dal fondo d'un piede, dal di ſopra di mezo piede, & queſta
altezza
egli faceua di uenti tauolati, & ciaſcuno tauolato haueua il circuito di tre cubiti,
& la copriua di corami crudi, accioche fuſſero da ogni colpo ſicure.
L'apparecchio del­
la
Teſtuggine Arietaria ſi faceua con la iſteſſa ragione.
Perche haueua lo ſpacio di trenta
cubiti
, l'altezza oltra la ſommità di 16. ma l'altezza della ſommità del ſuo piano di ſette cu
biti
.
Vſciua in alto, & ſopra il mezo faſtigio del tetto una torricella non meno larga di
12
cubiti, & di ſopra s'alzaua in altezza di quattro tauolati, nellaquale dal tauolato di ſo­
pra
ſi poneuano gli Scorpioni, & le Catapulte, & dalla parte di ſotto ſi raccoglieua una
grande
quantità di acqua per eſtinguer il fuoco, caſo che egli ui fuſſe gettato.
Poneuaſi
ancho
in eſſa la machina Arietaria, detta da Greci Chriodochi, nella quale ſi poneua un
baſtone
, o morello fatto al torno ſopra ilquale era poſto l'Ariete, che a forza di funi ti­
rato
inanzi, & indietro faceua coſe merauiglioſe, & queſto ancho come la torre era di co
rami
crudi coperto.
Quanto alla triuella egli ci laſciò ſcritto queſte ragioni. Egli face­
ua
quella machina, come una teſtuggine, che nel mezo nelle ſue erte haueua un canale, co­
me
ſi ſuol far nelle Baliſte, & nelle Catapulte.
Queſto canale era lungo cinquanta cubiti, alto
uno
, & in eſſo ſi poneua per trauerſo un naſpo, & dal capo dalla deſtra, & dalla ſiniſtra
due
taglie, per lequali ſi moueua quel traue col capo ferrato, che uiera dentro, ſotto lo
iſteſſo
canale quelli, che erano rinchiuſi ſicuri, faceuano piu preſti, & piu gagliardi i mo­
uimenti
di quella.
Sopra quel traue, che iui era ſi gettauano gli archi, & i uolti per copri­
re
il canale, accioche ſoſteneſſero il corame crudo, colquale era quella machina in uol­
ta
.
Del Coruo egli non pensò che fuſſe da ſcriuere alcuna coſa, hauendo auuertito, che
quella
machina non era di alcun ualore.
Ma della machina che s'accoſtaua grecamente
Epiuatra
nominata, & delle machinationi da mare, che poſſono entrar nelle naui, egli ſo­
lamente
ha promeſſo di ſcriuere.
io ho bene auuertito, che egli non ci ha le ſue ragioni
eſplicate
.
Io ho ſcritto quelle coſe, che appartengono allo apparecchio delle machine
1ſcritte da Diade. Hora io dirò quelle coſe, che io ho hauuto da miei precettori, & che a
me
pareno di utilità.
Le coſe trattate nel preſente cap. della inuentione dello Ariete, & della fabrica ſua, & delle
Torri
, & Teſtuggini, & della triuella, & delle altre machine ſono aſſai bene inteſe, però non mi
par
' che ſia neceſſario tentar di eſplicarle meglio, & di queste ſe ne fa mentione appreſſo gli Hi­
ſtorici
, & de gli effetti loro ſe ne parla copioſamente, & i nomi di queste machine, come gli
altri
ſono preſi dalle forme, & da gli effetti loro, come facilmente ſi puo intender, ſenza no­
ſtra
fatica.
Dell'apparecchio della teſtuggine per le foſ­
ſe
.
Cap. XX.
LA Teſtuggine, che ſi apparecchia alla congeſtione delle foſſe, & che ancho ſi
puo
accoſtare alle mura, in queſto modo ſi deue fare.
Facciaſi una baſa det­
ta
Eſchara da Greci, & ſia queſta quadrata per ogni lato piedi uenticinque, i
ſuoi
trauerſi quattro, & queſti contenuti ſiano da altri due trauerſi groſsi
f
. 5. larghi.
5. & ſian queſti trauerſi diſtanti tra ſe da un piede & mezo, & per ogni ſpacio
di
quelli ſiano ſotto poſti alcuni arboſcelli Amaxopodes detti da Greci, ne i quali ſi uolta­
no
i perni delle ruote cerchiati di lame di ferro, & quegli arborſcelli ſiano coſi tempera­
ti
, che habbian i cardini, & i fori loro per doue le ſtanghe paſſando poſſano quelli a torno
uoltare
, accioche inanzi, & indietro dalla deſtra, & dalla ſiniſtra, & per torto in angu­
lo
, doue ricercherà il biſogno per gli arborſcelli inanzi muouer ſi poſsino.
ſopra la baſa
poſti
ſiano due trauicelli, che ſportino in una, & nell'altra parte ſei piedi, d'intorno a
quegli
ſporti conficcati ne ſian due altri, che ſportino inanzi le fronti piedi ſette groſ­
ſi
, & larghi come ſono quelli, che nella baſa deſcritti ſono.
ſopra queſta collegatu­
ra
drizzar ſi deono le portelle congiunte, oltra i cardini di piedi noue, groſſe per ogni
uerſo
un piede, & un palmo, lontane una dall'altra un piede & mezo.
Siano que—
ſte
dal diſopra rinchiuſe tra le traui cardinate, ſopra le traui poſti ſiano i capreoli, o
chiaui
, che co i cardini l'uno entri dentro l'altro & ſiano leuati piedi noue, ſopra i
capreoli
ſi pone un traue quadrato, che lega, & congiugne i traui, & queſti da i lo­
ro
laterali d'intorno conficcati ſian contenuti, & coperti bene con tauole ſpecialmente di
palme
, ilche ſe non ſi puo, pigliſi altra ſorte di legno, oltra il pino, & l'alno, che poſſa
eſſer
buono per queſto effetto, percioche il pino, & l'alno ſono fragili & facilmente rice­
ueno
il fuoco.
D'intorno i tauolati poſti ſiano i craticci di ſottiliſsime uerghe molto den
ſamente
conteſte, & ſpecialmente uerdi, & freſche, cucitoui i crudi corami doppij, &
riempiti
di alica, o di paglie in aceto macerate ſia d'intorno tutta la machina inueſtita, &
coſi
da queſte coſe ſaranno ribattuti i colpi delle Baliſte, & ſcacciati gl'impeti de gli
incendij
.
Delle altre teſtuggini. Cap. XXI.
Evui un'altra ſorte di Teftuggine, che ha tutte le altre coſe al modo, che han­
no
le teſtuggini ſopraſcritte, eccetto che i capreoli: ma hanno d'intorno il
parapetto
, & i merli fatti di tauole, & dal diſopra, i ſottogrondali che ſtan­
no
in pioucre, che ſi contengono ſopra le tauole, & i corami fermamente
conſiccati
, & di ſopra ci è poſta dell'argilla con capello battuta tanto groſſa, che il fuoco
1per modo alcuno non poſſa far danno alla detta machina. Egli ſi puo ancho, quando bi­
ſogno
ſia, far queſte machine di otto ruote comportando coſi la natura del luogo.
Ma
quelle
teſtuggini, che ſi fanno per cauar ſotto, che da Greci ſono Origes nominate, han­
no
tutte le altre coſe (come è ſopraſcritto) & le fronti di quelle ſi fanno come gli angoli
de
i triangoli, accioche quando il ſacttume dalle mura mandato in quelle percuoterà, non
riceuino
i colpi con le fronti piane, ma ſcorrendo da i lati ſenza pericolo, quelli che dentro
ſono
, & che cauano ſiano difeſi.
Non mi par alieno dal propoſito noſtro eſponer, le ra­
gioni
di quella Teſtuggine, che fece Agetore Bizantino.
Era la baſa piedi 60 per lunghez
za
, 18 per larghezza, drizzate erano 4 erte ſopra la ſua colligatione di due traui compo­
ſte
, ciaſcuna d'altezza di piedi 36, groſſe un piede, & un palmo, larghe un piede, & me­
zo
.
Haueua la baſa otto ruote, & con quelle era condotta. L'altezza delle ruote era di pie­
di
u 15 <25> la groſſezza di piedi tre, & coſi fatte di tre doppie di materia & ſottoſqua
dra
alternamente poſte inſieme, & con lame di ferro legati.
Queſte ne gli arborſcel­
li
, o amaxotopodes che ſi dichino, ſi uolgeno, & poi ſopra il piano de i tranſtri che erano
ſopra
la baſa erano drizzate le porte di piedi 18 <25> di larghezza 5 <25> & di groſſezza
p
. 2. diſtanti tra ſe 15 <25> ſopra quelle i traui ſerrate a torno conteneuano tutta quella le
gatura
, & compactione.
<14> <15> larghe piedi 1 <25> groſſe 5 <25> ſopra quella erano alzati i
capreoli
piedi 12, ſopra i capreoli era un traue poſto, che congiugneua gl'incaſtri delle
chiaui
.
Et di piu haueua di ſopra i laterali fitti per trauerſo, ſopra i quali era il tauolato a
torno
, che copriua le coſe di ſotto, & nel mezo del tauolato erano alcuni trauicelli doue
eran
poſti gli Scorpioni, & le Catapulte.
Drizzauanſi, ancho due erte poſte inſieme, &
di
ſopra incaſtrate di piedi 36: <15>: groſſe un piede & mezo <15> <14> larghe due, congiunte
con
i capi ad un traue trauerſo con i cardini, o incaſtri, che ſi dica, & un'altro trauerſo
tuttauia
tra due fuſti anch' egli con ſuoi incaſtri, & legato con lame di ferro, ſopra il quale
alternamente
era poſto il legname tra i fuſti, & il trauerſo rinchiuſo tra le orecchie, & i
manichi
fermamente, in quella materia erano due pernuzzi fatti al torno, a i quali eſſendo
le
funi legate ſoſteneuano l'Ariete, & ſopra il capo di quelli, che conteneuano l'Ariete era
un
parapetto ornato a ſimiglianza d'una Torricella di modo, che ſtando due Soldati ſen­
za
pericolo poteſſero riguardar da lunge, & riportar quello, che tentaſſero i nemici.

l
'Ariete di quello haueua di lunghezza piedi ciy <14> <15> di larghezza al baſſo un piede, &
un
palmo <14> <15> di groſſezza un piede <14> <15> raſtremato dal capo in larghezza 1 <14> <15>
in
groſſezza 5 <25> Queſto Ariete haueua il roſtro, & la punta di duro ferro, al modo,
che
ſogliono hauere le naui lunghe, & dal roſtro quattro lame di ferro cerca 15 piedi era­
no
fitte lungo il legno.
Et dal capo al piede del traue eran tirate quattro funi groſſe otto
dita
, al modo che l'albero della naue da poppa a prora è ritenuto, & a quel traue erano
con
trauerſi attorchiate le funi raccommandate, che tra ſe erano diſtanti un piede, & un
palmo
; & di ſopra tutto l'Ariete era coperto di corami crudi, & da quelle funi, delle qua­
li
pendeuano i loro capi eran fatte quattro catene di ferro inuolte ancho eſſe in corami cru
di
.
Similmente il ſuo ſporto haueua un'arca fatta di tauole, & confitta con groſſe corde
ſtirate
, per l'aſprezza delle quali non ſcorrendo i piedi facilmente ſi perueniua all'altezza del
la
muraglia, & quella machina nello andar a ſei modi ſi moueua, inanzi, per lato dalla de
ſtra
, & dalla ſiniſtra, s'alzaua, & s'abbaſſaua.
Drizzauaſi in altezza per roinare il muro da
cento
piedi, & per lato dalla deſtra, & dalla ſiniſtra correndo abbracciaua non meno di
cento
piedi, & cento huomini la gouernaua, & peſaua quattro mila talenti, cioè libre
quattrocento
& ottanta mila.
1
La peror atione di tutta l'opera. Cap. XXII.
IO ho eſplicato quanto mi pareua conueniente de gli Scorpioni, & delle Cata
pulte
, & delle Balliſte, & parimente delle Teſtuggini, & delle Torri, & da
chi
ſono ſtate ritrouate, & in che modo far ſi doueſtero.
Ma niuna neceſsità
mi
ha conſtretto a ſcriuere delle ſcale, & de i Carcheſi, & di quelle coſe, le ra­
gioni
delle quali debili ſono, & di poca fattura: perche i ſoldati fanno da ſe queſte coſe:
le iſteſſe in ogni luogo, con le medeſime ragioni ci ſerueno, perche è differente una
difeſa
dall'altra, & ancho la gagliardezza delle nationi: perche con altra ragione ſi deono
apparecchiare
le machinationi contra gli audaci, & temerari, con altra contra i diligenti, &
ſpauentati
, però ſe alcuno uorrà attendere alle preſcritte coſe, ſciegliendo dalla uarietà
di
quelle, & riducendole in una preparatione conferendole inſieme, non hauerà biſogno
d
'aiuti, ma potrà sbrigarſi in ogni occorrenza con quelle ragioni, & in que luoghi, che
ſarà
bono ſenza hauerne dubitatione alcuna.
Ma delle machine da difeſa' non ſe ne de­
ue
parlare, perche i nemici non apparechiano l'offeſe ſecondo i noſtri ſcritti, ma ſpeſſo
le
loro machinationi alla ſprouiſta ſenza machina con preſti conſigli ſono ſottoſopra get­
tati
: il che eſſer auuenuto a i Rhodiani ſi dice.
Diogeneto fu Architetto Rhodiano, al
quale
ogni anno del publico ſi daua una certa prouiſione per l'arte ſua.
al coſtui tempo eſ­
ſendo
di Arado uenuto a Rhodi un certo Architetto detto Callia, fece un'alta torre, &
ci
dette una moſtra di muraglia, & ſopra quella fece una machina in un Carcheſio, che ſi
uolgeua
, con la quale egli preſe una machina detta Helepoli dal prender delle città, che
ſi
auuicinaua alla muraglia, & la traportò dentro le mura.
Moſsi i Rhodiani da tale eſſem
pio
merauiglioſi leuarono la prouiſione annale a Diogeneto, & la diedero a Callia. fra
queſto
mezo Demetrio , che per la oſtinatione dell'animo era detto deſtruttore delle
città
, apparecchiando la guerra contra Rhodi menò ſeco Epimacho Athenieſe nobile Ar­
chitetto
.
coſtui fece fare una torre di grandiſsima ſpeſa con induſtria & fatica alta piedi
cento
& uenticinque, larga ſeſſanta & poi quella confermò con ſilicij, & corami crudi di
modo
, che reggeua ad un colpo di pietra di trecento & ſeſſanta libre tratta da una Bali­
ſta
, & quella machina era di peſo, di libre trecento & ſeſſanta mila.
Ma eſſendo pregato
Callia
da Rhodiani, che egli contra quella torre apparecchiaſſe una machina, & quella ti­
raſſe
dentro le mura, come promeſſo haueua, egli negò di poter cio fare, perche non ſi
puo
fare ogni coſa con l'iſteſſe ragioni.
percioche ſono alcune coſe, che rieſceno tanto in
modelli
piccioli, quanto in forme grandi, altre non poſſono hauer modelli, ma da ſe ſi
fanno
, altre ancho a i modelli s'aſsimigliano, ma quando ſi fanno maggiori non rieſceno,
come
da quello, che io dirò, ſi puo bene auuertire.
Egli ſi fora con una triuella, & ſi fa
un
foro di mezo dito, d'un dito, & d'un dito & mezo, il che ſe con la iſteſſa ragione far
uorremo
d'un palmo, non ſi puo, ma di mezo piede del tutto non ſi deue penſare: coſi a
queſta
ſimiglianza ſi puo far alcuna coſa in una forma non molto grande, preſa da un pic­
ciolo
modello, il che all'iſteſſo modo in molto maggior grandezza non ſi puo conſegui­
re
.
Queſte coſe eſſendo ſtate auuertite da Rhodiani, quelli che con la ingiuria hauean
ancho
fatto oltraggio a Diogeneto, poi che uidero il nemico ſdegnato & oſtinato, & che
la
machina era per eſpugnar la città, temendo il pericolo della ſeruitu, & uedendo, che
non
ſi attendeua altro ſe non che la città fuſſe roinata, ſi humiliarono pregando Diogene
to
che in quel caſo aiutaſſe la patria.
Coſtui da prima negò di uolerlo fare, ma poi che le
Vergini
ingenue, & nobili, & i giouanetti con i Sacerdoti uennero a pregare, allhora
egli
promiſe con queſte conditioni, che ſe egli prendeſſe quella machina, fuſſe ſua.
Con-
1certate queſte coſe egli fece rompere il muro da quella parte doue la machina doueua auui
cinarſi
, & comandò in publico & in priuato, che quanto ciaſcuno haueſſe di acqua, di
ſterco
, & di fango, per quella apertura fuſſe per li canali mandata dinanzi il muro.
poi
che
adunque per lo ſpatio d'una notte gran copia d'acqua, di luto, & di ſterco fu in quel
luogo
largamente inuiata, il giorno ſeguente accoſtandoſi la Torte, prima che al muro
auuicinaſſe
nell'humida, & fangoſa uoragine di fermaiſi fu conſtretta, doue che andar
inanzi
, tornar a dietro piu puote giamai.
Perche uedendo Demetrio eſſer ſtato dalla
ſapienza
di Diogeneto ingannato, ſe ne tornò a dietro con l'armata ſua.
Allhora i Rho­
diani
liberati dalla guerra per la ſolertia di Diogeneto publicamente lo ringratiarono,s&s
l
'honorarono di tutti gli honori, & ornamenti.
Diogeneto poi conduſſe quella machina
dentro
la terra, & la poſe in publico con tale inſcrittione.
DIOGENETO DEL­
LE
SPOGLIE AL POPVLO HA FATTO QVESTO DONO.

Et
coſi nelle difeſe non tanto le machine, ma ſpecialmente i conſigli preparar ſi deono.

Coſi
a Chio hauendo i nemici ſopra le naui poſte le machine delle Sanbuche di notte tem
po
quei da Chio gettarono nel mare dinanzi la muraglia terra, arena & pietre, & uolen­
do
il ſeguente i nemici accoſtarſi con l'armata diedero nelli ſcagni, ch'eran ſott'acqua
puotero auuicinarſi al muro, tornar in dietro, ma iui con martelletti forate le naui
furono
abbruciate.
Coſi Appolonia eſſendo aſſediata, & penſando i nemici d'entrar per
le
caue nella terra ſenza ſoſpetto, eſſendo queſto ſtato auuertito dalle ſpie, & fattone
auuertiti
gli Appolinati, turbati dalla triſta nouella per la paura hauendo biſogno di confi
glio
non poteuano ſaper del certo da che parte i nemici haueſſero a sboccare: allhora Tri
fone
Aleſſandrino, che iui era Architetto fece fare dentro le mura molte caue, & cauan­
do
la terra uſciua fuori della muraglia meno d'un tiro d'arco, & in tutti que uacui attacca
ua
ſoſpeſi molti uaſi di rame, di queſti in una di quelle foſſe, che era dirimpetto alla caua
fatta
da nemici per le percoſſe de ferramenti i uaſi appiccati cominciarono a ſonare, dal
che
fu poi compreſo, che da quella parte i nemici cauando penetrar uoleuano dentro le
mura
, coſi conoſciuti i termini, fece apparecchiar uaſi d'acqua bogliente, & di pece ſo­
pra
'l capo de nemici, & di ſterco humano, & di arena cotta rouente, & la notte poi fece
dal
diſopra moltí fori, & da quelli di ſubito mandando in giu ammazzò tutti i nemici, che
erano
in quella caua.
Simile auuertimento fu quando ſi combatteua Marſiglia; & piu di
trenta
caue ſi faceuano, delche ſoſpettando quei di Marſiglia tutta la foſſa ch'era inanzi la
muraglia
cauarono con piu alta cauatione di modo, che tutte le caue de nemici sboccaro
no
nella detta foſſa, ma la doue non ſi poteua far la foſſa, dentro le mura fecero un bara­
tro
profondiſsimo, & fecero come una piſcina dincontra a quella parte, doue ſi faceuano
le
caue, & quella di acque de pozzi, & del porto empirono, & coſi sboccando la caua di
ſubito
aperte le Nari una gran forza d'acqua mandata, leuò di ſotto i ſoſtegni, & i ripari,
per
il che tutti quelli, che ui erano dentro dalla ruina della caua furono oppreſsi.
Simil­
mente
quando contra gli iſteſsi ſi faceua un'argine dirimpetto al muro, & di alberi taglia­
ti
iui poſti s'inalzaua l'opera da i guaſtatori, mandando dalle Baliſte ſtanghe di ferro inſuo
cate
fecero abbruciare tutta la munitione, & quando la teſtuggine Arietaria s'accoſtò al­
la
muraglia per batterla, calarono un laccio, col quale ſtrignendo l'Ariete, & uoltando
un
'argana col timpano ſoſpeſo tenendo il capo di quello non laſciarono che l'Ariete toc­
caſſe
il muro; & finalmente con martelli boglienti a colpi di Baliſta tutta quella machina
ruinarono
.
Et coſi queſte città con la uittoria, non con machine, ma contra la ragione
delle
machine per ſolertia de gli Architetti furono liberate.
Io ho ridotto a ſine in que­
ſto
uolume quelle ragioni, che io ho potuto eſpedire delle machine ſi al tempo di guerra
come
al tempo di pace, & che io ho ſtimato eſſer'utiliſsime.
Ma ne i primi noue io ho
preparato
quanto apparteneua a ciaſcuna maniera, & ad ogni parte, accioche tutto il cor-
1po haueſſe eſplicati tutti i membri dell'Architettura, & dichiariti nel numero di die­
ci
uolumi.
Le coſe dette in queſt'ultimo Cap. del decimo, & ultimo libro dell' Architettura di Vitr. ben­
che
ſieno facili, deono però eſſer diligentemente conſiderate da ciaſcuno ingegniero, perche ſi ue­
de
ſpeſſo eſſer uero quel prouerbio, che dice, che l'ingegno ſupera le forze, come quel uillano con
ſigliò
, che ſopra il Ponte di Verona foſſero portati molti carri di terreno, accioche calcando col
peſo
, l'acqua dell' Adice, che mirabilmente creſceua, nol portaſſe uia, hauendo ſiprima conſulta­
to
la coſa con molti ingegnieri, che con la loro arte non ſapeuano prouederle.
& coſi ſia fine a lau
de
di Dio della fatica noſtra, la qual uolentieri ho impieg at a per beneficio di molti dando occaſio
ne
ad altri di far meglio, con l'opera mia di noue anni apunto.
IL FINE.
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1
TAVOLA DIQVELLO CHE SI CONTIENE IN
TVTTA
LOPERA PER
ORDINE
DE I CAPI.
Capi del primo libro.
Vita di M. Vitruuio. fac. 1
Proemio. fac. 2
La dedicatione dell'opera. 5
Di quali coſe è compoſta l'archi­
tettura. 26
Delle parti della Architettura. 37
Dell'elettione de' luoghiſani, & quali coſe nuo­
ceno alla ſanità. 41
Delle fondamenta delle muraglie & delle torri.
44
Della elettione de i luoghi all'uſo commune del­
la Città. 64
Capi del ſecondo Libro.
I L proemio. 66
Della uita de gli antichi huomini, & de i prin­
cipij del uiuere humano, & delle caſe, &
accreſcimenti di quelle. 68
De i principij delle coſe ſecondo i filoſoſi. 72
De i mattoni. 74
Dell' Arena. 78
Della polue pozzolana. 80
De i luoghi, doue ſi tagliano le pietre. 81
Delle maniere di murare, qualità, modi, & luo­
ghi di quelle. 83
Del tagliare i legnami. 89
Capi del terzo Libro.
IL proemio. 95
Delle compoſitioni, & compartimenti de i Tem
pij, & della miſura del corpo humano. 108
Di cinque ſpecie di Tempij. 123
Delle fondationi, & delle colonne & loro or­
namenti, & de gli architraui tanto ne i luo­
ghi ſodi quanto ne i moſſi. 134
Capi del quarto Libro.
IL proemio. 161
Di tre maniere di colonne & delle origini & in
uentione di quelle. 162
De gli ornamenti delle colonne. 166
Della ragione Dorica. 171
Della diſtributione di dentro delle celle, & del­
lo antitempio. 176
Di fare i tempij ſecondo le regioni. 182
Delle ragioni delle porte, & delle impoſte de i
Tempij. 182
Delle ragioni Toſcane de i ſacri Tempij. 192
Dell' ordinare gli altari da i Dei. 201
Capi del quinto Libro.
IL proemio. 203
Del Foro. 207
Dello Erario, del carcere, & della curia,
come ſi deono ordinare. 220
Del Theatro. 223
1Dell' Armonia. 227
De i uaſi del Theatro. 243
Della conformatione del Theatro. 247
Del tetto del portico del Theatro. 352
Ditre ſorti di ſcene. 256
De i portichi dietro la ſcena, & delle ambula­
lationi. 260
Della diſpoſitione & delle parti de i bagni. 260
Della edificatione delle paleſtre & de i Xiſti.
265
De i porti & delle fabriche nelle acque. 268
Capi del ſeſto Libro.
IL proemio. 272
Di diuerſe qualità de paeſi, & uarij aſpetti del
cielo, ſecondo i quali ſi deono diſporre gli edi
ficij. 274
Delle miſure & proportioni de i priuati edificij,
277
De i cauedi, & delle caſe. 252
Te gli atrij, ale, Tablini. 288
De i Triclini, ſtanze, eſſedre, & delle librerie &
delle loro miſure. 292
Delle ſale almodo de Greci. 294
A che parte del cielo ogni maniera di edificio
deue guardare accio ſia utile & ſana. 295
De i proprij luoghi de gli edificij & priuati &
communi, & delle maniere conuenienti a
ogni qualità di perſone. 296
Delle ragioni de iruſticali edificij, & diſtintioni
di molte parti di quelli. 297
Delle diſpoſitioni de gli edificij, & delle partilo
ro ſecondo i Greci, & de i nomi differenti, &
molto dai coſtumi d'Italia lontani. 300
Della fermezza, & delle fondamenta delle fa­
briche. 304
Capi del ſettimo Libro.
IL Proemio. 307
De i terrazz. 310
Dimacerar la calce per biancheggiare & co­
prire & d'incroſtare i muri. 314
Delle politure ne i luoghi humidi. 318
Della ragione del dipignere ne gli edificij. 319
In che modo ſi apparecchi il marmo per gli co­
primenti. 322
De i colori, & prima dell'ocrea. 322
Delle ragioni del minio. 323
De i colori artificioſi. 324
Delle tempre del color ceruleo. 325
Come ſi faccia la ceruſa, il uerderame, & laſan
daraca. 325
In che modo ſi faccia l'oſtro eccellentiſſimo di
tutti i colori artificiali. 325
Ditutti i colori purpurei. 329
Capi dell'ottauo Libro.
IL proemio. 327
Della inuentione dell'acqua. 328
Dell'acque. 330
Dell'acque calde, & che forze hanno da diuerſi
metalli, & della natura di uarij fonti, laghi,
& fiumare. 335
Della proprietà d'alcuni luoghi & fonti. 340
De gli eſperimenti dell'acqua. 341
Del condurre, & liuellar' l'acque, & de gli ſtru
menti buoni a tali effetti. 341
A quanti modi ſi conduchino le acque. 343
Capi del nono Libro.
IL Proemio. 347
Il modo ritrouato da Platone per miſurare un
campo di terra. 348
Della ſquadra inuentione di Pitagora, per for
mare l'angulo giuſto. 349
Come ſi poſſa conoſcer una portione di argento
meſcolata con l'oro finita l'opera. 352
Della ragione de i Gnomoni ritrouati per l'om­
bra de i raggi del Sole.
Et del mondo. &
de i pianeti. 366
Del corſo del Sole per li dodici ſegni. 386
Delle conſtellationi che ſono dalla parte Setten­
trionale. 391
Delle ſtelle che ſono dal zodiaco al mezo .
396
Delle ragioni de gli horologi, & delle ombre
de i Gnomoni al tempo equinottiale a Roma,
& in alcuni altri luoghi. 398
Della ragione de gli horologi, & dell'uſo & del
la inuentione loro, & quali ſieno ſtati gli in­
uentori. 426
1
Capi del decimo Libro.
IL Proemio. 438
Che coſa è machina, in che è differente dallo in­
ſtrumento, & della origine & neceſſità di
quella. 442
Delle machinationi trattorie de i ſacri Tempij,
& delle opere publiche. 445
De diuerſi uocaboli delle machine & come ſi
drizzano. 447
Di una machina da leuar grandiſſimi peſi. 448
Di una altra ſorte di machina da tirare. 449
Di una ingenioſa ragione di Cteſifonte per con­
durre i peſi. 450
Come trouato s'habbia la petraia, della quale
fu ſatto il Tempio di Diana Efeſia. 451
Del mouimento dritto, & circolare che ſi ri­
chiede a leuar i peſi. 452
Delle ſorti de gli ſtrumenti da cauar l'acque, &
prima del Timpano. 460
Delle ruote, & Timpani per macinar la farina.
460
Della uida che alza gran copia d'acqua. 461
Della machina fatta da Cteſibio che alza l'ac­
qua molto alto. 462
Delle machine hidraulice con lequali ſi fanno
gli organi. 465
Con che ragione ſi miſura il uiaggio fatto o in
carretta, o in naue. 468
Delle ragioni delle Catapulte, & de gli Scorpi­
pioni. 472
Delle ragioni delle baliſte. 474
Della proportione delle pietre che ſi deono trar­
re al foro della baliſta. 475
Dell' apparechio della teſtugine per le foſſe. 478
Delle tempre & carcature delle baliſte, & del
le catapulte. 476
Delle coſe da oppugnare, & da difendere, &
della inuentione dello Ariete. 476
La tauola delle lunghezze, larghezze, parti &
grandezze delle ſtelle. 483
La tauola della declinatione del Sole. 496
IL FINE.
1
TAVOLA DE I DIECI LIBRI DELLAARCHITETTVRA DIM. VITRVVIO.
A.
Abete. 90
Abete ſopernate, & inferna­
te. 94
Acqua, & ſua inuentione, pro­
ua, liuello, & condotta da 327 per tutto
l'ottauo libro.
Acque piouane. 330
Acque calde, & metalliche. 335
Agente. 9
Agente diuino, naturale, & artificiale. 11
Aleſfandro il magno, & ſuo auuertimento. 66
Alberi, nature, & proprietàloro. 89. 90. 91
Alato Tempio. 115
Altari, & loro ordinatione. 201
Amphiproſtylos. 113
Angoli, & loro dichiaratione. 23
Andrea Palladio Architetto. 64
Ante. 115
Analemma, & diſcorſi ſopra da 366 fin 403.
Anguli, & circonferenze fatte da i circoli,
& diametri, che entrano nello Analem­
ma. 420
Apennino, & ſua deſcrittione. 94
Apparenze, & orti & occaſi delle ſtelle. 381
Arte, diffinitione, naſcimento, creſcimento,
diuiſione, & diſcorſo ſopra l'arti. 3.4.5
Arte, & iſperienza ſono differenti. 4
Architettura, & ſua dignità. 5
Architettura, & ſua diffinitione, deriuatione,
& laude. 6
Architetto. 6
Arti attribuite a gli animali. 9
Arte diuina, humana, & mondana. 9
Artefice tiene doppia conſideratione, & dop­
pia affettione riſpetto all'opera. 10
Architetto richiede fabrica, & diſcorſo alla
ſua perfettione 10
Arti diſtinte. 11
Architetto, & ſue conditioni. 12
Arithmetica. 14
Architettura, & ſua laude. 21
Architett ura di che è compoſta. 26
Architettura, & ſue parti. 37
Arte imita la natura, & perche cauſa. 37
Archuettura, & ſua diuiſione. 37. fin 40
Arthritis. 57
Arena. 78
Architraui, & uſo loro nelle maniere areoſti­
le. 129
Areoſtylos. 123
Architraui, fregi, & cornici in diuerſi gene­
ri. 146. & piu oltra.
Archi. 207
Armonia, & diſcorſo ſopra 227 & piu oltre.
Armonico genere. 229
Ariſtoſſeno ripreſo. 231
Ariſtippo filoſofo, & ſua laude. 272
Ariſtofane, & ſuo giudicio. 307
Argento, & oro meſcolato come ſi proua.
352.
Archimede, & ſua inuentione. 352
Archita, & ſua inuentione. 355
Aſtrologia neceſſaria all' Architetto. 20
Aſpetti celeſti, & diſcorſo ſopra. 23
Aſſe, & ſua diuiſione. 23
Aſplenon herba. 43
Aſpetti celeſti. 383
Atrij. 283. fin 291
Auguſto. 6
Auertimenti. 8. 21. 66. 97. 128. 132. 160
179. 256. 257. & nel proemio del ſeſto
libro.
Aule. 283
B.
Baliſte. 474
Baſe, & ſue forme. 142. 143. 144
Baſilica. 208
Baſiliche, & ſuoi compartimenti. 214
Baſilica fatta da Vitruuio a Fano. 216
Biancheggiamenti, & intonicature, & modo
di farle. 313.314
Boriſthene fiume. 331
1
C.
Cariacide. 15
Calce. 79
Camillo. 136
Capitelli di diuerſi generi. 141.153.156.
Canalatura. 160
Capitello Corinthio. 162
Carcere. 221.222
Cauedi & ſue maniere. 282.283
Catapulte. 472
Ceruſa. 325
Ceruleo colore. 325
Chriſocolla. 324
Città, & forma ſua ſecondo Vitr. 52
Circoli celeſti, & loro inteligenza. 367
Circoli neceſſarij performare lo Analemma.
403. & piu oltra.
Colliquie. 283
Corinthie ſale. 293
Color ceruleo. 325
Colchi fiume. 331
Corſo del Sole per li 12 ſegni. 386
Comparatione dell'arte, & della iſperienza.
45.
Conditioni dello. Architetto. 12.13
Commentarij che coſa ſono. 13
Conuenienza tra molte ſcienze. 22
Compartimento. 29.34
Concorrenze di auanzarſinel fabricare. 69
Compoſitione di uarie maniere di Tempi. 125.
fin 129
Colonne, & ſuoi raſtremamenti, & gonfiez­
za. 133
Colonne ſopra le cantonate piu groſſe. 132
Colonne, & loro maniere, origini, & inuentio
ni. 162
Colonne, & loro ornamenti. 166
Conſonanze. 231.240
Conformatione del Theatro. 247
Colori naturali & artificiali 324
Colori fatti per arte. 324
Conſtellationi dalla parte ſettentrionale 391. et
meridiana 396
Cono & conica ſuperficie. 399
Credulità. 3
Creſcimento delle arti. 4.5
Chromatico genere. 229
Creta ſelinuſia, & annularia. 326
Creſcerc, & calare de i giorni & ſua ragione.
386.387
Cteſibio, & ſue inuentioni. 427
Curia. 227
Cubo, & ſua duplicatione. 360
Deſcrittione dello Apeunino. 97.98
Democrito, & ſua opinione cerca gli
atomi. 73
Denario perfetto. 102
Dedicatione dell'opera. 5
Decoro. 34.182
Diffinitione dell'arte. 3
Diſcorſo, che cofa è. 8
Diſcorſo ſopra l'arte. 4
Diuiſione de gli habiti. 4
Diſtintione delle arti. 5
Diffinitione dell' Architettura. 7
Diffinitione del ſoggetto, & che importi. 8
Diſcorſo è proprio dell'huomo. 9
Diſcorſo quando erra. 9
Diuiſione delle arti. 11
Diſegno. 13
Diuiſione della proſpettiua. 14
Diuiſione della filoſofia. 18
Diuiſione della Muſica. 18
Diſcorſo ſopra gli aſpetti celeſti. 23
Diſputatione de i principij delle ſcienze a chi
conuenga. 25
Diuiſione di tutta la forma dell' Architettura.
27.
Diſcorſo ſopra l'ordine. 28
Diſpoſitione. 29. idee, ſorti 29
Diletto che coſa è. 32
Diſcorſo ſopra la eurithmia. 33
Diſtributione, & ſuoi gradi. 36
Diſcorſo lungo ſopra la diuiſione dell' Architet
tura. 37.38.39.40
Diſtributione delle opere publiche. 40
Diſcorſo ſopra le coſe da eſſer conſiderate da
chi uuole fabricare una città. 41.42
Diuiſione dentro la città. 54
Diſcorſo ſopra i uenti. 54.55.56
Diſcorſo ſopra le colonne, & altezze loro. 140
1Digreſſione contra i mal dicenti. 63
Dinocrate Architetto, & ſua inuentione. 66
Diſcorſo ſopra i principij del uiuer humano, &
del ſabricare. 69
Diſcorſo ſopra i principij delle coſe. 73
Diſcorſo ſopra i mationi. 74
Diſcorſo ſopra l'arena, & la calce. 78.
79.80
Diſcorſo ſopra le pietre. 81.82
Diſcorſo ſopra il murare. 83. fin 86
Diſcorſo ſopra le proprietà de gli alberi. 89.
90
Diſcorſo ſopra le proportioni. 97. fin 108
Diſcorſo ſopra le miſure 108. & miſura del cor
po humano. 109.110
Diaſtylos. 123
Diſcorſo ſopra'l fondare. 134
Diuiſione di quello ſi contiene nel decimo libro
439. & diſcorſo ſopra la machinatione.
Diuiſione delle machine. 443
Diſcorſo ſopra le fabriche con tutti gli ordini,
& generi, ſi de baſamenti, baſe, come di
colonne, capitelli, architraui, fregi, corni­
ci, & frontiſpici da 143. fin 157.
Diſcorſo ſopra i generi delle colonne. 164.165
Diſcorſo ſopra'l tetto. 167
Diſtributione delle parti di dentro del Tempio.
176. fin 182
Diſcorſo ſopra il foro. 207
Diſcorſo ſopra'l Theatro. 223. fin 226
Diſcorſo di Muſica. 227. fin 243
Diatonico genere. 229
Ditono. 232
Dieſi. 232.233
Diſcorſo ſopra'l fabricare in acqua, & de i por
ti. 268.269
Diſcorſo ſopra l' Arſenale de'Venetiani. 270.
271.
Diſcorſo ſopra l'acque. 271
Diſcorſo ſopra le qualità de i paeſi. 274
Diſcorſo ſopra le fabriche di uilla. 298.299
Diſcorſo ſopra le uolte delle camere, & incroſta
ture de i muri. 317.318
Diſcorſo ſopra la pittura. 321
Diſcorſo ſopra la natura delle acque, inuentio­
ne, proua, liuello, condotta per tutto l'otta­
uo libro.
Diſcorſo ſopra le ſcale. 350
Diſcorſo ſopra le due medie proportionali. 355.
& piu oltre.
Diſcorſo ſopra'l cielo, & ſuoi mouimenti. 367
fin 385
Diſcorſo ſopra i ſegni celeſti. 388
Diſcorſo ſopra i tagli delle ſoperficie coniche.
399
Diſcorſi ſopra gli Analemmi. 403
Dorico genere & ſua ragione. 171. fin 175
Due ſorti di iſperienza. 4
Dubio, & ſolutione. 10
Dubio, & ſolutione. 21
Duplicatione del cubo. 360
Diſcorſi ſopra la Gnomonica. 366
E.
Edifitatione che coſa è. 33
Edificij ruſticali. 297
Edificij priuati alla Creca 300
Egittie ſale. 293
Elettione de i luoghi ſani. 41
Elettione de i luoghi all'uſo della città. 64
Eliſſe linea. 399
Endego. 326
Epigrammi ſopra fonti. 339
Eratoſtene 61. & ſua inuentione. 354
Erario. 220
Eſortatione all'Architettura. 303
Eſſedre. 292
Eſortatione alla uirtu nel proemio del ſeſto.
Eurithmia che coſa è. 33
Eusttylos 123
Eufrate fiume. 331
F.
Fabrica che coſa è. 8
Fabro nome generale. 40.70
Fabricare, principij, & creſcimenti delle
fabriche. 68
Fabriche di uilla. 297
Fabriche priuate. 277. fin 294
Fabriche alla Greca. 300
Fermezza, & fondameuto delle fabriche. 304
Fine & ſua notitia, & diffinitione, & diſcorſo. 9
Filoſofia neceſſaria allo Architetto, & diuiſio
ne. 18
1Fini delle opere di due maniere. 27
Fondationi. 134
Forma prima che la materia 9
Fortificatione. 44. fin 46
Foſſa della città. 47
Foro & ſuo compartimento. 207. fin 209
Fonti di diuerſe nature. 339
G.
Cange fiume. 331
Geometria. 13
Generi muſicali. 229
Generi di muſica. 239.240
Giudicio de i poeti d' Ariſtofane. 307
Gioue, & ſuo mouimento. 383
Gnomonica che coſa è. 37.398
Gnomone, & ſua ragione. 366
Gradi, & lor miſure. 136
Gradi del Theatro. 225
Graduatione del Theatro. 252
Grotteſche ripreſe da Vitr. 320
H.
Habito che coſa è, & come s'acquiſti, &
come ſi diuida. 2.3
Habiti dello intelleto, & della uolon­
. 3
Hercole, & lo ſtadio, & la ſtatura ſua. 34
Hiſgino. 326
Horologi, & loro ragioni. 398. fin 434
Hyperbole, & ſuo taglio. 400
Horologi da acqua. 427. fin 434
I.
Ichnografia. 30
Idee della diſpoſitione. 29. fin 32
Ignoranza di mala diſpoſitione. 3
Impiè. 30
Impluuio. 283
Intelletto. 3
Intendimento. 3
Infirmità cauſate da uenti. 56
Inuentione, che coſa è. 32
Inuentione de Cteſifonte per condurre peſi. 450
Interpenſiua. 283
Inſtrumento & Machina differente. 442
Inſtrumenti da liuellar acque. 342.343
Inſtrumenti di ritrouare le linee proportionali.
356
Iſperienza, che coſa è, onde naſce, & a che
ſerue, & di quante maniere ſia, & come ſia
differente dall'arte. 4
Iſtoria neceſſaria all' Architetto.
Iſcuſatione di Vitr. 25
Iſtoria delle origini delle colonne. 163
Iſtoria delle cariacide, & perſiani. 15
L.
Legge poſta in Epheſo a gli Architetti.
438
Legnami & diſcorſo ſopra. 89
Librerie. 292
Liuelle d'acqua. 342
Linee proportionali, & loro inuentioni. 355
Linee piegate dette concoide, & loro proprie­
. 362
Linea del uero luogo, & dell'apparenza. 271
Luoghi priuati, & communi ne gli edificij.
296
M.
Marmi del Tempio di Diana comeſono
ſtati ritrouati. 451
Machina 442. & diuiſione delle ma
chine 443. & diſcorſi.
Machinatione 37. & diſcorſo ſopra. 441.
442
Maſſime. 3
Materia. 9
Maniere di Tempij. 115
Mathematice principali, & ſotto principali &
ſoggetto loro. 13
Mattoni, & diſcorſi ſopra. 74.75
Marmo, & ſuo apparecchio per incroſtare i
muri. 322
Marte & ſuo corſo. 385
Mezo & ſue proprietà, & officio. 9.10
Medicina neceſſaria allo Architetto. 19
Meridiana linea, & ſua inuentione. 58
Meſolabio. 354
Miſura della terra ſecondo Erathoſtene. 61
1Miſura del corpo bumauo. 109
Miſure del Theatro. 222. & piu oltre
Miſure de gli edifici priuati. 277
Minio, & ſua muentione, uſo, & tempra. 323
Monocordo. 231
Modi di condurre acque. 343
Modo di miſurar terreno trouato da Platone.
348
Modo di conoſcer l'oro meſcolato con l'argen­
to. 352
Mondo che coſaè. 367
Mouimento dritto, & circolare. 452
Muraglia della città, & forma. 47. fin 53
Murare modi. & qualità di murare. 83.
fin 88
Muſica neceſſaria all' Architetto. 18
N.
Naſcimento delle Arti. 4.5
Natura diuina di chi troua da ſe. 11
Nicolo zeno. 271
Nilo. 331
Numero, & numero perfetto. 112
Numero cubo, & diſcorſo ſopra. 205
O.
Ocrea. 322
Opinione. 3
Opera, & operatione ſono differenti.
7.8
Oppidum. 65
Opinione de i filoſoſi cerca i principij delle co­
ſe. 327
Ordine che coſa è. & diſcorſo ſopra. 26
fin 28
Orthographia. 30
Ordine del ſecondo libro di Vitruuio. 71
Ordinatione de i tetracordi. 233
Orcheſtra. 247.252
Orti & occaſi, & apparenze delle ſtelle. 381
Orſa maggiore & minore. 394
Oſtro. 325
P.
Paconio ripreſo di temerità. 451
Pauſania. 16
Parti del cielo doue deono guardare gli
cdificij. 295
Pauimenti, & modi di farli. 310.311
Paretonio. 322
Parabole & ſuo taglio. 400
Petraie & diſcorſo ſopra le pietre.
Penſamento che coſa è. 32
Petraia de i marmi del Tempio di Diana. 451
Perſiani prigioni & iſtoria loro. 15
Peripteros. 115
Phaſi fiume. 331
Pittura & ſcoltura. 11
Pithio Architetto, ripreſo da Vitr. 22
Pianta che coſa è. 30
Picaoſtylos. 123
Piedistali. 136
Pithagora, & ſuoi precetti in numero cubo.
205.206
Pittura ne gli edificij. & pittori. 319.320
Pianeti, & loro caratteri, & mouimenti.
371
Pleuritide. 57
fiume. 331
Poli, & cardini del mondo. 367
Politure ne i luoghi humidi. 318
Porti, & fabriche in acqua. 268
Poſſibilità di poſſedere molte ſcienze. 22
Porte della città. 47
Pozzolana. 80
Poggio. 136
Porte, & ſue ragioni. 182. fin 191
Portico del Theatro. 252
Poggio del Theatro. 255
Proemio in Vitr. 2
Precetto dell'arte, & ſue conditioni. 8
Prime notitie. 3
Principio. 9
Proſpettiua. 14
Principij delle ſcienze. 25
Proportione. 28
Profilo quanto importi all'Architetto. 30
Principij del uiuer humano, & del fabricare.
68
1Principij delle coſe ſecondo ifiloſofi. 72
Proportione & diſcorſo ſopra. 97 fin 108
Proſtylos. 115
Proportione delle conſonanze. 241
Priuati edificij & lor miſure. 277
Proprij, & communi luoghi ne gli edificij.
296
Proemio del nono libro da eſſer letto.
Prudenza. 3
Pſeudodipteros. 120
Ptolomeo, ſua libraria, & giudicio. 307
Purpura, & uſo ſuo.
que
Qvalità & temperamento della regione.
41
Queſtioni delle mecaniche. 453.
fin 456
R.
Ragione che coſa è. 13
Ragione ciuile neceſſaria all' Architet
to. 19
Raccommunanza delle ſcienze. 22
Reno fiume. 331
Regione, & qualità ſue. 41
Relatione. 26
Roma, & laude ſua riſpetto al clima. 276
Rodano fiume. 331
S.
Sapienza. 3
Sale Corinthie, & Egittie. 293
Sale all'uſanza Greca. 294
Scienza. 3
Scoltura, & pittura. 11
Scienze, & raccommunanza loro. 22
Sciographia. 31
Scamillo. 136
Scale del Theatro. 228
Scala nel canto. 229
Scrittori d' Architettura, & di proſpettiua.
308.309
Scale. 350
Scorpioni. 472
Seguo del ſapere. 4
Seguo. 11
Senario numero perfetto, & perche. 112
Semituono maggiore, & minore. 232
Seſta maggiore, & minore. 232
Segni celeſti, nomi, & figure loro. 386
Sectioni, & tagli delle ſoperficie coniche.
399.400
Significare, & eſſer ſignificato. 11
Simmetria. 29
Siſtilos. 123
Sinape. 322
Sil Attico. 326
Soſpetto, o ſoſpittione. 3
Soggetto delle ſcienze quanto importa che ſia be
ne diffinito. 8
Solertia che coſa è. 10
Soggetto delle mathematiche. 13
Socrate giudicato ſapientiſſimo dall'oraculo.
95
Sole, & ſuo corſo per i ſegni.
Squadra inuentione di Pithagora. 340
Stereobati. 134
Stilobati. 134
Strix ſtrie. 160
Stanze. 292
Stratagemi. 480.481
Suoni che dilettano, & non ſono conſonanze.
232
T.
Tablino. 288. fin 291
Tanai fiume. 331
Tauola de i mouimenti de i cieli. 373
Tauola delle longhezze de i giorni. 390
Tempi, & ſuoi principij, & maniere. 114
fin 130
Tempio ſcoperto detto hypethros. 115
Tetto, & ſua ragione. 167
Tempij Toſcani, & loro ragione. 192
Tertiarium o terzera. 193
Tempij ritondi. 197
Tetracordi. 230
Terza maggiore, & minorè. 232
Terrazzi. 310
Theatro. 223. fin 257
Theatri di Scauro, & di Curione. 225
1Theatro de i Greci. 257
Theophraſto. 272
Teſtuggine per le foſſe. 478
Tigri fiume. 331
Timauo fiume. 331
Torri, & forme loro. 46. fin 49
Tramontana. 394
Triglifo, & ſuaragione. 169
Traui, & ſuoi ligamenti. 194
Triemitonio. 232
Triclinij. 292
Tuono. 231
V.
Vaſiſonori del Theatro. 243
Vero neceſſario contingente. 3
Venti & diſcorſo ſopra. 52. fin 65
Veſtigi de gli hnomi ni quali ſono. 274
Verde rame. 325
Verſi delle meteore. 333
Vita di Vitruuio. 1
Vitruuio & ſua lode. 12
Virtu che diſcorre. 9
Virtu delle pietre. 9
Volte, & incroſtature de muri, & modi di uolta
re. 314.315
Vſo di due maniere. 9
Vtilità. 9
Z.
ZOILO, & ſua pena. 308
A carte 271. linee 30. oue dice, porta uia poco terreno, uuol dire, porta uia pin terrene.
IL FINE.